Univ Cagliari - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Corte cost., 6 ottobre 2014, n di Pietro Boria

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1 L illegittimità della presunzione legale di redditività per i movimenti finanziari operati dai professionisti di Pietro Boria Attraverso il ricorso all argomento logico della ragionevolezza, la Corte costituzionale, con sentenza n. 228 del 2014, ha riconosciuto l infondatezza dello schema presuntivo di redditività riguardante i prelevamenti operati sui conti correnti dei professionisti, sulla base di una valutazione di poca affidabilità del percorso congetturale assunto dal legislatore proprio con riferimento ai dati dell esperienza concreta. La sentenza della Consulta va intesa come una sorta di apripista, apparendo destinata a produrre un effetto di complessivo ripensamento del sistema delle presunzioni legali riguardanti i movimenti finanziari in base ad un innovativo giudizio di infondatezza della specifica presunzione legale attinente ai prelevamenti dei professionisti. Con la sentenza n. 228 del 2014 (1), la Corte costituzionale è intervenuta sul tema della legittimità costituzionale della disposizione che stabilisce la presunzione di imponibilità per i prelevamenti sul conto corrente bancario con riguardo ai lavoratori autonomi. In particolare, oggetto della sentenza è la norma introdotta con l art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (che ha modificato il contenuto dell art. 32, comma 1, numero 2, secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973) la quale ha esteso alla categoria dei professionisti l ambito operativo della presunzione legale di redditività relativa alle operazioni finanziarie di prelievo operate sul conto corrente ai fini delle imposte dirette (ambito originariamente previsto solo con riferimento agli imprenditori). In base a tale norma è infatti disposto che le somme prelevate sul conto corrente del professionista, le quali non siano annotate nella contabilità e di cui non siano riportati gli estremi del beneficiario (e dunque in sostanza i prelevamenti di cassa ) sono da considerare come compensi imponibili ai fini dell imposta personale sul reddito. La Corte costituzionale ha stabilito l illegittimità di tale norma con riguardo al parametro costituito dagli artt. 3 e 53 della Costituzione. La presunzione viene infatti giudicata lesiva del principio di ragionevolezza e di capacità contributiva in quanto il fondamento logico giuridico è individuato in una arbitraria correlazione tra un comportamento del professionista ed un risultato congetturale. Ed invero, sostiene la Corte, che in assenza di giustificazione deve ritenersi che la somma prelevata sia stata utilizzata per l acquisizione non contabilizzata o non fatturata di fattori produttivi e che tali fattori abbiano prodotto beni o servizi venduti a loro volta senza essere contabilizzati o fatturati. Il fondamento economico-contabile di tale meccanismo è stato ritenuto da questa Corte (sentenza n. 225 del 2005) congruente con il fisiologico andamento dell attività imprenditoriale, il quale è caratterizzato dalla necessità di continui investimenti in beni e servizi in vista di futuri ricavi. L attività svolta dai lavoratori autonomi, al contrario, si caratterizza per la preminenza dell apporto del lavoro proprio e la marginalità dell apparato organizzativo. Tale marginalità assume Pietro Boria - Professore ordinario di Diritto tributario presso Sapienza Università di Roma Note: (1) Il testo della sentenza è riportato a seguire. 3461

2 poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di lavoratori autonomi, sino a divenire quasi assenza nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell attività svolta, come per le professioni liberali. A supporto di tale valutazione giuridica la Corte costituzionale aggiunge due considerazioni connesse al sistema degli obblighi formali imposti ai professionisti che denotano la non ragionevolezza della presunzione legale: a) gli eventuali prelevamenti (che peraltro dovrebbero essere anomali rispetto al tenore di vita secondo gli indirizzi dell Agenzia delle entrate) vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata; assetto contabile da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali ; b) la tracciabilità del denaro, oltre ad essere uno strumento di lotta al riciclaggio di capitali di provenienza illecita, persegue il dichiarato fine di contrastare l evasione o l elusione fiscale attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti che si possono prestare ad operazioni in nero. Viene così formulato il principio di diritto secondo cui la presunzione è lesiva del principio di ragionevolezza, nonché di capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. La portata della sentenza di illegittimità costituzionale La presunzione di rilevanza reddituale del prelevamento operato dal conto corrente si fonda su un doppio passaggio logico: a) il prelevamento di cassa (di cui non è possibile individuare il beneficiario) è considerato come un investimento in beni e/o servizi produttivi effettuato a sua volta in nero (senza cioè essere riportato nelle scritture contabili e nella fatturazione); b) l investimento in nero viene utilizzato per produrre un volume di corrispettivi che non è riportato nelle scritture contabili e nella fatturazione e che dunque è sottratto agli ordinari strumenti di rilevazione documentale predisposti a fini tributari; su base puramente congetturale la norma stabilisce che il rapporto tra i corrispettivi in nero ed i costi in nero è pari ad almeno il doppio; pertanto il valore dei compensi netti (e cioè corrispettivi meno costi) presuntivamente collegati all investimento è considerato eguale al valore del prelevamento operato sul conto corrente. La sentenza della Corte costituzionale in commento, inserendosi nel contesto di un acceso dibattito giurisprudenziale e dottrinale, stabilisce dunque la illegittimità costituzionale di tale presunzione legale di imponibilità dei prelevamenti dai conti correnti bancari con riguardo alla categoria dei professionisti. Tale decisione si differenzia pertanto dalla precedente sentenza della Corte costituzionale (n. 225 del 2005) emessa con riguardo al tema dei prelevamenti effettuati dagli imprenditori, nella quale si era raggiunta l opposta conclusione della legittimità della norma vigente in ragione della non arbitrarietà del meccanismo presuntivo previsto dalla legge tributaria. Va osservato, a tal riguardo, che l impianto argomentativo della decisione vale evidentemente a sancire l illegittimità della presunzione legale, con riferimento ad una delle fasi regolate dalla disposizione legislativa e cioè il prelevamento di somme (e quindi la fase di acquisizione di denari che passano dal conto corrente nella sfera di disponibilità materiale del professionista) senza avere riguardo per l altra fase del versamento di somme (attraverso la quale si realizza l operazione inversa di immissione di capitali dalla sfera di materiale apprensione del professionista nel suo conto corrente bancario). La statuizione finale della sentenza appare perspicua nel senso indicato, poiché la Corte dichiara l illegittimità costituzionale della norma (e cioè dell art. 32, comma 1, numero 2) secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, come modificato dall art. 1 della legge n. 311 del 2004) limitatamente all inciso o compensi, con ciò sancendo inequivocabilmente l illegittimità della presunzione legale relativa ai prelevamenti ingiustificati dal conto corrente con riferimento alla categoria dei lavoratori autonomi (che produce per l appunto compensi ). 3462

3 Ne deriva, pertanto, che i movimenti finanziari compiuti dai titolari di un reddito di lavoro autonomo, con riguardo al prelevamento (e non anche al versamento di somme sul conto corrente bancario), non possono essere più considerati in via automatica come elementi fondanti di una ricostruzione congetturale circa la produzione di un reddito imponibile ai fini dell imposta personale, essendo stata riconosciuta l illegittimità della presunzione legale. Naturalmente tali movimenti finanziari ben possono essere utilizzati come elementi di fatto da assumere nello schema logico di una presunzione semplice, cui fare ricorso nell ambito dei metodi di accertamento tributario per la ricostruzione induttiva della posizione reddituale del contribuente; in tal caso la presunzione dovrà presentare i requisiti richiesti dalla disciplina dell accertamento tributario (e quindi, ad es., mostrare i caratteri di precisione, gravità e concordanza richiesti per le presunzioni semplici nell accertamento contabile). La sentenza della Corte costituzionale vale così a rendere non più utilizzabile il grimaldello giuridico della presunzione legale quale strumento di definizione del presupposto e della base imponibile nella categoria dei redditi da lavoro autonomo sulla base esclusivamente di prelevamenti di cassa sul conto corrente del contribuente. Il bilanciamento dei valori operato dalla Consulta in ordine alla dialettica tra interesse fiscale e capacità contributiva Secondo una attitudine consolidata, la Corte costituzionale, anche con la sentenza in commento, ha operato un evidente bilanciamento di interessi contrapposti con particolare riguardo ai valori dell interesse fiscale dello Stato comunità e della capacità contributiva. LA GIURISPRUDENZA Presunzione legale per i prelevamenti dei professionisti Secondo la Consulta, i movimenti finanziari compiuti dai titolari di reddito di lavoro autonomo, con riguardo al prelevamento (e non anche al versamento di somme sul conto corrente bancario), non possono essere più considerati in via automatica come elementi fondanti di una ricostruzione congetturale circa la produzione di reddito imponibile ai fini dell imposta personale, essendo stata riconosciuta l illegittimità della presunzione legale. Tali movimenti finanziari possono essere utilizzati come elementi di fatto da assumere nello schema logico di una presunzione semplice, cui fare ricorso nell ambito dei metodi di accertamento tributario per la ricostruzione induttiva della posizione reddituale del contribuente. È infatti noto che nell impianto costituzionale si confrontano un interesse della comunità alla configurazione efficace ed efficiente del sistema tributario ai fini della ottimizzazione del gettito fiscale (il cd. interesse fiscale ) ed un interesse garantistico in funzione tutelatoria della sfera individuale (tutelato dal principio di capacità contributiva). Con particolare riguardo alla materia delle presunzioni legali tale dialettica trova un chiaro riscontro in quanto le presunzioni legali sono da considerare meccanismi normativi funzionali al perseguimento di obiettivi riconducibili all area tipicamente coperta dall interesse fiscale. In specie, la Corte ha espressamente richiamato le esigenze di semplificazione dei meccanismi impositivi, di efficienza nella dimostrazione dei fatti rilevanti ai fini della tassazione, di attenuazione dei fenomeni evasivi, evidenziando chiaramente come la finalità tipica delle presunzioni legali sia quella di procedere ad una pre-determinazione della fattispecie impositiva che consenta di stabilizzare la pretesa tributaria in linea con l interesse generale della collettività ad acquisire risorse vitali per la propria sopravvivenza. D altro lato, il ricorso alle presunzioni legali produce un evidente compressione della sfera di libertà economica individuale e dei diritti proprietari poiché limita la capacità di far valere l effettiva situazione patrimoniale ed economica del contribuente da porre a base della prestazione tributaria (e quindi si pone come una limitazione della capacità contributiva espressa dall attività economicamente rilevante del singolo individuo). Peraltro, proprio la giurisprudenza della Corte costituzionale sembra fornire numerosi spunti a sostegno della esigenza di comporre il contrasto tra interesse fiscale e capacità contributiva, ri- 3463

4 cercando sistemazioni normative che precludano un conflitto in cui uno dei due principi risulti totalmente soccombente rispetto all altro. In specie, pare delinearsi nella giurisprudenza costituzionale la convinzione che i criteri presuntivi di costruzione della fattispecie impositiva, ispirati da ragioni ricollegabili all interesse fiscale, siano adeguatamente giustificati, in relazione al criterio di capacità contributiva, purché fondati su elementi tratti dalla comune esperienza e dotati quindi di una portata razionale, oltreché sistematicamente coerente con altri valori costituzionali. Così è stato evidenziato che la legittimità della presunzione legale vada ricercata in riferimento ad un giudizio di conformità con i fatti normalmente rilevabili in base all id quod plerumque accidit; giudizio che può riguardare tanto l assunzione del normale comportamento dei contribuenti nel compimento di determinate transazioni giuridiche, quanto la valorizzazione degli scopi usualmente perseguiti con determinate condotte negoziali. Questo orientamento della giurisprudenza costituzionale sembra indurre due ordini di considerazioni. In primo luogo è ribadita l esigenza di ricercare un contemperamento tra i due contrapposti principi della capacità contributiva e dell interesse fiscale, venendo disattese teorie ricostruttive fondate sull accoglimento esclusivo dell uno o dell altro principio. In secondo luogo, si afferma l idea che la composizione tra l interesse fiscale e la capacità contributiva sia da ricercare con riferimento alla razionalità del meccanismo presuntivo, vale a dire secondo tecniche di ragionevolezza che consentano di mediare ed attenuare le conflittualità tra i due valori normativi. È quindi in un contesto logico, fortemente condizionato dal principio di eguaglianza, soprattutto nella versione argomentativa del bilanciamento dei valori, che viene concretamente ricercato il contemperamento tra i due principi costituzionali nella disciplina tributaria delle presunzioni legali. Il giudizio di irragionevolezza della presunzione legale nei movimenti finanziari operati dai lavoratori autonomi Nella sentenza in commento la Corte costituzionale ha formulato un giudizio di irragionevolezza circa la presunzione legale di imponibilità dei prelevamenti operati dai lavoratori autonomi sui propri conti correnti bancari e non annotati nelle scritture contabili (ovvero, per i quali non è riconoscibile il beneficiario). Sulla base di precisi argomenti giuridici, la Corte ha infatti censurato la presunzione legale giudicandola alla stregua di un meccanismo privo di adeguata fondatezza logica e quindi denotato da arbitrio giuridico. Nella parte motiva i giudici costituzionali spiegano che la parificazione di trattamento dei lavoratori autonomi agli imprenditori va considerata arbitraria, in ragione della diversità strutturale della categoria del lavoro autonomo rispetto al reddito di impresa: come accennato in precedenza, la Corte evidenzia i tratti organizzativi e di funzionamento concreto dell attività di lavoro autonomo che rendono illogico il collegamento inferenziale dei movimenti finanziari rispetto all andamento economico dell attività medesima. Infatti, considerata la preminenza del lavoro proprio e la marginalità dell apparto organizzativo, appare incongruo ritenere che i movimenti finanziari operati dai professionisti in uscita (e cioè i prelevamenti) esprimano investimenti in fattori produttivi e possano quindi indicare, su base induttiva e congetturale, un incremento della capacità di produrre reddito dell attività di lavoro autonomo. Per di più, la recente normativa in tema di tracciabilità dei pagamenti e dei versamenti effettuati da lavoratori autonomi, volta proprio a contrastare fenomeni di evasione fiscale, vale a rendere ancora più irragionevole la portata della presunzione legale riguardante i movimenti finanziari dei professionisti (essendo comunque riconoscibile il destinatario di pagamenti non bagatellari). La sentenza in commento riconosce dunque la mancanza di una adeguata base logica alla presunzione legale e quindi ne stabilisce l illegittimità per mancanza di fondatezza giuridica, in violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione. Il bilanciamento tra i contrapposti valori dell interesse fiscale e della capacità contributiva viene realizzato attraverso un giudizio di illegittimità costituzionale di una regola di protezione dell interesse fiscale (a cui si riconduce la presunzione legale) e quindi con una espansione 3464

5 della sfera tutelatoria del principio di capacità contributiva. La tecnica di mediazione dei due contrapposti valori costituzionali è affidata essenzialmente all utilizzo del criterio della ragionevolezza, in linea con l orientamento generale della giurisprudenza (come ricordato in precedenza). L irrilevanza della presunzione legale relativa come criterio di giustificazione della disciplina vigente La Corte costituzionale, nel giudicare tout court l illegittimità della disciplina vigente in tema di prelevamenti operati dai professionisti sui propri conti correnti bancari, non attribuisce alcun rilievo al carattere di presunzione legale relativa pacificamente attribuito a questa fattispecie presuntiva. Ed invero, benché sia riconosciuta in astratto la facoltà del contribuente di fornire una prova di carattere contrario rispetto al risultato congetturale prodotto dalla presunzione legale (e quindi la facoltà di provare a dimostrare che i prelevamenti non esprimono un incremento reddituale dell attività di lavoro autonomo), sul piano concreto appare estremamente complicato fornire una dimostrazione probatoria adeguata della mancanza di reddito in capo al contribuente. Il più delle volte tale prova contraria assume il carattere di una dimostrazione impossibile per il contribuente, stante la mancanza di strumenti logici (e ancor di più di elementi documentali) che possano indicare l assenza di investimenti e di acquisti di fattori produttivi idonei a produrre incrementi del reddito imponibile nell ambito dell attività di lavoro autonomo. In altre parole, il professionista per dimostrare l assenza di un reddito imponibile può soltanto limitarsi a sostenere che il reddito effettivo generato nel periodo di imposta è quello indicato nelle proprie scritture contabili e nella sua dichiarazione dei redditi; d altro lato, trattandosi di movimenti di LA GIURISPRUDENZA Bilanciamento tra interesse fiscale e capacità contributiva Pare delinearsi nella giurisprudenza costituzionale la convinzione che i criteri presuntivi di costruzione della fattispecie impositiva, ispirati da ragioni ricollegabili all interesse fiscale, siano adeguatamente giustificati, in relazione al criterio di capacità contributiva. La composizione tra l interesse fiscale e la capacità contributiva è da ricercare con riferimento alla razionalità del meccanismo presuntivo, vale a dire secondo tecniche di ragionevolezza che consentano di mediare ed attenuare le conflittualità tra i due valori normativi. cassa egli non è usualmente in grado di stabilire una correlazione specifica con altre finalità estranee all attività di lavoro autonomo (e quindi, ad esempio, con finalità di carattere personale); egli, pertanto, non può ragionevolmente fornire prove di segno contrario rispetto al risultato della presunzione legale ed è costretto a subire l effetto deteriore della presunzione legale in termini di maggior reddito e, conseguentemente, di maggiore imposta. La prova contraria alla presunzione legale si configura così come una probatio diabolica richiesta al contribuente, concretamente non formulabile sulla base del materiale andamento delle attività economiche dei lavoratori autonomi, anche in ragione dell usuale promiscuità di componenti personali e componenti professionali nello schema di lavoro. La sentenza in commento non attribuisce nessuna portata giustificativa al carattere di presunzione juris tantum quale elemento che possa esprimere un idoneità a contemperare le esigenze difensionali ed i valori fondamentali dell individuo con l interesse fiscale dello Stato comunità. Al contrario, come più volte ripetuto, la Corte giudica la presunzione legale infondata sul piano della fondatezza logica in quanto inidonea a costituire un meccanismo presuntivo adeguato a rappresentare una corretta correlazione tra fatti noti e risultato congetturale. Va osservato, a tal riguardo, che la posizione assunta dalla Corte costituzionale nella sentenza in commento si allinea concettualmente all orientamento giurisprudenziale che appare poco attento alla valorizzazione del diritto alla difesa, focalizzando l attenzione eminentemente sul fondamento razionale del meccanismo presuntivo. Ed invero, in più occasioni la Corte si è espressa in senso conforme alla valutazione presuntiva legale che, attraverso tipizzazioni dei comportamenti, finisce per escludere la possibi- 3465

6 lità di prove contrarie dei contribuenti, sulla base di riscontri fondati sulla comune esperienza. Sembra dunque potersi rilevare nella sensibilità della Corte costituzionale una inclinazione per il bilanciamento di interesse fiscale e capacità contributiva da realizzare attraverso il richiamo al fondamento di ragionevolezza quale schema logico di riferimento per la valutazione di idoneità nella configurazione delle presunzioni legali relative. La disomogeneità del reddito di lavoro autonomo rispetto al reddito di impresa La Corte costituzionale fonda la propria sentenza essenzialmente sul principio che la categoria del reddito di lavoro autonomo presenta differenze strutturali rilevanti rispetto alla categoria del reddito di impresa. Significativo a tal riguardo è l assunto secondo cui l attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell apporto di lavoro proprio e la marginalità dell apparato organizzativo. Tale marginalità assume poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di lavoratori autonomi, sino a divenire quasi assenza nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell attività svolta come per le professioni liberali. Evidentemente viene riproposto un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza costituzionale in base al quale lo statuto fiscale dell impresa può essere discriminato rispetto allo statuto fiscale del lavoro autonomo, in ragione della diversa attitudine della fonte di produzione del reddito (e cioè dell attività economica che vale a produrre i flussi reddituali). A ben guardare, la Corte costituzionale, nella sentenza in esame, assume una posizione unitaria e generalizzata in ordine alla discriminazione qualitativa dei redditi del lavoro autonomo rispetto ai redditi di impresa, indipendentemente da una formulazione più accurata in merito all effettiva dimensione della organizzazione dell attività economica (allineandosi così all impostazione assunta nella sentenza n. 42 del 1980 in tema di ILOR in cui venne proposta tout court una discriminazione qualitativa dei redditi dei professionisti rispetto agli imprenditori). Non viene pertanto accolta la distinzione circa il livello di organizzazione che è stata invece proposta dalla giurisprudenza costituzionale in tema di applicabilità dell IRAP (a partire dalla sentenza n. 156 del 2003). In tale giurisprudenza si va consolidando il convincimento che la riconoscibilità di una autonoma organizzazione, quale combinazione di fattori produttivi (e dunque di capitale e lavoro altrui), che sia idonea a permettere l esecuzione dell attività economica, vale ad indicare che la fonte del reddito è da riferire ad un assetto organizzativo che supera e prevale rispetto al lavoro proprio del titolare; invece laddove possa individuarsi una auto-organizzazione, in cui l eventuale combinazione di beni e lavoro altrui non è scindibile rispetto all apporto personale delle capacità del professionista, l elemento della organizzazione tende ad assumere un carattere recessivo e certamente non prevalente rispetto al lavoro proprio del professionista stesso. Questa distinzione non viene minimamente prospettata nella sentenza in commento; la Corte si limita semplicemente a rilevare che nella dimensione economica del lavoro autonomo l elemento dell apparato organizzativo tende ad assumere un carattere marginale (pur esprimendosi con differenti gradazioni in relazione alle varie tipologie di attività professionali o artistiche). Può così rilevarsi come la disomogeneità tra fonti di reddito (impresa e lavoro autonomo) rispetto alla applicabilità del regime delle presunzioni legali sui movimenti finanziari sia riproposta nella versione originariamente elaborata a proposito della discriminazione qualitativa del reddito (nella sentenza n. 42 del 1980) e non anche nella versione più articolata di recente formulata in tema di IRAP. Evidentemente la Corte ritiene che il fondamento logico della presunzione legale sui prelevamenti dei professionisti sia arbitrario in ogni caso, senza necessità di procedere ad una ulteriore distinzione tra le diverse tipologie delle attività di lavoro autonomo. Considerazioni conclusive La sentenza in commento contribuisce dunque a fornire un elemento significativo di certezza nel quadro giuridico della imposizione sul reddito dei lavoratori autonomi, espungendo dall ordinamento fiscale una norma che aveva prodotto numerose incertezze applicative e molti contra- 3466

7 IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE Piccoli imprenditori Anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014, restano aperte questioni ricollegate alle presunzioni legali sui conti correnti del contribuente. Per esempio, appare complesso tracciare una linea di distinzione, rispetto alla rilevanza della presunzione legale, tra le figure dei piccoli imprenditori, in cui prevale l opera personale e l autoorganizzazione, ed i professionisti. In considerazione del medesimo rilievo dell elemento organizzativo per entrambe le categorie di attività economiche, appare plausibile supporre la medesima inconsistenza della presunzione legale relativa ai prelevamenti in nero dai conti correnti. In questo senso si può immaginare uno sviluppo giurisprudenziale che porti ad estendere il giudizio di illegittimità costituzionale anche alla categoria dei piccoli imprenditori. sti teorici in ragione dell elevato grado di indeterminatezza concreta. Attraverso il ricorso all argomento logico della ragionevolezza la Corte costituzionale ha riconosciuto l infondatezza dello schema presuntivo riguardante i prelevamenti in nero operati sui conti correnti dei professionisti sulla base di una valutazione di poca affidabilità del percorso congetturale assunto dal legislatore proprio con riferimento ai dati dell esperienza concreta. Restano peraltro aperte numerose questioni ricollegate alle presunzioni legali sui conti correnti del contribuente. Innanzitutto è ancora pienamente operativa la presunzione legale di rilevanza reddituale per i prelevamenti di cassa operati sui conti correnti dagli imprenditori (su cui, come ricordato, la Corte costituzionale si è pronunciata nel senso della ammissibilità con la sentenza n. 225/2005). A tal riguardo si pongono numerosi dubbi sulla fondatezza generale di tale presunzione, stante l elevata indeterminatezza della base congetturale riconducibile al doppio passaggio logico secondo cui i prelevamenti si trasformano in corrispettivi e, soprattutto, questi non possono essere inferiori al doppio degli investimenti (con una idea del margine operativo perlomeno antistorica rispetto a questa fase del ciclo economico). Evidentemente, la sentenza in esame può fornire uno spunto per prendere nuovamente in considerazione la validità logica di tale meccanismo presuntivo. Inoltre appare assai complesso tracciare una linea di distinzione rispetto alla rilevanza della presunzione legale tra le figure di piccoli imprenditori, in cui prevale l opera personale e l auto-organizzazione, ed i professionisti; in considerazione del medesimo rilievo dell elemento organizzativo per entrambe le categorie di attività economiche appare plausibile supporre la medesima inconsistenza della presunzione legale relativa ai prelevamenti in nero dai conti correnti. In questo senso si può immaginare uno sviluppo giurisprudenziale che, in linea con quanto avvenuto per l ILOR e l IRAP, porti ad estendere il giudizio di illegittimità costituzionale anche alla categoria dei piccoli imprenditori. Infine, il giudizio di infondatezza dello schema presuntivo sembra applicabile anche alla presunzione legale prevista dall art. 51 comma 2, n. 2, del D.P.R. n. 633/1972 in materia di IVA. In questa norma, infatti, ricorre la stessa base congetturale già esaminata dalla Corte costituzionale nella sentenza in esame. Ragioni di coerenza logica dovrebbero imporre l estensione della illegittimità anche alla presunzione operante in ambito IVA. La sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014 va così intesa come una sorta di apripista, apparendo destinata a produrre un effetto di complessivo ripensamento del sistema delle presunzioni legali riguardanti i movimenti finanziari in base ad un innovativo giudizio di infondatezza della specifica presunzione legale riguardante i prelevamenti dei professionisti. In altre parole la sentenza qui commentata sembra potersi annoverare nell ambito dei leading cases del diritto tributario, in quanto funzionale ad esercitare un profondo influsso sull ordinamento fiscale con particolare riguardo all area dei rapporti tra contribuente e Amministrazione nell ambito dell accertamento tributario. 3467

8 LA SENTENZA Corte cost., Sent. 6 ottobre 2014 (24 settembre 2014) n Pres. Cassese - Red. Coraggio È costituzionalmente illegittimo, in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., l art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, limitatamente alle parole o compensi, nella parte in cui ha esteso ai lavoratori autonomi l ambito operativo della presunzione in base alla quale le somme prelevate dal conto corrente costituiscono compensi assoggettabili a tassazione, se non sono annotate nelle scritture contabili e se non sono indicati i soggetti beneficiari dei pagamenti. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 10 giugno 2013 la Commissione tributaria regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005). Oggetto del giudizio sono tre avvisi di accertamento emessi in relazione all anno d imposta 2004, in relazione ai quali vi è l accertamento del maggiore imponibile ai fini IRPEF e IRAP basato sulla disposizione di cui all art. 32, comma 1, numero 2), del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo risultante dopo le modificazioni introdotte dall art. 1 della legge n. 311 del La disposizione censurata così recita: I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7) e dell articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell ambito dei predetti rapporti od operazioni Le censure del giudice rimettente investono la seconda parte della norma. Rileva il giudice a quo che l art. 1 della legge n. 311 del 2004, inserendo nel corpo di tale parte della disposizione le parole o compensi, ha esteso ai lavoratori autonomi l ambito operativo della presunzione in base alla quale le somme prelevate dal conto corrente (così come quelle su questo versate) costituiscono compensi assoggettabili a tassazione, se non sono annotate nelle scritture contabili e se non sono indicati i soggetti beneficiari dei pagamenti. La disposizione censurata, se applicata agli anni d imposta in corso o anteriori alla novella legislativa, comporterebbe per i contribuenti professionisti un onere probatorio imprevedibile e impossibile da assolvere, in contrasto con l art. 24 della Costituzione e con il principio di tutela dell affidamento richiamato dall art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente). Essa violerebbe, altresì, l art. 3 Cost., alla luce di entrambe le letture di cui la norma è passibile: la prova contraria che incombe sul contribuente o richiederebbe necessariamente anche la giustificazione causale dei prelevamenti, così imponendo un adempimento aggiuntivo rispetto a quello rappresentabile sulla base di una lettura piana del testo normativa ; oppure dovrebbe ritenersi soddisfatta con la mera indicazione del beneficiario, divenendo, però, tanto irrazionale quanto inutile sul piano dell accertamento dei maggiori redditi. La disposizione, se applicata a prelevamenti anteriori alla data di entrata in vigore della legge n. 311 del 2004, lederebbe, inoltre, l art. 111 Cost., in quanto con la legge del 2004 sarebbero stati introdotti effetti a sorpresa a vantaggio dell Agenzia delle entrate e a danno dei contribuenti, con violazione del principio di parità delle parti. Infine, la presunzione in base alla quale le somme prelevate dal conto corrente costituiscono compensi assoggettabili a tassazione violerebbe il principio di capacità contributiva di cui all art. 53 Cost., oltre che l art. 3 Cost., e ciò in quanto per il reddito da lavoro autonomo non varrebbero le correlazioni logico presuntive tra costi e ricavi tipiche del reddito d impresa e il prelevamento sarebbe un 3468

9 fatto oggettivamente estraneo all attività di produzione del reddito professionale Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall Avvocatura generale dello Stato, instando per la declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale. La disposizione impugnata, in primo luogo, non lederebbe il principio di capacità contributiva di cui all art. 53 Cost. L art. 1 della legge n. 311 del 2004, con riferimento all art. 32, comma 1, numero 2), del D.P.R. n. 600 del 1973, si sarebbe, infatti, limitato a chiarire un dato già insito nella precedente formulazione della norma, espressamente sancendo che la presunzione di imponibilità delle operazioni di addebito/prelevamenti si applica anche ai lavoratori autonomi. D altro canto, tale presunzione sarebbe ispirata dalla volontà del legislatore di valorizzare l analisi, da parte dell ufficio accertatore, della maggiore capacità di spesa, comunque manifestata e non giustificata dal lavoratore autonomo, e di correlare tale maggiore capacità con le ulteriori operazioni attive anch esse effettuate presuntivamente in nero, nell ambito della specifica attività esercitata. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice rimettente, inoltre, il fondamento economico-contabile sotteso al meccanismo presuntivo, che si basa per le imprese prevalentemente sull acquisto e vendita di beni, sarebbe configurabile anche per i lavoratori autonomi. Infatti, anche per esercitare attività professionali sarebbe necessario l acquisto di beni o comunque di servizi per rendere prestazioni, anche di natura complessa. Sussisterebbero, quindi, entrambi i presupposti di legittimità costituzionale delle presunzioni in materia fiscale, e cioè che l indice noto da cui si desume il fatto ignoto sia concretamente rivelatore di ricchezza (sentenza n. 283 del 1987) e che il nesso inferenziale risponda a regole di comune esperienza (sentenza n. 109 del 1967). Secondo la difesa dello Stato, peraltro, la norma potrebbe - e dovrebbe - essere interpretata nel senso che soltanto movimentazioni di un certo importo possono assumere valenza presuntiva, come confermato dalla prassi applicativa dell Amministrazione finanziaria e, in particolare, dalla circolare 19 ottobre 2006, n. 32/E dell Agenzia delle entrate, Direzione centrale accertamento. Del resto, la presunzione de qua avrebbe una ragionevole funzione deterrente mirando a indurre i professionisti, al pari degli imprenditori, a prestare particolare attenzione a una coerente rispondenza tra movimenti bancari, compresi i prelievi in conto corrente, e registrazioni contabili. Non sussisterebbe, inoltre, il denunciato contrasto con l art. 24 Cost. e con il principio di tutela dell affidamento. E ciò in considerazione del diritto vivente consolidato in anni successivi all entrata in vigore della disposizione de qua, secondo cui la tesi contraria all applicabilità della presunzione de qua ai redditi da lavoro autonomo prima della modifica introdotta dalla legge n. 311 del pur essendo in astratto sostenibile, facendo leva sul termine ricavi - avrebbe dato adito a forti sospetti di incostituzionalità. Proprio alla luce di tale consolidata giurisprudenza sarebbe, infine, da escludere la denunciata violazione dell art. 111 Cost., tenuto conto dell applicabilità della presunzione in esame ai percettori di reddito da lavoro autonomo già in epoca anteriore alla modifica di cui alla legge n. 311 del Non sarebbe quindi ravvisabile un ribaltamento dell onere della prova, avvenuto con legge successiva [ ] idoneo a provocare degli effetti a sorpresa, come erroneamente paventato dal giudice a quo In data 21 maggio 2014 il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria, sostanzialmente ribadendo le proprie argomentazioni ed insistendo sulla giustificazione della presunzione in esame, la quale mirerebbe a reprimere l evasione tanto del professionista che acquista beni o servizi in nero e quanto del fornitore del professionista stesso. Considerato in diritto 1. Con Ordinanza del 10 giugno 2013 la Commissione tributaria regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2005). La norma dispone che i dati ed elementi trasmessi su richiesta (ex art. 32, comma 1, numero 7, del D.P.R. n. 600 del 1973), rilevati direttamente (ex art. 33, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 600 del 1973) ovvero nei controlli relativi alle imposte sulla produzione o consumo [ex art. 18, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo Uni- 3469

10 co delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative)] sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 del medesimo D.P.R. n. 600 del 1973, salvo che il contribuente dimostri che ne ha tenuto conto nella determinazione dei redditi o che essi non hanno rilevanza a tal fine. Prevede, poi, che i prelevamenti o gli importi riscossi nell ambito delle predette operazioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti (e sono quindi assoggettabili a tassazione), se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreché non risultino dalle scritture contabili. La presunzione disciplinata da tale ultima parte della norma nella sua originaria formulazione (limitata ai ricavi ) interessava unicamente gli imprenditori, l art. 1 della Legge n. 311 del 2004 (inserendo anche i compensi ) ne ha poi esteso l ambito operativo ai lavoratori autonomi La questione sollevata si articola in due gruppi di censure: uno - comprensivo della seconda (artt. 3 e 24 Cost.) e della quarta censura (artt. 3 e 53 Cost.) - avente ad oggetto l estensione della inversione della prova e della presunzione de qua ai compensi dei lavoratori autonomi; l altro - comprensivo della prima (art. 24 Cost.) e della terza censura (art. 111 Cost.) - avente ad oggetto l applicazione retroattiva della norma agli anni di imposta precedenti all entrata in vigore della Legge n. 311 del Con riferimento al primo gruppo di censure, il giudice rimettente argomenta la violazione del principio di capacità contributiva di cui all art. 53 Cost., oltre che dell art. 3 Cost., rilevando che per il reddito da lavoro autonomo non varrebbero le correlazioni logico presuntive tra costi e ricavi tipiche del reddito d impresa e il prelevamento sarebbe un fatto oggettivamente estraneo all attività di produzione del reddito professionale, idoneo a costituire un mero indice generale di spesa. Inoltre, la norma censurata sarebbe irrazionale qualunque sia la lettura ad essa data tra quelle possibili: o la prova contraria che incombe al contribuente potrebbe ritenersi soddisfatta con la mera indicazione del beneficiario, divenendo, però, tanto irrazionale quanto inutile sul piano dell accertamento dei maggiori redditi oppure - seguendo quanto sostenuto dall Amministrazione finanziaria - richiederebbe necessariamente anche la giustificazione causale dei prelevamenti, così imponendo un adempimento aggiuntivo rispetto a quello rappresentabile sulla base di una lettura piana del testo normativo. Con riferimento al secondo gruppo di censure, il giudice rimettente sostiene che la disposizione impugnata, se applicata agli anni d imposta in corso o anteriori alla novella legislativa, comporterebbe per i contribuenti professionisti un onere probatorio imprevedibile e impossibile da assolvere, in contrasto con l art. 24 Cost. e con il principio di tutela dell affidamento, richiamato anche nell art. 3, comma 2, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), nonché con l art. 111 Cost. per violazione del principio di parità delle parti A parere del Presidente del Consiglio dei ministri sussisterebbero entrambi i presupposti di legittimità costituzionale delle presunzioni in materia fiscale richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte, e cioè che l indice noto da cui si desume il fatto ignoto sia concretamente rivelatore di ricchezza (sentenza n. 283 del 1987) e che il nesso inferenziale risponda a regole di comune esperienza (sentenza n. 109 del 1967). Del resto, il fondamento economico-contabile sotteso al meccanismo presuntivo sarebbe configurabile anche per i lavoratori autonomi, posto che anche per esercitare attività professionali sarebbe necessario l acquisto di beni o di servizi, al fine di rendere prestazioni, anche di natura complessa. Non sussisterebbe, poi, il denunciato contrasto con l art. 24 Cost. e con il principio di tutela dell affidamento o con l art. 111 Cost., in considerazione del diritto vivente consolidato in anni successivi all entrata in vigore della disposizione de qua, secondo cui l applicabilità della presunzione in esame ai percettori di reddito da lavoro autonomo derivava, già anteriormente alla modifica di cui alla Legge n. 311 del 2004, da un interpretazione conforme a Costituzione della disposizione censurata. 2. In via preliminare, va rilevata la inammissibilità della seconda censura, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., alla luce del carattere alternativo e ancipite della sua formulazione. Il giudice rimettente ha infatti sostenuto la natura irrazionale della norma e la sua portata lesiva del diritto di difesa basandosi sulla doppia e alternativa interpretazione che della disposizione può essere data, senza sciogliere tale alternativa e senza porre le due interpretazioni in rapporto di subordinazione logica. L omissione conferisce carattere ancipite alla prospettazione della censura, oltre a rendere perplessa la motivazione sulla rilevanza, così determinando l inammissibilità della questio- 3470

11 ne sollevata, sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte (ex multis, sentenze n. 280 del 2011 e n. 355 del 2010). 3. Nel merito la questione è fondata in riferimento alle censure di cui agli artt. 3 e 53 Cost., con conseguente assorbimento di quelle relative agli artt. 24 e 111 Cost. 4. Anche se le figure dell imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l omogeneità di trattamento prevista dalla disposizione censurata, alla cui stregua anche per essa il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe ad un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Secondo tale doppia correlazione, in assenza di giustificazione deve ritenersi che la somma prelevata sia stata utilizzata per l acquisizione, non contabilizzata o non fatturata, di fattori produttivi e che tali fattori abbiano prodotto beni o servizi venduti a loro volta senza essere contabilizzati o fatturati. Il fondamento economico-contabile di tale meccanismo è stato ritenuto da questa Corte (sentenza n. 225 del 2005) congruente con il fisiologico andamento dell attività imprenditoriale, il quale è caratterizzato dalla necessità di continui investimenti in beni e servizi in vista di futuri ricavi. L attività svolta dai lavoratori autonomi, al contrario, si caratterizza per la preminenza dell apporto del lavoro proprio e la marginalità dell apparato organizzativo. Tale marginalità assume poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di lavoratori autonomi, sino a divenire quasi assenza nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell attività svolta, come per le professioni liberali Si aggiunga che la non ragionevolezza della presunzione è avvalorata dal fatto che gli eventuali prelevamenti (che peraltro dovrebbero essere anomali rispetto al tenore di vita secondo gli indirizzi dell Agenzia delle entrate) vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria; assetto contabile da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali Peraltro, l esigenza di combattere un evasione fiscale ritenuta rilevante nel settore trova una risposta nella recente produzione normativa sulla tracciabilità dei movimenti finanziari. Si pensi, da ultimo, al Decreto del Ministro dello Sviluppo economico 24 gennaio 2014 (Definizioni e ambito di applicazione dei pagamenti mediante carte di debito), che ha dato attuazione all art. 15, comma 4, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall art. 1, della Legge 17 dicembre 2012, n. 221, alla cui stregua dal 1 gennaio 2014 vi è l obbligo - sia pure sprovvisto di sanzioni - di accettare pagamenti, di importo superiore a trenta euro, effettuati con carte di debito in favore di imprese e professionisti per l acquisto di prodotti o per la prestazione di servizi. La tracciabilità del danaro, oltre ad essere uno strumento di lotta al riciclaggio di capitali di provenienza illecita, persegue il dichiarato fine di contrastare l evasione o l elusione fiscale attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti che si possono prestare ad operazioni in nero Pertanto nel caso di specie la presunzione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. P.Q.M. La Corte costituzionale dichiara l illegittimità costituzionale dell art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2005), limitatamente alle parole o compensi. 3471

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