LA PIEGA DEL TEMPO NEL PAESAGGIO. APERTURA Franco Zagari

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1 Estratto da Kronos & l Architettura, Istant Book 3 a cura di Attilio Nesi, Centro Stampa d Ateneo, Reggio Calabria Fornito esclusivamente per uso didattico agli studenti del Corso di Laurea Morgana. LA PIEGA DEL TEMPO NEL PAESAGGIO. APERTURA Franco Zagari Due utopie impossibili: Petra e Venezia E una soglia, quella della percezione dello spazio nel tempo, che in ogni epoca è impronta eloquente della qualità del rapporto fra individuo e società. Così è nella contemporaneità, manifestandosi in un ampio spettro di fattispecie atipiche. Di questo vorrei brevemente ragionare: di quanto le fenomenologie temporali del paesaggio modifichino il metodo e gli strumenti del progetto. Prendo le mosse da due città antiche, Venezia e Petra, fatte l una d acqua e l altra di sabbia. Niente di più effimero, niente di più apparentemente eterno. In queste due città nulla sembra che cambi in una storia di secoli e secoli, mentre tutto invece cambia febbrilmente ogni giorno, minuto per minuto. L arenaria di Petra, scolpita nella montagna in forme immortali di templi, palazzi, tombe, mostra con orgoglio le sue vene che attraversano lesene, timpani, capitelli. L architettura è in stretta materica continuità con la roccia viva, l estrema drammatica bellezza di falesie, gole, spalti, grotte. La sua scrittura stessa, ellenistica, sembra dovere a questa condizione fisica il suo carattere. Rocce e elementi architettonici si offrono al vento del deserto che instancabilmente li mola e addolcisce, come si dovettero offrire all occhio di Adriano, che non a caso inseguendo bellezza e conoscenza era qui convenuto. A Venezia invece è l acqua la matrice della città, ragione di vita e regola, in un rapporto secolare con le metamorfosi della laguna che tutto attorno la alimenta e la protegge. Trachite, pietra d Istria, intonaci, tutto quello che è materia si duplica e si omologa nel riflesso dell acqua con infinite variazioni di calore del colore, di luce diafana e opaca, e di linee che si alternano nitide o vibrate, tutto ciò è il volto più profondo della città, il cui carattere è appunto in un inafferrabile instabilità, il suo primo canone è nel cambiamento perenne. La piega del tempo nella contemporaneità Queste utopie impossibili sono paesaggi reali solo perché due popoli ne hanno avuto una tale determinata consapevolezza da segnare un destino che si protrae nei secoli. Sabbia e acqua: fra eternità e fragilità si rappresenta in queste due città quella che non riesco meglio a definire che una piega del tempo - adottando in modo molto improprio una invenzione di Gilles Deleuze -, dove questi due estremi antitetici sembrano toccarsi fino a coincidere. La variabile del tempo è insita nel paesaggio come un dato strutturale della sua essenza, perché come ogni altro organismo vivente il paesaggio è in perenne trasformazione, o evolve o involve, e questo vale allo stesso modo se sia universalmente noto e consacrato, oppure derelitto e in degrado. Kronos ne è pertanto il nume, e un azione di progetto, anch essa continua, ne è la naturale conseguenza, il cui primo compito è di confrontare e fondere in uno stesso giudizio critico ragioni di tutela e di innovazione. Un buon progetto ha forte consapevolezza di tutto ciò. Oggi questo progetto tende a fondere l apporto di diversi approcci disciplinari che devono interagire fra loro. Fra questi il progetto di paesaggio ha una particolare incisività, dovuta a diversi fattori fra cui forse il più importante è proprio una visione che ha nel tempo un valore centrale di riferimento, il tempo della storia e quello presente, in dialettico confronto fra loro. Il tempo è uno dei valori strutturali della sua essenza, nella diagnosi come nella interpretazione di un contesto, non solo come quella dimensione senza la quale la percezione del paesaggio è impossibile, ma anche come organizzazione strumentale di conoscenze e tecniche. E esattamente il contrario di quello che siamo abituati a pensare di un paesaggio. E noi, ora? Nella visione della civiltà industriale nell architettura il tempo è una dimensione posta da Giedion come deuteragonista dello spazio. La nozione del tempo come informazione primaria dell opera d arte parte dal cubismo e dal futurismo per procedere come un valore trainante, ma soprattutto nella scultura e nel cinema,

2 un altra componente rivoluzionaria di un modo di vedere e raccontare. L architettura sperimenta il nomadismo di Costant o la libertà del Costruttivismo, ma con un inerzia statica che deriva dai suoi compiti celebrativi. E il valore di durata che si erode e diventa sempre più retorico e poco corrispondente alla realtà. Il tempo presente sembra comprimersi e accelerarsi in tutti i processi che riguardano la percezione e la trasformazione dello spazio. La realtà viene sempre più interpretata come un complesso di fenomeni frammentari e discontinui (la geometria frattale, per fare un esempio), in ogni contesto convive una condizione locale e una globale con influenze e conflitti. Tutto ciò costituisce una sfida appassionante per coloro che abitano, conoscono, amano un paesaggio, ma nel sentire comune purtroppo si spezza spesso la continuità fra tradizione e innovazione, con un ripiegamento della tradizione nel vernacolo come un nuovo genere e una fuga tecnocratica dell innovazione con crisi del moderno e della stessa idea di progresso. Un grande, appassionante pasticcio. Habitat a-morale, a-formale Il nostro habitat negli ultimi venti anni, più o meno dalla caduta del muro di Berlino, si trasforma con modalità del tutto nuove, sia nella dimensione qualitativa che quantitativa dei suoi fenomeni, con un ritmo mai così veloce e rilevante nella storia dell uomo, un accatastamento di eventi che non c è il tempo di dirimere, scegliere, sedimentare. E quella deteriore banalizzazione dello spazio quotidiano in cui viviamo, luoghi e cose in assetto confuso, che gli anglosassoni chiamano sprawl, un nostro monotono orizzonte naturale che potremmo descrivere come una sospensione dello spazio e del tempo, un glutine amniotico a- morale, a-formale. Per simmetria centri storici, Landmark, coltivazioni pregiate, riserve naturali difendono la loro qualità, ma spesso al prezzo di arroccarsi in stereotipi, come cartoline nostalgiche. Tanti aspetti caratterizzano questa fase convulsa: la dialettica spesso conflittuale fra globale e locale, la disarmonia fra consapevolezza storica e capacità di visione di futuro, uno scenario economico critico, l affermazione crescente dei processi di concertazione, le comunità che si propongono come protagoniste nel governo di quei paesaggi di cui siano consapevoli, proprio mentre la crisi si trasmette anche in campo sociale. Paesaggio altro non significa Paesaggio, se riferito alla evoluzione dell habitat, altro non significa che un corpo di caratteri fisici e immateriali nei quali una comunità si rappresenta, la cui dialettica fra la stabilità e la variabilità nel tempo è la sua stessa condizione di vita. Da sempre abbiamo una percezione del modificarsi del paesaggio nel tempo nella quale il nostro presente è teso fra quanto è stato e quanto sarà, fra l individuo e la comunità, stabilendosi delle convenzioni attraverso delle misure convenute, rispetto alle quali gli avvenimenti si svolgono linearmente, con cadenze cicliche o con improvvise distonie. Il paesaggio appare, a seconda di come lo definiamo, una costruzione umana resistente al tempo, o al contrario è la sua mutabilità che ci sembra la sua prima caratteristica. Se come dice Francesco Cellini il paesaggio è una struttura umana resistente e apparentemente indeformabile, è anche vero il contrario, che il paesaggio è un organismo vivente che cambia per definizione. Dobbiamo riflettere su questa apparente contraddizione. La velocità sembra essere una condizione che descrive i primi passi del secolo, tanto che molti perorano un ritorno a una vita slow time, questo nel cibo, nel tempo libero, ma non solo, sempre più in idee che riguardano il nostro modo di produrre e abitare. La convenzione del tempo quindi mantiene i parametri di Greenwich ma diventa, per quanto questo non sia così evidente, oggetto di un dissidio e di una contrattazione politica. Una visione dinamica e non statica del paesaggio è comunque vitale. Per questo sosteniamo che il paesaggio in quanto approccio progettuale, metodo, disciplina possa avere una particolare efficacia nella diagnosi e nella interpretazione della trasformazione del nostro habitat, proprio per come si declina nel tempo, perché ha insiti nel suo angolo critico parametri concettuali adatti alla discontinuità, è una scienza dei caratteri e delle relazioni di senso più che del rapporto fra oggetti, colte nel loro divenire, in movimento. Pensiamo a questo quando facciamo un progetto, che il paesaggio resiste ad essere descritto per aree e per parametri numerici, perché il suo motivo di esistere è di rappresentare una summa di valori morali, di bellezza e di conoscenza, e resiste quando lo compartimentiamo in scale di competenza dal generale al particolare, mentre la sua essenza sembra essere per eccellenza interscalare. Ma soprattutto pensiamo che è un processo dinamico, come devono esserlo gli strumenti atti a governarlo, e che proprio la variabile del tempo deve continuare a interagire con quella dello spazio perché questa straordinaria qualità si esplichi.

3 Kamel Mahadin, Petra, Al Khazna 2009 Kamel Mahadin, Petra, The Siq 2009 I TEMPI DEL PAESAGGIO Gianpiero Donin Il giardino è l ordinamento spaziale in cui l Uomo deposita nel tempo il suo rapporto con la natura, creandone infine una struttura. (Rosario Assunto)

4 Tempo e paesaggio, termini della cui reciprocità è arduo definire i confini problematici, le implicazioni filosofiche, etiche ed estetiche. Le categorie dello spazio fisico, del paesaggio che ci circonda e del tempo, nelle loro interrelazioni ed evoluzioni da sempre attraggono il pensiero, soprattutto quello scientifico e filosofico, con escursioni nel campo dell estetica e più in particolare del progetto di architettura e del paesaggio che richiederebbero una trattazione ben al di sopra delle ambizioni di questo breve scritto. La provocazione ci porta tuttavia a riflettere su alcune dimensioni che il tempo, come categoria logica o come entità fisica commensurabile, ha nei fenomeni connessi alle dinamiche di cambiamento dei paesaggi: che queste assumano un valore simbolico nell immaginario di ognuno o delle comunità, che si determinino per effetto di evoluzioni naturali o indotte dall azione dell uomo, quando approdano a paesaggi anche integralmente artificiali per i quali è necessario ricorrere ad un progetto. In ogni caso tali dinamiche hanno nel tempo un loro fattore di proporzionalità diretta. Da architetti paesaggisti e nelle attività di insegnamento si richiedono particolari attenzioni e cure affinché il tempo sia variabile calcolata e controllata. Più in generale è possibile dire che nella dialettica continua fra il naturale e l antropico, sono molti i tempi che caratterizzano le mutazioni del paesaggio e diversi i modi per registrarli, misurarne le sequenze, osservarne i ritmi, gli effetti e le utilità, rappresentarne la forma. I tempi immensamente lunghi della genesi che hanno trasformato nei millenni il volto del pianeta, quelli più brevi della storia dell uomo e delle sue azioni sul territorio, quelli che si misurano nella nostra esperienza di individui che abitano e vivono i luoghi nell arco di una vita, quelli ciclici delle trasformazioni legate allo sfruttamento agricolo dei suoli, quelli brevissimi delle installazioni temporanee o effimere, quelli incommensurabili fissati dalla rappresentazione letteraria e artistica. Sono inoltre molteplici le dimensioni logiche e sentimentali che in relazione al tempo coinvolgono l immaginario di un popolo o di ognuno di noi evocando paesaggi così come ci rappresentano, come li ricordiamo e li vorremmo rivivere in particolari momenti della nostra vita. Vi sono paesaggi di cui nel tempo conserviamo nella memoria le sequenze e gli scenari, alcuni sfocati altri precisi in ogni dettaglio, compresi gli odori e i rumori. La loro consistenza e la nostalgia che a volte evocano è soprattutto legata alla percezione del suo scorrere che ne ha cambiato profondamente i loro e i nostri connotati. Ci si rispecchia nelle mutazioni di un luogo come e forse di più di quanto avviene rispetto ad altre occasioni che nel corso della vita ci hanno relazionato al mondo naturale e a quello culturale. La cornice bella o brutta ma a noi cara, in cui si sono svolti i nostri giochi, i luoghi che hanno segnato momenti della vita, i viaggi o la quotidianità della città, sono paesaggi incessantemente cambiati nel tempo per motivi biologici, geologici o più spesso per il sovrapporsi continuo dell insediamento. Vi sono poi i tempi della storia, quelli del paesaggio così detto sociale, quelli rilevabili della sua evoluzione antropica e del suo sfruttamento come risorsa, i paesaggi delle città, dell agricoltura, delle strade. Di questi è responsabile l uomo e sono nel corso dei secoli il principale fattore di cambiamento e più spesso di degrado della crosta terrestre. Sono paesaggi che possono diventare mito nelle descrizioni letterarie o nelle tele dei pittori o al contrario lo specchio a volte drammatico della quotidianità. Azioni piccole e grandi, progettate o no, ne cambiano lo stato e il tempo biologico ne modifica continuamente la forma. Alberi di giardini sotto casa, piantati appena nati che con il tempo riempiono d ombra le strade e i viali delle città. Spiagge incontaminate ormai luoghi di sfruttamento turistico che ne stravolge i connotati. Paesaggi così detti del rifiuto dove si depositano le scorie del consumo o al contrario grandi eventi naturali che come Central Park, brullo e neonato in antiche foto di repertorio, approfitta del tempo per divenire come Olmsted lo voleva: un pezzo di natura selvaggia nel cuore di Manhattan. Boschi, valli, e immensi granai come quelli descritti da Eugenio Turri del latifondo d Italia, oggi traversati da strade, autostrade, ponti e viadotti, avvolti in plastiche trasparenti o segnati da candide file di pale eoliche. Il tempo e l uomo depositano sul paesaggio gli effetti di economie e di stati d uso. Geografi, ecologi, ingegneri dell ambiente ne studiano con apprensione le conseguenze. Si moltiplicano gli osservatori del paesaggio, testimoni sempre più sofisticati e profondi di tutte le mutazioni che nel tempo si depositano sui luoghi, i loro significati e i modi con cui vengono percepiti e fatti propri da chi li vive. Gli architetti del paesaggio ne tentano riedizioni e nuove configurazioni dovendo tenere fortemente in conto della dimensione del tempo. Si progettano elementi singoli o parti, se ne valuta l impatto con il resto ma raramente si configura nello stesso tempo un insieme.

5 Il paesaggio come il tempo che lo connota è continuo ma fatto di episodi che si succedono e si sovrappongono. NON ANCORA, NON PIÙ, ADESSO. PAESAGGI LUOGHI DEL TEMPO Massimo Venturi Ferriolo Crono divora i suoi figli: è il destino di ogni essere vivente, che non può fermare il tempo per sottrarsi alla rapidità della trasformazione. La vita dura un giorno e l uomo rivolge gli occhi alla luce per ammirare paesaggi. Faust vuole arrestare e prolungare la sua istantaneità bloccando l attimo fuggente: «sei così bello, fermati!». L uomo desidera bloccare la corrente temporalità di cui è una singola particella temporanea. Crono ha i denti aguzzi: di diamante. Agostino si trova in difficoltà a definire il tempo. Se non viene interrogato, sa bene che cos è. Lo stesso vale per il paesaggio: troppe parole scorrono. Inscindibile dal mondo che comprende, nella sua unicità, tutto il visibile, il tempo è l immagine mobile platonica dell eternità, mito sovratemporale, narrazione che ci precede, ci sovrasta e ci getta nel desiderio: nel progetto. S identifica con il paesaggio più di quanto immaginiamo. I paesaggi sono luoghi del tempo. La loro essenza è data dagli eventi trascorsi. Demiurgo abile in ogni ambiente, l uomo, segna il suo spazio. Proietta la sua effimera figura di vivente oltre il passaggio del tempo in una presenza di qualità tra passato e futuro, con un incessante attività: costruisce, abita e pensa. Crea e caratterizza la sua dimora, perfezionandola nei secoli. Coltiva la terra e produce cultura perseguendo il progetto del suo mondo, costituito dal patrimonio visibile e invisibile, materiale e spirituale ricco di manufatti e di capitale intellettuale, un patrimonio eterogeneo a volte inserito armonicamente, altre in antagonismo con la realtà visibile e con la tradizione nascosta. Soggetto a continue trasformazioni, questo patrimonio concorre a formare la totalità di una cultura. Un uno in se stesso distinto, denso di con-temporaneità, forma il quadro d insieme del fenomeno ampio e complesso dello spettacolo: un unità comprensiva di tutto ciò che ha luogo, tempo e carattere in un ambito circoscritto. Paesaggio è il lavoro duraturo di un cantiere eterno dove il tempo s interseca con la storia, con gli accadimenti che ne fanno un individuo dall esistenza irripetibile, condizionato dalla sua particolare posizione e dal suo ambiente. Esprime la sensibilità e lo spirito di un tempo nella sua relazione tra passato e futuro: «un tempo così singolare, interiormente oscillante, misterioso, come mai ce ne furono, un tempo infinitamente denso di rapporti, un tempo carico di passato e tremante per il sentimento del futuro» 1. Questo lavoro esegue un progetto visibile nella profondità dei luoghi, nella loro doppia, molteplice contemporaneità di presente e passato, nella trasformazione con le architetture che completano l universo della visione. Il suo profondo orizzonte svela all osservatore l abissalità di un pozzo del passato contemporaneo. La temporalità dell arte e della natura accoglie la temporaneità della vita umana. Spazio e tempo aprono l esistenza e l esperienza estetica di una tensione che svela il prima e il poi, permettendo la conoscenza del divenire nella cornice dell eternità. È la tensione dell armonia originaria di tre momenti: non ancora (futuro), non più (passato), adesso (presente). Il passato è composto dalla memoria e dalle impressioni lasciate dall accaduto. Il presente è il tema della duplice e molteplice contemporaneità. Racchiude il passato, l adesso e il futuro, costantemente attuale nel corso dell accadere temporale, in una cornice dove gli eventi possono essere cronologicamente ordinati: quella della narrazione. L accadere è ciò che ha luogo e rivela l identità locale con la sua lettura, a partire dal presente, verso il passato o proiettata nel futuro. La sua comprensione richiede un pensiero senza bordi, paesaggistico, rivolto ai luoghi in ogni forma o aspetto, per sondarne la profondità, entrarvi e aprire prospettive: uno sguardo potente proveniente da lontano per svelare l accaduto e anche l incognita dell avvenire; un futuro dove dobbiamo operare per lasciare il nostro segno nel tempo, il nostro racconto. Questo pensiero sfocia nel progetto inserito nel processo di paesaggio per collocarvi l apporto del tempo che lo ha ideato e garantire la continuità della narrazione, dove l attualità si mostra contemporanea al quel passato rivolto al futuro: al processo di paesaggio, appunto. Lo sguardo dello spettatore misura profondità e orizzonti sempre nuovi, scoprendo l abissalità della natura comprensiva della storia, indaga nuove possibilità nel tempo e nello spazio limitati dell osservazione. Questo è il senso forte del recupero dei luoghi, ben sapendo che l attimo è inarrestabile e la trasformazione sempre 1 H. von Hofmannsthal, Gärten., tr. it. in ID., L ignoto che appare. Scritti , a cura di G. Bemporad, Adelphi, Milano 1991, pp

6 attiva. Indica la possibilità di modificare l ambiente che circonda l uomo, facoltà legata alla sua esistenza: è progetto, desiderio. Anche se rivolto al recupero del passato è sempre diretto al futuro, al mondo modificabile, riappropriandosi di cose perdute, disperse, opponendosi allo smarrimento delle radici. Il tempo della storia, fonte di apprendimento e formazione, è diffuso nel visibile. Entriamo in un luogo e leggiamo le sue geometrie palesi e nascoste. Il primo elemento che cattura lo sguardo è il quadro d insieme del fenomeno ampio e complesso dello spettacolo: l uno in se stesso distinto. Narra la formazione del cosmo grazie alla potenza divina della natura nella cui armonia s inserisce il demiurgo di luoghi. Il tempo, dice ancora Platone, è stato creato sul modello dell eterna natura in modo da assomigliarle quanto più è possibile. Essa, per Novalis, nel cuore stesso del tempo, è insieme presente, passato e futuro. Il tempo di per sé non esiste: «non sussiste come entità: son le cose / stesse che creano il senso di ciò ch è scorso negli anni, / di ciò che dura al presente, di ciò che poi seguirà...» 2. Le «cose stesse», sono un paesaggio di opere temporanee, di racconti collocati nei singoli capitoli di una narrazione eterna come il tempo, leggibile nel processo di paesaggio. Individuiamo delle linee progettuali nel contesto narrativo del tempo, alcune realizzate, altre preposizioni. Paolo Bürgi interpreta un luogo dal vasto orizzonte, estendendo lo sguardo in profondità. Dispiega una poetica di paesaggio, invitandoci alla riflessione. La sistemazione di Cardada dà forza all immaginazione con la buona sistemazione del visibile. La vista scorge la natura originaria nelle forme dei monti, nella vita vegetativa delle piante, in quella sensitiva e istintiva degli animali con le loro tracce sul terreno, nello scorrere delle acque, nelle grandi distese visibili, nei silenzi e nei suoni che alimentano l idea della natura infinita. La sua figura è dinanzi agli occhi dello spettatore in tutti gli aspetti tangibili, concreti e lontani, con la visibilità senza bordi di una vera esperienza estetica, animando una profonda riflessione storico-artistica sulle forme del luogo nella sua evoluzione. Un alto grado di leggibilità svela i diversi piani di quel paesaggio nel tempo della natura e degli uomini. Una molteplice contemporaneità conduce lo spettatore a percepire la lunga storia della terra prima e dopo la comparsa dell uomo; la sua evoluzione a partire dalla molecola del DNA. Lo sguardo parte dall osservatorio geologico di Cimetta con la linea insubrica e la sua duplice faglia europea e africana. La storia della terra è evoluzione della natura, comprensiva dell opera dell uomo. Memoria ed esperienza danno un senso profondo al tempo. Storia e natura trovano la loro reale collocazione in una dimensione contemplativa incommensurabile, afferrabile con lo sguardo per conoscere la forma finale del mondo a partire dall alba della terra. Le preposizioni derivano a loro volta da alcune nostre precedenti riflessioni condensate nei cinque cardini del processo di paesaggio: visibilità, temporalità, temporaneità, accessibilità e narrazione. La visibilità ricopre lo spazio dello sguardo con la sua profondità reale e immaginaria, costituendo la premessa per una buona sistemazione del visibile che anima ogni sistemazione paesaggistica attenta ai luoghi. La sua funzione estetica mira a quattro fattori essenziali: la percezione del bello, la cultura del gusto, la sensazione di piacevolezza e una manifesta qualità della vita. Si fonda sulla capacità dello sguardo quale eccellenza del paesaggista che sa disporre il visibile di una costellazione di elementi in relazione tra loro in: a) un quadro unitario l uno in se stesso distinto; b) un immagine senza confini; c) uno spettacolo; d) un orizzonte visivo; e) un insieme eterogeneo di differenze. La temporalità è la connessione arte natura storia nel fluire del tempo. Forma il substrato della trama di un paesaggio nella sua trasformazione. Qui convergono natura, storia, tradizione, eternità, il flusso passato presente futuro, lo sviluppo trasformazione del territorio, la continuità delle generazioni e la vita nella sua accezione universale. La temporaneità è l arco momentaneo della vita umana con la sua con-temporaneità con le altre epoche costitutive delle temporalità parziali, che abbiamo chiamato racconti. La temporaneità può occupare lo spazio di un racconto, parte della temporalità dove tutto fluisce. L accessibilità rende possibile l ingresso nella temporalità e nella temporaneità, per cogliere un panorama con i suoi contenuti e conoscere il proprio ambiente di vita, ammirandolo; scoprire un paesaggio di qualità. È l accesso all accadere: sono le trame e gli avvenimenti che hanno attraversato un luogo, la scoperta del patrimonio, l accesso all identità. La narrazione, infine, connette i racconti in una forma definitiva con il suo senso, leggibile nel percorso contemporaneo, dal passato al futuro. È la pratica stessa che perpetua il processo di paesaggio, permettendo il conservarsi delle condizioni di un esperienza dello sguardo per entrare nei luoghi e provare emozioni; per scoprire un sito e leggerlo nella sua totalità e particolarità. 2 Lucrezio I

7 La pratica di paesaggio entra così in un processo di sistemazione trasferibile su ogni realtà perfezionabile con l esperienza e la continua riflessione, seguendo le indicazioni del metodo tracciato, rivolto ai luoghi dove s interviene. Un processo che elabora relazioni, rapporti di paesaggio tra i vari spazi da sistemare in vista di un quadro il più possibilmente unitario nella sua eterogeneità: una sistemazione che tiene conto del residente. Un progetto che perpetua il processo di paesaggio, inserendo nella narrazione lo spirito del suo tempo. IL TEMPO DEL PAESAGGIO È IL NOSTRO TEMPO Gianni Celestini Il tempo del paesaggio è il nostro tempo. Ed il nostro tempo è l epoca del paesaggio: un termine ed un fenomeno con frequenza evocati ed immaginati. Il paesaggio, per la contemporaneità da marginale è diventato centrale; onnipaesaggio per Michael Jakob per il quale è parte della schiera dei prodotti di consumo più o meno standardizzati. Il paesaggio come luogo comune per eccellenza sembra esprimere la ricerca di un valore estetico medio che si adatta a le più diverse declinazioni. I paesaggi sono ricercati e desiderati per ritrovare il senso di appartenenza a luoghi che nella percezione degli abitanti hanno smarrito significato, ruolo, carattere. Per l architetto paesaggista il paesaggio prende la forma di un campo di tensioni, tra ispirazione individuale ed aspirazioni collettive; un luogo nel quale esprimersi e nel quale ricercare un punto di vista; per questo il paesaggio è storia ed è spazio nel tempo. E difficile comprendere meglio il sentimento spazio/tempo della nostra epoca di quando si guida, il volante tra le mani, salendo e scendendo dalle colline, dai cavalcavia, su per rampe e ponti giganteschi, così Sigfried Giedion descriveva all inizio del secolo scorso il rapporto funzionale tra paesaggio e tempo. Un paesaggio artefatto, ed una cognizione del tempo caratterizzata da un esplicito ed espressivo dinamismo. L interesse del 900 per il movimento genera una nuova estetica cinetica che si contrappone all immagine atemporale propria della tradizione artistica pre-impressionista alla base di una visione del paesaggio immobile. Dopo questa acquisizione che ha permeato radicalmente la percezione moderna, possiamo ritenere il tempo uno dei caratteri del progetto contemporaneo di paesaggio, se inteso come un attività finalizzata a prefigurare interazioni future; e lo è almeno secondo due declinazioni: una percettiva e l altra d uso. La prima riguarda la comprensione e l interpretazione di un dato paesaggio, un processo dinamico che dallo sguardo man mano procede verso il progetto. Si tratta della relazione tra la vista e l invenzione, tra ciò che si riconosce e quel quid che libera un idea per costruire il paesaggio futuro. La seconda riconosce il tempo come un tema rilevante per il progetto degli spazi liberi, sensibile ai comportamenti ed all interazione con il pubblico; un nuovo funzionalismo che richiede di essere rappresentato da nuovi linguaggi espressivi. L interazione percettiva è finalizzata a svelare l impronta che ogni paesaggio porta impressa di quello che lo ha preceduto ed a riconoscere in esso quale lascito per il futuro i segni delle culture che lo hanno attraversato. E l intenzionalità dello sguardo che propone un arricchimento di conoscenza e di consapevolezza: osservare il territorio con uno sguardo dinamico, così che le sue diverse configurazioni si traducono in un movimento, danno vita ad un flusso che descrive il tempo fisico e culturale di un paesaggio. Si acquisiscono conoscenze sull evoluzione e sullo sviluppo di un luogo costruendo una sorta di prospettiva temporale che si estende a prefigurare scenari futuri. Proviamo ad immaginare un montaggio in successione delle immagini che descrivono i differenti tempi che hanno generato un dato paesaggio. Nella narrazione che ne scaturisce è possibile rintracciare, come in una allargamento temporale della visione, le immagini che esprimono il futuro di un luogo e lo indirizzano verso questa o quella trasformazione. Nella sequenza degli indizi raccolti si potranno riconoscere le tendenze emergenti, quelle che offrono maggiori opportunità per orientare e sostenere le modificazioni future. In questo modo diagnosi e progetto partecipano allo stesso momento, presiedono l atto di vedere che precede l epifania dell opera. Si tratta di qualcosa assai diverso dal ricorso al tema della memoria, molto sentito in una fase di grande indeterminatezza dei processi di trasformazione dell habitat. La memoria è invocata come un valore guida per il nuovo, ritenuto incapace di esprimere valori ed identità contemporanei; è un facile medium comunicativo per strategie di mercato basta pensare agli outlet rigorosamente in stile la conservazione dell eredità del passato è talvolta considerata comunque ed in ogni caso un azione virtuosa, un modo di

8 guardare alla storia che contempla solo un atteggiamento filologico e mimetico nel rapporto tra preesistenze e nuovi interventi. Per il paesaggio questo approccio determina esiti spesso grotteschi che oscillano tra il pittoresco e la semplificazione spaziale e semantica dei luoghi, come se, ad esempio nei territori degradati e rifiutati, privi apparentemente di memoria, non sia possibile depositare nuovi valori e nuovi principi di qualità. Certo il rapporto tra contemporaneo e memoria (storica, figurativa, culturale) è immanente ad ogni azione progettuale. Per quel che mi riguarda, in ogni progetto è presente una azione interpretativa di ciò che si intende per memoria. Essa talvolta trova espressione nella scelta dei materiali, altre volte è rintracciabile nel disegno d insieme: è un punto di vista, una chiave molto soggettiva e personale con la quale ogni progetto è una narrazione, racconta una storia, del luogo, delle interpretazioni e delle percezioni che di quel luogo nel tempo si sono succedute. L interazione d uso assume il tempo come valore distintivo del progetto, sia nel caso degli spazi liberi urbani e periurbani che in una dimensione spaziale più ampia. Gli spazi liberi d uso quotidiano sono considerati dal senso comune come banali; al contrario, se il tempo orienta il progetto sarà possibile attivare processi d uso in grado di mettere tra loro in relazione ambiti urbani e domestici, dimensione naturale e culturale dello spazio, partecipare attivamente all evoluzione ambientale dei luoghi. Si tratta di formulare programmi di funzioni ed attività definiti e flessibili, configurando i luoghi, strutturando topografie spesso articolate, promuovendo l integrazione con l intorno. Le esigenze di spazi, attrezzature e servizi per il tempo libero e per il loisir (il tempo di cui si dispone liberamente fuori dalle occupazioni abituali) richiedono una risposta articolata e di qualità in grado di rispondere a nuovi comportamenti sociali. Si vive sempre meno l ambiente domestico e molto più gli spazi esterni grazie a nuove dimensioni lavorative e per una organizzazione dei tempi di vita che portano le persone ad occupare molto tempo fuori di casa, negli spostamenti e per diverse attività svolte nel tempo libero. L uso notturno degli spazi liberi, sempre più esteso richiede sicurezza ma soprattutto uno scenario vivace ed emozionante in cui muoversi, incontrarsi e sviluppare una relazione con gli elementi costitutivi dell ambiente sia naturali che artificiali. I temi dell ombra e del riparo, dello stare e della circolazione lenta suggeriscono una sintassi che rifugge il formalismo per mettere a sistema pergole, ripari, sedute, illuminazione e alberature e favorire forme di vita comunitaria. Pensare dunque a programmi per attività tra loro diverse ma complementari e compatibili per favorire una molteplicità d uso nel tempo per una pluralità di utenti, diversi per età ed interessi; non compartimentazione funzionale ma al contrario spazi fluidi ed accoglienti per consentire attività che richiedono sistemazioni specifiche e percorsi in sequenza. Il tempo come una funzione attiva che genera caratteri, necessità, funzioni e materiali per il progetto, stimolando nuove forme di immaginazione dell habitat. LA PIEGA DEL TEMPO NEL PAESAGGIO. LE FATTISPECIE ATIPICHE DEL PROGETTO NELLA NOSTRA EPOCA Franco Zagari Tempo lineare, ciclico, cadenzato, evenemenziale Eccoci in un nostro paesaggio, ad esempio nello Stretto in cui viviamo, in un momento qualsiasi, ci rendiamo subito conto che la nostra misura del tempo non è più quella di ieri. Sappiamo che nell arco di un giorno un paesaggio assume molti volti, ma il bel film a camera fissa di Maria Rosa Russo (Recep, 2008) ci coglie come una sorpresa: il tempo presente, scopriamo, ha una profondità molto più ampia della nostra memoria immediata, in 24 ore la stessa scena cambia in infinite metamorfosi, di luce, profondità, colore con comportamenti umani sempre diversi, questo è sempre avvenuto, ma ci è visibile oggi in modo diverso, con un occhio ormai ubiquo, e in rete, capaci quindi di continui feedback. Nello stesso spazio fisico noi percepiamo l esistenza di più paesaggi simili ma diversi e la loro esistenza non è precisamente scandita da una ordinata rotazione nell arco delle ore, si liberano invece vizi, vocazioni, conflitti, sinergie.

9 C è il tempo del paesaggio della nostra abitudine alla cadenza del tempo feriale e lavorativo, che dà luogo a un alternanza di stati che si susseguono come assetti diversi e compresenti della stessa scena, scanditi con precisione come dal ritmo di un metronomo, sono in principio i perfetti paesaggi bifronti della città industriale europea, che tendono oggi a ridefinirsi attraverso i riti del consumo, dell informazione, del trasporto individuale, insomma della società di massa nell era della comunicazione. Paesaggio notturno e diurno in particolare sono le facce di uno stesso luogo che manifestano una crescente indipendenza di percezione, uso, comportamento, tali da indurre Michel Corajoud a la Plaine di Saint-Denis a dire che il suo magnifico progetto lo affascina di notte come un volto ormai a lui sconosciuto, le arti e tecniche di altri autori sono state a suo tempo discusse, ma le poetiche piacevolmente lo sorprendono e gli sfuggono. Il progredire dell arte di illuminare e l espansione del tempo libero accessibile a un pubblico di massa generano l ingresso dello spazio pubblico nella città della luce, sempre più autonoma e sempre più spettacolare. Così anche accade nella nostra abitudine nell avvicendarsi ciclico delle stagioni, ma questo fenomeno diventa gridato e codificato quando programmiamo i nostri tempi di attività e di vacanza, un tempo turistico che è un osservatorio curioso di come cambi il nostro costume. Quale maggiore astrazione del tempo, tabulato nei moduli di fine settimana o di settimana, raramente di mese, ma chi può negare che sia ormai proprio questa astrazione un nostro modo di vivere il paesaggio, anzi chi può negare che questa organizzazione così codificata modifichi profondamente non solo la percezione ma la stessa sostanza fisica del paesaggio, sia insomma diventata un nostro nuovo dato antropologico. Il tempo può poi essere evenemenziale, in condizioni eccezionali come nel caso di una installazione revocabile, come in tante opere di Christo che indagano tutte le scale in cui si presenta il paesaggio come finestre di sperimentazione di possibili assetti, che entrano nell esperienza del pubblico più profondamente di quanto non sarebbe se fossero definitive. Il tema poetico è proprio la modificazione nel tempo, la sue esperienza e la sua memoria nell immaginario collettivo. Si pensi agli 11 atolli fucsia della baia di Biscayne a Miami, ai portali arancio di Central Park, alle dighe, alle coste, alle valli a tutti quei luoghi e monumenti che mediamente per tre settimane sono stati modificati per estrarne una visione critica altrimenti sconosciuta. Questi paesaggi ormai esistono con altrettanta evidenza di quelli reali. E lo stesso lavoro che fa Cai Guo- Kiang facendo esplodere con fuochi artificiali luoghi consacrati della terra, filmandone la preparazione e l evento. Il Riverside di Manhattan non è più lo stesso dopo essere stato misurato da un arcobaleno perfetto di piccole nuvole nere. E ancora come non ricordare cosa è avvenuto a Reggio, quando un altro artista, Ciriaco Campus, nell occasione del Centenario del Maremoto, - si noti una installazione effimera in occasione di un centenario - con la sua Pressa ha evocato l autoritratto della città sull arco temporale degli ultimi quaranta anni, semplicemente ci si è rivelato un mondo e nel paesaggio un arcano, una piega del tempo che ripercorsa a ritroso sembra non possibile. Osservatori Nel corso degli anni e dei mesi la trasformazione del territorio è continua e il tempo del progetto sembra inseguire quello del territorio con una continua inadeguatezza e frustrazione. Una infinità di elementi che si sommano e si accumulano come scorie, scorrono sotto i nostri occhi senza che ce ne rendiamo ben conto. Se abbiamo la pazienza di servirci di alcuni osservatori rimaniamo colpiti dall entità delle metamorfosi. Registriamo cambiamenti sia nell ambito di parchi naturali andate a vedere sull arco di ormai molti anni la puntuale testimonianza di una webcam nel Gran Canyon, che da anni giorno per giorno documenta la variazione dello stesso panorama, a volte drammatica a volte infinitesimale -, sia nell ambito di paesaggi urbani, dove già nel corso del Novecento scene stabili si modificano con una velocità impercettibile che improvvisamente diventa traumatica, perché più veloce del corso della nostra vita - anche in scene apparentemente immutabili la fotografia documenta come un paesaggio che sembra immutabile cambi radicalmente. Chi ad esempio abbia la fortuna di salire lentamente sulla torre della Gironda a Siviglia può scoprire come il quartiere storico attorno alla Cattedrale e all Alcazar in epoca moderna sia stato e sia estremamente mobile. A diverse altezze si trovano diorami appassionanti che testimoniano una vita urbana coraggiosa, eretica, colta, fortunata la continuità altrimenti invisibile di uno spirito che è la perenne rifondazione della Cattedrale come monumento fra architettura, città e paesaggio. Ma al di là di queste rivelazioni forse in parte soggettive, certamente inattese, oggi possiamo parlare di osservatori istituzionali, che ci forniscono ormai dati assai meno personali e episodici, come ad esempio il

10 mai abbastanza celebrato Osservatorio della Catalogna diretto da Joan Nogué, che appunto Kronos dovrebbe chiamarsi, essendo la sua funzione quella di conoscere e comparare i fenomeni del paesaggio nella loro evoluzione, e la sua ambizione di anticiparne le tendenze, favorirne le vocazioni, attrarre risorse materiali e umane dove sia più opportuno. Queste poche note disordinate sul rapporto fra il tempo e la crescente velocità di trasformazione del paesaggio nella contemporaneità sono già eloquenti di quanto possa esserci uno sfasamento fra opera e immagine e quanto possa modificarsi in conseguenza il valore di durata. Due altre utopie: Las Vegas e Castelrotto Di nuovo due utopie urbane, Las Vegas e Castelrotto, rappresentano bene un altro paradosso della contemporaneità, quello della relatività crescente nel rapporto fra forma e immagine, con regole di consumo, manutenzione, demolizione, memoria che si riscrivono giorno per giorno. Noi abbiamo due appartenenze, una alle nostre origini che vorremmo immodificabili, l altra al grande spazio di teatro del mondo globale, che è pure irrinunciabile, perché ci fa cittadini del mondo. Così per fare l esempio di due paesaggi urbani radicali, possiamo sentirci a nostro agio nella meravigliosa città alpina di Castelrotto e poco dopo, siamo ormai ubiqui, nella Streep di Las Vegas, macchina fantasmagorica che cambia a vista, almeno la metà fatta di pubblicità. Questi paesaggi hanno entrambi un metabolismo attivo, il primo tendente alla continuità procede per sostituzioni imitative con un ininterrotto cantiere di restauro, il secondo tendente al cambiamento sceglie invece sempre la sorpresa e la novità, ma infiniti piccoli e grandi atti li modificano profondamente entrambi, ogni giorno. Las Vegas è una città elettronica, una volta elettrica, che vive di notte, mentre il giorno è una città di servizio in preparazione e attesa del crepuscolo. Proprio come nel paradosso giapponese anche a Las Vegas alcuni edifici costruiti in legno i cui pezzi sono sostituiti uno per uno nell arco di dieci anni, sono edifici apparentemente immortali, mentre i grandi alberghi e le case da gioco, costruiti in acciaio e rivestiti di materiali di alta qualità, sono quanto mai effimeri, e si trasformano quasi solo con interventi di nuova costruzione e manutenzione ordinaria, non esiste la manutenzione straordinaria perché l osmosi è rapidissima e la sostenibilità di ogni nuova costruzione quando viene progettata tiene in forte conto proprio la sua scomparsa, in buona pace ecologica. Nello stesso tempo a Castelrotto il centro si trasforma con una fisiologia altrettanto integrale ma attraverso le categorie del restauro e della ristrutturazione. Se Las Vegas sembra liberare la nostra forza creativa ma al costo di dovere cambiare comunque, Castelrotto sembra custodire la memoria della nostra storia, ma al costo di doverne ripetere le forme sempre uguali (o non dovremmo meglio dire: simili?). La costante che riguarda entrambe è la tendenza a crescere della velocità del metabolismo e, in caso di crisi, della velocità del degrado. Le due città sembrano vivere in un presente senza passato e senza futuro, città nuove di zecca, apparentemente appena finite di costruire, nella loro totalità. Perché Castelrotto ha smesso di evolvere con forme e linguaggi della contemporaneità? Perché naturalmente il suo centro è un bene raro, eppure è solo simile e del tutto diverso da come era solo cinque anni fa. E perché Las Vegas non sedimenta strati della sua storia ed è eternamente destinata al mito di Peter Pan? Perché è anch essa un paesaggio urbano tipico di una domanda e di una offerta che qui hanno trovato un equilibrio economico perfetto. Nessuno di questi due paesaggi urbani così radicali a ben vedere è reazionario o innovatore. I caratteri in entrambi sono forti e chiari, e possono convivere nella nostra esperienza, come tanti altri, come espressioni di generi anche antitetici che si alternano per sopperire a necessità sempre più complesse, una fagia di paesaggi diversi dovuta al fatto che in un tempo relativamente infinitesimo la nostra sensibilità di rivolge a uno spazio relativamente immenso. Creare e distruggere sono azioni opposte che tendono a coincidere nei caratteri della città contemporanea. Tendono: perché è in questa esplicazione nel tempo, in cadenze più o meno accelerate, più o meno discontinue, che si gioca il senso di un progetto, che non cessa mai di essere mosso da una esigenza umana irrinunciabile. E per quanto il campo della realtà che interpreta e modifica sia sempre più ambiguo fra la sua essenza materiale e virtuale, il progetto cambia solo strumenti e mappe, continua a prodursi mosso dalla stessa ingenuità, dalla stessa caparbia passione.

11 Non c è tempo per essere nostalgici. Ci è dato solo il tempo di assistere ad un ciclo continuo di decostruzioni-ricostruzioni. L arte appunto dei moderni, la loro terribile potenza. (Alberto Abruzzese, 2006) Richard England, Petra, The High Place, 2009

12 Richard England, Petra, Al Khasneh III, 2009 TEMPO Vittorio Amadio Quindi non possiamo parlare con verità dell esistenza del tempo se non in quanto tende a non esistere (Agostino, Confessioni, libro XI) Nella scienza moderna vi è la concezione di un tempo non unico e lineare ma di una pluralità di tempi e una non linearità del tempo come dimensione fisica (nello spazio delle fasi il tempo come susseguirsi di stati simultanei). Alla non isotropia dello spazio corrisponderà una non isotropia del tempo, linea elastica che si tende proporzionalmente all aumento della velocità del sistema. Invecchiamento e durata appartengono all ordine della qualità. Nessuno sforzo analitico potrà risolverli in quantità pura. Qui la cosa resta distinta dalla sua misura, la quale si fonda su uno spazio rappresentativo del tempo piuttosto che sul tempo stesso. Ma quanto allo spazio le cose stanno in maniera del tutto diversa. La sua misura esaurisce la sua essenza (Bergson, Durata e simultaneità, 1972). Bergson separa il tempo dallo spazio e introduce una differenza tra tempo e durata, asserendo l esistenza di un tempo matematico, per esteso il tempo della scienza, e un tempo psicologico, il tempo legato alla durata dell esperienza umana, che si presenta alla coscienza umana come durata e successione. Il tempo privazione dell eternità. Gli eventi non accadono: sono semplicemente là e noi li incontriamo (Eddington, Spazio, tempo e gravitazione, 1968).

13 Il tempo è percepibile dagli effetti, di cui però non è causa ma testimone delle cause. Il passato come copresenza dei presenti. La non esistenza di un tempo unico e immutabile introduce la concezione nella scienza contemporanea del tempo come direzione quindi irreversibilità, al tempo si sostituisce la freccia del tempo, il cambiamento, la novità (evoluzione) e il degrado (entropia). Si può sinteticamente affermare che tutti i processi che avvengono in natura siano dipendenti dallo scorrere del tempo. Il flusso di energia massa e informazione non si distribuisce uniformemente nello spazio e non avviene uniformemente nel tempo. E il tempo che informa il paesaggio, fenomeno stratificato e dinamico, palinsesto che muta nel corso del tempo per l apporto di forze antropiche e naturali. Ogni paesaggio si presenta in senso diacronico, come registrazione di paesaggi, che si sono succeduti nel corso del tempo, incontro del tempo della natura col tempo dell uomo. Ogni oggetto contiene il tempo, il tempo impiegato per la sua costruzione, il tempo di chi lo ha costruito, il tempo che dimostra il suo stato di conservazione, il lento degradarsi, il tempo necessario a farsi della materia di cui è composto: pietra, ferro, il combustibile per l energia necessaria, la durata del rumore nella lavorazione, ne cogliamo il presente perché il tempo è solo al presente, ma il tempo contenuto, il tempo che è nell oggetto, così come per lo spazio è l impronta temporale : quanto si sia modificato il tempo. Tempi della materia tempi dell uomo: l uomo inserito nel mondo organico tramite il corpo e nel mondo cosciente tramite la mente percepisce il cammino in avanti come graduale arricchimento, come una continua invenzione e creazione. Ma l accelerazione dell entropia, dello scorrere del tempo la velocità del cambiamento è la differenza tra i tempi storici e i tempi biologici, è un accelerazione dell entropia, dello scorrere del tempo, mette in crisi la capacità di adattamento della natura. Il cambiamento avviene secondo scale temporali diverse e il tempo è modificato dall uomo variando le scale dei cambiamenti. Il tempo introduce la qualità nel rapporto dell uomo con la natura. IL TEMPO PLURALE DEL PAESAGGIO Marina A. Arena Tra incertezze e ripensamenti oggi il mondo della cultura si interroga sulla importanza che il concetto di tempo assume in ciascuna disciplina e, soprattutto, sulla sua rilevanza all interno della complessità ecologica. Il problema centrale della nuova alleanza 3 tra uomo e natura è proprio quello del tempo e delle sue relazioni con la complessità. Le equazioni della fisica classica non contemplano né il tempo degli eventi, né il tempo delle cose; quelle che governano il mondo sono leggi immanenti, semplicistiche e perfette, che si muovono all interno di una complessità solo apparente dispiegandosi in un meccanismo eterno «così, a dispetto di Cronos divoratore dei propri figli, i teorici della scienza classica si erano convinti di avere finalmente scoperto la formula dell eternità» 4. La nuova fisica incorpora caos e irreversibilità; si tratta di una fisica evolutiva basata sugli assunti di Prigogine per cui il tempo è reale e gioca in natura un ruolo costruttivo essenziale o, per dirla con Tiezzi: «il tempo è nella materia, è nella realtà molecolare, è parte integrante dell evoluzione biologica» 5. La scienza dei nostri giorni ha riscoperto il tempo e il suo pluralismo. Esiste un tempo biologico che sovrasta la scala umana e ci aiuta a studiare il passato ed a misurare l evoluzione degli organismi viventi nell ordine di grandezza di milioni di anni. È concettualmente distante dal nostro hic et nunc, ma è un tempo che aiuta a prefigurare il futuro. I cambiamenti climatici causati dalla rottura degli equilibri biologici si stanno accentuando in tempi talmente brevi da accelerare perfino l orologio geologico: ciò che prima si modificava in milioni di anni adesso lo fa in poche decine. 3 Prigogine I. e Stengers I. (1980), La Nouvelle Alliance. Métamorphose de la Science, Gallimard, Paris (tr. it., La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza, Einaudi, Torino 1981). 4 Gembillo G. (2004), Ilya Prigogine e la storicizzazione della scienza, in Id., G. Giordano, F. Stramandino, Ilya Prigogine. Scienziato e filosofo, Armando Siciliano Ed., Messina, p Tiezzi E. (1996), Fermare il tempo. Un interpretazione estetico-scientifica della natura, Raffaello Cortina Editore, Milano, p. 104.

14 C è un tempo tecnologico (che non coincide con quello della natura) da noi identificato con il tempo scandito dall orologio che, secondo Lewis Mumford, «dissociò il tempo dagli eventi umani e contribuì a diffondere la concezione di un mondo indipendente di sequenze misurabili matematicamente» 6. Siamo talmente calati in questo tempo da non riuscire a percepire i ritmi secolari dei tempi biologici 7. È il tempo smemorato stigmatizzato da Rosario Assunto, rettilineo, senza memoria e senza attesa. Il tempo quantitativo di Megalopoli contrapposto al tempo qualitativo della Natura, che diviene tempo culturale nel momento in cui si fa testimone del passaggio di consegne tra generazioni. Un grande paesaggista rispondeva così al cliente che descriveva i suoi desideri per la scena del suo giardino: «Lei non ha bisogno di un architetto di giardini ma di un nonno che abbia piantato per Lei». Già nel 1864 George Marsh invitava a riflettere sulle conseguenze di una politica miope e sulle cause perturbatrici scatenate dall uomo non in grado di valutarne le conseguenze nel tempo. Marsh aveva capito la necessità di ragionare in termini di paesaggi da risparmiare e consegnare alle generazioni future 8. Esattamente il contrario di quanto esprimeva Boyle Roche, baronetto della Camera dei Comuni irlandese alla fine del Settecento, nella sua famosa massima: «Perché dovremmo fare qualcosa per i nostri posteri? Che cosa hanno fatto loro per noi?» 9. Le diverse declinazioni del concetto di tempo ci portano a parlare di un tempo plurale che, incrociandosi con lo spazio, si fa paesaggio in quella dimensione particolare che è il tempo debito. Giacomo Marramao nel suo Kairós. Apologia del tempo debito (1992) tenta di risalire alle origini della parola tempo ; egli mette in evidenza come tale termine (derivato dal latino tempus) sostituisca nelle lingue neolatine quello che time e weather, zeit e wetter nelle lingue anglosassoni indicano rispettivamente come tempo cronologico e tempo meteorologico. Questa riflessione viene ripresa da Umberto Galimberti che, tra le parole nomadi 10, approfondisce il significato della parola tempo e ricorda come, in essa, cronologia e meteorologia si mescolino in un unico termine. Questo tipo di condizione corrisponde a quella che i Greci indicavano con il termine kairós che Marramao ripropone con l espressione tempo debito, come contingenza propizia che dà luogo ad ogni identità. In questa pazienza a sintonizzarsi con il tempo si nascondono i legami più profondi dell uomo con la terra. L abitare, nel senso heideggeriano di coesistenza con il genius loci, trova nel tempo debito il senso della costruzione del paesaggio. La risemantizzazione del paesaggio non può prescindere dalla dimensione temporale; accogliere l invito di Tiezzi ad assumere le nostre responsabilità di abitatori del tempo 11 implica la comprensione del tempo storico (perché attraverso di esso possiamo comprendere l identità dei luoghi) ma, anche, la necessità di metterlo in relazione con il tempo biologico. Una riflessione importante sulla costruzione del paesaggio che scaturisce dalla relazione fra tempi geologici, biologici e antropici, è quella fatta dall approccio territorialista portato avanti da Alberto Magnaghi. Si tratta di una pianificazione/progettazione socialmente prodotta in grado di prefigurare e costruire un futuro basato sul riconoscimento dell identità e della qualità dell abitare. Il paesaggio diventa la manifestazione sensibile del processo di territorializzazione: «il progetto attiva la relazione fra memoria sapiente e innovazione» 12. IL TEMPO E IL NON TEMPO NEL PROGETTO DI PAESAGGIO Francesca Bagliani 6 Lynch K. (1972), What Time is this Place?, The MIT Press, Cambridge - Mass. (tr. it. G. De Carlo, Il tempo dello spazio, il Saggiatore, Milano 1977, p. 153). 7 Cfr. Tiezzi E. (1984), Tempi storici, tempi biologici, Garzanti, Milano. 8 Cfr. Marsh G. P. (1864), Man and Nature; or, Physical geography as modified by human action, Charles Scribner, New York (tr. it., L uomo e la natura. Ossia la superficie terrestre modificata per opera dell uomo, Barbera Editore, Firenze, 1870, 1872; id., FrancoAngeli, Milano, ). 9 Lynch K. (1972), op. cit.; ed. it. (1977), p Galimberti U. (1994), Parole nomadi, Feltrinelli, Milano. 11 Tiezzi E., ibid., p Magnaghi Alberto (1995), Ecologia e urbanistica - Urbanistica e ecologia, in E. Tiezzi, a cura di, Ecologia e, Laterza, Roma-Bari, p. 52.

15 Entrare nello studio di Le Corbusier all ultimo piano di un edificio ai margini del Bois de Boulogne a Parigi è un esperienza che Russell Page non può dimenticare: trovarsi immerso in uno spazio completamente nuovo e minuziosamente concepito fino all ultimo elemento in modo tale che ogni cosa avesse il suo posto diventa per il noto giardiniere inglese un esperienza affascinante. Il luogo gli sembra austero e logico all eccesso e nulla è lasciato al caso (proprio come capita ai suoi progetti di paesaggio). La sorpresa arriva però quando si esce sul tetto per visitare il giardino pensile di cui l appartamento era dotato: uno strato di terra steso al sole, sul quale Le Corbusier aveva lasciato che gli uccelli e il vento si facessero carico del resto. (da R. Page, L educazione di un giardiniere). Una scelta così estrema stupì profondamente il paesaggista, attento all elaborazione dei suoi progetti, curati fino all ultimo dettaglio. Perché il grande architetto razionalista aveva lasciato al caso la sistemazione del proprio giardino pensile? Nessuna cura per la scelta della vegetazione, per la valorizzazione delle viste, per la scelta dei colori.quello che lui aveva realizzato per Marcel Boussac all altro capo del Bois de Boulogne aveva certamente un altro spirito: un attenzione rigorosa e precisa all uso delle piante con i loro tempi di sviluppo, ai punti di vista, alle fughe prospettiche, al mascheramento di tetti e pareti degradate. Ma a Le Corbusier tutto ciò sembrava non importare: la sua era una natura senza tempo, o meglio con un tempo naturale, percepita come fondale. Nei numerosi scritti che Le Corbusier dedica all urbanistica (in particolare nella Carta d Atene del 1933) la natura è ormai acquisita come un bene irrinunciabile, e diventa la piattaforma verdoyant sulla quale calare il progetto di una nuova città ideale: la Ville Radieuse, capace di offrire un nuovo modello di vita urbana all aperto con infrastrutture e grattacieli immersi in un unico grande parco. Ma tale natura rimane indefinita sulla carta; è una natura che non sembra avere tempi e forme di sviluppo, è ferma, cristallizzata, non nel senso fisico del termine ma nel senso ideale di sfondo. La necessaria presenza degli elementi naturali (epigono dei principi ottocenteschi di igiene e funzionalità) costituisce un suolo su cui si appoggia la macchina urbana contemporanea. Inversamente a ciò Russell Page nel celebre scritto L educazione di un giardiniere esprime la teoria del paesaggista intimamente innamorato dei tempi e degli spazi della natura. Egli trasmette al lettore il suo sapere progettuale, estetico, e botanico; parte dalla terra, della quale conosce ritmi, forme ed elementi; parte da una natura che sa plasmare nell espressione di ideali estetici e funzionali. Quale tempo dunque per un progetto di paesaggio? Paesaggio e tempo si intersecano inscindibilmente poiché gli equilibri del territorio mutano, la natura evolve, le azioni dell uomo sul territorio si moltiplicano e se ne complessifica il suo sfruttamento. Gli elementi che costituiscono un paesaggio hanno tempi molto diversi fra loro: la materia, la natura, l uomo. Le loro reciproche interazioni, mutevoli nel tempo, sono il punto di partenza per la sperimentazione progettuale. La materia vivente ha determinati tempi di evoluzione e rigenerazione, dallo sviluppo degli ecosistemi alla produzione di biomassa, e ciò deve fare i conti con l azione dell uomo. L uomo ha tentato progressivamente di governare questi tempi e relazionarli fra loro attraverso azioni sul territorio, esprimendo in tal senso nuove percezioni del paesaggio. Se guardiamo alla molteplicità degli approcci progettuali contemporanei possiamo cogliere tanti modi di concepire il tempo e di esprimerlo. Alcuni interventi hanno una concezione temporale che richiama tradizioni progettuali a lungo sperimentate e perpetuate. Si possono in tal senso rintracciare alcuni filoni tematici e riconoscerne diversi aspetti. Guardando molti progetti, sia storici sia contemporanei, emerge un idea del tempo in continua evoluzione sia nell utilizzo delle risorse naturali sia nel modo di percepire e comprendere le finalità di un nuovo paesaggio. Nel solco di Russell Page, attento e scrupoloso progettista di gusto formale, si può riconoscere la grande tradizione dell arte giardiniera classica, nella quale natura e vegetazione (progressivamente conosciute e addomesticate) assumono forme diverse, leggibili con tempi differenti in relazione alla percezione e alla rappresentazione del paesaggio. Alcune modalità tradizionali si ripetono ancora oggi in molteplici progetti di paesaggio, perpetuando e mutando i termini temporali. Nel filone del giardino formale, rivisitato continuamente ancora oggi, la radice costitutiva sta nel concepire la natura come cristallizzata, immobile, una natura senza tempo, controllata dall attenta mano del giardiniere; una natura quasi edificata (muri di verzura, stanze verdi, bordure topiate). È il tempo del potere che informa le finalità dei grandi progetti italiani del XVI secolo fino ad arrivare alle straordinarie realizzazioni seicentesche di André Le Nôtre, dove ogni elemento del giardino è statico poiché è sotteso ad un complesso ordine geometrico dominato dell anamorfosi: nulla deve variare nel tempo, il giardino viene colto in un unico momento e da un unico punto di vista prospettico. Un rigore logico portato all eccesso per favorire le volontà di rappresentazione del potere assolutistico ed esprimere un concetto di tempo lineare proprio della cultura occidentale. Il modello formale rimane un riferimento estetico tradizionale anche se svuotato dei suoi significati originali; ma alla base c è sempre una natura statica e

16 controllata, per favorire pure forme geometriche. Le alte stanze di verzura del Parco Cïtroen a Parigi altro non sono che una citazione del gusto francese, nel rigoroso inquadramento dei percorsi d acqua, dei giardini seriali, e delle sequenze di serre e ninfei. Nel filone del gusto informale di derivazione anglo-cinese si sviluppa una scansione di valori diversi nella percezione del giardino e del paesaggio. Essa non è più informata ad un unico punto di vista, ma è scandita dalla cinestesi, cioè dalla percezione dinamica in movimento. Nel tempo del pittoresco la visione dello spazio avviene attraverso un tempo più lungo: il tempo della passeggiata che coglie le diverse viste pittoriche registrate lungo i percorsi curvilinei e naturaliformi. Una visione che varia in continuazione in uno sviluppo paesaggistico fatto di tanti quadri, e che rispecchia il concetto di tempo ciclico proprio della cultura orientale taoista. La natura ha un aspetto libero e spontaneo e l obiettivo è quello di imitarla, ma tempi e forme sono strettamente controllati. È una tradizione ancora profondamente radicata nella cultura progettuale del paesaggismo novecentesco assumendo forme molteplici nelle opere di maestri come Geoffrey Jellicoe, Roberto Burle Marx e molti altri, anche se mutuate dalle influenze delle contemporanee arti visive. A soppiantare l idea di un tempo controllato della natura, sia nella tradizione formale sia in quella informale (che è tutt altro che spontanea!) sarà in fondo un approccio non dissimile da quello che Le Corbusier proponeva per la sistemazione del suo giardino pensile a Parigi, che si fa carico però, ora, di nuovi valori: una natura abbandonata a sé stessa, libera di riappropriarsi dei suoi tempi e dei suoi ritmi, espressione dell ecosistema di cui fa parte. Un nuovo tempo, quello dell ecologia, che si svilupperà lungo tutto il secolo fino ad arrivare a vere e proprie proposizioni progettuali informate ad un unico paradigma, quello ecologico, nel rispetto dei tempi della natura. Viene spontanea la citazione dei lavori del noto paesaggista francese Gilles Clèment tesi a definire e a comunicare un idea di coscienza ecologica, con la definizione del Giardino in Movimento e del Terzo Paesaggio, quale isola preziosa e unica sfuggita all antropizzazione territoriale che tutto pianifica e tutto decide a scapito dello sviluppo della biodiversità e del rispetto delle specie. Esempi come il progetto tedesco pluriennale ( ) IBA See volto alla trasformazione di una vasta area del Brandeburgo meridionale nella Lusazia, sfruttata per decenni da attività estrattive e industriali, e come il Lagunaggio di Harnes a nord della Francia dell Agence Paysages (vincitore del 1 premio Rosa Barba alla III Biennale Europea di Paesaggio di Barcellona, 2006) hanno avuto rilievo a livello internazionale per l applicazione di modelli ecologici nella riqualificazione di parti di territorio. Rimane ancora da chiedersi quando un progetto di paesaggio possa essere non solo ecologicamente corretto ma anche sostenibile. Il tempo della rigenerazione della natura è un tempo fisso; il tempo del progetto di paesaggio deve variare nel bilancio tra consumo delle risorse e ricostituzione dei servizi naturali. L uomo consuma in modo illimitato e produce in modo illimitato rifiuti; a volte la valorizzazione estetica ed ecologica di un paesaggio può costare molti consumi e andare a scapito di altri territori, progressivamente sempre più poveri e degradati. È emblematico, in questo senso, il lavoro di uno straordinario artista indiano Nek Chand, funzionario municipale della nuova città di Chandigarh, che, come reazione all ammasso di rifiuti e di detriti prodotti dalla costruzione della perfetta Ville Radieuse lecorbusiana, diede avvio ad un meticolosa raccolta e ad un ingegnoso riciclo dei materiali di scarto, oggi espressi nel celebre Rock Garden. QUATTRO PASSI NEL TEMPO Elisabetta Bianchessi Quando mi hanno chiesto di scrivere queste righe il mio pensiero si è mosso verso uno scritto di Italo Calvino, un omaggio surrealista a un tempo fisico: Non so cosa sia successo al tempo (...) sparpagliato senz'ordine sulla superficie accidentata dello spazio; forse era solo una nostra convenzione a farci credere che il -prima- e il -dopo- fossero come frecce di cartelli indicatori piantati nella distesa brulla e uniforme ( ) Le ore, se è vero che erano dodici, ci sono ancora tutte, le ho contate. Sono stese per terra, sul cocuzzolo della collina, sparpagliate, sotto il grande albero (...) sono leggere, sottili, non hanno né colore né odore: il mio cane ci passa in mezzo indifferente, come se non ci fossero (...) So che una volta le ore passavano. Ma passavano dove? So che c'era gente per cui le ore passavano troppo lente, o troppo veloci. Adesso le ore sono lì,distese al sole, una qua e una là, e danno un grande senso di calma. Col sole stanno bene insieme, come se tra loro e il sole corresse un qualche rapporto. Penso che quando verranno le grandi piogge le ore che sono più in pendenza slitteranno giù per i fianchi

17 ripidi della collina. Forse bisognerebbe fare qualcosa per tutte queste ore che si perdono (...) E poi ci sono i minuti sparsi in mezzo all'erba. Sono sottili e puntuti e se non si sta attenti si rischia di conficcarseli nella pianta dei piedi e poi è difficile toglierseli, soprattutto i piccoli (...) Eppure, il punto di passaggio tra Marzo e Aprile lo si trova facilmente: è un ponticello che ti si apre davanti, sulla tua strada, facile da imboccarsi, in perfetto stato di manutenzione, coi suoi parapetti sicuri. Lo si attraversa quasi senza accorgersene, a piedi o in bicicletta. Dall'alto del ponticello si vedono le pendici di Febbraio, in lontananza, le bianche catene montuose che ti sei lasciato alla spalle. E' un felice viaggio. Dove il solo fatto sicuro è che tu continui ad andare avanti, a pedalare in bicicletta. D'altronde non c'è scelta, non c'è che questa strada: una strada a senso unico ( ) Infine il signor S. sostiene di aver visto il presente. Passeggiava fuori dalla sua casa di campagna, d'inverno, nei prati. Abbassa lo sguardo e lì per terra c'era il suo presente di quel preciso momento, tutto intero ( ) Com'era fatto? Mah, era l'incrocio di molte linee ( ) Quali linee? Vediamo: latitudine, longitudine...il mese, il giorno, l'ora ( ) E poi? Le linee di tutto quel che gli passava per la mente in quel momento. La linea della coscienza che si incrocia con la linea dell'inconscio, la linea del desiderio che si incrocia con la linea del timore, la linea del dovere e quella del dubbio ( ) Poi ancora: le sensazioni che attraversano il corpo: il dolore della carie d'un molare che si incontra con lo stimolo della vescica, con uno starnuto che indugia sulla punta del naso, con l'intirizzimento d'un dito di un piede...più S. fissa lo sguardo, più la raggiera delle linee che attraversano quel punto si fa fitta...non c'è un millimetro quadrato sgombro, tutti i passati s'accavallano, non c'è più modo d'isolare nessun presente in mezzo alla neve calpestata (Il crollo del tempo) Il tempo, che si mostra come un perfetto prestigiatore che lascia scivolare la singola carta fuori dal mazzo per farla riapparire sotto altro aspetto, costruendo domande, riflessioni oblique, possibili ipotesi, premesse necessarie al progetto del paesaggio, dello spazio pubblico, al tempo, il gioco del terzo millennio. 1 Passo Carlo Scarpa si presenta a Madrid per una conferenza. Parla del suo ultimo progetto architettonico, la tomba Brion a Sanvito d'altivole: Questo è l'unico lavoro che vado a vedere volentieri, perché mi sembra, in qualche modo, di aver conquistato il senso della campagna ( ) Eppure, mi dico che ho sbagliato tutto! Avrei dovuto piantare solo mille cipressi mille cipressi sono un parco naturale, un grande evento per il futuro (Mille cipressi) 2 Passo Michelangelo Antonioni appunta su alcuni fogli sparsi al tavolo di un bar: I ghiacciai dell'antartide si spostano di tre millimetri all'anno verso di noi. Calcolare quando arriveranno. Prevedere, in un film, cosa accadrà (Antartide) 3 Passo Mario Giacomelli cerca da giorni di fare un ritratto fotografico del mondo contadino. Ostinatamente cammina per le campagne di Senigallia, sua terra natale. Eppure, non trova l'immagine desiderata. Improvvisamente s'imbatte in una serie di alberi tagliati, buttati lungo la strada distrattamente. Tronchi, dove la sezione dell'albero, racchiusa dall'irregolare corteccia, racchiude l'immagine di un volto segnato dal tempo: riconosce una bocca un naso le orecchie di un volto rugoso, costruito dalle sottili venature vegetali, linfatiche. E' questa l'immagine cercata. Un volto invecchiato in simbiosi con la vita dell'albero. 4 Passo Distribuisco il primo esercizio del programma di corso di architettura del paesaggio al Politecnico di Milano: Quale terra quale colore quale pianta quale palude quale duna quale roccia quale prato quale pioggia quale mare quale bosco quale cielo quale fiume quale foglia quale nebbia quale montagna quale sabbia quale neve quale vento quale luce quale nube quale cespuglio quale acqua quale sasso quale albero quale ombra quale corallo quale lago quale fango quale aria quale sole, formano il tuo paesaggio. Intrecciare, sovrapporre, combinare, isolare, utilizzare ogni fatto fisico per rappresentare un paesaggio conosciuto. Uno studente straniero dal fondo dell'aula alza la mano e mi chiede: possiamo pensare queste qualità materiche in termini di tempo e non di spazio? La domanda continua ad essere presente, galleggia nell'aula. Le risposte possibili, invece, aprono mondi immaginifici e intrecci temporali infiniti al progetto di paesaggio ancora inesplorato. I LOVE YOU Melania Bugiani

18 Nella realtà non esistono informazioni limitate, né relazioni certe, né una sola ora. Ci siamo ingannati! la cartografia ci ha reso degli illusi. I cartografi non ci hanno fermato quando abbiamo iniziato a credere che il tempo può essere assoluto, fisso, addirittura maneggiabile. E ci abbiamo costruito sopra siparietti in formaldeide, che a guardarli ora si rimane senza fiato, indecisi fra l assoluzione politica o lo scherno. Ma bisogna pur fermare la realtà per poterci metter le mani, altrimenti te le porta via. Canta il coro greco. Oggi 30 agosto faccio riferimento a un martedì e mercoledì del luglio del 2006, era l 11 e il 12. Prendo spunto da un esperienza di un laboratorio (venti studenti di un Master di Progettazione del paesaggio) che si è sforzato di assumere la fisionomia di un esperimento, con un intuizione di partenza, una struttura, degli elementi noti, degli strumenti usati, molte variabili, dei risultati da osservare, ma nessuna tesi da verificare. L intuizione di partenza è che il territorio è continuo, non esistono scarti, né porzioni, come dire: è tutto attaccato. Non ci sono confini che reggano, né linee tratteggiate, punto linea o doppia linea che sia. Il territorio è continuo fisicamente e nel tempo, di notte non scompare e gli orari hanno solo un senso contingente. E il primo esperimento di Probabilmente liquido ovvero indagini su un territorio complesso, continuo, con una certa consistenza fisica, ma imprendibile: probabilmente liquido, appunto, che per loro natura ragionano e progettano in scala uno a uno. Fisicamente significa andare in un luogo, stare e muoversi, per vedere e conoscere. Temporalmente significa vivere un luogo per un tempo sensibile, per vedere e conoscere (Il territorio conviene averlo ben presente, più che nella testa, in tutto il corpo). La struttura è di circa trentanseiore-di-seguito, ovunque, in un territorio anche comune come ce ne sono tanti e non un eccezione, in un sistema di giorno-notte-giorno. Viene così fondato un nuovo giorno composto da due giorni e una notte in mezzo, per uscire, almeno fisicamente, dall opposizione giorno/notte, logica antitetica troppo grezza per ricondurre variazioni illimitabili, tante e continue. Il già formato viene subito ritrasformato e così il sistema, e ciò che si muove con esso, si espone a potenza. Altro che ogni cosa ondeggia in un continuo moto, ringraziamo profondamente Goethe di averci lasciato l eredità della Bildung per salvarci dalla Gestalt. Non ci serve più la forma (il tutto unico) perché si è rotto il significato di concluso. Il già prodotto si fonde con ciò che sta producendosi e la pelle goethiana non riesce a trattenere tutta la vita, e secondo me non ci prova nemmeno. Le unità di significato organico non coincidono più con un unità afferrabile, per quanto piccola o grande. E mi chiedo: tutto questo sta sulla stessa linea del tempo? Ci sta? E anche se fossero tante linee del tempo, sicuro che vadano proprio nella stessa direzione? La fisica ha già abbandonato una visione lineare del tempo (al quale (per) sempre lo spazio è legato dall uguale di un equazione). Nuovi modelli matematici hanno introdotto il concetto della non corrispondenza lineare. Allora, se il tempo può non corrispondere linearmente, potrebbe corrispondere superficialmente o spazialmente. A me convincerebbe un tempo geometrico in relazione sofisticata ed elegante con il suo siamese per uguale. Magari potrebbe esserci anche un tempo piegato più volte su di sé che svapora la nostra percezione greve dello spazio. Il concetto ormai digerito di più tempi contemporaneamente sarebbe così capace di arricchirsi anche in forma, trasformando il numero in una questione da contabili e imponendo un po di immaginazione. Tempo A Tempo 3 Tempo Tempo & Tempo 2 Tempo Bb Tempo Tempo Ø Tempo Ö Tempo Tempo Tempo B Tempo Tempo» Tempo W Tempo 4 Tempo + Tempo z Tempo dn Tempo Tempo ` Tempo ab Tempo s Tempo t Tempo 2d Tempo 34 Tempo ß Tempo Tempo î Tempo Tempo Tempo ı Tempo ] Tempo j Tempo // Tempo ^ Tempo h Tempo Tempo hd Tempo low Tempo µ Tempo ~ Tempo tempo Tempo v Tempo 0 Tempo ˇ Tempo Tempo ± Tempo Ss Tempo * Tempo Õ Tempo Ç Tempo! Tempo _ Tempo geometrico Tempo falso Tempo à Tempo K Tempo ñ Tempo ê Tempo [ Tempo ïï Tempo Tempo r Tempo ª Tempo Tempo y Tempo Tempo 22 Tempo Tempo alfa Tempo ë Tempo piegato Tempo Tempo Tempo fi Tempo ƒ Tempo Tempo ç Tempo } Tempo T e m p o Tempo ll Tempo 11 Tempo Tempo bildung Tempo í Tempo poroso Tempo» Tempo Tempo Tempo Tempo Tempo Tempo. Senza la precisione di Mendeleev, trattandosi forse anche di altra materia e non credendo nella appropriatezza di una tavola periodica del tempo (non esiste più neanche il concetto di accumulo e che cosa contiamo? a 24 si ritorna allo zero) lasceremmo comunque degli spazi vuoti, dei Tempo in bianco, un po per educazione un po per assunto. Difficile a dirsi e anche a pensarsi. Visto che comunemente ciò che non è non esiste e normalmente ciò che è è anche visibile, entriamo nel merito degli occhi, che producono pensieri, immagini, parole, progetti. Di occhi oggi ne abbiamo tanti, sguardi calcolatori che superano di gran lunga il modello di partenza e vomitano visioni cifrate da unità di misura, proposte suadenti di realtà logiche. Che belli gli strumenti di misurazione! Grazie a un puntatore-termometro, delle studentesse sono riuscite a monitorare la temperatura dello stesso punto di roccia (1mm quadrato) per 24 ore. Con un po di impegno hanno tenuto sotto controllo la

19 temperatura di una piccola superficie della stessa roccia e da una pratica medica sono emerse delle bellissime maquette in forma di istogrammi di legno 3D. Senz altro un interessante e profonda relazione fra spazio e tempo. Ad una condizione però. Gli occhi cifrati impongono una logica discreta che frammenta ciò che è continuo in unità uguali fra loro, che trasferiscono l informazione d origine per logica di accumulo che tiene in considerazione solo lo spazio (azzerando il tempo). Gli strumenti chiedono questo in cambio, i figli dell occhio, poiché capaci di governare un sistema assai semplice di natura di relazioni, impongono la loro semplicità a ciò che rilevano, persuadendoci con argomentazioni di logica discreta e l affidabilità dei numeri primi. Senza contare che non si può mica vedere tutto, e, dice Pizzetti, anche la cacata di un merlo può fare storia. E se io non me ne accorgo del merlo? Quante cacate non si vedono? In che cosa si ritrasformano, forse in relazione sottile con un tempo dall equazione piegata? Quante storie si ignorano? Mi posso forse difendere con un termometro? Il punto non è difendersi ma aggiornare il pensiero progettuale che come i telai di Maria Lai si organizza senza completarsi perché cosciente dell inutilità della chiusura e della impossibilità di comprendere la logica del tutto. I fili passano e ripassano sulla tela, fili che si aggrumano, si annodano, si arruffano, che sfruttano ingordi il supporto ignaro. Fili laschi per vengono appuntati senza mai essere tesi, che registrano il passaggio di una mano o che vengono lasciati in attesa a ciocche, anche per sempre. Fili che si dispongono ordinatissimi e perfetti a comporre un segno convenzionale e riconoscibile che entra nella narrazione del tutto rispetto alla quale la comprensione diventa allucinazione, ambiguità. Forse questi fili bianchi o neri sono ciò che si avvicina di più al tempo che ostenta sfrontatamente la sua linearità negandola in continuazione. Maria Lai I love you. TEMPORALITÀ. PAESAGGIO. PROGETTO Vincenzo Gioffrè Belvedere sul Filopappo Atene Dimitri Pikionis 1956 (foto Vincenzo Gioffrè 2008) La temporalità è la connessione arte-natura-storia nel fluire del tempo. Forma il substrato della trama di un paesaggio, nella sua trasformazione. Qui convergono natura, storia, tradizione, eternità, il flusso del passato-presente-futuro, lo sviluppo-trasformazione del territorio, la continuità delle generazioni e la vita nella sua accezione universale. (Massimo Venturi Ferriolo 2009) Per realizzare i percorsi di accesso all Acropoli di Atene e di risalita alla collina del Filopappo, alla metà degli anni cinquanta l architetto Dimitri Pikionis, incaricato di realizzare l opera, ricicla i blocchi di marmo provenienti dagli scavi archeologici (operazione oggi improponibile per i veti delle sovrintendenze ai beni archeologici) e li dispone al suolo secondo geometrie misteriose quanto evocative. Non esiste infatti un immediato riferimento o rimando alla tradizione greca, eppure le geometrie imperfette dei pavimenti di Pikionis stabiliscono un dialogo con la sacralità del luogo e la tradizione mediterranea. I pavimenti si insinuano all interno di un parco nel quale la vegetazione, una selezione di arbusti mediterranei strettamente autoctoni ed alberi di ulivo, definisce una fitta coltre. Nell attraversamento si susseguono continue sorprese: sedute collocate sapientemente per inquadrare vedute corali del sito e della città, piccoli spazi intimi che

20 inducono alla meditazione, sofisticati dettagli di incastri tra marmi anche in parti marginali, il continuo alternarsi di ombre scure sotto i fitti olivastri e di luce abbagliante riflessa dalla pietra. Ai margini, l opera non ha dei confini definiti, è piuttosto un limite imperfetto delineato dai pavimenti che perdono pezzi, si smaterializzano, e trasmettono il fascino dell incompiuto stabilendo così un link con i reperti dell Acropoli anche essi oggi incompleti a causa del tempo che ne ha sottratto delle parti. Sotto I'Acropoli, lungo sentieri che sembrano mosaici o incisioni, l'essenzialità dei giardini di rocce giapponesi si sposa con le linee di Klee o di Mondrian e tra gli alberi del parco decine di tracce evocano, ricordano, interpretano un passato complesso usando i lacerti del tempo presente (Alberto Ferlenga 1987). E l opera di un artista-architetto che plasma il suolo attraverso le braccia dei suoi artigiani-operai, metro dopo metro, senza nessuna logica compositiva, secondo un disegno discontinuo ma coerente nella sua totalità, fatto di geometrie astratte e figure archetipiche. I percorsi disegnati da Pikionis sono un esempio significativo, per originalità ed ispirazione, del rapporto di un opera moderna con la storia, instaurano una relazione con il tempo e la memoria né banale ne scontato. Il linguaggio adottato non tenta una rivisitazione storicista del gusto classico greco, il rapporto con il luogo non è certo didascalico né tantomeno retorico, la pavimentazione non ha la pretesa di emergere rispetto l Acropoli o di sottolinearne la presenza, ha piuttosto uno sviluppo autonomo, a se, secondo una narrazione che ogni singolo visitatore può riscrivere. I percorsi in pietra sono quindi atemporali, non appartengono al passato antico né tantomeno sono sfacciatamente avanguardisti, sembra un opera destinata a sottomettersi ad una lenta erosione da parte del tempo, come appunto i monumenti dell Acropoli. Scrive Dimitris Pikionis: I bordi del tuo profilo diventano le pendici di una collina, le vette di un monte, declivi e precipizi abissali; le tue cavità sono grotte, e dalle fenditure della roccia rosata scorre silente l acqua. Nella parte si nasconde il tutto. E il tutto è la parte. Tu pietra tracci i diagrammi di un paesaggio. Sei tu il paesaggio stesso. Ancor più sei il tempo che starà sopra le pietre incorrotte della tua Acropoli. Il maestro greco nella totalità del suo lavoro, attraverso libere quanto erudite riletture dell arte e della storia di tutte le epoche, stabilisce un legame sottile e sofisticato tra passato-presente-futuro, senza barriere temporali, geografiche, culturali; è più incline all arte che all architettura, sensibile alle avanguardie di inizio secolo, frequenta e conosce artisti suoi coetanei, è un viaggiatore curioso ma sempre profondamente legato alle proprie radici culturali; in questo antesignano di una tendenza contemporanea che ci vede sospesi tra globale e locale, abitanti del mondo ed orgogliosi difensori della nostra personale identità legata al paesaggio nel quale viviamo. Il progetto di paesaggio ha nella dimensione temporale - temporalità (ciò che è proprio del tempo, della storia) un aspetto centrale e specificità; perché opera con la modificazione, piantumazione, modellazione degli elementi vegetali; l utilizzo dell acqua in bacini, fontane, zampilli, cascate; la messa in opera di materiali lapidei frantumati, levigati, incisi; la modellazione del suolo con dune, colline, depressioni; la registrazione dello scorrere degli anni, dei cambiamenti delle stagioni, delle ore del giorno; la presa in conto del vento, della luce, della pioggia; la percezione dinamica di fruitori sempre diversi che attraversano, sostano, modificano un luogo. La temporalità ha diverse declinazioni possibili nel progetto di paesaggio, non è solo tecnica costruttiva applicata a materiali viventi che si modificano e si trasformano in funzione del tempo; la temporalità è, appunto, la relazione tra gli uomini e il proprio paesaggio che vivono e trasformano, una relazione non obbligatoriamente lineare, oltre la sequenza cronologica degli eventi, esiste una circolarità, eventi passati che riemergono nel contemporaneo, tracce di civiltà antiche ancora persistenti, usi e abitudini arcaiche o vernacolari che ancora oggi affiorano in usi e abitudini di comunità insidiate in un luogo. Cosi il concetto di Genius Loci, nella sua accezione classica, ci viene in soccorso. L insieme di tracce, indizi, storie, vicende umane, che ogni luogo vissuto o attraversato dall uomo possiede e comunica, definisce un complesso palinsesto di segni, un linguaggio multilingue, soprattutto nel bacino del mediterraneo luogo per antonomasia di sovrapposizione e stratificazione tra civiltà e culture diverse, ( ) è lo spirito del luogo, che da vita a luoghi e popoli, che ne determina il loro carattere e essenza (Cristian Norberg Schultz 1979). Compito di ogni progettista è interpretare quindi il contesto in cui si è chiamati ad intervenire attraverso il proprio bagaglio culturale ed il proprio universo di riferimenti, avviando un continuo scambio di suggestioni e stimoli con le comunità insediate, primi costruttori/fruitori del paesaggio stesso, un metodo che trova nella temporalità il filo di Arianna lungo il quale si annodano i rimandi alla tradizione e le chiavi di lettura della contemporaneità. L approccio al progetto di paesaggio bascula quindi tra memoria e innovazione, pesca liberamente riferimenti dal passato e rielabora le tracce del presente, è proiettato al futuro ed ha una tensione critica sul contemporaneo, segue un andamento random, una creatività forse spregiudicata che si esplica attraverso una lettura dei luoghi che determina esiti imprevisti ed imprevedibili, con libere citazioni e libere reinterpretazioni, nel tentativo di realizzare la connessione arte-natura-storia nel fluire del tempo.

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