Dal Coaching al Sensemaking: un percorso di Consulenza di Processo

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1 N.2 - Dicembre 2004 Dal Coaching al Sensemaking: un percorso di Consulenza di Processo Scritto da: Sandra Casagrande Mauro Mander Ambrogio Zaia con la collaborazione di: Francesca Capello Editoriale 2 Susanna Ricci per il Servizio Pubblicazioni di Schema 1. Perché parlarne Motivi d avvio 1.2 Fenomeno di moda e/o esigenza diffusa 2. Di cosa si tratta Coaching e Counselling: mappa dei concetti 2.2 Dalla consulenza di processo al Sensemaking 3. L esperienza Schema Le esperienze di Coaching 3.2 Le esperienze di Counselling 3.3 Le esperienze di Consulenza di Processo 3.4 Le esperienze di Sensemaking 3.5 Verso un modello integrato 4. In sintesi Occasioni di utilizzo 4.2 Condizioni di efficacia Schematizie n. 02 dicembre /48

2 EDITORIALE Susanna Ricci per il Servizio Pubblicazioni di Schema Un nuovo numero di Schematizie. Per il tema che vi proponiamo nelle pagine che seguono abbiamo scelto la metafora delle scale, fondamentalmente per due motivi: con una scala noi saliamo verso l alto, a volte a fatica, in ogni caso in direzione di una meta; con una scala, inoltre, noi possiamo anche scendere, quindi andare verso le radici, approfondire. Ci paiono queste le parole chiave che possono, in sintesi, dare il senso delle nostre riflessioni su Coaching, Counselling, Sensemaking e Consulenza di Processo: percorso, approfondimento, valorizzazione dell esperienza, slancio verso obiettivi, energia ed investimento. I contenuti che ritroverete sono il risultato di confronti ed approfondimenti che un gruppo di professionisti di Schema ha condotto negli ultimi sei mesi: si tratta comunque di un lavoro in progress, che, per la tematica in oggetto, riteniamo non si possa esaurire a questo livello di rielaborazione. I consulenti di Schema nascono come specialisti di processi (organizzativi, di sviluppo, ricerca, formazione, ecc.), orientati da un modello teorico (RPC) che mira a dare coerenza e valore aggiunto a ciascun passo operato secondo una logica appunto processiva. La scelta di fornire ora un contributo su quello che in letteratura viene, ad oggi, ancora considerato un terreno ambiguo (Coaching e Counselling appunto) si pone in una logica di continuità e coerenza con le nostre core competencies: pertanto gli ultimi due approcci trattati (Sensemaking e Consulenza di Processo) sono da noi ritenuti più vicini alla nostra cultura professionale. Il senso di condividere con i nostri lettori queste riflessioni e, soprattutto, alcuni punti di interrogazione sugli impatti concreti delle quattro possibilità di intervento, deriva dalla necessità di avviare spunti e riflessioni, secondo logiche di integrazione e contribuzione allargata: ciò significa che speriamo di suscitare il vostro interesse, di ricevere vostre esperienze, idee, suggerimenti. Quindi. Buona lettura! Grazie a tutti coloro che, a seguito del precedente numero di Schematizie, ci hanno contattato, facendoci pervenire commenti e proposte: questo è davvero il senso della comunità di pensiero allargata che ci piacerebbe contribuire a creare con tutti voi. Torna all indice Schematizie n. 02 dicembre /48

3 1. PERCHÉ PARLARNE All inizio del 2004, quando in Schema abbiamo raccolto gli argomenti su cui investire per una riflessione interna, Coaching e Counselling sono emersi come prioritari. Da qui la decisione di avviare la raccolta delle esperienze svolte in Schema su questi temi e di capirne le caratteristiche, ricercando contemporaneamente nella letteratura definizioni e approfondimenti. Quando si è trattato di consuntivare, di tirare le somme al lavoro svolto, di classificarlo per esplicitare un modello sotteso, ci siamo trovati a ragionare su un'area che appariva ambigua, su cui non era facile intenderci. Risolto solo in apparenza il problema (chiamando l area Consulenza di Processo), se ne è presentato un altro: come chiamare quegli interventi, sempre più frequenti, in cui, con professionisti e manager delle aziende clienti, si svolgono attività per riuscire a dare un significato condiviso a fatti aziendali, spesso pressati da eventi nuovi, di rottura rispetto al passato, quegli eventi che, secondo Weick (1997), stimolano la ricerca di senso : Le riunioni raccolgono e generano minoranze e maggioranze, e nel farlo creano l infrastruttura che crea il senso. Anche qui, dopo alcune discussioni, si è trovato l accordo, per lo meno tra chi aveva la responsabilità della ricerca, e si è dato un nome a queste attività: Sensemaking. A questo punto ci si trovava di fronte al problema di capire perché, partendo da due prodotti o servizi, come il Coaching e il Counselling, se ne trovavano altri due: Consulenza di Processo e Sensemaking. Tuttavia: Fare è il mezzo per trovare cose di cui valga la pena di parlare. Le persone scoprono quello che pensano guardando quello che dicono, come si sentono e dove vanno. Il discorso dà senso all andare, per cui coloro che sono più abili a fare ciò che dicono, sono quelli che di fatto raccontano il percorso che si trovano a fare più spesso, con più intensità e soddisfazione. Come posso sapere a che cosa do valore finché non vedo dove cammino? Le persone danno senso alle proprie azioni, al proprio agire, al raccontare (Weick, ibidem). Dunque, se è vero che le persone agiscono per poter pensare (Isenberg, 1986), non potevamo sottovalutare il percorso fatto e non potevamo esimerci dal condividerlo, all interno della nostra comunità di pratiche, e all esterno, certi che questa scelta possa essere di spunto per ulteriori confronti costruttivi. 1.1 Motivi d avvio Il Coaching e il Counselling da un lato rappresentano due tra gli strumenti più efficaci per l intervento nei confronti delle persone, e dall altro sono la risposta all emergere di esigenze organizzative piuttosto recenti, almeno in Europa, di gestione focalizzata al benessere lavorativo dei singoli, con ovvie aspettative, in termini di prestazioni e di risultati per l organizzazione. Consulenza di Processo e Sensemaking sono invece logiche e modalità di lavoro che sempre di più appaiono nel panorama della consulenza e che la nostra esperienza ci consente di mettere in relazione ai due interventi di Coaching e di Counselling. Come già accennato, la scelta è venuta a valle di ragionamenti fatti partendo dall analisi dell attività svolta in questi anni di Coaching e di Counselling: in prima battuta ci si è focalizzati sui due strumenti, poi, via via è emersa l esigenza di collocarli all interno di un Schematizie n. 02 dicembre /48

4 quadro di riferimento che ci ha accompagnato in questi anni di lavoro, da qui l approdo alla sponda della Consulenza di Processo, per addentrarci nel territorio, intrigante e affascinante nello stesso tempo, del Sensemaking. Per poi scoprire che in realtà il modello da noi elaborato Ricercare, progettare e costruire nella complessità o RPC (Castellano, Castellano, Mander, 1997), poteva essere un ottimo punto di partenza. L occasione di riflettere su Coaching e Counselling comunque ha potuto condurci verso un nuovo modello, che sicuramente ha punti di contatto con RPC, ma che testimonia percorsi nuovi, e quindi nuovi punti di avvio e di arrivo. Ritornando ai motivi del diffondersi di interventi quali il Coaching e il Counselling, possiamo rintracciare le cause di questo interesse in una serie di elementi: una prima causa, molto generale e generica, ma probabilmente anche molto diffusa, è riconducibile alla crisi di quei valori tradizionalmente attribuiti alla sfera del lavoro, connessi alla sicurezza, alla stabilità e alla continuità, condizioni sempre meno presenti nelle organizzazioni con cui operiamo, e che tuttavia non sono ancora stati sostituiti da valori (e condizioni) altrettanto forti e motivanti (legati ad esempio all imprenditorialità e all innovazione continua). I valori attribuiti al lavoro, ovviamente, sono connessi agli atteggiamenti delle persone nei confronti del lavoro stesso, che si possono ricondurre a diverse tipologie, alcune delle quali appaiono a maggiore rischio di sofferenza rispetto ad altre. Un modello di tipo sociologico piuttosto recente (Beretta, 1995) ha individuato la presenza, nei paesi industrializzati, di quattro tipologie di atteggiamento nei confronti del lavoro, che risultano dall incrocio di due orientamenti: il considerare il lavoro come puro strumento economico (solo come mezzo per guadagnare) e il desiderio di volere un lavoro al di là del bisogno di denaro (cioè come strumento di realizzazione). Dall incrocio di queste due dimensioni emergono quattro modalità con cui pensare e agire il lavoro: Desiderio di un lavoro al di là del guadagno SI NO Lavoro solo come puro mezzo per guadagnare NO SI AUTOREALIZZAZIONE 43,6 INTEGRAZIONE 7,6 MARGINALITÀ 32,5 ALIENAZIONE 16,3 Fonte: Beretta, 1995 Tra i quattro atteggiamenti, nel mondo occidentale dagli anni 60 in poi, lo stile più diffuso (i dati in figura sono relativi all Italia nel 1989), ancorché nelle fasce medio-alte dei lavoratori, è stato quello dell autorealizzazione, intesa come: Schematizie n. 02 dicembre /48

5 Espressione di un atteggiamento che nega al lavoro il significato di pura strumentalità economica e contemporaneamente vi riconosce la possibilità di un esperienza significativa e valida di per sé. Condizione opposta a questa è l alienazione, visione del lavoro esclusivamente come strumento di acquisizione di risorse monetarie (Beretta, 1995). L atteggiamento marginale è invece quello di chi: Pur vedendo nell esperienza lavorativa un portato relazionale e formativo non riconducibile a pura strumentalità monetaria, tende però a valorizzare in ultima analisi soprattutto l opportunità di acquisizione di risorse infine coloro che, pur vedendo il lavoro solo come fonte di reddito, sarebbero disposti a lavorare indipendentemente dal bisogno di soldi: questo è un atteggiamento che indica una propensione all identificazione con un particolare posto di lavoro, o in cui l acquisizione monetaria assume una validità in sé: in ogni caso è un atteggiamento che rivela una forte integrazione con il sistema e la struttura del lavoro nella società (Beretta, ibidem). La ricerca condotta in vari paesi europei da Beretta per Eurisko (così come molte altre che negli anni si sono svolte) evidenzia dunque un modello e degli stili che mostrano i differenti valori attribuiti al lavoro dalle persone. Il nostro interesse, in questo caso, riguarda la possibilità che molti degli avvenimenti organizzativi (crisi aziendale e conseguente ristrutturazione, richiesta sempre più frequente di cambiamento di ruolo e attività, relazioni interpersonali e gerarchiche più o meno articolate, necessità di aggiornamento continuo, ) possano avere un impatto diverso a seconda del valore attribuito al lavoro dai soggetti. Ciò significa che l esigenza di interventi di Coaching e Counselling può essere connessa non tanto alla situazione in cui si trova il soggetto, ma alla sua lettura e traduzione della situazione, che si costruisce sulla base dei valori di riferimento di ognuno. Sempre in questa logica, si possono rintracciare altri motivi di interesse per il Coaching e il Counselling, connessi a quelli citati, e validi per i paesi industrializzati: La recessione economica mondiale ha costretto molte aziende a ridurre e/o reimpiegare la loro forza lavoro, e allo stesso tempo ad impegnarsi a salvaguardare il benessere delle persone. Le società sono state obbligate, per pure ragioni commerciali, a valutare le esigenze di forza lavoro con grande lungimiranza, a gestire le eccedenze di personale in modo più positivo, a fare i passi necessari per attirare le persone chiave, che desiderano assumere o mantenere, di fronte alla competizione e ad una diminuita lealtà verso l azienda Siano sommersi dalle prove degli effetti negativi dello stress su grande scala, derivante dalle pressioni, dal ritmo e dalle fluttuazioni della vita moderna In Gran Bretagna, 30 milioni di giornate lavorative all anno per assenze certificate sono dovute a ciò che ufficialmente viene chiamata psiconeurosi (Reddy, 1987). Potremmo dunque affermare che si tratta di un fenomeno storico, che ha radici nella evoluzione stessa delle forme di lavoro: L evoluzione verso forme post-fordiste e post-tayloriste di lavoro organizzato si manifesta attraverso trasformazioni profonde a livello di produzione, scambio e organizzazione e queste coinvolgono i modi di vivere e di pensare, dentro e fuori dei luoghi di lavoro. Non Schematizie n. 02 dicembre /48

6 solo, ma riguardano i modi di pensarsi, di intendere il tempo, la storia e la vita, i legami tra le manifestazioni locali e globali dell umanizzazione e della civilizzazione Lo scambio appare caratterizzato da un elevata frammentazione fino all affermarsi di processi di atomizzazione delle scelte, con un enfasi a volte ossessiva sul servizio e sulla qualità. L organizzazione che tende a emergerne è fortemente discontinua e provvisoria nelle sue forme, mentre cerca le condizioni del proprio funzionamento nella incerta esaltazione della leadership, del coinvolgimento e dell autonomia Nelle esperienze organizzative si rileva così un diffuso sentimento di distruttività delle esperienze consolidate e rassicuranti con richieste elevate di rapida trasformazione, tali da coinvolgere significativamente la dimensione soggettiva e le sue possibilità creative. Il paradosso è quello della ricerca di una creatività assoggettata con forti effetti di stress e di alienazione (Morelli, 1999). D altro canto, un ulteriore causa di stress, e dunque di interesse per gli interventi a supporto delle persone nelle organizzazioni (e delle organizzazioni stesse), si può rintracciare nell agire organizzativo di molte imprese, che sovente appare o viene percepito come privo di logica, basato su decisioni di breve respiro, sovente contraddittorie e che risolvono problemi creandone altri: il fatto che questi elementi siano percepiti (e non sempre provati da fatti) non toglie loro valore di concretezza per gli individui che, anzi, rafforzano una sensazione di non appartenenza, troppo spesso evidente nelle organizzazioni. Le stesse organizzazioni poi, per quanto riguarda il riconoscimento degli aspetti soggettivi, contribuiscono a costruire uno scenario paradossale: Da un lato riconoscono l importanza della soggettività, come valore dichiarato per il successo organizzativo, dall altro le politiche gestionali tendono a marginalizzare l affettività e l emotività nei luoghi separati della formazione e della consulenza o nel trattarla in modo doveristico e ideologico (la soddisfazione del cliente interno ed esterno) (Tacchio, 1999, citando: Di Naro e Lavelli, 1994). In sintesi, questa che viviamo potrebbe essere definita l epoca sia del benessere e dell abbondanza (Spaltro, 1998) e sia del malessere: Un malessere che non è quello dell economia fordista, minacciata dalla disoccupazione, dall alienazione e dalla perdita di identità. Un malessere che affonda invece nelle riserve più profonde della soggettività, che tocca l inconscio e le sue trame. Un malessere che è figlio dell epifania della soggettività e del bisogno delle donne e degli uomini di affermare la propria biografia nella relazione con l organizzazione e con il lavoro (Zapelli, 2001). Questi elementi stanno conducendo, chi lavora nelle organizzazioni, a produrre risposte comportamentali e cognitive caratterizzate o da un livello elevato di rigidità, come ovvia resistenza a situazioni di cambiamento di cui si colgono soprattutto gli aspetti critici (e non altrettanto facilmente gli aspetti di positiva innovazione) o da un livello di stress operativo al di là di ogni effettiva ragione, e ciò soprattutto a livello manageriale: Lo stress, il nervosismo, il molto lavoro e il non aver tempo vengono visti come segnali positivi dal mondo circostante, perché servono a raggiungere il successo. Indipendentemente dal fatto che, a seconda del modo di intendere i valori, lo si trovi giusto, auspicabile, necessario o deplorevole, resta assodato che questo segmento del ruolo professionale invita a non prestare attenzione ai precoci segnali d allarme, per esempio quelli lanciati dal corpo (Looss, 1991). Schematizie n. 02 dicembre /48

7 Il lavorare in questa economia dell incertezza crea dunque una serie di nuovi e notevoli disagi, che coinvolgono sia le organizzazioni che i soggetti che vi operano e che, tra l altro, implicano l aumentare di costi sociali ed economici. Si tratta da un lato di disagi connessi alla soggettività: sentimento di abbandono e ansia depressiva frenesia, stress e perdita di controllo della realtà sentimento di impoverimento della memoria e dell esperienza conflitto interno nel disagio adattivo E dall altro di disagi che si riversano sul versante organizzativo: nomadismo, assenza di legame e senso di appartenenza crisi delle risorse manageriali disimpegno e comunicazione del malessere resistenza e conflitto nel disagio adattivo (vedi Zapelli) Uno stile gestionale che voglia effettivamente porre al centro la persona, deve dunque confrontarsi con questo genere di problemi, tipici di situazioni di incertezza, cambiamento repentino, mancanza di elementi chiari a cui le persone e le organizzazioni possono riferirsi e, nello stesso tempo, tipici della mancanza di una cultura gestionale che sappia coniugare con coerenza ciò che pratica con quanto dichiara. Ci sembra così che questi elementi, dal punto di vista gestionale impongano, a chi si occupa di Personale (sia come professionista interno o esterno, e sia come supervisore o capo gerarchico), di passare: da una fase dove ci si preoccupa per le persone, per i dipendenti, nel senso che si misurano le loro prestazioni e/o si cerca di prevenirne le reazioni, a una fase dove ci si occupa di loro, consapevoli che solo attraverso il loro benessere in organizzazione si possa raggiungere il benessere dell organizzazione. Paradossalmente, tuttavia, occuparsi delle persone significa, come si vedrà meglio più oltre, allontanare il focus dell attenzione da esse e invece analizzare i processi organizzativi, cercando di tenere insieme le due ottiche, quella del business (benessere organizzativo) e quella delle persone (realizzazione e guadagno), uscendo da una dimensione per lo più ideologica o ingenua e cercando una dimensione più integrata. Ciò significa considerare la persona non a se stante, ma sempre inserita in un contesto organizzativo, con i propri vincoli, la cui accettazione conduce successivamente alla scoperta di concrete opportunità. Se ha un senso occuparsi dei processi per giungere a lavorare con le persone, è dunque evidente l esigenza di nuovi modelli di riferimento, nuove competenze e strumenti di intervento, rivolti sia ai soggetti e sia alle organizzazioni (contemporaneamente, nel caso del Sensemaking), che consentano di affrontare in modo più consapevole il disagio del lavoro organizzato. 1.2 Fenomeno di moda e/o esigenza diffusa Il fatto che da qualche anno in Italia nelle organizzazioni e nella consulenza si parli di (e si pratichino) attività di Coaching e di Counselling può rappresentare un elemento di moda o di semplice tendenza, ancorché moda o tendenza siano in effetti i segnali più evidenti dell emergere di esigenze sommerse, non facilmente visibili anche se presenti da molto Schematizie n. 02 dicembre /48

8 tempo, e connessi alla situazione che abbiamo descritto in precedenza, di oltremodernità o post-modernità : Anche se poteva configurarsi come una moda al suo apparire, la post-modernità è una realtà che si manifesta non tanto in un insieme definito e definibile compiutamente, ma in una pluralità di crisi specifiche nelle singole rappresentazioni della realtà, vera e propria modalità di cambiamento incrementalista non strategicamente collegato nelle differenti aree della cultura e della società contemporanea (Malizia, 1998). Dunque, che sia complesso nominare e descrivere una serie di problemi o disagi, e che questo processo incontri resistenze, non significa certo che il disagio non esista, anzi sovente si tratta di un problema più ampio e indeterminato e per questo più difficile da comprendere. Allo stesso modo, per gli strumenti di intervento (come per i loro oggetti di lavoro) non sempre è immediata e univoca la loro definizione: ci si trova di fronte a differenti scuole di pensiero, che partono da un idea (e da una teoria) di soggetto molto differente e che sviluppano modelli e tecniche sovente del tutto opposti tra loro (ad esempio è il caso del comportamentismo e del cognitivismo). Si tratta così di trovare un senso e un modello unificante per concetti e strumenti che altrimenti appaiono diversificati o a volte considerati, nel caso di Coaching e Counselling, piuttosto simili, dunque non sempre facilmente distinguibili (anche se vedremo che il focus è molto differente). Un discorso a parte va fatto per il Sensemaking, che è maggiormente rivolto al versante organizzativo e il cui valore è evidente nella misura in cui sempre più spesso è richiesto alla consulenza un intervento che sappia dare senso al cambiamento in atto. Un caso che esemplifica questa richiesta (come si vedrà meglio più oltre), è rappresentato dalle sempre più frequenti occasioni di formazione, dove all aula e al formatore è delegata la traduzione operativa, la concretizzazione di progetti di cambiamento appena abbozzati, o ancora in corso di definizione, attraverso la presentazione di poche linee guida, con la necessità di dover affrontare, nelle aule, i timori e le ansie che un processo di cambiamento genera, ma anche con la sensazione diffusa (e realistica) che il cambiamento si possa avviare e verificare unicamente con l apporto di tutti gli attori organizzativi, dunque anche con i partecipanti alla formazione. Un simile intervento è connesso ai processi di Sensemaking, cioè di creazione di senso, di significato, e rappresenta un importante aspetto della consulenza in organizzazione. Che un certo tipo di intervento sia sempre più richiesto, ancorché in modo ambiguo e incerto, segnala la presenza di un esigenza non sempre facile da definire, ma anche l emergere di una sensibilità nuova, un sentire organizzativo che indica nuovi percorsi di intervento e nuove modalità di pensare e agire la consulenza. E ciò sembra connesso con la cultura europea che, pur in una logica di globalizzazione, predilige maggiormente un approccio multidisciplinare, che sappia integrare anche logiche e scuole di pensiero diverse e che si ponga in modo meno imposto, meno normativo o direttivo (almeno rispetto ad approcci statunitensi), più discusso e condiviso, dunque conquistato e fatto proprio attraverso un processo di partecipazione, che consenta di valorizzare le singole diversità. La logica stessa in cui anche Schema si vuole porre, con questo contributo, rappresenta un processo di condivisione e costruzione insieme, che si avvia a partire dalle esperienze Schematizie n. 02 dicembre /48

9 dei singoli e che vuole giungere a concretizzare un modello di intervento condiviso da una squadra di consulenti, una modalità di consulenza comune, a prescindere da chi potrà agirla, ma che si sostanzia dall esperienza svolta. Dunque un processo circolare di rielaborazione dell esperienza, in un ottica evolutiva di continuo miglioramento e diffusione. Il presentarsi con un modello condiviso ha inoltre il vantaggio di un più facile confronto, con la possibilità di distinguere maggiormente il proprio intervento, almeno rispetto ai colleghi (gli altri consulenti) che operano sugli stessi temi, rendendo più semplice e consapevole l eventuale scelta da parte delle organizzazioni - clienti. Torna all indice Schematizie n. 02 dicembre /48

10 2. DI COSA SI TRATTA Per fare un po di storia potremmo dire che i temi alla base del Coaching e del Counselling sono quelli dell ascolto, del sostegno (o aiuto) e della consulenza alla persona e ai gruppi, e fanno riferimento a cinque approcci generali (anche se il quadro complessivo potrebbe essere ben più ampio, vedi Nanetti, 2003) da cui si attingono apporti, stimoli e strumenti: approcci psico-dinamici, basati sulla psicoanalisi, che utilizzano termini come: difese, significato nascosto, manipolazione, subconscio, simboli, fuga approcci umanistici, che utilizzano termini come: ascolto attivo, non direttivo, non giudicante, empatia, genuinità, centratura sul cliente, non interpretazione approcci comportamentali, che utilizzano termini come: comportamento, compiti, obiettivi, passo dopo passo, fare progetti approcci cognitivi, che utilizzano termini quali: convinzioni irrazionali, compiti, pensiero positivo, fare progetti, pensieri logico approcci integrativi, che utilizzano termini quali: persone diverse ciascuna con i propri problemi necessitano di diversi tipi di aiuto, mettere in prospettiva, soluzione dei problemi. Al di là del valore di ogni approccio, il contesto in cui si colloca l intervento Schema è un contesto di lavoro e non terapeutico, dunque riferito a soggetti adulti che esprimono potenzialità e problemi connessi all ambito lavorativo. D altro canto, i professionisti di Schema, a loro volta, agiscono la loro professionalità cogliendo, per le loro storie individuali e per il contesto in cui operano, di volta in volta elementi diversi dei vari approcci. Il tentativo di Schema, in questo come in altri ambiti, vuole essere quello di tenere conto di tali esperienze e provenienze, ma di collocare ogni intervento in una dimensione che analizza e opera con riferimento ai processi organizzativi, sia delle organizzazioni - clienti e sia della propria organizzazione. 2.1 Coaching e Counselling: mappa dei concetti Prima di approfondire le modalità con cui Schema ha implementato attività di consulenza alla persona nelle organizzazioni, sembra opportuno chiarire alcuni termini relativi alle tipologie di interventi consulenziali: il Coaching e il Counselling in primo luogo, mentre per ciò che riguarda la Consulenza di Processo e il Sensemaking si rinvia al paragrafo successivo. Coaching Il termine Coach significa, originariamente, carrozza e, successivamente, vetturino. In seguito, questo termine è stato utilizzato sempre più per il suo significato simbolico, per indicare la funzione di guida: vennero definiti Coach gli allenatori sportivi. Il Coaching individuale, nel mondo organizzativo, è una metodologia costituita da un rapporto a due di assistenza pratico - teorica fornita da una persona (il Coach) ad un'altra (il Coachee) per aiutarla a raggiungere una più completa comprensione di tutte le dimensioni presenti nel proprio ruolo lavorativo. Tale intervento è finalizzato, inoltre, a far acquisire maggiore consapevolezza dei punti di forza e di debolezza posseduti dalla persona, per raggiungere la pienezza del ruolo svolto, o avviare un programma di sviluppo professionale e/o di carriera. Schematizie n. 02 dicembre /48

11 Per Coaching nella letteratura si intende: un approccio attivo e positivo volto ad aiutare le persone in contesto lavorativo, a sviluppare strategie per realizzare cambiamenti professionali e personali e aiutare le organizzazioni a beneficiarne (Spanier, 1997); un lavoro personalizzato rivolto ai manager nel quale confluiscono la consulenza, l assistenza, il sostegno, il confronto e la formazione individuale (Geissler, 1986); ogni iniziativa di sviluppo promossa dal capo e volta a stimolare cambiamenti nei collaboratori (Shaker, Wildenman, 1996); svolto da un consulente individuale esterno in modo personalizzato con i dirigenti, cercando di rispondere alla domanda: In che modo questa persona svolge il suo ruolo di manager? (Looss, 1991); processo di training personalizzato svolto da professionisti esperti di gestione e sviluppo delle R.U. e destinato a persone che mirano a gestire meglio il proprio lavoro e a crescere professionalmente (Intonti, 2000); processo attraverso il quale si aiutano individui e gruppi di persone a raggiungere il massimo livello delle proprie capacità di performance (Dilts, 2003); (Executive Coaching) metodologia formativa che permette ai manager e ai dirigenti aziendali di apprendere tecniche e strumenti innovativi, che consentono loro di ottenere un costante miglioramento di performance, sia a livello personale che professionale, esprimendo al massimo il loro potenziale di business leader (Bologna, 2004); accompagnamento di un individuo o di un team verso un cambiamento desiderato. E un mezzo per scoprire gli aspetti inutilizzati del proprio potenziale e per facilitare il proprio sviluppo professionale e personale (Rega, Lodovici, 2004); il processo attraverso il quale si aiutano individui e gruppi di persone a raggiungere il massimo livello delle proprie capacità di performance (dal sito Il Coaching è dunque come un intervento che vede impegnati soprattutto due interlocutori, di cui uno per lo più esterno all organizzazione (Coach), e il soggetto (Coachee) motivato a sviluppare il proprio ruolo per raggiungere migliori risultati di performance: la logica sembra quella della formazione individuale, pur se alcuni autori fanno riferimento a una dimensione di gruppo, recuperando quella valenza di allenatore di squadra intrinseca al termine. Per altri autori, a giocare il ruolo di Coach devono essere i leader e i manager della stessa organizzazione, orientati ad aiutare i collaboratori a crescere, creando occasioni di sviluppo personale e professionale e facilitando l apprendimento di responsabilità e compiti. In tal senso essi diventano veri e propri allenatori e consulenti interni, in grado di creare relazioni finalizzate ad aiutare il collaboratore a liberare la propria intelligenza e creatività (Burdett, 1991). Schematizie n. 02 dicembre /48

12 L intervento di Coaching si situa così in un ambito molto operativo, concreto, orientato a un fare esplicitato sovente in un vero e proprio progetto di sviluppo, che viene pensato e scritto insieme al soggetto (o alla squadra). Il Coaching diventa un percorso di crescita, in cui le persone non sono sole, ma dispongono di un supporto (da parte di un esterno o del capo), che diventa a sua volta un agente di cambiamento, poiché facilita il viaggio offrendo un posto in un contesto organizzativo; il punto di attenzione all interno di questa cornice è la necessità di partire da sé per cambiare e innovare l organizzazione. La forza di questo tipo di interventi è di individuare, nel Coach, un consulente capace di promuovere lo sviluppo (l empowering) dei soggetti, a partire dal loro ruolo, per aumentarne e migliorarne le prestazioni. D altro canto il limite di tali interventi è proprio quello di focalizzarsi fortemente sui soggetti o sulle relazioni tra i vari attori organizzativi, lasciando inalterato il sistema organizzativo e i suoi processi di lavoro; perché negli obiettivi del Coaching non c è questo risultato, a meno che il Coach stesso possa intervenire su quei livelli decisionali che impattano e influenzano l organizzazione (potrebbe essere il caso di un Amministratore Delegato). Con il Coaching si praticano interventi mirati al cambiamento individuale (o di piccolo gruppo) che tuttavia sovente si scontrano con un sistema che, per la sua natura, è molto più complesso e richiede interventi di cambiamento che considerano tale complessità come esigenza a sé rispetto alle esigenze individuali. Il limite dell intervento di Coaching può dunque essere lo stesso della formazione di fronte a organizzazioni che hanno un progetto di decisivo cambiamento: è il rischio di fare interventi un po troppo atomizzati e personalizzati, che non incidono, se non in misura minima, sull intera organizzazione (del resto ciò è confermato da episodi dove alcuni soggetti concludono un percorso di Coaching con aspettative di attivarsi da subito, non sempre rese possibili in un ambiente organizzativo che rimane per lo più invariato). Counselling L origine del termine Counsellor e di Counselling deriva dal verbo latino consumere, che ha assunto il significato di riflettere, avere cura e provvedere a qualcuno. Dalla stessa radice semantica deriva anche la parola consiglio, cioè suggerimento, avvertimento o esortazione forniti a qualcuno per aiutarlo nelle sue attività: consiste in un insieme di tecniche, abilità ed atteggiamenti per aiutare le persone nella gestione dei loro problemi, utilizzando le loro personali risorse. Il Counselling, nello specifico del mondo aziendale, si può descrivere come un attività di consulenza personale orientata a sostenere il soggetto nella soluzione di problematiche di tipo relazionale. È un rapporto professionale tra consulente (Counsellor) e dipendente, centrato sulla condizione di difficoltà psicologica vissuta da quest ultimo a fronte di problemi e ostacoli incontrati nell ambiente lavorativo. Il Counselling può essere definito come: Relazione professionale tra il consulente e il lavoratore che si focalizza sulla condizione di criticità psicologica esperita da quest ultimo a causa di ostacoli e problemi nell ambiente lavorativo (Intonti, 2000). Schematizie n. 02 dicembre /48

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