IVA e imposte indirette Le esportazioni di beni a cura del cessionario non residente

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1 IVA e imposte indirette Le esportazioni di beni a cura del cessionario non residente 35 Sara Montalbetti Dottore Commercialista Studio Maisto e Associati, Milano L Agenzia delle Entrate ha accolto i principi sanciti dalla CGUE ed ha ammesso il rimborso dell imposta indebitamente versata 1. Introduzione Il tema della prova nel settore delle esportazioni genera ancora numerose difficoltà pratiche, in particolare quando il trasporto dei beni viene gestito dall acquirente. In tale ambito vale la pena di ricordare alcuni principi generali che sono stati oggetto di analisi in due importanti interventi della Corte di Giustizia dell Unione europea (di seguito CGUE)[1] e dell Agenzia delle Entrate[2]. Nel 2013 la CGUE ha analizzato la legittimità del termine di novanta giorni previsto dalla normativa IVA ungherese ai fini dell applicazione del regime di esenzione delle cessioni all esportazione. In particolare, è stata analizzata la disposizione[3] che consente di detassare nello Stato di origine i beni destinati ad essere esportati fuori del territorio comunitario a cura dell acquirente estero. La sentenza interessava quindi un caso particolare di cessione all esportazione, ossia quello nel contesto del quale la spedizione o il trasporto dei beni al di fuori dell Unione europea (di seguito UE) viene effettuato dal cessionario non residente (e non dal fornitore). Rientrano in tale tipologia di operazioni, ad esempio, le cessioni all esportazione effettuate con clausola ex works o franco fabbrica. La predetta sentenza ha avuto indubbi riflessi anche per quanto riguarda le esportazioni effettuate dall Italia. Infatti, anche nella normativa italiana esiste un termine temporale (anch esso pari a novanta giorni) entro il quale i beni devono essere esportati in regime di non imponibilità e l Agenzia delle Entrate ha recentemente fornito alcuni importanti chiarimenti sull applicabilità della disposizione nazionale a seguito della predetta sentenza della CGUE. In tale contesto l Agenzia delle Entrate ha altresì riconosciuto la recuperabilità dell imposta indebitamente versata dai contribuenti, entro specifici limiti temporali, anche mediante la presentazione della dichiarazione IVA. I contribuenti interessati non potranno quindi dimenticare un appuntamento importante: la presentazione della dichiarazione IVA per l anno 2014 entro il prossimo 30 settembre La normativa italiana L articolo 8, comma 1, lettera b, del Decreto del Presidente della Repubblica (di seguito D.P.R.) n. 633/1972 (di seguito Decreto IVA) considera non imponibili ai fini IVA le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità economica europea entro novanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto [ ]. La predetta disposizione prevede il regime di non imponibilità delle operazioni di cessione all esportazione per le quali i beni sono trasportati o spediti fuori dal territorio doganale dell UE, entro novanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto. In tal caso i beni devono essere esportati allo stato originario e non possono essere oggetto di lavorazione. Si deve notare che tale regola si applica soltanto se il cessionario è residente all estero, anche in uno Stato appartenente all UE[4]. Il termine di novanta giorni è stato previsto per finalità cautelative e per evitare che i beni destinati all esportazione vengano poi commercializzati all interno del territorio nazionale dando luogo a fenomeni di evasione fiscale. Per tale ragione in passato, in caso di verifica, quando il termine di novanta giorni non veniva rispettato, così come quando il fornitore non era in grado di esibire la prova dell effettiva esportazione dei beni all estero entro il medesimo termine, l Amministrazione finanziaria contestava l illegittima applicazione del regime di non imponibilità e riqualificava l operazione come soggetta ad IVA in Italia[5].

2 36 Novità fiscali / n.6 / giugno La prassi e la giurisprudenza italiana (anteriori alla sentenza della CGUE) L Amministrazione finanziaria italiana aveva fornito in passato alcuni chiarimenti sull applicazione dell articolo 8, comma 1, lettera b, del Decreto IVA e sulla possibilità di regolarizzare eventuali violazioni nel caso in cui non veniva rispettato il termine di novanta giorni. Nonostante la violazione dipenda sostanzialmente da un inadempimento del cessionario estero, il superamento del termine di novanta giorni poteva generare conseguenze rilevanti a carico del fornitore nazionale. Infatti, da un lato il superamento del termine di novanta giorni poteva comportare la decadenza del diritto ad applicare il regime di non imponibilità, in quanto l Amministrazione finanziaria di fatto pretendeva il pagamento dell imposta. Sotto un diverso profilo la violazione era altresì passibile di essere punita con una specifica sanzione amministrativa (come meglio precisato nel prosieguo). previsto dall articolo 8, comma 1, lettera b, del Decreto IVA doveva ritenersi perentorio e il rispetto di tale termine costituiva una condizione necessaria per l applicazione del regime di non imponibilità. Ad avviso della Corte di Cassazione, quindi, se tale termine non veniva rispettato, il trattamento di non imponibilità attribuito all operazione non poteva essere riconosciuto, anche se i beni erano stati effettivamente esportati. Nel caso di specie era stata ritenuta irrilevante la circostanza che il mancato rispetto della scadenza fosse imputabile allo spedizioniere doganale, e il regime di non imponibilità non è stato ritenuto applicabile ancorché i beni fossero stati effettivamente esportati, sebbene in un momento successivo allo scadere del termine di novanta giorni. 4. L individuazione del momento rilevante per la decorrenza dei termini Per potere applicare correttamente la disposizione recata dall articolo 8, comma 1, lettera b del Decreto IVA, occorre identificare i limiti temporali entro i quali il fornitore deve attivarsi per cautelare la propria posizione. Infatti, tenuto conto che la norma prevede il termine di novanta giorni dalla consegna dei beni, per verificare da quale momento tale termine inizia a decorrere occorre analizzare che cosa debba intendersi con il termine consegna. È evidente che la tipologia di esportazioni di cui si discute implicava dei rischi per i fornitori nazionali che, ove possibile, erano quindi poco propensi ad accettare una tale soluzione commerciale. In pratica, l Amministrazione finanziaria in caso di verifica, ove tutte le condizioni richieste non erano verificate, contestava l illegittima applicazione del regime di non imponibilità e riqualificava l operazione come imponibile[6], accertando l imposta, oltre alle relative sanzioni[7] e ai relativi interessi. La debenza dell imposta era prevista anche nel caso in cui il fornitore provvedeva alla spontanea regolarizzazione dell operazione entro i trenta giorni successivi al termine dei novanta giorni, addebitando l IVA alla controparte ed eseguendo il versamento dell imposta a favore dell erario. In particolare, la sanzione amministrativa prevista per i casi in cui il trasporto o la spedizione fuori del territorio dell Unione europea non avvenga nel termine di novanta giorni, in base alla disposizione attualmente in vigore, può variare dal 50% al 100% dell imposta e si rende applicabile salvo che il fornitore non provveda alla regolarizzazione dell operazione nei trenta giorni successivi [8]. In relazione alla quantificazione della sanzione occorre comunque ricordare che è sempre possibile avvalersi del cosiddetto ravvedimento operoso [9] che consente, al ricorrere di specifiche condizioni ed entro certi limiti temporali, di beneficiare della riduzione delle sanzioni[10]. Anche in base alla giurisprudenza nazionale[11] che ha analizzato la questione in passato il termine di novanta giorni Sul punto non sono state fornite indicazioni precise e la questione non è di facile soluzione in quanto solitamente il venditore si limita a mettere i beni a disposizione dell acquirente presso i propri locali (stabilimenti, depositi, eccetera). Nella prassi tuttavia tale momento non sempre viene formalizzato e documentato in modo corretto. In pratica occorre individuare il momento in cui i beni devono considerarsi come messi a disposizione dell acquirente (o di terzi soggetti per suo conto) per essere caricati sui mezzi di trasporto necessari ed essere movimentati verso la dogana di esportazione. In pratica, sebbene tale aspetto non sia stato affrontato in modo chiaro dalla prassi amministrativa, per identificare la data di consegna si dovrebbe tenere conto della data risultante dal documento di consegna o di trasporto (ad esempio, il documento di trasporto di cui al D.P.R. n. 472/1996 o la lettera di vettura internazionale, cosiddetta CMR ). Ove tali documenti non siano disponibili occorrerebbe tenere conto della data della fattura. Ma tale soluzione sembra appropriata soltanto nel caso in cui venga emessa fattura immediata che scorti la merce durante il trasporto e non anche quando per esigenze amministrative o in caso di pagamento di acconti, l emissione della fattura avvenga in un momento diverso da quello in cui i beni devono ritenersi consegnati. 5. La sentenza della CGUE La sentenza in commento è interessante in quanto è stato chiesto alla CGUE di confermare se per le cessioni di beni destinati all esportazione una legislazione nazionale possa subordinare l applicazione del regime di esenzione al rispetto di un determinato termine, a prescindere dall eventuale prova dell effettivo trasporto all estero dei beni nel caso in cui quest ultimo avvenga successivamente alla decorrenza del termine previsto.

3 Novità fiscali / n.6 / giugno Il caso di specie e le questioni pregiudiziali La questione sottoposta all attenzione della CGUE riguarda una società ungherese (BDV) che negli anni 2007 e 2008 operava nel commercio all ingrosso di conserve e nell ambito della propria attività, aveva venduto i propri prodotti a clienti applicando la clausola franco fabbrica o ex-works in base alla quale l acquirente ritira la merce presso i locali del venditore. Durante un controllo fiscale l Amministrazione finanziaria ungherese aveva constatato che la società aveva applicato il regime IVA di esenzione per l esportazione di beni che erano usciti dal territorio doganale dell UE successivamente al decorso del termine di novanta giorni previsto dalla normativa ungherese. Nella fase contenziosa la questione aveva avuto esito favorevole per la società nel giudizio presso il Tribunale distrettuale di Budapest che aveva accolto il ricorso in quanto l esportazione era effettivamente stata realizzata. La società nel proprio ricorso aveva altresì enfatizzato la propria diligenza e la circostanza che la responsabilità del trasporto delle merci sarebbe ricaduta sugli acquirenti. La Corte Suprema ungherese (Kùria) prima di esprimere il proprio giudizio ha ritenuto opportuno sospendere il processo e sottoporre alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali: 1) se si possano interpretare l articolo 15 della Sesta direttiva IVA e l articolo 146 della Direttiva n. 2006/112 nel senso che il trasporto, effettuato al di fuori del territorio comunitario, dei beni destinati all esportazione deve aver luogo entro un determinato termine affinché possa essere considerato una vendita all esportazione esente; 2) se, in sede di risposta alla prima questione, rilevino le condizioni di vendita, il fatto che il venditore, l acquirente o il trasportatore abbiano agito in buona o mala fede, con la debita diligenza o in modo eventualmente colpevole, il periodo di dichiarazione o il fatto che il trasporto dei beni venga effettuato effettivamente oltre il termine, ma entro il termine di decadenza ai fini della liquidazione dell imposta; 3) se sia compatibile con i principi di neutralità fiscale, di certezza del diritto e di proporzionalità il fatto che la normativa di uno Stato membro preveda presupposti ulteriori rispetto a quelli stabiliti nelle direttive summenzionate e subordini a presupposti oggettivi e cumulativi non figuranti nelle stesse la possibilità di considerare un esportazione come esente; 4) se gli articoli 15 della Sesta direttiva IVA nonché gli articoli 131 e 273 della Direttiva n. 2006/112 possano essere interpretati nel senso che, al fine di evitare l elusione, l abuso e l evasione fiscali e la corretta liquidazione e riscossione dell imposta, uno Stato membro può subordinare le esportazioni esenti a presupposti quali quelli previsti dalla normativa IVA ungherese; 5) se sia conforme ai principi fondamentali del diritto dell UE e alle disposizioni di tali direttive il fatto che, in caso di mancato rispetto di presupposti non figuranti negli articoli 15 della Sesta direttiva IVA e 146 della Direttiva n. 2006/112, l autorità finanziaria abbia modificato la qualificazione di un esportazione esente e richiesto il pagamento dell imposta al soggetto passivo. In caso di risposta affermativa, in quali circostanze ciò sia possibile Le osservazioni della CGUE Con le questioni pregiudiziali, che sono state esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio ha chiesto in sostanza, se gli articoli 146, paragrafo 1, e 131 della Direttiva n. 2006/112 debbano essere interpretati in modo che sia impedito ad una normativa nazionale di prevedere che, nell ambito di una cessione all esportazione, i beni destinati ad essere esportati al di fuori dell UE debbano lasciare il territorio dell UE entro un termine prestabilito (tre mesi o novanta giorni successivi alla data di cessione), qualora il semplice superamento di tale termine abbia la conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell esenzione riguardo a tale cessione. In altri termini è stato chiesto se, affinché una cessione possa essere qualificata come una cessione all esportazione esente, una legislazione nazionale possa esigere che l effettiva esportazione dei beni avvenga entro uno specifico termine. La CGUE ha innanzitutto precisato che l articolo 146, paragrafo 1, lettera b, della Direttiva n. 2006/112, deve essere applicato in combinato disposto con l articolo 14, paragrafo 1, della medesima Direttiva, ai sensi del quale si considera cessione di beni il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Da tali disposizioni e, segnatamente, dal termine spediti, contenuto nell articolo 146, paragrafo 1, lettera b, della Direttiva n. 2006/112 deriva che l esportazione di un bene si perfeziona e l esenzione della cessione all esportazione diviene applicabile quando: 1) il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all acquirente; 2) il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell UE; 3) in seguito a tale spedizione o trasporto, il bene ha lasciato fisicamente il territorio dell UE[12]. Nella fattispecie esaminata dalla CGUE era pacifico che fossero state effettuate cessioni di beni ai sensi dell articolo 14 della Direttiva n. 2006/112 e che i beni avessero fisicamente lasciato il territorio dell UE. L articolo 146, paragrafo 1, lettera b, della Direttiva n. 2006/112 non prevede quale ulteriore condizione che il bene destinato all esportazione debba lasciare il territorio dell UE entro

4 38 Novità fiscali / n.6 / giugno 2015 un termine preciso, affinché l esenzione prevista da tale articolo divenga applicabile. Un tale termine è solo eccezionalmente previsto dall articolo 147, paragrafo 1, lettera b, della Direttiva n. 2006/112, nel caso di beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori. Ne deriva che la qualificazione di un operazione quale cessione all esportazione ai sensi dell articolo 146, paragrafo 1, lettera b, della Direttiva n. 2006/112 non può dipendere dal rispetto di un termine preciso entro il quale il bene in parola deve aver lasciato il territorio doganale dell UE e la cui inosservanza avrebbe come conseguenza quella di privare definitivamente il soggetto passivo del diritto di applicare il regime di esenzione all esportazione. Tuttavia, come previsto dall articolo 131 della Direttiva n. 2006/112, le esenzioni di cui ai Capi da 2 a 9 del Titolo IX della Direttiva, di cui fa parte l articolo 146 della stessa, si applicano alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Nell esercizio dei poteri che l articolo 131 della Direttiva n. 2006/112 conferisce loro, gli Stati membri devono, tuttavia, rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell ordinamento giuridico dell UE, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto, di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento[13]. all esportazione e mette l amministrazione fiscale in condizione di prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Al riguardo la CGUE ha ricordato che la lotta contro ogni possibile evasione, elusione e abuso costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla Direttiva n. 2006/112[14]. In linea di principio quindi sarebbe consentito agli Stati membri stabilire un termine ragionevole per le esportazioni, che tenga conto delle pratiche commerciali nell ambito delle esportazioni negli Stati terzi, al fine di verificare se un bene oggetto di una cessione all esportazione sia effettivamente uscito dall UE. Infatti, a parere della Commissione europea, imporre al venditore di un bene destinato all esportazione un termine preciso entro il quale tale bene deve aver lasciato il territorio doganale dell UE costituisce un mezzo appropriato a tal fine. Tuttavia, un tale termine, il cui inutile decorso consente di assoggettare all imposta la cessione di un bene destinato all esportazione, non deve eccedere quanto necessario per raggiungere il medesimo fine. A tale riguardo la CGUE ha osservato che il fatto che una cessione di beni destinati all esportazione sia assoggettata all imposta se il bene in questione non lascia il territorio dell UE entro un termine prefissato non comporta di per sé che la normativa nazionale che prevede tale conseguenza debba essere ritenuta non proporzionata. Infatti, la cessione di un bene destinato all esportazione può, in via di principio, essere assoggettata all imposta qualora l operazione in questione non soddisfi, entro un termine ragionevole stabilito dalla normativa nazionale applicabile, le condizioni dell articolo 146, paragrafo 1, lettera b, della Direttiva n. 2006/112. Tuttavia, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, il termine temporale previsto dalla normativa ungherese era considerato perentorio in quanto una volta decorso tale termine non era possibile porre alcun rimedio di talché l operazione di esportazione veniva assoggettata ad imposta se i beni non avevano tempestivamente lasciato il territorio doganale dell UE e ciò anche nell ipotesi in cui i beni erano effettivamente usciti dal territorio doganale, ancorché in un momento successivo allo scadere del termine normativamente previsto. In particolare, quanto al principio di proporzionalità, la CGUE aveva già affermato che, conformemente a tale principio, gli Stati membri devono far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l obiettivo perseguito dal diritto interno, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa dell UE in questione. Così, pur essendo legittimo che i provvedimenti adottati dagli Stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell erario, essi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine. Per quanto riguarda l obiettivo perseguito dal termine temporale previsto dalla legge ungherese, il Governo ungherese aveva comunque precisato che tale termine è necessario per consentire il controllo dell uscita dei beni che implica l esenzione La CGUE ha in conclusione affermato che una normativa nazionale come quella ungherese eccede quanto necessario per combattere l elusione e l evasione fiscale, quando subordina l esenzione all esportazione al rispetto di un termine per l uscita dei beni, senza che venga consentito al soggetto passivo di dimostrare che la condizione di uscita è stata soddisfatta e che la merce ha lasciato il territorio doganale dell Unione, ancorché dopo lo scadere di tale termine, per beneficiare del regime di esenzione e per ottenere il riconoscimento del diritto al rimborso dell IVA eventualmente già corrisposta. Infatti, in una fattispecie in cui la condizione prevista dall articolo 146, paragrafo 1, lettera b, della Direttiva n. 2006/112 (vale a dire, l uscita dei beni dal territorio doganale dell UE) è soddisfatta, nessuna imposta è dovuta per tale cessione. In tali circostanze, non esiste più, in principio, un rischio di evasione fiscale o di perdite fiscali che possa giustificare l assoggettamento ad imposta dell operazione di esportazione.

5 Novità fiscali / n.6 / giugno Conclusioni La decisione della CGUE si rivela importante in quanto consente di concludere che il regime di non imponibilità non può essere disconosciuto se viene fornita la prova dell avvenuto trasporto all estero dei beni, ancorché tale trasporto avvenga successivamente alla scadenza del termine previsto dalla normativa nazionale. Nella sentenza in commento è stato infatti affermato il principio secondo cui una normativa nazionale in base alla quale i beni destinati ad essere esportati al di fuori dell UE devono lasciare il territorio dell UE entro un termine prestabilito dalla data di cessione deve ritenersi contraria alle norme della Direttiva n. 2006/112 in materia di esportazioni, qualora dal semplice superamento di tale termine derivi l imponibilità in via definitiva della cessione all esportazione. Si deve quindi ritenere che nel caso in cui i beni siano effettivamente esportati al di fuori dell UE, ancorché successivamente al termine di novanta giorni, il cedente non debba essere obbligato al pagamento dell imposta a condizione che sia in grado di provare che i beni sono stati effettivamente esportati. versamento o dal verificarsi del presupposto del rimborso. Su tale aspetto non è chiaro come debba essere identificato il dies a quo per la decorrenza del predetto termine biennale. In assenza di chiarimenti specifici si potrebbe ipotizzare che il presupposto per il rimborso sorga quando viene acquisita la prova del trasporto all estero dei beni, essendo tale circostanza rilevante per l applicabilità del regime di non imponibilità. Per quanto riguarda i profili sanzionatori l intervento dell Agenzia delle Entrate è stato molto limitato. L Agenzia delle Entrate, dopo avere confermato che la procedura di regolarizzazione prevista dall articolo 7 del D.Lgs. n. 471/1997 è legittima in quanto aderente alla normativa comunitaria, ha concluso affermando che è evidente, infine, che laddove la merce risulti esportata oltre i 90 giorni ma, comunque, entro i 30 giorni previsti, ai fini della regolarizzazione, dall art. 7, comma 1, del decreto n. 471 del 1997, e si abbia prova dell avvenuta esportazione, il contribuente potrà esimersi dal versamento dell imposta senza per questo incorrere in alcuna violazione sanzionabile. Come è evidente la prassi e la giurisprudenza italiane non erano in linea con quanto sancito dalla CGUE. L Agenzia delle Entrate è quindi recentemente intervenuta per fornire alcuni ulteriori chiarimenti sul tema. In primo luogo l Agenzia delle Entrate ha confermato la legittimità del termine di novanta giorni previsto dalla normativa italiana. Ciò premesso, è stato accolto il principio generale sopra delineato in base al quale le operazioni non devono essere indebitamente assoggettate ad imposta. In particolare l Agenzia delle Entrate ha confermato che il regime di non imponibilità, proprio delle esportazioni, si applica sia quando il bene sia stato esportato entro i 90 giorni, ma il cedente ne acquisisca la prova oltre il termine dei 30 giorni previsto per eseguire la regolarizzazione, sia quando il bene esca dal territorio comunitario dopo il decorso del termine di 90 giorni previsto dal citato articolo 8, primo comma, lettera b), del DPR n. 633 del 1972, purché, ovviamente, sia acquisita la prova dell avvenuta esportazione. Inoltre, l Agenzia delle Entrate ha ammesso il recupero dell imposta indebitamente applicata in sede di regolarizzazione. Per quanto riguarda le modalità procedurali è stata ammessa la possibilità di emettere una nota di variazione (ai sensi dell articolo 26, secondo comma, della Direttiva n. 2006/112) entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta l esportazione. Ne deriva che eventuali contribuenti interessati potranno recuperare l imposta indebitamente versata per le esportazioni effettuate a decorrere dall anno 2012 avvalendosi della predetta soluzione entro il prossimo 30 settembre (termine entro il quale dovrà essere presentata la dichiarazione IVA per l anno 2014). In alternativa, l Agenzia delle Entrate ha anche ammesso la possibilità di presentare apposita istanza di rimborso ai sensi dell articolo 21 D.Lgs. n. 546/1992 entro due anni dal Il chiarimento fornito è limitato ad un caso specifico (vale a dire quando la merce è esportata oltre i 90 giorni ma comunque entro i 30 giorni previsti per la regolarizzazione) e non è chiaro se in circostanze diverse, una volta che sia scaduto il termine di trenta giorni per la regolarizzazione, si renda ancora applicabile la sanzione amministrativa prevista dalla normativa nazionale (dal 50 al 100% dell imposta). In generale si potrebbe ritenere che nell ipotesi in cui sia fornita la prova che l esportazione è stata realizzata, sia pure oltre il termine sopra indicato, l applicazione della predetta sanzione non sarebbe giustificata e sarebbe contraria al principio di proporzionalità. Inoltre, anche dal punto di vista operativo, poiché in presenza di una prova seppure tardiva deve essere riconosciuta l applicabilità del regime di non imponibilità dell operazione, verrebbe a mancare il parametro in base al quale la sanzione dovrebbe essere calcolata (in quanto l imposta non dovrebbe essere applicata). Si dovrebbe inoltre considerare che in certi casi il cedente potrebbe non avere commesso alcuna violazione e pertanto non dovrebbe essere considerato responsabile[15]. La predetta sanzione dovrebbe invece ritenersi applicabile esclusivamente nei casi in cui i beni vengano esportati all estero ma il fornitore non sia in grado di esibire la relativa prova (oltre indubbiamente nel caso in cui i beni non vengano effettivamente esportati)[16].

6 40 Novità fiscali / n.6 / giugno 2015 Elenco delle fonti fotografiche: [ ] [ ] [ ] c19ec2c9010c362a30f2.jpg [ ] [ ] [1] Sentenza del 19 dicembre 2013 relativa alla causa C-563/12 BDV Hungary Trading Kft contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Közép-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága, disponibile sul seguente sito internet: jsf?language=it&jur=c,t,f&num=c-563/12&td=all [ ]. La sentenza non è stata preceduta dalle conclusioni dell avvocato generale. [2] Risoluzione n. 98/E del 10 novembre [3] Prevista dall articolo 146, paragrafo 1, lettera b, della Direttiva n. 2006/112, in base alla quale gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente non stabilito nel loro rispettivo territorio, o per conto del medesimo, fuori della Comunità, ad eccezione dei beni trasportati dall acquirente stesso e destinati all attrezzatura o al rifornimento e al vettovagliamento di navi da diporto, aerei da turismo o qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato. [4] Cfr. Circolare del 23 febbraio 1984, n. 13 (paragrafo 16.3). [5] Cfr. Risoluzione n del 5 aprile 1983 nella quale viene fatto riferimento alla automatica applicazione della presunzione di immissione in consumo dei beni non esportati nel termine di novanta giorni, a nulla influendo i motivi che hanno determinato la mancata esportazione di beni. [6] Cfr. Circolare del 12 giugno 2002, n. 50/E. [7] Cfr. Circolare del 25 gennaio 1999, n. 23/E. [8] Cfr. articolo 7, comma 1 del Decreto Legislativo (di seguito D.Lgs.) n. 471/1997. [9] Cfr. articolo 13, comma 1, lettera b del D.Lgs. n. 472/1997. [10] Ad esempio, al ricorrere di specifiche condizioni, la sanzione poteva essere ridotta ad un ottavo del minimo (6.25% dell imposta) se la violazione veniva sanata entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all anno nel corso del quale era stata commessa la violazione. In tal caso per regolarizzare la violazione occorreva versare l imposta dovuta, gli interessi legali e le sanzioni ridotte. [11] Cfr. Corte di Cassazione, sentenza del 27 ottobre 2010, n [12] Cfr. sul punto anche le sentenze della CGUE in materia di operazioni intracomunitarie, del 27 settembre 2007, Teleos e a., C-409/04; del 7 dicembre 2010, R., C-285/09; del 6 settembre 2012, Mecsek- Gabona, C-273/11. [13] Cfr. sul punto anche le sentenze della CGUE, del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt, C-271/06 e del 7 dicembre 2010, R., C-285/09. [14] Cfr. sul punto la sentenza della CGUE, del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11. [15] Ai fini della non punibilità del cedente si dovrebbe peraltro fare riferimento anche a quei principi che attribuiscono rilevanza alla buona fede del fornitore ai fini del riconoscimento del trattamento di non imponibilità ad IVA dell operazione, nelle ipotesi in cui si sia verificato un comportamento fraudolento (ad esempio la falsificazione dei documenti probatori) attribuibile esclusivamente al cessionario. [16] Si auspica che anche l applicabilità della sanzione in questione venga ridefinita nell ambito della riforma del sistema sanzionatorio che dovrà essere ispirata ai principi comunitari e costituzionali e che dovrà essere attuata in base a quanto già previsto dall articolo 8 della Legge n. 23/2014 di delega per la riforma del sistema fiscale.

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