Regione Toscana. La criminalità organizzata in Toscana: indizi di un ulteriore rafforzamento

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1 Regione Toscana La criminalità organizzata in Toscana: indizi di un ulteriore rafforzamento

2 La criminalità organizzata in Toscana: indizi di un ulteriore rafforzamento. a cura di Nausicaa Barbensi Regione Toscana

3 La criminalità organizzata in Toscana: indizi di un ulteriore rafforzamento. a cura di Nausicaa Barbensi Regione Toscana - Giunta Regionale Direzione Generale Diritti di cittadinanza e coesione sociale Settore Politiche di welfare regionale e cultura della legalità Catalogazione nella pubblicazione (CIP) a cura della Biblioteca della Giunta Regione Toscana La criminalità organizzata in Toscana : indizi di un ulteriore rafforzamento I. Barbensi, Nausicaa II. Toscana <Regione>. Direzione generale diritti di cittadinanza e coesione sociale. Settore politiche di welfare regionale e cultura della legalità 1. Criminalità organizzata Toscana Rapporti di ricerca Realizzazione Centro stampa Giunta Regione Toscana Anno 2012 Tiratura 500 copie Distribuzione gratuita

4 Indice 5 Presentazione 7 Premessa 9 Introduzione 21 Camorra 33 Ndrangheta 38 Cosa nostra 42 Sacra corona unita 43 Considerazioni finali 45 Appendice 49 Ringraziamenti 3

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6 Presentazione La mafia non esiste è il titolo provocatorio di un bellissimo libro di Alfredo Galasso del Il libro è una sorta di grande racconto sul maxi-processo alla mafia, iniziato il 10 febbraio 1986 e terminato il 16 dicembre 1987 nell aula bunker di Palermo, nel quale furono imputate più di 400 persone per crimini legati alla criminalità organizzata. Si trattò della prima grande reazione dello Stato contro la criminalità organizzata, una risposta pensata ed organizzata dal giudice Antonino Caponnetto. Per la prima volta lo Stato dimostrava di avere contezza del fatto che la mafia non era solo una organizzazione criminale da combattere soltanto sul piano militare e giudiziario, bensì una organizzazione, finanche un modo di pensare la società e i rapporti pubblici, infiltrata in ogni articolazione della società italiana, che viveva non solo di attività criminale tradizionale, bensì di sofisticate e moderne attività finanziarie e produttive e si reggeva su un diffuso sistema di omertà e corruzione. Negli anni seguenti si capì meglio che questo sistema mafioso aveva profonde ramificazioni anche nelle regioni italiane del centro e del nord, scoprimmo cioè che la mafia esiste, anche alle nostre latitudini e che, dunque, non era un fenomeno locale o peggio ascrivibile ad una storia o ad una inclinazione delle popolazioni del meridione. Il titolo del libro di Galasso faceva riferimento a quel meccanismo di omertà, silenzi, reticenze che si espressero nel processo (anche attraverso gli interrogatori di Giulio Andreotti e di altri due ministri che, avvalendosi di un antico privilegio monarchico, furono interrogati in luogo chiuso al pubblico e alla stampa e da loro prescelto, costringendo tutta la corte a trasferirsi a Roma) e che, però, proprio quel processo spezzò non solo in forza delle indagini, ma anche perché attorno al pool antimafia e a quel processo si creò una forte solidarietà civile (basti ricordare la delegazione di sindaci di tutta Italia che partecipò all apertura del processo) portando in rilievo una vera e propria questione nazionale. Infatti, questo è il piano dello scontro con la criminalità organizzata: nazionale, culturale e giudiziario. Forse più di ogni altro fu proprio il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a chiarire questo aspetto sostenendo che la mafia potrà dirsi sconfitta quando ogni cittadino realizzerà come diritto ciò che il potere mafioso dispensa come privilegio. Ecco, in questo quadro politico e culturale deve essere collocata la scelta di realizzare e pubblicare questo lavoro sulla presenza della criminalità organizzata in Toscana: è uno dei modi possibili per costruire consapevolezza e per stimolare un dibattito, all interno della comunità regionale e delle sue istituzioni, su un problema, purtroppo, per tanti anni trascurato e sottovalutato. La sequenza e l intensità dei fatti che in questi anni hanno visto come protagonista 5

7 la criminalità organizzata mafiosa in Toscana - nelle sue varie associazioni e articolazioni - permetteranno invece di comprendere che ormai da alcuni decenni la sua presenza non è più un fatto trascurabile, ma anzi incide in maniera negativa nel tessuto socioeconomico della nostra regione, soprattutto in tempo di crisi economica e grazie alla grande disponibilità di denaro che è in grado di riciclare e immettere in un economia sostanzialmente sana e legale, con l accortezza di non ricorrere sistematicamente alla violenza, almeno quella più eclatante, bensì attraverso modalità e comportamenti diversi rispetto alle regioni nelle quali detiene anche il controllo del territorio. Il risultato, fortunatamente ancora lontano, per la nostra comunità potrebbe essere quello di un progressivo affievolimento dei diritti fondamentali riconosciuti a tutti i cittadini, come avviene ormai sistematicamente in quasi tutte le regioni del sud Italia e in quelle, più avanzate dal punto di vista economico, del nord. Perciò anche in Toscana occorre un impegno sempre maggiore sia da parte delle istituzioni che devono rimanere al fianco dei cittadini, sia da parte di questi ultimi per arginare e combattere con successo quello che rappresenta forse il problema più grave per l Italia contemporanea. Questa ricerca contribuisce a dare un contributo in questa direzione. Enrico Rossi Presidente della Regione Toscana 6

8 Premessa La presente pubblicazione è il risultato di un lavoro di ricerca svolto da Nausicaa Barbensi durante il tirocinio effettuato - dal 27 settembre al 27 dicembre presso il Centro di documentazione Cultura della Legalità Democratica della Regione Toscana e inserito all interno del master di 1 livello in Analisi prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione, il primo in Italia, organizzato dalla Facoltà di Scienze politiche dell Università di Pisa, dal marzo L Autrice già con la scelta del titolo La criminalità organizzata in Toscana: indizi di un ulteriore rafforzamento ci fornisce due informazioni: la criminalità organizzata è presente nella nostra regione e, nel corso del tempo, tale presenza è andata rafforzandosi. Parlare di presenza e non di fenomeno contingente - è fondamentale per sottolineare ancora una volta che ormai nessuna parte del territorio nazionale può considerarsi immune dalla penetrazione o dal rischio di penetrazione delle mafie. Insistere su questo aspetto serve a far meglio comprendere che la distinzione fra aree tradizionali e aree non tradizionali, e quindi distanti e diverse dai luoghi originari del fenomeno mafioso, non può più essere considerata una garanzia contro i rischi di infiltrazione e radicamento delle mafie. E di primaria importanza, inoltre, non stancarsi di ripetere che la presenza delle organizzazioni criminali mafiose insieme alla corruzione dilagante rappresentano veri e propri ostacoli allo sviluppo ed alla modernizzazione del paese. La ricerca ci mostra come la Toscana, per le caratteristiche del suo tessuto economico e sociale, da tempo sia diventata una regione ideale soprattutto per le operazioni di riciclaggio dei proventi frutto di attività illecite, e come le mafie non necessitino, e anzi considerino controproducente, il ricorso al controllo del suo territorio, come avviene nelle regioni del Sud. In altri termini, le modalità di infiltrazione della criminalità organizzata mafiosa manifestano un elevato grado di flessibilità e adattabilità alle diverse realtà. L Autrice, attraverso la raccolta e lo studio della rassegna stampa, sia locale che nazionale relativa al triennio , l esame delle relazioni semestrali della Direzione investigativa antimafia, la consultazione di documenti contenuti negli atti della Commissione parlamentare d Inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia e della Commissione parlamentare di Inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle associazioni criminali similari, di alcuni documenti giudiziari (in particolare sentenze che hanno riguardato 7

9 famiglie mafiose presenti in Toscana da lungo tempo), l osservazione dei dati forniti dall Agenzia nazionale per l amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e alcuni studi che, in passato, hanno indagato la criminalità organizzata in Toscana, riesce a fornirci un quadro sintetico, ma allo stesso tempo inquietante, della presenza e del rafforzamento delle mafie nella nostra regione. Un quadro in continua evoluzione, come testimoniano anche le indagini della magistratura e le recenti operazioni portate a termine dalle forze di polizia, ancora una volta dopo quelle del 2009, contro il clan camorristico Terracciano nelle province di Pistoia, Prato e Firenze. La ricerca si conclude con la bella citazione tratta dal libro Solo per giustizia del magistrato Raffaele Cantone, per anni impegnato nella lotta contro la camorra e il clan dei Casalesi, che ci indica la strada da percorrere se si vuole veramente lottare con successo contro tutte le mafie. Le pagine che seguono rappresentano un invito a percorrere insieme quella strada. Firenze, 12 aprile 2012 Leonello Toccafondi Centro di documentazione Cultura della Legalità Democratica 8

10 Introduzione Pur non essendo la Toscana un territorio dove stabilmente operano le mafie storiche, tuttavia presenta alcuni segnali francamente allarmanti. La Toscana è terra economicamente sana, ma appunto per questo viene giudicata ideale per il riciclaggio e il reinvestimento dei capitali illeciti. Così si è espresso il procuratore generale presso la Corte d appello di Firenze, Beniamino Deidda, nel suo intervento in occasione dell inaugurazione dell Anno giudiziario In Toscana non c è controllo del territorio [da parte della criminalità organizzata]. [...] [Essa] non [ha] interesse [...] [a controllarlo]: farlo non è semplice, [ma] faticoso. 2 Ha interesse ad avere rapporti con l amministrazione comunale, di entrare negli appalti, nelle attività economiche, non di fare estorsione o cose di questo tipo; questo lo fanno i calabresi con i calabresi, siciliani con siciliani e campani con campani [...]. [L estorsione] c è anche qui, ma praticata fra di loro. 3 La Toscana interessa per riciclare, investire [...] in modo che le ricchezze accumulate con attività illegali trovino qui una rispettabilità borghese, per cui [i mafiosi divengono] proprietari terrieri, di azienda, di negozi, di bar, alberghi etc[...]. [Qui, come al Nord], la strategia di aggressione [...] riguarda i comparti economici, e lì cercano di occupare dei pezzi di economia. 4 Già nel 1976, nella sua relazione, il presidente della Commissione parlamentare d Inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, Luigi Carraro, parlando delle cause che [avevano] portato la mafia fuori dalla Sicilia e che ne [avevano] esteso e moltiplicato, negli anni più recenti, le ramificazioni nelle altre regioni d Italia, e da ultimo specialmente al Nord, 5 indicava come la prima di [quelle] cause [fosse] riconducibile alle maggiori occasioni che [offriva] la società sviluppata dell Italia continentale alla espansione dei traffici illeciti e all industria del delitto 6 e sottolineava come la mafia in effetti [fosse] uscita dall Isola al seguito della droga, perché il traffico degli stupefacenti non solo 1 Procura Generale della Repubblica di Firenze, Relazione del Procuratore Generale di Firenze Beniamino Deidda, Anno giudiziario Intervista ad Enzo Ciconte, in Elisa Bolognini, Infiltrazioni mafiose in aree non tradizionali:attività e beni confiscati in Toscana, Tesi di laurea in Scienze Politiche, Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Scienze Politiche Cesare Alfieri, Anno Accademico , relatore Prof. Paolo Turi, p Ibidem, p Ibidem. 5 Luigi Carraro, Relazione conclusiva, in Commissione parlamentare d inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, Camera dei Deputati, VI legislatura, Doc.XXIII, n.2, 4 febbraio 1976, p Ibidem. 9

11 [comportava] [...] la necessità di continui spostamenti personali, ma anche perché la droga [aveva] trovato ormai un mercato interno abbastanza redditizio proprio nelle città dell Italia settentrionale. 7 Altri fattori di quella ramificazione territoriale 8 sono individuati da Carraro nel racket della manodopera, nella speculazione edilizia e nella frequenza con cui i presunti mafiosi [furono] inviati al soggiorno obbligato nelle regioni dell Italia continentale e specialmente in quelle settentrionali. 9 Inoltre la mafia al Nord, peraltro, [...] [seppe] crearsi solidi collegamenti con gli ambienti della malavita locale, strumentalizzandone spesso gli esponenti più giovani e più sprovveduti 10 e, col trascorrere del tempo, i mafiosi [sono] usciti dalla Sicilia, di propria iniziativa o per forza delle circostanze, nel tentativo di trapiantarsi nelle regioni dell Italia continentale e in primo luogo nelle aree industriali del Nord. 11 Otto anni più tardi, nel 1984, il procuratore generale della Repubblica di Firenze, Renzo Alessandri, segnalava la presenza in Toscana di fenomeni che non [andavano] persi di vista [...] [come i] traffici di droga collegati alla mafia e alla camorra [...] [e che] le recenti inchieste [avevano] consentito di rilevare non solo crescenti agganci con la mafia e la ndrangheta ma anche legami con la camorra e la nuova famiglia, maggiori di quelli evidenziati negli anni precedenti e connessi alla riconversione industriale della delinquenza organizzata nel Napoletano dal contrabbando al traffico di stupefacenti. 12 E il 22 gennaio 1993, nove anni dopo l allarme lanciato da Renzo Alessandri, il procuratore della Repubblica di Firenze, Piero Luigi Vigna, audito dalla Commissione parlamentare di Inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle associazioni criminali similari, riferì come l istituzione della Direzione distrettuale antimafia [avesse] rivelato [...] [ai magistrati], e a [...] [lui] per primo, un mondo sconosciuto. [...] [E come] non vi [fosse] da parte [sua] e [pensava] neppure dei colleghi un idea di quello che poteva essere il collegamento o l insediamento con cosche mafiose nella regione toscana. 13 Un mondo sconosciuto, che a distanza di poco più di un anno dall istituzione della Direzione distrettuale antimafia vedeva 804 persone sottoposte alle indagini per delitti di mafia [...]: 69 [...] quelle [...] indagate per l articolo 416-bis del codice penale; 311, per l articolo 74 del testo unico delle leggi sugli stupefacenti; 28, per delitti aggravati dall articolo 7 della legge n.203 del 1991; 290, per l articolo 416-bis del codice penale e l articolo 74 del testo unico delle legge sugli stupefacenti; solo una, per l articolo 630 del codice penale Ibidem. 8 Ibidem. 9 Ibidem. 10 Ibidem, p Ibidem. 12 Paolo Vagheggi, Mario Del Gamba, Mafia e camorra di casa in Toscana, La Nazione, 13 gennaio Commissione parlamentare di Inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle associazioni criminali similari, XI Legislatura, audizione del procuratore della Repubblica di Firenze, Piero Luigi Vigna, 22 gennaio 1993, p Ibidem, p.827. E Piero Luigi Vigna, rispondendo alle domande dei Commissari, sintetizzò bene quella realtà criminale presente in Toscana che avrebbe meritato un attenzione e una vigilanza maggiori da parte delle altre istituzioni e della società civile. 10

12 Ma nonostante le inchieste della magistratura e i segnali inequivocabili provenienti dal territorio, il presidente della Regione Toscana, Vannino Chiti, nel 1993, appariva fiducioso e spiegava che il suo ottimismo [nasceva] dai fatti [in quanto] da noi non si [era] ancora sviluppato quel connubio tra mafia e politica, tra mafia e istituzioni, tra criminalità ed economia che, in altre parti del Paese, [aveva] generato quella rete di connivenza, protezioni e impunità attraverso cui mafia e criminalità [erano] cresciute e prosperate. 15 Ultimamente però, nel corso del 2011, il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, intervenuto al convegno svoltosi in occasione del 18 anniversario della strage di via dei Georgofili, ci ha ricordato che in Toscana non dobbiamo considerarci un isola felice. Sarebbe un errore [...] [soprattutto perché] la fragilità del tessuto economico e la crisi possono rendere tutto più permeabile alle infiltrazioni mafiose. 16 D altra parte come ha recentemente affermato il procuratore capo della Repubblica di Torino, Giancarlo Caselli, stupirsi della presenza della mafia nelle aree non tradizionali è come stupirsi che la pioggia bagna. 17 Ma che la Toscana non fosse più un isola felice i suoi abitanti lo avevano già compreso dalla notte del 27 maggio 1993, quando un auto imbottita di esplosivo fu fatta saltare in aria sotto la Torre del Pulci, storica sede dell Accademia dei Georgofili, causando la morte di cinque persone (l intera famiglia Nencioni composta da Fabrizio Nencioni, 39 anni, la moglie, Angela Fiume, 36 anni, e le figliolette Nadia, 9 anni, e Caterina di soli 50 giorni; lo studente universitario Dario Capolicchio) e il ferimento di diverse decine di persone. Pur inserita in un disegno criminale ben preciso quella strage dimostrò la capacità della mafia di colpire quasi scientificamente, senza timore alcuno delle conseguenze. Rilevante, almeno sul piano della strategia mafiosa, fu il fatto che, ancora una volta, dopo l attentato di via Fauro a Roma del 14 maggio precedente, ai danni di Maurizio Costanzo, la mafia tornava a colpire fuori dai confini tradizionali per allargare la sua azione violenta e stragista anche al centro-nord. 18 L utilizzo della violenza, tuttavia, è solo uno dei modi in cui si manifesta la criminalità organizzata, ma non è né l unico, né il più efficace. Per conquistare nuovi spazi la mafia agisce anche in un modo più subdolo e silenzioso, senza il bisogno di utilizzare bombe o di ricorrere alla violenza: un esempio di strategia di infiltrazione non violenta 15 Vannino Chiti, Prefazione, in Rosario Minna, Criminalità organizzata in Toscana: profili e problemi, Regione Toscana, Firenze, 1993, p Luca Bresci, Rossi e la mafia: La Toscana non è un oasi Leggo, Firenze, 27 maggio Presa diretta (a cura di Riccardo Iacona), intervista a Giancarlo Caselli, RaiTre, 15 gennaio Alla strage di via dei Georgofili a Firenze, seguirono quella presso il Padiglione di Arte contemporanea in via Palestro, a Milano, e i due attentati compiuti a Roma (a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro). Nel 1992, rispettivamente il 23 maggio ed il 19 luglio, erano state compiute le stragi di Capaci e di via D Amelio. Rientra nella stagione del terrorismo mafioso anche il tentato assassinio del conduttore Maurizio Costanzo del 14 Maggio 1993, in via Fauro, a Roma. Inoltre nel gennaio 1994 lo Stadio Olimpico di Roma fu scelto come obiettivo per un attentato terroristico fortunatamente fallito: un autobomba avrebbe dovuto far saltare in aria alcuni mezzi dei carabinieri in servizio presso l impianto sportivo. L attentato fallì per il mancato funzionamento del dispositivo elettronico di azionamento. 11

13 è ben rappresentato dal riciclaggio di denaro frutto di attività illecite. Meno visibile nell immediato, il riciclaggio inquina l economia, annulla la concorrenza, mette fuori gioco lavoratori onesti, crea effetti distorsivi nella vita di ciascuno di noi che, spesso inconsapevolmente, contribuiamo all alimentazione di questa macchina distruttiva che è la mafia. Un esempio di riciclaggio in regioni non tradizionali, come la Toscana, lo troviamo nella provincia di Siena, a Monteroni d Arbia, nell azienda agricola di Suvignano. La tenuta, confiscata definitvamente nel 2007, era stata acquistata come residenza estiva da Vincenzo Piazza, costruttore edile siciliano, la cui attività imprenditoriale si era nutrita anche di speculazione edilizia ed era ricorsa al riciclaggio di capitali illeciti. Già nel 1983 Giovanni Falcone, sospettando rapporti del costruttore con Cosa Nostra [e in particolar modo col clan Inzerillo dell Uditore, aveva sequestrato] i suoi beni, inclusa l azienda [in] Toscana, ma Piazza riuscì poi a farseli restituire nel Le indagini proseguirono e a metà degli anni 90 l azienda fu di nuovo sequestrata dai giudici, nell ambito di un operazione che coinvolse ben 21 società riconducibili all imprenditore palermitano, e confiscata definitivamente nell aprile Adesso l azienda opera sul mercato e [costituisce uno dei] gioielli tra i beni in carico all Agenzia Nazionale per l amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. 20 La tenuta di Suvignano è un azienda cerealicolo-zootecnica di dimensioni enormi. Ben 730 ettari comprendenti terreni coltivati, allevamenti di ovini e suini, oliveti, boschi, fabbricati ad uso abitativo, due agriturismi, stalle, fienili. 21 Il bene in questione ha un grandissimo valore economico e può offrire ulteriori possibilità di sfruttamento produttivo. Inoltre non va assolutamente perso di vista il valore simbolico che potrebbe avere la definitiva assegnazione del bene confiscato alle istituzioni rappresentative della comunità colpita dall infiltrazione mafiosa. 19 Elisa Bolognini, cit., p Agenzia Nazionale per l amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Relazione sull attività svolta: 2011 Un anno di attività, , p In particolare si tratta di 13 immobili ex case coloniche, 1 fabbricato ex magazzino, 1 officina aziendale ex fornace, 1 villa padronale, 1 chiesa e 1 canonica. Sono presenti altresì 3 centri zootecnici costituiti da capannoni in struttura metallica con adiacenti varie tettoie ad uso fienile. 12

14 Azienda agricola di Suvignano, Comune di Monteroni d Arbia (SI), Podere Milano. Azienda agricola di Suvignano, Comune di Monteroni d Arbia (SI), Podere Tinaio. 13

15 Azienda agricola di Suvignano, Comune di Monteroni d Arbia (SI), Chiesa di Santo Stefano. La vicenda della tenuta di Suvignano (ma la riflessione si potrebbe estendere alla quasi totalità beni confiscati), pur presentando gli aspetti positivi in precedenza indicati soprattutto sul piano economico e produttivo evidenzia però anche un eccessiva lentezza dell iter burocratico che dovrà condurre il bene confiscato alla sua definitiva assegnazione. Ancora una volta, la legge che da un lato ha dato una nuova speranza a questo bene, togliendolo dalla disponibilità dei mafiosi, si trova a dovere fare i conti con la lentezza di una procedura amministrativa che impedisce al bene stesso di essere utilizzato al meglio delle sue possibilità. Il tema delle aziende sottoposte a sequestro e/o confisca è senza dubbio quello che presenta aspetti di maggiore complessità per le implicazioni che comporta dal punto di vista amministrativo, economico-produttivo, occupazionale, nonché per la scommessa rappresentata dalla necessità di mantenere tali imprese sul mercato in un contesto di legalità. Il sequestro e la confisca dei beni nella disponibilità dei mafiosi rappresenta uno degli strumenti più efficaci e vincenti nella lotta contro la criminalità organizzata perchè il mafioso cerca il guadagno, i soldi, se gli levi quello gli levi tutto. 22 Anche il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, interrogato dalla Commissione parlamentare d Inchiesta, il 9 febbraio 1993, disse che quello che dà maggiormente fastidio è quando ci tolgono i soldi; uno preferisce stare in galera con i soldi e non in libertà senza soldi: questa è la cosa principale Intervista ad Enzo Ciconte, in Elisa Bolognini, cit., p Commissione parlamentare di Inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle associazioni criminali similari, XI legislatura, audizione del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, 9 febraio 1993, p

16 Recentemente, lo storico Enzo Ciconte, nel suo studio La criminalità organizzata in Toscana: storia, caratteristiche ed evoluzione, 24 ha affrontato il tema della presenza mafiosa in Toscana, individuando le cause di tale presenza in una regione che per troppo tempo è stata considerata immune ai fatti di mafia, 25 ma che invece risulta permeabile alle infiltrazioni mafiose. La prima causa di infiltrazione della criminalità organizzata in Toscana è individuata da Ciconte nel soggiorno obbligato. Tale misura, introdotta con la L.575 del 31 maggio 1965, 26 prevedeva l invio dei soggetti pericolosi in località distanti da quelle di provenienza, nella convinzione che, recidendo i legami con la loro terra di origine, venisse meno la possibilità per i soggiornanti obbligati di tornare a delinquere. In realtà non sempre fu così, poichè i mafiosi, pur non potendo rientrare al paese di origine, potevano però essere raggiunti da altri mafiosi nelle sedi di destinazione, per cui, spesso, avveniva che altri loro sodali e le intere famiglie dei mafiosi si trasferissero nelle località del centronord, contribuendo così alla diffusione della criminalità organizzata nelle cosiddette regioni non tradizionali. Infine i richiami e le suggestioni delle grandi città e di una società più ricca di quella di origine hanno fatto il resto e i mafiosi immigrati nell Italia settentrionale (di propria volontà o perché confinati) hanno finito col proporsi nuove prospettive e traguardi più ambiziosi rispetto a quelli del passato, appunto aperti alla loro iniziativa dalla diversità del tessuto sociale del Settentrione d Italia nei confronti di quello della società isolana, in cui fino allora la mafia si era limitata ad operare. 27 D altra parte basta dare uno sguardo alla tabella di seguito riportata per avere un immediata percezione dell importante ruolo che la misura del soggiorno obbligato può aver avuto nel facilitare e, probabilmente, nell anticipare seppure in grado diverso - la diffusione del fenomeno mafioso nelle località del centro-nord Enzo Ciconte, La criminalità organizzata in Toscana: storia, caratteristiche ed evoluzione, Regione Toscana, Avviso Pubblico, Firenze, Ecco cosa affermava nel 2006 il sindaco di Portoferraio Roberto Perìa pur riferendosi in quel caso alla realtà dell Elba, ma lo stesso discorso poteva essere esteso alla Toscana in generale -: Minimizzare, appellarsi all elbanità, dire che i fenomeni sono esterni alla nostra realtà serve a poco. Non c è niente di più sbagliato che dire che quei fenomeni non ci sono, non esistono, non ci riguardano. Per decenni la mafia in Sicilia non esisteva e comunque, se esisteva, non se ne poteva parlare. La cultura del silenzio, della tolleranza, della passività è una cultura socialmente perdente. 26 Una misura, quella di allontanare determinati soggetti dai luoghi di origine e inviarli in località distanti, già datata, che nella pratica richiamava alla mente la norma prevista dall articolo 5 della Legge Pica del 1863, laddove quest ultima attribuiva al Governo [...] [la] facoltà di assegnare per un tempo non maggiore di un anno un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice penale, non che ai camorristi e sospetti manutengoli, dietro parere di Giunta composta del Prefetto, del Presidente del Tribunale, del Procuratore del Re, e di due Consiglieri Provinciali. 27 Luigi Carraro, Relazione conclusiva, cit. p Ibidem, Tabella 1, p

17 Dal 1961 al 1972, furono inviati in Toscana 228 soggiornanti obbligati ( il 9,08% del totale). In questo modo, nel giro di un decennio, la Toscana raggiunse il terzo posto nella graduatoria delle regioni con il maggior numero di inviati al soggiorno obbligato. Come giustamente scrisse Rosario Minna, ai soggiornanti obbligati in Toscana può, con tranquillante sicurezza, conferirsi il ruolo di osservatorio privilegiato della globale situazione della Regione in favore degli altri associati, rimasti nei paesi d origine, per elaborare assieme piani e progetti di sviluppo criminale anche in Toscana Rosario Minna, Criminalità organizzata in Toscana, Regione Toscana, Firenze, 1993, pp

18 Col trascorrere del tempo ci si rese conto di come l istituto del soggiorno obbligato avesse prodotto soltanto effetti negativi nelle località di destinazione dei mafiosi. Magistrati come Cesare Terranova e Giovanni Falcone ritenevano fosse un grave errore mandare in giro per l Italia pericolosi mafiosi, perché avrebbero fecondato così disse Terranova nel zone ancora estranee al fenomeno mafioso. 30 E finalmente nel 1994, con un netto ritardo e quando ormai il danno era stato fatto, la norma che prevedeva il soggiorno obbligato fu abolita. Altro elemento individuato quale causa di diffusione della criminalità organizzata in Toscana è stato il carcere, in quanto dal 1987 al 1992 nelle 16 carceri toscane furono ospitati 1147 detenuti per delitti di criminalità organizzata, un numero certamente esorbitante 31. Ragioni storiche e certamente risalenti all Unità d Italia - situano in Toscana ben 16 carceri, le quali, poi, risultano spesso occupate da persone qui detenute per reati commessi [...] [fuori della Toscana]. 32 Sul totale dei detenuti per reati di criminalità organizzata, 410 risultano [...] reclusi per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso 33 ex art.416 bis c.p. 34, e di questi ultimi soltanto 37 sono quelli che hanno commesso quel reato in Toscana, mentre ben 373 sono detenuti per crimini commessi altrove. 35 La presenza di detenuti nelle carceri toscane, per crimini commessi altrove, segnalava una situazione di potenziale pericolosità, perché era immaginabile che essa avrebbe richiamato, nelle zone di destinazione dei reclusi, familiari e adepti a loro volta dediti al crimine. Questi luoghi che - come le carceri e i soggiorni obbligatori - più direttamente mostrano i segni della criminalità organizzata nella nostra Regione, paiono conferire alla Toscana un ruolo quasi da portaerei del crimine, nel senso per cui qui arrivano, ma anche da qui partono momenti non piccoli di un fenomeno che interessa e coinvolge l intera Nazione. 36 Troviamo infine un aspetto che a partire dalla metà degli anni 70 funzionava come un potente fattore d accelerazione delle ricchezze e dei traffici mafiosi nelle aree 30 Enzo Ciconte, La criminalità organizzata in Toscana, storia, caratteristiche ed evoluzione, cit., p Ibidem, p Rosario Minna, cit., p Ibidem. 34 Art. 416 bis, Associazione di tipo mafioso: Chiunque fa parte di un associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni (comma 1). Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da sette a dodici anni (comma 2). L associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione, del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali (comma 3). 35 Rosario Minna, Criminalità organizzata in Toscana, Regione Toscana, Firenze, 1993, p Ibidem, p

19 non tradizionali, ed era la droga. La necessità impellente di trovare nuovi mercati più ricchi dove distribuirla in grandi quantità costringeva i mafiosi a cercare nelle regioni del Centro Nord nuovi sbocchi di mercato. 37 Ciconte fa riferimento quindi ad una serie di concause che hanno portato i mafiosi, e più in generale le organizzazioni criminali, a sparpagliarsi in tutte le province della Toscana (nessuna esclusa, come possiamo notare dalla mappe sotto riportate) 38, concentrandosi in particolar modo, nel periodo che va dal 2000 al 2008, nelle province di Arezzo, Firenze, Pistoia, Lucca e Massa. 37 Elisa Bolognini, cit., p Enzo Ciconte, cit. p

20 Che i mafiosi tutti (siciliani, calabresi, campani) si trovino ben presenti nelle zone dove il sistema economico indica, anche vistosamente a volte, situazioni di ricchezza (Lombardia, Piemonte e così via), dimostra come il guadagno economico sia davvero la molla vitale di tutte le mafie al punto da forzare anche loro mafiosi nella durezza del radicarsi sotto altri cieli e altri costumi. 39 E significativamente per la nostra regione non è difficile scorgere come la Toscana presenti fisicamente per la criminalità organizzata una certa convenienza anche organizzativa, perché le autostrade e gli aeroporti collegano le città toscane col resto del mondo in pochissimo tempo e perché i milioni di turisti, che ogni anno, e giustamente, visitano la Regione, consentono facilissimi nascondigli ai latitanti o comodi canali per mettere liberamente in giro soldi provenienti da imprese delittuose. Si sottolinea così, e ancora una volta, il carattere e il ruolo di centro che naturalmente la Toscana svolge per l intera Italia. 40 Intanto continuiamo ad avere fiducia nelle parole di Giovanni Falcone quando diceva che la mafia è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine, 41 nella convinzione che la mafia non è affatto invincibile. 42 Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si 39 Rosario Minna, Criminalità organizzata in Toscana, cit., p Ibidem, p C era in Sicilia un magistrato che... Immagini, interviste di Giovanni Falcone realizzate [...] da tre giornaliste palermitane, Anna Pomar, Arianna Bartoccelli e Claudia Mirto. RaiTre, Ibidem. 19

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