IL COLLEGIO DI ROMA. [Estensore] Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario

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1 composto dai signori: IL COLLEGIO DI ROMA Dott. Giuseppe Marziale... Presidente Prof. Avv. Pietro Sirena Avv. Massimiliano Silvetti Membro designato dalla Banca d'italia [Estensore] Membro designato dalla Banca d'italia Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario Prof. Avv. Marco Marinaro Membro designato dal C.N.C.U. nella seduta del 06/12/2012, dopo aver esaminato: il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell'intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica. Fatto Il ricorrente ha affermato: -che, in data 21 settembre 2009, egli avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto per l emissione di una carta prepagata; -che il 24 agosto 2011, a seguito della consultazione dell estratto conto, egli si sarebbe accorto che tale carta prepagata sarebbe stata utilizzata per effettuare operazioni non autorizzate di pagamento on line; -che, in particolare, gli sarebbero stati così addebitati i seguenti importi: ,00, il 16 agosto 2011, alle ore 17:31, transazione n ; ,00, il 16 agosto 2011, alle ore 17:33, transazione n.64974; -che egli avrebbe disconosciuto tali operazioni, comunicando tempestivamente quanto accaduto alla banca emittente della suddetta carta prepagata e provvedendo a bloccare quest ultima il 24 agosto 2011, alle ore 23:00 circa (codice blocco ); -che il giorno successivo egli avrebbe denunciato ai Carabinieri la clonazione di tale carta prepagata, presentando alla banca emittente una richiesta di rimborso degli importi fraudolentemente addebitatigli; -che il 18 ottobre 2011, non ottenendo alcuna risposta dall intermediario emittente, egli avrebbe presentato una seconda lettera di reclamo, richiedendo nuovamente il rimborso della Pag. 2/10

2 somma complessiva di 700,00; -che il 31 ottobre 2011 la banca emittente gli avrebbe comunicato che si rifiutava di provvedere a tale rimborso, in quanto i pagamenti contestati sarebbero stati effettuati a favore di un sito Internet sicuro e, in ogni caso, sarebbero stati effettuati da un soggetto autenticatosi mediante il corretto inserimento di tutti i necessari riconoscimenti informatici; -che il fenomeno della clonazione on line di dati identificativi delle carte prepagate sarebbe tutt altro che sporadico; -che dal 1 febbraio 2012 l intermediario avrebbe predisposto un nuovo sistema per autorizzare le operazioni di pagamento mediante le proprie carte pre-pagate. Ciò premesso, il ricorrente ha chiesto: -che sia accertata e dichiarata l esclusiva responsabilità dell emittente nella causazione dell evento di danno di cui si tratta; -che, per l effetto, l emittente sia condannata al pagamento della somma di 700,00, oltre agli interessi legali dalla data del reclamo a quella del pagamento, nonché al risarcimento del danno e alle spese del giudizio. L intermediario ha resistito al ricorso, affermando: -che le operazioni disconosciute sarebbero state effettuate direttamente sul sito Internet del beneficiario mediante il corretto inserimento di tutti i codici identificativi del ricorrente; -che l utilizzatore avrebbe pertanto dovuto essere preventivamente a conoscenza di tali codici identificativi; -che ciò non sarebbe tuttavia accaduto mediante la violazione fisica o elettronica dei sistemi informatici centrali della resistente, i quali risulterebbero tuttora inviolati e del tutto sicuri; -che l acquisizione dei medesimi codici identificativi non potrebbe pertanto essere avvenuta che presso il ricorrente stesso; -che, in particolare, potrebbe darsi che essi siano stati custoditi in modo negligente o imperfetto, tanto da consentire a un terzo di impadronirsene; -che, in alternativa, potrebbe darsi che durante le connessioni del ricorrente a Internet tali codici gli siano stati carpiti mediante l introduzione nel suo computer (o dispositivo assimilabile) di programmi spia e malware; -che ciò potrebbe essere accaduto soprattutto a causa dell utilizzazione di unpatched software, ossia software non garantito da imperfezioni e, proprio per questo, generalmente gratuito; -che pertanto non potrebbe sussistere una responsabilità della banca emittente; -che il ricorrente non avrebbe riportato alcuna nota descrittiva circa lo stato dei dispositivi informatici utilizzati, né avrebbe presentato alcuna analisi tecnico-pratica di eventuali sistemi o applicativi di protezione dei propri dati finanziari; -che a essere stato violato non sarebbe stato pertanto il sistema di sicurezza delle operazioni on line (sia della banca emittente che dei circuiti internazionali), ma solo una parte estremamente limitata dei terminali elettronici di accesso a Internet, utilizzati dai titolari delle carte prepagate per effettuare i propri pagamenti on line; -che il ricorrente non Pag. 3/10

3 avrebbe mai smentito l eventuale acquisizione in via elettronica dei dati riservati della propria carta prepagata durante i propri collegamenti a Internet; -che il sito sul quale sarebbero state effettuate le operazioni disconosciute dal ricorrente avrebbe accettato soltanto transazioni completate con l inserimento del codice di sicurezza CVV2 (Card Verification Value 2), il quale, essendo noto al solo titolare della carta, realizzerebbe un livello di sicurezza superiore alla media; -che l ordine di addebito sarebbe riconducibile al ricorrente in virtù del principio della rappresentanza apparente; -che, secondo quanto preveduto dall art. 6 del contratto stipulato tra le parti, il ricorrente sarebbe stato tenuto ad «adottare le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati, quali strumenti identificativi e operativi, che ne consentono l utilizzo»; -che qualsiasi procedura di sicurezza diverrebbe infatti inefficace, ove non sia mantenuta la segretezza dei codici operativi; -che la responsabilità da inadempimento di un obbligazione presupporrebbe la prova dell inadempimento da parte del debitore e del danno che esso abbia cagionato; - che invece il ricorrente non avrebbe neppure posto in dubbio che la resistente abbia eseguito l ordine di pagamento a essa correttamente pervenuto; -che l uso dei codici personali porrebbe a carico della resistente l obbligo contrattuale di eseguire le transazioni ordinate mediante la digitazione delle credenziali del titolare; -che i codici personali varrebbero a identificare con certezza il titolare di una carta prepagata; -che, nel caso di specie, l ordinante sarebbe stato correttamente identificato, nel pieno rispetto di quanto contrattualmente previsto; -che, non avendo ricevuto segnalazioni di smarrimento o furto della carta prepagata o dei codici personali, la banca emittente sarebbe stata obbligata a eseguire il pagamento; -che le operazioni contestate sarebbero state perfettamente compatibili e in linea con l ordinario comportamento di spesa del titolare; -che l emittente avrebbe pertanto agito con la massima diligenza, sorvegliando le operazioni durante il loro svolgimento e impedendo qualsiasi violazione del proprio sistema informatico; -che i dati necessari per compiere operazioni di commercio elettronico sarebbe stati conosciuti solo dal titolare della carta prepagata, il quale sarebbe contrattualmente obbligato a custodirli correttamente e prudentemente; -che le allegate certificazioni dimostrerebbero che l emittente avrebbe adottato sistemi di sistema tali da rendere affidabili e sicure le transazioni on line, conformandosi così a standard riconosciuti di sicurezza e organizzativi (UNI e CEI); -che fin dal marzo 2005, l emittente avrebbe avviato una campagna di informazione e sensibilizzazione dei propri clienti attraverso diversi canali di comunicazione, affinché essi usassero la dovuta attenzione al fine di evitare la divulgazione dei propri dati; -che nelle comunicazioni indiriz-zate alla clientela, sarebbe Pag. 4/10

4 stata messa in rilievo l esistenza del fenomeno del phishing, precisando che in nessun caso l emittente avrebbe chiesto per posta elettronica ai propri correntisti le credenziali personali e sensibilizzandoli a non inserire i propri codici personali in siti Internet raggiunti cliccando su link presenti nelle comunicazioni ricevute per posta elettronica o in qualsiasi altro sito diverso da quello ufficiale dell emittente; -che inoltre, sul sito istituzionale dell intermediario, sarebbero state pub-blicate alcune pagine WEB dedicate, con istruzioni e modalità di prevenzione del phishing e corredate da esempi di messaggi di posta elettronica fraudolenti, da un elenco di società fantasma segnalate all autorità giudiziaria e da un video di apprendimento; -che l informativa al pubblico sarebbe stata anche rafforzata da un azione rivolta alle principali associazioni di consumatori e dall invio di una lettera circolare periodicamente dedicata al fenomeno del phishing; -che nel 2006 l emittente avrebbe annualmente inviato a tutti i titolari di una carta prepagata una pubblicazione informativa sul phishing; -che a partire dal 2007 sarebbe stato realizzato e pubblicato sul sito istituzionale della banca emittente un portale anti-phishing dedicato alla sicurezza in Internet; -che pertanto non vi sarebbe dubbio che i terzi siano venuti a conoscenza dei codici della carta prepagata del ricorrente a causa di un suo comportamento negligente, costituito dalla violazione dell obbligo di segretezza di tali codici; -che l imprudenza nella custodia della carta prepagata e dei relativi codici personali integrerebbe gli estremi della colpa grave da parte del ricorrente, escludendo pertanto il risarcimento del danno ai sensi dell art. 1227, 2 comma, c.c. Ciò posto, la resistente ha chiesto che il ricorso sia rigettato perché infondato. Diritto La responsabilità dell emittente di una carta prepagata per il suo utilizzo non autorizzato è disciplinata dall art. 12 del d.lgs. 27 gennaio 2010, n.11, il quale ha attuato nell ordinamento giuridico italiano la direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno europeo. Nel caso di specie, i pagamenti contestati dal ricorrente sono stati effettuati (il 16 agosto 2010, ossia) prima che (il 24 agosto 2010) egli, avvedendosene mediante la consultazione dell estratto conto, effettuasse all emittente della propria carta prepagata la comunicazione del suo utilizzo non appropriato, ai sensi dell art. 7, 1 comma, lett. b), del d.lgs. n.11 del Pag. 5/10

5 La responsabilità dell emittente è disciplinata pertanto dall art. 12, 3 comma, del medesimo decreto, il quale statuisce che, «salvo il caso in cui abbia agito con dolo o colpa grave ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono l utilizzo dello strumento di pagamento, prima della comunicazione eseguita ai sensi dell art.7, 1 comma, lett. b), l utilizzatore medesimo può sopportare per un importo comunque non superiore complessivamente a 150,00 la perdita derivante dall utilizzo indebito dello strumento di pagamento conseguente al suo furto o smarrimento». In virtù di tale disposizione legislativa, il prestatore di servizi di pagamento può escludere la propria responsabilità per l utilizzo non autorizzato di uno strumento di pagamento soltanto provando la colpa grave dell utilizzatore, la quale costituisce un fatto impeditivo del risarcimento del danno, ai sensi dell art. 2697, 2 comma, c.c. La resistente (a p.2 delle controdeduzioni) ha tuttavia obiettato che l utilizzo della carta prepagata a favore del sito Internet sul quale è avvenuta la transazione disconosciuta dal ricorrente presupporrebbe necessariamente la conoscenza dei suoi codici identificativi personali (compreso quello CVV2, noto soltanto al titolare): poiché i sistemi informatici centrali della banca emittente non avrebbero subìto alcuna violazione, né fisica, né elettronica, si dovrebbe pertanto supporre che tali codici identificativi siano stati acquisiti presso il ricorrente stesso, o perché egli li abbia custoditi in modo negligente o imperfetto, o perché gli siano stati carpiti on line mediante un apposito programma spia o malware. Tale difesa non può essere tuttavia accolta. A tale proposito, si deve in generale premettere che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la colpa grave è costituita da una «straordinaria e inescusabile» imprudenza, negligenza o imperizia, la quale presuppone che sia stata violata non solo la diligenza ordinaria del buon padre di famiglia di cui all art. 1176, 1 comma, c.c., ma anche «quel grado minimo ed elementare di diligenza generalmente osservato da tutti» (Cass., 3 maggio 2011, n.913; Cass., 13 ottobre 2009, n ; Cass., 19 novembre 2001, n.14456). È bensì vero che, ai sensi dell 7, 1 comma, lett. b), del d.lgs. n.11 del 2010, il titolare di uno strumento di pagamento ha l obbligo di «utilizzare lo strumento di pagamento in conformità con i termini, esplicitati nel contratto-quadro, che ne regolano l emissione e l uso». Ed è altresì vero che l art.6 di tale contratto-quadro, che è stato invocato dalla banca resistente (a p.5 delle controdeduzioni), prevede che il cliente «è tenuto ad adottare Pag. 6/10

6 le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati, quali strumenti identificativi e operativi, che ne consentono l utilizzo» Tuttavia, l art. 10, 2 comma, del d.lgs. n.11 del 2010 statuisce che, «quando l utilizzatore di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento eseguita, l utilizzazione di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l operazione sia stata autorizzata dall utilizzatore medesimo, né che questi abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all art.7». Avendo allegato esclusivamente il fatto stesso dell utilizzo non autorizzato della carta prepagata intestata al ricorrente, la resistente non ha dato pertanto la prova che, per quanto qui rileva, il ricorrente abbia agito con dolo o colpa grave. Nelle proprie precedenti decisioni, questo Arbitro ha del resto costantemente ribadito (e per tutte v. la decisione ABF, Collegio di Roma, n. 665 del 2010) che «allo stato delle conoscenze tecnologiche non si può affatto escludere la possibilità della sottrazione al cliente, da parte del terzo frodatore, dei codici identificativi attribuiti al primo per l accesso ai servizi bancari on line o per l utilizzo di strumenti di pagamento, senza che al comportamento del cliente possa riconoscersi alcuna efficienza causale nella produzione del fatto illecito (il furto dei detti codici d accesso o numeri identificativi)». Tali considerazioni valgono anche a proposito dell inserimento del codice di sicurezza CVV2, posto sul retro della carta prepagata e noto soltanto al suo titolare (v., ad es., decisione ABF, Collegio di Roma n del 2012),. Indubbiamente, non si può a priori escludere che, così com è stato allegato dalla resistente (a p.2 delle controdeduzioni) i codici identificativi del ricorrente gli siano stati carpiti on line mediante un apposito programma (c.d. malware). Tuttavia, fermo restando che, ai sensi dell art. 2697, 2 comma, c.c., l onere della prova di tale fatto grava pur sempre sulla resistente, si deve rilevare che «la presenza del malware non è di per sé indice di una negligenza di custodia da parte dell utente, vuoi in ragione della natura particolarmente sofisticata del suddetto programma malevolo, della sua inerzia rispetto al normale funzionamento del sistema e della sua spiccata capacità di aggirare antivirus e firewall, vuoi a motivo del fatto che una delle caratteristiche proprie del servizio di home banking è la sua attivabilità da qualsiasi postazione automatica, anche diversa da quella di proprietà dell utente (un Internet café, il computer messo a disposizione da un hotel o prestato da un amico o collega e così via), sicché non può escludersi la presenza del virus in tali diverse macchine e del pari non può affermarsi alcuna grave negligenza dell utente Pag. 7/10

7 né nell essersene avvalso né nel non aver posto in essere l obiettivamente esigibile, spesso impossibile [ ] cautela di operarne una preventiva disinfestazione» (decisione ABF, Collegio di coordinamento, n.3498 del 2012). Poiché questo Arbitro ritiene che non sia stata provata la colpa grave del ricorrente, ai sensi dell art. 12, 3 comma, del d.lgs n.11 del 2010 la resistente è nei suoi confronti responsabile del danno costituito dalla perdita degli importi addebitatigli, fermo restando quanto si dirà subito dopo a proposito del limite di tale responsabilità (c.d. franchigia). *** L art. 12, 3 comma, del d.lgs. n.11 del 2010 prevede che l utilizzatore di uno strumento di pagamento possa sopportare per un importo complessivamente non superiore a 150,00 la perdita derivante dall utilizzo indebito di tale strumento, conseguente al suo furto o smarrimento. Questo Arbitro ritiene che tale importo debba essere caso per caso determinato secondo i seguenti criteri (v. la decisione ABF, Colle-gio di Roma, n del 2012): 1. La proporzione con l entità della somma fraudolentemente sottratta (in particolare, su una somma esigua, di poche cen-tinaia di euro, la franchigia da dedurre non potrà comunque raggiungere la soglia massima di 150,00); 2. La maggiore o minore levità della compartecipazione colpo-sa del ricorrente nella produzione del fatto illecito (i prelievi fraudolenti); 3. Il grado di negligenza dell intermediario. Per quanto riguarda il punto n.1, nel caso di specie questo Arbitro ritiene che l importo delle operazioni disconosciute non sia esiguo, pur non risultando particolarmente elevato. Si giustifica pertanto l applicazione di una franchigia, ma di importo inferiore a quello massimo stabilito dall art. 12, 3 comma, del d.lgs. n.11 del Per quanto riguarda il punto n.2, questo Arbitro ritiene che non sussistano specifici elementi probatori di un eventuale compartecipazione colposa del ricorrente nella produzione del fatto illecito. In particolare, premesso che l utilizzatore di servizi di pagamento on line è tenuto a effettuare un monitoraggio periodico dei propri conti, finalizzato ad accertare eventuali operazioni non autorizzate (decisioni ABF, Collegio di Roma, n.2301 del 2012 e n.214 del 2012 ex plurimis), si deve rilevare che gli importi di cui Pag. 8/10

8 si tratta sono stati addebitati il 16 agosto 2010 al ricorrente ed egli se ne è avveduto il 24 agosto 2010, e pertanto tempestivamente (a maggior ragione, se si tiene conto che si trattava del periodo delle vacanze estive), provvedendo subito a comunicare quanto accaduto alla resistente e a bloccare la carta prepagata. Per quanto riguarda il punto n.3, conviene premettere che il prestatore di servizi di pagamento deve «assicurare che le caratteristiche di sicurezza personalizzate di uno strumento di pagamento siano accessibili solo all utente di servizi di pagamento abilitato ad utilizzare lo strumento stesso, salvi restando gli obblighi imposti all utente di servizi di pagamento di cui all art. 56». A ciò consegue che il prestatore dei servizi di pagamento può dare la prova di aver adempiuto le proprie obbligazioni contrattuali con la diligenza richiesta dalla natura dell attività che esercita (art. 1176, 2 comma, c.c.) soltanto dimostrando di aver assicurato che lo strumento di pagamento sia accessibile solo dall utente. Ciò vale a maggior ragione, se si considera che la diligenza che è richiesta a un intermediario nell adempimento delle proprie obbligazioni deve essere valutata con particolare rigore, perché è «qualificata dal maggior grado di prudenza e attenzione che la connotazione professionale dell agente consente e richiede» (Cass. civ., sez. I, 24 settembre 2009, n ). Per quanto riguarda la prestazione di servizi elettronici e l emissione di strumenti di pagamento operanti on line, in particolare, «non può essere omessa [ ] la verifica dell adozione da parte dell istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio [ ]: infatti, la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento e assumendo quindi come parametro la figura dell accorto banchiere» (Cass. civ., sez. I, 12 giugno 2007, n ). Nel caso di specie, la resistente ha allegato (a p.8 ss. delle controdeduzioni) e documentato (all.a alle controdeduzioni) di aver adottato sistemi di sicurezza e di garanzia delle transazioni on line che sono conformi agli standard ISO/IEC e che sono stati accertati da certificatori accreditati SINCERT. Tenuto anche conto della ricorrente contestazione di operazioni effettuate mediante i sistemi di pagamento on line dello stesso intermediario, non si può peraltro non osservare che, come ribadito da questo Arbitro nella decisione del Collegio di coordinamento n.3498 del 2012, il parametro della diligenza professionale di cui all art. 1176, 2 comma, c.c. impone di effettuare un costante ed effettivo monitoraggio dei sistemi di sicurezza, il quale Pag. 9/10

9 tenga conto dell evoluzione dei metodi di aggressione informatica e della costante ricerca di soluzioni tecniche protesa a ovviarne o quanto meno arginarne le offensive. Contemperando fra i suddetti criteri, questo Arbitro ritiene che, nel caso di specie, la franchigia di cui all art. 12, 3 comma, del d.lgs. n.11 del 2010 possa essere determinata in 75,00. Per quanto riguarda invece le spese legali sostenute ai fini del ricorso a questo Arbitro, la domanda risarcitoria deve essere rigettata, poiché il ricorrente non ha dato alcuna prova del loro ammontare. Non sussistendo i presupposti di cui all art c.c., tale danno non è suscettibile di essere liquidato in via equitativa. In accoglimento del ricorso, la banca resistente è pertanto condannata a pagare la somma di 625,00, oltre agli interessi legali dal giorno del reclamo a quello del pagamento. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Dispone inoltre che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 10/10

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