Saggi degli accademici incolti 7
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- Gaetano Riccio
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1 Saggi degli accademici incolti 7
2 V Lucio D Ubaldo Prima di Nathan Il municipalismo sociale dei cattolici e il progetto riformatore di Romolo Murri nelle elezioni amministrative romane (1902) OPERA REALIZZATA CON IL CONTRIBUTO MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI UFFICIO CENTRALE PER I BENI LIBRARI E GLI ISTITUTI CULTURALI 1998
3 Si ringrazia Serena Visintin per la collaborazione nelle ricerche di archivio e nella raccolta di materiali utilizzati per questo studio. S intende altresì ringraziare Stefania Troiani per il prezioso lavoro redazionale e Daniela Toccaceli per la cura del prodotto editoriale. Ad Alberto Gaffi, Principe dell Accademia degli Incolti, le cui edizioni accolgono questo scritto, semplicemente la conferma dei sentimenti di stima e di amicizia. Il libro è dedicato, in segno di ricordo e come testimonianza di affetto immutato, a Lamberto Valli.
4 (...) Essi hanno però, come succede di norma presso i conservatori, sempre trascurato un contatto con il popolo. Adesso arrivano i democratici cristiani, che potrebbero rappresentare un contrappeso ai socialisti insorgenti, e che desiderano solo una gestione per il popolo, ma anche attraverso il popolo, e guarda un po, i Cavalieri Conti e Commendatori dell antica città non lo tollerano. (...) Noi auguriamo ai nostri amici romani una splendida vittoria per il bene del cristianesimo e della democrazia. Alcide De Gasperi ( Reichspost, 27 giugno 1902)
5 INDICE Prefazione di Giovanni Galloni Introduzione CAPITOLO I Il retroterra storico e culturale dell opposizione cattolica CAPITOLO II I cambiamenti a cavallo del 900: la nascita della democrazia cristiana e la rinascita dei comuni CAPITOLO III Le elezioni amministrative del 1902: l iniziativa di Romolo Murri, la sfida all Unione Romana e il veto della S. Sede CAPITOLO IV Una questione aperta, quale politica di centro? pag
6 Indice - Documenti Le imminenti elezioni amministrative da Cultura Sociale - 16 aprile 1902 Alla conquista dei comuni da Cultura Sociale - 1 maggio 1902 Un problema di tattica da Cultura Sociale - 1 giugno 1902 (carteggio tra Luigi Sturzo e Romolo Murri) Il programma municipale dei d.c. romani da Il Domani d Italia - 8 giugno 1902 (di Romolo Murri) Elezioni amministrative in Roma Elettori Cattolici Romani! Il programma dei partiti popolari da Il Domani d Italia - 15 giugno 1902 Noi ribelli Il municipio del popolo Elezioni amministrative in Roma Nei rioni da Il Domani d Italia - 22 giugno 1902 Elezioni amministrative in Roma da Il Domani d Italia - 29 giugno 1902 Le elezioni a Roma da Il Domani d Italia - 6 luglio Postfazione di Anna Maria Isastia 171 Bibliografia Indice dei nomi
7 Prefazione 3 PREFAZIONE Il merito di Lucio D Ubaldo con la pubblicazione in volume di questo saggio dal significativo titolo Prima di Nathan è quello di essere andato a riscoprire il passaggio della storia amministrativa della città di Roma, quasi del tutto dimenticato, delle elezioni amministrative del 29 giugno 1902 che videro la vittoria delle due liste moderate, quella cattolica dell Unione Romana e quella laica dell Unione liberale apparentemente in competizione fra loro, ma sostanzialmente alleate nell intento di escludere dalla rappresentanza capitolina tutti gli esponenti laici più spinti e di tendenza anticlericale ed in particolare lo stesso Nathan che poi si prenderà una clamorosa rivincita nelle successive elezioni. Questo risultato fu possibile grazie ad un sistema elettorale allora vigente rigidamente maggioritario che dava però la possibilità all elettore di cancellare nomi della lista prescelta per sostituirli con nomi di una lista concorrente. Non è però tanto questo risultato che può suscitare interesse per noi oggi, quanto l analisi della fase preparatoria delle elezioni che l Autore del libro è andato a ricercare con scrupolosa diligenza e che documentano come in quella competizione amministrativa vi fu un tentativo clamoroso ed altrettanto sfortunato (e forse in sè irragionevole) di entrata in campo di Romolo Murri, il leader riconosciuto del movimento democratico cristiano e cioè del movimento della sinistra intransigente cattolica giunto allora al massimo della sua notorietà e del suo prestigio all interno dell Opera del Congressi. Perché - ci possiamo domandare oggi - Romolo Murri tentò questa operazione proprio all interno di un ambiente, come quello del cattolicesimo romano, che doveva saper essergli naturalmente ostile? Era noto infatti come il tradizionale raggruppamento elettorale romano per le amministrative, quello dell Unione Romana (punto di incontro di tutti i cattolici moderati transigenti e intransigenti) era tenden-
8 4 Prefazione zialmente conservatore e, in ogni caso, ostile ad ogni forma di programmismo sia laico che cattolico. A questo interrogativo D Ubaldo fornisce una risposta implicita, che forse può essere resa esplicita pensando che Murri con il suo intervento diretto nelle elezioni romane intendeva rovesciare, proprio partendo dalla capitale, la tendenza in atto ad utilizzare i cattolici come massa di manovra a difesa della conservazione più retriva in sede amministrativa come primo passo per usarli poi, una volta caduto il non expedit, in sede di voto politico. L obiettivo di Murri, e lo rileva bene D Ubaldo, era infatti quello di accelerare i tempi per la formazione di un partito popolare cattolico (per il popolo e con il popolo) in antagonismo ai conservatori liberali e in competizione con le sinistre laiche, e proprio in questo senso riformatore e di centro, capace di recuperare i valori morali e politici del Risorgimento e di superare la questione romana non attraverso lo scontro tra Stato e Chiesa, ma ricreando fiducia nella democrazia e soprattutto fiducia tra il popolo, tutto il popolo, e la Chiesa. È vero che nel disegno politico di Murri rimangono ancora i limiti - che saranno poi superati da Sturzo - tra sfera e responsabilità autonoma della politica e sfera e responsabilità religiosa, ma è altrettanto vero che si intravedono già le linee di un grande disegno riformatore nel quale la vera democrazia sociale ricavata dalla Dottrina sociale della Chiesa non poteva affermarsi fuori dagli schemi di una moderna democrazia politica. E ciò richiedeva l uscita con un programma definito non solo sulle questioni economico-sociali a difesa delle classi più umili, ma anche sulle questioni politiche istituzionali e, in particolare, sulla riforma in senso autonomistico dello Stato, oltre che sulla riforma in senso proporzionale delle leggi elettorali. In questo quadro si collocava allora l interesse di Murri per le autonomie comunali e per l Associazione dei comuni oltre che l interesse già manifestato dai giovani democristiani verso i programmi comunali le cui linee, enunciate al Congresso di Torino del 1899, comprendevano fra l altro, anticipando lo stesso Giolitti, la municipalizzazione dei servizi pubblici e l attribuzione ai comuni di molte funzioni fino ad allora esercitate dallo Stato. Nel quadro di questa linea di pensiero e di azione murriana, avversa ad ogni combinazione elettorale con i liberali e volta a bloc-
9 Prefazione 5 care l emergere delle sinistre, si spiega la richiesta di Murri di partecipare a Roma con la sua personale candidatura e con quella di altri seguaci nella lista dell Unione Romana che si definiva genericamente cattolica e che, almeno formalmente, si contrapponeva a quella liberale (anch essa composita e comprendente liberali di varie tendenze). L unica condizione posta da Murri per dare il suo contributo era che si accettasse il programma amministrativo dei giovani democristiani socialmente avanzato e comprendente fra l altro appunto la municipalizzazione dei principali servizi pubblici, sì da dare una qualificazione all Unione Romana che non aveva mai avuto un programma elettorale e formava liste di candidati per lo più esponenti dell aristocrazia e della borghesia ad essa collegata. Le difficoltà, come è documentato nel libro, non nacquero sul programma che non fu mai formalmente respinto, ma in sostanza non fu preso in considerazione dall Unione Romana nè prima nè durante il corso della campagna elettorale. Interessante è invece notare come l iniziativa di Murri fosse seguita con vivo interesse a livello nazionale; essa ebbe infatti una adesione dello stesso giovanissimo De Gasperi allora studente a Vienna, anche se dal suo consenso traspare un certo scetticismo sul risultato, e da una adesione dello stesso Sturzo anche se attenuata dalla riserva circa il possibile sbocco verso alleanze con partiti non cattolici; e questo perché Sturzo, in base alla esperienza portata a buon fine poco tempo dopo nella sua Caltagirone, rimaneva fedele al suo principio di liste di soli cattolici. La difficoltà vennero invece sulla accettazione della candidatura di Romolo Murri, respinta nella fase conclusiva della formazione della lista dall Unione Romana con il consenso vaticano. La reazione fu che i democratici cristiani romani non si impegnarono ufficialmente nella campagna elettorale. Aveva prevalso cioè la tendenza moderata dell Unione Romana che aveva evitato, dal suo punto di vista, il rischio di vedere nella sua lista un noto esponente cattolico progressista riformatore il quale, con la sua sola presenza e soprattutto con la sua indomabile iniziativa, avrebbe turbato il vecchio equilibrio conservatore e aperto attraverso il programma nuove e in qualche modo spregiudicate alleanze nel consiglio comunale. I risultati elettorali premiarono, come si è visto, la tendenza conservatrice perché senza Murri in lista furono possibili i giochi elettorali per fare eleggere, accanto ai cattolici moderati, i liberali più conservatori realizzando così un consiglio comunale quasi del tutto omogeneo nella
10 6 Prefazione tendenza clerico-moderata e all interno del quale un gioco assai limitato potevano avere le pur generose iniziative di uno o al massimo due murriani risultati eletti. Ma questa quasi omogenea maggioranza conservatrice ebbe, non dobbiamo dimenticarlo, una influenza determinante per facilitare l alternativa nelle successive elezioni comunali a favore di una maggioranza di sinistra laica e massonica fortemente anticlericale e caratterizzata dalla figura di Nathan, il quale poté oltre tutto avvalersi come sua base programmatica del programma lanciato da Murri. È dunque dal ricordo di questo, in sè marginale episodio storico opportunamente rievocato che nascono riflessioni e considerazioni dal significato politico ancora attuale. Le ultime pagine del libro di D Ubaldo che riguardano questo aspetto vanno particolarmente segnalate al lettore e possono essere utilizzate come punto di partenza per un allargamento del dibattito politico in corso. Innanzitutto dalla documentazione storica esposta nel libro si ricavano con estrema lucidità i punti che crearono l unità e l originalità del pensiero politico di tre personaggi che possiamo considerare i fondatori del cattolicesimo democratico in Italia e cioè Romolo Murri, Luigi Sturzo e, sia pure ancora giovanissimo, Alcide De Gasperi. Pur esprimendo valutazioni diverse da Murri circa la possibilità di un esito positivo del tentato inserimento dei democratici cristiani entro il consiglio comunale di Roma, Sturzo e De Gasperi dimostrarono di essere d accordo con Murri sul valore dell iniziativa. È in primo luogo considerata valida la posizione politica con la quale il gruppo murriano intende partecipare alle elezioni amministrative romane e che nel futuro potrà essere adottata anche in competizioni politiche nazionali. Questa posizione si definisce come antagonismo, che di per sè non tollera forma alcuna di alleanza o di compromesso, con la destra liberale e moderata e invece competizione concorrenziale con la sinistra laica e socialista. Se ne ricava quindi - e questo è il secondo elemento - una posizione che, essendo distinta sia dalla destra liberale che dalla sinistra laica e socialista, si autodefinisce di centro e che, per esprimersi nelle istituzioni in piena autonomia e non essere schiacciata su una posizione non propria, ha bisogno di un sistema elettorale tendenzialmente proporzionale. Luigi Sturzo, che avrebbe appunto sviluppato nella sua
11 Prefazione 7 Caltagirone una esperienza elettorale amministrativa conclusasi vittoriosamente, si preoccupa che l iniziativa di Murri a Roma non abbia come obiettivo immediato quello di realizzare una maggioranza di potere, magari attraverso un meccanismo di alleanze con partiti non cattolici. Preferibile è, secondo Sturzo, presentarsi da soli anche con il rischio di riuscire in minoranza o di non riuscire affatto. Secondo il modello in sè esemplare usato da Sturzo a Caltagirone, il comune non fu conquistato attraverso alleanze di potere nè con la maggioranza di destra liberal-massonica nè con la minoranza di sinistra socialista, ma con la battaglia di chiara contrapposizione programmatica sul piano sociale alla destra ed una concorrenza spinta sullo stesso terreno con i socialisti dopo aver chiarito le insuperabili divergenze ideologiche. I risultati a Caltagirone furono - come è noto - che alla fine Sturzo, senza alcun patteggiamento, costrinse i moderati a votare per lui e per un programma sociale amministrativo concorrenziale con quello socialista, pur di sbarrare la strada ad un altrimenti inevitabile maggioranza socialista. Si evidenzia così il terzo punto di convergenza del pensiero fra Murri Sturzo e De Gasperi, quello secondo cui il programma è l elemento di qualificazione fondamentale di un partito per l oggi solo amministrativo, ma per il domani anche politico e nazionale. Il programma dunque e non l identità cattolica è l elemento qualificante il partito dei cattolici democratici. L identità cattolica infatti unisce i credenti in alcuni principi religiosi, ma non li può unire su un programma politico o amministrativo perché, pur partendo dai comuni principi religiosi, possono essere dedotti sul piano dell azione sociale o politica sia comportamenti conservatori o moderati che comportamenti progressisti. Si ricava ancora di qui che il programma è l unico o almeno il fondamentale strumento di dialogo nelle istituzioni tra il partito dei cattolici democratici e gli altri partiti e quindi anche il punto di partenza necessario per la formazione delle maggioranze. Le alleanze si possono anzi si debbono fare tra forze politiche diverse solo quando risulti chiara la convergenza sui programmi e non solo per la conquista del potere. È quindi una concezione del potere, e in definitiva dello Stato e delle istituzioni, finalizzata al bene comune che storicamente si identifica nei programmi che le forze politiche propongono nella vi-
12 8 Prefazione sione dell interesse collettivo e sui quali richiedono e ottengono il consenso popolare necessario. Di qui emerge l ultimo, ma fondamentale punto di convergenza fra il pensiero politico di Murri Sturzo e De Gasperi: il popolarismo. Come nel dibattito dei laici progressisti alla costituente francese del 1791, Murri sostiene che i democratici cristiani non debbono essere solo per il popolo ma con il popolo, con tutto il popolo, elemento essenziale per recuperare i valori morali e politici dell unità nazionale propri del Risorgimento e per ristabilire un rapporto di fiducia tra il popolo, tutto il popolo, e la Chiesa cattolica. Da questi cinque punti che già emergono nel giungo del 1902 dall iniziativa di Murri si svilupperà in modo più compiuto il pensiero di Sturzo nel discorso di Caltagirone del dicembre del 1905 e nelle Idee ricostruttive di De Gasperi, il programma della Dc del Che cosa dunque mancò all iniziativa di Murri e che cosa rese invece possibile - sia pure in tempi e in condizioni diverse - a Sturzo la conquista di Caltagirone e la formazione di un partito di cento deputati e a De Gasperi una maggioranza relativa alle Camere in contrapposizione alla destra fascista e nel confronto con i comunisti? Dalla lettura del libro di D Ubaldo risultano evidenti le contraddizioni in cui è incorso Romolo Murri e che dovevano inevitabilmente portare al fallimento della sua pur generosa iniziativa. La prima fondamentale contraddizione è che Murri pensava ad un partito cattolico popolare ed erede dei valori del Risorgimento pur rimanendo all interno dello schema dell Opera dei Congressi che era, come l Azione cattolica, una struttura ecclesiale e dalla quale poteva nascere solo un partito che fosse strumento della Chiesa contro lo Stato e non lo strumento auspicato per ristabilire il rapporto di fiducia tra tutto il popolo italiano e la Chiesa. Questa contraddizione - come si è detto - fu superata da Sturzo con la costruzione di un partito aconfessionale e quindi capace di tutelare i diritti di libertà religiosa nel quadro più ampio di difesa dei diritti delle libertà civili politiche e sociali. La seconda contraddizione, che nasce direttamente dalla prima, è che se si mantiene, almeno sul piano teorico, la unità di tutti i cattolici sul terreno politico, diventa poi impossibile qualificare il partito sul terreno programmatico fuori dall ambito ristretto riguardante
13 Prefazione 9 solo i diritti di libertà religiosa. Si illudeva quindi Murri di poter inserire se stesso e i suoi democratici cristiani con un programma amministrativo progressista (comprendente perfino le municipalizzazioni) entro una lista a grandissima maggioranza moderata e dominata dalla nobiltà romana. Era logico allora che l Unione Romana temesse la presenza di un Murri il quale avrebbe sconvolto gli assestati equilibri e impedito il dialogo con le espressioni più moderate della lista laica e liberale. Ma questa politica moderata di puro potere dell Unione Romana, come poi tutto il moderatismo cattolico espresso fino ad oggi nel nostro paese, peccava di miopia ed era destinata a farsi travolgere dalla evoluzione della storia. È significativo infatti che, respingendo Murri e il suo programma e alleandosi di fatto con la destra liberale, l Unione Romana abbia sì conquistato nel giugno 1902 un potere quasi assoluto nel Comune di Roma, ma abbia nello stesso tempo create le premesse perché nelle successive elezioni si formasse la maggioranza più anticlericale dell intera storia amministrativa di Roma, la maggioranza capitanata da Nathan. E non è senza significato che lo stesso Nathan abbia adottato un programma amministrativo che per la parte sociale riprendeva nei punti fondamentali il programma dei democratici cristiani di Murri, comprese le municipalizzazioni. Analogamente è naturale e facilmente prevedibile che tutte le volte in cui i cattolici democratici non sono riusciti a far convergere su di sé il consenso dei moderati con un programma socialmente aperto in concorrenza alle sinistre, si sono poi di fatto formate maggioranze di destra che hanno aperto la strada alla sinistra anche estrema. Viceversa, tutte le volte che su programmi riformatori di partiti qualificatisi di centro sono potuti convergere i consensi moderati come male minore per evitare il prevalere della sinistra, si sono potute formare maggioranze stabili. Così è stato per Sturzo a Caltagirone, così è stato per De Gasperi che nella Dc, la quale pur presentava un programma riformatore e mantenne alla Costituente e nelle istituzioni un dialogo con le sinistre, ha potuto giovarsi della convergenza dei voti di una gran parte dei moderati, anche se costretti a votare (come scrisse Montanelli) turandosi il naso. Oggi però le condizioni, che hanno reso possibile per quasi mezzo secolo, il disegno cattolico democratico sono in larga parte mutate. E quindi i modelli sturziani e degasperiani richiedono ormai un adeguato aggiornamento.
14 10 Prefazione È venuta meno innanzitutto la condizione del sistema elettorale proporzionale senza del quale nessun partito di centro avrebbe potuto nascere in Italia. Senza il sistema proporzionale nè Sturzo avrebbe potuto raggiungere i cento deputati nel 1919 (e si sarebbe dovuto accontentare di qualche rara presenza in Parlamento) né De Gasperi avrebbe potuto raggiungere nel 1946 la maggioranza relativa all Assemblea costituente. Ancora valido è l ammonimento di Sturzo ai murriani che dopo lo scioglimento dell Opera dei Congressi avrebbero voluto dar vita subito ad un partito politico che in quelle condizioni sarebbe stato solo una chiesuola. La seconda e forse più rilevante condizione venuta meno proprio sul terreno politico è che, dopo il crollo del muro di Berlino e la trasformazione della maggioranza del Pci in Pds, è venuta meno l antica forza di pressione sui moderati per spingerli ad una convergenza elettorale verso il centro. E tuttavia, se è vero che non può più infatti ragionevolmente aver presa il timore di una maggioranza ideologica programmatica di tipo collettivista, non si sono neppure create le condizioni di un bipartitismo attraverso il quale tutte le posizioni politiche possano tranquillamente confluire in due soli schieramenti. Sono pertanto venute meno le condizioni per cui possa emergere come forza maggioritaria o comunque determinate un partito o uno schieramento di centro, ma non è venuta meno, anzi per certi aspetti si è accresciuta, la voglia di centro o comunque la consapevolezza che senza l apporto determinante dei voti moderati nessuno dei due schieramenti in competizione può vincere. In questa situazione quale insegnamento ci possono offrire oggi gli episodi storici ricordati con tanta puntualità dal libro di D Ubaldo? Innanzitutto che, senza un ritorno oggi del tutto improbabile ad un sistema elettorale proporzionale e soprattutto se permane una sinistra non più qualificata per l ideologia e non estremizzata sul programma e si conserva una destra resistente attorno alle figure dei rispettivi leaders (Berlusconi e Fini), nessuna prospettiva nè elettorale nè politica può avere un partito o uno schieramento di centro autonomo sia dalla destra che dalla sinistra. Un raggruppamento di centro che convogliasse i partitini di derivazione democristiana confluiti nel polo di centro-destra non
15 Prefazione 11 avrebbe alcuna possibilità di successo e non modificherebbe di fatto la situazione se fosse costretto a confermare la sua alleanza con la destra. Se poi questo centro decidesse di delimitarsi a destra escludendo le forze di derivazione fascista, con molta probabilità non potrebbe essere alternativo al centro-sinistra. D altra parte se è vero che il maggior partito erede della tradizione politica del vecchio Pci ha perduto, come si è detto, tutti i tratti ideologici e programmatici che ostacolavano nel passato la collaborazione con i partiti democratici di centro, è altrettanto vero che esso non ha finora perduto - specie per la composizione della sua classe dirigente - il metodo che lo caratterizzava nell esercizio del potere. E questa è la ragione per cui senza l apporto del centro la sinistra non ha potuto raggiungere la maggioranza nelle elezioni del 1994, mentre con l apporto di una parte del centro ha raggiunto invece la maggioranza nelle elezioni del 1996 o, quantomeno, ha impedito che la raggiungesse il centro-destra. Un raggruppamento di centro che, nascendo all interno dello schieramento di centro-sinistra qualificato dall Ulivo, potesse svilupparsi in virtù di un programma concorrenziale con quello della sinistra estrema avrebbe dunque ancora la possibilità di attrarre i voti moderati che potrebbero confluire con l obiettivo di ricostituire all interno dell Ulivo un diverso equilibrio di forze tra sinistra e centro, puntando a superare i rischi di metodo nella gestione del potere. Questo sembra oggi il compito e la strada che il Partito Popolare e gli altri raggruppamenti di centro esistenti all interno dell Ulivo possono percorrere per riprendere ancora ed attuare, nelle presenti condizioni, gli insegnamenti storici sempre preziosi della tradizione cattolico-popolare. Dobbiamo quindi essere grati a Lucio D Ubaldo per averci, con il suo libro storico, ricondotto a ragionare sui nostri problemi attuali. Giovanni Galloni (Roma, maggio 1998)
16 Introduzione 13 INTRODUZIONE Questa stringata riflessione sulla genesi e il significato dell esperienza che Romolo Murri consumò nelle elezioni capitoline del 1902, non ha grandi cose da esibire e proporre. Non si avvale di documenti inediti né di testimonianze nuove. Ruota dunque attorno a ciò che a vario titolo e in diverse sedi è stato già esposto, analizzato e commentato. In fondo si tratta di un lavoro semplice, di puro riordino di testi e documenti, sui quali si è cercato di incidere con pazienza e qualche ostinazione per ricavare almeno una traccia o un indizio utili a una riflessione sull odierna vicenda politica. A pensarci bene, il salto all indietro fin alle soglie di questo nostro secolo - breve o sterminato che sia (1) - ci riporta a un tempo e a una condizione politico-culturale che mostra punti di contatto con la situazione in cui ora è dato a noi di vivere e di operare. Un epoca nuova si affacciava, una nuova era oggi si profila all orizzonte. Avanzava, a quel tempo, l idea del socialismo come alternativa stupenda e grandiosa al mondo borghese-capitalista; un idea capace di 1. Alla tesi di Eric Hobsbawn, Il secolo breve, Rizzoli, 1995, con la quale s intende significare l esplosione e l esaurimento tra il primo conflitto mondiale e la caduta dell Unione Sovietica delle grandi illusioni della politica moderna, recentemente Marcello Veneziani (Il Secolo sterminato, Rizzoli, 1998) ha voluto opporre una diversa interpretazione che mira a identificare nel novecento il secolo in cui si incrociano e si confondono gli incantamenti ideologici, con la caduta nell esperienza tragica dei diversi totalitarismi, e il disincanto cinico e massificante dell uniformità globalistica del mercato. Questa lettura si configura però non come un definitivo congedo delle titaniche passioni e devastazioni che la coppia fascismo-comunismo ha prodotto, ma come una sottile e sofisticata operazione di recupero dell organicismo comunitario che soggiace a uno dei due poli rivoluzionari del novecento, quello storicamente incarnato dal fascismo, l abbandono delle forme e dei limiti del quale non sembrerebbe determinare il pieno distacco da una tradizione di pensiero e di prassi politica a cui l Autore, in un modo o nell altro, criticamente si ricollega in antitesi alle fin troppo equivoche procedure di rimozione ideologica e vicendevole legittimazione delle due forze antagoniste uscite sconfitte dell immane confronto storico.
17 14 Introduzione muovere e sostenere l azione del quarto stato, la classe emarginata e sfruttata per eccellenza, ma tuttavvia indenne dalle colpe e dalle catastrofi dell esperienza nata successivamente con l Ottobre sovietico. I cattolici, invece, si accingevano a dare un senso diverso e nuovo alla loro opposizione, sperimentando i limiti di una unità organizzativa a carattere pre-politico e cogliendo quindi l urgenza di una inevitabile, corretta e giusta separazione tra conservatori e progressisti, moderati e democratici, clericali e innovatori. La speranza di cambiamento assumeva il nome e il vessillo della democrazia cristiana, l ala più intraprendente e coraggiosa del movimento cattolico. Il caso ha voluto che, a distanza di quasi un secolo, lo stesso processo di distinzione per linee omogenee di pensiero politico abbia dovuto fare i conti con la dissoluzione di quella democrazia cristiana che gli eventi della guerra fredda avevano obbligato, in un certo senso, a costituirsi come riferimento unitario dei cattolici italiani. Cosa ci consegni questo evento da molti ritenuto liberatorio è un problema finora irrisolto. Il fatto, però, che un lungo ciclo politico sia giunto a conclusione costituisce di per sé una novità sufficiente e una condizione fondamentale ai fini della ricerca di legittimazione di un futuro che appare senza radici e senza memoria. In questa cornice, il cattolicesimo politico si è consumato nell arco di poco tempo nel contrasto di opzioni politiche programmi e alleanze, lasciando a una minoranza il compito di salvare le ragioni della storia e dell impegno dei democratici d ispirazione cristiana. La presentazione e il rinnovamento del cattolicesimo democratico sono tuttavia apparsi all orizzonte dello scenario politico come elementi possibili all interno di una prospettiva di tutela e rappresentanza dei cosiddetti ceti moderati. Mentre il confronto con il movimento comunista aveva dilatato lo sviluppo e l apertura della proposta democratico cristiana, tanto da inglobare in essa il tema del laburismo cristiano (2), all inverso ora, caduto il Muro e scomparso l antagonista 2. Cfr. Vincenzo Saba, Quella specie di laburismo cristiano. Dossetti, Pastore, Romani e l alternativa a De Gasperi, , Edizioni lavoro, Si noti, en passant, che l espressione laburismo cristiano è usata da Alcide De Gasperi, sia pure in chiave oggettivamente polemica, in una lettera indirizzata il 3 gennaio 1952 a Pio XII per chiedere un autorevole intervento in vista delle imminenti elezioni amministrative romane.
18 Introduzione 15 storico, il possibile dispiegamento del progetto puro conservato nel cuore dell esperienza cattolico democratica ha lasciato il campo alla ridefinizione della figura del politico cattolico come forma della moderazione. Ciò si propone in un tempo, per altro, di tumultuosa e radicale accellerazione dei processi politici, così da rendere assai arduo il collegamento con un area sociale e culturale che in quanto già storicamente soggetta all egemonia democristiana dovrebbe conservarsi nella sua tradizionale vocazione centrista e moderata, ma in quanto sottoposta alle tensioni e alle spinte del cambiamento in corso è piuttosto incarnazione essa stessa di una nuova mentalità radicale. Tornando al nostro facile parallelismo storico, è riscontrabile insomma come il nascente movimento democratico cristiano s incaricasse all alba di questo secolo di fornire gli strumenti e le formule per una battaglia politica che doveva opporre all utopia socialista una diversa prospettiva di cambiamento, facendo sì che i ceti popolari (in specie i contadini e la piccola borghesia urbana) potessero liberarsi del clerico-moderatismo per competere ad armi pari con i movimenti politici di sinistra. Viceversa, in questo scorcio di tempo che ci separa dal Duemila, è finalmente caduta la barriera ideologica che impediva la piena collaborazione dei cattolici democratici con l insieme delle componenti politiche della sinistra. Ma invece di sancire l incontro tra filoni diversi di un pensiero politico riformatore, l alleanza sembra costituita sulla base di uno schema che riserva ai cattolici - per loro autonoma decisione - il ruolo di rappresentanza moderata dell area politico-elettorale di centro. Si potrebbe dunque dire: a sinistra in quanto moderati, a sinistra essendo e rimanendo comunque moderati. Insomma, quasi una eterogenesi dei fini. Infatti i giovani democratici cristiani di Murri sognavano di contrastare l impeto palingenetico del socialismo in nome e in virtù di una idea alternativa di rivoluzione, laddove alle asprezze e agli errori della lotta di classe si opponeva la forza del solidarismo cristiano e la fede nella libertas quale strumento a servizio del popolo e per il popolo. Il fatto che essi rifiutassero la violenza dei mezzi rivoluzionari del socialismo definiva specificamente il loro essere moderati, ma del pari il ripudio della logica e della prassi del conservatorismo clericale qualificava il loro essere portatori di una modernità culturale e politica.
19 16 Introduzione Con lo sguardo al passato, alla ricerca delle proprie radici, i cattolici rimasti fedeli alla lezione del popolarismo avrebbero pertanto una ragione in più per rivendicare innanzi tutto l ancoraggio ideale e politico a una più feconda cultura del rinnovamento, ponendo la tematica della moderazione in posizione ausiliare e aggiuntiva, vale a dire come utile ragionamento sulle modalità e lo stile di una peculiare condotta politica. Non un progetto politico moderato, ma un moderato - e cioè realista e integralmente umano - agire in funzione di una politica del cambiamento e dell innovazione. Poiché sta scritto che i miti erediteranno la terra (3), spetta ai politici che trovano nella Parola l ispirazione per il loro impegno concreto, intraprendere il cammino verso una nuova democrazia che mitighi la violenza del potere, o meglio di tutti i poteri, facendo sì che sopravviva e agisca sempre la speranza di rendere gli ultimi, gli esclusi, i più poveri come eredi delle risorse e delle opportunità offerte dall odierna economia attraversata dalla cosidetta rivoluzione della conoscenza. Forse questa lettura politica della mitezza, in quanto trasfigurazione della controversa idea di moderazione, potrebbe sostenere il ricongiungersi all interno della tradizione democratico cristiana dell originaria vocazione antimoderata e progressista con l odierna ricerca di una propria identità, autonoma e distinta, nell ambito di una coalizione in cui pesa effettivamente il rischio di egemonia della sinistra di estrazione socialista e comunista. Prendiamolo dunque come un buon pretesto questo andare con il pensiero al tentativo di Murri di promuovere, quasi cent anni fa, una scelta politica generosamente rivolta alla costruzione di un inedita prospettiva di lavoro ed impegno di quel manipolo di giovani che credevano utile lo sforzo di avvicinare - come essi dicevano - la democrazia al cristianesimo. Da questa convinzione è nata una storia, una grande storia. Un altra, pur fedele alla precedente, forse potrà sorgere ancora, ma a condizione che vi sia una nuova speranza, un nuovo progetto, una nuova politica. 3. Cfr. Dalmazio Mongillo, Sergio Quinzio, Quando i miti erediteranno la terra? (a cura di Giancarlo Marinelli), Edizioni lavoro, 1995.
20 IL MUNICIPALISMO SOCIALE DEI CATTOLICI E IL PROGETTO RIFORMATORE DI ROMOLO MURRI NELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE ROMANE (1902)
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