Diario di Viaggio in Turchia Orientale Per vivere, attraverso antiche civiltà, un grande affresco storico e umano

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1 Una terra di frontiera tra Europa ed Asia, in bilico tra progresso e tradizione è stata ben definita da un tour operator quella zona dell Anatolia orientale ricca non solo di antiche civiltà, ma anche di paesaggi maestosi, di mercati affollati e caratteristici, che esulano dalla classiche rotte turistiche, una zona che per me aveva sempre avuto il fascino conturbante di racchiudere, probabilmente, il sito più antico del mondo, Gobekli Tepe! Quindi quando mi è stata proposta dall esperta accompagnatrice Marta, divenuta, dopo tanti viaggi insieme, una carissima amica, questo itinerario come fattibile.. io ed il mio compagno non abbiamo esitato. Avremmo finalmente toccato virtualmente con mano quelle pietre che erano fatte risalire a ben anni fa.. pietre più antiche delle stesse piramidi! Che emozione avrei vissuto avvertendo il battito del cuore di un passato così lontano.. avrei sentito la storia prendere vita e quel viaggio tanto sognato si sarebbe proiettato nello spazio e nel tempo e sarebbe diventato una meravigliosa avventura, un esperienza unica.

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3 Se ho sempre immaginato la bellezza di Istambul ancora legata agli antichi splendori dell'impero Ottomano, Ankara, mi è apparsa subito come la moderna capitale dai viali spaziosi e dall'aspetto austero. Come città, non mi ha mai colpito in passato, e neppure mi ha entusiasmato in questa ulteriore, sommaria visita.

4 E da qui che negli anni venti è partita la riscossa dei turchi contro i sultani e il presidente Ataturk, "il Padre della Patria", ha lanciato il suo programma di modernizzazione che mi è parso continuare intensamente nella cosiddetta città nuova, la Yenisehir con le sue architetture avvenieristiche. La città comunque mi è apparsa immensa, estesa a vista d occhio fino alle colline che circondavano la valle. Secondo la leggenda l'attuale nome di Ankara proviene dall'antico nome della città Anchira (l'àncora), infatti sembra che il Re Mida in sogno ricevette l'ordine da Dio di fondare una nuova città nel luogo dove, secondo le direttive divine, avrebbe trovato l'arca di Noè. Re Mida spiegò numerose forze di uomini e di giorni alla ricerca di quest'arca. Non la trovò, ma un giorno finalmente in cima di una collina (a circa 900 m d'altitudine e a 400 km lontana dal mare) trovò una grande àncora. Secondo Re Mida questa apparteneva all'arca di Noè, per cui vi fondò la città richiesta da Dio e la chiamò appunto Anchira.

5 Dato il poco tempo a nostra disposizione in questa città per avere un quadro storico ed archeologico completo delle civiltà anatoliche che avremmo visitato abbiamo scelto, con un salto nel passato, la visita del Museo Ittita, uno tra i più importanti musei archeologici del mondo, chiamato appunto Museo delle Civiltà Anatoliche.

6 La sua ubicazione era una costruzione particolare, situata a sud ovest della cittadella, divisa in due edifici, risalenti al periodo tra il 1464 e il 1471, sotto il regno di Mehemet II, il Conquistatore. Il primo edificio era destinato a bedesten, cioè ad essere un bazar coperto, mercato della lana d angora, l altro doveva invece essere adibito a caravanserraglio. Tutto il complesso era circondato da un giardino dove troneggiava una grande statua proveniente da Fasilar e altre piccole sculture con iscrizioni.

7 Purtroppo solo una grande sala era aperta e un piano sotterraneo con reperti del periodo greco-romano, il resto, ci hanno detto che era da tempo in restauro, ma ci è bastato per assaporare le bellezze di bassorilievi, sculture, vasi e oggetti vari non solo del periodo ittita, ma anche degli Hatti, dei Frigi, degli Urartu tutte popolazioni che avevano saputo manifestare nell arte delle forme di civiltà impensata!

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9 Il giorno dopo siamo partiti con un piccolo pullman sotto un cielo plumbeo che, dopo aver minacciato pioggia per tutto il viaggio, è poi esploso in un acquazzone prorompente.. eravamo arrivati ad Hattusas e dovevamo visitare il bellissimo sito di Yazilikaya, con il santuario più sacro degli Ittiti, costituito di due gallerie scavate nella roccia risalenti al XIII secolo.

10 In quel momento di pioggia feroce, abbiamo guardato con tristezza il cielo avvolto da un grigio profondo ed uniforme sembrava quasi che la luce del giorno si fosse accumulata dietro le nuvole. Ma poi, come per incanto, in risposta ai nostri desideri, le nuvole hanno iniziato ad aprirsi ed abbiamo avuto l impressione che tutta la luminosità negata in precedenza si facesse spazio per donarci una sorta di benefico calore.

11 E così abbiamo potuto visitare quelle gole rese sdrucciolevoli dalla recente pioggia e vedere, scolpiti nella roccia i famosi bassorilievi degli dei con le corna di toro, segno di forza e potenza, che ricordavano un poco nello stile la civiltà micenea e poi divinità dell affollato pantheon ittita che sfilavano in processione, in quel luogo sacro, vestite con lunghe tuniche e addobbate con tiare di forma conica.

12 Ma la scultura più impressionante, risalente al XIII secolo prima di Cristo, difficile da raggiungere, dati i sassi scivolosi e il pantano della recente pioggia, era quella di Tudhalivas IV, re e sacerdote, la cui figura incisa nella pietra misurava quasi tre metri di altezza! Il re era rappresentato in atto di abbracciare il dio ittita Sarruma figlio di Tesup, dio della tempesta. Tutti gli dei inoltre erano ritratti, come in Babilonia e Assiria, col dorso di prospetto, e la testa e le gambe di profilo. Portavano un copricapo scanalato a cono, una tunica corta con cintura e scarpe con la punta in su. Le dee, ritratte sempre di profilo, avevano in capo una tiara cilindrica, calzavano anch esse mocassini e vestivano una blusa su un camice che scendeva a pieghe fino ai talloni. Una vera unica meraviglia!

13 Ci siamo poi spostati ad Hattusas una volta la più grande città ittita risalente a 4000 anni fa, ora un incredibile museo all aperto che mi è parso in buone condizioni. Abbiamo ammirato il santuario monumentale, il Buyuk Mabed, vasto e complesso, tanto da sembrare una piccola città, con altri piccoli templi intorno dedicati a Teshuba, il dio della tempesta, insieme ad Hebut, dea del sole, che cavalcava un leone una divinità della cui benevolenza avevamo un gran bisogno!

14 Sparse per il sito lapidi cuneiformi e la grande pietra verde probabilmente luogo di sacrifici con la vasca dei leoni. Come doveva essere estesa un tempo quella città ricca di storia e come doveva essere bella e vitale!

15 Nelle vicinanze si stagliava la Grande Fortezza, il Buyuk Kale, che aveva ospitato dopo il XIV secolo il palazzo reale e anche gli archivi. Questa costruzione era stata in parte ben restaurata.

16 Proseguendo nel nostro cammino siamo saliti alle varie porte delle mura ciclopiche che circondavano la città.. ricordo la Porta dei Leoni, una delle opere meglio conservate.. abbiamo oltrepassato un passaggio ad arco e ci siamo trovati di fronte a due giganteschi leoni che dovevano agire da deterrente affinché gli spiriti maligni non oltrepassassero la soglia e rimanessero lontano dalla città!

17 Lungo la doppia cinta muraria, tra la porta reale ad est e la porta dei leoni ad ovest si apriva poi la Yer Kapi, la Porta della Terra che segnava l inizio di un lungo tunnel, di settanta metri, che aveva permesso in guerra le sortite, senza essere visti, degli assediati della città di Hattusas e in pace delle uscite più rapide fuori dalle mura.

18 Altre bellissime porte si potevano ammirare lungo le mura alcune più distrutte dal tempo, altre ancora in buone condizioni, come la Porta del Guerriero in cui la figura alta oltre 2.2 metri che rappresentava appunto un guerriero con ascia e spada, era probabilmente una divinità o forse un sovrano. La guida ci ha spiegato che non si aveva alcuna certezza, inizialmente il bassorilievo venne interpretato come un sovrano della tarda età imperiale ittita, in abito da guerra, poi l'attributo dell'elmo con corna, tipicamente divino, avevano fatto propendere per la raffigurazione divina.

19 Ci trovavamo davanti a tracce incredibili da evocare e sotto un cielo azzurro, un aria frizzante, ma particolarmente profumata e stimolante, che la dea del sole Hebut ci aveva concesso, ci lasciavamo avvolgere da quella quiete, da un atmosfera di stupore, da quel silenzio che ci parlava di un mondo passato, perduto nella notte dei tempi, ma che ammiravamo e stavamo facendo rivivere.

20 Il giorno dopo ci trovavamo a Sivas, una importante città nata addirittura in epoca ittita e poi occupata dai romani con il nome di Sebasteia, una città che nonostante vicissitudini varie, devastazioni cruente ed occupazioni di vari popoli nel corso dei secoli, conservava ancora, nella grande piazza centrale, monumenti importanti soprattutto dell epoca selgiuchide tali da destare stupore ed ammirazione.

21 Erano caratteristiche soprattutto per i loro imponenti portali elaborati le madrase, famose e antiche scuole non solo coraniche, ma anche teologiche. Ricordo l'imponente Sifaiye Madrasa in architettura selgiuchide del XIII secolo...

22 ...e accanto il Seminario dei Minareti Gemelli, il Cifte Minare Medresesi con un portale elaborato e ricco di complesse sculture in pietra, mosaici a stella e decorazioni ad alveare.. tutti nomi importanti, quasi difficili da pronunciare. Ricordo le eleganti sagome degli snelli minareti che si stagliavano contro il cielo biancastro.

23 Era una di quelle mattine che io avrei chiamato di non tempo : né sole, né pioggia, soltanto un esteso grigiore che si posava come un coperchio su quella bella piazza solitaria, avvolta in una specie di pace silenziosa.

24 Siamo poi entrati nel cortile di un antico ospedale, il Buruciye Medresesi, ora trasformato in un bazar tranquillo e ordinato.

25 L atmosfera di quella mattina era ovattata, nel silenzio di quella vasta piazza e nelle vie laterali, mi sembrava di avvertire una sorta di serena religiosità e assaporavo con piacere il gusto di quell arte islamica così raffinata che pareva dare spazio al dialogo, alla bellezza, alla speranza.o forse era solo purtroppo il mio stato d animo a interpretare e condizionare le mie sensazioni!

26 Ripreso il viaggio attraverso l altopiano anatolico vedevamo intervallare paesaggi di un verde intenso, campi coltivati ed altri incolti e ancora incontaminati, stavamo dirigendoci a est verso zone abbastanza montuose, tanto che cominciavamo ad apprezzare, dopo tanta pianura, l avvicinarsi delle cime delle brulle montagne spesso spruzzate di neve.

27 Siamo così arrivati a Divrigi, una cittadina che i Selgiuchidi avevano valorizzato come sede dello stato Mangucek. Essi avevano lasciato molti sontuosi edifici, ma soprattutto, risalente al XIII secolo, il gioiello chiamato kulliye, cioè un complesso di Moschea e Ospedale, veramente unico e spettacolare.

28 Sono rimasta incantata davanti ai rilievi geometrici e alle decorazioni della Ulu Cami, la Grande Moschea fatta costruire insieme all ospedale nel 1228 dall emiro locale Ahmet Sah. Fantastica era anche l'atmosfera che si respirava in quell'angolo di Turchia, sperduto tra i monti e non del tutto toccato dal turismo di massa.

29 Ogni porta, ci ha raccontato la guida, a partire dal 15 Giugno con i riflessi del sole, formava delle ombre che raffiguravano un lettore, una donna o un principe, a seconda dell ora del giorno. Tra le varie raffigurazioni sul portale della Moschea insieme ad un trionfo di figure geometriche, era visibile la doppia testa dell aquila, simbolo dei turchi selgiuchidi.

30 Tra le varie porte ci hanno indicato quella chiamata la Porta del Paradiso, con un tripudio di altre decorazioni ricordo l albero della vita, vari motivi di animali, stelle, medaglioni, intarsi che davano l idea di tessuti ricamati e arricchiti da iscrizioni in arabo. C erano anche delle colonnine che rappresentavano un braccio e una mano e vari bassorilievi del cielo e dell inferno che bruciava nelle fiamme.

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32 Non ci stancavamo di osservare i particolari di una incredibile bellezza e quando poi siamo entrati nella moschea pur nella sua assoluta semplicità, siamo stati avvolti da un aria di antichità e di pace.

33 Anche l interno della sezione ospedaliera, con alcune colonne asimmetriche, era priva di ornamento, conteneva solo una vasca ottagonale con un deflusso a spirale che rendeva più argentino il suono delle acque che scorrevano, tanto che si pensava avessero un effetto benefico sui pazienti. L'acustica di quella sezione era incredibile e ci permetteva di pensare che in passato i vari medici ottomani dovevano aver usato su una piattaforma rialzata, visibile sullo sfondo, alcuni musici, la cui melodia aveva certamente funzione terapeutica!

34 Era bello liberarsi del tempo, della fretta, e fermarsi a guardare quella manifestazione d arte sopraffina sopravvissuta a terremoti, vandalismi, una moschea in alcuni punti incompleta, in altri purtroppo precaria e pericolosamente traballante, eppure ancora ricca di fascino tanto da essere dichiarata patrimonio dell UNESCO!

35 Splendida poi era la vista panoramica della valle che si godeva dalla terrazza antistante il complesso. Se si alzava lo sguardo si poteva anche ammirare il castello sulla collina, illuminato da un imprevisto caldo sole, che doveva difendere la città, a quel tempo di importanza strategica. Adesso era ridotto ad un pittoresco rudere, ma un tempo, nel IX secolo, era stato anche un importante piazzaforte per gli Armeni che lo avevano fortificato e utilizzato come rifugio..

36 Ripreso il nostro viaggio ci siamo immessi in una valle bellissima sulla quale si affacciavano versanti scoscesi nel fondo valle poi scorreva un fiume, di non grande effetto, che serpeggiando disegnava anse sinuose tra il verde delle sponde che sembravano protendersi per accarezzare le sue acque.

37 Tutto sembrava al di là del tempo, intatto come lo era stato secoli e secoli fa. Qua e là si intravedeva la vita.. mandrie di mucche placidamente al pascolo brucavano quell erba verde e rigogliosa a causa della recente pioggia. La giornata non era bella, ma sopra le rocce rossastre, il cielo un po plumbeo si stava squarciando, lasciando liberi piccoli sprazzi di azzurro che rallegravano anche il nostro animo in attesa perenne di un caldo sole. Proseguivamo attraverso una strada un po dissestata ed a ogni curva ci stupivamo della bellezza del paesaggio in lontananza ci apparivano le catene dei monti innevati e incappucciati da bianche nuvole.. uno spettacolo da lasciarci senza parole di commento!

38 Eravamo tanto rapiti dalla bellezza del paesaggio da non renderci conto che le acque che scorrevano a valle erano quelle del mitico Eufrate, culla e via di civiltà antiche e misteriose come quelle degli Ittiti, appena esplorata o più tardi degli Assiri, dei Babilonesi...allora l emozione nell immaginare millenni di vicende studiate sui testi di storia ci ha preso ed abbiamo guardato quel piccolo fiume con una sorta di rispetto perché aveva colpito la nostra fantasia ed il nostro cuore di esploratori. Ad ogni curva lo vedevamo, ora largo e tranquillo, ora serpeggiante e sinuoso, ora vorticoso con le rapide che parevano spumeggiare, incassate tra le gole.. era un grande fiume, grande di storia se non di dimensioni e ci stava avvolgendo in un atmosfera magica tanto da rendere viva e oltremodo incantevole quella lunga tappa di trasferimento nelle terre della storia!

39 Il mattino dopo, a 2000 metri di altezza, con un bel freddo pungente, ma anche in parte rivitalizzante, abbiamo iniziato la visita della città di Erzorum, un tempo governata da molti popoli, ma famosa soprattutto per i suoi monumenti che risalivano al periodo selgiuchide.

40 Con grande disappunto ci siamo fermati davanti al Cifte Minareli Medrese, del 1253, costruito da Alaeddin Keykubat, il simbolo della città essendo in parte crollato a causa di un tremendo terremoto, lo abbiamo trovato tutto impacchettato ed in restauro.

41 Ci siamo dovuti accontentare di guardare le fotografie di quello che doveva essere il portale finemente scolpito che dava accesso alla medrese, fiancheggiata da due minareti gemelli che vedevamo spuntare proiettati verso il cielo

42 In attesa che venisse aperta la Grande Moschea siamo andati a visitare il complesso sepolcrale detto Uc Kumbet, con quattro tombe: due a fusto cilindrico, una terza, la Mehdi Abbas Türbesi, del 1200, dodecagonale, tutte sormontate da tetto a cuspide conica, nonché i resti di una quarta quadrata del 1300.

43 Quei piccoli mausolei selgiuchidi, costruiti in pietra di basalto, ora scura ed ora chiara per creare un artistico contrasto, addossati a vecchie case fatiscenti, mi sono parsi dei veri gioielli d arte.

44 La più importante tomba era quella di Saltukan, una tomba ottagonale, con frontoni a cupola rotonda che davano l impressione di un cappello conico, sopra le porte e le finestre vedevamo la tipica lavorazione a mukarnas, nata per ricordare una bella leggenda legata al profeta Maometto. Ebbene il grande padre dell Islam fuggendo da Medina, per nascondersi ai suoi inseguitori si era rifugiato in una grotta ma sarebbe stato comunque scoperto se un ragno non l avesse avvolto nella sua tela, tanto da nasconderlo alla vista. Quella tela, chiamata mukarnas, con le sue volute, veniva riprodotta in pietra sugli archi delle porte delle Moschee!

45 A questo punto ci aspettava la visita della Ulu Cami, la grande moschea divina, la più importante della città, costruita nel 1178, un edificio chiamato a sala con cinque campate e sette navate.. il piccolo ridotto centrale era coperto da una cupola a stalattiti c era poi una seconda caratteristica cupola in legno in albero di noce e pino giallo, proprio davanti al mirhab. Quando siamo entrati, ci ha accolto un atmosfera di sobrietà ed eleganza, un mistico silenzio, caratteristico di tanti luoghi religiosi, eppure guardando le possenti colonne che formavano monumentali arcate si avvertiva anche un senso di forza, di sicurezza, di indistruttibilità!

46 Siamo poi saliti alla Cittadella dove erano ancora ben visibili le mura del V secolo attorno al castello dell imperatore bizantino Teodosio, in seguito restaurate da Solimano il Magnifico. All interno era stata costruita nel XII secolo la piccola Kale Mescidi, chiamata anche la Moschea della Cittadella, affiancata da un minareto cilindrico in mattoni, essa era dotata di un insolito volume di copertura che ne racchiudeva la cupola emisferica entro un tamburo cilindrico sormontato da cuspide conica.

47 Dopo tante bellezze artistiche ci siamo fermati ad un piccolo bazar, un po troppo moderno, poco folcloristico e privo di calore umano, quindi ci siamo subito allontanati per andare ad ammirare un altro gioiello architettonico. La guida ci ha riportato nel centro della città dove il grande architetto Sinan, aveva lasciato la sua impronta incancellabile con la Moschea ottomana Lala Mustafa Pasa, costruita nel XVI secolo.

48 Ne avevamo viste tante di moschee eppure questa ci è apparsa subito deliziosa, anche se non imponente, e particolare.. pur mantenendo la tipica pianta quadrata con colonne e cupole, era preceduta da un porticato rialzato, a cinque arcate arricchito da scritte e da mosaici.

49 L interno della sala era particolarmente luminoso, grazie alle molteplici vetrate arricchite con versetti del corano, che creavano suggestivi riflessi e donavano luce agli altri bei mosaici che, anche qui, decoravano le cupole e gli archi con disegni floreali una loggia centrale in pietra bianca creava una nota di raffinatezza all insieme tutto sembrava così sereno da sembrare uscito da una poesia!

50 Ricordo che ci siamo seduti sul rosso tappeto ed abbiamo ascoltato le spiegazioni della guida che ci parlava di arte e religione.. ma il mio pensiero si staccava dalle parole e libero spaziava indipendente voleva concentrarsi sullo spirito del luogo.. che cosa c era dietro il muro che separava la dimensione terrena con quei muri di pietra, da quella più propriamente spirituale? In teoria tutte le religioni, se andavamo anche indietro nel tempo, avevano predicato gli stessi principi di giustizia, uguaglianza e amore, eppure si erano trasformate spesso in fanatismi e persecuzioni.. era così difficile stabilire un controllo sugli uomini chiamati di fede? In quel luogo di armonia e di colori si respirava un aria di religiosità, la gente si inchinava e pregava, ma poi fuori, perché la gioia di vivere in libertà trovava difficoltà a realizzarsi?

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52 Troppe domande.. dopo la spiegazione sull architetto Sinan, una specie di Palladio della Turchia, abbiamo continuato la visita della città. Nella estesa piazza del centro spiccava la Yakutiye Medrese, di massiccia forma rettangolare con un ricco ed ornato portale d ingresso... si notavano tra i bassorilievi, il famoso albero della vita, figure di leoni, l aquila selgiuchide ed anche particolari disegni definiti dalla guida pagani.

53 Ai lati della madrasa erano visibili due costruzioni differenti: a destra uno snello minareto arricchito da disegni geometrici e a sinistra una tozza torre che esulava dall architettura dell insieme, costruita forse per bilanciare e stabilizzare l edificio.

54 Quando siamo entrati in quella madrasa trasformata ormai in museo, ci siamo trovati immersi in uno spettacolo di scene ricostruite, che illustravano tradizioni di un grande passato di studio, di preghiera, di lavoro legato al mondo intellettuale musulmano.

55 Ripreso il viaggio diretti alla città di Kars, abbiamo fatto, dopo poco, un ulteriore sosta presso il massiccio ponte di Cobandede, sul pittoresco fiume Aras che si diramava in due bracci tra il verde dei prati. Il ponte era stato fatto costruire alla fine del 1200 dall emiro Salduz, era in perfette condizioni, monumentale e soprattutto in totale armonia con lo sfondo delle montagne del Kargapazari che spuntavano da lontano.

56 Dopo la breve sosta il percorso è proseguito il panorama intorno scorreva, davanti ai nostri occhi, con un alternarsi di ondulazioni che si ergevano e ricadevano in vuote e piatte collinette che sembravano poi estendersi per interminabili leghe verso e oltre l orizzonte.

57 Insieme alle verdi colline arrivarono poi le aspre rocce che scendevano a picco sul fiume sottostante che serpeggiava tra i sassi e i piccoli arbusti. Ogni tanto angoli di verde intenso ospitavano mandrie di bovini accovacciate a terra pronte a raccogliere sprazzi di tiepido sole che tentava di farsi strada tra la nuvolaglia. Le formazioni rocciose che si susseguivano stimolavano la mia fantasia per cui creavo un mare di figure strane e diverse legate ad un mondo immaginario e così il tempo passava ed eravamo arrivati a Kars una remota città, risalente al X secolo, avvolta nel triste grigiore di un tempo inclemente e piovoso!

58 Senza alcun indugio siamo subito andati a visitare il monumento più importante, la Chiesa Armena dei Dodici Apostoli costruita anch essa nel X secolo dal re bagratide Abas, poi trasformata in moschea. La chiesa conosciuta anche come la Cattedrale di San Arak elos, era avvolta nel silenzio del crepuscolo, costruita in mattoni scuri, compatta...

59 la chiesa aveva una bella cupola sormontata da un tamburo con dodici arcate cieche e l immagine a bassorilievo dei dodici apostoli. La cupola poi era coperta da un tetto conico e devo dire che nonostante la varietà di stili architettonici derivati dall unione delle culture armena, caucasica, russa e turca, dava l impressione di una costruzione piacevole ed omogenea ci hanno spiegato, per esempio, che i portici erano stati aggiunti dai russi nel XIX secolo!

60 Anche l interno dell edificio religioso era molto interessante e quasi mi sembrava che i vari oggetti di culto, tra cui un bellissimo minbar o pulpito usato nella preghiera del venerdì, ravvivassero la serietà dei muri così scuri!

61 Il mattino dopo, un piacevole sole ha dato l inizio alla nostra giornata di escursioni.. prima però abbiamo alzato lo sguardo alla cittadella dove, proprio in cima ad una collina rocciosa spiccava il Castello di Kars, le cui mura risalivano al regno armeno dei Bagratidi, ma forse avevano assunto la struttura che vedevamo solo nel XII secolo. Il castello era ormai un rudere pericolante, anche se pittoresco, per cui ci siamo limitati ad uno sguardo dal basso.

62 Dopo aver fotografato anche il ponte di pietra, il Tas Kopru, eretto dagli Ottomani sul fiume Kars, ci siamo diretti verso la mitica, favolosa Ani, uno sei siti storici più evocativi della Turchia.

63 Subito la prima apparizione delle ciclopiche, maestose mura che circondavano la città ci ha lasciato a bocca aperta per lo stupore siamo entrati con un religioso rispetto, attraverso una delle numerose porte, quella chiamata porta del Leone, per un bassorilievo un po deteriorato che spuntava dalle mura. Esse si estendevano per la bellezza di 2500 metri di circonferenza ed erano veramente incredibili per altezza e grandiosità.

64 Ani era una città fantasma con ruderi di edifici, illuminati dal sole, che spuntavano da un mare ondeggiante di verde erba. Era tutto ciò che restava di quella che in passato era stata la grande e maestosa capitale dell Armenia, una città che per la sua arte, per la sua bellezza per la sua gloria e il suo potere, aveva rivaleggiato addirittura con Costantinopoli!

65 Abbiamo iniziato il percorso e siamo arrivati ai resti della Surp Amenap rchitch Churc del 1035, una chiesa cilindrica, voluta dal principe Abul Gharib Pahluvani, per ospitare i pellegrini purtroppo nel 1133 un terremoto la distrusse in parte, fu ricostruita e poi ancora distrutta più volte ora era in restauro, eppure la sua struttura elegante spuntava dalle impalcature.

66 Camminando in quel luogo favoloso, ci rendevamo sempre più conto che l estensione, la totale assenza di attività umana, i pochi turisti, lo rendevano un ambiente unico, misterioso quasi, ed indimenticabile. Non ci stancavamo di perlustrare ogni anfratto.. siamo andati nella zona dove sorgevano i bagni turchi e dall alto abbiamo visto il fiume, incassato in una gola

67 ...ci siamo poi fermati ad una delle tante chiese dedicate a San Gregorio ma anche al ricco mercante Tigran Honentz che l'aveva fatta costruire agli inizi del 1200.

68 Abbiamo ammirato all interno i numerosi affreschi che arricchivano ogni parete.. erano un po rovinati, ma non mi stancavo ugualmente di guardarli erano immagini che illustravano la vita di San Gregorio.. tutto un repertorio di santi ed avvenimenti religiosi che facevano meditare su quello che doveva essere stata quella chiesa un tempo, durante il grande regno armeno nel suo massimo splendore!

69 Dall alto ci è apparsa anche la piccola chiesa chiamata Delle Vergini, costruita su un promontorio roccioso a guardia del fiume senza indugio abbiamo iniziato la discesa tra sassi scivolosi e.. la compagnia di mandrie di mucche e così siamo arrivati in basso.. la chiesetta ci aspettava, solitaria, in totale disarmo eppure deliziosa.

70 Ci siamo guardati intorno ed abbiamo anche scoperto i resti dei bastioni di un ponte medioevale che un tempo dava la possibilità di oltrepassare la profonda gola formata dal torrente Arpacay.. ora aldilà c era proprio il confine armeno!

71 Risalito, non senza fatica, il pendio erboso, ci siamo diretti verso quello che rimaneva della massiccia cattedrale trasformata poi in moschea, la Fethiye Camii.

72 L esterno dava ancora l idea di compattezza, ma quando siamo entrati, l abbandono era totale.. il tetto a cupola sventrato lasciava intravedere l azzurro del cielo e le possenti colonne troneggiavano ormai inutili.. eppure la chiesa era ugualmente imponente ed i riflessi del sole che penetravano dalle fessure avvolgevano tutto l insieme di una calda luminosità.

73 Più avanti spiccava tra il verde la moschea più antica dell Anatolia, la Manucahr Camii, alta e slanciata, con un minareto un po tozzo che mi richiamava alla mente l immagine di una ciminiera. Anche qui l interno in rovina evidenziava un eleganza di archi e colonne degne della più raffinata architettura.

74 Abbiamo proseguito in quel suggestivo contesto tra quelle che dovevano essere rovine di antiche abitazioni in un atmosfera particolare, in cui l unico suono era quello degli uccelli che svolazzavano sopra di noi, mescolato al rumore che soffiava nella gola del torrente......ed io mi sentivo sempre più immersa in quel mondo che si dilatava davanti ai miei occhi ricordandomi, ad ogni angolo, come tutto era soggetto allo scorrere inesorabile del tempo.. anche la gloria e il potere!

75 Ripresa la perlustrazione a tappeto di Ani, il cui nome ci avevano spiegato, risaliva alla dea persiana Anhaid, siamo arrivati alla piccola e antichissima chiesa armena rotonda, addirittura risalente all'anno 1000, in onore anche questa di San Gregorio, dato che era il patrono della regione, chiamata anche Polatoglu Kilisesi. La costruzione aveva ospitato in seguito anche due camere funerarie, ma ora all interno c erano solo sassi e desolazione!

76 Altrettanto rovinata era l antica chiesa degli Apostoli risalente all anno 1000, trasformata poi in caravanserraglio dai turchi selgiuchidi che avevano aggiunto varie stanze, con ornamenti caratteristici legati alle loro tradizioni. Peccato solo tanta rovina, tanto passato da scoprire, da immaginare con una buona dose di fantasia!

77 In quell insieme paesaggistico ed archeologico che ci aveva veramente incantato, come ultimo gioiello ci siamo spostati verso la chiesa dedicata a San Gregorio detta anche del re Gagit I, poiché durante recenti scavi era stata rinvenuta al suo interno una gigantesca statua del re vestito con turbante e kaftano musulmani. La chiesa aveva una caratteristica forma circolare, monumentale, costruita dallo stesso architetto che aveva edificato la grande cattedrale. Mi hanno colpito molto sia la massa delle pietre, sia la possanza dei colonnati che davano proprio l idea di quello che la chiesa doveva essere stata!

78 La nostra visita ad Ani, al suo grandioso passato era finita ci aspettava un altro lungo percorso attraverso le vaste pianure dell altopiano anatolico. A Dogubeyazit, il mattino dopo, siamo andati a visitare l imponente Ishak Pasha Sarai, il palazzo fortezza del XVIII secolo fatto costruire dal governatore curdo Ishak Pasha, Gran Visir del Sultano Bayezid II. Costruito tra il 1685 ed il 1784, sorgeva in cima ad una collina dalla quale era possibile spaziare in una panoramica completa sul paese di Dogubeyazit e sulla pianura circostante.

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