Comunicazione visiva 4ª settimana a.a. 2012/13

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1 Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e comunicazione Comunicazione visiva 4ª settimana a.a. 2012/13 [Un possibile progetto: realizzare un applicazione scaricabile per visitare i musei di Bologna intanto almeno alcuni musei.] Questa settimana vorrei discutere dell allestimento dei musei pendendo in considerazione una serie di casi particolari, e uno particolarissimo, i musei privati, dove l allestimento è un installazione. (Vincoli legali.) Leggete il saggo di Anne Higonnet. Ecco alcune collezioni private diventate pubbliche e mostrate, più o meno, com erano: Torniamo ora su un museo che abbiamo sfiorato, l Isabella Stewart Gardner Museum, di Boston. [Come sono fatti i siti. Uno di voi mi ha parlato delle Gallerie di Google. Sono andato a vedere. Notevole. Non ci sono tutte le Gallerie che vi ho

2 2 mostrato, anzi. Google non dà, in effetti, ciò che promette, ma esserci è essere contraddistinti da una medaglia.] Fin qui abbiamo visto musei che sono stati collocati in palazzi che originariamente non erano musei. Musei che sono stati costruiti per esser tali (a partire da quello di Kassel di metà 700), abbiamo toccato l allestimento canonico di un museo dall 800 al 930, e poi l emergere del Museo contemporaneo. Gallerie, le prime, anche un po caotiche, collezioni varie mostrate ad amici e poi al pubblico. Gallerie meno caotiche quelle a partire dal 700, musei che volevano contenere tutto il bello, come il Musée Napoleon (il museo del Louvre negli ultimi dieci anni dell impero di Napoleone) o il Metropolitan Museum of Art di New York, o nel primo periodo il British Museum. L isola dei Musei di Berlino che distingue e avvicina musei diversi. Musei come quelli napoleonici che sono connessi a un accademia di belle arti (cioè che sono connessi a un istituzione di formazione degli artisti). Abbiamo accennato anche ai musei americani che a partire dal secondo 800 si occupano della formazione artistica di chi frequenta il museo. Con la nascita dell Organizzazione Internazionale dei Musei, nel 1934, con un suo Bollettino, con un comitato appoggiato alla Società delle Nazioni (che sarà poi trasformata nel 1945 nell ONU, mentre il Comitato genererà l Unesco), nasce una carta di scambio di prestiti fra i musei, e i musei dunque diventano sedi di esposizioni e non solo di mostre permanenti. Un fenomeno questo favorito dall incrociarsi nell 800 dei musei con le esposizioni mondiali, prima quella di Londra del 1851, poi quella di Parigi del 1855, fiere più che mostre d arte, ma mostre di tecnologia e limitatamente di design industriale, da cui hanno origine musei appositi, di arti minori come diremmo oggi, come il Royal Victoria and Albert Museum di Londra. Negli anni 30 apre a New York il Salomon Guggenheim Museum, e il signor Guggenheim vuole fare un nuovo museo, affidando il progetto a quello che allora era il più illustre architetto statunitense, Frank L. Wright. Il Museo sarà completato solo nel 1959, sette anni dopo la morte del suo fondatore, ma corrisponde a una svolta importantissima: l architettura del Museo diventa essa stessa un opera d arte che, direi, sovrasta ciò che contiene, e diventa anche un luogo di vita, dove ci sono mostre che indirizzano il gusto contemporaneo, che sono regolarmente frequentate da chi è in, ecc. Dove l effimero domina, e una gran parte di esso diventa stabile, ma non lì, non nel museo. Lo stesso discorso vale per il Guggenheim di Bilbao. Musei del genere hanno un estrema influenza sulla parte alta del mercato dell arte contemporanea, e per questo portano nell arte lo spirito delle esposizioni mondiale che ho citate, anche se lo

3 3 fanno meno democraticamente, cioè non esibiscono affatto i prodotti di tutti. Cambiano radicalmente il museo che non esibisce più tutti i suoi pezzi e ha mostre temporanee in continua gara con le collezioni stabili, e diventa un luogo dove spendere il proprio tempo non una sola volta nella vita. Il Guggenheim New York ha un enorme influenza sui musei che da allora in poi devono essere essi stessi un opera d arte, ma per lo più non un opera d arte così sovrastante ciò mettono in mostra. Pensate ai musei di Aldo Rossi, di Rafael Moneo, di Mario Botta o di Renzo Piano. Pensate all architettura come icona di un museo costituita dalla Piramide di Ieoh Ming Pei, aggiunta al Louvre nel L elemento moderno si fa vedere, può fornire un icona al Museo tutto, ma introduce al contenuto, senza sovrastarlo. Anzi in alcuni casi, come in molti manufatti di Renzo Piano, offre un ambiente perfetto e non invasivo in cui apprezzare le collezioni e l ambiente in cui si trova il Museo. Qui a fianco un immagine di una sala (ancora vuota) per mostre temporanee nell ala costruita da Renzo Piano all Isabella Gardner Museum di Boston. I musei, insomma, si trasformano in molte cose a un tempo: sedi di mostre, luoghi di orientamento del mercato, luoghi di acculturazione, luoghi terzi, ecc. E la loro realtà dev essere mostrata già dall esterno. Questo essere un luogo pubblico è magnificato in musei come quelli di piano, dal Beaubourg a Parigi in poi, grazie alle ampie superfici vetrate che permettono di goderne, e quindi di esserne attratti e motivati a entrarvi, e nello stesso tempo di partecipare, ancora fuori alla loro vivacità. Per tutti i commenti sull Isabella Gardner Museum vi rimando al saggio della Higonnet.

4 4 Isabella Stewart Gardner John Singer Sargent Ritratto di Isabella Stewart Granger 1888

5 John Singer Sargent El jabeo

6 6 La prossima settimana cercherò di tirare le fila di tutto ciò, che con un po di disordine ma non troppo ho detto fin qui. Qual è l identità architettonica di Bologna? I musei di Bologna forniscono alla città un identità architettonica? La risposta alla seconda domanda è certamente no. Nessuno ricorda com è fatto un museo, che forma ha, pochi ci entrano, e dunque nulla serve a rappresentare la città. Vedrete comunque che ho una tesi tutta particolare e inattesa sull immagine architettonica di Bologna.