Apprendere dal passato per governare il futuro

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2 Apprendere dal passato per governare il futuro

3 Questa pubblicazione è stata realizzata nell ambito delle attività previste dal progetto atalogo nazionale delle buone pratiche del Fondo sociale europeo e dei Programmi e Iniziative comunitarie realizzate in Italia dalle società Irs, les, onform, ngineering - Ingegneria informatica e Fondazione Brodolini. Ideazione e coordinamento Vera Marincioni, Marianna Angelo, Gianfranca Iorio, Luigi Accogli (irezione Generale per le politiche per l orientamento e la formazione, Ministero del lavoro e della previdenza sociale) omitato scientifico e mainstreaming Vera Marincioni (presidente, G- POF) Marianna Angelo (divisione, G-POF) Annalisa Vittore (oordinamento delle Regioni per il Fse) Michele olasanto (esperto esterno) Stefano Volpi (Isfol, Struttura nazionale di valutazione) Mafalda amponeschi (Regione Lazio) Luigi Accogli (divisione, G-POF) Redazione aniela Oliva (Irs), aniela Pieri (les), Amanda olletti (onform), iego Teloni (Fondazione Brodolini), aria Broglio (Irs), hiara Luigini (les), Lucia ostanzo (les), Giancarlo ente (Fondazione Brodolini) Progetto editoriale e grafico ecilia Addone - onform Srl Nancy Lombardi - onform Srl Traduzione in lingua inglese Liliana ocumelli (traduttore certificato Associazione italiana traduttori e interpreti) - onform Srl Stampa digraf Srl - Formello (Roma) - aprile 2008 Tutti i diritti riservati. Si autorizza l utilizzo e la riproduzione di estratti del presente volume per fini non commerciali, riproducendo fedelmente il testo e citando la fonte.

4 Indice Presentazione Introduzione 1. Il atalogo nazionale delle buone pratiche L approccio metodologico L esperienza europea in materia di buone pratiche Le pratiche in atalogo: uno sguardo d insieme Il atalogo on line Il atalogo nazionale delle buone pratiche Fse: strumento di riflessione valutativa sulla programmazione e supporto alla programmazione Il atalogo buone pratiche Pon Obiettivo 1 Assistenza tecnica e azioni di sistema Ricerca scientifica, sviluppo tecnologico, alta formazione Scuola per lo sviluppo Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno Sviluppo locale Pon Obiettivo 3 Azioni di sistema Por Obiettivo 1 Basilicata alabria ampania Molise Puglia Sardegna Sicilia Por Obiettivo 3 Abruzzo Bolzano milia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio Liguria Lombardia

5 Marche Piemonte Toscana Trento Umbria Valle d Aosta Veneto Iniziativa omunitaria qual qual I Fase - Geografiche qual I Fase - Settoriali qual II Fase - Geografiche qual II Fase - Settoriali Programma Leonardo da Vinci Azioni innovative (ex art.6 Fse)

6 Presentazione La valorizzazione delle buone pratiche, la loro effettiva fruizione e il loro utilizzo rappresentano per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale un valore aggiunto importante per il raggiungimento di obiettivi di governance partecipata delle politiche sostenute dal Fondo sociale europeo (Fse), obiettivi sostenuti dalla Strategia europea per l occupazione, laddove essa indica la necessità di un nuovo approccio alle politiche, il metodo aperto di coordinamento, rivisto e riconfermato, da ultimo, nel Tale approccio si fonda essenzialmente su cinque principi chiave, tra i quali quello dell apprendimento reciproco, ovvero la possibilità per un Paese di trarre insegnamento dall esperienza di altri che hanno già affrontato problemi simili attraverso lo scambio di buone pratiche. La stessa ommissione europea ha sottolineato come il metodo aperto di coordinamento sia stato introdotto come strumento per diffondere le buone prassi e conseguire una maggiore convergenza verso le finalità principali dell Ue 2. È in questo quadro che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha avvertito l esigenza di disporre di un patrimonio informativo specifico riguardante le buone pratiche realizzate nell ambito della programmazione Fse rediamo, infatti, che il principio dell apprendimento reciproco possa valere anche all interno del contesto nazionale, dove la vitalità di metodi e modelli di intervento non può rimanere patrimonio esclusivo di coloro che li hanno sperimentati, ma deve diventare un elemento di confronto per tutti. Il atalogo nazionale delle buone pratiche del Fondo sociale europeo si propone come strumento di conoscenza qualitativa su quanto è stato realizzato e come servizio informativo destinato sia ai soggetti che operano nel panorama dell offerta, sia ai responsabili istituzionali della programmazione delle politiche cofinanziate dal Fse e, più in generale, dai Fondi strutturali. Per la sua costruzione abbiamo utilizzato due criteri, a nostro avviso, di grande rilevanza. Il primo consiste nella dinamicità del prodotto realizzato: il atalogo non è un semplice archivio di progetti passati, ma si propone come centro di diffusione delle conoscenze consolidate in questi anni. Il secondo elemento è rappresentato dalla ricerca di chiavi di lettura comuni ai Programmi operativi nazionali e regionali, all Iniziativa comunitaria qual, alle Azioni innovative art. 6 del Regolamento 1784/99 e al Programma comunitario Leonardo da Vinci: l individuazione delle buone pratiche è strumentale all operatività del Fse, dal momento che gli interventi sono finalizzati a risolvere le criticità specifiche dei diversi contesti locali. Il bisogno di informazioni sistematiche e valorizzate da una lettura trasversale comune, deriva dalla necessità di innescare nell attuazione del Fse strategie in grado di massimizzare i risultati conseguiti. ra, quindi, essenziale partire da una rilevazione delle esperienze di qualità cui far seguire un adeguata diffusione fra i diversi attori del sistema che fosse, però, anche condivisione di conoscenza e sforzo di apprendimento reciproco. L obiettivo che ci proponiamo di raggiungere favorendo la diffusione e la fruibilità delle buone pratiche è, dunque, quello di informare, coinvolgere e supportare nelle scelte e nella progettazione i soggetti istituzionali, gli operatori del territorio e i cittadini, in una prospettiva di rafforzamento dei sistemi, complementarietà e crescita di una cultura e di un glossario condiviso. Uno sforzo di apprendimento comune e continuo che vorremmo non terminasse qui, ma da qui traesse le sue forze per continuare a svilupparsi. Vera Marincioni irettore generale per le politiche per l orientamento e la formazione - Ministero del lavoro e della previdenza sociale 1 ommissione delle omunità europee, omunicazione al onsiglio europeo di primavera, Lavorare insieme per la crescita e l occupazione. Il rilancio della Strategia di Lisbona, OM/2005/24 Bruxelles, ommissione delle omunità europee, omunicazione della ommissione al onsiglio, al Parlamento europeo, al omitato economico e sociale e al omitato delle regioni, Potenziare la dimensione sociale della strategia di Lisbona: razionalizzare il coordinamento aperto nel settore della protezione sociale, OM/2003/261 def., Bruxelles, La diffusione delle buone pratiche contribuisce alla governance partecipata nell ambito delle politiche sostenute dal Fse 5

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8 Introduzione 1. Il atalogo nazionale delle buone pratiche Il atalogo nazionale delle buone pratiche del Fondo sociale europeo e dei Programmi e Iniziative comunitarie realizzate in Italia è stato promosso dalla irezione generale politiche per l orientamento e la formazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale nell ambito delle azioni di sistema nazionali, allo scopo di favorire il trasferimento e la diffusione delle buone pratiche quale strumento strategico di innovazione, disseminazione, valorizzazione e mainstreaming delle stesse. La necessità di un patrimonio informativo specifico discende dal bisogno di rendere operative, nell attuazione del Fse, una serie di strategie in grado di massimizzare i risultati conseguiti. Secondo questa prospettiva, risulta essenziale muovere i primi passi da una rilevazione delle esperienze di qualità, cui far seguire un adeguata diffusione fra i diversi attori del sistema. Nel momento stesso in cui vengono adeguatamente disseminate, le buone pratiche divengono, infatti, uno strumento di apprendimento, in quanto capaci di fornire insegnamenti che travalicano i contenuti specifici che le caratterizzano. Si tratta, peraltro, di una consapevolezza diffusa, poiché già da diversi anni a livello comunitario viene sottolineata l importanza di attivare azioni di scambio e diffusione delle buone pratiche finanziate con i fondi comunitari, importanza cresciuta ulteriormente a seguito del recente allargamento dell Unione europea. Ogni programma prevede, quindi, un capitolo specifico dedicato alle buone pratiche individuate in base a precisi criteri e allo scambio di esperienze. Particolarmente significativa, a tale proposito, la rilevanza delle azioni di disseminazione e valorizzazione all interno del Programma Leonardo, ma anche la centralità del principio di mainstreaming nell Iniziativa comunitaria qual, senza dimenticare i finanziamenti previsti nell ambito del Programma operativo nazionale obiettivi 1 e 3 Fse per azioni di trasferimento di buone pratiche, nonché l Art.6 del Fse, che finanzia specificamente azioni innovative, progetti pilota e azioni di scambio di esperienze e informazioni sulla base di priorità tematiche individuate a livello europeo. Obiettivo generale del atalogo nazionale delle buone pratiche è, dunque, quello di informare, coinvolgere e orientare i diversi soggetti istituzionali, gli operatori del territorio e i cittadini nell ottica del rafforzamento dei sistemi, della complementarietà e della crescita di una cultura della valutazione, favorendo la diffusione e la fruibilità delle migliori esperienze. In particolare, il progetto nasce dall esigenza di disporre di uno strumento dinamico di raccolta e sistematizzazione di tutte le buone pratiche realizzate nel corso della programmazione nell ambito dei Programmi operativi nazionali e regionali obiettivo 1 e obiettivo 3, dell Iniziativa comunitaria qual, dell Art. 6 del Reg. 1784/99 Azioni Innovative e del Programma comunitario Leonardo da Vinci. A fronte di un notevole sviluppo di esperienze di catalogazione dei progetti di eccellenza sviluppatesi a livello locale in Italia e negli altri paesi europei rispetto a tematiche specifiche (politiche di mainstreaming di genere e pari opportunità, formazione professionale, politiche di sostegno all inclusione lavorativa dei segmenti svantaggiati, ecc.) o singole programmazioni è sembrato, infatti, necessario offrire un sistema di identificazione comune, che superasse la frammentazione e la disomogeneità fra i differenti criteri valutativi utilizzati nelle raccolte di buone pratiche preesistenti, basandosi su quelle dimensioni che, l esperienza ha dimostrato, caratterizzano tutte le migliori esperienze di successo: l efficacia delle azioni, in termini di raggiungimento degli obiettivi e dei risultati previsti; l orientamento all innovazione e la capacità di modellizzare l innovazione per consentire una elevata flessibilità e riproducibilità anche in contesti diversi; l elevata qualità delle azioni e del processo di attuazione, tale da comprendere attività di analisi dei bisogni, di monitoraggio e autovalutazione, di controllo della qualità; la capacità di creare, valorizzare e rafforzare partnership con il coinvolgimento di nuovi attori imprese, parti sociali, terzo settore, associazioni per facilitare il mainstreaming orizzontale; l attenzione, sin dalla fase di progettazione, alle necessità di diffusione e trasferimento delle esperienze e alla sostenibilità nel tempo attraverso il coinvolgimento e l attivazione degli attori rilevanti e la diffusione delle azioni; la capacità di coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche per facilitare il mainstreaming verticale; le elevate competenze professionali dei promotori e attuatori e le esperienze di partecipazione a reti. Il atalogo nazionale delle buone pratiche del Fondo sociale europeo e dei programmi e iniziative comunitarie realizzate in Italia si fonda, dunque, sulla definizione di un set minimo di requisiti trasversali che identificano una buona pratica lasciando, poi, una certa flessibilità nell individuazione di eventuali requisiti 7

9 aggiuntivi che possono cambiare a seconda del tipo di programma/azione che si sta considerando. La scelta dei requisiti per l identificazione dei progetti di eccellenza fa riferimento non soltanto alle indicazioni metodologiche e alla strumentazione elaborata dall Isfol per l individuazione e l analisi delle buone pratiche in ambito Fse, ma pone anche particolare attenzione alle esigenze conoscitive legate alla nuova programmazione, effettuando una lettura dei progetti anche alla luce della presenza di aspetti rispondenti ai nuovi obiettivi della programmazione Fse In particolare, i progetti sono stati selezionati e inseriti nel atalogo on line in base alle loro caratteristiche di eccellenza in termini di: disponibilità di informazioni in forma chiara, omogenea, affidabile e sintetica rispetto alle iniziative realizzate, presupposto necessario per la riproducibilità e la trasferibilità dell esperienza, così come per un coinvolgimento ampio dei soggetti operanti nello stesso ambito; efficacia in relazione ai bisogni/problemi di policy dai quali l intervento prende le mosse e dagli obiettivi probabilmente molteplici perseguiti attraverso il progetto; innovatività dei contenuti e della metodologia utilizzata, anche in relazione al legame fra tali elementi di novità e innovazioni recentemente introdotte nella normativa e nell architettura istituzionale relative ai diversi ambiti di intervento; adeguatezza e completezza del quadro logico attuativo in riferimento all esistenza di una valida attività di programmazione e progettazione degli interventi; grado di riproducibilità e trasferibilità, al fine di garantire che i progetti individuati come buone pratiche non presentino caratteristiche irripetibili troppo rilevanti; sostenibilità nel tempo, anche da un punto di vista finanziario, nella misura in cui un progetto efficace e innovativo, ma non sostenibile per quanto concerne le risorse assorbite, difficilmente potrà essere riproducibile e trasferibile; capacità di coinvolgimento orizzontale e verticale (mainstreaming) dei soggetti operanti nello stesso ambito e capacità di creare reti; presenza di insegnamenti e spunti di riflessione utili in riferimento agli obiettivi della programmazione In un contesto in continua e rapida evoluzione, quale è quello con il quale interagiscono gli interventi cofinanziati dal Fondo sociale europeo, l individuazione delle esperienze di successo, la loro diffusione e l analisi degli elementi caratterizzanti che le distinguono dagli altri interventi, rappresentano strumenti essenziali per sostenere un processo di apprendimento istituzionale, che può generare nuovi indirizzi di programmazione e progettazione più efficaci nell affrontare e contribuire a risolvere i bisogni e i problemi di policy che si presentano, oltre che un potente strumento di integrazione europea. Il atalogo, dunque, non intende solamente offrire ai decisori istituzionali un valido supporto per l analisi e la valutazione di quanto finanziato e realizzato finora, ma soprattutto, vuole rappresentare uno strumento attivo di sostegno e accompagnamento della nuova programmazione , al fine di facilitare l apprendimento istituzionale, un approccio comparativo e il diffondersi di un glossario comune, tutti elementi utili ai fini di una governance partecipata. Per ciascuna buona pratica sono indicati i principali dati anagrafici che connotano il progetto il titolo e il codice, l amministrazione committente, il soggetto gestore, i partner di progetto, la programmazione di appartenenza e il periodo di realizzazione nonché la tipologia di policy di riferimento. Si rimanda, invece, al atalogo on line per un maggiore approfondimento rispetto alle azioni progettuali e alle specifiche caratteristiche che hanno connotato l esperienza come buona pratica. 2. L approccio metodologico Gli aspetti che caratterizzano l approccio metodologico adottato per la costruzione del atalogo nazionale delle buone pratiche del Fondo sociale europeo e dei Programmi e Iniziative comunitarie realizzate in Italia sono: coinvolgimento e partecipazione attiva; rappresentatività del atalogo e buone pratiche relative ; criteri di individuazione delle buone pratiche e scheda di rilevazione; sistema di rating; sviluppo della cultura della valutazione. Il coinvolgimento e la partecipazione attiva Il atalogo è stato costruito ed è costantemente implementato attraverso un attività di raccolta che ha trovato il suo punto di forza nel coinvolgimento attivo e nella continua interazione e scambio con gli stakeholder e gli attori locali coinvolti nella programmazione Fse In particolare: il livello centrale rappresentato dalla irezione generale politiche per l orientamento e la formazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale nell ambito delle Azioni di sistema nazionali, responsabile della realizzazione del atalogo, in collaborazione con lo staff di esperti del Raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) attuatrici del progetto ha svolto la funzione di governo e di coordinamento dell intero processo. Le pratiche, individuate a livello locale, sono state candidate, valutate e sottoposte a più livelli di verifica (soggetto attuatore, staff di progetto, autorità di gestione), con lo scopo di selezionare effettivamente dei progetti di qualità da includere nel atalogo finale; il livello locale rappresentato dalle Autorità di gestione (Adg) nazionali e regionali, dalle province e dai soggetti responsabili 8

10 dei progetti candidati all inserimento nel atalogo ha svolto una preliminare autovalutazione dei progetti realizzati al fine di individuare, sulla base dei criteri prestabiliti per la costruzione del atalogo (declinati nella scheda di presentazione delle pratiche), quali meglio potessero rappresentare le strategie definite dai policy maker per l utilizzo dei fondi comunitari. Il processo di autovalutazione è stato supportato dai rappresentanti della Rti che hanno contattato, coinvolto e attivato i vari soggetti interessati. Il passaggio di informazioni tra il livello locale e quello centrale è avvenuto attraverso incontri e per via telematica e la condivisione attraverso eventi nei quali sono stati coinvolti direttamente i principali attori delle esperienze raccolte, per razionalizzare e capitalizzare quanto realizzato. L interazione e lo scambio fra i due livelli, che si presentano come complementari e non sostitutivi, ha rappresentato un elemento di forza per la costruzione del atalogo. Il livello locale si è avvalso del vantaggio di una conoscenza diretta e sedimentata attraverso l esperienza del contesto socioeconomico locale e di quello istituzionale, oltre che del singolo progetto. Tale conoscenza ha consentito agli attori locali di individuare gli elementi di successo e di valutare la rispondenza tra risultati attesi e risultati conseguiti, nonché di apprezzare gli effetti indiretti e gli aspetti innovativi. Il livello centrale ha garantito la rispondenza delle buone pratiche ai requisiti comuni che le identificano, attraverso un analisi comparativa tra progetti realizzati in diversi settori o territori. I soggetti coinvolti a livello locale e centrale si sono, quindi, avvalsi di informazioni e conoscenze diverse, entrambe necessarie per giungere a una raccolta bilanciata e capace di tenere conto dei molteplici aspetti che definiscono una buona pratica. La cooperazione tra i due livelli è stata articolata in maniera flessibile, secondo modalità differenziate. i seguito si riporta un box riepilogativo dell interazione tra livello centrale e livello locale. La rappresentatività del atalogo delle buone pratiche Un altro elemento caratterizzante l approccio metodologico è stato la rappresentatività delle buone pratiche raccolte. urante il processo di individuazione delle buone pratiche si è tenuto conto del criterio secondo il quale una buona pratica è tale non soltanto in termini assoluti quanto, soprattutto, se posta in relazione al contesto peculiare nel quale trova origine. A questo fine è stato primario il contributo del livello locale che ha coinvolto nel processo di autovalutazione i diversi attori che hanno potuto verificare il valore delle pratiche con le differenti ottiche. 9

11 I criteri per l individuazione delle buone pratiche e la scheda di rilevazione La raccolta delle buone pratiche presuppone una loro selezione all interno dell insieme dei progetti realizzati con il cofinanziamento Fse nella programmazione , le cui attività si concludono entro dicembre 2008 (progetti che, quindi, rappresentano l unità minima di rilevazione) che è avvenuta, come già anticipato, sulla base di specifici criteri. L applicazione di tali criteri ai progetti raccolti è stato un passaggio indispensabile per giungere al atalogo nazionale di buone pratiche che rappresentasse veramente un deposito di esperienze capace di favorire la valorizzazione e l apprendimento. Per quanto riguarda i criteri di individuazione si è fatto riferimento all impostazione proposta dall Isfol (cfr. La metodologia Isfol per l individuazione e l analisi delle buone pratiche in ambito Fse, giugno 2004), già implementata e convalidata in altre occasioni di ricerca e raccolta di buone pratiche in Italia (per es. nel Repertorio di buone pratiche relative a Servizi per l impiego e pari opportunità del 2005 al quale ha preso parte anche un componente della Rti). I criteri definiti sono i seguenti: efficacia, innovatività, adeguatezza del quadro logico attuativo, riproducibilità e trasferibilità, sostenibilità nel tempo, capacità di coinvolgimento verticale e orizzontale. In relazione a questi criteri è stata predisposta una scheda di rilevazione (consultabile sul sito di progetto alla voce Guida alla compilazione ) suddivisa in diverse sezioni. Questa scheda permette accanto alla verifica della validità delle pratiche individuate anche la loro descrizione puntuale per l inserimento nel atalogo. Le tre sezioni della scheda riguardano i dati anagrafici del progetto, le caratteristiche (contesto, attività e prodotti previsti, tipologia di azioni e destinatari) e gli elementi che qualificano il progetto come buona pratica. Particolare importanza è stata attribuita proprio alla terza sezione della scheda elementi che qualificano il progetto come buona pratica, in cui le domande poste richiedono l applicazione dei criteri individuati per la selezione delle buone pratiche, prevedendo anche una loro ponderazione (il cosiddetto sistema di rating). I criteri che individuano una buona pratica per il atalogo sono declinati utilizzando specifici indicatori: adeguatezza e completezza del quadro logico progettuale e attuativo; rilevanza del tema di policy trattato; disponibilità e chiarezza delle informazioni disponibili; sostenibilità (attività e risultati in ambito nazionale/ transnazionale); aspetti innovativi (di contesto, di processo, di prodotto, di risultato/obiettivo); elementi di riproducibilità; elementi di trasferibilità; mainstreaming (orizzontale e verticale); La presenza/assenza degli indicatori e la loro ponderazione permette di applicare il sistema di rating delle buone pratiche che è anche finalizzato alla individuazione delle pratiche vetrina da inserire nella specifica sezione del sito. Il sistema di rating La finalità del sistema di rating che è a tutti gli effetti un sistema di valutazione ponderata per ciascuna buona pratica è quella di individuare, al di là degli elementi standard che deve esprimere una pratica per essere definita buona, utile e da disseminare, elementi sintetici di qualità afferenti a tutte le buone pratiche raccolte. In particolare, il sistema è in grado di rappresentare i criteri di individuazione e selezione delle buone pratiche, razionalizzando i processi di autovalutazione (locale) e di individuazione delle pratiche migliori (centrale). La definizione di un sistema di rating attraverso l apposito utilizzo delle indicazioni contenute nella terza sezione della scheda di valutazione consente di formulare giudizi riepilogativi rispetto alla qualità delle buone pratiche e alle proprietà di ciascuna di esse, attraverso un approccio maggiormente selettivo di quello utilizzato per costruzione del atalogo. Tale sistema si basa sui seguenti elementi: riarticolazione e ponderazione degli indicatori presenti nella terza sezione della scheda in base al loro peso sulla qualità della buona pratica, intesa nel suo complesso. La ponderazione degli indicatori, pertanto, è slegata dalla rilevanza che ciascun indicatore ha nell ambito del proprio campo di riferimento (adeguatezza e completezza del quadro logico progettuale e attuativo, rilevanza del tema di policy trattato, ecc.) e riflette piuttosto il peso che ogni indicatore ha nel definire la qualità di un progetto; punteggio aggiuntivo attribuibile agli indicatori in relazione alla loro coerenza con le priorità strategiche definite dai documenti programmatori Tale coerenza è determinata con riferimento agli Orientamenti strategici comunitari (Osc) della ommissione, al Regolamento 1081/06 del Fse e al Quadro strategico nazionale; punteggio determinato, per ogni indicatore presente nella terza sezione della scheda, dalla somma tra la ponderazione attribuita all indicatore stesso e la sua (eventuale) coerenza con le priorità definite in uno o più dei documenti programmatori presi in considerazione. L individuazione degli indicatori sintetici di qualità muove dalla consapevolezza che l indicatore costituisce un dispositivo relazionale, in grado di prefigurare numerosi vantaggi in termini di misurazione, di comparabilità e di trasferibilità di una buona pratica. Lo sviluppo della cultura della valutazione Il coinvolgimento dei diversi attori nel processo di identificazione, valutazione e catalogazione delle buone pratiche permette di 10

12 sviluppare una maggiore cultura della valutazione che coinvolge sia l autorità centrale sia il livello locale. A livello centrale viene sperimentata e sviluppata la capacità di un uso significativo delle buone pratiche per finalità di definizione di policy, di governo dei processi e di sviluppo dell innovazione, attraverso la definizione di criteri standardizzati di raccolta delle informazioni a fini valutativi, già dalla fase di programmazione, e di criteri di misurazione e valutazione delle pratiche migliori. A livello locale, la partecipazione al atalogo ha promosso, nelle Adg e negli attori locali, la capacità di autoanalisi e di autovalutazione per conoscere, riconoscere, individuare e selezionare i migliori progetti realizzati che permette di migliore la loro capacità di programmare sulla base dei risultati raggiunti e della capacità sviluppate nel sistema. Processo di individuazione e selezione delle buone pratiche Il processo operativo di individuazione e selezione delle buone pratiche è stato complesso e articolato, composto da molteplici step: lancio dell iniziativa e creazione del consenso; raccolta delle pratiche ritenute significative; verifica delle pratiche raccolte e inserimento nel sistema informativo; valutazione delle pratiche raccolte; verifica con amministrazioni responsabili delle pratiche valutate; validazione con Ministero del lavoro e della previdenza sociale e inserimento nel atalogo nazionale delle buone pratiche Fse; applicazione del sistema di rating delle pratiche; validazione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e individuazione delle buone pratiche vetrina. Vi è stata, inoltre, un attività trasversale di organizzazione di incontri di verifica intermedia e di restituzione ai committenti e agli attuatori (oltre al lancio della costituzione del atalogo con un convegno nazionale sono stati organizzati alcuni workshop con valenza territoriale). Nel diagramma che segue i vari momenti sono presentati in modo sintetico e descritti di seguito in modo più ampio. oinvolgimento e sensibilizzazione degli stakeholders Per favorire il lancio dell iniziativa e creare consenso si è svolto un momento iniziale di sensibilizzazione degli stakeholder da coinvolgere nell iniziativa di costruzione del atalogo. Nel maggio 2007 è stato organizzato un convegno nazionale per la presentazione del progetto. on tale iniziativa sono stati raggiunti i seguenti obiettivi: ufficializzazione dell avvio del progetto; presentazione delle linee operative e degli strumenti metodologici (in particolare la scheda sintetica e il suo utilizzo, il sistema di raccolta e selezione, le modalità di valutazione, il sistema di rating e la sua applicazione, ecc.); sensibilizzazione e coinvolgimento nell iniziativa dei soggetti che potrebbero candidare buone pratiche; condivisione delle prospettive future in tema di buone pratiche. Nell ambito del convegno, si è puntato a stimolare le Adg e i responsabili Fse nazionali e regionali ad aderire all iniziativa di costruzione del atalogo e a informarli sulle modalità di raccolta delle candidature dei progetti che loro ritengono potenziali buone pratiche, anche alla luce della presentazione dei criteri di selezione delle buone pratiche. Raccolta dei progetti maggiormente significativi Accanto alla fase di sensibilizzazione è stata attivata una linea permanente di ricerca attiva dei progetti da inserire nel atalogo, condotta attraverso l organizzazione di incontri diretti con attori locali (in primo luogo, regioni e province) e anche, su loro indicazione, organismi attuatori (beneficiari finali diversi e attuatori veri e propri come organismi formativi, università, poli di eccellenza) e referenti dei progetti. Attraverso le interviste, che hanno coinvolto le amministrazioni responsabili, ma anche i responsabili di misura e di attuazione, sono state raccolte informazioni attraverso un confronto con i diversi soggetti sulle pratiche più significative, secondo gli elementi caratterizzanti la buona pratica definiti nell impianto metodologico. Successivamente, si è proseguito con l individuazione degli attuatori, fase che è avvenuta con modalità differenti, in base alla 11

13 disponibilità e alla collaborazione della Autorità di gestione: in alcuni casi, le Adg hanno seguito direttamente le candidature delle pratiche individuate, occupandosi di contattare gli attuatori e di coordinare le attività di autocandidatura; in altri, le Adg hanno rilasciato delle liste di progetti candidabili, individuando i relativi soggetti attuatori, che sono stati successivamente contattati dallo staff di esperti del Rti. Accanto a queste modalità di reperimento, lo staff di esperti del Rti ha proceduto in autonomia, ricercando con una tecnica a valanga progetti da candidare per poi sottoporli alle Adg per approvazione. Lo scambio con le Adg è stato finalizzato principalmente a: rilevare informazioni di tipo descrittivo circa le azioni programmate, non desumibili attraverso l analisi dei documenti; rilevare informazioni integrative in riferimento agli orientamenti strategici adottati; rilevare un giudizio circa le azioni ritenute maggiormente significative in termini di innovazione e quelle ritenute strategiche in termini di trasferibilità e diffusione. In tutti i casi gli attuatori, dopo una prima analisi della documentazione illustrativa dei progetti segnalati, sono stati accompagnati nell inserimento delle schede nel sito del progetto. In via generale, a ciascuno degli stakeholder è stato chiesto di segnalare dei progetti realizzati con il Fse nel periodo tenendo conto, per quanto possibile, della rappresentatività delle diverse politiche/misure messe in atto per i differenti target e delle diverse tipologie di azione (azioni di sistema, azioni rivolte alle persone, azioni di accompagnamento). Un ulteriore modalità di raccolta delle pratiche è stata quella dell autocandidatura da parte dei soggetti attuatori, opportunamente sensibilizzati dal team di progetto (Rti) e/o dalle amministrazioni responsabili. Per l autocandidatura è stata prevista una specifica sezione del sito che accompagnava i soggetti nell inserimento on line dei progetti. Sul versante dell informatizzazione delle pratiche, il sistema informativo è stato progettato in modo tale che l inserimento di una pratica sia consentito solo agli utenti registrati: per richiedere l accesso è necessario inserire sul sito dedicato nell apposita maschera nome e cognome, ente di appartenenza e indirizzo e- mail e il sistema provvede a inviare per login e password. Una volta registrato è possibile per l utente effettuare l accesso al sito, segnalare un progetto e procedere all inserimento dei dati a esso relativi. I dati inseriti, successivamente, sono valutati dallo staff di progetto e verificati con l Autorità di gestione. Verifica e validazione delle informazioni raccolte e inserimento nel sistema informativo Il passo successivo è stato quello dallo screening delle pratiche pervenute, al fine di operare un controllo di coerenza e completezza delle informazioni inserite. Il team di progetto impegnato nello screening delle pratiche segnalate, ha effettuato la valutazione sulla base dell analisi delle prime due sezioni della scheda sintetica. Lo screening ha permesso di individuare eventuali lacune e carenze rispetto alle informazioni inserite e ha avuto come conseguenza quella di riattivare le attività di contatto con i soggetti attuatori al fine di integrare/correggere le informazioni e quindi di completare la scheda di rilevazione. Le schede complete sono state, quindi, inserite nel sistema informativo. Valutazione delle pratiche raccolte Le pratiche inserite nel sistema informativo sono state valutate dal team di progetto, con il supporto del sistema informativo, in base alla presenza/assenza degli indicatori previsti nella terza sezione della scheda, in base ai criteri di: adeguatezza e completezza del quadro logico progettuale e attuativo, rilevanza del tema di policy trattato, disponibilità e chiarezza delle informazioni, sostenibilità, innovatività, riproducibilità, trasferibilità e mainstreaming. ialogo con amministrazioni responsabili dei progetti scelti ome già anticipato, l elenco delle pratiche valutate dal Rti ha richiesto un ulteriore passaggio con le amministrazioni responsabili. iò al fine di verificare che il disegno strategico emergente dal quadro di buone pratiche proveniente da un determinato contesto fosse realmente coerente con le politiche perseguite, con i risultati effettivamente conseguiti e con impatti significativi prodotti sul sistema relativo a quel contesto (soprattutto in considerazione del fatto che l inserimento poteva essere avvenuto attraverso autocandidature). A tale scopo, sono state contattate le amministrazioni responsabili le quali, entro un intervallo temporale definito a priori, hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio parere favorevole o contrario rispetto alla singola pratica candidata quale buona pratica, fornendo ai valutatori del Rti informazioni supplementari, coerentemente con l approccio dell integrazione fra livello locale e centrale. Il dialogo con i referenti nazionali e territoriali dei progetti candidati al atalogo è avvenuto in modo continuo durante tutto l iter di individuazione, valutazione e pubblicazione. Validazione con Ministero del lavoro e inserimento nel atalogo Le pratiche valutate, validate dalle amministrazione responsabili, sono state proposte ai referenti della irezione generale politiche per l orientamento e la formazione del Ministero del lavoro per l inserimento nel atalogo attraverso la presentazione di cartelline elettroniche, contenenti tutte le informazioni raccolte e i punteggi conseguiti. È stato istituito ad hoc un omitato di mainstreaming che ha supervisionato il lavoro del 12

14 atalogo dando un contributo all impostazione metodologica e al lavoro di validazione complessiva della attività. La verifica del Ministero del lavoro con il team di progetto è stata tesa a individuare l eventuale necessità di ulteriori approfondimenti per alcune pratiche prima dell inserimento in atalogo. opo l approvazione del Ministero secondo un criterio di silenzioassenso trascorso un periodo di tempo prestabilito le pratiche sono inserite nel atalogo e consultabili on line sul sito di progetto da tutti gli utenti. Applicazione del sistema di rating ai progetti I progetti inseriti nel atalogo sono stati valutati applicando uno specifico sistema di rating, al fine di individuare un nucleo di pratiche particolarmente significative alla luce delle politiche e delle priorità definite nel onsiglio di Lisbona, nei nuovi Regolamenti comunitari per il periodo di programmazione dei Fondi strutturali e nel Quadro strategico nazionale. iò risponde alla necessità di tener conto dell attuale fase di transizione dalla vecchia alla nuova programmazione valorizzando le esperienze passate soprattutto nella prospettiva del migliore impiego delle risorse per il futuro. Il atalogo, infatti, si configura non solo come uno strumento di raccolta e diffusione delle buone pratiche realizzate nel periodo di programmazione in chiusura, ma soprattutto un utile riferimento per governare il cambiamento e incidere sull attuazione della programmazione Il sistema di rating si basa su una riarticolazione e ponderazione degli indicatori presenti nella terza sezione della scheda in base alle priorità strategiche definite nei nuovi documenti programmatori. Attraverso l applicazione del sistema di rating vengono individuati i progetti con il rating più elevato, da inserire in una speciale sezione del sito che funge da vetrina dell intero atalogo. Validazione con il Ministero del lavoro e rilascio delle buone pratiche vetrina Le buone pratiche individuate sono state pubblicate durante tutta la durata del progetto. In periodi predefiniti (con cadenza mensile) sono stati selezionati i migliori progetti pubblicati fino a quel momento e ne è stata data maggiore visibilità inserendoli nella home page del atalogo on line. L individuazione di questi progetti vetrina, al di là del rating elevato, risponde a criteri di rappresentatività delle diverse programmazioni prese a riferimento, nonché di ambito di intervento/tipologia di policy. Il passaggio formale di validazione con il Ministero ha consentito di rafforzare la condivisione di tutto il processo valutativo. Incontri periodici di restituzione agli stakeholder e presentazione dei risultati agli operatori del settore L attività trasversale di restituzione agli stakeholder, affiancata al confronto con le Autorità di gestione nazionali e territoriali, ha avuto come obiettivo la restituzione dei risultati della raccolta. A tal fine sono stati organizzati tre workshop nelle città di Roma, Bologna e Milano. Tali eventi sono stati l occasione per diffondere l iniziativa, illustrare la metodologia e l avanzamento delle attività, mettendo in evidenza potenzialità e utilità del atalogo. urante gli incontri si è dato ampio spazio agli attuatori di progetti particolarmente significativi, che hanno avuto l opportunità di testimoniare quanto realizzato. Questa metodologia ha dato modo ai partecipanti di confrontarsi, dialogare e mettere in comune il patrimonio di esperienze ed eventuali criticità di ciascun progetto. L attività del atalogo prevede, inoltre, la realizzazione di un convegno nazionale a conclusione delle attività di raccolta e valutazione dei migliori progetti finanziati dal Fse e la pubblicazione di volumi cartacei specifici, anche in lingua inglese, per favorire la diffusione dell esperienza nazionale nel contesto europeo. 3. L esperienza europea in materia di buone pratiche Nell ambito delle iniziative rientranti nel Fondo sociale europeo (così come dei Programmi qual e Leonardo da Vinci) è, ormai, acquisita l attitudine a valutare e valorizzare le esperienze passate (o ancora in corso) e con essa, la consapevolezza dell importanza strategica che può assumere l identificazione, la raccolta e la messa in evidenza di buone pratiche. Tutto il complesso ed esteso processo di discussione, decisione, coordinamento e apprendimento che accompagna i programmi comunitari fa costantemente riferimento, in termini formali o non formali, alle esperienze passate e a quelle in corso. Queste vengono selezionate, descritte, divulgate a scopo di valutazione, esemplificazione o dimostrazione. Tale approccio si inserisce nel contesto dell open method of coordination, che viene indicato all interno della Strategia europea per l occupazione come criterio strategico fondamentale per la definizione delle politiche, ed è fondato su cinque principi chiave: sussidiarietà, convergenza, apprendimento reciproco, approccio integrato e gestione per obiettivi. Nell ambito dell apprendimento reciproco, l elemento centrale è rappresentato proprio dallo scambio di buone pratiche ed esperienze, in quanto si ritiene che un paese possa trarre insegnamento dall esperienza di altri paesi, che hanno già affrontato problemi simili 1 1 Inoltre, nell ambito della gestione per obiettivi, viene indicata la necessità che gli interventi siano orientati su determinati target e benchmark al fine di consentire il successo della strategia. L individuazione di questi target e benchmark è effettuata dalla ommissione in accordo con gli Stati membri, al cui fine è necessario definire anche quali pratiche vengano considerate come buone o ottime. 13

15 L attenzione verso la valorizzazione delle buone pratiche procede di pari passo con la crescente importanza del tema della valutazione. L adozione di un modello di intervento tramite misure di politica attiva in campo occupazionale e sociale certamente ambizioso negli obiettivi che si prefigge, ma al quale è connaturata un incertezza degli effetti di volta in volta conseguiti impone un grande sforzo di verifica dei risultati, di ricerca dei fattori di successo come di quelli di insuccesso. I programmi comunitari sono caratterizzati da guidelines stabilite in modo coordinato a livello comunitario, da canali di finanziamento provenienti almeno in parte dal centro, e dalla realizzazione di interventi e risultati a livello decentrato. In un contesto istituzionale così schematizzabile, la raccolta e la diffusione delle buone pratiche servono a suggerire lo sviluppo delle guidelines sulla base delle esperienze realizzate e a riprogrammare a livello nazionale e comunitario i vari cicli di interventi. A ciò fa seguito la progettazione e realizzazione di nuove misure a livello decentrato (con un apprendimento che procede dall esperienza al programma e ridiscende di nuovo all esperienza), facilitando lo scambio tra il gran numero di centri e attori locali interessati e un apprendimento per linee orizzontali. ntro questo scenario le raccolte di buone pratiche danno luogo, di fatto, a prodotti tra loro assai differenziati, tra i quali cataloghi veri e propri (intesi come un prodotto finito e offerti a un vasto pubblico), raccolte indirizzate agli operatori locali, raccolte finalizzate allo studio di casi specifici (come materiale di ricerca su linee di intervento specifiche), progetti pilota e raccolte di pratiche promettenti. Il ventaglio degli strumenti di raccolta, scambio, diffusione e valorizzazione delle buone pratiche si estende ulteriormente fino a comprendere altre modalità quali seminari, incontri, scambi informali, eventi organizzati (come convegni e mostre) per la valorizzazione di risultati innovativi. Per finire, questo continuum di prodotti arriva fino a raccolte, database e repertori di progetti selezionati come esempi o semplici liste di progetti comprendenti tutti o sottoinsiemi dei progetti finanziati, nei quali il riferimento alle buone pratiche diviene debole o del tutto inesistente. In questo contesto eterogeneo i cataloghi rappresentano, quindi, solo uno dei prodotti generati da raccolte di buone pratiche, quello forse più esigente sotto il profilo dell impianto metodologico e delle informazioni richieste per la loro realizzazione. Un catalogo, infatti, presuppone un esame e una selezione sistematica di tutte (o quasi) le esperienze realizzate. iò richiede la disponibilità di informazioni capillari e sufficientemente standardizzate e la definizione di filtri di selezione affidabili e verificati. Il primo punto che è necessario chiarire riguarda la finalizzazione e i destinatari della raccolta di buone pratiche. Se, come nel caso di un catalogo, la raccolta serve a rendere accessibili a un vasto pubblico di soggetti interessati un repertorio di idee ed esperienze, il prodotto dovrà caratterizzarsi per un elevata accessibilità e fruibilità, i contenuti dovranno essere capaci di evidenziare in particolare i fattori di successo e gli elementi innovativi e non possono limitarsi a una rendicontazione di carattere meramente amministrativo e descrittivo. È quindi necessario stabilire cosa si intende per buone pratiche. A questo proposito esiste, a livello europeo, una molteplicità di definizioni quali: buone pratiche, migliori pratiche, pratiche promettenti, casi di successo, ecc. Si tratta di termini spesso usati come sinonimi dei quali non sempre si esplicita il significato. Nei casi in cui viene proposta una definizione, la si intende come una pratica soddisfacente rispetto a una griglia di criteri condivisi. È quindi importante la definizione dei criteri di individuazione delle buone pratiche e delle caratteristiche che ciascun progetto deve avere. ai criteri definiti si individuano le informazioni necessarie alla raccolta di buone pratiche. In generale, a criteri più sellettivi corrispondono informazioni più dettagliate e complesse. Tali informazioni, non si limitano a fornire dati, ma contengono elementi di valutazione (per es. riguardo l efficacia, l efficienza, l innovatività). Il requisito informativo, quindi, può scontrarsi con l informazione effettivamente disponibile, che può risultare meno raffinata, capillare e omogenea rispetto a quanto richiesto. Questa difficoltà viene rilevata in molti documenti relativi a raccolte europee di buone pratiche, di livello comunitario e nazionale. L insegnamento che se ne deve trarre è che la raccolta di buone pratiche, pur collocandosi, dal punto di vista temporale, dopo la realizzazione degli interventi, andrebbe prevista e programmata sin dall inizio, contestualmente alla programmazione degli interventi stessi, al fine di rendere possibile una raccolta delle informazioni necessarie. Infine è necessario, sulla base di quanto già detto nei punti precedenti, definire un disegno del prodotto finale, a partire dalla scheda relativa alla singola buona pratica, il suo contenuto informativo e la sua veste grafica. Oltre alle schede il atalogo potrebbe contenere degli strumenti aggiuntivi che aumentino l efficacia e le funzioni che lo stesso è in grado di svolgere (indici ragionati delle schede, casi esemplari esposti con approfondimenti, guide sintetiche per la progettazione e realizzazione di misure in specifici campi di intervento). Assai rilevanti sono anche il supporto (cartaceo, su sito web, -Rom) e la modalità di consultazione del catalogo, da cui derivano l accessibilità e la fruibilità del prodotto stesso. Se il catalogo costituisce un prodotto dinamico, è necessario prevedere le modalità del suo aggiornamento costante. Il processo di raccolta delle buone pratiche tende ad articolarsi in due fasi o, meglio, attraverso due filtri, distinti e complementari, che, per semplicità, possono essere definiti l uno locale e l altro centrale. La logica dell apprendimento mediante lo scambio delle esperienze e il coinvolgimento attivo 14

16 dei vari soggetti interessati a ogni livello trova una sua espressione in strumenti che raccolgano le buone pratiche prodotte a livello locale (cioè nazionale, regionale o locale in senso proprio, a seconda dei casi), mentre il livello nazionale e, più ancora, quello comunitario, svolgono la funzione di centro di coordinamento di tali sforzi. Il filtro locale consiste in un autovalutazione da parte dei responsabili dei vari progetti realizzati, ai quali si chiede di candidare alcuni di tali progetti a entrare nella lista delle buone pratiche. Nelle esperienze più strutturate l autovalutazione viene svolta sulla base di criteri prestabiliti, e deve essere supportata dall illustrazione degli elementi principali della pratica e della sua rispondenza ai criteri stessi. Il passaggio di informazioni tra il livello locale e quello centrale può avvenire in forme diverse, come attraverso questionari, modulistica, incontri, ecc. Il filtro successivo è quello centrale, attraverso il quale le pratiche candidate sono sottoposte a una ulteriore verifica. Questa può essere affidata a team di esperti, a organismi amministrativi o a gruppi misti composti di rappresentanti dei livelli locali e di quello centrale e ha lo scopo di selezionare le buone pratiche da includere nella raccolta finale. Per poter svolgere questa verifica vengono utilizzate in primo luogo le informazioni fornite dal livello locale. A queste possono aggiungersi informazioni aggiuntive reperite tramite visite, analisi di materiali, interviste approfondite, case studies, incontri. Le due fasi, locale e centrale sono da considerare, come si è detto, complementari e non sostitutive. Infatti, la prima si avvale del vantaggio derivante da una conoscenza diretta e sedimentata attraverso l esperienza del contesto socioeconomico locale e di quello istituzionale, oltre che del singolo progetto. Tale conoscenza consente agli attori locali di individuare gli elementi di successo e di valutare la rispondenza tra effetti attesi ed effetti conseguiti, di apprezzare, inoltre, i suoi effetti indiretti e di individuarne gli aspetti innovativi. altro canto, il filtro centrale dovrebbe garantire la rispondenza delle buone pratiche ai requisiti comuni che le identificano. Alcuni di tali requisiti come, ad esempio, la trasferibilità e l efficienza, potrebbero essere difficilmente verificati a livello locale in quanto presuppongono la conoscenza delle diversità dei contesti socioeconomici e istituzionali o richiedono un analisi comparativa tra progetti realizzati in diversi settori o territori. Una selezione delle buone pratiche attraverso il solo filtro centrale dovrebbe affidarsi esclusivamente a indicatori e algoritmi, ma non sarebbe in grado di cogliere quegli elementi qualitativi e forse più sfuggenti a una misurazione oggettiva, che contribuiscono a fare di un iniziativa una pratica di successo. altro canto, in assenza di un filtro centrale, sarebbe difficile assicurare la necessaria omogeneità nella verifica dei criteri di individuazione delle buone pratiche. Inoltre, vi sarebbe il rischio che l interesse degli attori locali ad essere inclusi nella raccolta di buone pratiche prevalga su una valutazione di merito. La raccolta delle buone pratiche presuppone una loro selezione all interno dell insieme dei progetti realizzati. Si è visto come tale operazione venga svolta spesso in assenza di criteri espliciti e di informazioni sufficienti, facendo necessariamente ricorso alla valutazione soggettiva e a criteri impliciti dei responsabili dei progetti e/o di esperti e funzionari addetti incaricati della predisposizione della raccolta. La fissazione di criteri di individuazione e il reperimento e l utilizzo delle informazioni relative ai singoli progetti coerenti con tali criteri rappresentano un elemento indispensabile per giungere a un catalogo di buone pratiche che rappresenti veramente un deposito di esperienze capace di favorire la valorizzazione e l apprendimento. In generale, anche a questo proposito, nel panorama europeo si riscontra la presenza di approcci in parte differenti, dai quali tuttavia è possibile evincere alcuni elementi comuni. In primo luogo, è necessario distinguere criteri di individuazione delle singole buone pratiche e criteri di selezione dell insieme delle buone pratiche che entrano a far parte della raccolta. I primi consistono in un elenco di attributi che caratterizzano un ideale buona pratica e ai quali, almeno in parte, devono attenersi i progetti identificabili come buone pratiche. I secondi, invece, rappresentano criteri aggiuntivi che non riguardano la singola pratica ma l insieme delle buone pratiche. In particolare, l applicazione rigida di una griglia di criteri di individuazione potrebbe portare ad accettare come buone pratiche un insieme poco bilanciato rispetto alla varietà di esperienze effettivamente realizzate e rientranti in un dato programma. Viceversa, è preferibile che una raccolta di buone pratiche rappresenti tale varietà, offrendo riferimenti relativi alle varie tipologie di progetto, alle diverse linee di intervento e ai diversi ambiti territoriali. Va, tuttavia, evidenziato come la preoccupazione per la varietà delle buone pratiche sia cosa diversa da una semplice preoccupazione di tipo politico di inserire nella raccolta quanto viene segnalato come buona pratica dai responsabili locali dei progetti, sospendendo la valutazione sulla base dei criteri di individuazione prestabiliti. Per quanto riguarda la griglia dei criteri di individuazione, si può ritenere che, là dove tali criteri vengono esplicitamente presentati, le esperienze europee confermano sostanzialmente la griglia adottata dal nostro progetto, che fa riferimento all impostazione proposta dall Isfol ( La metodologia Isfol per l individuazione e l analisi delle buone pratiche in ambito Fse, giugno 2004), già implementata e convalidata in altre occasioni di ricerca e raccolta di buone pratiche in Italia (per es. nel Repertorio di buone pratiche relative a Servizi per l impiego e pari opportunità del 2005 al quale ha preso parte anche un componente della Rti). Questo set di criteri risulta, nel complesso, ben bilanciato e 15

17 comprensivo dei principali requisiti che vengono considerati nelle esperienze europee di raccolta di buone pratiche in ambito Fse. Tuttavia, in considerazione del fatto che il progetto di catalogo italiano si estende sull intero campo di interesse del Fondo sociale europeo, tali criteri hanno dovuto essere articolati e specificati in modo più stringente in relazione alle diverse linee di intervento. In particolare, emerge la necessità una più attenta definizione in riferimento ai criteri di efficacia e di sostenibilità. Il criterio dell efficacia richiede che la pratica abbia generato risultati adeguati rispetto agli obiettivi prestabiliti e agli effetti attesi. La rilevazione degli effetti conseguiti rispetto a quelli attesi richiede una misurazione ex-post (a chiusura dell intervento) dei primi e non una semplice coerenza ex-ante tra i due. Tale misurazione, tuttavia, pone problemi di natura informativa e metodologica estremamente ampi, che coinvolgono il tema del monitoraggio e della valutazione di efficacia di un intervento. Nei casi in cui non sia stata realizzata la valutazione ex-post di un progetto, che consiste nella rilevazione di informazioni nelle varie fasi della sua realizzazione e a diversa distanza di tempo dalla sua chiusura, appare pressoché impossibile verificare il requisito dell efficacia se non su base impressionistica e aneddotica. Tale base, tuttavia, è noto che può risultare fuorviante e portare a opinioni ingannevoli. Il criterio dell efficacia andrebbe ulteriormente specificato in riferimento a: effetti diretti (sui beneficiari); effetti indiretti (sul contesto socio-economico) per es. tramite circolazione di idee, motivazioni, informazioni, peer group effects, imitazione, creazione di norme sociali; effetti intermedi (nel corso della realizzazione); effetti finali di breve periodo; effetti finali di lungo periodo; effetti inattesi (positivi o negativi), cioè non rientranti tra gli obiettivi. Gli effetti diretti riguardano i beneficiari e per tale motivo, sono considerati esplicitamente nella gran parte delle rilevazioni di buone pratiche nei diversi paesi in quanto corrispondono il più delle volte all obiettivo esplicito del progetto. Gli effetti indiretti, che riguardano il contesto socio-economico di riferimento, possono rappresentare in alcuni casi il principale risultato di un intervento. Quanto al criterio della sostenibilità, la sua formulazione fornita nel documento metodologico Isfol del 2004 e nel progetto presenta un contenuto assai ampio, suscettibile di essere ulteriormente definito distinguendo i diversi aspetti compresi al suo interno. In tali documenti la sostenibilità assume, da un lato, il significato di compatibilità con le risorse esistenti e di comparazione dei costi della pratica rispetto ad altre iniziative analoghe e dall altro, di capacità di generare nuove risorse. Anche guardando ad altre esperienze europee, sembrerebbe preferibile riferirsi a due distinti criteri a questo proposito. In primo luogo, andrebbe considerato un criterio di efficienza, vale a dire la necessità che la buona pratica presenti un soddisfacente rapporto tra risorse assorbite per la sua realizzazione e risultati conseguiti. È evidente, infatti, che una politica che pure abbia prodotto risultati positivi potrebbe risultare non del tutto soddisfacente, se confrontata con iniziative analoghe che abbiano raggiunto risultati simili con un ammontare di risorse utilizzate minore. Al di là di questo importante requisito di efficienza, un criterio di sostenibilità potrebbe richiedere che la buona pratica sia in grado di continuare a esistere o a produrre effetti anche oltre la durata dell intervento da cui essa scaturisce. Si tratta di un criterio esigente, ma estremamente interessante e che merita di essere considerato come requisito a sé stante. Più precisamente, la sostenibilità potrebbe assumere il significato di capacità di generare risorse ulteriori e/o capacità di generare risultati oltre la durata dell intervento. Secondo questa definizione, affinché una pratica sia sostenibile è necessario che determini situazioni con un favorevole bilancio tra costi e benefici per i soggetti coinvolti (per esempio, i datori di lavoro) così da determinare un atteggiamento favorevole nei suoi confronti e una disponibilità a sostenerne i costi. Per altro verso, la sostenibilità intesa come capacità di generare effetti positivi anche oltre la durata dell intervento richiede che l intervento risulti compatibile con caratteri strutturali del contesto in cui si colloca (organizzazioni e imprese, il mercato locale del lavoro, ecc.) o abbia introdotto elementi (atteggiamenti culturali, forme di coordinamento, ecc.) in grado di incidere su elementi del contesto e quindi di permanere in modo strutturale, così da consentire il protrarsi della pratica in modo autonomo dall iniziale intervento. Si deve aggiungere anche che l attenta considerazione delle risorse impiegate in un progetto dovrebbe tenere conto non solo di quelle finanziarie, a cui si limita normalmente l informazione fornita sulla buona pratica, ma anche di altri aspetti che possono essere decisivi quali fattori di successo di un intervento. In particolare, come evidenziato anche nel citato Repertorio di buone pratiche Servizi per l impiego e pari opportunità, per il quale sono stati utilizzati gli stessi criteri assunti a riferimenti del presente progetto di catalogo, le elevate competenze professionali possono costituire un elemento-chiave per l identificazione delle buone pratiche. Al di là delle risorse finanziarie, in molti progetti le risorse professionali (qualità professionale del personale coinvolto) e le risorse tecnologichelogistiche (tecnologie, software, qualità degli ambienti, loro accoglienza e accessibilità) rappresentano i fattori decisivi per la riuscita dell intervento. 16

18 4. Le pratiche in atalogo: uno sguardo d insieme Il processo di alimentazione del atalogo nazionale delle buone pratiche ha determinato il censimento di oltre progetti all interno dei quali sono state individuate, attraverso uno specifico iter di valutazione, le esperienze poi effettivamente pubblicate. Le caratteristiche dei progetti sono tali da offrire una panoramica esaustiva dell insieme dei programmi, nazionali e regionali, obiettivo 1 e obiettivo 3, nonché delle iniziative comunitarie poste in atto. Le molteplici modalità operative adottate per favorire il processo di raccolta, spesso modulate e personalizzate sulla base delle differenti esigenze e richieste delle Autorità di gestione hanno, peraltro contribuito a determinare la varietà di risultati, in termini di fattori distintivi delle pratiche raccolte (con riferimento, a variabili chiave utilizzate per la classificazione come: policy di riferimento, raccordo con pilastri Seo, ecc.). A tal riguardo, si ritiene utile precisare che la distribuzione delle pratiche sulla base delle variabili chiave, di seguito presentata, è frutto del processo operativo sopra accennato e dunque, stanti le attività di riequilibrio messe in atto, la composizione del atalogo nazionale non assume il principio di rappresentatività statistica (in base alla quantità di risorse finanziarie, ai territori, ecc.), ma quello di costituire lo specchio delle pratiche migliori effettivamente realizzate nel corso del settennio della precedente programmazione, così come interpretate e considerate dalle Adg che ne hanno, nella maggior parte dei casi, proposto la candidatura (con le sole eccezioni delle autocandidature, pur sempre sottoposte al vaglio delle Adg). istribuzione delle pratiche raccolte nel atalogo: i contenitori programmatici (%) Pon Ob.1 18,5% Por Ob.1 7,7% Pon Ob.3 5,0% regionale e nazionale, nell ambito dell area obiettivo 3, i progetti a valere sui Por costituiscono oltre il 52%, mentre nell area dell obiettivo 1 sono i 5 Pon ad aver totalizzato un numero di progetti raccolti pari al 18,5% del totale. I progetti Art. 6 e Leonardo costituiscono, rispettivamente, poco più del 2% del totale. Nella lettura di dette percentuali va, ovviamente, tenuto in considerazione che mentre le programmazioni obiettivo 1 e obiettivo 3 raccolgono molteplici e numerosi contenitori programmatici, le programmazioni Art.6, Leonardo e qual, pur con le loro articolazioni, sono contenitori programmaci singoli e pertanto hanno un peso più contenuto. L attività di raccolta ha riscosso in termini prettamente numerici un successo maggiore nell area dell obiettivo 3 nel suo complesso, anche se nella composizione delle singole programmazioni sia quella nazionale che quelle regionali si riscontrano scostamenti sensibili tra amministrazioni. La medesima osservazione trova conferma anche per l area dell obiettivo 1 e, come anticipato, è da ricondurre ai molteplici aspetti che hanno influito sull attività di raccolta (attuazione o meno del decentramento amministrativo che implica una moltiplicazione dei referenti da intercettare per l individuazione delle pratiche, accessibilità alle banche dati, grado di interesse espresso da parte delle amministrazioni finanziatrici, disponibilità degli attuatori, ecc.). a un punto di vista qualitativo, il atalogo è alimentato da progetti che incidono su diversi aspetti dei sistemi dell istruzione, della formazione e del lavoro. In termini di tipologie di policy, quelle più ricorrenti riguardano, in particolare, la formazione per l accesso al mercato del lavoro (13,6%), il rafforzamento dei sistemi di istruzione e formazione (10,6%), la ricerca, innovazione, competitività (9,4%), senza tuttavia individuare un ambito specifico di incidenza che emerga in modo significativo rispetto agli altri. I progetti, infatti, si distribuiscono su tutte le policy di riferimento, pur con percentuali di incidenza differenziate, come evidenziato dal grafico seguente. Policy di riferimento delle buone pratiche (%) Por Ob.3 52,1% Programma Leonardo 2,1% qual 12,4% Art.6 2,1% La fetta più grande del atalogo, in termini di distribuzione percentuale, è costituita dalle pratiche realizzate nell area obiettivo 3, seguita da quella obiettivo 1 e dall Iniziativa comunitaria qual. Nella distribuzione tra programmazione 17

19 Lo sguardo sulle singole programmazioni consente di rintracciare una sostanziale coerenza tra la polarizzazione delle tipologie di policy dei progetti in atalogo e le strategie di intervento che sottintendono ai differenti programmi operativi. Si riscontra, infatti, che i progetti a valere sui programmi regionali e nazionali dell area obiettivo 1 e sui Por obiettivo 3 sono diretti a sostenere la formazione per l accesso al mercato del lavoro (la scelta di tale tipologia ricorre per il 18,9% sui Pon obiettivo 1, per il 25,3% sui Por obiettivo 1 e il 13,0% sui Por obiettivo 3). Interventi prevalentemente volti al rafforzamento dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro contraddistinguono, invece, le scelte relative al Pon Azioni di sistema obiettivo 3 (20,2%) e il Programma Leonardo (28,6%). Per i progetti a valere su qual, la policy prevalente è relativa alla lotta alla discriminazione e pari opportunità per tutti (15,5%), mentre per la programmazione Art. 6 le buone pratiche prevalgono nell ambito della policy di intervento che riguarda i Servizi per l impiego/orientamento professionale/sostegno incontro domanda-offerta di lavoro (12,8%). Un discorso analogo si rileva rispetto alla riconducibilità dei progetti alla Strategia europea per l occupazione. irca la metà degli interventi selezionati vertono su due dei pilastri della Seo: si tratta del pilastro Occupabilità (22,8%) e di quello volto a promuovere lo sviluppo del capitale umano e l apprendimento lungo l arco della vita (25,1%), ossia i due pilastri verso cui convergono in modo maggiormente significativo anche le tipologie di policy precedentemente descritte. Percentuali più consistenti di progetti che ricadono nel pilastro Occupabilità emergono fra le pratiche selezionate nell ambito dei Por obiettivo 1 e 3 (rispettivamente 29,3%, 23,5%); la promozione dello sviluppo del capitale umano e dell apprendimento lungo l arco della vita incide in maniera più decisa sulle programmazioni Pon obiettivo 1 (44,3%), sul Pon obiettivo 3 (31,0%), Por obiettivo 3 (23,1%) e sul Programma Leonardo (36,4%). Quello dell adattabilità e la promozione dell integrazione delle persone svantaggiate sul mercato del lavoro sono i pilastri sui cui ricadono in percentuale più consistente i progetti rispettivamente dell Art. 6 (16,8%) e del Pon obiettivo 3 (31,0%) da un lato e di qual (24,6%) dall altro. In ultima analisi, un elemento a cui è stata dedicata particolare attenzione è stata la possibilità di ricondurre le pratiche che alimentano il atalogo alla attuale programmazione. Uno degli obiettivi prioritari alla base della filosofia del atalogo era quello di assolvere non solo alla funzione informativa e di diffusione circa le buone pratiche realizzate nella programmazione , ma anche di costituire uno strumento di sostegno e accompagnamento a quella per il periodo Gli interventi relativi ai progetti in atalogo sono stati per la quasi totalità (con l esclusione del 4,5% dei casi) valutati come riconducibili nell ambito della programmazione e in linea con quanto evidenziato in termini di coerenza con il nuovo Asse Occupabilità (26,9%) e apitale umano (28,8%), costituendo un valido riferimento per quanto le Adg si accingono ad implementare. Al loro interno, nello specifico, il miglioramento Incidenza delle buone pratiche sui pilastri SO (%) Adattabilità Affrontare disparità regionali in materia di occupazione Promuovere l invecchiamento attio Incentivi finanziari per l attrattiva del lavoro Imprenditorialità Occupabilità Pari Oportunità Promuovere l integrazione delle persone svantaggiate Promuovere lo sviluppo del capitale umano e l apprendimento Trasformare il lavoro nero in occupazione regolare 18

20 Riconducibilità delle buone pratiche alla programmazione (%) Adattabilità Occupabilità Inclusione sociale apitale umano Transnazionalità e interregionalità Assistenza tecnica apacità istituzionale Pon Non riconducibile alla programmazione dell accesso delle donne all occupazione con la riduzione delle disparità di genere (51,1%) e l aumento della partecipazione alle opportunità formative lungo l arco della vita e l elevamento dei livelli di apprendimento e conoscenza (45,9%) sono gli obiettivi specifici in cui può essere ricondotto il maggior numero di buone pratiche. Ma anche per gli altri Assi, così come per i Programmi operativi nazionali, vi sono progetti che possono costituire elementi di confronto e supporto per gli interventi in programmazione. 5. Il atalogo on line Il atalogo nazionale delle buone pratiche del Fondo sociale europeo e dei Programmi e Iniziative comunitarie realizzate in Italia, disponibile e consultabile liberamente sul sito di progetto raccoglie in una banca dati le esperienze di successo cofinanziate dal Fse nell ambito dei Programmi operativi nazionali e regionali obiettivo 1 e obiettivo 3, dell Iniziativa comunitaria qual, dell Art. 6 del Reg. 1784/99 Azioni Innovative e del Programma comunitario Leonardo da Vinci negli anni di programmazione La banca dati è consultabile attraverso criteri di ricerca adeguati alle peculiari esigenze dei differenti target destinatari del atalogo: Autorità di gestione centrali e regionali, province, parti sociali, enti attuatori, soggetti promotori e cittadini interessati. Il atalogo offre, la possibilità di consultare la banca dati delle esperienze di successo effettuando una ricerca per tipologia di policy e ambito territoriale di riferimento dei progetti, ma anche per programmazione, annualità, strumenti di programmazione presenti, destinatari delle azioni progettuali, fino a scendere ad un maggiore livello di dettaglio attraverso una ricerca per singolo soggetto gestore o titolo della buona pratica. L invio di una newsletter ha aggiornato costantemente sui materiali documentali disponibili, sulle novità del sito e su tutti gli eventi legati al progetto. L attività del atalogo ha previsto, infatti, in questi mesi, un attività di animazione territoriale con l organizzazione di alcuni workshop i cui materiali sono consultabili nella sezione Media kit del sito finalizzati a condividere i primi risultati e favorire lo scambio di esperienze tra gli stakeholders. I temi trattati hanno riguardato le buone pratiche nell ambito dell inclusione sociale, della ricerca e della sicurezza, della piena e buona occupazione e dell innovazione dei sistemi. L attività del atalogo delle buone pratiche passa, infine, attraverso la condivisione di alcuni documenti di carattere tecnico, regolamentare e metodologico che afferiscono al campo di azione del Fondo sociale europeo, nonché di una raccolta bibliografica di documenti riguardanti le buone pratiche, i processi relativi alla loro individuazione, selezione e raccolta e i risultati di analisi. Tale opportunità di condivisione e apprendimento legata alla presenza di materiali relativi al quadro 19

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