Lezione 2: Amplificatori operazionali. Prof. Mario Angelo Giordano

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1 Lezione 2: Amplificatori operazionali Prof. Mario Angelo Giordano

2 L'amplificatore operazionale come circuito integrato è uno dei circuiti lineari maggiormente usati. L'amplificatore operazionale è un amplificatore in continua: ciò significa che esiste una continuità elettrica fra ingresso e uscita il nome di "operazionale" è dovuto all'uso per cui era nato tale amplificatore, e cioè il funzionamento all'interno di elaboratori analogici per l'esecuzione di operazioni matematiche. Un amplificatore operazionale ideale dovrebbe avere amplificazione e resistenza d'ingresso elevatissime (praticamente infinite) e resistenza di uscita bassissima (uguale a zero) gli amplificatori operazionali reali si avvicinano in parte a tali caratteristiche A titolo di esempio, uno dei più usati, il µa741, ha un guadagno di , una resistenza d'ingresso di 2 Mohm ed una resistenza di uscita di 75 ohm. La corrente che un amplificatore operazionale può fornire in uscita in genere non supera i 25 ma.

3 LM741

4 l'operazionale ha due ingressi, contrassegnati con un "-" (piedino 2) e con un "+" (piedino 3); uscita, indicata con OUT (piedino 6), terminali per l'alimentazione dell'integrato (piedini 7 e 4). Perchè gli ingressi sono due? Perchè l'almplificatore operazionale è prima di tutto un amplificatore "differenziale"; ciò vuol dire che il segnale presente in uscita non dipende solo da uno o dall'altro degli ingressi, ma da tutti e due, ed esattamente dalla differenza che esiste fra il segnale applicato su un ingresso ed il segnale applicato sull'altro. E sufficiente che fra i due ingressi vi sia una differenza di tensione anche di pochi µv, perchè l'uscita cambi completamente il suo stato, passando per esempio da zero al massimo valore della tensione di alimentazione.

5 Supponiamo di alimentare il circuito con 10 V, e che le due resistenze R1 ed R2 abbiano lo stesso valore la tensione di alimentazione sarà allora presente per metà ai capi di R1 e per metà ai capi di R2; in altre parole, al centro, e quindi sul piedino 3 dell'integrato, ci saranno esattamente 5 V. Il piedino 2 è collegato invece ad RV1, che è una resistenza variabile: possiamo quindi far variare a piacere la tensione che risulta applicata sul piedino 2 dell'amplificatore operazionale. Spostiamo il cursore di RV1 in modo da portarlo verso il positivo, applicando così al piedino 2 una tensione senz'altro superiore a 5V, e quindi leggiamo, con un tester, la tensione presente in uscita: troveremo un valore molto vicino allo zero.

6 Spostiamo adesso il cursore di RV1 in modo da portarlo in basso, verso la tensione zero, applicando così al piedino 2 una tensione senz'altro inferiore a 5V, e quindi leggiamo la tensione in uscita: troveremo un valore molto vicino alla tensione di alimentazione (che è 10 V). Quello che abbiamo appena constatato ci permette di formulare la regola basilare del funzionamento del nostro amplificatore operazionale quando la tensione sul piedino "-" è maggiore della tensione sul piedino "+" l'uscita è a livello basso (cioè prossimo a zero); quando la tensione sul piedino "-" è minore della tensione sul piedino "+" l'uscita è a livello alto (cioè prossimo alla tensione di alimentazione).

7 AMPLIFICATORE INVERTENTE La tensione Vi viene applicata all'ingresso invertente attraverso la resistenza R1; Vu è la tensione amplificata che si ritrova in uscita. La resistenza R2 riporta all'entrata parte del segnale in uscita, realizzando in tal modo quella che viene detta "controreazione"; senza R2, l'operazionale non potrebbe funzionare come amplificatore lineare, poichè la sua uscita commuterebbe con estrema rapidità fra un valore minimo (prossimo a zero) ed un valore massimo (prossimo alla tensione di alimentazione). L'amplificazione del circuito dipende dalle due resistenze R1 ed R2, secondo la formula

8 ESEMPIO Av = R2 / R1 (ciò significa che se R2 è di valore più basso, si ha più controreazione e quindi il guadagno è minore). Vediamo un esempio pratico: R1 = 100 Kohm (cioè ohm) R2 = 1 Mohm (cioè di ohm) Vi= 1mV L'amplificazione Vu/Vi sarà: Av= : =10 Poichè l'amplificazione è 10, con 1 mv in entrata avremo in uscita 10 mv Osserviamo che il segnale in uscita è invertito, ovvero è di segno opposto a quello in entrata; se Vi aumenta, Vu diminuisce, e viceversa.

9 AMPLIFICATORE NON INVERTENTE il segnale d'ingresso viene applicato all'ingresso contrassegnato col "+", ovvero a quello non invertente. il segnale in uscita ha lo stesso segno di quello in entrata. In questo caso, l'amplificazione è data dalla formula: Av = (R1 + R2) / R1 Anche per l'amplificatore non invertente la resistenza R2 determina una certa quantità di reazione negativa (o controreazione), che diminuisce il guadagno dell'amplificatore ma gli consente di lavorare linearmente.

10 BUFFER A GUADAGNO UNITARIO il circuito in figura mostra l'utilizzo dell'operazionale come "buffer". Col termine "buffer" si intende un circuito che svolge una funzione di separazione o di adattamento; nel caso specifico, il circuito presenta la più alta impedenza d'ingresso ottenibile con gli amplificatori operazionali. Per ottenere tale risultato, si applica il massimo valore possibile di controreazione, collegando direttamente l'uscita con l'ingresso invertente. Per tale motivo, il guadagno di questo circuito è uguale a 1, il che vuol dire che il circuito non amplifica (essendo il segnale di uscita uguale a quello di entrata); in altre parole, non si ottiene un guadagno di tensione, ma un guadagno di impedenza.

11 Amplificatore sommatore Un amplificatore operazionale può essere utilizzato per sommare un certo numero di tensioni, continue o alternate, applicate all'ingresso invertente. Circuiti di questo tipo sono utilizzati come miscelatori nelle applicazioni audio e per eseguire somme algebriche tra grandezze analogiche.

12 Lo schema di un sommatore è rappresentato in fig.1, nel quale le tensioni V1 V2, V3s sono applicate all'ingresso invertente attraverso i resistori R1, R2,, R3. Nell'ipotesi che il morsetto invertente dell'operazionale non assorba corrente, la corrente totale d'ingresso I passa nel resistore Rf. Si può quindi scrivere che: Funzionamento

13 Poiché il punto P si trova a massa virtuale (cioè a 0V), si può scrivere che: Perciò In questo caso la tensione d'uscita è uguale alla somma, cambiata di segno, delle tre tensioni d'ingresso. Le tre tensioni presenti all'ingresso vengono in questo modo sommate e amplificate, purché Rf abbia valore maggiore di ciascun resistore d'ingresso: siamo in presenza di una somma pesata, dove il 'peso' dei tre termini è dato rispettivamente dal rapporto Rf /R1,Rf /R2 e Rf /R3 Se Rf dovesse assumere valore inferiore a ciascun resistore d'ingresso, ci troveremmo di fronte ad una tensione d'uscita che è ancora la somma di quelle d'ingresso, ma questa volta attenuate.

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