A Mestre una città fatta di nuovi cittadini

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1 PIAZZA MAGGIORE G I O R N A L E P E R I O D I C O D E L D U O M O D I M E S T R E N ottobre 2011 PIAZZAMAGGIORE periodico della parrocchia di San Lorenzo di Mestre Direttore responsabile: Giuseppe Fausto Bonini iscriz. Trib. di VE n Distribuzione gratuita A Mestre una città fatta di nuovi cittadini editoriale Ma per evitare le paure non basta fare discorsi teorici di Fausto Bonini S ul Gazzettino di qualche giorno fa ho letto una lettera, siglata, che non mi ha affatto sorpreso. Il lettore scriveva al giornale di aver dovuto percorrere di notte via Piave per raggiungere la stazione ferroviaria e di aver provato una sorta quasi di paura. E continua scrivendo non so ancora spiegarmi se fosse stata solo insicurezza, disagio o solo una mia personale sensazione. La stessa sensazione l ho provata anch io qualche tempo fa rientrando a casa dalla stazione a tarda sera. Da allora ho deciso che non farò più a piedi la strada dalla stazione a Piazza Ferretto, ma prenderò un autobus o un taxi o chiamerò qualcuno che venga a prendermi in macchina. Se non è paura è qualche cosa di molto affine. Nel corso della notte di sabato scorso c è stata un rissa furibonda davanti alla stazione e alla fine sul terreno è rimasto un marocchino ferito in maniera seria. Qualche giorno più tardi, la notizia della Polizia circondata e minacciata mentre effettua un fermo. Se alla stazione ferroviaria e lungo via Piave non si respira aria buona, non è che la situazione sia migliore in via Rosa, Piazza Donatori di sangue, via Carducci e dintorni. Quando la paura prende il sopravvento, la città si chiude a riccio e difficilmente poi si rimonta la china. Poi si corre il rischio di generalizzare e pensare che ogni immigrato sia un ipotetico delinquente da cui stare alla larga. Se la paura prende il sopravvento, saltano tutte le ipotesi di convivenza, di integrazione. Si rischia di dimenticare che la convivenza pacifica si realizza solo in una società che sa integrare culture e etnie diverse. L era della globalizzazione ce lo impone. Ma le porte delle nostre città non possono essere aperte sempre e per tutti. Essere accoglienti non significa soltanto aprire le porte delle nostre città e far entrare chiunque. Ma significa soprattutto mettere le persone nella condizione di poter vivere in tranquillità i propri diritti e i propri doveri. Niente buonismi in queste situazioni così delicate. E invece ( ) continua a pag. 3 proposte Sette faticosi sentieri per cercare un tesoro: parte la corsa all oro dei giovani della città Abita in Terraferma la stragrande maggioranza dei immigrati del Comune di Venezia, novemila nel centro di Mestre, e cinquemila a Marghera. È grazie a loro se la città non si è ancora trasformata in un ospizio. Svolgono i lavori che gli italiani non vogliono, ma seimila di loro si sono trasformati in imprenditori... Costituiscono una risorsa, e a volte sono un problema, su cui è bene aprire gli occhi alle pagg. 1/4 all interno p. 7 Mestre ha le carte in regola anche sul fronte della cultura L Assessore provinciale Speranzon: Mestre è la città più fortunata perché è la più vicina a Venezia, che è la città più bella del mondo. Deve valorizzare questa ricchezza, ma anche le proprie specificità. I numerosi arrivi che Mestre è stata capace di ospitare hanno stimolato un fermento culturale che altrove si trova raramente: Mestre è la città meno provinciale e più metropolitana del Veneto. pp. 8 9 Catechesi: Chiara alla guida di due piccoli grandi eserciti Si apre l anno di attività della Parrocchia del Duomo e Chiara Cosmo spiega: Da una parte, posso contare su 72 persone, tra catechisti e animatori. Dall altra parte, abbiamo circa 370 bambini e ragazzi iscritti nel pre-cresima; poi ci sono i ragazzi del dopo Cresima, i giovani, gli adulti che continuano a seguire momenti di formazione. p. 10 Il Custode della Terra Santa guida i pellegrini veneziani Sono quasi 700 i cristiani della Diocesi di Venezia che andranno pellegrini in Terra Santa, all inizio di novembre. A loro, ma anche a tutti coloro che vogliono incontrare un testimone eccezionale, l Istituto Laurentianum propone un incontro con padre Pizzaballa, il Custode della Terra Santa. I l paragone è forte, molto chiaro, per nulla ambiguo. Suona così: Cercare Dio è faticoso, com era faticoso il lavoro dei cercatori d oro. Quando trovi, però, hai trovato tutto. Il Duomo di Mestre fa una proposta ai giovani che non hanno paura di sporcarsi le mani, e di chinare la schiena, e di setacciare l acqua, come facevano i cercatori d oro sui torrenti del Klondike. A questi giovani studenti, universitari o lavoratori propone sette piste lungo le quali cercare l oro, e cercare Dio. Sono i sette itinerari del ciclo Cercatori d oro, cercatori di Dio che parte al Centro Santa Chiara (dietro il Supermercato Simply in via Carducci). Le frecce all inizio dei sette sentieri, come sette cartelli del vecchio West, dicono: L arte di amare, Il Padre Nostro, La morte e il dopo, Il Vangelo di Luca, L Eucaristia, Credere in Gesù, La sessualità come dono. E lungo questi sette intinerari i giovani cammineranno in piccoli gruppi, scegliendo ciascuno quale strada esplorare e quali compagni di viaggio scegliere. Si incontreranno sempre di martedì, alle ore 21.00, per dodici volte da qui a maggio, e sempre al Centro Santa Chiara. Ad accompagnarli, guide adulte sacerdoti e laici che hanno l incarico di portare i gruppi fino al luogo migliore dove piantare le tende e tirar fuori vanga e setaccio. La proposta è quasi una proposta d altri tempi, non solo nella metafora dei cercatori d oro, ma soprattutto nello stile di assoluta serietà: ogni percorso preverederà infatti un lavoro continuativo di preparazione, lo studio di testi, il confronto delle tesi diverse. In Duomo sono convinti che su queste strade, insieme ai tanti universitari della Casa San Michele che già hanno scelto di partecipare, si troveranno tanti altri giovani della città. Tutti pronti a fare fatica, almeno una volta ogni tanto, pur di trovare la pepita che cambia la vita. Appuntamento al campo base, a Casa Santa Chiara, martedì 8 novembre, alle ore 21.00, per cominciare a cercare. (G.G.)

2 2 PIAZZAMAGGIORE 15 ottobre 2011 LA CITTÀ rileggendo Attrazione veneziana, tanti gli arrivi Saranno le possibili prospettive di lavoro legate al mito dell operoso Nord Est, sarà il benessere diffuso delle nostre città, sarà che siamo a due passi dal confine con il mondo balcanico... fatto sta che gli stranieri a Venezia sono quasi il doppio della media nazionale. Nel nostro Comune, al 31 dicembre 2010, si contavano immigrati, il 13% della popolazione residente. In Italia a inizio 2010 se ne contavano , pari al 7% della popolazione. Il Veneto, con stranieri residenti, è la terza regione per numero di immigrati, dopo Lombardia e Lazio: sono il 9,8% della popolazione totale e sono aumentati del 5,8% tra il 2008 e il I numeri dicono Bangladesh Gli immigrati mestrini arrivano soprattutto da Bangladesh e Moldavia. I Bengalesi rappresentano la comunità più numerosa con presenze, il 16,2% del totale, seguiti dagli immigrati che vengono dall est: Moldavi, Rumeni e Ucraini. Solo al quinto posto i Cinesi con presenze. È pur vero che gli arrivi di Cinesi sono aumentati tra il 2008 e il 2009 di oltre il 16%, ma l incremento più significativo è stato proprio quello dei Moldavi che ha fatto registrare un +22,3%. Sono le persone arrivate in terraferma dall intera Africa, il 6,9% del totale degli immigrati presenti: provengono soprattutto da Senegal, Marocco, Egitto e Tunisia. Preferiscono abitare in centro Pochi in laguna 5.248, solo il 18% del totale gli immigrati scelgono per lo più di abitare in terraferma. Sono in gli stranieri residenti spalmati tra Mestre, Marghera, Favaro, Carpenedo, Zelarino e la Gazzera. Il quartiere preferito è di sicuro quello del centro città con immigrati pari al 37,4% delle presenze totali di terraferma. Quest area piace soprattutto ai Bengalesi, che vivono qui in 2.217, ai Moldavi (1.242) e ai Cinesi (1.208). Nella classifica dei quartieri preferiti seguono Marghera con persone, anche qui molti bengalesi, e la zona di Carpenedo-Bissuola con 3.830, molta amata da moldavi e rumeni. Fanalino di coda della terraferma l area Cipressina-Zelarino-Trivignano con stranieri residenti. Nel Comune di Venezia abitano oltre stranieri, il 13% della popolazione residente. Di questi, solo una piccola parte, circa seimila, se ne sta in laguna: il resto trova casa in terraferma. Ecco la fotografia dettagliata dell immigrazione nella nostra città Le fonti I dati demografici arrivano dal Servizio Statistica e Ricerca del Comune di Venezia Ufficio anagrafe: I dati sul lavoro arrivano dal Dossier Caritas Migrantes Info: I dati sul mondo imprenditoriale e sulla scuola arrivano da due studi dalla Fondazione Leone Moressa, istituto mestrino di studi e di ricerche economiche. Info: In Terraferma A Mestre-Centro Domenica pomeriggio: un invito per una pizza a casa di amici e bisogna proprio trovare qualche birra. Veloce giro per il quartiere, tutto chiuso. Ultima spiaggia: il bar sotto casa, quello dei Cinesi. Al bancone un ragazzo, sedici anni al massimo. Alla richiesta delle birre, la sorpresa: Gò quee picoe, ma se te voi qua soto go anca quee pì grande. Eccola qui l integrazione: lui ha gli occhi a mandorla ma parla il veneziano meglio di me. L avrà imparato dai vecchietti che ogni giorno giocano a carte nel suo bar. O forse è nato qui e ha imparato l italiano a scuola, come tutti i bambini. Fatto sta che il glazie che ti aspetti lascia il posto alla r arrotata e strascicata della terraferma. E allora: è cinese o veneziano? Un bell esempio di integrazione. Come quello del gruppo di ragazzi figli di immigrati che un paio di anni fa, al Candiani, ha dialogato con il Patriarca Scola, tenendo testa alle sue disquisizioni antropologiche, e dando l impressione di una grande preparazione e di una grande voglia di fare. Begli esempi di integrazione, che danno speranza. E ne serve tanta se si pensa alla marea di fatti neri che, è inutile nasconderlo, anche qui da noi raccontano di un integrazione per nulla riuscita. Come la banda scoperta al Campo Sinti. Come i senzatetto sgomberati dall ex deposito Actv demolito. Come il degrado in via Piave. Come il fattorino cingalese mandato all ospedale, pestato a sangue da un gruppo di bulletti locali. Serve forse ripartire dall inizio, e dalla reciproca conoscenza. Chiediamoci: chi sono davvero gli stranieri di Mestre? Sono tanti e su questo non ci piove. Gli stranieri in città sono tanti: lo si capisce girando per strada ma anche guardando le cifre. Di sicuro qui da noi sono il doppio della media nazionale. Secondo gli aggiornatissimi dati del comune sugli immigrati regolari, al 31 dicembre 2010 a Venezia c erano oltre 29 mila stranieri, il 13% della popolazione residente. Di questi, però, solo una piccola parte se ne sta in laguna: il resto e sono più di 23 mila trova casa in terraferma. Maschi e femmine si dividono equamente a metà, ma questo non significa per forza equilibrio tra i sessi. Dall Africa, per esempio, arrivano soprattutto uomini, dall est europeo soprattutto donne: mondi che faticano ad incrociarsi. Sono diversi, sì. Ma non troppo. Perché, anche se la comunità più numerosa è quella del Bangladesh, la maggior parte degli stranieri quasi il 56% arriva dai Paesi dell Est Europa, soprattutto Moldavia e Romania. Con buona pace di chi tuona contro l invasione cinese: da noi ce ne sono poco più di 2000, cioè il 7% del totale. Gli immigrati: giovani e operai. Gli immigrati sono giovani? In effetti, per strada non se ne incrociano molti che abbiano diciamo più di quarant anni. Non è solo un impressione: in terraferma 11mila immigrati hanno un età compresa tra i 20 e i 40 anni, mentre gli ultrasessantenni stranieri sono poco più di 600. Per un Paese geriatrico come il nostro, è un discreto vantaggio: immigrati giovani significa pensioni pagate ai nostri vecchi e popolazione che si rinnova. Perché, vuoi o non vuoi, a fare figli in Italia sono soprattutto loro: su 1400 bambini nati in terraferma nello scorso anno, 211 erano stranieri, cioè il 15%. Terraferma straniera, abbiamo detto. Ma dove vivono gli immigrati? A Mestre-Centro, senza ombra di dubbio. È questo il quartiere preferito con quasi 9000 stranieri residenti, seguito da Marghera con 5000 presenze. Scelte diverse, però, tra le comunità: ai Moldavi piace di più la zona di Carpenedo-Bissuola, i Cinesi si piazzano in centro città, i Bengalesi a Marghera. Più difficile capire che lavoro fanno gli stranieri di Mestre. Non esistono dati locali aggiornati e precisi. Secondo l ultimo dossier Caritas-Migrantes, pubblicato a fine 2010, gli immigrati in Veneto lavorano per lo più come operai da catena di montaggio (32%), come manovali (13%) e come cuochi e sguatteri nelle cucine degli alberghi o dei ristoranti (12%). Lavori di fatica, poco pagati, che anche in tempo di crisi gli italiani non vogliono più fare. Tra gli stranieri, però, c è anche chi si mette in proprio. E non sono pochi. Ancora secondo la Fondazione Moressa, a giugno 2011 si contavano a Venezia 6000 imprenditori stranieri, l 8,7% del totale. Immigrazione e reati: non c è collegamento. Che gli stranieri siano anche dei delinquenti è un pregiudizio da sfatare. Il dossier Caritas-Migrantes racconta, infatti, che tra il 2008 e il 2009 le denunce nei confronti dei cittadini stranieri sono calate: in Veneto si è passati dalle oltre 28 mila a poco più di 24 mila, a fronte di un continuo aumento di arrivi stranieri. E in queste denunce si contano anche quelle contro gli irregolari. Il tasso di criminalità degli stranieri regolari, poi, è di fatto uguale a quello degli italiani. Certo: un calo delle denunce non significa necessariamente un calo del numero dei reati, ma i due fenomeni reati e immigrazione non sono per forza collegati. Ecco numeri e cifre che possono dare un quadro, un identikit virtuale e non del tutto completo, visto che taglia fuori la massa degli irregolari (in Italia sarebbero tra i 500 e i 750 mila). Non scordiamo, però, che gli immigrati di Mestre sfiorano la nostra vita ogni giorno, spesso l accompagnano lavorando con noi. Sono prima di tutto facce, uomini e donne. Non solo numeri. Chiara Semenzato CONCESSIONARIO ESCLUSIVO DI GUAINE TERMOINDURENTI BECA ENGINEERING PER IL RISANAMENTO DELLE CANNE FUMARIE VANTAGGI PERFETTAMENTE ADERENTE IN TUTTE LE SITUAZIONI INTELLIGENTE PERCHÉ SI APPLICA FACILMENTE I M P I A N T I T E C N O L O G I C I Corso del Popolo, 138/ MESTRE VE Tel Fax sar-impianti@libero.it Certificazione UNI EN ISO 9001:2000 CERTIQUALITY Non necessitando di interventi murari i tempi di realizzazione sono ridotti di un terzo: velocità e nessun disagio per il cliente. Il materiale coibentante migliora la velocità dei fumi favorendo la perfetta efficienza della canna fumaria. Tutte le guaine hanno alta resistenza al calore ed alla corrosione, pertanto garantiscono al prodotto finale una lunghissima durata nel tempo. 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3 15 ottobre 2011 PIAZZAMAGGIORE 3 LA CITTÀ Tutti a scuola di integrazione A fare i conti con il diverso sono soprattutto i più piccoli: in asili e scuole l integrazione ormai è già realtà. Una sfida da vincere ogni giorno, soprattutto per gli insegnanti. Secondo uno studio realizzato dalla Fondazione Moressa e pubblicato lo scorso 2 settembre, sono i bambini e i ragazzi stranieri iscritti alle scuole veneziane, circa il 9% degli studenti totali. Anche in questo caso un dato un po più alto della media nazionale, ferma al 7,5%. In valori assoluti sono tantissimi, cioè 3.634, gli iscritti non italiani alla scuola primaria. In termini relativi, però, l incidenza più massiccia è nelle superiori di primo grado dove gli studenti stranieri sono ma rappresentano ben il 10,5% del totale. Censimento: Comune e immigrati Il Comune di Venezia pensa agli immigrati, anche loro alle prese in queste settimane con il censimento della popolazione. L amministrazione mette a disposizione un volantino in almeno 8 lingue arabo, turco, romeno/moldavo, filippino, bangla, cinese, ucraino e srilankese in cui sono indicati i centri di raccolta locali. Proprio nei centri di raccolta, poi, ci saranno mediatori culturali per la facilitazione linguistica cioè per aiutare gli stranieri che dovranno compilare il modulo, e, se sarà necessario, un interprete e un servizio telefonico in lingua. A seconda degli afflussi saranno decisi giorni, lingue e localizzazioni. Non mancheranno mediatori per Cinesi, Bengalesi e Rumeni a Mestre e, ancora per i Bengalesi, a Marghera. Attivo anche un call center dell Istat che prevede risposte in inglese, francese, spagnolo, rumeno, cinese ucraino, arabo e singalese. Via Piave, non solo degrado Paura ad uscire la sera, sbandati per la strada, gente ubriaca che fa capannello, il valore immobiliare delle case che crolla, negozi tutti in mano agli stranieri. Via Piave uguale degrado ormai nella mente della gente: un area dove si chiudono i locali per rissa, abbandonata dai mestrini. Eppure anche lì c è ancora chi crede che l integrazione sia la risposta e lavora per costruirla. Cene di quartiere, mercatini, laboratori, animazione: a organizzare tutto l Etam, il servizio di animazione di comunità del Comune di Venezia, e il gruppo di lavoro Piave. Obiettivo: migliorare la qualità della vita, il livello di sicurezza e l integrazione. Punta di diamante il coro 'Voci dal mondo', voci colorate, italiane e straniere, che fanno dell incontro nel canto la loro forza. Info: e Profughi, la Provincia sperimenta Sembra funzionare la sperimentazione avviata a San Donà di Piave del piano di accoglienza dei profughi arrivati dal Nord Africa, presentato lo scorso maggio dalla Provincia di Venezia e dal Prefetto. Per ora si limita a 14 africani, tra cui 7 donne e 3 bambini, tutti in Libia allo scoppio del conflitto. Ai profughi sono stati assegnati alloggi liberi da risistemare e, in città, è scattata la macchina della solidarietà. Volontari, imprese e privati hanno installato impianti e donato arredi ed elettrodomestici. Per i migranti anche un corso di italiano e piccoli lavori di manutenzione in scuole e giardini. Abbiamo creato le condizioni ha spiegato la presidente Francesca Zaccariotto perché i miei concittadini non vivessero i migranti come un imposizione bensì come un opportunità di crescita. Con il loro piccolo aiuto ricambiano la comunità che li ospita e si sentono parte attiva, responsabile e responsabilizzata immigrati sono novemila Corsi di italiano, l aiuto della Btl Indispensabile da un punto di vista pratico per vivere, lavorare, rapportarsi con la gente, ora la conoscenza dell italiano è richiesta agli immigrati anche da un punto di vista formale. Le nuove regole per ottenere il permesso di soggiorno, infatti, prevedono il superamento di una prova che attesti la capacità di parlare la nostra lingua, di scriverla, di capirla. Su questo fronte un aiuto agli stranieri può arrivare anche dalla Banca del Tempo Libero che da qualche anno ormai organizza corsi di lingua e cultura italiana nelle proprie strutture. Info telefonando allo oppure all accoglienza, via Giovanni XXIII n.4, dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle LA METROPOLI DEI DIRITTI Giustizia nelle città: alle Grazie a confronto due testimoni d eccezione Entrare nelle questioni cruciali, con decisione, per aiutare la nostra città. Con questo stile la Fondazione del Duomo di Mestre continua a proporre idee e ragionamenti sul tema dell integrazione urbana. Entrare nelle questioni cruciali: il nuovo appuntamento del ciclo La metropoli dei diritti, così, risponde anche alla richiesta di molti, anche dei sacerdoti della città, che chiedono impegno sul fronte dell integrazione. E sul fronte della costruzione di nuovi rapporti, basati sull apertura ma anche sulla giustizia. Eccolo, allora, l appuntamento in arrivo. Si intitola Giustizia urbana: risposte possibili agli ultimi (arrivati) e metterà a confronto, don Vrginio Colmegna, un sacerdote che opera in prima linea e un giurista di altissimo livello, Alessandro Pajno. L obiettivo: provare a capire quale giustizia chiedono gli ultimi (i poveri, gli immigrati, i giovani precari, i disoccupati...) e quali risposte dà loro il sistema della giustizia del nostro Paese. editoriale Ma per evitare le paure non basta fare discorsi teorici segue dalla prima pagina ( ) dobbiamo attrezzarci per accogliere in modo adeguato. Il che significa dare a tutti la possibilità di avere una casa e un lavoro. Siccome anche gli immigrati, come tutti gli uomini e le donne del mondo, devono dormire la notte e mangiare qualcosa nel corso della giornata, hanno diritto di avere una qualche risposta su questo terreno. Nell impossibilità di farlo è meglio chiudere la porta e riconoscere l impossibilità di accogliere. Problema casa prima di tutto. Se queste persone si accolgono sul nostro territorio e poi non gli si offre la possibilità di dormire in un letto sotto un tetto in una qualche struttura, andranno necessariamente a trovare spazi in edifici abbandonati o sotto qualche cavalcavia. Non hanno alternative. I vicini protestano. Giustamente. Conseguenza: si chiude la struttura e si mandano via gli occupanti. I quali, non avendo alternative, andranno a sistemarsi da un altra parte. In attesa di essere cacciati anche da là. Per il lavoro vale la stessa logica. Se non hanno un lavoro o un qualche sussidio, non gli resta che l alternativa di andare a rubare. Si dice che alla fame non si comanda. Ed è proprio vero. Così crescono in maniera esponenziale i furti, le rapine, gli scippi. E spesso queste persone, è bene non nascondercelo, finiscono per diventare manovalanza della malavita locale. Buoni i discorsi teorici sul tema immigrazione, ma il discorso teorico frana su questi aspetti che i cittadini vivono in modo diretto e personale. Allora subentra la paura. E la paura, lo sappiamo bene, è sempre una cattiva consigliera. Mons. Fausto Bonini Arciprete del Duomo di Mestre e Delegato Patriarcale per la Terraferma info: Giustizia urbana: risposte possibili agli ultimi (arrivati) Dialogo tra Alessandro Pajno, giurista, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato e don Virginio Colmegna, Presidente della Casa della Carità di Milano sabato 15 ottobre 2011 ore Aula Magna del Centro Le Grazie Mestre Corte Marin Sanudo, Mestre tel fax piazzamaggiore@duomodimestre.it Direttore: Fausto Bonini donfausto@duomodimestre.it Realizzazione: Giulio Giuliani giuliani@duomodimestre.it Progetto grafico: Marina Pistorello Stampa: Compeditoriale Veneta srl Mestre

4 4 PIAZZAMAGGIORE 15 ottobre 2011 LA CITTÀ La Polizia blocca un giovane manifestante durante i disordine delle banlieu La Caritas: Serve un percorso che educhi a libertà e giustizia A ripensandoci casa mia le regole le faccio io diceva un uomo tunisino con il quale la Caritas era intervenuta per impedirgli di picchiare la moglie. In quella famiglia racconta don Dino Pistolato, direttore della Caritas veneziana la mediazione non ha funzionato e siamo giunti alla denuncia. Non è che non avesse un senso della giustizia o del diritto: ne aveva semplicemente uno diverso dal nostro. La differente cultura antropologica dalla quale provengono i migranti presenti in città risulta essere un ostacolo quando la definizione di diritto e dovere non combaciano in modo perfetto. Ho osservato spiega don Pistolato che esistono due diversi tipi di problematiche quando si parla di immigrazione e giustizia: quando un migrante proviene da una realtà dove un costrutto normativo c è, ma è diverso dal nostro, emergono dei problemi di integrazione. Eppure, un qualche senso delle regole ce l ha anche l immigrato; e magari finisce con l interpretarle in modo molto rigido, fino ad essere integralista. Molto più problematico è però il rapporto con coloro che provengono da realtà di oppressione: in un contesto di assenza del diritto, di mancanza di libertà, è ancora più difficile spiegare ad un migrante giunto nel nostro Paese cosa significa davvero l esercizio della libertà. È così facile abusarne che finisce spesso con il commettere qualche reato. Quello che emerge dall esperienza Caritas è la necessità di costruire per queste persone un percorso di educazione alla libertà e ad un diverso sistema della giustizia. Servirebbe prosegue un accompagnamento all integrazione che parta dalle regole sociali e civili, una scuola di libertà, dove però la parola libertà non significa che puoi fare quello che vuoi, ma che puoi fare quello che vuoi nel rispetto dell altro. Una delle vie efficaci, in questa direzione, è quella della mediazione culturale che si innesca nella scuola a partire dall integrazione dei bambini nella società civile attraverso l istruzione. Ma non senza pesanti ostacoli: Spesso aggiunge don Pistolato si fa molta attenzione al contesto in cui il bambino vive a scuola, ma troppo poca a quello in cui cresce in casa. E quando si genera un conflitto tra questi due mondi ecco che invece che aiutare una famiglia ad integrarsi nella società abbiamo perso un opportunità e creato un ragazzo disadattato, che crescerà diviso tra due mondi paralleli, con regole talvolta opposte. Sarebbe molto utile per colmare la distanza tra un mondo e l altro la mediazione della comunità di appartenenza, ma non senza l intervento della società italiana. Don Dino Pistolato riconosce il valore di questa strada ma allo stesso tempo ne constata l impraticabilità in un momento storico come quello che il Paese sta vivendo: Quando parliamo di problemi sociali, finiamo col cadere sempre nello stesso punto: di fronte ai tagli alle amministrazioni locali si possono pensare ben pochi nuovi progetti di politica sociale. Una situazione, questa, che ha pesanti ripercussioni sul fronte della giustizia, con conseguente intasamento di tribunali e carceri. Decisamente investire di più nella mediazione preventiva porterebbe alla fine ad un risparmio. Francesca Bellemo Mons. Dino Pistolato Welfare in tempo di crisi: tre città e tre sistemi a confronto alle Grazie C ome fa un sindaco a mantenere buono il livello dei servizi per i cittadini, in un tempo di grande crisi e di grandi tagli? Nel welfare, in particolare, e quindi nell assistenza alle famiglie, ai disabili, agli ultimi, come si può continuare ad offrire una rete di servizi funzionanti, se i bilanci comunali sono sofferenti? Il Centro Santa Maria delle Grazie mette a confronto tre assessori ai Servizi sociali di tre città: quello di Venezia, quello di Bologna, quello di Verona. Tre città, tre amministrazioni diverse, tre sistemi a confronto. Dialogheranno tra loro, confrontando le difficoltà e le esperienze, nel convegno DENTRO LA CRISI, NUOVI MODELLI DI WELFARE Con Sandro Simionato, Assessore alle Politiche sociali del Comune di Venezia, Amelia Frascaroli, Assessora ai Servizi sociali del Comune di Bologna, e Stefano Bertacco, Assessore ai Servizi sociali del Comune di Verona. Giovedì 10 novembre, ore Aula magna del Centro le Grazie, via Poerio 32 a Mestre. la proposta Perché dai giovani cittadini non arrivi solo il grido della rivolta L a rivolta delle banlieue parigine, come i sommovimenti degli immigrati nei quartieri di Londra restituiscono un immagine disillusa, quasi arresa, dell Europa. Una disillusione fotografata impietosamente dall ammissione dei premier francese e britannico, Sarkozy e Cameron, del fallimento del multiculturalismo, che pure era sembrato il tratto distintivo e moderno delle società europee più avanzate. Eppure, oggi più che mai, l Italia e l Europa si trovano ad avere bisogno degli immigrati per colmare il proprio gap demografico ed arricchire il proprio mercato del lavoro. Mestre e Venezia non fanno differenza. Ma allora perché il bisogno di nuovi cittadini non si traduce in integrazione? E perché anche quando ai giovani immigrati di seconda generazione viene riconosciuta la cittadinanza, non si assiste al radicarsi di un sentimento di adesione? Perché l equazione Cittadinanza uguale Appartenenza è un equazione imperfetta. Che risulta ancora più imperfetta quando a confrontarsi fra di loro e con le altre generazioni sono i giovani, soggetti liberati in qualche modo dal bisogno economico e inseriti in una società sazia di averi e povera di visione. La necessità di un adeguata integrazione culturale, dentro il grande processo di globalizzazione economica, è un tema solo apparentemente al centro delle agende politiche; e non sempre si avverte l obbligo di convivenza fra culture diverse. Eppure quest obbligo persiste. E se non assolto fa scivolare ed è quanto sta accadendo il significato della globalizzazione e l integrazione che ne dovrebbe seguire verso una più sinistra normalizzazione culturale. Più comoda e immediata, ma certamente più dannosa. È invece necessario ripartire da quel concetto di meticciato che è proprio della cultura e della storia veneta e veneziana, e cioè di una società secolarizzata ma fortemente radicata su valori etici e morali, informati ad una tradizione dell accoglienza, della condivisione, del diritto e, ancor prima, del dovere che si ha nei confronti di sé e dell altro. In quale altro modo potremmo rispondere ai giovani e alla loro visione del futuro se non riconoscendo loro quei diritti inalienabili all istruzione, alla sicurezza, alla sanità, al lavoro, alla famiglia se non siamo noi stessi, se non sono le istituzioni stesse a farsi garanti di tali diritti? Anche perché parliamo di giovani che sono figli di generazioni che da anni vivono nel nostro Paese, ma anche figli di generazioni che appartengono a culture distanti, e per questo ancor più vulnerabili alla fascinazione di un comodo sradicamento valoriale, e a volte addirittura al disinteresse per la comunità e per la società in cui vivono. Certo, ci vuole tempo per comprendere l altro. Ma se alle nuove generazioni siano essi indigeni o meno viene tolta la prospettiva di un luogo dove esercitare diritti e doveri, sostituendola solo con ciò che è utile oggi, ciò che ha un immediato ritorno, viene meno la gratuità dell agire umano, concetto base dell accoglienza. Integrazione e convivenza sono i cardini su cui costruire la società di domani. Perché consentono di confrontarsi per riconoscersi, ammettendo nei bisogni e nella libertà dell altro i propri bisogni e la propria libertà. Non è in fondo questo che la primavera araba, i ragazzi spagnoli, i giovani francesi, i giovani americani, chiedono con lingue diverse, abiti diversi, e modi di fare diversi? Eliminare l adeguamento delle diversità e ripartire dalle richieste comuni di diritti e doveri, rendendole realizzabili: è questa la chiave a cui è dedicato l incontro del 28 ottobre presentato qui sotto per mettere tutti coloro che contribuiscono alla crescita di un territorio nelle condizioni di sentirsene parte. Stefano Nava Campo Sinti: chiedere più sicurezza significa chiedere più giustizia sociale I l Campo Sinti di via Vallenari è tornato, dopo due anni dalle contestazioni e dal clima di alta tensione, alla ribalta della cronaca cittadina. Una banda di ladri, residenti nel villaggio, è stata scoperta dai carabinieri. Ventidue arresti, anche di minori, ne stanno pesantemente segnando un profilo in negativo. Da qualsiasi parte lo si guardi, il blitz delle forze dell ordine ha il sapore di una sconfitta per la Mestre solidale. Usciti dal campo nomadi dove vivevano da cinquant anni in pessime condizioni igieniche, abitando roulotte non sempre confortevoli, i centocinquanta cittadini sinti hanno trovato nella nuova sistemazione in 38 prefabbricati di cemento, con area scoperta a ridosso di ogni modulo abitativo, una possibilità di integrazione, rispettosa delle loro tradizioni e degna di un paese civile. È questa idea che, nonostante tutto, va salvaguardata. La possibilità, cioè, di una convivenza senza omologazione ma nel rispetto di quella giustizia urbana che si fonda sulla legalità, la dignità e la solidarietà. Va da sé che i responsabili di reati debbano essere perseguiti e, magari, allontanati dal villaggio. Ma non può accadere che, responsabilità soggettive seppur in concorso con più persone diventino l occasione per colpevolizzare una intera minoranza. Riaprire polemiche feroci e infondate sarebbe un altro inequivocabile segnale dello scivolamento della nostra cultura, e forse del nostro senso morale, verso la regressione. Stiamo vivendo un periodo di difficoltà e la tentazione di trovare comunque un colpevole può portare a scelte xenofobe. La materia è ostica, ma il nodo è decisivo. Infatti chiedere più sicurezza non significa chiedere solo ordine pubblico ma anche giustizia sociale, qualità urbana e sviluppo inclusivo. E chiedere più ordine pubblico non significa la criminalizzazione del diverso, ma far sì che tutti rispettino le regole e le leggi, senza sconti per nessuno. L Ammnistrazione comunale è chiamata, anche in questo caso specifico, alla massima trasparenza: occorre trattare i cittadini sinti alla stregua di tutti gli altri cittadini, senza preferenze nel pagamento delle utenze e nella riscossione dell affitto previsto per le case pubbliche, commisurando tutto agli standard offerti. È importante e decisivo oggi aver fiducia nel futuro di questa città, anche rifiutando qualsiasi fenomeno pur ambiguo di razzismo, ed essere uomini liberi nella testa e nel cuore. Dentro comunità con culture diverse dalla nostra e nel più vasto fenomeno dell immigrazione, non ci sono solo numeri, categorie sociologiche o speculazioni politiche, ma ci sono persone, volti, storie, affetti, domande di vita. Sandro Bergantin

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