Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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1 Civile Sent. Sez. 6 Num Anno 2016 Presidente: PETITTI STEFANO Relatore: SCALISI ANTONINO Data pubblicazione: 11/02/2016 Motivi della decisione 1.= Con l'unico motivo di ricorso la società Semplice Maria lamenta la violazione dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 cpc., "Erronea applicazione del decreto 24 gennaio 2012 n. 271 convertito nella legge del 20 luglio 2012 n. 140" (rectius DM. 20 luglio 2
2 , in 2012 n.140, emanato ai sensi dell'art. 9 del Decreto legge del 24 gennaio 2012 n. 1 convertito in legge 24 marzo 2012 n. 27) in relazione agli art. 360 n. 3 e 5 cpc. Erronea liquidazione delle spese di primo e secondo grado del giudizio. Secondo la ricorrente la Corte di Potenza avrebbe errato nell'aver liquidato le spese giudiziali secondo le tariffe previste dal DM 140 del 2012, però, la controversia di cui trattasi era sorta nel lontano 1989 e l'attività professionale si sarebbe conclusa 1'11 gennaio 2010 con il deposito della comparsa conclusionale e, dunque, sotto la vigenza del DM 127 del Piuttosto, applicando il DM 127 del 2004 la Corte distrettuale avrebbe dovuto liquidare una somma pari ad C per il primo grado del giudizio ed E per il giudizio di secondo grado al posto della somma liquidata di C. 2310, = Il motivo è in parte fondato per le ragioni di cui si dirà. Va qui premesso che come insegnano le SSUU di questa Corte (sent e del 2012); in tema di spese processuali, agli effetti dell'art. 41 del d.m. 20 luglio 2012, n. 140, il quale ha dato attuazione all'art. 9, secondo comma, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di _ entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria A prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l'accezione omnicomprensiva di "compenso" la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera complessivamente prestata. 3
3 Fermo restando tale principio, che condiviso va rispettato, anche nel caso in esame, tuttavia, va chiarito che quel principio non può estendersi all'attività professionale relativa ad un grado del giudizio che si è concluso con sentenza e in relazione al quale, il Giudice dell'appello, tenuto conto dell'esito complessivo del giudizio, rideterminerà il regolamento delle spese, anche per il primo grado del giudizio, perché l'attività professionale deve ritenersi conclusa, con la sentenza che chiude il giudizio, sia pure relativamente ad una fase dello stesso. D'altra parte, questo principio sembra sia affermato, sia pure indirettamente e/o implicitamente, anche dalle SSUU di questa Corte laddove affermano che i nuovi parametri professionali vanno applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, e, a giudizio di questa Corte, è nell'ordine delle cose, ritenere che l'attività professionale debba ritenersi conclusa ed espletata tutte le volte in cui sia intervenuta una sentenza che chiude una fase del giudizio anche con la liquidazione delle spese. Il Giudice del secondo grado nel rideterminare il regolamento delle spese anche del giudizio di primo grado, in verità, non riatualizza un giudizio concluso, ma si trasporta al momento della sentenza di primo grado, specificando ciò che quel Giudice avrebbe dovuto fare se avesse correttamente deciso. Ora, nel caso in esame, la Corte di Appello di Potenza avrebbe dovuto : applicare, e non sembra lo abbia fatto, con corretta motivazione, le tariffe previste dal DM. 127 del 2004 per il giudizio di primo grado e quelle previste dal DM. N. 140 del 2012 per il giudizio di secondo grado, posto che la 4
4 liquidazione di queste ultime spese giudiziali è avvenuta successivamente all'entrata in vigore del DM 140 del Pertanto, ha errato la Corte di Potenza nell'aver applicato indistintamente per entrambi i gradi del giudizio il tariffario di cui al DM 140 del = Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l'illegittimità costituzionale del DM 140 del 2012 in relazione agli arti. 2, 3 24 e 36 cost. italiana. Secondo la ricorrente, l'applicazione retroattiva delle tariffe professionali prevista dal DM 140 del 2012 dovrebbe ritenersi in contrasto con i principi costituzionali espressi dagli art. 3 24, 36 e 117 della Costituzione perché, sebbene la Costituzione non preveda, in tutto il settore sanzionatorio, il divieto assoluto di norme retroattive, il principio della irretroattività della legge, riceve, comunque, copertura costituzionale come anche è stato affermato dalla Corte, costituzionale con sentenza 78 del L'art. 3 cost. nello stabilire il _ principio di eguaglianza e, quindi, di ragionevolezza delle scelte del legislatore imporrebbe di salvaguardare la certezza dell'ordinamento in funzione dell'affidamento ai cittadini. L'art. 117 cost. nell'imporre al legislatore di legiferare in conformità al diritto internazionale pattizzio rinvia tra l'altro alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della salvaguardia delle libertà, la quale annovera lo stato di diritto tra i principi comuni alle tradizioni costituzionali degli stati membri del'ue Il motivo non ha ragion d'essere dato che la Corte costituzionale, intervenendo sul tema con sentenza 261 del 2013 ha escluso definitivamente che l'applicazione retroattiva delle tariffe professionali prevista dal DM 140 _ del 2012 fosse incostituzionale. Come ha avuto modo di affermare la Corte costituzionale: è manifestamente 5
5 infondata - per erroneità della premessa interpretativa - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, commi 1, 2 e 5 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché del d.m. 20 luglio 2012, n. 140, sollevata in riferimento all'art. 3, 24, 36 e 117 Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU, all'art. 5 trattato UE e all'art. 296 Trattato sul Funzionamento dell'ue e all'art. 6 Trattato UE e per esso ai principi dello Stato di diritto richiamati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo e della Carta di Nizza, in quanto dispongono <<l'applicazione retroattiva delle nuove tariffe professionali anche ai giudizi in corso. La questione è ammissibile anche con riferimento alla impugnativa del suddetto decreto ministeriale, poiché si tratta di norma secondaria strettamente collegata alla disciplina dettata dalla norma primaria censurata. Tuttavia, è inesatto il presupposto da cui muovono i rimettenti, rappresentato dall'assunto secondo cui, al compimento di ogni singolo atto del professionista, sorgerebbe ipso facto il suo diritto al compenso in relazione alle tariffe a quel tempo vigenti. Invero, - come confermato anche da un consolidato orientamento giurisprudenziale -quel compenso costituisce un corrispettivo unitario, <<che ha riguardo all'opera professionale complessivamente prestata; e di ciò non si è mai in passato dubitato, quando si è trattato di liquidare onorari maturati all'esito di cause durante le quali si erano succedute nel tempo tariffe professionali diverse, giacché sempre in siffatti casi si è fatto riferimento alla tariffa vigente al momento in cui la 3 prestazione professionale si è esaurita». Quanto, poi, alla prospettata violazione dell'art. 24 Cost., la Corte ha sottolineato come non sia sostenibile k che una generale riduzione delle tariffe forensi incida in senso limitativo 6
6 - I dell'accesso dei cittadini alla giustizia e quindi del loro diritto di difesa, quando, a rigor di logica, la riduzione dei compensi agli avvocati dovrebbe, al contrario, condurre ad un allargamento del ricorso alle vie giurisdizionali. Infine, i rimettenti, nell'adombrare la violazione dell'art. 3 Cosi., rappresentano una ipotesi astratta che, comunque, si risolve in un inconveniente di fatto non direttamente riconducibile alla disciplina denunciata, bensì a variabili accidentali legate alla sua applicazione, per cui detta violazione manifestamente non sussiste. In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso nei limiti di cui in motivazione e rigettato il secondo motivo. La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte di Appello di Potenza, in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione. PQM La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Potenza in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione. Così deciso nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione civile, sott.
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