La procreazione medicalmente assistita

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1 Capitolo 11 La procreazione medicalmente assistita Sommario 11.1 Incostituzionalità del divieto di fecondazione artificiale eterologa La maternità surrogata è vietata? Secondo Cass /2014 si, ma in realtà no La Corte costituzionale apre le porte alla fecondazione eterologa e i tribunali dettano le regole applicative Incostituzionalità del divieto di fecondazione artificiale eterologa Le tecniche riproduttive sperimentate negli ultimi anni sono classificabili in due tipologie: fecondazione artificiale omologa, nella quale vengono utilizzati gli spermatozoi e l ovulo dell uomo e della donna che costituiscono una coppia; fecondazione artificiale eterologa, quando uno dei semi (spermatozoo o ovulo) è prelevato da un soggetto estraneo alla coppia (terzo donatore). La procreazione medicalmente assistita coinvolge una molteplicità di interessi. Occorre, pertanto, un bilanciamento tra di essi che assicuri un livello minimo di tutela legislativa, considerando che la «tutela dell embrione non è comunque assoluta ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione» (1). Il divieto di fecondazione eterologa introdotto per la prima volta dall art. 4, co. 3, l. 40/2004, poiché prima di tale momento l applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa era lecita e ammessa senza limiti né soggettivi né oggettivi impedendo alla coppia sterile di utilizzare la tecnica di p.m.a. eterologa, era (1) Corte cost. 151 del 2009.

2 Parte I: La responsabilità del medico privo di adeguato fondamento costituzionale, ed infatti è stato demolito dalla Corte costituzionale (2), sulla scorta di numerosi argomenti. Anzitutto, la scelta della coppia di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale libertà di autodeterminarsi, riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 Cost. La determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, riguardando la sfera più intima e intangibile della persona, è incoercibile, poiché non viola altri valori costituzionali, anche quando sia esercitata mediante la tecnica di p.m.a. di tipo eterologo, perché anch essa attiene a questa sfera. Va anche osservato che la Costituzione non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli, ma il progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli, anche indipendentemente dal dato genetico, è favorevolmente considerato dall ordinamento giuridico, come dimostra la regolamentazione dell istituto dell adozione, che costituisce, per così dire, una sorta di doppia fecondazione eterologa (di padre e di madre) (3). La considerazione che quest ultimo mira prevalentemente a garantire una famiglia ai minori rende evidente che il dato della provenienza genetica non costituisce un requisito imprescindibile della famiglia stessa. La libertà di diventare genitori e di formare una famiglia non può esplicarsi senza limiti. Tuttavia, questi limiti non possono consistere in un divieto assoluto. La disciplina in esame incide, inoltre, sul diritto alla salute, che, secondo la costante giurisprudenza della Corte Cost., va inteso nel significato, proprio dell art. 32 Cost., comprensivo anche della salute psichica, oltre che fisica, la cui tutela deve essere di grado pari a quello della salute fisica. Peraltro, questa nozione corrisponde a quella sancita dall organizzazione mondiale della sanità, secondo la quale «il possesso del migliore stato di sanità possibile costituisce un diritto fondamentale di ogni essere umano» (atto di costituzione dell Oms, firmato a New York il 22 luglio 1946). In relazione a questo profilo non sono determinanti le differenze tra p.m.a. di tipo omologo ed eterologo, benché soltanto la prima renda possibile la nascita di un figlio geneticamente riconducibile ad entrambi i componenti della coppia: anche tenendo conto delle diversità che caratterizzano dette tecniche, è certo che l impossibilità di formare una famiglia con figli insieme al proprio partner, mediante il ricorso alla p.m.a. di tipo eterologo, possa incidere negativamente sulla salute della coppia. In coerenza con questa nozione di diritto alla salute, deve essere ribadito che gli atti dispositivi del proprio corpo devono ritenersi leciti quando sono (2) Corte cost , n. 162 (3) D AMICO, La fecondazione «eterologa» ritorna davanti alla Corte costituzionale, in Corr. giur., 2013,

3 Capitolo 11: La procreazione medicalmente assistita rivolti alla tutela della salute, sempre che non siano lesi altri interessi costituzionali. La sentenza presenta ulteriori profili di ampio respiro giuridico e culturale, quali il risalto dato alla scienza medica quale limite alla stessa discrezionalità del legislatore: laddove non vi siano altri valori di pari dignità costituzionale da tutelare, il legislatore non può più vietare a chi è affetto da patologie l accesso a tutti i rimedi che la scienza è ormai in grado di approntare, senza preoccupazioni etiche che dovrebbero essere estranee al campo della legislazione, dove semmai rileva laicamente la ricerca di un equilibrio, talora difficile, tra valori potenzialmente confliggenti. Pertanto, le scelte del legislatore sono legittime soltanto se, all interno del procedimento legislativo, è stata effettuata un attività di raccolta, analisi e valutazione delle conoscenze tecnico-scientifiche disponibili (4). Al riguardo può richiamarsi quella pronuncia della Corte costituzionale (5) secondo la quale un intervento sul merito delle scelte terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza non potrebbe nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica dello stesso legislatore, bensì dovrebbe prevedere l elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sovranazionali a ciò deputati. La regolamentazione degli effetti della p.m.a. di tipo eterologo praticata al di fuori del nostro paese pone, infine, in evidenza un ulteriore elemento di irrazionalità della censurata disciplina. Questa realizza, infatti, un ingiustificato, diverso trattamento delle coppie affette dalla più grave patologia, in base alla capacità economica delle stesse, che diventa un requisito per l esercizio di un diritto fondamentale, negato solo a quelle prive delle risorse finanziarie necessarie per potere fare ricorso a tale tecnica recandosi in altri paesi. Ed è questo non un mero inconveniente di fatto, bensì il diretto effetto delle disposizioni in esame, conseguente a un bilanciamento degli interessi manifestamente irragionevole Per questi motivi, la Corte costituzionale (6) ha dichiarato l illegittimità costituzionale dell art. 4, co. 3, l. 40/2004 nella parte in cui stabilisce il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute e irreversibili. Sul piano della disciplina applicabile alla p.m.a. eterologa, la Corte costituzionale ha negato che la dichiarazione di incostituzionalità del divieto della p.m.a. eterologa comporti un vuoto normativo, in quanto la p.m.a. eterologa non è altro che una species della p.m.a. e le norme previste, in via generale, dalla l. 40/2004 per quest ultima non potranno che applicarsi anche a quella eterologa (quanto, ad es., (4) RAPISARDA, Il divieto di fecondazione eterologa: la parola definitiva alla Consulta, in Nuova giur. civ., 2013, I, 912 (5) Corte cost , n (6) Corte cost , n

4 Parte I: La responsabilità del medico ai requisiti soggettivi, alla gradualità, al consenso), ferma l opportunità di aggiornare le linee-guida. Ne discende che i centri abilitati potranno immediatamente procedere alle pratiche di p.m.a. eterologa senza dover attendere l intervento di ulteriori disposizioni La rilevanza deontologica delle pratiche di PMA. Il nuovo Codice di deontologia medica del 2014 prevede, all art. 44, che le indicazioni e le correlate procedure diagnostiche e i trattamenti terapeutici relativi alla PMA sono di esclusiva competenza del medico, che opera in autonomia e responsabilità e nel rispetto dell ordinamento. In particolare, il medico deve: a) prospettare alla coppia le opportune soluzioni fondate su accreditate acquisizioni scientifiche; b) informare sulle possibilità di successo nei confronti dell infertilità, sui rischi per la salute della donna e del nascituro e sulle adeguate e possibili misure di prevenzione. È vietata ogni pratica di procreazione medicalmente assistita a fini di selezione etnica o genetica; così come non è consentita la produzione di embrioni ai soli fini di ricerca e ogni sfruttamento commerciale, pubblicitario, industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o fetali. Sono fatte salve le norme in materia di obiezione di coscienza, che non esonera il medico dagli obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti della coppia La maternità surrogata è vietata? Secondo Cass /2014 si, ma in realtà no Nella trama della sentenza n. 162/2014 della Corte costituzionale, richiamata nel paragrafo precedente, sono individuabili delle aperture alla maternità surrogata, laddove afferma che il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia stessa. D altronde, la stessa maternità surrogata può essere considerata una forma, sia pure estrema, di p.m.a. La Corte europea In termini sostanzialmente favorevoli alla maternità surrogata si è pronunciata anche la Corte europea dei diritti dell uomo (7). (7) Corte europea dir. uomo , Mennesson c. France. 226

5 Capitolo 11: La procreazione medicalmente assistita La Cassazione, tuttavia, ha chiuso ogni spiraglio: con una recente pronuncia (8) ha osservato che l ordinamento contiene, all art. 12, co. 6, l. 40/2004, un chiaro divieto di surrogazione di maternità, divieto non travolto dalla declaratoria di illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa di cui all art. 4, co. 3, della medesima legge. Il divieto di pratiche di surrogazione di maternità è, secondo la Cassazione, un divieto di ordine pubblico, come conferma la previsione della sanzione penale, di regola posta a presidio di beni giuridici fondamentali. In particolare, vengono in rilievo la dignità umana costituzionalmente tutelata della gestante e l istituto dell adozione, con il quale la surrogazione di maternità si pone oggettivamente in conflitto perché soltanto a tale istituto l ordinamento affida la realizzazione di progetti di genitorialità priva di legami biologici con il nato. L interesse del minore si realizza soltanto attribuendo la maternità a colei che partorisce e affidando all istituto dell adozione, realizzata con le garanzie proprie del procedimento giurisdizionale, piuttosto che al semplice accordo della parti, la realizzazione di una genitorialità disgiunta dal legame biologico. Si tratta, secondo la Cassazione, di una valutazione insindacabile del legislatore, che non lascia al giudice alcuna discrezionalità da esercitare in relazione al caso concreto. Secondo la Cassazione, inoltre, la Corte europea dei diritti dell uomo, con le sentenze gemelle emesse nel 2014 (9), non avrebbe affermato il diritto del nato mediante surrogazione di maternità di essere riconosciuto come figlio legittimo della coppia committente ma, piuttosto, avrebbe riconosciuto un ampio margine di apprezzamento discrezionale ai singoli Stati sul tema della maternità surrogata, in considerazione dei delicati interrogativi di ordine etico posti da tale pratica, disciplinata in maniera diversa nell ambito dei paesi membri del Consiglio d Europa. La Corte europea ha riconosciuto la violazione dell art. 8 Violazione dell art. 8 Cedu della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) in caso di rifiuto da parte delle autorità nazionali di riconoscere valore legale alla relazione tra un padre e i suoi figli biologici nati all estero facendo ricorso a surrogazione di maternità. Le sentenze Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia costituiscono il primo intervento della Corte europea dei diritti dell uomo in un caso di surrogazione di maternità. La Corte europea ha affermato che sul tema della maternità surrogata occorre riconoscere un ampio margine di apprezzamento agli Stati membri, perché è un tema che suscita delicati interrogativi di ordine etico e sul quale manca un consensus normativo tra i diversi Stati europei. Il margine di apprezzamento osserva la Corte si restringe laddove vengono in rilevo questioni legate alla genitorialità e che pertanto riguardano un aspetto (8) Cass , n (9) Corte europea dir. uomo, , Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia. 227

6 Parte I: La responsabilità del medico particolarmente intimo dell identità di un individuo. In questo caso, spetta alla Corte verificare che ci sia stato un giusto bilanciamento tra gli interessi perseguiti dallo Stato e gli interessi dell individuo direttamente coinvolto sotto il profilo della compatibilità con il rispetto dei diritti fondamentali. Nel condurre tale scrutinio la Corte ha distinto il diritto dell uomo e della donna che hanno fatto ricorso alla surrogazione di maternità al rispetto della loro vita familiare dal diritto dei minori nati dalla madre surrogata al rispetto della loro vita privata. Per quanto riguarda la coppia che ha fatto ricorso alla surrogazione di maternità all estero, la Corte ha osservato che la loro vita familiare è influenzata negativamente dal mancato riconoscimento dello status di genitori, poiché devono affrontare difficoltà particolari ogniqualvolta l accesso a un diritto o a un servizio sia subordinato alla prova del rapporto di parentela con il bambino nato da maternità surrogata; difficoltà particolari, poi, si possono verificare anche in caso di morte di un genitore o di separazione dei coniugi. Riguardo, invece, al diritto dei minori nati da madre surrogata al rispetto della vita privata, tale diritto comprende anche lo status di figlio di una coppia di genitori. Sulla base del diritto italiano, però, i bambini nati all estero facendo ricorso a surrogazione di maternità si trovano in una situazione di incertezza giuridica, poiché il mancato riconoscimento, da parte dell ordinamento italiano, del loro status di figli della coppia per conto della quale la gravidanza è stata portata a termine, mette in pericolo la loro identità all interno della società. Benché l art. 8 della Convenzione non garantisca il diritto di acquisire una nazionalità particolare ha aggiunto la Corte resta il fatto che la cittadinanza è un elemento che contribuisce a definire l identità della persona. Pertanto, gli effetti del mancato riconoscimento, in Italia, del rapporto di parentela tra i bambini nati da madre surrogata e la coppia che ha fatto ricorso all estero alla surrogazione di maternità non sono confinati alla sfera giuridica dei genitori che sono i soli ai quali può essere imputata la scelta di ricorre a una tecnica di procreazione vietata in Italia ma si estendono anche alla sfera giuridica dei minori, incidendo sul loro diritto al rispetto della vita privata, che implica la possibilità, da parte di ciascuno, di definire i contenuti essenziali della propria identità, compresi i rapporti di parentela. Si pone, dunque, un problema di compatibilità di questa situazione con il supremo interesse dei minori, il cui rispetto deve guidare tutte le decisioni che li riguardano. Queste considerazioni assumono una rilevanza ancora maggiore quando uno dei genitori che è ricorso alla surrogazione di maternità è anche il padre biologico (è il caso della surrogazione eterologa nella quale la madre surrogata fornisce l ovocita fecondato con il seme dell uomo della coppia committente). Tenuto conto che la parentela biologica è una componente importante dell identità di ciascun individuo, non corrisponde al supremo interesse del minore privarlo del rapporto di parentela quando corrisponde alla realtà biologica e quando il 228

7 Capitolo 11: La procreazione medicalmente assistita minore e il genitore richiedono il pieno riconoscimento di tale rapporto. Pertanto, non consentendo il riconoscimento e l instaurazione di un rapporto giuridico di parentela tra bambini nati da madre surrogata e il loro padre biologico, lo Stato oltrepassa il margine di apprezzamento consentito. Sotto il profilo penale si è posto il problema di stabilire se la maternità surrogata configuri il reato di alterazione di stato ex art. 567 co. 2 c.p., qualora il neonato sia dichiarato figlio della donna per conto della quale è stata portata avanti la gravidanza invece che come figlio della partoriente o della donatrice dell ovulo fecondato. Alcuni giudici hanno escluso tale reato se l atto di nascita è stato formato validamente nel rispetto della legge del Paese dove il bambino è nato, ipotizzando che la condotta di chi rende dichiarazioni mendaci sull identità, lo stato o altre qualità del minore, in epoca successiva alla formazione dell atto di nascita, possa eventualmente integrare il meno grave reato di falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali ex art. 495 co. 2 n. 1 c.p. (10). Altri giudici, invece, hanno concluso in senso diametralmente opposto ritenendo che si configuri il reato di alterazione di stato quando il neonato sia dichiarato figlio della donna che non ha partorito il bambino e che non ha con esso alcun legame genetico e che il reato sussista anche se l atto di nascita è stato formato all estero e successivamente trascritto nei registri dello stato civile italiano, se la legge del Paese ove il bambino è nato non consenta il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita in concreto praticate (11). Se lo Stato, per non violare obblighi convenzionali, riconosce il rapporto di filiazione validamente formatosi all estero tra la coppia che ha fatto ricorso alla surrogazione di maternità e il bambino nato dalla madre surrogata, non si vede come possa poi infliggere una pena nel caso di contestazione del reato di alterazione di stato peraltro assai severa: reclusione da 5 a 15 anni ai genitori che abbiano richiesto, e abbiano anche ottenuto, il riconoscimento di tale rapporto con la trascrizione dell atto di nascita del minore nei registri dello stato civile italiano Argomenti (decisivi) a favore della maternità surrogata La maternità surrogata, anteriormente al divieto posto dall art. 12, co. 6, l. 40/2004, era stata ammessa da una nota pronuncia di merito (12), secondo la quale, poiché il negozio atipico di maternità surrogata a titolo gratuito, in quanto diretto a realizzare un interesse (l aspirazione della coppia infeconda alla realizzazione come genitori) meritevole di tutela secondo l ordinamento giuridico e non in contrasto con la disciplina relativa agli status familiari, né col divieto di atti di disposizione del proprio corpo, è pienamente lecito, qualora il ritardo nell effettua- (10) Trib. Milano ; G.u.p. Milano (11) Trib. Brescia (12) Trib. Roma , in Foro it., 2000, I, 972 Rilevanza penale della maternità surrogata? 229

8 Parte I: La responsabilità del medico zione dell impianto degli embrioni crioconservati comporti un aggravamento della loro condizione di vitalità, mettendone a rischio l attività di proliferazione cellulare, può essere autorizzata dal giudice, in via d urgenza ex art. 700 c.p.c., la prestazione dovuta da un medico che si sia contrattualmente obbligato, nei confronti di una coppia di coniugi, a impiantare nell utero di un altra donna consenziente gli embrioni crioconservati ottenuti mediante la fecondazione in vitro omologa. Tale provvedimento suscitò fortissime polemiche e favorì la successiva introduzione del divieto di surrogazione di maternità di cui alla l. 40/2004, divieto che, però, è del tutto irragionevole e illegittimo. Efficacia di provvedimenti La maternità surrogata è vietata nel nostro Paese ma è consentita in numerosi Stati europei. La giurisprudenza ammette stranieri l efficacia, in Italia, di provvedimenti e atti stranieri che riconoscano la liceità di fattispecie riconducibili alla maternità surrogata, con le ovvie conseguenze in tema di status del figlio: in tal senso si afferma (13) che, alla luce del principio relativo all interesse superiore del fanciullo sancito dalla Convenzione delle Nazioni unite del sui diritti dell infanzia e ribadito dal regolamento (Ce) n. 2201/2003, nonché del diritto alla libera circolazione delle persone dell Unione europea, valorizzato dalla Corte di giustizia nei casi Garcia Avello e Grunkin, devono essere riconosciuti efficaci in Italia, ai sensi degli artt. 64, 65 e 67 l. 218/1995, i parental order emessi dai giudici del Regno Unito che dichiarino la filiazione dei minori nei confronti della madre italiana e del padre inglese, partoriti a seguito di maternità surrogata e conviventi dalla nascita con i genitori stessi. Il negozio atipico di maternità surrogata a titolo gratuito è diretto a realizzare un interesse meritevole di tutela, qual è l aspirazione della coppia sterile alla realizzazione come genitori, e non contrasta con la disciplina relativa agli status familiari né con il divieto di atti di disposizione del proprio corpo ex art. 5 c.c. (14). L art. 5 c.c., infatti, prevede che gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando comportino la diminuzione permanente dell integrità fisica. La donazione dell utero, nel rispetto delle condizioni di salute della madre surrogata, non comporta la diminuzione permanente dell integrità fisica, e comunque sarebbe difficile escludere la liceità di un mero prestito di organo, peraltro limitato nel tempo e sotto controllo medico, quando il legislatore ha previsto la possibilità di donazioni di organi tra soggetti vivi. L atto dispositivo del proprio corpo di per sé non è illecito, poiché l art. 5 c.c., vietando tali atti quando cagionino una diminuzione permanente dell integrità fisica o quando siano altrimenti contrari alla legge, all ordine pubblico o al buon costume, implicitamente riconosce la liceità di tutti gli altri. Tale potere, posto in (13) App. Bari , in Foro it., Rep. 2009, voce Delibazione, n. 32 (14) Trib. Roma , in Foro it., 2000, I,

9 Capitolo 11: La procreazione medicalmente assistita relazione agli artt. 2, 3 e 32 Cost, diventa allora strumento di attuazione dello sviluppo della personalità. Anche in relazione alle nozioni di ordine pubblico e buon costume deve giungersi alla conclusione che un atto di questo genere sia ammissibile. La trascrizione dei certificati di nascita Finalità e ambito di intervento dei bambini nati con la maternità surrogata non può ritenersi in contrasto con l ordine pubblico poiché il principio-guida è quello della responsabilità procreativa finalizzato a proteggere il valore della tutela della prole, principio assicurato dalla procreazione naturale e da quella medicalmente assistita (15). È vero che la coscienza morale e sociale non può permettere la commercializzazione della maternità, comportando ciò una gravissima lesione della dignità della persona umana, ma tale affermazione deve essere messa in dubbio quando il consenso all utilizzazione dell utero sia determinato da ragioni di solidarietà e concesso per spirito di liberalità. La maternità surrogata comporta la nascita di una persona che ha un padre naturale, quello che ha dato il seme, e due madri, una genetica (quella che ha dato l ovocita fecondato in vitro) e l altra uterina (quella che l ha partorito). Si tratta di un caso diverso rispetto a quello della cd. «madre in affitto», in cui una donna si sottopone a inseminazione artificiale per portare a termine una gravidanza su commissione, dando alla luce un neonato che sarebbe sicuramente suo figlio, in qualità anche di madre genetica che ha donato l ovocita. In entrambe le ipotesi vi è una donna che si impegna a partorire un bambino e a rinunciare ai suoi diritti sul nascituro in favore di un altra. Quanto al rapporto giuridico di maternità, secondo l art. 269, co. 3, c.c. la madre è la donna che ha partorito il bambino, in considerazione del fatto che questa ha trasmesso al figlio attraverso il proprio ovocita il suo patrimonio genetico. La scissione del momento della fecondazione dell ovocita da quello dell annidamento dell embrione nell utero di un altra donna spezza la sequenza biologica del concepimento e della gestazione tenuta presente dal nostro legislatore, poiché entrambe concorrono, mediante un proprio contributo biologico, alla nascita. La dottrina maggioritaria ritiene che anche in tal caso la madre sia la donna che partorisce (16). In realtà, è più ragionevole propendere per un interpretazione evolutiva del concetto di maternità, che tenga conto del criterio volontaristico e dell interesse del minore. Emerge, cioè, un concetto di maternità responsabile che trascende il mero rapporto di derivazione biologica. Sotto questa angolazione, la madre giuridica può essere la madre genetica o quella uterina. (15) Trib. Napoli , in Foro it., 2012, I, 3349 (16) TRABUCCHI, La procreazione e il concetto giuridico di paternità e maternità, in Riv. dir. civ., 1982, I, 625; BIAN- CA, Diritto civile. II. La famiglia. Le successioni, Milano, 1989, 300; RESCIGNO, Note sul tema della procreazione assistita, in Foro nap., 1995, 233, 231

10 Parte I: La responsabilità del medico Nel caso della fecondazione artificiale omologa la madre genetica, in quanto si è assunta la responsabilità di mettere al mondo un altra persona, è preferita a quella uterina (17). Ciò non esclude la configurabilità di un eventuale diritto della madre surrogata di continuare a vedere il bambino, nell interesse di quest ultimo a coltivare un legame biologico-affettivo risalente alla vita prenatale. Affermare, quindi, in ossequio all art. 269, co. 3, c.c., che solo la gestante è la madre del nato è una mistificazione della realtà: l art. 269 c.c., secondo cui la madre è la partoriente, non si applica alla fecondazione omologa (avvenuta all interno della coppia) che, per errore medico, si sia trasformata in fecondazione eterologa (l ovulo della donna, fecondato con il seme del marito, è stato impiantato per errore in un altra donna), perché la paternità e la maternità, così come lo stato del nato, devono necessariamente riportarsi a chi ha concorso alla fecondazione e alla creazione dell embrione, e la donna che ha ospitato nel proprio grembo l embrione generato da altri non è la madre del bambino perché manca il presupposto essenziale della maternità, ovvero la creazione dell embrione, dove è racchiusa tutta l essenza dell individuo, il suo patrimonio genetico. È un caso di maternità surrogata indotta dall errore medico, e come tale va trattato: dopo la nascita la madre surrogata deve consegnare il neonato a coloro che lo hanno generato e nessun rapporto familiare si costituisce tra la partoriente e i genitori del bambino. L embrione ha soltanto trovato ospitalità nel grembo della donna (18). Oltretutto, vista la tenerissima età dei gemelli nati a seguito dell impianto degli embrioni, non vi è neanche l esigenza di tutelare l interesse dei minori a conservare il loro rapporto affettivo-familiare con la coppia surrogata. I genitori biologici hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell Uomo contro la sentenza del tribunale di Roma, sostenendo che lo Stato italiano ha violato il loro diritto al rispetto della vita privata e familiare, protetto dall art. 8 della Convenzione europea dei Diritti dell Uomo. La Corte europea, con sentenza del , ha dichiarato il ricorso inammissibile perché, prima di presentarlo, i ricorrenti non avevano esaurito tutte le possibilità offerte dalla legislazione italiana per ottenere la tutela dei propri diritti violati. Secondo la CEDU, infatti, prima di presentare un ricorso a Strasburgo i cittadini devono consentire al proprio Stato di rimediare ai propri errori. (17) RODOTÀ, Ipotesi sul corpo giuridificato, in Riv. critica dir. privato, 1994, 482; GORASSINI, Procreazione (dir. civ.), in Enc. dir., Milano, 1987, XXXVI, 964 (18) PALAZZO, La filiazione, Milano, 2007; OPPO, Procreazione assistita e sorte del nascituro, in Riv. dir. civ.,

11 Capitolo 11: La procreazione medicalmente assistita 11.3 La Corte costituzionale apre le porte alla fecondazione eterologa e i tribunali dettano le regole applicative Un trittico di sentenze di merito ha recentemente affrontato il tema della procreazione medicalmente assistita (p.m.a.). Il tribunale di Bologna, con un ordinanza dell agosto 2014 Tribunale di Bologna (19) ha dato immediata applicazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 162/2014, autorizzando, con provvedimento d urgenza, la p.m.a. di tipo eterologo richiesta da una coppia, precisando che la pronuncia della Corte costituzionale n. 162/2014, che ha dichiarato l incostituzionalità delle disposizioni che vietavano tali pratiche, è di immediata applicazione, non sussistendo la necessità di specifiche norme che disciplinino l attuazione delle pratiche in oggetto. In particolare, il tribunale reputa che possa farsi applicazione, ove necessario, delle disposizioni vigenti in materia di donazione di tessuti e di cellule umane. La rilevanza della decisione risiede nel fatto che esponenti di rilievo del mondo politico (tra cui lo stesso ministro della salute), all indomani di Corte cost. 162/2014, cit., avevano affermato che non si potesse, di fatto, «ripartire» con la p.m.a. eterologa prima della emanazione di norme di rango primario che ne disciplinassero la concreta attuazione sotto il profilo tecnico (quanto alla scelta e conservazione dei gameti, al numero massimo di donazioni, all anonimato dei donanti ecc.). Ai centri medici, pur autorizzati all attuazione delle pratiche di p.m.a., era stato sostanzialmente inibito di dare avvio a quella eterologa prima dell introduzione di tali norme. Riconosciuto un diritto dalla Corte costituzionale, subordinarne l esercizio in concreto a scelte amministrative equivaleva a negarlo. Corte cost. 162/2014, d altronde, è stata chiarissima nell affermare che la propria pronuncia di incostituzionalità non determina alcun vuoto normativo da colmare, per consentire l attuazione della pronuncia medesima; la p.m.a. eterologa è una species di p.m.a., ampiamente disciplinata dalla l. 40/2004. Profili specifici potranno trovare idonea disciplina nelle disposizioni in tema di donazione dei tessuti e di cellule umane, ferma restando l opportunità di una modifica delle linee-guida previste dalla l. 40/2004. Pubblicata la sentenza in Gazzetta ufficiale i centri abilitati potranno, quindi, immediatamente procedere alle pratiche di p.m.a. eterologa senza dover attendere l intervento di ulteriori disposizioni, primarie o sub-primarie che siano. Ciò è stato affermato dal provvedimento bolognese in rassegna, che ha analiticamente indicato le norme tecniche applicabili, sicché nessun ostacolo può porsi all immediato avvio delle pratiche di p.m.a. eterologa. (19) Trib. Bologna , in Foro it., 2014, I,

12 Parte I: La responsabilità del medico Per i profili tecnico-amministrativi è decisivo il ruolo delle regioni; lo stesso provvedimento in rassegna dà atto di una delibera in materia della Toscana; successivamente, provvedimenti in materia sono stati adottati anche da altre regioni del centro-nord. Sempre il tribunale di Bologna (20) ha rigettato la domanda di provvedimento d urgenza proposta da una donna, rimasta vedova, che aveva chiesto il trasferimento intrauterino degli embrioni soprannumerari conservati sedici anni prima, nell ambito di una pratica di procreazione medicalmente assistita (p.m.a.) omologa da lei richiesta unitamente al marito, poi defunto, non andata a buon fine. Il provvedimento, sul presupposto che possono accedere alla p.m.a. solo le coppie i cui componenti siano ancora in vita e che abbiano prestato il consenso informato, ha affermato che, nella specie, il consenso, prestato nel 1996 anche dal marito, poi defunto, non poteva ritenersi irrevocabile, e comunque attualmente efficace, sicché il nuovo accesso alla p.m.a., richiesto dopo sedici anni dalla donna, non poteva essere autorizzato. Tribunale di Roma Infine, il tribunale di Roma (21) ha rigettato la domanda di provvedimento d urgenza volta a ottenere il collocamento in una struttura, con allontanamento dai genitori anagrafici, di due gemelli figli genetici dei richiedenti. Nella specie, a seguito di un errore medico vi era stato uno scambio di embrioni nel corso di pratiche di procreazione medicalmente assistita omologa richieste da due coppie, sicché gli embrioni geneticamente riferibili ai ricorrenti erano stati trasferiti alla donna della seconda coppia con esito positivo a differenza di quanto accaduto a quella della prima che aveva poi messo al mondo i due gemelli. In sostanza, una pratica di p.m.a. omologa si era risolta in eterologa. Madre è la donna che ha partorito il figlio (art. 269, co. 3, c.c.), mentre per la paternità opera la presunzione di paternità (art. 231 c.c.). Da qui, secondo il tribunale di Roma, la preclusione sia all esercizio dell azione di reclamo o contestazione dello stato di figlio (artt. 239 e 240 c.c.) e di quella di dichiarazione giudiziale di paternità e maternità, atteso lo status ormai acquisito dai gemelli. Il provvedimento, quindi, ha ritenuto che l accoglimento della domanda avrebbe pregiudicato l interesse dei minori alla conservazione dello status e alla permanenza nella loro famiglia. I diritti dei genitori genetici soccombono a fronte di quelli dei genitori anagrafici, tenuto conto che la donna, la quale ha condotto e portato a termine la gravidanza (pur se l embrione non è geneticamente riferibile né a lei né al partner), è anche madre biologica, poiché ha avuto un legame simbiotico con i bambini da lei nati. (20) Trib. Bologna , in Foro it., 2014, I, (21) Trib. Roma , in Foro it., 2014, I,

13 Capitolo 15 Profili processuali: mediazione obbligatoria, negoziazione assistita e le altre novità introdotte dalla L. 162/2014 Sommario 15.1 La mediazione civile quale condizione di procedibilità dell azione risarcitoria per i danni da responsabilità medica La negoziazione assistita Dal rito ordinario al rito sommario Il soggetto passivo dell azione di responsabilità Alle cause tra medico e paziente si applica il foro del consumatore? 15.1 La mediazione civile quale condizione di procedibilità dell azione risarcitoria per i danni da responsabilità medica Soffermandoci sugli aspetti processuali della responsabilità medica, il pazientedanneggiato che intenda esercitare un azione risarcitoria per i danni causati da un errore medico, dovrà preventivamente attivare il tentativo di mediazione, previsto dall art. 5, co. 1bis, d.lgs. 28/2010. La norma prevede la mediazione, quale condizione di procedibilità, nei casi di responsabilità medica (responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie) e di responsabilità sanitaria (responsabilità delle strutture sanitarie pubbliche e private). In particolare, chi intenda agire in giudizio per far valere la responsabilità medica o sanitaria è tenuto preliminarmente a esperire, assistito dall avvocato, il procedimento di mediazione ai sensi del d.lgs. 28/2010. L esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice, se rileva che la mediazione è già iniziata ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di tre mesi ex art. 6 d.lgs.

14 Parte I: La responsabilità del medico 28/2010. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell istruzione e il comportamento delle parti, può disporre d ufficio l esperimento del procedimento di mediazione. Il provvedimento è adottato prima dell udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Il giudice fissa l udienza successiva e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna alle parti termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Quando l esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda la condizione si considera avverata se il primo incontro davanti al mediatore si conclude senza l accordo. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale. Mediazione e conciliazionediazione e conciliazione : con il primo il legislatore indica Nel decreto legislativo emerge un uso diverso dei termini me- l intero procedimento di gestione stragiudiziale della controversia da parte di un terzo (organismo di mediazione) (art. 1, lett. a), d.lgs. 28/2010), mentre la conciliazione è l esito di tale procedimento (art. 1, lett. c), d.lgs. 28/2010). Le controversie interessate da questa procedura sono soltanto quelle civili e commerciali aventi ad oggetto diritti disponibili (diritti di cui le parti possano disporre: art. 2 d.lgs. 28/2010). Obbligo informativo Al fine di estendere il più possibile il ricorso alla procedura di mediazione, anche con il contributo degli avvocati, l art. 3, co. 4, prevede l obbligo per l avvocato di informare il proprio assistito, in modo chiaro, per iscritto e all atto del conferimento dell incarico, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione, delle agevolazioni fiscali che tale procedimento comporta e dei casi in cui l esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L informazione deve essere fornita a pena di annullabilità del contratto concluso con l assistito e il documento che contiene l informazione è sottoscritto dall assistito e deve essere allegato all atto introduttivo dell eventuale giudizio. Se il giudice verifica la mancata allegazione del documento è tenuto a informare la parte della facoltà di ricorrere alla mediazione o ad imporre l esperimento della procedura di mediazione nei casi in cui esso sia previsto come condizione di procedibilità. Benefici fiscali Per quanto riguarda le agevolazioni fiscali, ai sensi dell art. 17 d.lgs. 28/2010 tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. 296

15 Capitolo 15: Profili processuali Il verbale di accordo è esente dall imposta di registro entro il limite di valore di euro, altrimenti l imposta è dovuta per la parte eccedente. Quanto all indennità spettante all organismo, quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda o è disposta dal giudice, all organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l ammissione al patrocinio a spese dello Stato (art. 17, co. 5 bis, d.lgs. 28/2010). In alcuni casi, come accennato, l esperimento della procedura di mediazione è previsto come obbligatorio, a pena di improcedibilità della domanda giudiziale. L obbligatorietà della procedura di mediazione Ai sensi dell art. 5, co. 1 bis, d.lgs. 28/2010, chi intende esercitare in giudizio un azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione (anche in ipotesi di domanda di rilascio dell immobile occupato ex art. 447 bis c.p.c.), comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall avvocato, ad attivare preliminarmente il procedimento di mediazione. In questi casi l esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Nell art. 5, co. 1 bis, rientra anche l azione di usucapione: l art. 2643, n. 12bis, c.c. afferma infatti che fra gli atti soggetti a obbligo di trascrizione rientrano anche «gli accordi di mediazione che accertano l usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato». L improcedibilità continua il comma 1 bis dell art. 5 deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il rilievo dell improcedibilità determina conseguenze diverse a seconda che la procedura di mediazione sia stata già iniziata e non conclusa oppure non sia neppure iniziata: mentre nel primo caso il giudice deve limitarsi a fissare l udienza dopo la scadenza del termine massimo previsto per la conclusione della procedura di mediazione dall art. 6 (3 mesi), nello stesso modo procederà quando la mediazione non è stata esperita assegnando, però, alle parti il termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione all organismo prescelto. Ai sensi del comma 2 bis dell art. 5, «quando l esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l accordo». Se il contratto, lo statuto ovvero l atto costitutivo dell ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione (art. 5, co. 5) e non sia stata preventivamente esperita la procedura di mediazione, «il giudice o l arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all art. 6 (3 mesi). Allo stesso modo il giudice o l arbitro 297

16 Parte I: La responsabilità del medico fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi». Inoltre, l art. 7 d.lgs. 28/2010 prevede che il periodo di svolgimento della procedura di mediazione e dell eventuale rinvio disposto dal giudice non si calcolano ai fini della determinazione della ragionevole durata del processo, e dunque dell applicazione dell art. 2 l. 89/2001. Comunque, l esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione non preclude la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari, i quali possono essere chiesti e ottenuti anche prima e indipendentemente dall esperimento della procedura di mediazione, né la trascrizione della domanda giudiziale (art. 5, co. 3). Fattispecie escluse Il tentativo obbligatorio di mediazione non si applica alle azioni collettive o di classe previste dagli artt. 37, 140 e 140 bis del codice del consumo (d.lgs. 206/2005). Inoltre, ai sensi del comma 4 dell art. 5, l applicazione della disciplina sull obbligatorio esperimento preventivo della procedura di mediazione e quella sulla mediazione delegata dal giudice è esclusa: a) nei procedimenti per ingiunzione, «inclusa l opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione»; dopo la fase sommaria, l onere di avviare la procedura di mediazione dovrebbe continuare a gravare sulla parte che ha proposto l azione in sede monitoria, e dunque sull opposto; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, «fino al mutamento del rito di cui all art. 667 c.p.c.»; c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all art. 696 bis c.p.c.; d) nei procedimenti possessori, «fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all art. 703, co. 3, c.p.c.»; e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all esecuzione forzata; f) nei procedimenti in camera di consiglio; g) nei casi in cui l azione civile sia stata esercitata nel processo penale. La mediazione delegata dal Accanto alle ipotesi di esperimento obbligatorio della procedura di mediazione, l art. 5 d.lgs. 28/2010, al comma 2, prevede giudice la mediazione delegata: «il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello». In tal modo si riconosce la possibilità che, su iniziativa del giudice, venga introdotta in corso di causa una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, pure non espressamente prevista dal legislatore. Tale provvedimento «è adottato prima dell udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa» (art. 5, co. 2). 298

17 Capitolo 15: Profili processuali Di conseguenza, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine (non perentorio) di tre mesi di cui all art. 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione Il procedimento di mediazione L art. 3 richiama il regolamento dell organismo scelto dalle parti, che deve garantire la riservatezza e assicurare l imparzialità del mediatore e può prevedere che la procedura si svolga secondo modalità telematiche. I soggetti ai quali è affidata la gestione delle procedure Gli organismi di mediazione di mediazione possono essere istituiti dai Consigli degli ordini degli avvocati presso i tribunali e, in particolari materie, anche dagli altri Consigli degli ordini professionali (previa autorizzazione del Ministero della giustizia). Inoltre, hanno diritto all iscrizione nell apposito registro ministeriale anche gli organismi di conciliazione istituiti presso le Camere di commercio ai sensi dell art. 2 l. 580/1993 (artt. 18 e 19). In secondo luogo, l art. 16, co. 1, d.lgs. 28/2010 aggiunge che previa iscrizione nell apposito registro ministeriale gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione. La formazione del registro e la sua gestione sono disciplinate dal D.M , n. 180, del Ministro della giustizia (Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell elenco dei formatori per la mediazione, nonché l approvazione delle indennità spettanti agli organismi). La domanda di mediazione è presentata mediante deposito di La domanda un istanza presso un organismo di mediazione con sede nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia (fra quelli inseriti nel registro del Ministero della giustizia) (art. 4). L istanza deve indicare l organismo, le parti, l oggetto e le ragioni della pretesa. In caso di più domande relative alla stessa controversia la mediazione si svolge davanti all organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda, assumendo rilevanza, ai fini della determinazione della pendenza della procedura, la data del deposito dell istanza presso l organismo. Circa gli effetti della domanda di mediazione, dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di mancata conciliazione presso la segreteria dell organismo (art. 5, co. 6). 299

18 Parte I: La responsabilità del medico Ne consegue che, con la comunicazione alla controparte della domanda di mediazione, si realizza l impedimento dell eventuale decadenza per l esercizio del diritto fatto valere e, con riferimento alla prescrizione dello stesso, l effetto interruttivo (art. 2943, co. 2, c.c.) e l effetto sospensivo (art. 2945, co. 2, c.c.). Una volta presentata la domanda di mediazione il responsabile dell organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro fra le parti non oltre 30 giorni dal deposito della stessa domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante (art. 8, co. 1). Pertanto, gli effetti sostanziali della domanda di mediazione si producono nel momento in cui la controparte riceve la comunicazione della domanda e della data del primo incontro, mentre, se l istante vuole anticipare la produzione di questi effetti, dovrà provvedere, oltre a depositare presso l organismo la domanda, anche a comunicarla direttamente alla controparte. Il primo incontro Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione e invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento (art. 8, co. 1). Qualora le parti e gli avvocati si siano espressi positivamente, la procedura di mediazione - che deve avere una durata non superiore a 3 mesi (senza che subisca la sospensione feriale dei termini di cui alla l. 794/1942) - si svolge senza formalità presso la sede dell organismo o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dello stesso organismo (art. 8, co. 2) e durante la stessa il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia (art. 8, co. 3). L accordo Agli esiti della procedura è dedicato l art. 11 d.lgs. 28/2010, il quale prevede che: a) se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma il verbale, al quale viene allegato il testo dell accordo; b) quando l accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione; c) il mediatore in ogni caso formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta il mediatore informa le parti delle conseguenze derivanti dalla mancata adesione alla proposta conciliativa. Salvo diverso accordo fra le parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso del procedimento e va comunicata per iscritto alle parti, le quali faranno pervenire allo stesso mediatore, entro 7 giorni, l accettazione o il rifiuto della proposta (considerando che il silenzio vale rifiuto della proposta). 300

19 Capitolo 15: Profili processuali In tutti i casi in cui si raggiunga l accordo (con o senza proposta del mediatore) aggiunge il comma 3 dell art. 11 si forma il verbale, che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l autografia della sottoscrizione delle parti. Se con l accordo viene concluso con riferimento a un contratto soggetto a trascrizione ai sensi dell art c.c., per procedere a trascrizione è necessario che la sottoscrizione del verbale sia anche autenticata da un pubblico ufficiale. L accordo raggiunto (anche a seguito di proposta del mediatore) può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti o per il ritardo nel loro adempimento. Si tratta di una misura coercitiva assimilabile a quella prevista dall art. 614 bis c.p.c., a prescindere dal fatto che l accordo abbia ad oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare. Laddove, invece, la conciliazione non riesca, il mediatore forma un verbale con l indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione (art. 11, co. 4) L efficacia del verbale di conciliazione Una volta sottoscritto, il verbale di conciliazione (o di non raggiunta conciliazione) va depositato presso la segreteria dell organismo e di esso viene rilasciata copia alle parti che lo richiedono. Per effetto di quanto previsto dall art. 12 d.lgs. 28/2010: a) se tutte le parti aderenti alla mediazione sono assistite da un avvocato, l accordo sottoscritto dalle parti e dagli avvocati costituisce titolo esecutivo per l espropriazione forzata, l esecuzione per consegna e rilascio, l esecuzione degli obblighi di fare o non fare e l iscrizione di ipoteca giudiziale. In questo caso gli avvocati attestano e certificano la conformità dell accordo alle norme imperative e all ordine pubblico; b) negli altri casi, il verbale di conciliazione può essere omologato (al fine di acquisire l efficacia esecutiva) su istanza di parte e previo accertamento della regolarità formale (e della non contrarietà all ordine pubblico e a norme imperative) con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l organismo. Viene, così, generalizzata l efficacia esecutiva del verbale di conciliazione stragiudiziale (e, in caso di concorde sottoscrizione delle parti e dei loro avvocati, anche senza omologazione del giudice) con riferimento a tutte le forme dell esecuzione forzata, comprese in deroga all art. 612 c.p.c. quelle di esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare o di non fare. Infine, quanto alla rilevanza nel successivo, eventuale giudizio del comportamento delle parti nel corso della procedura di mediazione, l art. 13, co. 1, d.lgs. 28/2010 prevede che quando il provvedimento che definisce il giudizio 301

20 Parte I: La responsabilità del medico corrisponde interamente al contenuto della proposta avanzata dal mediatore, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all entrata del bilancio dello Stato di un ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l applicabilità degli artt. 92 e 96 c.p.c. Lo stesso trattamento subiscono le spese per l indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dell esperto, eventualmente nominato dal mediatore, ai sensi dell art. 8, 4 comma, nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche. Aggiunge, inoltre, il comma 2 dell art. 13 che anche «quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all esperto di cui all art. 8, comma 4». In quest ultimo caso «il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento». Va, infine, rilevato che queste disposizioni sulle spese processuali del successivo giudizio secondo l espressa previsione del comma 3 dell art. 13 non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri, salvo diverso accordo fra le parti La negoziazione assistita La convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati è un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l assistenza di avvocati iscritti all albo. È fatto obbligo, per le amministrazioni pubbliche di cui all art. 1, co. 2, d.lgs. 165/2001 (tutte le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le comunità montane, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale), di affidare la convenzione di negoziazione alla propria avvocatura, se presente. Il contenuto minimo della La convenzione di negoziazione deve precisare: convenzione di negoziazione a) il termine concordato dalle parti per lo svolgimento della procedura, che deve essere, in ogni caso, non inferiore a un mese e non superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo delle parti; b) l oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili o vertere in materia di lavoro. La convenzione è redatta, a pena di nullità, in forma scritta ed è conclusa con l assistenza di uno o più avvocati, attraverso la redazione di un unico atto oppu- 302

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