La Beppina. una donna cristiana del paese di Filettole. A cura degli amici della Beppina

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1 La Beppina una donna cristiana del paese di Filettole A cura degli amici della Beppina

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3 Introduzione Giuseppina Casini, comunemente chiamata da tutti la Beppina, è nata il 26 gennaio del 1907 a Filettole (un paesino della Val del Serchio, provincia di Pisa), ed è morta a Frascati (Roma) il 7 Gennaio del E sepolta nel cimitero di Filettole. Nei suoi 87 anni di vita ella non ha compiuto gesti straordinari, né tanto meno occupato nella società ruoli importanti; la sua é stata piuttosto un'esistenza comune a tanta altre. Se dalla sua figura di adolescente e di ragazza, di madre e vedova, di operaia tessile e anziana pensionata si vuole rimarcare il suo aspetto più caratteristico; se vogliamo, cioè, evidenziare il tratto più bello della sua personalità, pensiamo che quello che si staglia maggiormente é la sua fede gioiosa e il suo entusiasmo. Questo dono dello Spirito Santo l accompagnerà dalla nascita alla morte. I suoi Ricordi, infatti, vanno dal mondo contadino degli inizi del secolo a quello della fabbrica, dalla prima guerra mondiale alla seconda; essi si protraggono fino al dopo guerra, per arrivare poi al meritato riposo, cioè si concludono con gli ultimi anni del secolo appena trascorso. I suoi scritti, perciò, sono uno spaccato di vita sociale, politica e religiosa di tutto il '900. Anni colmi anche di avvenimenti drammatici, ma sublimati dalla sua fede profonda. In tutte le circostanze vissute affiora, costantemente, dal sottofondo del suo animo questa sua peculiarità: la gioia della fede e l entusiasmo di vivere la vita cristianamente. Negli anni , la mamma mi consegnò due grossi quaderni dicendomi:... Enzo ho scritto la storia della mia vita... ma ci sono tanti errori! Dopo averli ordinati e corretti, ne ho ricavato un grosso volume, nel quale ella aveva impresso tutta la sua anima. Dopo la messa a punto dei suoi scritti, ne ho scritto uno nel quale racconto la scoperta della mia vocazione: la chiamata a seguire Gesù! In questo mio scritto parlo ampiamente di lei: è ricco di molti episodi che la riguardano. Così si comprendono meglio tanti suoi aspetti umani e spirituali che altrimenti sarebbero rimasti nascosti. Il secondo volume, quindi, non é altro che la continuazione del primo ed, in certo senso, il suo completamento. Da entrambi (in modo particolare dal primo) é nato questo libro che vuole essere un compendio di alcuni tratti della sua personalità, un commento a quello che ha scritto. E il tentativo di mettere a fuoco la sua fede dalla quale scaturiscono queste sue caratteristiche: l amore per la Chiesa, per la Madonna, la devozione per i Santi, per il Pievano, il distacco dalle ricchezze, l amore per lo sposo, per il lavoro, la mitezza e l umiltà, ed il suo senso profondo della preghiera. Ed infine la certezza che la morte non è l ultima parola, ma piuttosto il transito verso la vita eterna. Un invito, quest ultimo, della Beppina a non cercare la felicità assoluta in questa vita, ma guardare al Paradiso dove Dio lo vedremo faccia a faccia. (dalle sue preghiere) I

4 Vorrei far emergere, in definitiva, dai suoi scritti quel messaggio ricco di fede e di amore di cui ella é inconsapevolmente portatrice. Un compito, questo, non semplice da mettere in atto perché non è facile capire chi era veramente la Beppina. Io stesso ho incominciato a conoscerla profondamente solo dopo la sua morte. Infatti questo libro è nato proprio per aiutare il lettore a scoprire quello che lei era veramente; anzi, oserei dire, di vederla il più possibile dall alto, da Dio! In alcune parti potrebbero sembrare troppo benevoli le conclusioni a cui arrivo, ma il lettore deve tener presente che i commenti traggono spunto non soltanto dalla breve citazione a cui fanno riferimento, ma dal contesto di tutti gli scritti della mamma. D altra parte ella era una persona nascosta, aliena da ogni manifestazione esterna, nata in un piccolo paesino. Si può quindi incorrere facilmente nell errore di non prenderla del tutto in considerazione, di non comprendere in profondità quello che ha testimoniato per tutta la vita silenziosamente: il vangelo vissuto nel quotidiano! Questo tipo di testimonianza oggi non è più proponibile: ella ha trascorso la vita in un mondo che oggi non esiste più, che ormai è passato, ma non per questo il suo esempio non è meno valido. Il sacrificio, la fedeltà coniugale, l amore, la preghiera, l umiltà, l unione con Dio, non hanno età; sono valori validi in ogni tempo. Per questo la Beppina è moderna, ha qualcosa da dire anche al mondo di oggi; la vita cristiana, infatti, conserva in ogni tempo la sua bellezza e la sua attualità rivoluzionaria. Prima di entrare nel vero e proprio argomento del libro, ho voluto dedicare alcuni capitoli al mio paesino di Filettole, dove la mamma é nata, e dare anche un cenno alla sua famiglia : la famiglia Casini. Descrivere le origini e la storia di un popolo (sia pure sinteticamente) é importante; é come, in un certo senso, rivelare il suo humus, la sua anima. E quella di Filettole è un anima cristiana. La Beppina è nata e cresciuta in quella terra, certamente ella non é spuntata a caso; é potuta nascere, crescere e germogliare perché altri prima di lei, in quel terreno, vi avevano per secoli lavorato generosamente. Scrive Carl G. Yung: L anima non é di oggi. Essa conta milioni di anni. Ma la coscienza individuale é il fiore e il frutto di una stagione, germogliato dal perenne rizoma sotterraneo. 1 C é un parallelismo tra le origini del mio paese e la storia della sua Chiesa. Ad un certo punto del loro cammino, si sono incontrati, ed é nata una indivisibile unità, che si é protratta senza interruzione fino ai nostri giorni. La Beppina é un effetto di questa nostra stagione germogliata dal perenne albero della Chiesa: un frutto nato e maturato nella Pieve di Filettole. Enzo Puccetti 1 Cf. Carl G Iung, L inconscio, Oscar Mondadori, Milano 1992, p. xv. II

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7 Prima parte Il panorama storico

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9 1. Uno sguardo storico su Filettole Il nome di Filettole sembra che derivi dal latino Filix, che significa luogo di felci o Felce. Tutto ciò ci dà già una connotazione toponomastica di derivazione latina. Gli insediamenti romani di Massaciuccoli (Lucca), l antico tracciato dell Aurelia che proprio qui traversava il passo di Radicata; il ricorrente nome Septinianus unito a quello di Filettole, Septinianus de Filectole come è citato in un antico documento, ci può fare onestamente supporre che qui vi fosse un insediamento di coloni romani di cui Settimo fu il capo. I romani infatti usavano premiare i Veterani concedendo loro appezzamenti di terreno specie lungo le vie consolari; erano i famosi coloni che tanta civiltà seppero diffondere nel mondo. 2 Alla nostra ricerca ci viene in aiuto una carta dell Archivio di Pisa nella quale si fa memoria di un oratorio paleocristiano intitolato a San Pietro al passo di Radicata, di cui si perde ogni ricordo ancor prima del Queste ricerche ci possono condurre ad una conclusione: qui su queste pendici montane vi furono certamente insediamenti umani di età precristiana. Lo studio a questo punto deve fermarsi, ogni ulteriore ricerca si rende impossibile. 3 Nel 476 crolla l Impero romano. La sua agonia però era già iniziata da tempo. Alarico, il re dei Visigoti nel 410 saccheggia Roma orrendamente per 10 giorni. Attila, il prestigioso capo degli Unni, passato alla storia con il nome flagellum Dei, nel 452 si affaccia sull Italia movendo su Roma. Per affrontarlo l imperatore Valentiniano non muove piede, ma lo fa il grande pontefice Leone Magno. Egli, alla testa di un inerme ambasceria di pace, lo convince a desistere dai propri propositi e a ripassare le Alpi. Il prestigio della Chiesa è altissimo, quello dell Imperatore cade sempre più nell oblio. Alla Roma dei Cesari incomincia lentamente a sostituirsi quella dei Papi. Dopo la caduta dell Impero le invasioni barbariche sembrano riportare la civiltà nel nulla. La vita, specie nei paesi più piccoli, si riduce a pura sopravvivenza. Solo presso le Chiese, i monasteri, nei grandi borghi rimane il seme di una civiltà che tornerà a fiorire alcuni secoli più tardi. Nel risveglio dell Alto medio Evo si ritrovano documenti che ci interessano e Filettole emergerà alla luce della storia. 4 Nel primo periodo dell Alto medio Evo ancora non esistono documenti scritti su Filettole. Sappiamo, però, che nei primi secoli del cristianesimo le comunità cristiane nacquero nelle città. Si chiamavano parrocchie, vale a dire comunità di forestieri. A partire dal 3 secolo poi troviamo delle chiese anche in campagna. Abbiamo notizie di presbiteri e dottori nei villaggi d Egitto, e di un diacunus regen 2 Cf. G. Barachini, Filettole: Un popolo e una Pieve, Editrice M. Martinelli, Lucca 1977, p Ibidem, p Ibidem, p

10 plebem in Spagna. 5 Nel sinodo di Laodicea del 380 venne deciso che le chiese di campagna fossero affidate ai visitatores ; vale a dire ai semplici sacerdoti che, per incarico del Vescovo, provvedevano alla cura d anime venendovi dalla città. A Filettole presumibilmente il cristianesimo è arrivato tra il sec.iii e il V, oppure nel sec.vi. E giunto forse dalla città di Lucca o di Pisa per mezzo dei visitatores mandati dal Vescovo. Una parrocchia vera e propria quasi certamente nascerà più tardi. In tutti quei secoli che seguiranno dopo la vita si doveva svolgere lenta e insieme nel buio di un tempo che vede guerre, invasioni, incertezze politiche, ristrettezze economiche: un epoca in cui la Chiesa è l unica luce. 6 La Chiesa di Filettole, quindi, diverrà anch essa sempre di più un faro che illuminerà fino ai nostri giorni il cammino del suo piccolo popolo, senza mai spegnersi. 5 Cf. K. Bihlmeyer H. Tuechle, Morcelliana, Brescia 1989, p Cf. G. Barachini, Filettole: Un popolo e una Pieve, Martinelli, Lucca 1977, p

11 2. La Chiesa di Filettole La storia della Chiesa di Filettole si intreccia con quella del suo paese. La sua cronaca, i suoi avvenimenti, le sue tradizioni, ce la fanno comprendere dai tempi antichi fino ai nostri giorni. E un po' come sfogliare un album di famiglia e contemplare il volto di tante generazioni che si sono succedute nel tempo. Ci soffermeremo perciò sopra alcune delle tappe più significative. Della sua costruzione primitiva non si sa niente con precisione; sappiamo, però, che a Filettole esisteva un piccolo oratorio già prima del Questo lo si può dedurre con certezza da un'antica pergamena. Infatti nell archivio Arcivescovile di Lucca si conserva il contratto di permuta tra i beni appartenenti alla Chiesa di S. Maurizio con i beni di certo Chierico Albolfo. Il contratto datato e sottoscritto risale all anno 886. Così si esprime:... ego Albolfus Clericus... cedo al Vescovo di Lucca Gherardo e per lui alla Chiesa di S. Maurizio, la quarta parte dei casamenti e delle terre che io possiedo in luogo detto Settignano in Filettole... a sua volta il Vescovo cede alcuni beni appartenenti alla Chiesa di S. Maurizio. In tempi così lontani, dunque, a Filettole esisteva una piccola Chiesa che provvedeva all assistenza spirituale dei suoi abitanti. L attività parrocchiale si struttura poco a poco, sotto il patronato della Chiesa di S. Frediano di Lucca, dalla quale appunto dipendeva il beneficio di S. Maurizio in Filettole. 8 Intorno al 1000 la potenza della repubblica pisana si afferma sul mare ed ha quindi bisogno di entroterra sicuro. Filettole passa alla Diocesi di Pisa, con alterne vicende e lotte giuridiche che preludono a quelle più aspre e sanguinose che si decideranno sovente con le armi. Nel 1139 la Chiesa pisana afferma in modo definitivo la giurisdizione sul paese e sulla Chiesa di Filettole con una sentenza dell Imperatore Corrado 3 ( ). Per un certo periodo di tempo la vita spirituale, più che nella parrocchia, trova il suo centro nel vicino monastero femminile di S. Viviana (attuale castellaccio), ricco di ospitalità e di protezione. 9 Nel 1350 l attività parrocchiale ritorna attiva e feconda nella Chiesa per due motivi: la decadenza del monastero e l autonomia della Chiesa che viene dotata di fonte battesimale proprio. Il 1394 è l epoca in cui si fonde la campana grossa. Bandino frabbriciere orgogliosamente scolpisce il suo nome dopo la Croce Pisana, l Aquila Imperiale e i Santi Maurizio e Viviana, ai quali la campana è dedicata. Nel 1400 cominciano a tenersi i libri d archivio, il parroco risiede in 8 Ibidem, p Ibidem, p

12 parrocchia ed ha già la sua casa canonica. In questo periodo la parrocchia cede i beni in enfiteusi. Nel 1411 prete Stefano, coadiuvato dai frabbicieri, ordina la fusione della campana piccola. Nel 1518 faciendo la dicta costruzione per coprire el campanile in dicto tempo il Sindacho et li omeni vogliono essere pagati altrimodo andranno a la ragione o a Vico o a Pisa; io prete Andrea cappellano ho contato ai dicti homeni sei ducati d oro in oro larghi et ho pagato il Sindaco e tucti li omeni in quest anno supra descritto... Ora la Chiesa è compiuta, il campanile è rialzato e consolidato. Bisogna far qualcosa all interno... i tempi passano ma i filettolini sono orgogliosi e non vengono meno ai loro impegni Sono trascorsi otto anni dalla grande vittoria di Lepanto che ha visto lo scontro di due civiltà - la latina contro l orientale -; la vittoria è attribuita all intercessione della Madonna del Rosario. L eco di questa vittoria impegna i filettolini a costituire la Compagnia del S. Rosario. Questa compagnia, insieme a quella più nota del SS.mo Sacramento, si arricchirà di beni e assumerà un importante ruolo sociale per la vita del paese. I loro scopi saranno la preghiera ma anche l assistenza ai poveri e ai malati. Queste Compagnie occuperanno un ruolo rilevante fino a tutto il XVIII secolo La Chiesa si arricchisce della statua della Madonna del Rosario. E scolpita in legno, le linee morbide e mosse evidenziano lo stile barocco; nello zoccolo del basamento vi sono queste iscrizioni: " Off. ta da benefactori A.D Ristaurata Da Roma arriva a Filettole la reliquia di San Maurizio. Il Santo martire cristiano diviene il patrono di Filettole. Nel 1817 finalmente si ha in Chiesa l organo nuovo; questa volta il parroco e tutti i paesani sono contenti. 11 Il 1828 è l anno dei grossi lavori. L edificio viene alzato e allungato di 8 braccia come ora lo vedi. Dalla vicina Lucca viene chiamato ad affrescare la Chiesa l allora famoso Luigi Ademollo che decora in chiaro scuro il coro riproducendo il martirio di S. Maurizio e ai lati il martirio di S. Bibbiana e la predicazione di S. Francesco Saverio. Nel catino dell abside viene raffigurata la gloria di Dio e dei santi. Nel cupoletto centrale il pittore realizza in un difficile scorcio l incoronazione della Vergine regina del cielo e della terra. Nel 1829 come si legge nella lapide di marmo posta sulla porta principale, sono completati i lavori con rifacimento in pietra di tutta la facciata che risulta veramente imponente. Merita a questo punto vedere come poterono concretizzarsi questi grandi lavori Ibidem, p Ibidem, p Ibidem, p

13 La realizzazione di questi grossi lavori fu così ripartita. I lavoratori più validi o più esperti guidati da un maestro muratore di Pisa accudivano alle opere di muratura, le donne dal fiume Serchio portavano la rena, i ragazzi il pietrame che opportunamente manipolato diventava calce. Un gruppo di si diede ad organizzare le questue per reperire denaro. In ottobre con un somaro appositamente equipaggiato si faceva la raccolta del vino. A giugno la raccolta del grano; bisaccia a spalle si percorreva le assolate strade della Valdiserchio fino a Pisa, a novembre poi la raccolta delle olive. Il Camerlengo vendeva la merce, incassava il denaro, pagava. I mesi di marzo, aprile e maggio del 1828 furono memorabili. La domenica mattina alle cinque, al suono della campana un esercito di popolo: donne, uomini, ragazzi cantando si avviava verso le muraccia o alla torre segata per ridiscendere ognuno con una grossa pietra sulle spalle. Il parroco commosso per tanta dedizione chiede all Arcivescovo che a coloro i quali si recano a sì faticoso pellegrinaggio domenicale sia concessa, previa recita di un pater, ave, gloria, una congrua indulgenza; L Arcivescovo asseconda ben volentieri la richiesta, ma considerata la fatica e l impegno poi di prender Messa dispensa i partecipanti dalla recita della preghiera.gli uomini che facevano scendere a valle quelle pietre, accompagnati dal suono delle campane, operavano su di esse una consacrazione di fatica e di amore e smantellando quegli antichi baluardi di guerra consolidavano una rocca di pace. Mentre le pietre servono per ultimare la costruzione, i cocci più belli vengono scelti per completare la facciata, così una lapide posta sul frontone della porta suggella i lavori. 13 A MAGGIOR GLORIA DI DIO E IN ONORE DEL BEATO MAURIZIO QUESTO TEMPIO GLI ABITANTI DI TUTTO IL PAESE CON MAGNAMINITÀ DI CUORE DI OPERE E DI DENARO ERESSERO AMPLIARONO E RESTAURARONO DECORANDO L ABSIDE E GLI ARCHI DI PITTURE. L OPERA INZIATA NELL ANNO DEL SIGNORE 1828 FU COMPIUTA NEL 1829 La chiesa di Filettole è molto bella, con la sua facciata tutta di pietra viva appare al visitatore molto imponente. L interno è spazioso e accogliente; entrando si avverte immediatamente un senso di pace e si sente la presenza di Dio. Forse questa impressione nasce dal fatto che i filettolini per secoli hanno 13 Ibidem, p

14 versato nella loro chiesa il loro amore fatto di sacrifici. Filettole tra l altro è sempre stato un paese povero, anzi poverissimo! Tutte queste opere, come si è visto, sono state fatte tra il 1828 e il 1829, quando gli abitanti del paese dovevano essere poco più di ottocento persone; in un tempo oltretutto in cui l economia del paese è ancora fondamentalmente agricola: non esistono fabbriche o manifatture. Le attività prevalenti specialmente dei comunelli più poveri come Filettole sono: il bracciantato principalmente, la pastorizia secondariamente, le coltivazioni in proprio, i servizi col barchetto. Altri settori di attività erano la pesca, la caccia, la produzione di stoie di canna e di paglia della palude.. 14 Da tutto questo si comprende quanti sacrifici ci siano voluti per abbellire la chiesa. Intanto siamo arrivati nel nuovo secolo. Don Natale Ficini tra il 1910 e il 1913 continuerà l opera di rinnovamento. Egli sostituisce i vecchi mattoni rossi del pavimento con delle belle mattonelle bianche e nere. Nel 1932 alza il campanile con una merlatura alla guelfa, sul quale viene collocato un orologio da torre. Nel 1940 scoppia la seconda guerra mondiale che paralizza ogni attività: tutto sembra fermarsi. Nel 1943 Filettole è teatro di violenze: si susseguono bombardamenti, deportazioni, fucilazioni. Nel 1945 la guerra finisce, ed ecco la ripresa generosa dei filettolini fatta di opere: viene fatta la bussola in fondo alla chiesa, i banchi nuovi, il nuovo altare, la Pietà, la Via crucis, gli affreschi del pittore Enrico Fornaini. Tutte opere di un popolo che esprime il suo amore per la Chiesa nel susseguirsi dei secoli. 3. Il Santo patrono Il Santo protettore di Filettole è S. Maurizio. Della sua vita si sa molto poco, si conosce invece la sua morte gloriosa. L Impero Romano al tempo di Diocleziano ( ) si era così talmente esteso da non riuscire più a difendere efficacemente le sue immense frontiere dai barbari. Ai confini della Gallia le popolazioni sottomesse si ribellarono all ingiusta amministrazione romana. Questo popolo, formato da pastori senza greggi, contadini sperduti nei latifondi, si sollevarono contro il giogo di Roma. (la rivolta dei Bagaudi) 14 Cf. Anna Casini, Valori e cambiamenti sociali in un paese della campagna toscana (Filettole), Tesi di Laurea, Firenze 1970, Appendice p

15 Per reprimere la rivolta l Imperatore spedì l ambizioso generale Marco Aurelio Massimiano. Egli si recò in Svizzera per mobilitare le truppe là acquartierate e dare inizio immediatamente alla repressione. A Octodurum (oggi Martiny, Svizzera Vallese), il generale Massimino radunò un grosso contingente di truppe; ma, dopo aver fatto schierare i soldati, si rese conto che essi erano insufficienti all impresa. Allora egli volle richiamare la famosa legione Tebana che era acquartierata ad Agaunum. Massimiano stesso si recò sul posto, ma si rese conto, ben presto, che questi soldati erano mal disposti alla campagna di repressione. Gli venne il dubbio che tra loro vi fossero dei soldati, che erano solidali con gli insorti; ebbe il sospetto che una buone parte di questa celebre Legione fossero cristiani. Prima della partenza ordinò che tutti i militi - in particolare i comandanti - partecipassero ad un sacrificio propiziatorio in onore di Marte e, bruciando l incenso, proclamassero con giuramento fedeltà assoluta all Imperatore Diocleziano. Questo sacrificio, oltre ad offendere la dignità di questi soldati coinvolti in una campagna ingiusta, macchiava anche la loro coscienza di cristiani. I soldati schierati in mezzo all accampamento abbassano le spade in segno di rifiuto; viene fuori dalle file Maurizio che della Legione era il Primicerius, Eusepio che ne era il Campiductor, Candido che ricopriva la carica di Senator militum : tutti insieme consegnano la spada. Richiamati ai loro dovere, essi dichiarano apertamente la loro fede cristiana. Per questa dichiarazione sono trucidati sul posto, insieme ad altri di cui non si conosce il nome. E l estate dell anno 286 dell era cristiana. Nel mese di Maggio dell anno 1685 (quando sono passati quattordici secoli), a Filettole sono in corso grandi festeggiamenti. Da Roma è arrivata nel nostro paese (per interessamento dell arcivescovo Francesco Pannocchieschi), l insigne reliquia (la testa) di S. Maurizio Martire. Una memoria di questo avvenimento (che ancora si conserva in sacrestia), tradotta dal latino all italiano, ci tramanda il ricordo di questo straordinario evento: D.O.M. (a Dio Ottimo Massimo) e a S. Maurizio Martire il cui capo fu traslato da Roma a Pisa. Alla Chiesa d Avane si formò la processione aperta dai rappresentanti di quindici ordini religiosi e da numerosissima folla che seguiva cantando. Potevi notare dai diversi accenti, come fossero presenti tanto popolazioni pisane quanto lucchesi. A Filettole all inizio del Viale dei Cipressi era ad attendere l ecc. mo Arcivescovo conte D Elci assistito dai canonici del Capitolo del Duomo e dalla nobiltà pisana. Giunta la reliquia sul piazzale della Chiesa fu accolta prima da una salva di mortaretti poi dalle voci delicate del coro dei fanciulli accompagnati da vari strumenti. Intonato il canto del Te Deum laudamus la processione entrò in Chiesa e la reliquia fu posta sull altar maggiore. 7

16 Sempre dall Arcivescovo fu celebrata una solenne funzione liturgica, dopo di che, il celebre predicatore Niccolò Bosdario gesuita, che già nel duomo di Pisa aveva tenuto il solenne quaresimale, salito, sul pulpito tessé il panegirico del Santo alla presenza di numerosa folla che assiepava la Chiesa. Invocato il poi l aiuto del Santo cadde abbondante pioggia, veramente opportuna in quel tempo di siccità. Il Vicario generale Michelangiolo Frosini autorizzò il Pievano Simon Pardini ad usare il trono vescovile che nella Chiesa era stato eretto, il tutto a onor della Chiesa e del Santo Martire. 15 A. D. MDCLXXXV 4. Il crocifisso miracoloso E difficile parlare di Filettole e della sua Chiesa e non parlare del suo crocifisso miracoloso. 15a Esso è legato alla peste che nel 1632 attraversò mezza Italia seminando dolore e morte. (si tratta di quella peste narrata da A. Manzoni nel celebre romanzo I Promessi sposi ) Lasciamo la descrizione ai grossi volumi di carta pecora dell Archivio di Filettole, redatta in forma di diario, da Don Lorenzo Bocca parroco novello del paese:... nel qual anno in Pisa e Fiorenza e molti città d Italia et luoghi adiacenti patirono crudel morbo di contagio e siamo alli 20 di Luglio 1632 non si può dire che sian rese franche dalle calamità, le città e i luoghi predetti, ma si spera in bene la liberazione A Filettole e luoghi di quà dal Serchio per grazia del Signore non han sentito contagio... ma si sta con paura grandissima con pregar continuamente per aver buona sanità Il di 12 agosto vi fu contagio al luogo detto l Orbachi e si distese fino al Chiasso di S. Maurizio, ma... non ebbe gran progresso per la...buone... Morse in tutto 43 persone di contagio fra grandi e piccoli La cronaca, breve e scarsa di dettagli, non va oltre. In più dove sono i puntini, due macchie di umido ci impediscono di leggere il manoscritto nella parte che più ci sarebbe interessata. In quei vuoti, però, veritiera e ricca di particolari si inserisce la tradizione orale.... si sta in pena grandissima e con pregar continuamente.... Era l ultima speranza alla quale i filettolini si attaccavano Ibidem, p a Questo crocifisso ligneo, alto un metro, risale probabilmente agli inizi del Ibidem, p Ibidem, p

17 Gli uomini della compagnia si consultarono con il novello parroco e fecero istanza affinché si portasse in processione il Crocifisso grande, Egli avrebbe accolto le preghiere di tanti figli in lacrime. Nella mattina di quell afoso 12 agosto il sacerdote uscì salmodiando, per le vie del paese. La Croce apriva il mesto corteo, i filettolini più validi seguivano rispondendo alle implorazioni del sacerdote a peste fame et bello Libera nos Domine. 18 I malati affacciati alle finestre con gli occhi lucidi di pianto e di febbre alzavano al cielo la loro preghiera Parce Domine Parce populo tuo e avvenne qualcosa... forse la pioggia benefica e purificatrice. 19 La peste si fermò... dal quel momento non si ebbero più contagi né morti. Si gridò al miracolo: il crocifisso aveva vinto la peste! Da quel giorno non si chiamò più il crocifisso grande ma Il crocifisso miracoloso. Allora in fretta gli abitanti di Filettole (in quegli anni potevano essere all incirca 300 anime) ritornarono a casa pieni di gioia; ormai la campana suonava il mezzogiorno, non c era più tempo di preparare il pranzo... con un po' di farina e del riso avanzato dalla sera avanti, si fecero in fretta delle frittelle... e queste furono divise con tutti; nacque spontaneamente tra loro la comunione dei beni. Soprattutto le portarono agli ammalati come un segno del miracolo avvenuto. Da allora infatti la festa del Crocifisso (che si ripete ormai da oltre tre secoli e mezzo) si chiama anche popolarmente la festa delle frittelle. 19 Esse sono il simbolo di quell evento miracoloso: è la festa del ringraziamento! I Filettolini non dimenticano, essi contraccambiano l amore ricevuto in quel lontano agosto del 1632; una riconoscenza che si tramanda di generazione in generazione nelle famiglie del paese. 18 Ibidem, p Ibidem, p a Se ti trovi a passare da Filettole la seconda domenica di marzo, trovi un paese in festa: potrai assaggiare le famose frittelle zuccherate. 9

18 5. La famiglia Casini Dopo aver descritto le origini di Filettole, la storia della sua Chiesa, parlato del suo patrono e delle sue tradizioni, fatto conoscere quell humus cristiano in cui la Beppina è nata e cresciuta, credo sia utile accennare qualche notizia sui suoi genitori: Pascasio Casini e Annina Coltelli. Gran parte di queste notizie le ho ricavare dai suoi scritti, anche se di tante cose ero già a conoscenza perché la mamma mi parlava spesso dei suoi genitori. Ella infatti - quando ero un ragazzo - mi raccontava le vicende del padre emigrante in Argentina. Il padre Pascasio, per farsi una famiglia e comprare una casetta, aveva dovuto attraversare l oceano quattro volte, cioè andare per due volte in America. In modo particolare mi ha fatto partecipe della figura della madre. Di Annina aveva una vera e propria devozione; l ha sempre ritenuta la sua vera maestra. Aveva una stima della mamma straordinaria. Questo lo si può dedurre da quello che la mamma scrive di lei: Quante volte ci diceva del Vangelo, quante cose belle ci insegnava, quanti insegnamenti ci dava.... Sono la famose avvertenze di mamma Annina alla Beppina. La mamma amava molto i suoi genitori; e ha vissuto con le sorelle e il fratello un infanzia piena d incanto e di felicità, pur nelle ristrettezze economiche e, a volte, tra gli stenti Pascasio Il padre si chiamava Pascasio Casini ( ), ed era un bracciante agricolo. Già all inizio del suo racconto, con poche semplici parole la mamma ci parla di lui: Mi padre rimase orfano di padre e di madre piccolino; da grandicello fu messo per garzone da una famiglia di possedenti di Filettole. Poi in seguito, partì per l America (Argentina) a lavorare da dei contadini. Laggiù tengono,300 e anche 400 e più ettari di terreno,e quasi tutti gli emigranti lavorano la terra perché non avendo fatto le scuole erano per lo più analfabeti. La scuola era solo per i ricchi. Pascasio, quindi, era un bracciante agricolo costretto a emigrare per farsi un avvenire. Dopo la morte dei genitori, probabilmente i parenti, non avendo la possibilità di tenerlo, appena fu grandicello decisero di metterlo garzone da dei proprietari di terra (i possedenti) di Filettole. A quel tempo le famiglie povere, in certi casi (specialmente quando avevano tanti figli) mandavano uno di loro a vivere presso una famiglia di contadini benestante; in questo modo, oltre ad avere in casa una bocca in 10

19 meno da sfamare, avviavano il loro figlio al mestiere di contadino. Il ragazzo, infatti, gradualmente imparava a pulire la stalla, a mungere le mucche, a lavorare nei campi, a potare le piante. Si avviava ad essere un bravo lavoratore della terra. Pascasio, sicuramente quando ritenne di essere in grado di partire, emigrò in Argentina per rendersi autonomo economicamente e potersi così formare una famiglia tutta sua. Dopo aver lavorato in quelle terre per un periodo di tempo ed aver messo da parte qualche soldo, ritornò a Filettole per trovare una sposa. Lascio nuovamente la parola alla Beppina la quale racconta come avvenne il fatto:...la mia mamma aveva 24 anni, ed ecco che viene dall Argentina questo giovane Casini Pascasio (...) e cercava una ragazza per farla sua sposa e farsi una famiglia. Lui non la conosceva... io non so come fu, ma certo gli indicarono mia madre, e la sposò. Comprò quella casa lì in via Delle Prata, la pagò Lire Mia madre mi ci diceva che stettero quattro anni senza avere figli... finalmente con tanta gioia venne Genny l 11 gennaio del 1897, poi Giulia nel 1912, poi Giuseppina nel 1907, e in ultimo Giulio nel Dopo che furono nate le due bambine Genny e Giulia, il babbo tornò in America lasciando mia madre in stato interessante di me. Si imbarcò di nuovo e ripartì. Si mise a lavorare alacremente e riuscì ad accumulare una discreta somma di denaro... ma purtroppo venne derubato di tutti i suoi averi. Per Pascasio, oltre a subire una grande umiliazione, fu un colpo durissimo: dovette ricominciare tutto daccapo. Dal dispiacere si ammalò gravemente e fu in pericolo di vita ma, grazie al sostegno dei suoi amici italiani emigranti, riuscì a recuperare la salute. Di nuovo riprese a lavorare e in poco tempo accumulò una discreta somma, dopo di che decise di ritornare a Filettole. Arrivato a casa, comprò un barroccio e un asino e prese in affitto un bel campo dove seminò la canapa e allevò i vitelli per venderli. La famiglia Casini, pur rimanendo povera, gode ormai di una dignitosa condizione economica. Pascasio morì nel 1929 tra le braccia di Annina, attorniato dall amore dei suoi figli. La Beppina aveva 22 anni. La figura del padre emigrante lascerà un segno indelebile nella formazione della figlia; Pascasio le comunicherà il senso del dovere, l importanza di dare il suo contributo al sostentamento della famiglia. Infatti la Beppina conobbe ben presto la dura realtà del lavoro: andò a lavorare in un grosso stabilimento tessile a Lucca, insieme a 3000 operaie già da bambina. Ma anche prima di lavorare in fabbrica, si recava spesso con il padre nei campi e sui monti a tagliare l erba, a ruscolare le ulive, a far legna nei boschi. In questi brevi episodi tratti dagli scritti della Beppina si può già cogliere il rapporto esistente tra i due genitori e i loro figli; cioè, l impegno pieno di amore e di attenzione di Pascasio e Annina a far crescere i bambini alla scuola del lavoro.... Quando incominciò la guerra del '15 '18, io avevo otto anni, Genny 18, 11

20 Giulio tre. Andavo spesso con mia sorella a ruscolare le olive; ricordo una mattina andai con mia madre, si andò più in la del Cancellino, si arrivò fino alla Cime (in cima al monte)...si portava un bel pezzo di pane fatto in casa, con fichi secchi fatti da noi, qualche melina rossa che si comprava dei melai che passavano con il barroccio, si portava anche olive secche, olive marinate. Poi lassù in cima a quei monti si sapeva bene quando era mezzogiorno, perché si sentiva le campane di tanti paesi. Allora mia madre diceva: bimba segnati è mezzogiorno, e si diceva insieme l Angelus... poi si sedeva su un poggio e si mangiava tranquille. Si riposava un po', e si ricominciava con il rastrellino a ruscolare. Poi mi diceva: bimba mettile da te, così vedi quante ne fai. Io avevo il mio sacchettino, e prima di venir via si mettevano tutte insieme, e mi diceva: vedi quante ne hai fatte!.... Il mio paese era povero, però quando fu bonificato il padule - che da fossi d acqua, e strisce di pomodori vennero quei bei camponi che vediamo ora fu una ricchezza per tutti (...) I poveri, cioè, quelli che non avevano niente, neanche un piccolo orto, in quei bei camponi ci andavano a spigolare. Riempivano anche tre o quattro sacchi di granoturco, grano, e si passava meglio l inverno. Anch io, prima di andare a lavorare in fabbrica, andavo nei campi per fare l erba per il vitellino e il ciuco. Mio padre ci fece fare dal corbellaio tre corbellini per far l erba; a Genny grande, a me meno grande, a mio fratello Giulio più piccolino. Voleva che ci abituassimo a lavorare. E diceva: quando si va al campo, ognuno l erba che fa la mette nel suo corbellino.... Tutte le settimane c era da scaldare il forno, perché quasi sempre il sabato si faceva il pane. Così era un continuo andare in monte a fare legna ; anch io andavo (...) facevo il mio fascetto di legna, e me lo mettevo sulle spalle. Poi per strada quando pesava troppo, ci si fermava a fare un riposino appoggiandosi su un poggio, o su un muricciolo, per poi ripartire(...). Mio padre, e quasi tutti gli uomini le mettevano nella corbella : questa era un pò più grande di un corbello normale, poi ci facevano ai bordi un ciuffo di stecchi grossi, che lo riempivano fino a farlo traboccare di legna. La corbella, ed anche il corbello, lo portavano dietro le spalle, e con due coppie di funi (come uno zaino), le tiravano sul petto per tenere fermo il corbello. Appena arrivato a casa il babbo, sfaceva il corbello perché a volte erano umide. Le metteva sull aia al sole a asciugare, e la sera, ed anche di giorno si faceva un bel focone. La legna oltre a fare il pane, serviva soprattutto per scaldare la famiglia. Mio padre mi diceva: vedi come ti faccio scaldare?. Allora il caminetto era grande e noi piccoli si sedeva dalle parti (intorno) con delle seggioline di legno o dei ceppetti (piccoli tronchi di albero) e le persone grandi, papà e mamma con le sedie davanti al fuoco. 12

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