1. Principi di finitura a letto fluido

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1 1. Principi di finitura a letto fluido La tecnologia a letto fluido nasce e si sviluppa nel panorama industriale come tecnica di lavaggio di pezzi di geometria complessa. I bassi costi operativi, l elevata produttività ed efficienza, aggiunti al vantaggio di ottenere superfici pulite e asciutte, nonché di avere emissione inquinanti prossime allo zero, ne hanno consentito lo sviluppo in questo importante settore. La fluidizzazione di finissime particelle di vetro permette, attraverso l energia cinetica sviluppata dagli urti sulla superficie del pezzo, la rimozione di contaminanti blandamente adesi, senza alterare al contempo lo stato superficiale. La possibilità di disporre di polveri metalliche sottili e con caratteristiche meccaniche molto elevate, permette di spostare l attenzione degli studi su tale tecnologia indirizzandola verso operazioni di finitura superficiale. Il miglioramento delle condizioni della superficie è affidato all interazione superficie-particelle che, a seconda delle velocità di impatto, può avvenire con i seguenti meccanismi: Rolling: per velocità minori di 2,5-2,7 m/s, i grani fluidizzati colpiscono la superficie di lavorazione, penetrano leggermente nel substrato e vengono espulsi rimbalzando. Sliding: i grani urtano sul materiale ad alta velocità (maggiore di 2,7 m/s). Grazie all elevata energia cinetica posseduta, penetrano nella superficie, scorrono per qualche decimo di millimetro e poi fuoriescono.

2 Dall impatto delle particelle abrasive sulla superficie discendono cambiamenti della morfologia valutabili attraverso due fattori: il Vditch e Vpile. Il primo rappresenta il volume inflesso rispetto alla linea originaria del profilo (volume della cavità realizzata durante l impatto); ovviamente avremo una variazione di tale quantità durante e dopo l urto a causa del ritorno elastico del materiale. Parte del profilo inflesso in condizioni di deformazione elasto-plastiche muta la sua morfologia ed, una volta rilasciata l aliquota elastica, può estroflettersi dalla linea media andando a caratterizzare il volume di piles. Al termine dei fenomeni deformativi possiamo perciò trovarci di fronte ai tre casi seguenti: a) Vpiles=Vditch: ovvero il materiale in lavorazione subisce solo un cambio di morfologia a causa delle deformazioni plastiche indotte nel materiale dagli urti ad elevata velocità. Questo comportamento accade sovente nel caso di polveri fluidizzate molto dure e pezzi in lavorazione costituiti di materiali duttili; b) Vpiles < Vditch: in questo caso il fenomeno è il cosidetto microcutting; ci troviamo perciò in presenza di una piccola asportazione di truciolo. c) Vpiles=0: ovvero il volume di inflessione è nullo, il materiale subisce piccole rotture fragili (microcracking) dovute alla micro-fatica superficiale. L asportazione delle creste di rugosità avviene secondo due meccanismi: micro-taglio e micro-fatica. Il primo ha luogo quando le particelle dotate di elevata energia cinetica incontrano la superficie di lavorazione, anch essa in rotazione ad elevate velocità angolari, andando a fratturare le creste di rugosità attraverso elevati sforzi tangenziali. La micro-fatica deriva dalla presenza di urti normali di particelle abrasive sulla superficie: tutti i punti sono soggetti ad un ciclo di fatica superficiale oligociclica con valore della tensione normale massima pari a quella generata dall urto e valore della tensione minima pari a zero.

3 Entrambi i fenomeni contribuiscono alla finitura mediante letto fluido, ma il prevalere dell uno rispetto all altro dipende da molti fattori. Primo fra tutti il materiale in lavorazione. Se il materiale è ad elevata durezza la frattura fragile delle creste di rugosità risulta il fenomeno prevalente unitamente alla presenza di microfratture superficiale dovuti agli urti. Nel caso, invece, di materiale molto duttile la micro-fatica prevale sugli altri due fenomeni. Risulta evidente che, nel caso di pezzo in rotazione rispetto alla corrente fluida, i fenomeni siano entrambi presenti contemporaneamente, in maniera minore o maggiore a seconda di quanto detto in relazione al materiale della superficie interessata. Le superficie così ottenuta è caratterizzata da due parametri: ampiezza dei solchi causati dall abrasivo e spaziatura fra di essi. Al fine di adeguare le qualità della superficie realizzata con le specifiche di tolleranza dimensionale richieste, si può agire sul materiale fluidizzato, la dimensione dei grani e la velocità d impatto. Impostati i parametri di fluidizzazione della polvere in funzione del materiale da trattare, la minima rugosità media aritmetica realizzabile variando il solo tempo di residenza del pezzo nella camera di fluidizzazione è funzione dei parametri scelti. I materiali delle polveri fluidizzabili sono generalmente materiali ceramici (elevata durezza e fragilità) ma anche carburi, nitruri e metalli (acciai soprattutto con durezze di HV). La dimensione dei grani e la velocità sono i parametri che maggiormente influenzano lo stato finale della superficie, agendo sull energia cinetica scambiata fra abrasivo e superficie in lavorazione (Ecin = 1/2mv 2 ). Realizzando urti più energetici si riducano i tempi di lavorazione a fronte di tolleranze dimensionali ottenibili più basse (solchi profondi). Con urti meno energetici, invece, si ottiene minore

4 finezza della superficie con tempi di lavorazione più elevati. La velocità relativa fra pezzo e polvere abrasiva è ottenuta modulando opportunamente la velocità di fluidizzazione e quella periferica di rotazione del pezzo. Esistono perciò molte combinazioni granulometria/velocità possibili per ottenere le medesime condizioni di finitura sul pezzo: esse andranno studiate caso per caso. 1.1 Parametri per la misura della rugosità La finitura del materiale dipende dalle microimperfezioni geometriche della superficie. Queste possono essere raggruppate in tre categorie: errori di forma, ondulazione e rugosità. Prendendo in considerazione una stessa lunghezza nominale le microimperfezioni si distinguono per le differenti lunghezze di oscillazione. Si parla di rugosità quando la distanza fra due creste o due valli successive è nell ordine di 0,1 mm, di ondulazione quando questa distanza sale fino a 10 mm.

5 Figura 1 Difetti micro geometrici in relazione alla lunghezza d onda In questo contesto verranno prese in considerazione entrambe le imperfezioni geometriche (rugosità e ondulazione) e, per conoscerne al meglio l andamento in un assegnato profilo, saranno utilizzati alcuni markers, detti parametri di rugosità e parametri di ondulazione. Nelle norme internazionali sono stati inseriti una quantità notevole di parametri in grado di darci informazioni su profili bidimensionali e tridimensionali, ma in questo studio ne saranno presi in considerazione 6 per ogni tipo di imperfezione. Di seguito verrà spiegato il significato fisico e le modalità di calcolo per i parametri di rugosità scelti, gli equivalenti parametri di ondulazione si ottengono nello stesso modo tenendo in considerazione che i calcoli devono essere effettuati sul profilo d ondulazione. I parametri di rugosità adottati sono: Ra, Rz, RSm, RDq, Rsk, Rku, mentre quelli relativi all ondulazione sono: Wa, Wz, WSm, WDq, Wsk, Wku. 3.1 Ra Rappresenta lo scostamento medio aritmetico del profilo ed è calcolato con la funzione:

6 R a = 1 L L 0 Z( x) dx dove L è la lunghezza del profilo e Z(x) la funzione: Figura 2 Ra L asse x rappresenta la linea media del profilo misurato. Ra risulta essere, dunque, l altezza equivalente del rettangolo avente per area quella sottesa alla funzione Z(x) e per base la lunghezza L del profilo. Ra è il parametro solitamente più utilizzato per una descrizione sommaria delle qualità di un profilo, ma esso risulta insensibile alla distribuzione dei picchi e delle valli lungo la corda misurata. 4.2 Rz E definito come l altezza massima del profilo ovvero la distanza che esiste fra il picco più alto e la valle più profonda rispetto alla linea media misurato su una lunghezza di base:

7 Figura 3 Rz 4.3 RSm Rappresenta la larghezza media degli elementi del profilo, dove ogni elemento è calcolato a partire dall intersezione del fianco del profilo con la linea media dello stesso: Figura 4 Rsm RSm = 1 Xsi m 4.4 RDq

8 E un parametro ibrido, indica la pendenza quadratica media del profilo mediata su una lunghezza di base 4.5 Rsk Detto anche skewness. Misura la simmetria di un profilo rispetto alla sua linea media, dipende perciò dalla distribuzione dei picchi e delle valli su tutto l arco di misura. Analiticamente è definito come: Rsk = L 1 1 Z x 3 Rq L ( ) 0 3 dx Dove Rq è la rugosità quadratica media calcolata secondo la relazione: Rq = L 0 Z ( x) 2 dx Figura 5 Rsk Superfici con Rsk positivi presentano alti picchi che si protendono al di fuori della linea media, superfici con Rsk negativi presentano invece profonde valli (superfici porose).

9 4.6 Rku Definita dalla relazione analitica: R ku = 1 R ( Z( x, y ) 4 ) 4 a q dxdy dove Rq è lo stesso visto in precedenza. Figura 6 Rku Il significato di questo parametro è quello di darci un informazione sull appiattimento delle creste di rugosità, inoltre per valori molto diversi da 3 si ha un idea sulla distribuzione irregolare delle creste e delle valli su tutto il profilo di misura.

10 2. La teoria della fluidizzazione La teoria della fluidizzazione studia l analisi dei fenomeni di interazione tra flussi fluidi e solidi, in genere, sotto forma di particolato di piccole dimensioni. La prima condizione che si presenta nella descrizione di un Letto fluido è quella in cui all interno del reattore tubolare, che in genere presenta sezione circolare o rettangolare, vengono poste delle polveri senza che queste vengano investite da un flusso di gas: tale configurazione statica in cui le particelle occupano un volume minimo viene definita Letto fisso. Quando si convoglia all interno del contenitore un flusso di gas si ha il sollevamento delle particelle e si possono individuare due zone. La prima è occupata dal particolato fluidizzato, la seconda, detta free board zone, si trova immediatamente sopra alla prima ed ha la funzione di impedire che i solidi trasportati dal gas escano dal reattore evitando il fenomeno caratteristico dei letti fluidi detto elutriazione. FREE B O ARD ZONE FLU ID IS ED BED F IXE D BED Figura 7 Nomenclatura delle zone di fluidizzazione del Letto

11 La fluidizzazione si osserva quando un Letto di particelle solide viene in contatto con un flusso di gas o di liquido che sale verso l alto con una velocità intermedia: le particelle solide sono trasformate in stato fluido attraverso sospensione in un gas o in un liquido. Quando si esaminano le caratteristiche fluidodinamiche di un Letto fluido il primo aspetto da evidenziare è che all aumentare della portata del gas di fluidizzazione si riscontra un progressivo mutamento delle caratteristiche del sistema formato dalle particelle e dal gas. I regimi che si incontrano a partire dalla condizione di flusso nullo sono: fixed bed bubbling regime slugging regime turbulent regime fast fluidization pneumatic conveying F I X E D B E D B U B B L I N G R E G I M E S L U G G I N G R E G I M E T U R B U L E N T R E G I M E F A S T F L U I D I Z A T I O N P N E U M A T I C C O N V E Y I N G (a) (b ) ( c ) ( d ) ( e ) ( f )

12 Figura 8 Regimi di fluidizzazione I regimi di fluidizzazione si susseguono tra loro al variare della portata del gas fluidizzante a parità degli altri parametri, quali le dimensioni del Letto e le proprietà fisiche e geometriche delle particelle. In conseguenza all aumento della velocità del gas si ha un aumento del grado di vuoto nel Letto definito come: ε V V f r = (2.1) dove: - Vf è il volume del Letto in sospensione - Vr è il volume del Letto fisso Se la velocità è bassa il fluido filtra tra gli spazi vuoti delle particelle stazionarie, questa è la condizione di Letto fisso (fig. 2a); all aumentare della velocità le particelle iniziano a vibrare e a muoversi in regioni ristrette, questa è la condizione di Letto espanso. Il primo regime che si incontra è quello di minima fluidizzazione al quale si giunge per una velocità del gas pari a Umf. Questo valore è quello riferito ad una portata di gas che garantisce una spinta sufficiente a bilanciare il peso delle particelle e a portarle in sospensione: in altri termini le condizioni di fluidizzazione si ottengono allorquando la drag force esercitata dal fluido sulle particelle eguaglia il peso delle particelle stesse, o, equivalentemente, quando il prodotto tra la perdita di carico attraverso il Letto e la sezione trasversale del tubo uguaglia il prodotto tra il volume del Letto, la frazione del Letto costituita da solidi e il peso specifico dei solidi stessi. Il salto di pressione necessario affinché ciò avvenga è dato dalla relazione: V r p = H( 1 ε )( ρ ρ g (2.2) p f )

13 dove: - H è l altezza del Letto - ε è il grado di vuoto - g è l accelerazione di gravità - ρp e ρf sono rispettivamente la densità delle particelle e del fluido L andamento della perdita di pressione attraverso il Letto in funzione della velocità superficialee del fluido è rappresentato in figura 3: Figura 9 Caduta di pressione in funzione della velocità del fluido La regione del piano individuata dal segmento rettilineo OA rappresenta la condizione di Letto fisso. Qui le particelle solide non possiedono moto relativo e le distanze tra di esse rimangono costanti. La relazione che lega il salto di pressione e la velocità del fluido in questa regione à descritta nel caso generale dall equazione che segue proposta da Ergun ma che in questa trattazione non viene riportata. La regione BC è quella in cui si ha la fluidizzazione ed è in questa che si applicano le relazioni prima riportate per stimare p. Nel punto A si nota che al perdita di pressione cresce fino al raggiungimento di un determinato

14 valore. Questa crescita è più marcata nelle polveri che hanno subito una compattazione prima delle prove ed è dovuta alla forza in più richiesta per vincere le azioni di attrazione interparticellari. Per determinare analiticamente il valore della velocità di minima fluidizzazione Umf la letteratura propone varie espressioni tra cui: Re mf = C + C Ar C (2.3) dove: - Rem f è il numero di Reynolds dato dalla relazione: ρ g d p U mf Re mf =, µ g 3 ρ g ρ g d p - Ar è il numero di Archimede definito come: Ar =, 2 µ - ρg e µg indicano la densità e la viscosità del gas - dp è il diametro medio delle particelle - g è l accelerazione di gravità g Le costanti C1 e C2 dipendono dalla forma e dal tipo di particelle, secondo quanto proposto da Lucas [1] e Adanez & Abanades [2]. Qualora nel corso della fluidizzazione si formino degli agglomerati di particelle allora sarà necessaria una velocità del gas molto maggiore rispetto a quella calcolata con la precedente relazione per raggiungere la condizione di sospensione del Letto. In generale però si possono verificare due eventualità per quello che concerne la minima fluidizzazione e cioè non è detto che vi sia necessariamente la formazione delle bolle ma si può avere anche una condizione priva di bolle. Di questo argomento si discuterà nel paragrafo seguente. Affinché si possa ottenere un valore per la U mf da queste espressioni è necessario conoscere il grado di vuoto del letto nel momento di incipiente fluidizzazione cioè ε = ε mf. Supponendo che si abbia ε mf dalla condizione di

15 letto fisso, si può ottenere un valore di prima approssimazione per U mf. Tuttavia nei casi pratici l indice di vuoto all inizio della fluidizzazione può essere considerato più grande di quello in condizioni di fissità. Un tipico valore di mf è 0,4. I ricercatori Wen e empirica per U mf che è equivalenti: Yu [3] (1966) hanno ricavato una correlazione simile all equazione sopra in due formulazioni Ar = 1652 Re + 24,5Re mf 2 mf (2.4) ( ) 0,5 5 Remf = 33, , Ar 1 Queste leggi sperimentali hanno validità per particelle appartenenti all intervallo: 0.01 < Re mf < (2.5) sferiche Per la fluidizzazione la correlazione di Wen e Yu è presa come inizio per il calcolo quando si hanno particelle più grandi di 1000 µm, mentre la correlazione di Baeyens [4] (1974), mostrata nell equazione di seguito, rappresenta in maniera migliore le condizioni di particelle più piccole di 100 µm: U mf ( ρ P ρ f ) = 1110µ 0,934 0,87 g ρ 0,934 0,066 g x 1,8 P (2.7) Queste leggi sperimentali hanno validità per particelle appartenenti all intervallo: 0.01 < Re mf < sferiche Per la fluidizzazione la correlazione di Wen e Yu è presa come inizio per il calcolo quando si hanno particelle più grandi di 1000 µm, mentre la correlazione di Baeyens (1974), mostrata nell equazione di seguito, rappresenta in maniera migliore le condizioni di particelle più piccole di 100 µm: U mf ( ρ P ρ f ) = 1110µ 0,934 0,87 g ρ 0,934 0,066 g x 1,8 P (2.8)

16 Dopo aver raggiunto questa condizione di minima fluidizzazione in un sistema liquido-solido un aumento della velocità provoca un espansione del Letto in maniera progressiva, mentre in un sistema solido-gas un aumento della velocità produce una grande instabilità del flusso con la nascita di bolle: l agitazione del flusso diventa più evidente, il movimento del particolato più vigoroso. Questo tipo di regime è chiamato fluidizzazione a bolle (fig. 2c). In funzione del tipo di particelle si presenta un campo di transizione tra i due regimi di diversa ampiezza. In particolare è stato evidenziato che per polveri di tipo A, secondo la classificazione di Geldart, si ha un campo apprezzabile di velocità tra quella di minima fluidizzazione e quella di minimo regime a bolle (Umb), mentre per le polveri del gruppo B le due velocità coincidono. Sulle ragioni che influenzano la transizione tra i due regimi ci sono varie teorie che interpretano il fenomeno in modo differente. I modelli proposti da Foscolo & Gibilaro [5] e Batchelor [6] individuano cause di tipo idrodinamico, altri studi invece si fondano su considerazioni legate alle forze interparticellari. Inoltre all aumento della pressione per entrare nella condizione di Letto a bolle bisogna incrementare sia la velocità che il grado di vuoto. In un Letto a bolle queste ultime salgono, si uniscono ingrandendo la loro dimensione, potrebbero diventare grandi quanto la sezione del contenitore tubolare. Questo Letto è chiamato slugging (fig. 1d). Quando il particolato è fluidizzato ad un velocità sufficientemente alta il trascinamento diventa apprezzabile, si instaura un moto turbolento tra parti di polvere e vuoti di gas di varie grandezze e forme: questo è il Letto fluido a regime turbolento (fig. 1e). La transizione al regime turbolento avviene in corrispondenza della velocità superficiale Uc a cui il salto della pressione raggiunge un massimo, oppure in corrispondenza della velocità superficiale Uk a cui la fluttuazione della pressione diventa indipendente dall aumento della velocità del gas.

17 Per calcolare Uc in letteratura sono disponibili le equazioni di Cai (1989) riportate di seguito: Rec = 1, 24Ar Rec = 0,57 Ar 0,45 0,46 (2.9) dove all interno del numero di Reynolds compare la velocità Uc. Il passaggio al regime turbolento è dato al meccanismo per cui le bolle si uniscono e si rompono in continuazione ad una certa altezza del Letto. Questo fenomeno dipende da molti fattori come ad esempio la distribuzione granulometrica. Anche per questa transizione si differenzia il comportamento per i diversi tipi di polveri. Essa appare più repentina per le polveri di tipo A, mentre per i gruppi B e D si ha interposizione di un regime alternato tra Slug-like e turbolento. Il regime successivo è la fluidizzazione veloce (o fast fluidization ) caratterizzata dalla velocità critica superficiale Usc data dalla relazione: U sc g d p ρ = 1,53 ρ g 0,5 (2.10) Infine l ultimo grado di fluidizzazione, il pneumatic conveying, si verifica quando la velocità del gas è tale da non consentire la deposizione delle particelle sul distributore di flusso situato nel fondo del Letto. Anche tale regime è caratterizzato da una velocità denominata Uca data dalla relazione: 0,352 G s Uca = 7,34 ( g d p ) Ar ρg 0,324 0,068 (2.11) Aumentando la velocità del gas, le particelle possono fuoriuscire dal Letto con le bolle. Questo stato è chiamato disperso, diluito, o fase magra del Letto fluidizzato (fig. 1f). La figura 1g mostra un Letto con trasporto pneumatico di particelle: le particelle hanno abbastanza energia per uscire e rientrare nel Letto.

18 In tutte le fluidizzazioni veloci, gran parte del particolato è perso precludendo la continuità dell operazione, è quindi necessario, per la costanza dell operazione, che i grani trascinati siano raccolti da cicloni e riportati nel sistema. In altri termini da un punto di vista pratico le ultime tre condizioni di fluidizzazione si possono realizzare solo in certune tipologie di Letti fluidi. In particolare è necessario prevedere un ricircolo delle polveri. Quando esse hanno alte velocità il regime idrodinamico non permette la formazione di flussi discendenti all interno della colonna fluidizzata. Affinché ci sia una quantità costante di polvere sul diffusore di flusso si può prevedere la presenza di un condotto di ricircolo delle particelle che dall estremità di uscita del Letto le riconduce verso il diffusore. Figura 10 Schema di Letto fluido ricircolante Lo studio sui diversi tipi di fluidizzazione e sui moti realizzati dalle particelle possono essere condotti anche tramite le teorie del caos. Risulta infatti che il comportamento seguito dalle masse in moto pur seguendo un andamento caotico si ripropone con una certa periodicità. Ci troviamo quindi davanti ad un comportamento caotico deterministico. In questa sede, però, analisi di questo tipo non verranno riportate.

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20 2.2 Fluidizzazione con e senza bolle In funzione del tipo di polveri con cui è caricata l apparecchiatura, dopo che viene raggiunta la condizione di minima fluidizzazione nel Letto fluido possono apparire bolle o vuoti tra le particelle. Per velocità superficiali maggiori del valore di minima fluidizzazione possiamo riscontare in generale l insorgenza sia di un regime a bolle che di un regime che ne è privo. I diversi comportamenti sono dovuti a particolari combinazioni tra fluido e particelle. Si incontrano perciò alcuni tipi di sistemi che presentano una fluidizzazione liquida (sistema solido-liquido), i quali, ad eccezione dei casi in cui si hanno particolati molto densi, non presentano la formazione di bolle. Uno schema di questo comportamento è riportato nella figura seguente che mostra un Letto con particelle di vetro investite da un flusso d acqua che esibiscono un comportame ento di un Letto Fluido senza bolle. Figura 11 Espansione ne di un Letto fluido; (i) condizione di minima fluidizzazione, con velocità del fluido appena maggiore della U mf ; (ii) condizione in cui la velocità del liquido è molto maggiore della U mf.

21 Di altra natura sono i cosiddetti sistemi di fluidizzazione a gas in cui al raggiungimento del valore di U mf si presenta un regime a bolle a cui seguono le varie condizioni fluide esaminate nel paragrafo precedente al crescere della velocità del flusso di trasporto. Il regime fluido in assenza di bolle è anche noto come fluidizzazione omogenea o particulate fluidization, quello con le bolle viene detto fluidizzazione aggregativa o eterogenea. 2.3 Principali proprietà delle polveri Quando si vanno definire i parametri caratterizzanti le particelle con cui viene alimentato un Letto Fluido è necessario definire diversi tipi di densità che possano essere inseriti nelle relazioni per i calcoli idrodinamici in modo da descrivere in maniera appropriata i fenomeni in esame. I principali parametri che vengono adottati sono la densità particellare, la densità assoluta, la densità delle particelle nel Letto e la densità di Bulk o del solido Densità particellare e densità assoluta La corretta densità utilizzata nelle equazioni di fluidizzazione è la densità particellare, definita come la massa di una particella divisa per il suo volume idrodinamico. Col termine volume idrodinamico si intende il volume del fluido nella sua interazione dinamica con le particelle e comprende il volume di ogni poro del particolato sia aperto che chiuso :

22 Figura 12 Volume idrodinamico di una particella Pertanto abbiamo: massa della particella Densità particellare = volume idrodinamico della particella Per solidi non porosi questo valore è facilmente misurato con un gas pycnometer o con specifica gravity bottle, ma questi sistemi non possono essere per solidi porosi poiché essi forniscono il valore della densità ass ol ut a, a b s,de l m ate ri ale di cui la particella è composta. Questo valore non è però adatto alla descrizione dei fenomeni che intervengonoo nell interazione tra particelle e flusso fluido. Possiamo definire la densità assoluta come: massa della particella Densità assoluta = volume del solido che forma la particella Per solidi porosi la densità delle particelle p (anche detta densità apparente o densità di inviluppo-involucro) non è di facile misurazione diretta sebbene alcuni metodi sono stati proposti da Geldart (1990).

23 2.3.2 Densità del letto La densità del Letto è un altro termine correlato ai fenomeni presenti nei Letti Fluidi ed è definita come: massa delle particelle nel letto Densità del letto = volume occupato dalle particelle e dai vuoti che le separano Densità di Bulk Un altro parametro di densità spesso usato quando si lavora con le polveri è la densità di Bulk o del solido la cui definizione è simile a quella della densità del Letto: massa della particella Densità di bulk = volume occupato dalle particelle e dai vuoti che le separano La più influente grandezza delle particelle usata nelle relazioni che descrivono le interazioni che intervengono tra di esse e il fluido veicolatore è il diametro idrodinamico che è una definizione equivalente a un diametro sferico derivato da misure sperimentali che coinvolgono i legami tra particelle e fluido. Nella pratica tuttavia, in molte applicazioni industriali, le dimensioni sono scelte utilizzando setacci e correlazioni tra i diametri dei fori presenti su di essi, x p,e il diametro del volume delle particelle, x v. Per particelle sferiche o di forma prossima a quella di una sfera il valore di x v può considerarsi paria quello di x p. Per particelle con spigoli si può stimare che x v 1.13 x p. Per gli impieghi nelle fluidizzazioni partendo da analisi tramite setaccio la dimensione maggiore delle polveri è spesso calcolata con la seguente relazione:

24 x p = 1 m i xi (2.12) Dove x i è il valore aritmetico della media dell i-esimo elemento vagliato al quale è associata una frazione massica m i. Quella riportata è pertanto la distribuzione armonica delle maggiori masse che si considera essere equivalente alla distribuzione armonica delle maggiori superfici.

25 2.4 Classificazioni delle polveri Il comportamento dei sistemi fluidizzati con un gas è strettamente dipendente dalle proprietà delle particelle solide, dalla dimensione, dalla densità, dal grado di particelle fini presenti, dalla coesività, ecc.; è sbagliato, quindi, assumere che le proprietà determinate per una polvere possano essere applicate a polveri che hanno differenti caratteristiche. Per superare queste difficoltà Geldart [7] (1973) ha suggerito un classificazione per particelle solide, o polveri, in quattro differenti gruppi. La classificazione eseguita da Geldart segue la logica di una ripartizione in base alle proprietà di fluidizzazione delle polveri e alle condizioni ambientali in cui si trovano ad esser impiegate. La catalogazione di Geldart è tuttora largamente impiegata in ogni campo delle tecnologie in cui sono utilizzate le polveri. Geldart divide le polveri in 4 gruppi indicati con le lettere da A a D: Gruppo A: le particelle del tipo A sono caratterizzate da avere un campo di velocità apprezzabile tra la velocità di minima fluidizzazione e quella di minimo regime a bolle e danno luogo ad un forte mescolamento delle polveri (per superare la U mf ed entrare nel regime a bolle necessitano di un deciso aumento della velocità del flusso) Gruppo B: appena si supera la U mf danno immediatamente la fluidizzazione a bolle (fluidizzano direttamente in regime a bolle). Vengono identificati inoltre due gruppi secondari: Gruppo C: sono polveri coesive molto sottili incapaci di fluidizzare in quanto sono particelle di piccole dimensione che tendono ad aggregarsi ed a formare dei canali di salita dei gas piuttosto che bolle, per questo sono difficilmente fluidizzabili.

26 Gruppo D: al gruppo D infine appartengono le polveri di grandi dimensioni che si caratterizzano, una volta investite dal gas, per la formazione in superficie di un getto a zampillo che parte dalla zona inferiore dell emulsione come si vede in figura 12 Le proprietà di fluidizzazione di una polvere veicolata in aria può essere prevista stabilendo a quale gruppo essa appartiene. E importante notare che per temperatura e pressione di lavoro maggiori di quelle ambientali un polvere può sembrare appartenente ad un gruppo differente da quello in cui la troveremmo in condizioni ambientali. Questo è dovuto all effetto delle proprietà del gas sul raggruppamento delle particelle e può avere importanti influenze sulle condizioni di fluidizzazione. Il diagramma seguente mostra come i gruppi in cui sono classificate le polveri sono legati alle loro proprietà: Figura 13 Diagramma di Geldart La tabella seguente riassume le tipiche caratteristiche delle classi di polveri:

27 GRUPPO A GRUPPO B GRUPPO C GRUPPO D Ideali per la Caratteristiche principali fluidizzazione. Presentano un intervallo di sospensione Presentano la formazione di bolle a partire dalla U mf Coesive,diffico ltà di fluidizzazione Solidi di grana grossa senza bolle Solidi tipici Catalizzatori Sabbia da costruzione Farina, cemento Ghiaia Espansione nel Letto Alta Moderata Bassa a causa dell incanalam ento Bassa Smaltimento di calore Lento, lineare Veloce Veloce all inizio, poi esponenziale Veloce Le bolle Proprietà delle bolle crescono e si uniscono. Bolle di dimensione Non c è limite alla dimensione Niente bolle solo incanalamenti Non c è limite alla dimensione massima Mescolamento dei solidi Alta Moderata Molto bassa Bassa

28 Mescolamento dei gas Alta Moderata Molto bassa Bassa Spouted bed No Solo in profondità No Si, anche in letti profondi Tabella 1 tabella delle tipologie di polveri In considerazione del fatto che, il range di valori di velocità che, per le polveri di tipo A, danno luogo a fluidizzazione senza bolle è molto limitato, se ne deduce che la fluidizzazione a bolle è la tipologia più diffusa nei letti fluidizzati a gas in applicazioni industriali.la velocità del gas alla quale le bolle cominciano a formarsi è chiamata velocità di minima ebollizione U mb. Una prematura ebollizione può essere causata da un distributore di flusso troppo piccolo o da perturbazioni all interno del Letto. Abrahamsen and Geldart (1980) hanno stabilito una correlazione tra il massimo valore di U mb e le proprietà del gas e delle particelle: U mb 0,06 xpρ g = 2,07 exp(0,716 F) 0,347 µ (2.13) dove F è la frazione di polvere di dimensione inferiore a 45 µm. Per le polveri del Gruppo A quando U mb > U mf si formano bolle che si uniscono e collassato in continuazione. Esse raggiungono in questa condizione un valore di grandezza massimo. Per questo motivo si ha una fluidizzazione molto liscia e regolare come mostra la figura sotto.

29 Figura 14 Bolle in un Letto fluido costituito da polveri di tipo A Nel caso delle polveri dei Gruppi B e D per U mb = U mf le bolle crescono progressivamente non raggiungendo mai una dimensione massima predeterminabile. Questo influisce sulla bassa qualità della fluidizzazione fino a quando non si raggiungono elevati valori della pressione del gas di trasporto. Figura 15 Getto a zampillo in un Letto fluido costituito da polveri di tipo D Nel caso delle polveri di gruppo C le forze d interazione fra le particelle sono comparabili con le forze che si sviluppano per l azione del gas (forze

30 d inerzia), di conseguenza risulta favorita la compattazione e quindi non si ha praticamente una fluidizzazione vera e propria. Di conseguenza non si formano bolle ma il gas attraversa il Letto tramite creando, come si vede in figura, dei canali preferenziali. Figura 16 Letto costituito da polveri di tipo C: si può notare la formazione di canali preferenziali attraverso cui il gas oltrepassa il Letto di polveri senza portarlo in fluidizzazione. Dato che in questo caso il gas non sostiene il peso del Letto la perdita di pressione è minore del peso del Letto diviso per l area della sezione trasversale. Questo fenomeno indica anche un metodo strumentale per la determinazione delle polveri appartenenti al gruppo C; c è da dire che utilizzando questa classe di polveri è comunque possibile ottenere fluidizzazione del Letto nel caso s impieghi un sistema che lo metta in vibrazione facilitando così la rottura dei legami tra le polveri.

31 2.5 Idrodinamica del letto a bolle La conoscenza delle proprietà idrodinamiche dei letti fluidi quando si ha la presenza di bolle è notevolmente importante in quanto si riescono a comprendere fenomeni di scambio termico e di massa, la capacità di sviluppare reazioni, i meccanismi di usura e corrosione che i componenti all interno del Letto subiscono. Una schematizzazione con la quale si può rappresentare una bolla prevede una suddivisione in tre zone: la bubble zone che si trova al centro ed è composta solamente da gas, una corona attorno al gas che lo separa dalla fase emulsione detta cloud zone ed una scia definita wake zone in cui oltre al gas ci sono anche delle particelle veicolate dalla bolla e pertanto aventi la stessa velocità. Figura 17 Struttura e nomenclatura di una bolla. Per calcolare la dimensione della bolla nella porzione di Letto libero da vincoli si può utilizzare la relazione di Darton:

32 d b 0,4 0,5 0,8 0,54( u0 umf ) ( Z + 4Ac ) = (2.14) 0,2 g dove: Ac è la catchment area g è l accelerazione di gravità Z è la distanza parallela all asse del Letto che la bolla può percorrere nel suo sviluppo senza essere vincolata. Se invece nel Letto ci sono dei vincoli che tendono ad impedire lo sviluppo delle bolle, come possono essere dei tubi per lo scambio termico, allora la dimensione della bolla può essere ricavata con un altra relazione: d b 0,4 ( U U ) 0, 54 ( Z + 4 A ) 1 A bed = 0,2 g 0 mf 0,5 0,8 c At (2.15) dove: At indica l area della sezione trasversale del Letto all altezza del diffusore Abed è l area della sezione ostruita dai vincoli presenti nel Letto (nella maggior parte dei casi si tratta proprio di tubi) Per letti fluidi bidimensionali dove sono presenti di tubi è stato studiato l andamento della pressione e delle forze dinamiche su di essi esercitati a causa del passaggio di una bolla. In particolare nello studio di Y. Nagahashi si ha una trattazione sperimentale ed analitica del fenomeno che viene di seguito descritto. Il tubo, quando non sono presenti bolle, è soggetto ad una forza verso l alto dovuta alla spinta di Archimede che gli deriva dall essere immerso

33 nell emulsione. Quando una bolla si avvicina alla parte inferiore del tubo la forza diretta verso l alto aumenta. L andamento della pressione all interno dell emulsione causato dal passaggio di una bolla può essere determinato con la seguente equazione: 2 a P = J r cosϑ r (2.16) dove: J è il gradiente di pressione presente nel Letto r è il raggio della bolla a è la distanza tra il punto nel quale si vuole calcolare la pressione dal centro della bolla è l angolo formato rispetto al segmento che unisce il centro con il punto estremo della bolla. Questo incremento di sollecitazione si verifica fino a quando il tubo non viene completamente ad essere assorbito nella bolla. A questo punto si riscontra una forte riduzione della spinta dovuta al cambio di densità del fluido all interno del quale è immerso il tubo. Il decremento che si realizza, considerando come condizione imperturbata quella del tubo nell emulsione in assenza di bolle, dà luogo ad una forza netta diretta verso il basso. Una volta che la parte gassosa della bolla il tubo viene dalla wake zone: si riscontra una variazione repentina della direzione e dell intensità della forza che determina l insorgenza di una pulsazione verso l alto.

34 Figura 18 Andamento della forza al passaggio di una bolla su un tubo. Da questo modello si evince che il valore di questa pulsazione è molto maggiore rispetto al valore della spinta di Archimede nell emulsione in quiete. Infine è presente anche una forza diretta verso il basso dovuta alla dispersione della scia della bolla una volta che questa è passata oltre la sommità del tubo. Una volta che la bolla ha superato l ostacolo il tubo torna nella condizione di partenza. La sperimentazione ha anche rilevato che il valore della pulsazione della forza dinamica è influenzato dalla velocità e dalle dimensioni della bolla e cresce all aumentando di questi due parametri. Se invece si vuole conoscere il valore della pressione agente su un oggetto presente all interno di una bolla bidimensionale in base alla sua posizione rispetto al centro, si può sfruttare la relazione dovuta a Davidson di seguito riportata: 2 R b P( r, θr ) = (1 εmf ) ρ pg r cosϑr r (2.17) dove: r e θ r sono presi in un sistema di riferimento che ha per origine il centro della bolla Rb è il raggio della bolla

35 g l accelerazione di gravità ρp la densità delle particelle ε mf il grado di vuoto in minima fluidizzazione. Quando si ha la necessità di calcolare la velocità delle bolle in assenza di vincoli si ricorre di solito alla seguente relazione: U = ( U U ) + K gd (2.18) b 0 mf b b dove: Kb è il coefficiente di velocità di risalita delle bolle che per Letti Fluidi tridimensionali vale 0,71 d b è il diametro delle bolle. La presenza di vincoli quindi influenza sia la dimensione delle bolle che la velocità con cui esse risalgono il reattore. Precedentemente si è già proposta una formula per calcolare la dimensione media delle bolle in presenza di tubi ma quando si ha la necessità di uno approccio più approfondito ci si può riferire ad uno studio dovuto a A.S. Hull. In proposito viene proposta una relazione per determinare la dimensione delle bolle una volta passate attraverso una fila di tubi. Questa formulazione ha validità generale per la valutazione della velocità delle bolle ed è applicabile anche nella zona con presenza di vincoli: U U mf Abed A( z) 1 e b = 1 (9 fbub ) b b + b b At 1 e u f u K gd (2.19) in cui vale la nomenclatura fino ad ora adottata: A(z) che indica la sezione trasversale del Letto all altezza z f b è la frazione di fase gassosa della bolla.

36 Infine oltre alla dimensione delle bolle e alla loro velocità bisogna tenere conto di un ultimo fenomeno denominato throughtflow. Questo meccanismo consiste in un flusso di gas all interno delle bolle che va dalla zona inferiore alla zona superiore ed è causato dal gradiente di pressione presente. Il flusso così generato è importante perché consente di stabilizzare la superficie superiore della bolla e di regolare sia il trasporto di massa dalla zona densa a quella diluita che la quantità di gas presente nelle due. Per Letti tridimensionali è stata misurata una velocità di throughtflow Utf pari a 2,7 volte la velocità di minima fluidizzazione Umf. Inoltre è stato trovato sperimentalmente che la velocità Utf aumenta col crescere dell altezza del Letto di particelle, mentre risulta praticamente indipendente dalla posizione e dalla quota all interno della bolla. 2.6 Dimensionamento fluidodinamico di un letto fluido Fluidizzazione senza bolle In un Letto Fluido in cui si realizza un regime di fluidizzazione in cui non si ha la formazione di bolle per velocità del gas inferiori a U mf la separazione delle particelle aumenta con la crescita della velocità superficiale mentre la perdita di pressione attraverso il Letto si mantiene costante. La relazione che intercorre tra la velocità del fluido e il grado di vuoto può essere determinato dall analisi dei sistemi multiparticellari (Rhodes, 1998). Per una sospensione di particelle stabile in un fluido essendo verificato il bilancio delle forze agenti la velocità relativa tra polveri e fluido, U r el, può essere ricavata da: U = U U = U ε f ( ε ) (2.20) rel P f T

37 Dove U p e U f sono le velocità in direzione verticale e dirette verso il basso delle particelle e del fluido, U T è la velocità limite della singola particella nel fluido. Per un Letto Fluido si ha in media che il valore della velocità delle particelle U p si può considerare nulla (U p = 0) e allora: U f = U T ε f (ε ) (2.21) oppure U U f 2 fs = T ε ( ε ) (2.22) Dove U fs è il flusso volumetrico verso il basso del fluido. Nella maggior parte dei casi pratici si indica con il termine di velocità superficiale U il flusso volumetrico del fluido. Quando la velocità superficiale del fluido verso l alto (U) uguagliaa il flusso volumetrico (-U fs ), avendo U fs = U f, si ottiene: U 2 = U ε f ( ε) T (2.23) Richardson e Zaki (1954) hanno proposto un funzione f( ) che rimane applicabile sia al regime di fluidizzazione con o senza di bolle. In generale, posto f( ) = n :quando si hanno numeri di Reynolds del fluido piccoli (in corrispondenza dei quali si ha che la forza di spinta è indipendente dalla viscosità del fluido) allora l esponente n è indipendentee dal numero di Reynolds delle particelle; tale esponente è anche indipendente dalla viscosità del fluido quando si hanno elevati numeri di Reynolds del fluido. Possiamo porre alloraa in generale: n U = U ε T (2.24) Avremo dunque:

38 f ( ε ) = ε f ( ε ) = ε U = U ε per Re 0,3 2,65 2,65 T U = U ε per Re 500 0,4 0,4 T p p (2.25) I ricercatori Khan and Richardson (1989) hanno proposto una correlazione che permettee di determinare l esponente n per valori intermedi del numero di Reynolds (sebbene n sia espresso rispetto al numero di Archimede Ar sussiste un proporzionalità diretta tra Rep e Ar). In essa viene anche tenuto conto dell effetto del diametro del recipiente per la stima del valore di n: 4,8 n = 0,043Ar n 2,4 0,57 1 2,4 x D 0,27 (2.26) Le Equazioni (2.25) e (2.26) unite alla sopra citata relazione di Khan and Richardson permettono di quantificare la variazione del grado di vuoto nel Letto per velocità superiori a U mf. La conoscenza dell indice di vuoto consente di calcolare l altezza del Letto come mostrato nella procedura di seguito riportata: Definiamo la massa delle particelle nel Letto come M B = (1 ε ) ρ AH p (2.27) Nella condizione di Letto fisso sono noti l altezza dellee polveri (H 1 ) e il grado di vuoto iniziale ( 1); nell ipotesi poi che la massa rimanga costante possiamo ricavare i nuovi valori di altezza del Letto e di indice di vuoto: ( 1 ε) ρ AH ρ AH p 2 = (1 ε1) p 1 (2.28) pertanto H 2 = (1 ε1) H (1 ε ) 2 1 (2.29)

39 2.6.2 Fluidizzazione in presenza di bolle Il modo più semplice per descrivere i fenomeni che intervengono in un Letto Fluido in regime di fluidizzazione a bolle è quella di seguire il modello bifasico proposto da Toomey and Johnstone (1952). Quest approccio considera il Letto in presenza di bolle come caratterizzato da due fasi: la fase data dalle bolle stesse e la fase composta dal particolato (il solido fluidizzato veicolato dal gas). Quest ultima ultima fase è anche nota come emulsione. Questa teoria afferma che tutto il gas in eccesso che cioè non partecipa alla sospensione delle polveri oltrepassa il Letto sotto forma di bolle. Pertanto l espansione del Letto per velocità maggiori a U mf è legata all evoluzione del comportamento bolle. Figura 19 Flussi di gas in Letto Fluido secondo la teoria bifasica Con Q viene definito l effettivo andamento della portata del flusso di gas e con Q mf si fa riferimento alla portata del flusso di gas al momento dell inizio della fluidizzazione, dunque abbiamo che la quantità di gas che attraversa il Letto come bolle è pari a:

40 ( Q Q ) = ( U U ) A mf mf (2.30) Per il gas nella fase emulsione si ha che: Q = U A mf mf (2.31) Andando ad esprimeree la dilatazione del sistema gas-solido in termini di frazione del Letto occupata dalle bolle, B, si ha: ε B = H H mf Q Qmf ( U U mf ) = = H AU U B B (2.32) dove H è l altezza del Letto alla velocità U, H mf è l altezza del Letto alla velocità U mf e U B è il valore di massima velocità di risalita delle bolle. Il grado di vuoto della fase emulsione è lo stesso che si ha nella condizione di minima fluidizzazione e può essere ricavato nel modo seguente: (1 ε ) = (1 ε )(1 ε ) b mf (2.33) Nella pratica però la teoria bifasica sovrastima il volume di gas che oltrepassa il Letto come bolle (cioè il flusso di bolle visibile), pertanto una stima più accurata della dilatazione del Letto si ottiene andando a inserire la portata Q B in luogo di (Q-Q mf ) in modo da ricavare che l andamento della portata delle bolle visibilii è: Q = Y A ( U U ) B mf (2.34) Dove il parametro Y variaa a seconda del tipo di polvere impiegata assumendo i seguenti valori: per polveri del Gruppo A per polveri del Gruppo B per polveri del Gruppo D 0.8<Y< <Y< <Y<0.6 L analisi appena descritta richiede la conoscenza della velocità delle bolle U B la quale dipendee dalla dimensione principale delle bolle d B v e dal

41 diametro del Letto D. Il diametro d B v ad una certa quota dal distributore di flusso è a sua volta dipendente dal numero N di orifizi del distributore, dalla distanza L dalla sezione di ingresso del gas e dalla differenza di velocità (U - U mf ). Per polveri del Gruppo B: 0,54 0,4 0,5 0,8 0,2 ( ) ( 4 mf ) (Darton et al.,1977) dbv = U U L + N g U = Φ 0,5 B B ( gdbv ) (Werther,1983) (2.35) dove: Φ B = 0, 64 per D 0,1m 0,4 Φ B = 1,6 D per 0,1 < D 1m Φ = B 0, 64 per D > 1m (2.36) Per polveri del Gruppo A come noto le bolle raggiungono una dimensione massima che è possibile stimare: ( U ) = (2.37) g 2 T 2,7 ( dbv) max 2 (Geldart,1992) dove U T2.7 rappresenta la velocità di caduta libera di particella aventi diametro pari a 2,7 volte quello delle particella in esame. Un modo per determinare il valore della velocità delle bolle per particelle di tipo A è stata fornita da Werther (1983): dove: U 0,5 B A( gdbv ) (Werther, 1983) = Φ (2.38)

42 Φ A = 1 per D 0,1m 0,4 Φ A = 2,5 D per 0,1 < D 1m Φ = A 2,5 per D > 1m (2.39) 2.6 Forze scambiate durante la fluidizzazione In condizioni statiche, come nella condizione di Letto fisso, tra le particelle si sviluppano una serie di forze di piccola entità i cui effetti sul Letto possono essere trascurati. Quando però le particelle vengono fluidizzare queste forze sviluppano delle conseguenze non trascurabili. Le azioni in gioco sono essenzialmente tre: forze di Van der Waals, i ponti liquidi e la sinterizzazione. Le forze di Van der Waals possono essere calcolate nel caso di interazione tra due particelle di forma sferica di uguali dimensioni: F vw AR = 12a 2 (2.40) dove: R è il raggio delle due sfere A è la costante di Hamaker che dipende dal materiale a è la distanza tra le particelle In realtà più che dalle proprietà delle superfici la forza dipende dalle caratteristiche della volume delle polveri. È pertanto più appropriato far dipendere la forza dal raggio di curvatura locale piuttosto che da quello dell intera particella. Nel grafico che segue sono riportate le forze di Van der Waals con tratto continuo nel caso di applicazione della formula considerando il raggio dell intera particella e con linea tratteggiata considerando il raggio di curvatura locale.

43 L interazione tra particelle causata dalle azioni di Van der Waals è stata sfruttata da Molerus per spiegare la differente modalità di passaggio tra il regime di minima fluidizzazione e il minimo regime a bolle per le particelle appartenenti ai gruppi A e B. In particolare si sottolinea che il passaggio tra i due regimi corrisponde ad un ben definito valore del rapporto tra le forze interparticellari e la forza peso: nel gruppo A queste forze sono comparabili, mentre nel gruppo B le forze tra particelle sono trascurabili rispetto al contributo del peso. Questo spiega perché nella fluidizzazione di particelle del gruppo A si ha un campo di velocità tra lai minima fluidizzazione e l insorgenza del regime a bolle, mentre per il gruppo B le due velocità vengono a coincidere. Manca da stabilire l effetto delle alte due forze. La prima dipende dalla presenza di liquido tra le particelle che determina la formazione di un ponte di fase. La sinterizzazione si ha in ambiente ad alta temperatura che favorisce la reazione tra le polveri formando un agglomerato solido. Dato che l attività sperimentale di questa tesi non ha comportato l impiego di Letti Fluidi ad alta temperatura vengono omesse le trattazioni analitiche sia della sinterizzazione delle polveri fluidizzate, sia della formazione dei ponti liquidi. È importante però sottolineare che alle forze dovute ai legami a ponte liquido è correlato il fenomeno di aggregazione di particelle a temperatura ambiente che determina un deciso aumento della soglia individuata dalla velocità di minima fluidizzazione Influenza delle forze tra particelle e della distribuzione granulometrica delle particelle. Come in precedenza accennato le forze scambiate tra le particelle vanno ad influire nel regime di passaggio tra minima fluidizzazione e regime a bolle in particolar modo per quanto riguarda le polveri di tipo A e B. Risulta

44 invece che una volta che le bolle si sono formate il comportamento reologico delle particelle influenza solo marginalmente il loro sviluppo, in particolare per le polveri di tipo A, B e D, e può pertanto essere trascurato in prima approssimazione. La distribuzione granulometrica è stata molto studiata, specialmente per quanto riguarda l utilizzo di Letti per reazioni chimiche. Si è visto che a parità di quantità di polvere presente, una distribuzione che abbia una presenza particelle sottili migliora la reazione. Questo è dovuto essenzialmente a tre motivi: nel regime a bolle i vuoti tendono ad essere più piccoli in presenza di una vasta distribuzione granulometrica e questo probabilmente è associato anche ad una viscosità effettiva della fase densa minore; ci sono più particelle disperse all interno della fase diluita quando sono presenti polveri sottili; con una vasta distribuzione granulometrica è più facile raggiungere il regime turbolento dove l interazione gas-solido è migliore rispetto al regime a bolle. 2.7 Trasporto delle particelle ed elutriazione. Quando si raggiungono alte velocità superficiali del gas le particelle all interno del Letto possono avere una velocità tale da permetterne l allontanamento dalla colonna fluidizzata. Questo fenomeno definito elutriazione si verifica in particolare quando nel Letto sono presenti particelle di piccole dimensioni dovute a prodotti di reazione o a sgretolamento per attrito delle polveri fluidizzate. Nel caso che le particelle costituiscano il reagente o il catalizzatore della reazione e devono quindi

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