Endoscopia potenziata. Classificazione delle lesioni del colon

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1 Endoscopia potenziata. Classificazione delle lesioni del colon Il progresso tecnologico ci ha messo a disposizione strumenti endoscopici in grado di eseguire una vera e propria endoscopia potenziata, capace di performances diagnostiche elevatissime. Le tecnologie in questione sono l endoscopia con zoom o magnificazione, la cromo endoscopia virtuale, l autofluorescenza e l endomicroscopia. Il loro utilizzo nello studio delle lesioni del colon, in mani esperte, ha mostrato un concreto guadagno nella caratterizzazione delle lesioni precoci (diagnosi differenziale fra lesioni neoplastiche e non neoplastiche, previsione d infiltrazione parietale e rischio di metastasi linfonodali). Tale tipo di endoscopia avanzata, tuttavia, necessita di apparecchiature dedicate e di una specifica esperienza dell operatore. Introduzione I recenti progressi tecnologici applicati al campo dell endoscopia digestiva hanno consentito un notevole potenziamento dell immagine che ha permesso, a sua volta, di migliorare lo studio sia di superficie (visione magnificata della mucosa e delle sue lesioni) che di profondità (valutazione della trama vascolare sottomucosa e delle sue anomalie), con il fine ultimo di perfezionare l identificazione e la caratterizzazione delle lesioni neoplastiche precoci dell apparato digerente. Le tecnologie in questione, che consentono di migliorare la visione endoscopica standard aumentando il contrasto tra una lesione e la mucosa circostante o enfatizzando la microvascolarizzazione sottomucosa, comprendono l ormai consolidata cromoendoscopia con zoom o magnificazione, la cromoendoscopia virtuale o computed virtual chromoendoscopy, l autofluorescenza e l endomicroscopia; inoltre, esistono sistemi che combinano più tecnologie fra di loro come l Endoscopic Trimodal Imaging. Luca Magno Simona Ruggiero Ferdinando Fusco Tiziana Rappa Giuseppe Galloro RL Facoltà di Medicina e Chirurgia Dipartimento Universitario di Chirurgia Generale, Geriatrica, Oncologica e Tecnologie Avanzate Dipartimento Assistenziale di Chirurgia Generale, Geriatrica ed Endoscopia Diagnostica ed Operatoria Servizio Centralizzato di Endoscopia Digestiva Operatoria Università degli Studi "Federico II" di Napoli La progressiva diffusione di tali apparecchiature ha determinato un crescente interesse degli endoscopisti sull argomento, facendo sì che il numero di pubblicazioni circa l impatto delle nuove tecnologie sullo studio delle neoplasie digestive precoci aumentasse notevolmente. Fra tutti i segmenti del tubo digerente, il colon si è rivelato quello oggetto del maggior numero di studi. Di seguito analizzeremo in modo sintetico la principale produzione, in tema di endoscopia potenziata nello studio delle neoplasie coliche precoci, degli ultimi due anni. Identificazione delle lesioni del colon L endoscopia potenziata richiede apparecchiature più costose di quelle ordinarie ed una specifica esperienza dell operatore che tuttavia non possono prescindere da un accurata esplorazione endoscopica volta ad identificare già con la visione standard (senza ingrandimento di Giorn Ital End Dig 2011;34:

2 alcun genere ed in luce bianca) quelle minime alterazioni mucosali come aree di discromia (pallore focale, eritema), di irregolarità della superficie (rilevate o depresse), convergenze plicali o aree in cui il pattern vascolare della mucosa appare interrotto. In tali casi l operatore deve spingersi in uno studio più approfondito mediante le tecniche di imaging avanzato. La prima domanda alla quale rispondere è la seguente: le metodiche di endoscopia potenziata aumentano il tasso percentuale di identificazione delle lesioni coliche? Sebbene alcuni lavori, su casistiche limitate, suggeriscano un vantaggio nell identificazione di lesioni polipoidi di piccole dimensioni (1), importanti studi prospettici più recenti hanno dimostrato che con le tecniche di magnificazione e cromo endoscopia virtuale non c è un vantaggio nell identificazione di lesioni adenomatose rispetto alla colonscopia standard (2,3,4); tale vantaggio, invece, è stato riscontrato con l utilizzo dell autofluorescenza (5,6). In un lavoro di Matsumoto, condotto su pazienti affetti da poliposi adenomatosa familiare, la cromoendoscopia è risultata superiore alla colonscopia convenzionale, all autofluorescenza e all NBI nell identificazione di lesioni precoci del colon (7). Pertanto si può dire che il principale campo di applicazione delle tecnologie alla base dell endoscopia potenziata, più che l identificazione delle lesioni precoci del colon, sia soprattutto la loro caratterizzazione (diagnosi differenziale fra lesioni neoplastiche e non neoplastiche, presunzione di malignità ed infiltrazione sottomucosa della parete). Per l identificazione delle lesione e la loro classificazione morfologica secondo Parigi, risulta di grande utilità la cromoendoscopia tradizionale con indaco di carminio, preceduta dalla preparazione con mucolisi con n-acetil cisteina. terapia chirurgica (resezione e linfadenectomia). I lavori scientifici dimostrano che le lesioni precoci, non invasive, del colon non presentano metastasi linfonodali e pertanto sono candidabili alla resezione endoscopica con curatività radicale (8-10), mentre le neoplasie infiltranti la sottomucosa si accompagnano a metastasi linfonodali nel 6-12% dei casi (11-12) necessitando, salvo rare eccezioni, di una resezione chirurgica con dissezione linfonodale per un trattamento con intenti curativi (13-14). Alcune recenti evidenze (15) supportano la teoria che anche lesioni neoplastiche con un infiltrazione sottomucosa ma inferiore a m, pari ad un invasione limitata al terzo superiore della sottomucosa, senza interessamento linfatico-vascolare e con un aspetto ben differenziato, non presentino metastasi linfonodali (16). Da ciò si evince che prevedere e stimare l infiltrazione della sottomucosa nella valutazione delle lesioni precoci del colon-retto è di cruciale importanza per l attuazione di una corretta strategia terapeutica. La colonscopia standard non è in grado di dare tali informazione, mentre l endoscopia potenziata può fornire importanti indicazioni che completino il panorama delle conoscenze dell endoscopista. Analizziamo, pertanto, di seguito il ruolo delle varie tecnologie nella classificazione delle lesioni del colon alla luce delle più recenti pubblicazioni scientifiche. Endoscopia zoom e con magnificazione d immagine 32 Luca Magno et al > Endoscopia potenziata Classificazione delle lesioni del colon L esatta classificazione di una lesione del colon (neoplastica/non-neoplastica, invasiva/non-invasiva) ha importanti implicazioni nella scelta della corretta strategia terapeutica, avendo, inoltre, lo scopo di ridurre i costi e minimizzare i rischi di complicanze associate ad una resezione endoscopica. In pratica, si tratta di capire se la lesione oggetto del nostro studio caratterizza una malattia d organo (lesione non neoplastica, neoplastico-adenomatosa o neoplastico-cancerosa ma non infiltrante oltre il primo terzo della sottomucosa e senza contiguità vascolare o linfatica sm1 a V- L-) per la quale la resezione endoscopica è curativa radicalmente o caratterizza una malattia sistemica (lesione neoplasticocancerosa infiltrante e con metastasi linfonodali sm1 a V+ L+, sm2 o sm3) per la quale è necessaria una Questo tipo di endoscopia può essere realizzata con strumenti dedicati, di due differenti tipi: gli endoscopi zoom e quelli a magnificazione. Gli endoscopi zoom hanno la capacità di effettuare un ingrandimento ottico dell immagine fino a 150 volte attraverso l impiego di un sistema di lenti mobili controllate dall operatore e sono dotati di un sistema di messa a fuoco regolabile. Il meccanismo riproduce, in pratica, quanto avviene in un obiettivo fotografico zoom, modificando la distanza focale, o quanto avviene in un microscopio ottico. L ingrandimento avviene quindi prima che l immagine vada ad impressionare i pixel del CCD (Charge Coupled Device) dell endoscopio. Gli endoscopi a magnificazione d immagine, invece, generano un ingrandimento elettronico, partendo dall immagine precedentemente già registrata dal CCD nelle sue dimensioni reali ed ingrandendola successivamente. In conclusione, la tecnologia ottica (zoom) produce immagini a maggior risoluzione, mentre quella elettronica (magnificazione) ha la tendenza a generare

3 immagini più sgranate. Ad ogni modo, quale che sia la tecnologia (ottica o elettronica) che genera le immagini magnificate, queste permettono una dettagliata visualizzazione della microstruttura superficiale della mucosa colica, consentendo lo studio della disposizione spaziale degli orifizi delle cripte ghiandolari (pit pattern). Sebbene i risultati diagnostici endoscopici non sostituiscano la valutazione istologica, sono tuttavia in grado di anticipare la natura istologica della lesione studiata e quindi di orientare l approccio terapeutico. Esiste, infatti, un notevole agreement in mani esperte fra morfologia degli sbocchi delle cripte ghiandolari e caratteristiche istologiche della lesione studiata. La classificazione dei pit pattern universalmente adottata per la caratterizzazione delle lesioni del colon-retto è quella di Kudo (17) sulla cui base è stata proposta da Fujii (18) una classificazione clinica che distingue: pit pattern di tipo I e II, tipici di lesioni non neoplastiche; pit pattern di tipo IIIs, IIIL, IV, tipici di lesioni neoplastiche non invasive; pit pattern di tipo VI e VN, tipici di lesioni neoplastiche invasive. La correlazione esistente tra morfologia dei pit pattern, valutati con magnificazione endoscopica, e reperto istologico è stata inequivocabilmente dimostrata da importantissimi lavori di Kudo e Kato (17,19). Più recentemente, i lavori di Matsuda (20) hanno dimostrato la capacità della metodica di predire l infiltrazione sottomucosa dei cancri precoci colorettali. La letteratura dell ultimo biennio presenta alcuni studi di confronto con le metodiche più recenti che vedremo successivamente. È il caso di ricordare che questo tipo di endoscopia richiede una preparazione della mucosa e delle lesioni da studiare che vanno, appunto, preparate con i seguenti passaggi, propedeutici alla visione ingrandita (sia zoom che magnifying): lavaggio con acqua e simeticone; mucolisi con n-acetil cisteina (per allontanare il muco); colorazione. I coloranti utilizzati nel colon-retto sono l indaco carminio 0,4% ed il cristal violetto; il primo è un colorante di contrasto (vale a dire né reattivo né vitale) il quale, stratificandosi sulla mucosa colica, ne mette in risalto la microarchitettura e consente la visualizzazione del pit pattern. Il secondo, invece, è un colorante vitale captato dagli organuli del Golgi delle cellule delle ghiandole del Lieberkuhn. Essendo captato in maniera maggiore dalle cellule in attiva sintesi proteica, può essere considerato un grossolano parametro dell indice mitotico cellulare ed il suo impiego è riservato alle aree di sospetta infiltrazione neoplastica sottomucosa (20). Computed virtual chromoendoscopy La Computed Virtual Chromoendoscopy (CVC) è una metodica di imaging endoscopico real-time, on-demand che, modificando le caratteristiche spettroscopiche del sistema di video endoscopia utilizzato, consente di migliorare la visualizzazione del network vascolare sottomucoso e della trama mucosale superficiale (21). Attualmente, abbiamo a disposizione tre sistemi di CVC: l Olympus Narrow Band Imaging (NBI) basato sull applicazione di filtri ottici alla luce emessa dalla fonte luminosa, il Fujinon Intelligent Color Enhancemente (FI- CE) ed il Pentax iscan. Questi ultimi due sono basati sull uso di filtri elettronici alla luce rifratta dalla mucosa. Diversi lavori hanno dimostrato la capacità della CVC nel differenziare una lesione neoplastica da una non neoplastica (polipo iperplastico) valutandone il pit pattern secondo Kudo, con una sensibilità e specificità compresa tra il 72% e il 94% (22-24); inoltre alcuni studi retrospettivi (condotti utilizzando il sistema NBI) hanno riportato l utilità della valutazione della microvascolarizzazione superficiale (25,26). Il primo studio prospettico, sull efficacia dell osservazione del pattern microvascolare (meshed capillary pattern) mediante NBI e magnificazione per la diagnosi differenziale di polipi sessili e lesioni non polipoidi piatte di calibro inferiore ai 10 mm, è stato condotto da Sano. Tale studio ha dimostrato alte percentuali di accuratezza diagnostica (95.3%), sensibilità (96.4%) e specificità (92.3%) nella distinzione tra lesioni neoplastiche e non neoplastiche del colon (27). Gli autori inoltre considerano la metodica di facile riproducibilità, più semplice e di più rapida esecuzione rispetto alla cromoendoscopia convenzionale. In un altro interessante lavoro, gli stessi autori hanno anche dimostrato l efficacia della classificazione del pattern capillare nel differenziare polipi adenomatosi con displasia di basso grado da adenomi con displasia di alto grado e neoplasie colorettali precoci (28). Analoghi risultati, nella diagnosi differenziale fra lesioni neoplastiche e non neoplastiche, sono stati riportati da studi condotti in paesi occidentali utilizzando l NBI e la magnificazione, combinando la valutazione del pattern vascolare e quella del pattern mucoso secondo Kudo, con una sensibilità ed un accuratezza significativamente superiore a quelle mostrate dall endoscopia ad alta definizione (29-31). Giorn Ital End Dig 2011;34:

4 fig. 1: classificazione del pattern vascolare secondo Sano ed Emura Pattern capillare Tipo I Tipo II Tipo III A Tipo III B Aspetto endoscopico Aspetto dei capillari Trama capillare regolare Assenza di capillari "intrecciati" Presenza di capillari "intrecciati" i vasi circondano gli orifizi delle cripte ghiandolari Presenza di capillari "intrecciati" caratterizzati da fondo cieco, ramificazione e potatura irregolare Presenza di anarchia vascolare Alta densità capillare Presenza di aree avascolari e di aree a scarsa capillarizzazione Modificata da: Sano Y, Emura F, Ikemats H. Narrow-band Imaging. In: Waye JD, Rex DK, Williams CB, editors. Colonscopy principles and practice, 2nd ed. Wiley-Blackwell: Hoboken, NJ; p fig. 2: classificazione di Kanao Tipo A Tipo B Tipo C Luca Magno et al > Endoscopia potenziata C1 C2 C3 34

5 Anche gli studi condotti, utilizzando i sistemi FICE (32,33) ed i-scan (34), sulla diagnosi differenziale fra lesioni adenomatose e lesioni iperplastiche riportano elevata accuratezza diagnostica, paragonabile a quella dell NBI e della cromoendoscopia con magnificazione. Il vantaggio della CVC consiste in una più semplice e rapida valutazione, dal momento che non richiede l utilizzo di coloranti ma solo la pressione di un pulsante che attiva o disattiva la funzione. Un interessante lavoro olandese ha analizzato un gruppo di pazienti affetti da hyperplastic polyposis syndrome, una condizione caratterizzata dalla presenza di multiple (più di 30) lesioni polipoidi iperplastiche associate ad adenomi serrati, ed ha evidenziato l incapacità dell NBI (accuratezza diagnostica del 52%) nella diagnosi differenziale tra i due tipi di lesione (35). La diagnosi di adenoma serrato resta pertanto prettamente istologica. Un ulteriore indirizzo di studio della CVC è quello che valuta la capacità di predizione dell infiltrazione sottomucosa di lesioni neoplastiche precoci. In uno studio condotto su 130 pazienti con neoplasie colorettali precoci, Ikematsu (36), utilizzando la classificazione del pattern vascolare di Sano-Emura (vedi figura 1), ha evidenziato che 86 su 91 lesioni (94.5%) con pattern CP IIIA erano adenomi, neoplasie mucose o modicamente infiltranti (psm1) e 28 su 39 lesioni (72%) con pattern CP IIIB erano cancri ampiamente infiltranti (psm2-3) con valori di sensibilità, specificità ed accuratezza diagnostica dei pattern IIIA/IIIB nel differenziare lesioni precoci da lesioni ampiamente infiltranti rispettivamente dell 84.8%, 88.7% and 87.7%. Gli autori pertanto suggeriscono che per lesioni con pattern IIIA è raccomandato il trattamento endoscopico, mentre per lesioni con pattern IIIB è necessario eseguire anche la valutazione del pit pattern secondo Kudo mediante cromoendoscopia con magnificazione o la valutazione con eco endoscopia. A differenza della classificazione dei pit pattern di Kudo, universalmente accettata, per la valutazione del pattern vascolare sono state pubblicate in letteratura molteplici classificazioni. Nella classificazione proposta da Kanao (vedi figura 2) le lesioni con pattern di tipo B e la maggior parte di quelle con pattern di tipo C1 sono neoplasie di tipo mucose (M) o infiltranti solo il primo terzo della sottomucosa (SM1) e sono quindi passibili di trattamento endoscopico radicale. Il pattern di tipo C3, invece, indica una neoplasia ampiamente infiltrante che richiede un trattamento chirurgico (37). Wada propone una seconda classificazione che distingue i pattern vascolari in normal, faint, network, dense, irregular, sparse, associando il tipo faint alle lesioni iperplastiche, i tipi network e dense a lesioni adenomatose, intramucose o lievemente infiltranti ed i pattern irregular e sparse a neoplasie infiltranti (38). Lo stesso autore ha condotto poi uno studio di confronto tra NBI e cromoendoscopia con magnificazione evidenziando una maggiore specificità di quest ultima nella previsione di infiltrazione sottomucosa, suggerendo di associare, nei casi dubbi, la valutazione con NBI a lo studio del pit pattern mucosale secondo Kudo (39). Anche una recente meta-analisi (40) ha confrontato le due metodiche valutandole ugualmente accurate nella caratterizzazione delle lesioni neoplastiche del colon; tuttavia, l articolo pone l accento sulla percentuale di falsi negativi che per entrambe le metodiche è superiore al 5%, giudicandole, pertanto, equivalenti ma inappropriate per sostituire l'istologia. Un recentissimo lavoro ha, invece, paragonato i sistemi FICE e NBI nella caratterizzazione delle lesioni precoci del colon. Su un totale di 235 lesioni colo-rettali, l Autore non ha rilevato differenze statisticamente significative in termini di sensibilità, specificità, valore predittivo positivo e negativo tra le due metodiche, giudicandole simili ed entrambe in grado di caratterizzare le lesioni precoci del colon con una buona correlazione con l istologia (41). Autofluorescenza La tecnica, definita correttamente autofluorescence imaging (AFI), è basata sul fenomeno dell autofluorescenza: quando un tessuto è esposto ad una luce a corta lunghezza d onda (luce blu), questa determina l eccitazione di determinate sostanze biologiche endogene (fluorofori) con conseguente emissione di una luce fluorescente di lunghezza d onda maggiore. In diversi processi patologici (flogosi, neoplasia) cambiano la concentrazione e la distribuzione dei fluorofori endogeni nei tessuti e, di conseguenza, viene alterata la fluorescenza endogena del tessuto. In endoscopia digestiva l immagine autofluorescente viene prodotta adoperando una luce bianca alla quale viene applicato un filtro verde; il sistema riproduce un immagine in cui la mucosa colonica normale appare di colore blu ed una lesione adenomatosa risulta, invece, di colore rosso. La metodica si è rivelata utile per migliorare l identificazione delle lesioni precoci, come dimostrano recenti studi condotti su popolazione normale (5) e su pazienti ad alto rischio (6), e nell identificare aree di displasia in pazienti con rettocolite ulcerosa (42). Non trova invece applicazione nella classificazione delle lesioni del colon. Pertanto il suo utilizzo può essere considerato valido all interno di sistemi multimodali come l Olympus Endoscopic Trimodal Imaging che incorpora in un unica apparecchiatura alta definizione, AFI ed NBI (43,44). Giorn Ital End Dig 2011;34:

6 tab. 1: risultati dello studio delle lesioni precoci del colon con l endoscopia potenziata. Principali lavori scientifici del biennio Autore Referenza bibliografica N lesioni Metodica Adenoma/non adenoma % Invasivo/non invasivo % Sens. Spec. Accur. Sens. Spec. Accur. Pohl J (33) 150 FICE Sano Y (27) 150 NBI Wada Y (38) 617 NBI Rastogi A (31) 236 NBI Henry Z.H (29) 126 NBI Hoffman A (34) 69 i-scan Xie XJ (46) 115 CLE Sanduleanu S (45) 116 CLE Wada Y (39) 1473 NBI Ikematsu H (36) 130 NBI Fukuzawa M (47) 112 NBI Yoshida N (41) 235 NBI FICE Luca Magno et al > Endoscopia potenziata Endoscopia confocale LASER L endomicroscopia confocale laser (CLE) è una promettente tecnica endoscopica che permette l identificazione in vivo delle microstrutture cellulari e subcellulari e consente, quindi, una diagnosi istologica in tempo reale. Due recenti pubblicazioni hanno valutato l utilizzo della metodica nella classificazione delle lesioni del colon, in particolare nella diagnosi differenziale tra polipo iperplastico ed adenoma, e nel grading della displasia (basso ed alto grado). Nel lavoro di Sanduleanu (45), somministrando per endovena fluoresceina 10% in combinazione con l applicazione topica di acriflavina idrocloride 0.05%, la valutazione istologica in vivo ha predetto la risposta anatomopatologica ex vivo con una sensibilità del 97.3%, una specificità del 92.8% ed un accuratezza complessiva del 95.7% ed in particolare ha discriminato la displasia di alto grado da quella di basso grado con un accuratezza del 96.7%. Analoghi risultati sono stati riportati da Xie (46) con la sola somministrazione di fluoresceina, utilizzando come criterio diagnostico principale la deplezione delle goblet cell insieme all architettura villosa e ad alterazioni microvaculari. Conclusioni L analisi delle più recenti pubblicazioni scientifiche (vedi tabella 1) dimostra che l endoscopia potenziata è efficace nel caratterizzare le lesioni precoci del colon, con particolare riferimento alla diagnosi differenziale fra lesioni neoplastiche e non neoplastiche, e nell indicare la corretta strategia terapeutica. Tale tipo di endoscopia avanzata, tuttavia, necessita di apparecchiature dedicate e di una specifica esperienza dell operatore; occorre inoltre considerare che i dati in letteratura si riferiscono ad importanti centri di riferimento e bisognerà, pertanto, valutare nella pratica clinica quotidiana la riproducibilità dei risultati pubblicati.

7 Corrispondenza Giuseppe Galloro Università degli Studi "Federico II" Facoltà di Medicina e Chirurgia Servizio Centralizzato di Endoscopia Digestiva Operatoria Via S. Pansini, Napoli Edificio 6, piano terra Tel Fax giuseppe.galloro@unina.it Bibliografia 1. Cha JM, Lee JI, Joo KR et al. A prospective randomized study on computed virtual chromoendoscopy versus conventional colonoscopy for the detection of small colorectal adenomas. Dig Dis Sci 2010 Aug;55(8): Adler A, Aschenbeck J, Yenerim T et al. Narrow-band versus white-light high definition television endoscopic imaging for screening colonoscopy: a prospective randomized trial. Gastroenterology 2009 Feb;136(2): Aminalai A, Rösch T, Aschenbeck J et al. Live Image Processing Does Not Increase Adenoma Detection Rate During Colonoscopy: A Randomized Comparison Between FICE and Conventional Imaging (Berlin Colonoscopy Project 5, BECOP-5). Am J Gastroenterol 2010;105: Chung SJ, Kim D, Song JH et al. 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