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1 Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del Redazione: C.so della Repubblica VELLETRI RM fax curia@diocesi.velletri-segni.it Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni Anno 11, numero 1(104) - Gennaio

2 2 - Il presuposto e la radice della fraternità, + Vincenzo Apicella p Ho nostalgia di Dio!..., don G. Zaralli p La pace vera è amarsi gli uni gli altri, mons. Franco Risi p. 21 Ecclesia in cammino Bollettino Ufficiale per gli atti di Curia Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri-Segni - Il nostro Morire e il nostro Risorgere in Cristo, S. Fioramonti p. 4 - Comunicato del tema della XLVII Giornata Mondiale della Pace p. 5 - Generare il futuro per vincere ogni crisi, Pier Giorgio Liverani p. 6 - Gli auguri della Diocesi per il 25 di consacrazione episcopale di S.E. mons. A. M. Erba, interventi: mons. Luigi Vari, S.E. mons. V. Apicella, don D. Vitali, mons. Luciano Lepore, parrocchiani Regina Pacis, mons. L. D Ascenzo, mons. R. Mariani, S. Fioramonti p. 7 - Teologia delle donne o donne per la teologia?, Rigel Langella p.10 - Le origini del Cristianesimo nel mondo greco, Sara Gilotta p.12 - Per una partecipazione piena, attiva e consapevole, don Andrea Pacchiarotti p.13 - San Giuseppe e la Misericordia, Claudio Capretti p.14 - La Familia e la legge naturale, p. Vincenzo Molinaro p Chi non vuol lavorare? Un convegno su lavoro, ascolto e capacità di riorientare, Sara Bianchini p.16 - L Assoc. Dilettanti all opera devolve alla Caritas parrocchiale di S. Clemente il frutto del loro lavoro teatrale, Rosario Sanguedolce p.17 - La carità nella storia della Chiesa / 3: il diaconato, don Antonio Galati p.18 - Credo nello Spirito santo / 13, don Dario Vitali p La Visita Pastorale del Vescovo V. Apicella a Velletri: Parrocchia Regina Pacis p. 22 Parrocchia S.Giovanni Battista p. 27 Parrocchia S. Maria del Carmine p I Programmi delle prossime visite p Il Ministero dell Accolito, G. Di Laura e L. Taddei p Cone, Edicole e Cappellette: Fede popolare a Valmontone / 1, Stanislao Fioramonti p Segni: un ricordo affettuoso per l amico Giuliano Turco, Luigi Vari p L avventura di Nuovi Orizzonti / 4, Natalina Zanatta p Le donne e le suore, Alessandro Gentili p Artena si prepara alla Festa di Sant Antonio Abate, Sara Calì p Chiamati tutti insieme, Suor Francesca Langella ap. p Kyrie in re minore, Mara Della Vecchia p Educare oggi: Non è il bambino cattivo, Antonio Venditti p Ammazza che iella : il ritorno in scena del gruppo di San Lorenzo, Edoardo Baietti p Il fascino del dimenticato. Documenti della Rivoluzione Agricola del XVIII secolo in Montelanico, A. Ippoliti p Sguardi in prospettiva. L Andrea Pozzo ritrovato, Valmontone, conferenza del noto padre gesuita H. Pfeiffer (...), don Teodoro Beccia p. 43 Direttore Responsabile Mons. Angelo Mancini Collaboratori Stanislao Fioramonti Tonino Parmeggiani Mihaela Lupu Proprietà Diocesi di Velletri-Segni Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del Stampa: Tipolitografia Graphicplate Sr.l. Redazione Corso della Repubblica VELLETRI RM fax curia@diocesi.velletri-segni.it A questo numero hanno collaborato inoltre: S.E. mons. Vincenzo Apicella, mons. Luigi Vari, mons. Leonardo D Ascenzo, mons. Luciano Lepore, mons. Franco Risi,mons. Roberto Mariani, don Dario Vitali, don Andrea Pacchiarotti, don Gaetano Zaralli, p. Vincenzo Molinaro, don Antonio Galati, don Franco Diamante, don Teodoro Beccia, Suor Francesca Langella ap., Rigel Langella, Claudio Capretti, Sara Bianchini, Rosario Sanguedolce, Antonio Venditti, Sara Gilotta, Gaetano Di Laura e Luciano Taddei, Luigi Vari, Natalina Zanatta, Alessandro Gentili, Pier Giorgio Liverani, Sara Calì, Mara Della Vecchia, Edoardo Baietti, Alessandro Ippoliti. Consultabile online in formato pdf sul sito: DISTRIBUZIONE GRATUITA Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degli artefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione. Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampa a propria insindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni. Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubblicati, non si restituiscono. E vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizzazione del direttore. In copertina: Fuga in Egitto, Bartolomè Esteban Pèrez Murillo, 1648, Detroit, Institute of Art (composizione grafica di don Angelo Mancini).

3 3 Vincenzo Apicella, vescovo La stampa internazionale, in questi giorni, fa a gara nel presentare Papa Francesco come l uomo dell anno e anche noi, più semplicemente, non possiamo fare a meno di ringraziare il Signore per averci donato Giorgio Bergoglio ed averlo accompagnato fino alla Cattedra di Pietro. Il suo grande merito è quello di dire parole semplici, in modo familiare, sorridendo e guardando negli occhi ogni interlocutore, anche in mezzo alla folla più anonima, facendogli capire che vuole bene proprio a lui, nella stessa misura con cui vuole bene a ciascun altro. Ma le cose che dice non sono per niente comode, come quel Vergogna! che gli scappò di bocca di fronte alla tragedia di Lampedusa. In questi casi, il metodo più classico per tirarsi fuori d impaccio è di pensare che egli si stia rivolgendo a qualcun altro e che la cosa, in fondo, non ci riguarda poi tanto: è il modo migliore per farlo diventare un santino rassicurante, che appendiamo al muro di casa o usiamo come segnalibro. Forse occorre cominciare a prenderlo più sul serio e a chiederci quali dovrebbero essere le conseguenze concrete del suo insegnamento e della sua testimonianza nelle nostre scelte, nei nostri comportamenti, nello stesso nostro modo di pensare. Con questo spirito andrebbe accolto e meditato l ultimo intervento ufficiale del suo magistero, il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che puntualmente torna ogni anno il primo gennaio. Il Papa l ha dedicato al tema della Fraternità, la terza parola del programma della rivoluzione francese, dopo Libertà e Uguaglianza, che però è rimasta la Cenerentola delle tre sorelle, perché, mentre da una parte si rivendica la propria libertà a scapito di quella degli altri, dalla parte opposta si è preteso di costruire l uguaglianza usando lo schiacciasassi e calpestando i diritti della persona. Nella prospettiva cristiana l ordine andrebbe rovesciato, poiché solo se ci riconosciamo fratelli potremo garantire uguali diritti nel rispetto delle libere diversità. Ma qual è il presupposto e la radice della fraternità? Anche qui Papa Francesco non avrebbe potuto essere più semplice: è nel fatto che abbiamo tutti uno stesso Padre e chi ce lo ha fatto scoprire è quel Bambino che è l unico ad avere il diritto naturale di chiamare Dio col nome di Padre. Solo che per aprirci gli occhi e farci capire cosa significhi essere fratelli tra noi e figli di quel Padre è stato necessario che Egli accettasse non solo di fare la fine di Abele, ma di morire al fine di permettere a tutti noi Caini, spesso non solo potenziali, di ritrovare la strada di casa e la pace del cuore, in una possibilità di perdono offerto sempre a tutti. Nel Messaggio ritroviamo tutti i termini tipici di Papa Francesco: la denuncia della globalizzazione dell indifferenza, della mentalità dello scarto, dell esigenza di non farsi rubare la speranza, ma anche la ripresa lucida e puntuale dell insegnamento dei suoi predecessori, da Giovanni XXIII a Paolo VI, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI e dei temi fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa, in primo luogo quello della necessaria destinazione universale dei beni della terra. La fraternità è l indispensabile presupposto per una efficace lotta contro la povertà,a cominciare da quella relazionale, dovuta alle crescenti difficoltà in cui si trova la famiglia, contro le diseguaglianze, le ingiustizie e le esclusioni, contro la corruzione e la criminalità, contro il degrado ambientale e umano, contro lo scandalo della fame e dei delitti contro la dignità della persona umana. La guerra costituisce la più grave e profonda ferita inferta alla fraternità e molti sono i conflitti che si consumano nell indifferenza generale (n.7). E il caso di aggiungere che spesso a fare le spese di queste violenze quotidiane sono proprio le comunità cristiane e la Chiesa vede ogni giorno allungarsi la lista tragica e gloriosa dei suoi martiri, che ormai non abbiamo più neanche la possibilità di contare e che il Padre solo conosce, ma non i fratelli. La fraternità genera anche pace sociale, perché crea un equilibrio tra libertà e giustizia, fra responsabilità personale e solidarietà, fra bene dei singoli e bene comune. Una comunità politica deve, allora, agire in modo trasparente e responsabile per favorire tutto ciò. I cittadini devono sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà. Invece, spesso, tra cittadini e istituzioni si incuneano interessi di parte che deformano una tale relazione, propiziando la creazione di un clima perenne di conflitto (n.8). C è solo un grande problema: che la fraternità non può essere il risultato di leggi o di trattati internazionali. E necessaria una conversione dei cuori, che permetta a ciascuno di riconoscere nell altro un fratello di cui prendersi cura, con il quale lavorare insieme per costruire una vita in pienezza per tutti (n.7), per cui è solo l amore donato da Dio che ci consente di accogliere e di vivere pienamente la fraternità (n.10). Il Signore Gesù, che è la nostra pace, ci sostenga nell impegno a costruirla in questo nuovo anno, a partire dalla riscoperta dei fratelli, che Egli stesso ci mette a fianco nel nostro cammino.

4 4 sintesi a cura di Stanislao Fioramonti Nel portare a termine le catechesi sul Credo, svolte nelle udienze generali del mercoledì in piazza San Pietro durante l Anno della Fede, il 27 novembre e il 4 dicembre papa Francesco ha affrontato il tema della risurrezione della carne, nei due aspetti presentati dal Catechismo della Chiesa Cattolica, cioè il nostro morire e il nostro risorgere in Gesù Cristo. Il 27 novembre si è soffermato sul primo aspetto, morire in Cristo, e ha detto: Fra noi comunemente c è un modo sbagliato di guardare la morte. La morte ci riguarda tutti, e ci interroga in modo profondo, specialmente quando ci tocca da vicino, o quando colpisce i piccoli, gli indifesi in una maniera che ci risulta scandalosa. A me sempre ha colpito la domanda: perché soffrono i bambini?, perché muoiono i bambini? Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. Questo capita quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo, che interpreta l esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla. Ma esiste anche un ateismo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi e vivere solo per le cose terrene. Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte, non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banalizzarla, perché non ci faccia paura. Ma a questa falsa soluzione si ribella il cuore dell uomo, il desiderio che tutti noi abbiamo di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell eterno. E allora qual è il senso cristiano della morte? Se guardiamo ai momenti più dolorosi della nostra vita, quando abbiamo perso una persona cara, ci accorgiamo che, anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte. Una persona tende a morire come è vissuta. Se la mia vita è stata un cammino con il Signore, un cammino di fiducia nella sua immensa misericordia, sarò preparato ad accettare il momento ultimo della mia esistenza terrena come il definitivo abbandono confidente nelle sue mani accoglienti, in attesa di contemplare faccia a faccia il suo volto. Questa è la cosa più bella che può accaderci: contemplare faccia a faccia quel volto meraviglioso del Signore, vederlo come Lui è, bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza. Noi andiamo fino a questo punto: vedere il Signore. In questo orizzonte si comprende l invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l altra vita, quella con il Padre celeste. E per questo c è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti, nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi. Lui stesso si è identificato con loro, nella famosa parabola del giudizio finale, quando dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l avete fatto a me» (Mt 25, ). Pertanto, una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo. La solidarietà nel compatire il dolore e infondere speranza è premessa e condizione per ricevere in eredità quel Regno preparato per noi. Chi pratica la misericordia non teme la morte. Pensate bene a questo: chi pratica la misericordia non teme la morte! E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle fericontinua nella pag. accanto

5 5 COMUNICATO: TEMA DELLA 47 a GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1 GENNAIO ) Fraternità, fondamento e via per la pace Questo è il tema della Giornata 47a Mondiale per la Pace, la prima di Papa Francesco. La Giornata mondiale della Pace è stata voluta da Paolo VI e viene celebrata il primo giorno di ogni anno. Il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace viene inviato alle Chiese particolari e alle cancellerie di tutto il mondo, per richiamare il valore essenziale della pace e la necessità di operare instancabilmente per conseguirla. Papa Francesco ha scelto come tema del suo primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace la fraternità. Sin dall inizio del suo ministero di vescovo di Roma, il Papa ha sottolineato l importanza di superare una «cultura dello scarto» e di promuovere la «cultura dell incontro», per camminare verso la realizzazione di un mondo più giusto e pacifico. La fraternità è una dote che ogni uomo e donna reca con sé in quanto essere umano, figlio di uno stesso Padre. Davanti ai molteplici drammi che colpiscono la famiglia dei popoli povertà, fame, sottosviluppo, conflitti, migrazioni, inquinamenti, disuguaglianza, ingiustizia, criminalità organizzata, fondamentalismi -, la fraternità è fondamento e via per la pace. La cultura del benessere fa perdere il senso della responsabilità e della relazione fraterna. Gli altri, anziché nostri «simili», appaiono antagonisti o nemici e sono spesso «cosificati». Non è raro che i poveri e i bisognosi siano considerati un «fardello», un impedimento allo sviluppo. Tutt al più sono oggetto di aiuto assistenzialistico o compassionevole. Non sono visti cioè come fratelli, chiamati a condividere i doni del creato, i beni del progresso e della cultura, a partecipare alla stessa mensa della vita in pienezza, ad essere protagonisti dello sviluppo integrale ed inclusivo. La fraternità, dono e impegno che viene da Dio Padre, sollecita all impegno di essere solidali contro le diseguaglianze e la povertà che indeboliscono il vivere sociale, a prendersi cura di ogni persona, specie del più piccolo ed indifeso, ad amarla come se stessi, con il cuore stesso di Gesù Cristo. In un mondo che accresce costantemente la propria interdipendenza, non può mancare il bene della fraternità, che vince il diffondersi di quella globalizzazione dell indifferenza, alla quale Papa Francesco ha più volte accennato. La globalizzazione dell indifferenza deve lasciare posto ad una globalizzazione della fraternità. La fraternità impronti tutti gli aspetti della vita, compresi l economia, la finanza, la società civile, la politica, la ricerca, lo sviluppo, le istituzioni pubbliche e culturali. Papa Francesco, all inizio del suo ministero, con un Messaggio che si pone in continuità con quello dei suoi Predecessori, propone a tutti la via della fraternità, per dare un volto più umano al mondo. te dei fratelli, e la supera con l amore di Cristo. Nell udienza del 4 dicembre papa Francesco ha così commentato il «Credo la risurrezione della carne»: Si tratta di una verità non semplice e tutt altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future. Ma il Vangelo ci illumina: la nostra risurrezione è strettamente legata alla risurrezione di Gesù; il fatto che Egli è risorto è la prova che esiste la risurrezione dei morti. Vorrei allora presentare alcuni aspetti che riguardano il rapporto tra la risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione. Lui è risorto, e perché Lui è risorto anche noi risusciteremo. Anzitutto, la stessa Sacra Scrittura contiene un cammino verso la fede piena nella risurrezione dei morti. Questa si esprime come fede in Dio creatore di tutto l uomo - anima e corpo -, e come fede in Dio liberatore, il Dio fedele all alleanza con il suo popolo (cfr. Ez 37, 1-14). Gesù, nel Nuovo Testamento, porta a compimento questa rivelazione, e lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25). Infatti, sarà Gesù Signore che risusciterà nell ultimo giorno quanti avranno creduto in Lui. Gesù è venuto tra noi, si è fatto uomo come noi in tutto, eccetto il peccato; in questo modo ci ha presi con sé nel suo cammino di ritorno al Padre. Egli, il Verbo incarnato, morto per noi e risorto, dona ai suoi discepoli lo Spirito Santo come caparra della piena comunione nel suo Regno glorioso, che attendiamo vigilanti. Questa attesa è la fonte e la ragione della nostra speranza: una speranza che, se noi la coltiviamo e la custodiamo, diventa luce per illuminare la nostra storia personale e anche la storia comunitaria. Ricordiamolo sempre: siamo discepoli di Colui che è venuto, viene ogni giorno e verrà alla fine. Se riuscissimo ad avere più presente questa realtà, saremmo meno affaticati dal quotidiano, meno prigionieri dell effimero e più disposti a camminare con cuore misericordioso sulla via della salvezza. Un altro aspetto: che cosa significa risuscitare? La risurrezione di tutti noi avverrà nell ultimo giorno, alla fine del mondo, ad opera della onnipotenza di Dio, il quale restituirà la vita al nostro corpo riunendolo all anima, in forza della risurrezione di Gesù. Questa è la spiegazione fondamentale: perché Gesù è risorto noi resusciteremo; noi abbiamo la speranza nella risurrezione perché Lui ci ha aperto la porta a questa risurrezione. E questa trasformazione, questa trasfigurazione del nostro corpo viene preparata in questa vita dal rapporto con Gesù, nei Sacramenti, specialmente l Eucaristia. Noi che in questa vita ci siamo nutriti del suo Corpo e del suo Sangue risusciteremo come Lui, con Lui e per mezzo di Lui. Come Gesù è risorto con il suo proprio corpo, ma non è ritornato ad una vita terrena, così noi risorgeremo con i nostri corpi che saranno trasfigurati in corpi gloriosi. Questo è vero. Noi crediamo che Gesù è risorto, che Gesù è vivo in questo momento. Ma voi credete che Gesù è vivo? E se Gesù è vivo, voi pensate che ci lascerà morire e non ci risusciterà? No! Lui ci aspetta, e perché Lui è risorto, la forza della sua risurrezione risusciterà tutti noi. Un ultimo elemento: già in questa vita abbiamo in noi una partecipazione alla Risurrezione di Cristo. Se è vero che Gesù ci risusciterà alla fine dei tempi, è anche vero che con Lui già siamo risuscitati. Infatti, mediante il Battesimo, siamo inseriti nella morte e risurrezione di Cristo e partecipiamo alla vita nuova, che è la sua vita. Pertanto, in attesa dell ultimo giorno, abbiamo in noi stessi un seme di risurrezione, quale anticipo della risurrezione piena che riceveremo in eredità. Per questo anche il corpo di ciascuno di noi è risonanza di eternità, quindi va sempre rispettato; e soprattutto va rispettata e amata la vita di quanti soffrono, perché sentano la vicinanza del Regno di Dio, di quella condizione di vita eterna verso la quale camminiamo. Questo pensiero ci dà speranza: siamo in cammino verso la risurrezione. Vedere Gesù, incontrare Gesù: questa è la nostra gioia! Saremo tutti insieme gioiosi con Gesù. Questo è il nostro destino! E per legare sempre gli aspetti eterni alla realtà terrena, dopo i saluti ai pellegrini Francesco ha concluso con questo appello: Desidero ora invitare tutti a pregare per le monache del Monastero greco-ortodosso di Santa Tecla a Ma lula, in Siria, che due giorni fa sono state portate via con la forza da uomini armati. Preghiamo per queste monache, per queste sorelle, e per tutte le persone sequestrate a causa del conflitto in corso. Continuiamo a pregare e a operare insieme per la pace. Preghiamo la Madonna. (Ave Maria...)

6 6 Pier Giorgio Liverani «Generare la vita vince la crisi»: questo è il tema che i Vescovi italiani hanno proposto per la imminente trentaseiesima Giornata per la Vita. Questa ricorrenza, come si sa, è strettamente legata alla istituzione di quello che si può tranquillamente chiamare aborto di Stato e che viene praticato con una forzosa partecipazione di tutti noi, perché i costi ospedalieri (strutture, strumenti, compensi agli operatori eccetera) sono sostenuti con i soldi delle tasse. Questo aspetto, di solito non considerato quando si parla della cosiddetta interruzione volontaria della gravidanza, è già per se stesso indice di una crisi dello Stato che, da sempre e ancor più ai nostri tempi, ha invece tra i suoi primi fini la garanzia della vita dei suoi cittadini. Già questo ci dice che la crisi non è soltanto finanziaria, economica, politica, produttiva. C è un suo aspetto assai più grave ed è quello etico, di cui si vanno manifestando ogni giorno di più i segni: la disgregazione della famiglia, l ossessione pansessualistica che condiziona la vita e i comportamenti di gran parte della popolazione e alimentata dalla letteratura, dal cinema, dalla televisione, dai comportamenti comuni e perfino dalle strutture e dalle leggi dello Stato. Si pensi, per esempio, ai programmi di educazione sessuale nelle scuole approvati e finanziati dal Ministero dell Istruzione e già in atto. Non vi si parla di educazione all affettività, vale a dire mirata alla formazione globale della persona, ma di educazione sessuale, cioè che si limita agli aspetti tecnici e specifici dell uso del sesso, che in tal modo prevarica i diritti dei genitori sanciti dalla Costituzione. Articolo 30: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli». Si noti l intenzionale progressione dal primo compito (quello che riguarda la vita fisica) al terzo, indicato come il più delicato e importante. L educazione non è compito dello Stato: soltanto gli Stati totalitari la rivendicano. In Italia il fascismo aveva trasformato il Ministero della Pubblica Istruzione in Ministero dell Educazione Nazionale. Come spesso accade l educazione nella scuola in questo campo è giustificata e mascherata con il pretesto dell insegnamento al rispetto dei diritti civili (contraccezione, aborto, omosessualità eccetera). Altri aspetti del pansessualismo dilagante da ricordare sono l attivismo oltre ogni misura del mondo gay, la parità con la dignità e i valori della normalità dei cittadini assicurata al lesbismo, all omosessualità e alla transessualità. Infine la nuova teoria del gender (il vero sesso della persona non sarebbe quello della nascita femmina o maschio bensì quello che ogni persona avrebbe il diritto riconosciuto dallo Stato di scegliersi, con la possibilità di variare la scelta nel tempo). E infine, di là dell ambito sessuale, la crisi demografica, quella ambientale, la corruzione sempre più diffusa e grave, la politica cui molti si dedicano soltanto per i vantaggi economici (anche quelli illeciti) che essa garantisce; e poi la perdita e lo scadimento della fede, il consumismo praticato oltre ogni ragionevole limite E non si può dimenticare in questo elenco la situazione internazionale colma di tensioni e di guerre, di persecuzioni La crisi economica, insomma, è soltanto un aspetto di una crisi molto più vasta e più grave, che riguarda anche le conseguenze dell aborto non soltanto quelle letali per i concepiti. Il Messaggio dei Vescovi le descrive in modo sufficiente per capire che la questione dell aborto è soprattutto una questione della vita di tutti. Non solamente, insomma, per i due soggetti privati direttamente chiamati in causa (la madre, cui questo nome non spetterebbe più, e il figlio, al quale tale nome è rifiutato), ma addirittura per il «futuro» e dunque per tutti. Per avere un idea della gravità dell aspetto di questa crisi e delle sue conseguenze basterà un solo numero: almeno quaranta milioni di aborti ogni anno in tutto il mondo. Quell almeno significa che altri milioni di figli rifiutati andrebbero conteggiati se si potesse tenere il conto degli effetti di tutte le pillole dei giorni dopo, che provocano aborti non rilevabili in alcun modo, ma certamente numerosissimi. Contro la perdita del «senso dell umano» e della «capacità del farsi carico che stanno a fondamento della società», i Vescovi propongono un «alleanza per la vita capace di suscitare un autentico progresso per la nostra società», recuperando per essa «il mancato contributo di coloro ai quali è stato impedito di nascere» e «superando l attuale crisi demografica e, con essa, tutte le forme di esclusione». Se è vero che, come dicono in singolare coincidenza il Talmud ebraico e il Corano, «chi salva una vita, salva il mondo intero», potrebbe essere vero anche il contrario. Nell immagine del titolo un opera pittorica di Maximilian Pfalzgraf.

7 7 Mons. Luigi Vari* Mi ricordo benissimo il momento in cui mons. Erba fu nominato vescovo della nostra diocesi, dopo un attesa abbastanza lunga, affidata all amministratore diocesano mons. Giuseppe Centra, che, vicino di casa alla parrocchia di santa Maria, oltre che amico caro, mi disse, senza venir meno a nessun segreto perché non me ne rivelò il nome, che avevano nominato il Vescovo. Appena saputo il nome, mi trovai coinvolto in una specie di festa di famiglia, perché frequentavo molto Torre Gaia e Villa santa Rita, e mi ricordo l entusiasmo delle suore angeliche. Una di loro per descrivermelo mi raccontò un modo di descrivere l essere parroco di mons. Erba; mi raccontò che si era trovata su un mezzo al centro storico di Roma e il nuovo Vescovo gli indicava qualche abitazione dicendogli che sapeva chi ci abitava; che quelle case non erano più anonime, ma corrispondevano a dei nomi. Non ho ancora trovato una definizione più bella del parroco e più consolante: sapere chi abita in un luogo, dietro quelle finestre. L attenzione di mons. Erba per i poveri era leggendaria, e così la sua immediatezza nelle relazioni, oltre alla fiducia che regalava al suo interlocutore, e qualcuno, in qualche rara occasione, ci ha messo impegno per dimostrargli che non la meritava. Lui mi ha nominato parroco e non è mai mancato; quante inaugurazioni! Quanto affetto! La sua visita pastorale, che pure poteva avere qualche elemento di dispiacere per qualche episodio di rifiuto, è ricordata come un momento di grande calore. Durante quella visita volle che il cardinal Fagiolo, appena creato cardinale, festeggiasse con noi l Immacolata. Dopo un mese ci fece un regalo grande, quello di sceglierci per ospitare il cardinal Raztinger, che voleva vivere una domenica in Parrocchia. La gioia del vescovo per aver visto accolto con tutti gli onori quell ospite, che presiedette l eucarestia, offrendo un omelia, che ancora qualcuno ricorda; l accoglienza delle figlie dell Immacolata; quella gioia fu il più grande grazie di un uomo che ha come caratteristica di non pretendere nulla per se, e dà l impressione che, per Lui tutto è grazia. Di Lui qui c è un ricordo, la via Crucis di Piero Casentini; si trattava di commissionare quest opera, e, il giorno della benedizione della Collegiata, dopo il restauro, presente il Vescovo, io dissi che sarebbe stato bello avere una via Crucis, ma che il prezzo era importante, a meno che non ci si dividessero le spese. Il silenzio, che segue queste comunicazioni fu interrotto da mons. Erba, che disse: la prima la offro io. Alle 14,00 di quello stesso giorno dovevo dire di no a molti, tutte le stazioni erano state comprate. Nel 2000 indicò questa Chiesa, come Chiesa giubilare, e una lapide ricorda e ricorderà sempre il nostro legame con mons. Erba. Una cosa mi dimenticavo, all inaugurazione dell outlet, lui venne a benedire, e, a un certo punto, gli si fecero attorno un sacco di commercianti, alcuni di religione ebraica; alla sorpresa per tutta quella festa, rispose : sono tutti parrocchiani miei! Solo chi vede oltre le finestre può immaginare tanto affetto dietro le facciate severe delle strade e delle piazze attorno a san Carlo ai Catinari. Auguri. Un momento della celebrazione per il 50 anniversario di ordinazione sacerdotale di mons. Andrea M. Erba (a sinistra mons. Vincenzo Apicella, e a destra mons. Lorenzo Loppa),Velletri, marzo *Parroco di S. Maria Maggiore in Valmontone + Vincenzo Apicella Carissimo Padre Andrea, il 6 gennaio compi 25 anni di episcopato: è un traguardo ragguardevole, ma è soprattutto una grazia importante donata dal Signore ed è ancora più importante perché tutti questi 25 anni sono stati dedicati alla nostra Chiesa di Velletri-Segni. Se il vescovo è, ad immagine di Cristo, lo sposo della sua Chiesa, tu hai avuto una sola sposa a cui rimani legato per sempre: i vescovi passano, ma Cristo resta e resta il legame che, attraverso Lui, ci unisce ai fratelli. Per questo, anche se l età e le gambe non ti consentono più di camminare con noi, ti resta il compito più importante, quello di pregare per noi. Ci contiamo e ancora per molto. AUGURI! Parrocchiani Regina Pacis Tutto quanto è stato fatto negli ultimi quindici anni nella parrocchia Regina Pacis di Velletri è stato fatto per lo speciale affetto che per essa ha avuto S.E. Mons. Andrea Maria Erba. Affetto che si è reso palpabile con interventi concreti, con la vicinanza e la continua attenzione. Nell occasione del 25 anniversario della sua consacrazione episcopale il parroco, i catechisti, i collaboratori di ogni settore e i fedeli riconoscenti esprimo fervidi auguri e nel ringraziare Dio raccomandano a Lui per l intercessione della B.V. Maria Regina della Pace la persona del vescovo Andrea Maria. La redazione di Ecclesia in C@mmino a nome proprio, dei suoi lettori e collaboratori, ricordando che questo mensile diocesano è stato voluto e sostenuto da S.E. Andrea Maria Erba esprime nella preghiera a Dio il ringraziamento con gioia e affetto per i 25 anni del suo episcopato. Agli auguri per il 25 anniversario di consacrazione episcopale si aggiungono gli auguri a Mons. Erba di Buon compleanno che cade il 1 gennaio. continua a pag. 8

8 8 XXV di Episcopato di mons. Andrea Maria Erba. don Dario Vitali «La diocesi è una porzione del Popolo di Dio affidata alle cure pastorali del vescovo coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui unita per mezzo del Vangelo e dell Eucaristia nello Spirito santo, costituisca una Chiesa particolare, nella quale è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica». È con questa citazione del decreto Christus Dominus 11 del concilio Vaticano II che vorremmo porgere a mons. Andrea Maria Erba, vescovo emerito della nostra diocesi, gli auguri per il XXV di episcopato, che cadrà il prossimo 6 gennaio. Se il vescovo è, secondo la dottrina della Tradizione sancita dal concilio Vaticano II, il successore degli Apostoli, insignito della pienezza del sacramento dell Ordine (cfr LG 21), la diocesi non è un distretto amministrativo, una circoscrizione territoriale della Chiesa, dove un vescovo svolge una funzione di rappresentanza del papa, ma una Chiesa particolare, nella quale è presente e agisce la Chiesa di Cristo. Per capire la natura della Chiesa, si può pensare all ostia, in cui è presente tutto Cristo, e non un frammento della sua presenza; analogamente, nella Chiesa particolare è presente tutta la Chiesa, a condizione della comunione, che passa ancora per la persona del vescovo e per la sua funzione di ripresentare nel collegio apostolico intorno al papa la Chiesa che gli è stata affidata. In questa prospettiva, il vescovo è colui che garantisce al suo popolo il nutrimento del Vangelo e dell Eucarestia: a lui spetta spezzare il pane della Parola e provvedere a quanti possono farlo per il Popolo di Dio; a lui spetta di celebrare e far celebrare l Eucaristia per la santificazione del Popolo di Dio. Naturalmente, questa funzione appartiene attualmente al vescovo Vincenzo; ma il fatto che per diciassette anni il vescovo Andrea Maria sia stato il sommo sacerdote, pastore e maestro di questa nostra Chiesa particolare deve farci innalzare a Dio il più generoso rendimento di grazie per il suo ministero in mezzo a noi. Grazie, Eccellenza, e auguri! mons. Roberto Mariani Auguri Vescovo Andrea per i 25 anni di consacrazione episcopale. Il signore accompagni e sostenga sempre il suo cammino e il suo essere pastore il mio ricordo sono le sue parole il giorno della mia ordinazione presbiterale: Mons. Luciano Lepore* Il 6 gennaio 1989 ricorre il 25 anniversario della consacrazione episcopale di Mons. Andrea M. Erba. Nominato dal Beato Giovanni Paolo II Vescovo della nostra Dioscesi, venne consacrato dallo stesso Sommo Pontefice proprio il giorno dell Epifania, giorno della manifestazione del Signore, segno della sua dedizione ad essere luce in Velletri-Segni. E lo è stato per i valori della povertà, della semplicità di vita, per la disponibilità piena, per l obbedienza alla Santa Sede. Molti di noi, allora giovani sacerdoti, ricordano quell evento che ha segnato i successivi 17 anni della vita della nostra Diocesi. Sono passati sette anni da quel 28 gennaio del 2006, quando Mons. Erba ha dato le dimissioni per raggiunti limiti di età. Ci fa piacere il fatto che abbia conservato un caro ricordo del tempo passato presso noi, tanto che la sua presenza si è protratta negli anni, scegliendo Segni come luogo di riposo durante il periodo estivo. Il fatto che abbia scelto di rimanere a Segni, ospite delle Suore di N.S. Di Matarà, è segno dell affetto che lo lega ancora alla realtà a cui ha dedicato parte della sua vita e del suo impegno pastorale. Grati per l opera svolta in mezzo a noi e memori dell evento che ha segnato la sua e la nostra vita, la Diocesi, unita all attuale vescovo, Mons. Vincenzo Apicella, formula i migliori auguri per il lieto evento della consacrazione episcopale e auspica ancora molti anni di vita serena, circondato dall affetto di quelle che sono state le pecore del suo ovile. *parroco di S. Barbara in Colleferro Carissimo Roberto, il sacerdozio è un dono e un prodigio che si realizza in te, ma non è per te. È per la Chiesa, per le anime, per il mondo che deve essere salvato; ha una dimensione essenzialmente apostolica, ordinata al servizio del prossimo, alla missionari età. Tu sei un inviato, un apostolo: come Mosè, il Signore ti dice: Ora và. Io ti mando io sarò con te. Porto con me le sue parole, sforzandomi di vivere sempre il mio ministero come un dono ricevuto da donare a tutti quelli che incontro; certo di non essere mai solo perché, Lui il nostro Pastore e Signore, è sempre con me. Ancora grazie e auguri per il suo anniversario.

9 9 mons. Leonardo D Ascenzo Nel 25o anniversario della sua consacrazione episcopale, mi è gradito rivolgere a S. E. Mons. Andrea Maria Erba un caro augurio. Nel lungo periodo del suo episcopato, durato più di 17 anni (dal 19 dicembre 1988 al 28 gennaio 2006), tanti sono i ricordi che potrebbero essere qui menzionati. Mi fa piacere richiamare la sua sensibilità per il Monastero Invisibile, una iniziativa del Centro Diocesano Vocazioni della nostra Diocesi per invitare alla preghiera per le vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata. Ogni mese il Centro Diocesano Vocazioni preparava un sussidio che, distribuito in tutte le parrocchie, veniva utilizzato da molte persone le quali, con la loro preghiera, formavano come un monastero invisibile e garantivano 24 ore di preghiera continua, senza interruzione! Questa bella iniziativa continua ancora oggi. Ogni mese il Vescovo aspettava lo schema di preghiera, in genere una lectio divina, su un testo della Bibbia che favoriva la riflessione vocazionale. Quando, per diversi motivi, si veniva a creare un ritardo nella distribuzione, immancabilmente Mons. Erba si preoccupava e si informava sul perché, e sollecitava l invio del sussidio. L ingresso in seminario di qualche giovane della nostra Diocesi, era collegato dal Vescovo alla preghiera del Monastero Invisibile. Gesù stesso nel Vangelo ci ha invitato a pregare il padrone della messe che mandi operai nella sua messe. Di questo, Mons. Erba, ne era profondamente convinto! Grazie, Eccellenza, per questo esempio di fedeltà alla preghiera per le vocazioni. Le chiediamo, sapendo di trovare disponibilità da parte sua, di continuare a pregare per i nostri giovani perché si lascino interpellare dal Signore che vuole il loro bene e li chiama anche al ministero sacerdotale. Anche noi, in modo particolare in questa felice ricorrenza, continuiamo ad accompagnarla con la nostra preghiera. Il Signore la benedica e le doni ogni grazia. Con affetto. AUGURI, PADRE ANDREA! Stanislao Fioramonti Nel marzo 1989, a tre mesi dall inizio del suo ministero pastorale nella diocesi di Velletri- Segni, mons. Erba mi concesse un intervista per Il Campanone, mensile di Valmontone, con la quale egli poté farsi conoscere meglio e chiarire gli obiettivi del suo nuovo incarico. Riguardo a questi ultimi, sottolineò con forza che il suo principale impegno sarebbe stato quello di togliere, simbolicamente, il trattino che separava la parola Velletri da Segni, cercando di superare le divisioni interne che ancora potevano sussistere fra due corpi messi insieme da ancora troppo pochi anni. A questa unità fraterna disse che alludeva anche il suo motto vescovile programmatico, In uno Spiritu, tratto dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi (12,13), che dice: In realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo.... Ricevendo dal papa l imposizione delle mani spiegava il vescovo Andrea ho consacrato il mio ministero all unità, a tutti i livelli, compreso quello più strettamente diocesano. E noto che la nostra diocesi è formata da due corpi fino a poco tempo fa separati; lavorerò perché, superate le resistenze che ancora possono sussistere nel clero e nel popolo, i due corpi di Velletri e di Segni diventino un unica e concorde comunità cristiana, senza nemmeno il trattino che le separa nella scrittura. E per questo ha lavorato duramente, padre Andrea, nei suoi quindici anni tra noi ( ), a tutti i livelli: religioso, pastorale, culturale. E su questo ultimo ambito che abbiamo potuto apprezzarlo in particolare, noi laici. Ma lasciamo che egli stesso ce ne spieghi il motivo: La scelta dei libri, oltre che delle anime, non è stata solo per passione personale, ma anche per il carisma specifico della Congregazione barnabitica alla quale appartengo. Fondata nel 1530 a Milano da S. Antonio M. Zaccaria, che prima di farsi prete era medico, all epoca della Riforma protestante aspirava alla riforma della Chiesa, realizzata poco dopo con il Concilio di Trento. I barnabiti sono sempre stati pochi di numero, ma spesso di notevole livello culturale, essendo impegnati nell educazione della gioventù e nell insegnamento. Perciò parlare della sua attività culturale come vescovo di Velletri-Segni significa ricordare tutto un quindicennio di vita culturale nei singoli paesi della diocesi. Raramente infatti si è svolta una celebrazione, una commemorazione, un convegno di studi, una inaugurazione o una presentazione di libri alla quale non abbia partecipato padre Andrea con la sua presenza, con la sua parola o con un suo scritto. Anche di questo gli siamo riconoscenti, anche per questo lo considereremo sempre come uno di noi. Grazie, padre Andrea, e tantissimi auguri.

10 10 Rigel Langella Il questionario inviato a Diocesi e parrocchie per la consultazione del Popolo di Dio in preparazione del Sinodo sulla famiglia del prossimo ottobre è indubbiamente un fatto nuovo. Ovviamente, come sempre accade sulle questioni di Chiesa, per alcuni è troppo e per altri sempre troppo poco Vediamo di approfondire l argomento al quale non è stato dato dai media, anche cattolici, sufficiente risalto. È di tutta evidenza che la proposta di discutere delle grandi questioni esistenziali, in particolare dei loro aspetti più difficili e controversi, apre il cuore alla speranza che finalmente si proceda nella Chiesa sulla strada che inizia dalla volontà di ascolto. L elemento d indubbia novità è rappresentato dal fatto che, per la prima volta, in modo formale e universale i temi, anche controversi della morale personale, vengono affrontati a partire dal vissuto di tutti i credenti: donne, uomini e coppie, con le loro gioie e le loro sofferenze. Tutti siamo invitati a pensare la vita, a pensare il corso della nostra storia e a salvaguardare quanto vi è di più prezioso nell etica liberante del Vangelo. Grazie pure al richiamo di papa Francesco sull esigenza di riscrivere una teologia delle donne, il dibattito su una visione ecclesiale clericale o di popolo di Dio, si è subito riacceso. Non basta dire che Gesù ci ama: abbiamo bisogno di capire come noi amiamo e cosa stiamo facendo per crescere nella costruzione di relazioni più eque e solidali. Questa, in estrema sintesi, la richiesta che emerge dall appello delle donne teologhe. Mi permetto una considerazione autobiografica: quando sono nata alle donne era precluso l accesso alla professione che oggi pratico (magistrata) e al titolo di studio di cui sono fiera (teologa dommatica). Una parentesi aperta solo per dire due cose: in primo luogo, sebbene non sia nata all epoca delle guerre puniche è stato necessario attendere la metà degli anni Sessanta per poter aprire una strada che oggi appare ovvia e scontata; in secondo luogo che il problema non riguarda solo la chiesa ma il modello socio-culturale di società patriarcale. Ero piccolissima, ma ricordo che quando appresi la notizia pensai subito con la tipica logica infantile che non ammette mezze misure: ma che erano scemi a non farlo prima? Però, anche sul fronte dell anticlericalismo, proprio in questi giorni una nuova rivista (Eterno Ulisse), ha pubblicato, sembra con un certo fastidio dei vertici, un articolo sull argomento tabù della massoneria femminile: tanto per dire che tutto il mondo è paese! Quindi, il problema è più ampio e complesso. Papa Francesco ha espresso pensieri forti, come la definizione di chiesa machista, ma secondo le teologhe femministe i suoi interventi sono rimasti a livello di proclamazioni mediatiche, senza andare a incidere significativamente nelle sedi proprie, decisionali o istituzionali. Giancarla Codrignani in Koinonia-Forum di novembre, pur esprimendo riserve sull uso del linguaggio tradizionale della morale cattolica, definisce il questionario informativo che il Papa ha proposto alle diocesi per il Sinodo straordinario sulla famiglia (5-19 ottobre ), una scelta ottima, perché interpella la base di un mondo fin qui educato all obbedienza e abituato a non avere diciamo così -: voce in capitolo. Per la biblista svizzera Helen Schüngel-Straumann, prima firmataria di un appello che ha raccolto oltre un migliaio di adesioni di qualificati studiosi, la questione femminile nell agenda vaticana è più snobbata della questione gay. Dopo che lo scorso novembre la Santa Sede ha pubblicato la lista delle fatidiche 38 domande a cui tutti i fedeli possono rispondere in vista del prossimo Sinodo dei vescovi sulla famiglia si è tornati a parlare di matrimonio, divorziati e pure di unioni civili e omosessuali ma, nonostante i passi avanti, nell agenda vaticana è ancora troppo poco lo spazio dedicato alla questione femminile. Eppure l Osservatore Romano esce con: donne chiesa mondo ove si torna a parlare anche di CeBs (n. 18, dicembre 2013). La pratica nuova della consultazione, introdotta da papa Francesco, continua a pag.11

11 11 segue da pag. 10 non dovrebbe essere sprecata lasciando spazio solo alle risposte impersonali o formali dei consigli pastorali. Solo praticando l autorevolezza che il Concilio Vaticano II ha riconosciuto ai laici e alle laiche, quali membri del popolo di Dio, dotati del triplice munus, essi dovranno fornire libere risposte, contribuendo all auspicata riforma che parta dalla realtà effettiva del vivere per ridare senso ai valori di fede, inculturati nella realtà delle società complesse del Terzo Millennio. La chiesa, si sa, è un fiume che scorre lento per questo a una coppia di divorziati risposati che, con gioia certo prematura, mi chiedeva di fare loro da testimone per il futuro rito religioso, ho consigliato di frenare gli entusiasmi. Però questo episodio è emblematico delle aspettative e dell entusiasmo che un apertura alla società civile possa generare. Il fatto stesso di parlare di tanti argomenti rimossi e di parlarne insieme, offrendo il proprio punto di vista, è un ottimo punto di partenza. Forse diocesi e parrocchie in Italia sono state prese diciamo così di contropiede, mentre in Europa del nord, anche singole parrocchie hanno messo on-line il questionario, organizzandosi per ricevere ed elaborare i dati in base alle risposte che possano pure venire da semplici credenti. Non è un lavoro semplice per strutture non informatizzate o pratiche della rete o amministrate da sacerdoti in età avanzata, tuttavia, anche fotocopiando i questionari, distribuendoli in chiesa e lasciando delle cassette ove riconsegnarli, si potrebbe rendere un servizio all esigenza di riforma che viene dal basso e che il Papa ha saputo cogliere. Ivone Gebara, dopo il viaggio in Brasile per la GMG, ha voluto sottolineare che non si può amare davvero la Vergine senza sentire le grida delle donne in carne e ossa: è più facile fare poesie alla Vergine e inginocchiarsi davanti alla sua immagine che essere attenti a ciò che accade alle donne in molti angoli del nostro mondo. Tuttavia, se gli uomini vogliono affermare l eccellenza della Vergine Maria dovranno combattere perché i diritti delle donne siano rispettati, estirpando molte forme di violenza contro di loro. Dovranno anche essere consapevoli del fatto che le istituzioni religiose e il contenuto teologico e morale che veicolano non solo possono rafforzare, ma anche generare altre forme di violenza contro le donne. L auspicata teologia delle donne dovrebbe partire proprio da un aspetto giuridico (come quello contenuto nel CJC n. 212), ossia dalla presa d atto di una vivace presenza di donne per la teologia, perché il ruolo socialmente attribuito al genere femminile andrebbe ricostruito, a vari livelli. Da giurista ricordo che, se da una parte, abbiamo avuto nel 1965 la rivoluzione di Gaudium et spes che nei nn poneva l amore a fondamento del matrimonio, dall altro, in Italia, la prima riforma civile del diritto di famiglia arriva solo nel 1975, fondata sulla mutualità, che prende consapevolezza del fatto che non esiste un genio femminile da confinare nel ruolo familiare, come pretendeva la legislazione del Ventennio. Tornando al Sinodo sarà compito di Papa Francesco utilizzare i risultati di questo referendum per coinvolgere i cristiani tutti nel compito improbo dell Ecclesia semper reformanda che porterà crescita anche alla società civile. Insomma anche al Papa potrebbe accadere quello che successe a me tanti anni fa: Se accoglierà l invito che viene dal pensiero delle donne afferma la Codrignani - e cercherà di partire da sé nel pensare l umano, si accorgerà di quanto grande sia stata la perdita della chiesa nell escludere le donne dall elaborazione dei valori della teologia, dalla rilettura delle Scritture, dall organizzazione non verticale della chiesa. A questo punto basterebbe ricordare le parole profetiche di un altro autorevole gesuita Carlo Maria Martini al Convegno sulla presenza delle donne nella Chiesa, tenuto a Milano nel lontano 1981 (ora ripubblicato con il titolo Lo straordinario dell ordinario, prefazione di Emma Cavallaro del CTI, Coordinamento Teologhe Italiane), per capire quanti carismi, risorse e intelligenze siano stati persi. Martini con la sua apertura e lucidità affermava che le donne più mature non esprimono vane rivendicazioni di false parità: chiedono di costruire in pienezza e con coraggio, mettendo in discussione se stesse, la società e la Chiesa. Non c erano risposte preconfezionate, in quell intervento di oltre trent anni fa che auspicava una chiesa in ascolto delle donne, ma come ora solo interrogativi, perché è meglio aprire un dibattito che rimuovere un argomento scomodo: «Perché, si chiede ad esempio la donna, identificare l immagine di Dio con quella trasmessaci da una cultura maschilista? Quale l annuncio kerigmatico per lei, non rinchiuso in una visione moralistica? Quali indicazioni per un cammino spirituale e di santità che la stimolino adeguatamente? Quali indicazioni per una rinnovata prassi pastorale, per un cammino vocazionale per il matrimonio, per la consacrazione religiosa, la famiglia, in considerazione della nuova coscienza di sé che la donna ha acquisito? Quali indicazioni per un linguaggio globale, anche liturgico, che non faccia sentire esclusa, nella sua elaborazione, la donna? Perché così poche e inadeguate risposte alla valorizzazione del proprio corpo, dell amore fisico, dei problemi della maternità responsabile? Perché la pur grande presenza delle donne nella Chiesa non ha inciso nelle sue strutture? E nella prassi pastorale perché attribuire alla donna solo quei compiti che lo schema ideologico e culturale della società le attribuiva, e perché non esplicitare i suoi carismi opera dello Spirito Santo? I ruoli ecclesiali affidati alle donne sono allora secondo i carismi di una Chiesa condotta dallo Spirito oppure ancora frutto di una mentalità maschile?. Le donne si chiedono tutto questo, allora e ancora oggi, anche se non sempre lo esprimono. Nell immagine del titolo: Gesù in casa di Marta e Maria, 1654, Johannes Vermeer, Edimburgo.

12 12 Sara Gilotta Fu chiaro molto presto che il Cristianesimo avesse incontrato il mondo della cultura e della filosofia greca, da cui si nutrì e che nel contempo avversò, convinto della profonda diversità tra la nuova religione e l insieme del pensiero antico greco. Tuttavia è interessante cercare di comprendere gli aspetti fondanti su cui Cristianesimo e cultura greca si mossero, innanzitutto perché tutto il mondo greco si era confrontato con il problema della colpa e del male ed ancor più con il problema della morte. I Greci di fronte al mito che faceva ricadere le colpe dei padri sui figli e sui popoli quelle dei re, ha cercato innanzitutto attraverso il pensiero di Socrate di considerare il male come mancanza di essere e mancanza di conoscenza dell essere. Così la morte per i Pitagorici, come per Socrate e Platone, era considerata l inizio di una nuova vita certamente più felice di quella terrena. Ma ciò che unisce il mondo antico con quello cristiano si deve considerare certamente la ricerca della certezza della verità. E se S. Paolo aveva considerato la sapienza dei greci come follia dinanzi a Dio, ben presto si comprese che le due culture erano basate sulle stesse domande sull Essere e sulla verità. Ad esse il Cristianesimo che nei suoi primi decenni di vita stava organizzando quel corpo di dottrine su cui sarebbe nata la Chiesa, insieme con le norme che dovevano regolare la vita dei Cristiani, con Paolo trovò la risposta alla domanda che cosa è la Verità? e la risposta non fu di tipo razionale, ma basata sulla divinità di un uomo e sul carattere salvifico della sua morte cruenta e della Sua resurrezione. E evidente che tutto questo non poteva non apparire ai Greci che una soluzione mitica sul problema dell Essere, che, per acquisire vera dignità filosofica, aveva bisogno dell opera dei padri apologisti. Ad alcuni degli apologisti latini ho fatto cenno negli scritti scorsi, ma è interessante far riferimento anche ad alcuni pensatori greci, che, appunto, si possono considerare apologisti e tra i quali si devono ricordare almeno tre nomi illustri: Giustino, Clemente Alessanndrino Origene. Con Giustino si realizzò il primo vero incontro tra la filosofia greca e il cristianesimo, perché egli, rivalutando la più alta filosofia greca, la considerò anche come la più alta espressione del Logos eterno, che si sarebbe compiuta nella verità suprema realizzatasi in Cristo. Per affermare in tal modo che non esisteva nessun vero contrasto tra la filosofia greca e il cristianesimo, che, anzi, secondo lui, portò a compimento il rapporto tra ciò che era imperfetto con ciò che con il cristianesimo divenne perfetto. Così nemmeno Clemente Alessandrino pensò mai di rinnegare l importanza della filosofia greca, cui, però non poteva che spettare il compito di ancella, che aveva aiutato la piena rivelazione portata da Cristo, considerato anche da lui come il vero compimento del Logos divino. Ma, secondo me, Clemente scrisse parole importanti sul nesso e nel contempo sul superamento della filosofia greca e rivolgendosi a Tiresia, forse il più famoso profeta del mondo greco, gli dice: Cristo, per il quale gli occhi dei ciechi tornano a vedere, splende su di te più luminosamente del sole. La notte fuggirà da te, il fuoco avrà paura di te, la morte andrà via da te. Vedrai i cieli, o vecchio, tu che non riesci a vedere Tebe. Se vuoi, fatti anche tu iniziato e danzerai insieme con gli angeli intorno all ingenerato e imperituro e solo veramente Dio, cantando l inno insieme con noi e il Verbo di Dio. Ed infine Origene che svolse un ruolo molto importante nel cristianesimo antico sia nell ambiti del didascaleion, la scuola di Alessandria, su cui si abbattè il furore di Caracalla, che cominciò con l eliminare i sussidi economici e che poi scatenò un vero e proprio massacro di giovani considerati seguaci dei mordaci ed irriverenti alessandrini come scrisse Dione Cassio. In quelle circostanze Origene riuscì a fuggire e si rifugiò a Cesarea di Palestina, dove, pur tra notevoli difficoltà, organizzò un vero e proprio scriptorium dove vennero copiate importanti opere greche e cristiane, che in tal modo conobbero un rinnovato interesse. Tuttavia l impresa cui è ancora legato il nome di Origene, fu l edizione critica e sinottica della Bibbia, corredata da un notevole lavoro di esegesi, che fu il motivo principale delle accuse di eresia che gli furono rivolte basate sull accusa che la sua intera teologia fosse troppo impregnata di filosofia greca soprattutto di stampo neoplatonico. In verità Origene fondò il suo metodo sulla interpretazione allegorica dei testi sacri, sulla scia del pensiero greco e questo fu senz altro il motivo che determinò il sospetto, anzi l allarme sulla sua opera, che fu accusata di tentare di sgretolare alla base la costruzione teologica del cristianesimo. Egli fu accusato di aver teorizzato che persino il diavolo sarebbe stato alla fine redento e salvato. Origene negò di aver mai scritto ciò, ma l ombra rimase su di lui e la tematica origeniana resta ancora viva nella chiesa del nostro tempo, poiché le potenzialità ermeneutiche poste da Origene furono e rimangono notevoli e certamente hanno a avuto grande forza di attrazione sugli sviluppi anche del pensiero moderno e della scienza. Perché senza alcun dubbio poter pensare ad una redenzione persino del maligno, non ha ancora perso la sua forza, mentre l opera, per dir così ortodossa di Origene è rimasta in ombra. Nell immagine del titolo: Apparizione di Cristo a San Clemente I p. m. accompagnato da San Paolo, part., Mosaico di G. Hajnal, 1954, abside cattedrale San Clemente Velletri.

13 13 don Andrea Pacchiarotti Nei contributi precedenti, abbiamo messo in luce come la Costituzione si è preoccupata di un avvicinamento del popolo alla liturgia. La Costituzione SC dedica ben 7 numeri (dal 14 al 20) alla educazione liturgica e alla partecipazione attiva e, come visto, stabilisce con decisione il principio della partecipazione attiva, spina dorsale dell intera Costituzione. Poi, il documento affronta le norme per attuare la Riforma della sacra liturgia, sezione in cui ci introduciamo con il presente contributo. Al numero 21 leggiamo: «Perché il popolo cristiano ottenga più sicuramente le grazie abbondanti che la sacra liturgia racchiude, la santa madre Chiesa desidera fare un accurata riforma generale della liturgia. Questa infatti consta di una parte immutabile, perché di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o addirittura devono variare, qualora si siano introdotti in esse elementi meno rispondenti alla intima natura della liturgia stessa, oppure queste parti siano diventate non più idonee. In tale riforma l ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria. A tale scopo il sacro Concilio ha stabilito le seguenti norme di carattere generale». Grazie a questa visione teologica della liturgia il Concilio ha preso la solenne decisione di avviare la riforma dei riti e delle preghiere che compongono le diverse celebrazioni liturgiche, distinguendo tra la parte immutabile e le parti suscettibili di cambiamenti. È quanto ha ben sintetizzato il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1205: «Nella liturgia, e segnatamente in quella dei sacramenti, c è una parte immutabile, perché di istituzione divina, di cui la Chiesa è custode, e ci sono parti suscettibili di cambiamenti, che essa ha il potere, e talvolta anche il dovere, di adattare alle culture dei popoli recentemente evangelizzati». Alla luce di questa natura teologica della liturgia, e della conseguente necessità di incrementare una piena partecipazione liturgica dei fedeli, i nn introducono le norme (generali e particolari) per un accurata riforma generale della liturgia, riforma che «compete unicamente all autorità della Chiesa» (sede apostolica e vescovo; cf SC n. 22). Si affrontano i temi della metodologia da seguire nel lavoro di riforma (nn ). Vengono poi indicate le norme derivanti dalla natura gerarchica e comunitaria della liturgia (nn ); dalla natura didattica e pastorale della liturgia (nn ); dalla natura culturale (relazione all indole e alle tradizioni dei popoli) della liturgia (nn ). Due sono i criteri metodologici messi particolarmente in evidenza. In primo luogo è necessario «che le nuove forme scaturiscano in maniera in qualche modo organica da quelle già esistenti» (SC n. 24). La riforma liturgica non parte da zero e non cancella il passato, piuttosto lo valorizza a tal punto da far cogliere che nulla di ciò che è autentica tradizione della fede celebrata viene abbandonato e il nuovo risulta essere lo sviluppo e il perfezionamento organico dell antico. In secondo luogo è necessario che «venga promossa quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura, che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali» (SC n. 25). La riforma liturgica riporta in primo piano la relazione che da sempre intercorre tra la Bibbia e la liturgia e lo rilancia in forme più incisive per promuovere nei fedeli una più diretta e profonda conoscenza delle Sacre Scritture. Poi SC presenta afferma che mai le azioni liturgiche sono azioni private, ma sempre appartengono all intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano, le celebrazioni comunitarie con la presenza e la partecipazione dei fedeli sono sempre da preferirsi alle celebrazioni individuali (cf SC n. 27). Ne consegue che i nuovi libri liturgici dovranno curare che le rubriche prevedano in modo chiaro ed esplicito le parti dei fedeli (cf SC n. 31); ne consegue ancora che, tranne gli onori dovuti alle autorità civili, le assemblee liturgiche dovranno evitare qualsiasi preferenza di persone private o di classi sociali (cf SC n. 32). La portata pratica di queste indicazioni sono importantissime: i fedeli laici tornavano a essere parte viva e attiva dell azione liturgica e veniva ridisegnato in senso comunionale e fraterno il volto delle assemblee liturgiche. Una seconda serie di criteri di riforma sono fatti derivare dalla natura didattica e pastorale della liturgia, cioè dal fatto che «benché sia principalmente il culto della maestà divina, la sacra liturgia contiene anche una ricca istruzione per il popolo fedele» (SC n. 33). Ne consegue un criterio di revisione dei riti liturgici dove spiccano i concetti di nobile semplicità, brevità in vista della chiarezza e inutili ripetizioni. Ne consegue anche una prima apertura alla lingua volgare (SC n. 36) anche se la mens conciliare non era quella di un uso indiscriminato del volgare, ma di una salvaguardia del latino e di una prudente apertura a qualche parte in lingua volgare. Sarà solo un interpretazione larga di questa seconda parte a segnare, di fatto, nella prima attuazione della riforma una svolta complessivamente per il volgare. Resterà però importante il fatto che l edizione ufficiale di tutti i libri liturgici romani (tecnicamente editio typica) continuerà a essere in latino e che le edizioni nelle varie lingue dei popoli devono esemplarsi su quella ufficiale latina.

14 14 Claudio Capretti Il giorno sta volgendo al termine e seduto sulla panca, con gli occhi socchiusi do ristoro al mio corpo dopo le fatiche del giorno. Cerco di accogliere in me quella luce che Tu, o sommo Creatore dell universo, hai donato agli uomini. Fra poco essa si spegnerà, ma ritornerà domani con il nuovo giorno. Il mio pensiero non può che volgersi a Te, Onnipotente Signore, mi alzo allora in piedi, allargo le mani e nel silenzio del mio cuore intono un versetto della preghiera delle Benedizioni, l Amidah, che dice : Padre nostro, Padre di Tenerezza, oh pieno di tenerezza, generaci, te ne preghiamo alla tua Tenerezza, e dà al nostro cuore l intelligenza per essere intelligenti, per ascoltare, per imparare, per insegnare, per custodire, e per fare e compiere nell Amore tutte le Parole della Torah. Quanta benevolenza hai usato con il tuo servo o Signore, quale grande dono hai concesso alla mia vita: quello di essere padre del tuo amatissimo Figlio e sposo verginale di Maria, Arca della Nuova Alleanza. Mi hai posto come custode di questa santa famiglia, hai fatto di me l uomo del silenzio che sogna gli angeli, che docilmente accoglie la tua Parola e si abbandona alla tua volontà. Hai fatto di me un giusto secondo il tuo cuore. La mia vita è stata un continuo ascoltare la tua Parola, alzarmi e camminare dove Tu, o Signore del tempo e della storia, mi hai indicato attraverso i tuoi santi messaggeri. Dolori e gioie hanno attraversato la mia vita. Primo fra tutti fu l annuncio della divina maternità di Maria. Eravamo promessi sposi, quando improvvisamente si mise in viaggio verso sua cugina Elisabetta, la quale seppur in tarda età era incinta di un figlio. Del modo in cui Maria lo aveva saputo era per me ignoto, ma non importava, ero certo che era bene così. Tre mesi dopo, la vidi ritornare ed era evidente a tutti che era in attesa di un figlio. Cosa le era successo? Qualcuno le aveva fatto del male? Non sapevo cosa pensare, il cuore era come un mare in tempesta, e il silenzio di Maria non mi aiutò a venirne fuori. Conquistato dal dubbio e preso dal vortice di opposte idee, decisi di ripudiarla nel segreto. Solo dopo capì il senso di quel silenzio, era giusto che lei tacesse, poiché era una cosa che riguardava me e l Onnipotente. Fu il primo sogno a rivelarmelo. Un angelo da Te inviato mi disse nel sonno: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati. Accolsi in me questo annuncio, compresi che qualcosa di grande stava per accadere all umanità tramite Maria, e me. Entrambi chiamati a pronunciare il nostro si a Te, o Signore. Ho immaginato molte volte come sarà stato il tuo si o Maria. Quali sentimenti in quel momento avranno attraversato la tua giovane vita?. Forse, il cielo stesso era in apprensione, forse temeva che la tua umiltà ti avrebbe impedito di dire si al progetto di Dio. Ma ciò non accadde, e hai creduto alla Parola del Signore. Niente più mi importava, neanche ciò che avrebbero pensato quelli del mio villaggio. Misi da parte tutti i miei sogni per fare spazio al Sogno di un Dio che sceglie di farsi Uomo per incontrare l uomo. Presi Maria come mia sposa senza conoscerla, in attesa che Tu, Gesù, Figlio dell Altissimo nascessi. Poi, un decreto di Cesare Augusto ci impose di metterci in viaggio verso Beth Lehem, luogo che significa città del pane, per il censimento. Fu in questa cittadina da dove discendo, che in una grotta Maria diede alla luce Gesù. Quando nascesti, ho avuto la sensazione che quel luogo freddo, fosse stato il punto prescelto da Dio dove il Cielo si china sulla terra per baciarla. Ti amai moltissimo mio piccolo Yeoschua, fin da quando ti presi sulle mie braccia. Ti cullavo, ti sorridevo, ti parlavo e sembrava che Tu capissi già tutto. Maria sorrideva nel sentirmi cantare vecchie melodie per farti addormentare. E la gioia avvolse la mia vita. Grande fu lo stupore dei fatti che accaddero in quei giorni. Ogni singolo avvenimento è conservato ancora nel mio cuore, e in quello di Maria. Gli angeli, i pastori, i magi guidati da una stella, tutti a contemplare il bambino appena nato. Poi un nuovo sogno in cui l angelo del Signore mi disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo.grande fu il timore che qualcuno potesse fare del male a Gesù e sua madre. Per questo, ci mettemmo subito in viaggio verso il luogo dove per molti anni il popolo d Israele fu tenuto come schiavo, in Egitto. La notizia di una strage di bimbi innocenti gelò il nostro cuore, avevamo l impressione che la malvagità dell indumeo Erode ci stesse inseguendo, come il faraone inseguiva il nostro popolo quando uscì dal paese d Egitto. Solo ora mi viene in mente che gli indumei, impedirono il passaggio dei nostri padri verso la terra promessa. Oggi ho l impressione che tutto ciò si stia ripetendo, poiché quest uomo fatto re non da Dio, ma da Roma, vuole ripetere la stessa cosa, mettersi di traverso tra Dio e il popolo che vuole salvare. L attraversare il deserto, le difficoltà di un viaggio così lungo, non ci scoraggiarono, né ci chiedemmo il perché il Signore avesse scelto proprio quel luogo per nasconderci. Sì, c era un senso che sfuggiva ai nostri occhi, ma la certezza che il Signore ci guidava non venne mai meno. D altronde come potevo scoprire i segreti che erano racchiusi nel cuore del Signore? Passò del tempo, poi attraverso un nuovo sogno l angelo del Signore mi disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va nella terra d Israele ; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino. Ci stabilimmo nella Galilea, a Nazareth per iniziare la nostra vita, ma altri dolori e gioie mi attendevano. Nel tempo stabilito ti portammo al tempio per presentarti al Signore, come è previsto dalla Legge. Fu li che incontrammo il buon Simeone il quale prendendoti sulle sue braccia ci annunciò quale era la tua missione,

15 15 ma profetizzò che una spada avrebbe trafitto il cuore di Maria. Non compresi nella pienezza quella profezia, la serbai nel mio cuore, ma forte fu il dolore per l inevitabile sofferenza che avrebbe attraversato la vita di Maria. Passarono gli anni, e al compimento del tuo dodicesimo anno andammo a Gerusalemme per festeggiare la Pasqua. Eri nell età in cui avresti proclamato per la prima volta la Torah, tempo in cui saresti divenuto figlio del Comandamento. Perderti e cercarti per tre giorni, fu una grande angoscia. Poi ti ritrovammo nel Tempio, ed eri in mezzo ai dottori della Legge a colloquiare con loro. Eri seduto al centro, li ascoltavi e li interrogavi come un rabbi, ed ognuno di loro era colmo di stupore. Non capimmo il perché di quell intenzionale distacco senza avvisarci, ti limitasti a dire: Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?. Non comprendemmo quelle tue Parole, ma, ne eravamo certi, sarebbe giunto il tempo in cui tutto sarebbe stato più chiaro. Quella volta compresi solo che ti eri perso perché hai voluto perderti, perché il bene del tuo Padre Celeste era più importante del mio bene e di quello di tua Madre. Forse eravamo noi ad esserci persi non Tu. Eri già molto avanti e a fatica riuscivamo a starti dietro. L angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva, certa è questa Parola o Signore, mi hai salvato dal dubbio, affinché attraverso di me salvassi Gesù e sua madre dall ira di Erode. Onnipotente Signore avresti potuto affidare Tuo figlio a chiunque altro, hai scelto me, un falegname, un artigiano del legno, e hai voluto questo mestiere anche per il tuo amatissimo Figlio. Vedi come impara presto? Mi piace osservarlo di nascosto mentre lavora, e ne sono orgoglioso come un padre lo è con il proprio figlio. Una volta, lo vidi accarezzare il legno che stava per lavorare, ed ebbi l impressione che un turbamento stesse attraversando il suo animo, come se qualcosa di tremendo e salvifico al tempo stesso lo avrebbe atteso attraverso quel legno. Non mi accorsi che dietro di me c era sua madre, la quale posò la sua mano sulla mia spalla, come a volersi sorreggere da un enorme peso che si era posato sul suo cuore.in quel momento condividemmo con Gesù quel profondo turbamento. Anche quella volta nel silenzio e senza capirne il perché. I pensieri si fermano, con gli occhi chiusi e le mani ancora alzate, lascio che la mia anima torni a lodarti, dicendoti: Di un amore eterno ci hai amati, Signore nostro Dio. Di una compassione grande e generosa hai avuto compassione di noi, Padre nostro, nostro Re! A causa del tuo grande Nome, e a causa dei nostri padri che si sono appoggiati su di Te, che hanno avuto fiducia in te, Tu insegnasti loro le regole della vita per compiere e fare la tua Volontà con cuore indiviso e pacificato, così rendici grazia. La preghiera è giunta al termine. Apro gli occhi, e solo ora mi accorgo che eri dinnanzi a me, mio giovane Yeoschua. Dolce e colmo di amore è il tuo sguardo, è come se fossi a conoscenza dei miei pensieri, come se fossi compiaciuto della mia preghiera, del mio abbandonarmi nelle mani del Tuo e mio Padre celeste. E il cuore si riempie di indescrivibile gioia nel contemplare il tuo volto, il volto della Parola fatta carne per congiungere le vette dell infinita Misericordia, con gli abissi della sconfinata miseria umana.dove ti condurrà la tua missione figlio mio? Questo nostro popolo ti riconoscerà? Io sarò lì con Te? Ma è presto per parlarne, sei ancora un ragazzo. Allontano da me questi pensieri e ricambio il tuo sorriso. Poso la mia mano sul tuo capo scompigliando un poco i tuoi capelli, vi tolgo qualche ricciolo di legno che ne è rimasto impigliato. Sorridi, ed è bello perdersi nel tuo sguardo. Lungo la strada, appoggio il mio braccio sulle tue spalle sento il tuo cingermi i fianchi, scherziamo un poco, come ogni padre fa con il proprio figlio. Sull uscio di casa intravediamo Maria, il suo volto si illumina, ci saluta con la mano vedendoci arrivare. Mi guardi come a volermi chiedere il permesso di correrle incontro. I miei occhi ti rispondono di si. Corri avanti a me, ed è bello vedere la Santità che va incontro alla Purezza e la abbraccia con infinita tenerezza. Vi raggiungo e prendo parte anch io di questa gioia. Sento cielo gioire nel vederci insieme, sembra quasi che si chini su di noi. Ed è bello, meraviglioso e misterioso, quello che Tu, Onnipotente Signore, hai preparato per il tuo giusto servo. Nell immagine: Il sogno di san Giuseppe, pittore cremonese del sec. XVII.

16 16 Sara Bianchini* Chi non vuole lavorare? Questa la domanda provocatoria, in un certo senso, che dava il titolo al convegno sulle problematiche del lavoro, organizzato dalla Caritas diocesana e dai volontari delle Caritas delle nostre parrocchie. Il convegno era stato voluto come momento finale di un percorso formativo, proprio per volontari ed operatori Caritas, svoltosi da dicembre 2012 al giugno 2013, un percorso concentratosi su questa domanda: quale è il compito della Caritas di fronte alle problematiche del mondo del lavoro? Nel cercare la risposta, il primo punto fermo è stata la consapevolezza che il ruolo del volontariato Caritas non è ovviamente quello (del resto pressoché impossibile) di produrre lavoro, ma di contribuire a sviluppare una mentalità collaborativa in merito, favorendo l incontro e il confronto fra tutte le forze istituzionali e non, che hanno invece come mandato quello di facilitare la creazione di nuovi posti di lavoro e il mantenimento (e il miglioramento) di quelli esistenti. È una visione abbastanza tradizionale di un lavoro di rete (tema su cui, con l ausilio di alcuni esperti delle Acli, fra cui David Recchia, i volontari hanno riflettuto nel passato anno formativo). La conseguenza ovvia quasi è stata di organizzare appunto un momento specifico per un confronto del genere. Nel titolo Chi non vuol lavorare?, erano in realtà impliciti tre sensi: A) Se l impegno per la creazione di lavoro è da svolgersi in rete, la mancanza di un risultati a chi è da imputare in questa rete? B) La perdita di un lavoro comporta una corrispondente perdita in termini psicologici di accettazione di sé e di orgoglio per la propria possibilità di contribuire alla vita della famiglia e/o della società; in questi casi, aiutare qualcuno a trovare un nuovo lavoro, significa avere una forte consapevolezza che la motivazione di chi deve rimettersi in gioco, va sostenuta, che è cioè necessario un accompagnamento non solo nella ricerca ma anche nei primi periodi di nuovo impiego (capendo bene che chi fa fatica a reinserirsi, la fa, non perché non vuole lavorare). C) Il lavoro è un tema così centrale, che nessuno può veramente pensare di passarci sopra ritenendo che, se esso non si trova, non è poi cosa così drammatica o che occuparsene non è cosa da comunità ecclesiale. Nella presentazione del significato dell iniziativa, svoltasi a Valmontone il 5 dicembre nella Sala dell Aria di Palazzo Doria, don Cesare Chialastri ha ricordato il percorso che fino a lì aveva condotto e lo specifico dovere della Caritas di comprendere con chiarezza a chi si deve chiedere cosa, presentando così i relatori intervenuti, Alberto Latini, sindaco di Valmontone, e Pina Turco, psicologa e presidente della cooperativa sociale Il Melograno. Chi scrive, ha invece moderato il dibattito sui punti emersi. Il sindaco, portatore dell esperienza dell amministrazione comunale, ha rimarcato che: a) la scarsità delle risorse comunali costringe l ente ad una gerarchia nella scelta delle povertà da aiutare (la casa o il lavoro?); b) la complessità della risposta al problema viene lasciata nelle mani del singolo comune, laddove il problema stesso emerge invece da una complessità di fattori e dalla convergenza di altre problematiche allargate su vari territori; c) lo strumento legislativo a disposizione dei comuni è insufficiente e spesso contraddittorio; d) il comune deve sentirsi chiamato ad una verifica stretta dei progetti di assistenza che mette in campo, affinché ci sia un impiego serio ed efficace delle risorse disponibili; e) ma soprattutto la centralità dell ascolto della persona in difficoltà che chiede aiuto. L esperienza della cooperativa sociale ha convenuto su tale centralità che è poi, detto altrimenti, una centralità della persona; ed ha poi proseguito insistendo sulla storia che illustra la nascita delle cooperative e il loro perché, da cui consegue: 1) la necessità di cambiare il nostro concetto di lavoro, cambiamento il cui effetto negativo potrebbe essere quello della precarietà, mentre quello positivo risiede nella possibilità di strutturare collaborazioni a dei livelli che prima erano impensabili (p.e. i tirocini con le Università); 2) la necessità di sapere leggere il territorio nei suoi bisogni e nelle sue potenzialità; 3) la necessità dello sviluppo di competenze adeguate alle esigenze (e dunque la disponibilità ad una formazione continua) e alle risorse (per esempio la formazione di progettisti esperti che sappiano accedere ai progetti della Unione europea); 4) il valore di figure di orientamento ed accompagnamento, per i giovani e/o per le aziende, nella scelte formative e di programmazione; 5) lo sviluppo della consapevolezza che tra le competenze vincenti sempre troviamo ai primi posti le competenze relazionali, la carica umana, la capacità di creare e sostenere i rapporti interpersonali, per sviluppare le quali serve l esperienza sul campo (e la disponibilità ad acquisirla). Al termine di un dibattito significativo, da cui sono emersi gli spunti della centralità della sensibilizzazione in merito p.e. nelle scuole e della necessicontinua a pag.17 Candele per auto, opera pittorica di Bart Mccoy.

17 17 P. Vincenzo Molinaro omd* Le feste di Natale hanno distratto la nostra attenzione dagli obbiettivi che ci eravamo proposti. Comunque abbiamo la fortuna che la stessa liturgia, prima nel mistero della natività e poi nella festa della santa famiglia di Nazaret, ci hanno posto davanti agli occhi del cuore il centro dell evento che attira la nostra attenzione: se l inizio tumultuoso della storia dell umanità spense la luce di Dio sulla prima coppia, la promessa di un nuovo intervento del Signore ha mantenuto desta la speranza fino al momento in cui la volontà di salvezza si è manifestata nella nascita della stirpe della donna che doveva schiacciare la testa del serpente. La nascita di un figlio le cui origini sono nascoste nelle profondità dei tempi, ribalta le posizioni e pone la nuova famiglia in un proscenio imprevedibile. Questo bambino non nasce da uomo, anche se avrà un custode che sarà per lui padre, educatore, esempio. Il padre e la madre sono garanzia e sicurezza per lui. Eppure questo bambino porta con sé la forza della vita nuova. Ogni nuova vita partecipa di tale mistero, nasce da un gesto che supera i genitori e si pone come evento incontenibile come big bang che dalla oscurità rompe gli argini e sboccia alla vita, affermandosi come gesto primitivo, superiore a ogni calcolo e alla stessa ragione. Una volta scoccata la scintilla, la vita diventa signora, padrona di sé, non può più essere considerata come ipotesi, come eventuale, caso, ma si pone come dato assoluto. Ognuno di noi esiste perché quella scintilla è stata accolta e accompagnata alla sua pienezza. La notizia ascoltata questa mattina della donna in coma da quattro mesi, che ha partorito e rimane tuttavia in coma, è un segno inequivocabile dell autonomia della vita. Questa lunga premessa senza porta con chiarezza a una conclusione. In effetti, tutti dobbiamo fare dei passi indietro e scoprire quella originalità della vita che risiede nel progetto di Dio creatore e che costituisce valore supremo ancor prima della incarnazione di Gesù. Quando nel Questionario preparatorio al Sinodo sulla famiglia vengono poste domande che riguardano il concetto di legge naturale, penso che molti dei lettori volenterosi avranno esclamato: Ma cosa c entra la legge naturale, se noi abbiamo Gesù che ha portato il Vangelo, se ha detto chiaramente che il divorzio non era previsto all inizio, se tante volte abbiamo sentito che la natura è malata, è stata contagiata dal peccato e ne porta le conseguenze? E questo il livello da superare, questa zona d ombra dove non si capisce bene se la natura è tuttora un valore, o se dobbiamo puntare al sacramento, mettendo via ogni passaggio intermedio. Se togliamo il senso, il valore alla famiglia, naturale incontro di comunione della coppia, considerata come evento principale nella storia dell uomo, si arriva a negare qualsiasi valore a tutte le famiglie non unite con il vincolo del sacramento. E questa affermazione sarebbe di una gravità inaccettabile. Tutti i matrimoni hanno il valore base, quella del patto sancito tra esseri umani, attraverso il quale l uomo si unisce alla donna per costituire con lei una realtà nuova. Questa realtà non è forte perché l atto viene registrato in chiesa o in municipio. E forte di suo. E forte per natura. Quel gesto infatti ha i connotati più decisi e irrinunciabili della umanità. La forza dell amore e la potenza della vita che ne sprigiona. Il primo indica la motivazione più umana che si possa immaginare: il dono di sé. L amore consiste nel dare tutto se stessi, guardando solamente all altro, dimenticando se stessi, perdendosi nell altro. In questo gesto c è nascosta la potenza della vita. Quando il dono è così grande, esce da noi e si propone come vita nuova, frutto di quell amore. Questa vita, ormai, andrà avanti e si affermerà un altra volta per se stessa. E vero che si danno casi (rarissimi) in cui la coppia non è quella della nostra cultura, ossia fedele, monogamica e dedita alla crescita dei figli. Ma si tratta di casi tanto rari che non scalfiscono la tradizione millenaria che costituisce la base della società civile, anche se devono essere tenuti in conto. Sulla base della umanità che noi sperimentiamo, quella di un uomo e una donna che si incontrano e realizzano nella loro comunione il progetto iscritto nella natura, si può affermare un diritto all aborto o al divorzio? Si può sostenere il diritto alla selezione controllata? Ci vuole una risposta lunga a articolata. Ma la conclusione non può essere che un no, deciso e senza patteggiamenti. Chi potrebbe autorizzare l aborto? Chi ha diritto sulla mia vita? Dal momento del concepimento, la scintilla della vita è inarrestabile. Non solo non deve essere spenta, ma non deve subire condizionamenti: e purtroppo è quello che succede. Varie sono le forme di violenza, da quella fisica a quella morale, quando si oppongono i diritti dei figli e quelli dei genitori, quando i figli vengono contesi e quindi privati di uno dei genitori. Tutte forme di violenza tristemente alleate con il divorzio e l aborto. La famiglia invece proprio perché è la culla della vita ha diritto a una protezione che la legge deve garantire, proponendo i mezzi adeguati per facilitare il raggiungimento dell obbiettivo primario. Una crescita e una presa di coscienza di sé, della propria libertà, del proprio futuro che sia per l essere umano l orizzonte della sua felicità. P.S. Il Vescovo ha indicato nella domenica 6 aprile, il giorno che dedicherà ai fidanzati della diocesi. Successivamente verranno indicate il luogo e le modalità. *Delegato diocesano per la Pastorale familiare segue da pag. 16 tà di una valorizzazione e di un potenziamento delle associazioni che creano collegamento a livello locale fra domanda e offerta o fra aziende (che dall unione acquisiscono potere di contrattazione), l incontro si è concluso con la seguente proposta concreta, cioè un impegno per il Comune, per Il Melograno e per la Caritas: favorire un tavolo di confronto fra le professionalità esistenti (a livello istituzionale, del privato sociale, delle aziende) e gli esperti in progettazione a livello europeo (e locale). A tutti però è restata chiara anche un altra dimensione, che è significativa quando rimette in discussione il concetto di quantità a favore di quello della qualità : il cambiamento di mentalità necessario per le sfide del lavoro riguarda tutti ed ognuno di noi può esserne promotore, non solo su se stesso, ma anche ad personam, avvicinando un altro, magari un giovane e spronandolo ad una consapevolezza critica in merito. Davide alla fin fine, ha vinto Golia con poco. *Caritas Diocesana Rosario Sanguedolce Sabato 30 Novembre u.s. l Associazione teatrale amatoriale DILETTANTI ALL O- PERA, rappresentata dal presidente sig. Maurizio D Alatri, dal segretario sig. Rosario Sanguedolce e dalla giovane talento teatrale sig.na Valentina Vitelli - hanno consegnato alla Caritas parrocchiale di San Clemente, alle Operatrici le sig.re Marinella Lori e Sandra Giliberti, una fornitura di generi alimentari a lunga conservazione (olio, pomodori e legumi) che andranno ad incrementare le disponibilità della stessa Caritas per l assistenza alle famiglie più bisognose della Parrocchia. La donazione è stata resa possibile grazie a parte degli introiti del fortunato spettacolo teatrale Tailleur pour dames di Georges Feydeau, portata in scena il 9 e 10 Novembre u.s. sul palco del Teatro Aurora di Velletri. Le predette Rappresentanti della Caritas hanno sottolineato, con soddisfazione, la particolare utilità dell iniziativa che in questo momento storico vede aumentare le richieste di aiuto a fronte di una diminuzione delle risorse e delle donazioni. Comunque l Associazione, nata all interno del Gruppo famiglie dell Azione Cattolica di San Clemente, ha destinato, già in precedenti occasioni, i proventi della propria attività teatrale amatoriale alle necessità della Parrocchia e delle persone più diseredate. Ciò in conformità con i principi cristiani di condivisione e comunione propri della stessa Associazione DILETTANTI ALL OPE- RA che gli stessi componenti cercano di vivere.

18 18 don Antonio Galati Continuando il percorso di analisi storico-teologica dell esercizio della carità nella Chiesa e da parte della Chiesa si incontra, nei primi secoli del cristianesimo, il fenomeno del diaconato, che dipende, necessariamente, anche dallo sviluppo e dalla presa di coscienza dell esistenza del ministero ordinato come elemento costitutivo dell assemblea dei battezzati. L organizzazione ecclesiastica nel periodo apostolico e sub-apostolico La direzione della Chiesa, fin dalla sua origine, è affidata da Cristo ai Dodici con il mandato missionario di istruire e battezzare. Dopo l Ascensione e la Pentecoste, la vita delle comunità cristiane, che pian piano si formano e si ampliano, richiede una struttura di governo tale da poter mantenere le Chiese in comunione tra loro e nel solco della volontà fondatrice di Cristo, che si esplicita nell operato e nelle scelte prese dagli stessi Apostoli. In questo modo troviamo negli Atti degli Apostoli e in alcune lettere di Paolo la presenza di persone che, collaborando con i Dodici, svolgono delle funzioni di insegnamento e discernimento, ma anche di governo e assistenza. Tra questi si possono enumerare coloro che avevano ricevuto dallo Spirito particolari doni carismatici, oppure i profeti e i dottori 1. Inoltre, accanto a questi ministeri, il Nuovo Testamento mostra di conoscerne altri: episcopi; presbiteri; diaconi. Questi compaiono accanto agli altri uffici ricordati, ma, per il loro ruolo e per le attenzioni che Paolo e gli altri Apostoli gli riservano con il loro insegnamento 2, sembrano occupare un ruolo primario rispetto agli altri uffici che, tra l altro, vanno in qualche modo scomparendo, almeno per quanto riguarda la loro funzione ufficialmente riconosciuta, durante lo sviluppo della vita della Chiesa. Il fatto, però, che il Nuovo Testamento riconosce queste figure non significa che da subito questi ministeri siano stati identificati con chiarezza. Tra episcopi e presbiteri, infatti, in alcuni passi neotestamentari, sembra ci sia una sinonimia tra i due termini 3. Se quindi ci fu, all inizio della storia della Chiesa, un periodo di necessario assestamento per quanto riguarda la distinzione tra vescovi e presbiteri sia negli aspetti sacramentali che pastorali, un idea più chiara era già presente, invece, circa il ruolo dei diaconi: istituiti, come vuole la Tradizione, dagli Apostoli per rispondere all esigenza caritativa del servizio alle mense 4, da subito il loro ruolo si configura anche come servizio missionario e sacramentale 5. In genere, a partire dal II/III secolo, compaiono sempre accanto al vescovo per aiutarlo nelle sue funzioni pastorali e sacramentali, tanto che venivano chiamati come l orecchio, la bocca, il cuore e l anima dei vescovi 6. Il diaconato: ossia l attenzione caritatevole della Chiesa nei confronti dei poveri Pensando al diaconato nella Chiesa una delle prime cose che vengono in mente è sicuramente l istituzione dei sette diaconi per il servizio alle mense in At 6, Di quell episodio è sufficiente sottolineare che i sette diaconi vengono consacrati dagli Apostoli per il servizio alle mense per le vedove, che probabilmente prima gestivano loro in prima persona 8. Nel momento in cui questo atto caritativo richiedeva maggior tempo a causa del maggior numero di persone da servire, essi si videro nella necessità di trovarsi dei collaboratori, che riscuotevano la fiducia del popolo, che esercitassero quel servizio al loro posto. Con l imposizione delle mani, inoltre, gli Apostoli vollero indicare un legame specifico con quelle persone demandate alle mense che, quindi, agivano per mandato e a nome dei Dodici. Quel servizio, in poche parole, non era un atto di carità messo in pratica in primo luogo dai sette diaconi, ma era l atto caritatevole che esercitavano, per mezzo di altri, gli stessi Apostoli, cioè l insieme del Collegio che rappresentava il nucleo fondante intorno a cui si andava organizzando la Chiesa. In questo modo, l atto caritatevole del servizio alle mense, ma in generale l attenzione amorevole ai bisognosi, esercitato a nome degli Apostoli, è la concretizzazione della stessa fede dei Dodici, i quali, a loro volta, sono imitatori, cioè discepoli, del Signore Gesù, il quale non è venuto per essere servito, ma per servire. L istituzione diaconale è stata, quindi, da subito, pensata come istituzione al servizio, sia a livello pratico-pastorale, ma che anche liturgico-sacramentale: infatti, durante la strutturazione organizzativa della Chiesa nei suoi primi secoli di vita, era compito dei diaconi sia l attenzione ai più bisognosi con la distribuzione del denaro e di altri doni per le loro necessità, ma anche l organizzazione liturgica e l attenzione e la sensibilizzazione ai problemi sociali 9. Esemplificativa del ruolo dei diaconi è l esperienza della Chiesa di Roma sotto papa Fabiano, che a metà del III secolo ha diviso il territorio della diocesi in sette diaconie, affidate ad altrettanti diaconi che presiedevano, a nome del papa, i servizi caritatevoli 10. Un passaggio particolare avvenne con il pontificato di Gregorio Magno, sotto il quale ci fu uno sviluppo del monachesimo nella direzione dell attenzione sociale e caritatevole: i monaci andarono a sostituire i diaconi nel loro compito di esercizio pratico della carità, mentre quest ultimi andavano specializzandosi nel servizio liturgico 11. Alcune conclusioni teologiche a partire dall esperienza del martirio e del diaconato Guardando a come, nei primi secoli di vita, la Chiesa ha espresso il suo amore nei confronti di Dio e degli uomini si può affermare, in conclusione, quanto segue: l attenzione caritatevole ai bisognosi non è solo un iniziativa privata e personale dei singoli cristiani, ma è l espressione di una delle dimensioni specifiche dell intera Chiesa, espressa attraverso l impegno e il servizio dei diaconi. In altre parole, il ministero diaconale è la concretizzazione e la nuova incarnazione del Cristo servo che, dopo l Ascensione, continua la sua missione a servizio degli uomini. Un diacono che serve esprime la Chiesa che serve che, a sua volta, esprime il Cristo che serve l umanità intera; nel momento in cui i diaconi iniziarono ad essere più concentrati sull aspetto liturgico rispetto a quello caritativo, il loro compito è stato assunto dai monaci, il che sta ad indicare, ancora una volta, come l esercizio della carità, è una dimensione specifica della Chiesa che, se non viene esercitata dagli uffici preposti, richiede comunque, pressantemente, di esplicitarsi in altra maniera. 1 Cfr. At 13,1; 1Cor 12, Cfr. At 20,28; Fil 1,1; 1Tim 3,1-13; Tt 1, Cfr. Tt 1, Cfr. At 6, Cfr. l attività evangelizzatrice e sacramentale di Filippo (At 8,5-40). 6 Cfr. Didascalia degli Apostoli, lib. II, cap Qualcuno ha sollevato dubbi sul fatto che i sette erano effettivamente diaconi ordinati e che quell atto da parte degli Apostoli volesse istituzionalizzare anche sacramentalmente la funzione del servizio. Evidentemente, non possiamo pretendere che all inizio della storia della Chiesa ci fossero ministeri già pienamente stabiliti e organizzati sia a livello giuridico che sacramentale così come oggi li conosciamo, ma ciò non toglie che in quel modo gli Apostoli hanno istituito un ministero particolare, quello diaconale, con una sua precisa ragion d essere sacramentale e pastorale. Questo lo si può affermare basandosi sulla Tradizione ecclesiale, che riconosce i quei sette uomini i primi diaconi e perché la liturgia stessa rimanda a quel momento come all istituzione del sacramento dell Ordine nel grado del diaconato (cfr. Ireneo di Lione che appella esplicitamente Stefano come il primo diacono [IRENEO DI LIONE, Adversus haereses, lib. III, cap. 12, n. 10] e la preghiera di ordinazione diaconale che nell anamnesi rimanda anch essa esplicitamente ad At 6,1-6 per l istituzione storica del ministero [Ordinazione del Vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, pag. 144s.]). 8 «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense» (At 6,2). 9 Cfr. J. M. LABOA, Storia della carità nella vita del cristianesimo, pag Ibid., pag Ibid., pag. 31. Nell immagine del titolo: San Lorenzo distribuisce i beni ai poveri, part , beato Angelico, Vaticano.

19 19 don Dario Vitali* L a professione di fede nello Spirito santo si articola in quattro semplici affermazioni, riprese per lo più dalla Sacra Scrittura. La ripetizione è un segnale che si tratta di un articolo tutto sommato pacifico, senza grandi questioni dottrinali a monte, come lo era invece l articolo precedente, sulla divinità del Verbo, che aveva visto i vescovi dibattere accanitamente per salvaguardare la fede cristiana dalle tante eresie cristologiche. Come si è visto, proprio lo Spirito che sostiene il Cristo nel suo ministero messianico e che il Cristo stesso dopo la resurrezione dona ai suoi costituisce la prova più decisiva che Gesù è il Signore, fornendo il primo fondamento di quello sviluppo dogmatico che troverà il suo culmine nei grandi concili. Non deve sorprendere, perciò, la formulazione elementare dell articolo sullo Spirito: a questo stadio della riflessione dogmatica della Chiesa, non emerge ancora la questione della personalità dello Spirito, in quanto lo Spirito è visto soprattutto come il dono del Padre che agisce nella storia e porta a compimento il suo disegno di amore sulla storia dell umanità, compiuto finalmente in Cristo, l uomo nuovo, nel quale dimora in pienezza lo Spirito. Gregorio di Nissa diceva che lo Spirito è «l olio dell unzione», per cui bisogna adoralrlo come si adora il Figlio al quale l unzione è donata e il Padre che dona l unzione. In altre parole, lo Spirito deve essere adorato e conglorificato, perché è di Dio, è da Dio e porta a Dio: è il dono escatologico per eccellenza, che rende possibile la vita nuova in Cristo; «la sua natura diceva Didimo il Cieco nel suo De Spiritu Sancto è di essere l elargizione stessa dei doni di Dio» (cap. 13). È fuorviante quindi cercare nel Simbolo niceno-costantinopolitano questioni che sorgeranno dopo, quando l affermazione che il Figlio è della stessa sostanza del Padre introdurrà la domanda circa le relazioni delle tre persone nella comunione trinitaria. Il simbolo nicenocostantinopolitano si accontenta di riaffermare le verità più tradizionali della Sacra Scrittura. Anzitutto, che lo Spirito è Signore e vivificatore. I due titoli si chiariscono alla luce di due citazioni cristologiche: 1Cor 15,45, secondo cui il Cristo, da «essere vivente divenne Spirito datore di vita», evidentemente attraverso la resurrezione; 2Cor 3,17: «il Signore è lo Spirito, e dove c è lo Spirito del Signore c è libertà». Il titolo to Kyrion al neutro, con una costruzione certamente singolare rispetto al titolo Signore (o Kyrios) al maschile, che il greco dei LXX riservava a Dio e il Nuovo Testamento ha applicato anche a Gesù, si può capire alla luce del fatto che, se il Cristo, per il fatto di dare lo Spirito, poteva essere chiamato Signore perché compiva un opera che è propria del Padre, e questo significava che con la resurrezione egli era stato costituito in una condizione tale (glorificato, asceso alla destra del Padre, entrato nel santuario del cielo, costituito Figlio di Dio in potenza etc) da essere in certo qual modo identificato con lo Spirito che egli stesso poteva donare, questo significava che lo stesso titolo poteva e doveva essere attribuito anche allo Spirito. Peraltro, se Cristo Signore è Spirito datore di vita perché dona lo Spirito, lo Spirito in quanto dono del Signore, non solo è Signore lui stesso, ma è il vivificatore (to zoopoion), il dono e il datore stesso della vita. Di questo Spirito si dice che «procede dal Padre» e che «con il Padre e il Figlio è insieme adorato e conglorificato». Nella Chiesa latina la prima frase è stata presto completata, per ragioni di lotta all eresia adozionista, con il famoso Filioque: lo Spirito, in altre parole, procede «dal Padre e dal Figlio». Questa aggiunta, introdotta dal III concilio di Toledo (589) e ribadita dall XI concilio di Toledo (675), secondo cui lo Spirito procede ab utrisque, fu introdotta più tardi nel credo, a partire da Carlo Magno. Di fronte alla formula più usuale nel mondo greco, per cui «lo Spirito procede dal Padre mediante il Figlio», egli fece convocare un sinodo nel 794, che accusava i Greci di aver soppresso il Filioque dal credo niceno-costantinopolitano. Sia Adriano I che Leone III ribadirono la proibizione di inserire la formula nel credo, e quest ultimo fece incidere il testo del simbolo niceno-costantinopolitano senza Filioque sia in greco che in latino su due scudi, collocati a destra e a sinistra dell altare della confessione di San Pietro. Questo non bastò tuttavia a fermare un uso che divenne comune in Occidente, e che costituì, dalla condanna del patriarca Fozio nel 867, uno dei motivi di più grave divisione tra Ortodossia e Cattolicesimo, accusato di aver alterato un testo vincolante degli antiche concili ecumenici. Oggi la questione non costituisce più un ostacolo insormontabile: una volta ammesso che il simbolo niceno-costantinopolitano è «l espressione dell unica fede comune della Chiesa e di tutto il cristianesimo», di carattere normativo, come ebbe a dire Giovanni Paolo II in occasione del XVI centenario del Costantinopolitano I, il 4 giugno 1981, le affermazioni che lo Spirito «procede dal Padre e dal Figlio» o «dal Padre per il Figlio» risultano come espressioni di due diverse prospettive teologiche e di due sensibilità, tutto sommato complementari. Il Filioque, in altre parole, è la esplicitazione occidentale della fede comune, certamente non indispensabile, ma che non può essere bollata come un aggiunta che modifica la sostanza della professione di fede. Certo, bisogna ammettere che la formula non risulta immediatamente trasferibile in una formulazione greca senza il rischio di compromettere la loro concezione della Trinità, più centrata sul primato (la monarchia) del Padre. Ma su questo punto, ormai, la Chiesa è tornata a respirare «a due polmoni», e l accordo è tale da poter finalmente affermare come ebbe a dire Y. Congar, che «la fede trinitaria è la stessa in Occidente e in Oriente». *docente ordinario alla P.U.G. di Roma

20 20 don Gaetano Zaralli La nostalgia è un sentimento pudico che si cela nei risvolti dell animo e si dispiega solo quando si ha voglia di piangere. Le cose buone che hanno segnato il passato sono patrimonio indistruttibile e danno un senso a ciò che si desidera sia eterno. I giorni si susseguono senza mai ripetersi e le stagioni si accavallano senza mai venir meno alle speranze che si rincorrono. La nostalgia può essere il rimpianto dal sapore bucolico di chi ha trascorso l infanzia nel casolare domestico, dove le galline avevano libero accesso, dove i conigli scorazzavano tranquilli sull aia a dispetto del cane che abbaiava senza convinzione. La nostalgia è il richiamo alla memoria di dolcezze infantili, di rocambolesche avventure giovanili, di trepide aspettative, annaffiate abbondantemente dal profumo mistico di una vocazione generosa. Alcuni atei possono avere nostalgia di Dio. Me lo ha raccontato il giovane signore che sere fa è venuto a trovarmi. Mi ha chiesto se mi ricordavo di lui: ci eravamo incontrati due anni or sono in occasione di un matrimonio. Lui allora era ateo ora ha voglia di parlare di Dio, per questo è venuto a cercarmi. Tra chi crede in Dio e chi lo esclude c è sempre un elemento in comune: il dubbio. Ciò che lo mise in crisi allora fu la impossibilità di quantificare l amore. Di quanto amore è capace l essere umano? mi sfuggì di chiedergli quella mattina durante la celebrazione del matrimonio. Probabilmente a quella domanda rispose masticando qualcosa di impreciso, forse io stesso non seppi dire nulla di più convincente; sicuramente, guardandoci negli occhi, ci incontrammo, l uno e l altro, sul terreno ampio e accogliente dell amore misterioso che si fa carne nell Eucarestia e nessuno dei due poté andare oltre. Col giovane signore, salutandoci, fissammo un appuntamento per incontrarci di nuovo. Probabilmente non avremmo parlato di Dio, né dell amore; probabilmente avremmo trovato più interessante il vivere presente a dispetto delle cose lontane che si rimpiangono; sicuramente ci saremmo affacciati al domani con maggiore voglia di capire, ma con la stessa certezza di chi nulla capirà mai fino in fondo. Non so quanto la Chiesa abbia da guadagnare in credibilità, se all annuncio non abbina il dialogo, se tra ragione e fede non stabilisce un rapporto complementare, se nel terrore di confrontarsi con la diversità, si infila in problemi che sono altri a dover risolvere concretamente. Penso che la verità, come la proprietà privata, resta chiusa nell egoismo di chi la possiede e muore di inedia, se non viene cristianamente condivisa. Lo Stato Pontificio è proprietà privata e come tale viene salvaguardata nei suoi interessi particolari e contrapposta ad altre realtà politiche territoriali. La Chiesa, al contrario, è voce che annuncia all umanità intera la buona novella, è testimonianza di amore, di un amore senza confini, senza preclusione alcuna. Di qui la triste immagine della sovrapposizione dei ruoli nella persona del Papa Infatti il Papa nello Stato Pontificio è Sua Santità che esercita il potere sulle cose e sulle persone, nella Chiesa di Dio è il Pontefice che con umile atteggiamento si fa servo dei servi. Che bello scoprire nelle parole e nei gesti di Papa Francesco il respiro ampio del pastore che, prima ancora di intruppare nella potestas tipica di un Capo di Stato, abbraccia anime a tutto campo nel tentativo di superare il disagio di una eterna schizofrenica realtà E tornato a trovarmi l ateo nostalgico. Ha avuto la pazienza di attendere che io fossi libero, poi, deposta la sua borsa a zainetto nell angolo della stanza, confidenzialmente mi si è seduto di fronte. Ha lavorato molto per la sua tesi di laurea, che, mi pare, si interessi al fenomeno esoterico. Ha dovuto passare in rassegna molte religioni, senza mai perdere di vista come termine di confronto il cristianesimo. continua nella pag. accanto

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