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3 indice presentazione dell Amministratore Delegato enipower 5 presentazione dell autore 9 san donato milanese 10 ferrera erbognone 26 mantova 42 ferrara 58 ravenna 74 livorno 90 nettuno 106 brindisi 122 taranto 138

4 5 Osservando le immagini scattate dalle persone enipower e leggendo le parole scritte dalla giornalista Luigia Ierace sulla base delle testimonianze degli abitanti delle città nelle quali siamo presenti, emergono frammenti di storia, tradizioni, tipicità in parte sconosciute, dove il particolare di una vicenda umana o di un ricordo, si apre su scenari più ampi. Questo volume è stato pensato e realizzato per essere un omaggio al territorio e in particolare alle Comunità che ospitano i nostri stabilimenti e alle persone che ci lavorano. In occasione della ricorrenza dei 10 anni di enipower; abbiamo voluto ricordarli raccogliendo storie e realtà odierne, senza una precisa logica formativa percorrendo il sottile confine fra realtà e leggenda che da sempre fa parte del patrimonio culturale delle comunità. enipower nasce 10 anni fa in concomitanza della liberalizzazione del mercato dell energia elettrica che ha rappresentato un evoluzione importante e positiva, un reale stravolgimento di posizioni consolidate, portando concorpresentazione dell Amministratore Delegato enipower Giovanni Milani

5 dove vive enipower 7 renza e quindi la costante ricerca del miglioramento, in un settore nevralgico quale quello energetico. Sulla scia degli esistenti impianti per la produzione di energia elettrica e di vapore negli stabilimenti petroliferi e petrolchimici di eni, viene costituita enipower che oltre a consolidare il proprio ruolo all interno delle realtà industriali in cui è inserita inizia la propria storia con l obiettivo di accrescere la sua capacità produttiva utilizzando le migliori tecnologie di produzione esistenti per diventare un importante attore dello scenario energetico italiano. La crescita è stato il vero motore in questi anni: da una potenza installata di soli MW, con sistemi tradizionali costituiti da caldaie a vapore, ed una presenza marginale nel settore energetico Italiano, si è passati ad essere uno dei primi operatori nazionali, con una potenza installata di oltre MW, con moderni impianti a ciclo combinato che ottimizzano al massimo l energia in ingresso, producendo energia elettrica e vapore, con rendimenti elevati, altissimi standard di sicurezza e bassissimo impatto ambientale. Questo volume vuole essere la testimonianza del cammino percorso, e mi offre la possibilità di ringraziare tutti coloro che in questi 10 anni hanno offerto il proprio impegno e la propria professionalità per consentirci oggi di essere, a distanza di così breve tempo, il terzo produttore di energia elettrica del nostro Paese. Un particolare ringraziamento infine a tutte le Comunità in cui i nostri stabilimenti sono inseriti: in questi anni abbiamo posto molta attenzione al rispetto del territorio che ci ospita anche cercando di contribuire allo sviluppo sociale tramite la promozione di eventi culturali e iniziative a sostegno di opere pubbliche; ci auguriamo che questa attenzione venga percepita come tratto caratterizzante del nostro fare impresa; certamente proseguiremo nel cercare di fare sempre meglio ciò che sappiamo fare per entrare a far parte delle storie che le generazioni future racconteranno. Giovanni Milani Amministratore Delegato enipower

6 dove vive enipower 9 A Marilù, la pagina più bella che ho scritto A chi ha reso possibili i miei sogni presentazione dell autore dove vive enipower storie di energia, di uomini e di città di Luigia Ierace Dove vive enipower? Dove nasce l energia e dove ci sono uomini e città capaci di guardare avanti. L ho raccontato con l occhio e la sensibilità del cronista cercando di dargli un volto attraverso le testimonianze, le parole, i racconti di chi vive negli stabilimenti, di chi ci ha dedicato una vita intera o di chi ci ha trascorso anche solo pochi mesi: dal responsabile all operaio. Sono entrata «in punta di penna» nella vostra vita, nel vostro lavoro, ho raccolto le vostre emozioni e le ho «colorate» con un pizzico di fantasia. Perdonatemi se a volte ho esagerato un po. Sono così diventate le storie di tutti gli uomini di enipower, di quell unica rete fatta di tubi, fili ed energia che da 10 anni vi unisce e vi rende unici. Abbiamo cercato di raccontarla insieme. Perché ognuno di voi questo libro possa veramente sentirlo suo. interviste e testi a cura della giornalista Luigia Ierace

7 dove vive enipower 11 san donato milanese «qui sorgerà il Centro direzionale eni» Il «Gatto selvatico»? «E cos è?». Anche in casa eni non tutti lo ricordano. Ma nei vecchi scaffali della vetrina di Massimo, dirigente a San Donato Milanese, c è tutta la storia del «cane a sei zampe» che è legata anche a quel Gatto. Era l anno 1955, il mese di luglio, quando usciva per la prima volta la rivista voluta da Enrico Mattei «per assolvere il compito modesto, ma essenziale di servire da ideale punto di incontro per tutti coloro che fanno parte della grande famiglia del Gruppo eni». E Mattei pensava a qualcosa di più grande, come sempre: «qualcosa di più» di un mezzo di comunicazione. Lo volle chiamare il «Gatto selvatico», come il «wildcat», che «nel gergo dei seguaci di Drake serve a indicare il pozzo esplorativo, ossia il trabocchetto che l uomo scavando nelle viscere della terra, tende al

8 san donato milanese 13 petrolio e agli altri idrocarburi». unica in Europa», perché «bisogna E dopo la visita a San Donato Mila- «Appunto nel camminare per uno Dopo 55 anni per rileggere la sto- assolutamente convenire che noi nese, accompagnato dai tecnici di dei quartieri della città, che sta ria di San Donato Milanese par- italiani - esordisce così Comisso eni, può ripetere: «ora tutto l occulto sorgendo lungo la Via Emilia, as- tiamo proprio da quel «Gatto», dobbiamo avere un orgoglio: quello mistero simboleggiato dal cane a sieme a uno di questi tecnici, si era espressione di un azienda e di una di essere fondatori di città nuove». sei zampe è stato per me rivelato». entrambi presi da una vicendevole cultura che hanno segnato un epo- allegria e ci restavano in accordo ca. È il secondo numero della Ri- le piante fiorite dei portici esterni. vista, dell agosto del 1955, infatti, Io scherzavo sulla denominazione a ospitare un contributo letterario ancora incerta della città nuova. di Giovanni Comisso, giornalista Riferendomi al nome di San Dona- e scrittore, una delle tante presti- to che è quello del piccolo gruppo giose firme del «Gatto selvatico», di cascine attigue (ormai sommer- (che eni ha voluto recuperare e so dalle nuove costruzioni), dicevo: raccogliere in quell «Inedita Ener- A cavallo donato non si guarda in gia», un delizioso cofanetto giallo, bocca. E i giacimenti di gas natu- edizione 2008). Il racconto porta rale, per i quali è stata decisa la co- il titolo: «San Donato Milanese: la struzione di questa città, sono inve- città nuova». ro un cavallo donato, sicché San Con l occhio del cronista e la penna Donato andrebbe bene. Invece si del narratore racconta un pezzo di trovava che Città del Metano, che storia, quella del dopoguerra, di Ca- ricordava Città del Vaticano e Me- viaga, del primo giacimento di gas tanopoli, anche tentata, ricordava naturale, di Supercortemaggiore, la Forlimpopoli: un nome troppo lun- potente benzina italiana e di quel go che in tempi di fretta non può primo solco «di una città futura, correre».

9 san donato milanese 15 il passato glorioso della «nuova città» «Qui sorgerà il Centro direzionale eni», disse Mattei con la sua lungimiranza nel 1954, a una quindicina di giornalisti. Era una grande spianata vicino a quel piccolo borgo «Cascina Roma», alle spalle della Pieve di San Donato, ospita la Galleria d arte moderna e contemporanea, un importante centro di cultura della città di oggi. Per il suo impianto architettonico, alle spalle della chiesa, doveva far parte di un complesso monastico, dello stesso periodo del più famoso Monastero di Chiaravalle. Quanta storia è passata in quelle stanze: dal Barbarossa ( ) a Ottone Visconti (1295), dal re di Francia Francesco I, vincitore, nel 1515, della cruenta battaglia di Marignano (l antico nome di Melignano), ai marchesi Orsini a metà Seicento, fino al maresciallo Radestzky nel Quando scoppiarono le Cinque Giornate di Milano (18-22 marzo 1848), infatti, i cittadini di San Donato Milanese distrussero i ponti che attraversavano i suoi canali e sbarrarono con fosse le strade per impedire la fuga al nemico. Non bastò a salvare Milano che cadde di nuovo in mano agli Austriaci. E fu proprio nella sala prospiciente il cortile della «Cascina Roma» che il 5 agosto 1848 vennero firmati i preliminari per l armistizio tra Austriaci e Piemontesi. Era il cosiddetto «Armistizio di Salasco», che poneva fine alla fase iniziale della Prima Guerra d Indipendenza. Davanti al conte Salasco, al podestà di Milano e al maresciallo Radestzky, che aveva il suo quartier generale nella «Cascina Roma», calava il sipario sulle Cinque Giornate. che affondava le sue radici in epoca pre-romana. «È una posizione strategicamente favorevole - diceva Mattei - perché da qui arriverà l autostrada del Sole Milano-Napo- li; a 5 chilometri c è la stazione di Rogoredo e poco più lontano c è l aeroporto di Linate, che da militare sarà trasformato in civile. Un gruppo petrolifero integrato internazionale deve essere collegato con facilità con tutto il mondo». Era nata una nuova città, per la quale non si era cercata la «monumentalità», come aveva detto Mattei nel 1956, durante la visita del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi a San Donato Milanese. «Si è qui voluto predisporre un complesso di edifici organicamente coordinati, che rispondessero allo spirito d ordine e alle esigenze di gusto del nostro Paese, senza cadere nella banalità e nello squallore delle pure costruzioni funzionali». Era una palude, ne ha fatto una città, stravolgendo lo sviluppo di Milano, il cui piano regolatore negli anni Sessanta era proiettato a nord in una realtà che ancora non era la metropoli industriale. «I terreni a nord, - spiegava Mattei agli studenti della Scuola di studi sugli idrocarburi - costavano 30 mila lire al metro quadro». Troppo cari, «per noi che eravamo ancora troppo poveri» e andò a sud, dove i terreni furono acquistati a 500 lire al metro. È qui che è sorta «una città di lavoro, di studi, una città residenziale».

10 san donato milanese 17 l ingegnere e il «cane a sei zampe» La vecchia radio-sveglia ancora è ta eni, poi declinata in tutte le sue lì, sul vecchio comodino in legno divisioni, le «carote» e le «ampolle» di rovere leggermente sbiancato. dalle diverse forme e misure, contenenti il greggio estratto dai Paesi All angolino il «cane a sei zampe» e la vecchia scritta Agip. Ma è il telefonino con il suo metallico bip de compagnia italiana. Sparse qua del mondo dove opera la più gran- a segnare ora il tempo. Un tempo e là, le immagini di Enrico Mattei che a San Donato Milanese, sembra scandito da altri ritmi, da una viste, giornali e video, cd e dvd. È compaiono ovunque su libri e ri- storia che lega il passato al futuro. un piccolo pezzo di storia che rivive nella casa del dirigente, una di Sulla vecchia libreria spicca il casco giallo con il «cane» e la scrit- quelle destinate ai dipendenti e che Mattei volle per i lavoratori a San Donato Milanese. Un raggio di luce entra dalla finestra e si posa proprio sul «cane» giallo, la sveglia torna a suonare tra Via Caviaga e Via Enrico Fermi e comincia la giornata di Massimo, mentre la nebbia avvolge ancora il viale alberato. Tanto verde. Conifere delle «sue montagne marchigiane», ma anche pioppi cipressini, perché viale De Gasperi, il «decumano» nasce alberato, così come il suo cardo, quelle strade che si intersecano nella rete ordinata che è la nuova San Donato Milanese. Perché al verde Mattei ci teneva davvero tanto. Il pensiero va a quell episodio raccontato dall Ing. Egidio Egidi, uno degli uomini che hanno contribuito alla storia di eni, in un intervista fatta da Alberto Clò il 28 gennaio 2003 a Milano e raccolta in un volume da lui curato Eni

11 san donato milanese 19 «Un giorno mi chiese di accompa- rimuovendo un albero; si arrabbiò Sprazzi di storia, veloci flash che amava fermarsi lo stesso Mattei. gnarlo alla chiesa di Santa Barba- con me moltissimo, sostenendo tornano alla memoria, mentre per- Lo sguardo si posa su un vecchio ra, a San Donato Milanese. Vicino che avrei dovuto esserne informa- corre a piedi il viale alberato che lo numero della rivista del Comune allo stabilimento Snam stavano to e impedirlo». porta ai palazzi di vetro di eni, pas- di San Donato Milanese (ottobre sando per la chiesa di Santa Barba- 2009). C è uno speciale che il Go- i capolavori della chiesa di Santa Barbara Anche la chiesa di Santa Barbara la volle Enrico Mattei. Per lui era una delle prime necessità «l assistenza religiosa». Ma voleva una chiesa che non passasse inosservata. A progettarla chiamò l architetto Mario Bacciocchi, uno dei suoi più stretti collaboratori. Fu inaugurata alla fine del 1955 e divenne sede di parrocchia nel 1963, per decreto dell allora cardinale Montini, eletto poco dopo Papa Paolo VI. Tante opere d arte in quella chiesa per la quale Mattei volle valenti artisti: dalla porta di bronzo in cui è incisa la storia della Patrona, opera degli scultori Arnaldo e Giò Pomodoro, al grandioso mosaico raffigurante la Crocifissione, capolavoro del pittore Vincenzo Tomea, che occupa tutta la parete di fondo della navata unica e del matroneo (circa 700 metri quadrati). Sul soffitto spiccano i pannelli di Tommaso Cascella, con simboli biblici e fregi e sulle pareti laterali i quattordici bronzi della Via Crucis, scolpiti da Pericle Fazzini. In piazza, da un lato, il Battistero ottagonale, in pietra viva, dall altro lato la Torre campanaria e una statua di Santa Barbara in marmo di Aldo Caron. Lateralmente si aprono le cappelle decorate con dipinti e statue. Un arca in marmo giallo conserva, dentro una raggiera in bronzo, la reliquia della Santa Patrona. ra, per il centro sportivo che sta per rinascere nel nome di Mattei, per i laboratori scientifici e per quei locali abbandonati e ora destinati agli ambulatori sanitari. Mattei lo aveva pensato come «il luogo perfetto», non voleva diventasse un quartiere dormitorio e non lo è mai stato, ancor più oggi che San Donato Milanese è una città (lo ha decretato il Presidente della Repubblica il 30 dicembre 1976) con una sua vivacità, una storia, un suo orgoglio. Quanti lavoratori sono arrivati dalle Marche sulla scia di Mattei per abitare in quella che era diventata una piccola «isola marchigiana». Oggi è un bellissimo parco urbano, che segue comunque i ritmi della vita della capitale industriale. La mattina presto, il solito via vai, verso la metropolitana o verso i palazzi di vetro. C è chi va a lavorare e c è chi in tuta corre lungo i viali alberati. Poi la città cala nel silenzio fino al rientro la sera. Nella pausa pranzo, Massimo si ferma a mensa, in quella aziendale, dove spesso verno della città ha voluto dedicare al fondatore di eni. Comincia a sfogliarlo e il passato ritorna in quella frase, sempre attuale, che ben fotografa la realtà del cittadino di San Donato Milanese. «Tutti siamo figli di Enrico Mattei». Scorrono i ricordi e le testimonianze raccolte dal giornale. C è chi ha lasciato le Marche al suo seguito, chi non lo ha mai conosciuto, ma lo ha visto passeggiare nel Piazzale Supercortemaggiore. C è chi ricorda che il Presidente in mensa mangiava spesso: «non furono molti i direttori che come lui, vidi fare giri nelle mense dei dipendenti». Ci sono le parole accorate di quanti hanno avuto la fortuna di lavorare con lui. C è chi ne ricorda i gesti e i gusti.

12 san donato milanese 21 «Il suo piatto preferito era l arrosto: una ricetta semplice, come voleva lui». «Quando lo preparavo, Mattei si illuminava e mi faceva un sacco di complimenti, racconta il cuoco. Lui era un uomo incredibile, sempre gentile e premuroso, non trascurava mai nessuno. Dal garzone al politico eminente trattava tutti come fossero suoi pari». Perché Mattei aveva la capacità «di apparire una persona come tutte le altre: semplice, onesto, generoso e di grande intelligenza. Era un amico prima ancora che un capo. Un dirigente che aveva l umiltà di fermarsi a parlare con un cameriere». Testimoni di un epoca, di una storia straordinaria che San Donato Milanese può dire di aver vissuto in prima linea. La lunga giornata di lavoro è finita, Massimo torna a casa. È ormai calata la sera, alle sue spalle le luci del palazzo di eni, ormai vuoto. Davanti il silenzio, il fruscio dei suoi passi, lo zampillio della fontana, il busto di Mattei, i nomi dei protagonisti e dei luoghi legati alla storia dell energia che danno i nomi alle vie. Le te- lecamere del palazzo continuano a seguirlo. Poi quel filare di case, tutte uguali, disposte in maniera trasversale rispetto alla strada, quattro piani che si affacciano sugli alberi. Il prato è pulito e curato. «Buonasera, Ingegnere. Ha visto che bel lavoro abbiamo fatto. Tutto bene?» È la domanda che ogni sera gli rivolge il suo capo condomino. «Tutto bene», ripete con la gentilezza che lo contraddistingue ed entra in casa. Il cane a sei zampe ammicca dalla radio-sveglia sul comodino. Domani sarà un altro giorno.

13 san donato milanese 23 bolgiano lo stabilimento dove nasce l energia che illumina e riscalda Metanopoli Se San Donato Milanese realizza il sogno visionario di Mattei, il piccolo borgo di Bolgiano nasce per dargli quell «ossigeno» che gli consente di vivere: l energia elettrica e termica che alimentano uffici e abitazioni. sottolinea Diego, 34 anni, ingegnere meccanico, responsabile dello Stabilimento di Bolgiano. Già dagli anni Ottanta la Centrale di cogenerazione garantisce il riscaldamento, il raffrescamento, l acqua questo abbiamo pensato nell ottobre dello scorso anno di aprire a tutti le porte della nostra centrale, per mostrare cosa facciamo e cosa significa trigenerazione. Oggi se ne parla tanto, ma per noi è una realtà Dal 1 gennaio 2010 enipower ha acquisito da eniservizi la proprietà e la gestione della Centrale di Cogenerazione di Bolgiano e delle sue reti di distribuzione. Dedicata alla produzione e distribuzione di energia elettrica e di energia termica ai palazzi Uffici di eni oltre che a scuole, asili, case e strutture ospedaliere di San Donato Milanese, è ai primi posti in Italia per trigenerazione periferica, fornendo calore per il riscaldamento invernale ed il raffrescamento estivo. Nata nei primi anni 80 e ampliata negli anni 90, è composta da turbine a gas con recupero di calore, alimentate a gas naturale. L energia termica prodotta è distribuita attraverso una rete di teleriscaldamento ad acqua surriscaldata di circa 56 km, senza stazioni di pompaggio intermedie. Il riscaldamento invernale è fornito a circa 4 milioni di mc, mentre il calore per il raffrescamento estivo a circa 960 mc, per un totale di energia venduta pari a circa 194 mila MWht. L energia elettrica cogenerata può essere immessa nella Rete di trasmissione nazionale o distribuita attraverso una rete privata in media tensione di circa 10 chilometri con 36 cabine di MT/BT; la produzione media annua è di oltre 126 mila MWh. è previsto il «revamping» della centrale con la sostituzione degli impianti esistenti con una turbina di derivazione aeronautica (42 MWe), due motori endotermici cogenerativi (circa 9 MWe ciascuno) e un sistema di stoccaggio dell energia termica di circa 3000 metri cubi. nata, cosa produce, condividendo con i cittadini il valore di questo impianto sul territorio». Ne parla con l orgoglio di chi contribuisce quotidianamente a tutto questo con passione. Cresciuto a Rimini, appena laureato ha inviato via internet il curriculum a enipower, ed è stato assunto nella Centrale di Ravenna dove ha fatto la sua prima grande esperienza. «Ho subito guarda caso proprio per il progetto della nuova Centrale di Bolgiano. Ora sono qui in Centrale da poco più di un anno, ho lasciato definitivamente il mio mare di Rimini per vivere e lavorare a Milano, con la mia compagna e un bimbo che ha solo qualche settimana». Da Bolgiano a San Donato Milanese, dall ingegnere, al capo turno, al turnista. Sono un po tutti «figli» di «È qui che eni e Snam negli anni calda e l energia elettrica per Meta- dal Siamo la prima Centrale in capito che quello che s impara sui Mattei. Palmantonio, capo turno, la Cinquanta per la prima volta svilup- nopoli e per Bolgiano. Italia per quantità di calore prodot- libri è un altra cosa; dai veterani centrale l ha vista nascere e ne ha parono un sistema energetico auto- «Entriamo quotidianamente nelle to per trigenerazione periferica. Ab- della Centrale ho imparato tan- raccontato la storia in un volume: nomo, basato su concetti innovativi case dei cittadini con i nostri ser- biamo ritenuto importante conti- tissimo poi mi sono trasferito a Da Anic di Pisticci a EniServizi come teleriscaldamento, cogenera- vizi spiega Diego ma in pochi nua Diego portarlo a conoscenza Milano allo sviluppo tecnologico, di San Donato Milanese. Venti- zione, trigenerazione ed efficienza», sanno di cosa ci occupiamo. Per delle persone, raccontare perché è ho fatto per un po lo studioso, cinque anni di storia, ricordi, testi-

14 san donato milanese 25 monianze. «Come non ricordare statista Francesco Saverio Nitti: anni da turnista è diventato capo, nascere, c era solo il primo palazzo di Mattei. Ogni volta che mio padre i numeri della Centrale l emozione vissuta quando iniziai Che significa la parola terrone? Se vive a Milano con la moglie e i suoi eni. Abitavamo nelle case aziendali. lo ricorda, ha sempre le lacrime agli Quote partecipazione enipower 100% Potenza installata Tipologia impianti cicli combinati n. / taglia unità a vapore n. / taglia Combustibili 40 MW n. 4 turbine a gas con caldaie a recupero da 40 MW totali n. 1 caldaia di riserva a gas naturale gas naturale a girare tra le cabine elettriche di Metanopoli e scoprii la cabina di Via Pisticci». Che brivido nell accarezzare quel cartello che ricordava il suo paese d origine e il primo lavoro all Anic in Basilicata. «Mi chiamavano terrone e io ricordavo con orgoglio le parole dello significa uomo della terra, ebbene io mi sento terrone». E il pensiero andava alla prima volta che la madre venne a Milano da Pisticci. «Indossava con fierezza il costume tradizionale dei contadini a pacchiana quello delle feste e delle grandi occasioni». Sono passati più di trenta due figli. La sua storia si intreccia con tutti i suoi colleghi di lavoro. Franco, 45 anni, addetto alla gestione elettrica, è subentrato a papà Luigi, oggi 79 anni. Lavorava all autoreparto, quello che gestiva le macchine blu e ha conosciuto Mattei. «Metanopoli l abbiamo vista Quanta attenzione per tutti noi, eravamo portati sul palmo di una mano; per i figli dei dipendenti c erano le colonie, il centro sportivo, le piscine, i campi da tennis. È una fortuna e un vanto lavorare qui in Centrale. Qui nulla è lasciato al caso, anche oggi così come avveniva all epoca occhi. Era una persona semplice, comune, uno di noi insomma». Anche il papà di Pietro, 40 anni, ingegnere in enipower lo ha conosciuto a una delle cene in cui incontrava i giovani ingegneri. «Lui e mia madre lavoravano in Snam. Arrivavamo da Genova, avevo tre anni e una delle cose che mi è rimasta impressa è la maglia bianco Prodotti della cogenerazione energia elettrica acqua surriscaldata azzurra del Bolgiano. Una partita di calcio, una delle tante, contro la squadra della Snam. Avevano una Altre produzioni/servizi teleraffrescamento divisa perfetta, gialla come il colore del cane a sei zampe che ne era anche lo sponsor. Loro erano i ricchi. Ma quel giorno i poveri del Bolgiano l hanno avuta vinta quella partita. E il coro dei tifosi Olio, petrolio e acqua minerale per vincere il Bolgiano ci vuol la nazionale».

15 dove vive enipower 27 ferrera erbognone come un grande museo del paesaggio Ferrera Erbognone, nome altisonante per un piccolo borgo di poco più di abitanti a sud di Pavia, nella Lomellina meridionale. «Sono tante e discordanti le versioni degli storici sull origine del nome», spiega Umberto, 42 anni, scrittore e giornalista. È la memoria storica del paese. Ne conosce luoghi e storie, curiosità e personaggi. Passa il suo tempo nella biblioteca comunale e alla scoperta di castelli e musei contadini della Lomellina. Secondo alcuni, il toponimo ferraria dal latino si riferisce alle vene di ferro presenti nel sottosuolo, secondo altri alle officine di lavorazione del ferro o alle qualità straordinarie dell acqua di temprare il metallo. Ma potrebbe riferirsi anche a Giove Feretrio, divinità venerata dai romani. Certo è che sulle origini del nome ancora si discute.

16 ferrera erbognone 29 Casale su Roggia 1 - Roberto La Vecchia re nei paesi vicini a rubare per sopravvivere. Ma i giovani preferiscono l allusione a «Don Giovanni», rubacuori, insomma, con pizzico di piaggeria in un paese prevalentemente agricolo, dove, naturalmente, la risicoltura ha un ruolo fondamentale. Fra le aziende agricole, la «Gattinera», la grande cascina, nella confluenza tra l Erbognone e l Agogna, che nel 1489 Oddone Sannazzaro (Ferrera fu per un periodo feudo dei Sannazzarii) aveva venduto Casale su Roggia 2 - Roberto La Vecchia Erbognone, invece, è l omonimo torrente che si chiama così solo nell ultimo tratto, quando attraversa il territorio di Ferrera, perché più a nord è noto come Arbogna, dal nome gentilizio latino «Albonius». E proprio a questo torrente che si lega anche il soprannome dato agli abitanti: «spaciapulè», ruba polli. Per le frequenti esondazioni, infatti, i cittadini rimasti senza provviste erano costretti a scappare, e spesso rimanevano feriti (di qui ferraria), o ad andaa Marco Gattinara. Poi divenne «Gattinera», ed è una delle poche cascine oggi rimaste ancora attive. «Stiamo riscoprendo i cunicoli segreti che partivano dal fabbricato ed erano utilizzati dai monaci domenicani per la fuga in caso di pericolo», ricorda Umberto che, oltre ai libri e alla storia, guarda al paesaggio e al territorio della Lomellina come un museo da scoprire e difendere. la «pasionaria» Maria Provera Correva l anno 1912 e un canto, «Il 24 maggio a Ferrera», ancora ricorda quell imponente sciopero di mondine che portò all arresto della «pasionaria» Maria Provera. La federazione dei lavoratori della terra aveva indetto manifestazioni per ottenere le otto ore di lavoro giornaliere. Ma si temeva che le «forestiere» potessero boicottare lo sciopero. Si cercava quindi di fare un opera di persuasione anche su di loro perché non accettassero orari di lavoro più lunghi. Ma era difficile convincerle perché venendo da fuori erano le più deboli, senza una famiglia vicina o comunque un gruppo sociale a sostenerle. A Ferrera, il 24 maggio, ci sono dei veri e propri scontri, le mondine si sdraiano a terra davanti alla cavalleria. Alla fine, sprezzante, il commissario fa andare tutte a casa e si accontenta di arrestare Maria Provera, mondina, probabilmente una di quelle che capeggiava la protesta, e Eugenio Riba, segretario della Federazione collegiale di Sannazzaro. Nella canzone si cita il «sultano», soprannome del fittabile locale, che a quel tempo deteneva il potere economico e spesso anche amministrativo. Ma le mondine contro la cavalleria è un canto a lieto fine: i due arrestati tornano a casa dopo 13 giorni e si fa festa Chiusa su canale - Roberto La Vecchia

17 ferrera erbognone 31 Monumento ai caduti - Fabio Ghio C erano i nobili, proprietari delle che aveva ereditato quel piccolo società del Gruppo eni per la qua- mi raccontava di Mattei, di quan- cascine, e i «fittabili» che le rice- appezzamento di terreno, negli le poi lavorò come meccanico. do era andato a vedere il gia- vevano in fitto e le gestivano per anni Sessanta lo cedette a una «Ricordo quando ero bambino e cimento di Cortemaggiore. Per un periodo di uno o cinque anni: tutti era il simbolo dell efficienza da un «San Martèn» a un altro. Si e dell industria, ma anche della prendeva infatti come giorno di grande attenzione all ambiente riferimento la festa di San Marti- e al territorio». E quando i lavori no, l 11 novembre. Alla scadenza, o della Raffineria furono conclusi il contratto veniva rinnovato o si si attendeva l arrivo di Mattei per doveva «fa San Martèn», cioè fare l inaugurazione. «Non fu mai inau- il trasferimento. In cascina c erano gurata ricorda l Ingegner Gio- poi i salariati, i braccianti («pai- vanni, che in Raffineria è entrato san») che lavoravano a giornate Strada con canale e elettrodotto - Fabio Ghio 30 anni fa, ma ricorda i racconti e le forestiere, quelle mondine che dei padri fondatori dell impianto. arrivavano dai paesi vicini. Li chiamavano i «peritoni» tecnici. «Il mio bisnonno Salvatore, ai pri- Erano tutti di Fermo, marchigiani; mi del Novecento ricorda Um- molti venivano da Ghana e Tan- berto era un piccolo proprietario zania per fare esperienza negli terriero, possedeva una ventina impianti italiani. Ricordo uno di di pertiche all interno della cinta questi giovani africani, altissimo, dell attuale Raffineria». Una po- un vero watusso, non diceva una sizione ideale per la coltivazione sola parola in italiano, ma parlava del riso, ma anche per il nuovo benissimo in dialetto ferrerino». polo industriale che si andava sviluppando. E così nonno Giovanni Albero - Ottorino Di Leo Piazza con bambini in bicicletta - Fabio Ghio

18 ferrera erbognone 33 la magia del nostro mare «a quadretti» Il lavoro è finito, sono passate le 19 quando Roberto lascia la Centrale. Guarda il cielo. È terso. Si vedono anche le stelle. «È in serate come queste ripete tra sé che comprendo il fascino di questo piccolo paese dove gli inverni sono freddi e la nebbia sembra non finire mai». Perché Ferrera Erbognone ha una sua bellezza fatta di dettagli che la rendono per certi versi unica, come quel «mare a quadretti» o «a scacchi». è così che i ferrerini chiamano le risaie quando si aprono le chiuse e si allagano i campi squadrati, uno alla volta, come un enorme scacchiera, si riempiono d acqua per pochi centimetri. «Sono momenti magici: ogni quadrato diventa un tassello di un unico grande specchio nel quale si riflettono le lontane Alpi e spicca la vetta del Monte Rosa». Uno spettacolo raro, ma per chi ha avuto la fortuna Granoturco - Roberto La Vecchia di vederlo, è un immagine che rimane impressa nella memoria. Un vento leggero muove l acqua, è un gioco di colori che si riflette in quel caleidoscopio naturale. Un bozzetto che Rita, la moglie di Giovanni, l «Ingegnere», ha sempre sognato di dipingere quando il marito, tornando a casa a Vercelli, le raccontava di quello straordinario gioco della natura. E lui, sempre pronto alla battuta le rispondeva. «È una magia per pochi», quasi geloso custode di quell immagine. Il paese, la gente, i luoghi gli avevano subito richiamato alla memoria le immagini legate a Don Camillo e Peppone. Un borgo contadino che non ha la ricchezza di testimonianze storiche come la vicina Lomello che lega la sua storia a quella della regina Teodolinda, ma ne subisce la sua influenza. «Voglio farlo conoscere a Marta», aveva detto Giovanni, sindaco del paese, dopo il loro incontro. Il primo cittadino allora gli aveva parlato di Umberto. «È un ottima guida; è l uomo giusto, sa tutto di Ferrera e dei ferrerini». «Marta è un esperta di letteratura medioevale avevo spiegato al sindaco È nata anche lei a Palermo e ha visto Ravenna dove ho lavorato per un paio d anni, prima di quei «profondi cambiamenti del sito di Ferrera nell anno 2008, come li chiama l Ingegnere, che riferendosi a me, Ghiacciaia - Fabio Ghio

19 ferrera erbognone 35 Stazione - Roberto La Vecchia Giacomo, di cui si è persa ogni traccia, ma nei cui pressi sorgeva la ghiacciaia di Via Giovanni da Ferrera. Una struttura sferica a mattoni, perfettamente conservata, un frigorifero ante litteram utilizzato per la conservazione del cibo». Nel Medioevo il borgo sicuramente fu fortificato: l unica testimonianza la «casaforte» di Corso della Repubblica. La Torre campanaria costruita nel XII secolo in mattoni a pietra vista come appare oggi e utilizzata come torre di avvistamento. Una leggenda tramandata dagli anziani vuole che la torre fosse già in piedi durante il periodo della regina Teodolinda nel VI secolo d.c.. E sempre secondo una leggenda nelle sale dell antico Palazzo Strada, famiglia di nobiluomini, vagherebbe il fantasma di Ugo Strada. Alla fine dell Ottocento era noto come Palazzo Spinelli, oggi è sede della biblioteca comunale e conserva alcune predice scherzosamente che ho scelto il Battistero di Teodolinda in cambio del Mausoleo di Teodorico. E così, seguendo le indicazioni di Umberto, sono diventato il Cicerone di Marta. Le ho parlato delle Chiese di Santa Maria della Fede e di San Chiesa - Nicola Mason gevoli volte affrescate. Altra tappa nella romanica chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista che ospita un pregevole dipinto del Moncalvo. il Palio dello «Spaciapulè» Ma da Ferrera Erbognone parte l ecomuseo del paesaggio lomellino, fatto anche di campagna, lunghe distese di verde, filari di pioppi, aironi e fagiani, pannocchie e risaie, echi di canti delle mondine, ruderi nel bosco, casali sul Canale della Roggia e profumi, quello dei «Spaciapulè». Per alcuni «ladri di polli», per altri inguaribili «Don Giovanni». Ma quell appellativo attribuito ai ferrerini ha dato vita nel 2004 al Palio dello Spaciapulè, una serie di gare animate dai rioni «Mulén» (antico mulino), «Giasèra» (antica ghiacciaia), «Arbugnón» (torrente Erbognone) e «Cà mat» (quartiere delle Case matte o, secondo un altra interpretazione, amate) che si tiene il terzo sabato di ottobre nell annuale Sagra di ottobre. Si parte con il gioco artistico: canzoni, balletti e scenette in dialetto lomellino. Poi il gioco del «Gravisén» (tutolo della pannocchia), per cui si dovranno sgranare le pannocchie di mais in un mastello: i concorrenti dovranno utilizzare le mani o un pezzo di Gravisén ottenuto da quelli già sgranati. Il gioco della Cerbottana consiste nell abbattere 15 latte utilizzando solo semi di granoturco. Il gioco della Balera: i concorrenti dovranno superare la prova di quattro balli tipici (valzer, mazurka, polka e tango) tenendo una palla premuta tra le fronti. Infine, il gioco della «Galéna»: i concorrenti, con le mani legate, dovranno far entrare nel pollaio, entro sette minuti dall inizio del gioco, due galline liberate nel recinto senza che ci sia contatto fisico. Campanile - Roberto La Vecchia

20 ferrera erbognone 37 Tramonto sul fiume - Roberto La Vecchia caminetti scoppiettanti nelle fred- distesa verdissima e spiccano gli Forse per questo Roberto, 35 anni, quanto il nome che porta, sicu- de serate d inverno, delle botteghe impianti della nuova Centrale di da 10 anni in eni, in una serata co- ramente evocativo, in una fredda artigiane. «Mio padre Giuseppe, enipower, punta massima della me questa, mentre torna a Milano, ma stellata serata invernale come ora in pensione, era un orafo», gli tecnologia energetica in un terri- riesce a sorprendersi guardando questa. Marta lo aspetta a Milano, aveva detto Umberto. Sembra che torio dove però l ambiente rurale il paesaggio. Passa per Scaldaso- 70 chilometri. Ha scelto di fare il il tempo si sia fermato, la vecchia è rimasto integro come un tempo. le, un piccolo paesello, non bello pendolare. Si sono sposati meno ferrovia fa venire alla mente altre epoche, quando le vecchie locomotive andavano a vapore, poco distante dietro un boschetto, una Piazza con struttura metallica - Fabio Ghio di un anno fa. Palermo ce l hanno nel cuore, un po anche Ravenna. Ma hanno imparato ad amare anche Ferrera Erbognone per tante piccole cose. E qualche giorno alla settimana si fermano volentieri anche in Lomellina. È una bella giornata di sole, seduto su una pietra lungo le rive del torrente Antonio guarda l acqua scorrere. Più avanti ci sono le chiuse e il sentiero che porta a quel rudere nel bosco. Un immensa distesa verde e sullo sfondo la Centrale. «Ingegnere, mi raccomando, che sia sempre tutto così bello».

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