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1 digital magazine Luglio/agosto 2009 N.57/58 ariel pink's haunted graffiti Mondo Nostalgia le sette vite dell exotica Toddla T - Antimagic - Bibio Pupkulies&Rebecca - Miranda - Naomi Shelton Anthony Buck - Fourm - Frigieri - Duo Alterno hexlove The Vaselines - Luigi Russolo Transposonic Primavera Sound 2009 l attimo della creazione

2 Sentireascoltare n.57/58 Turn On p. 4 Toddla T 5 Pupkulies & Rebecca 6 Antimagic 7 Bibio 10 Miranda 12 Naomi Shelton 14 Dark Night of the Soul Tune In 12 Anthony Buck 16 Giancarlo Frigieri 20 FOURM 26 Transposonic Rubriche 126 Giant steps 127 Classic album 128 La sera della prima 132 A night a the opera 134 I cosiddetti contemporanei Drop Out 32 Mondo Nostalgia 38 Hexlove 46 Ariel Pink s Haunted Graffiti Recensioni 54 Bibio, Clark, Ghost, Graham Coxon, Moritz Von Oswald/Delay/Loderbauer Rearview Mirror 106 The Vaselines, Russolo, Orbital... Di r e t t o r e : Edoardo Bridda Uf f i c i o St a m pa : Teresa Greco Sta f f : Gaspare Caliri, Nicolas Campagnari, Daniele Follero, Stefano Solventi, Antonello Comunale, Teresa Greco Ha n n o c o l l a b o r at o : Leonardo Amico, Gianni Avella, Sara Bracco, Marco Braggion, Luca Collepiccolo, Luca Colnaghi, Gabriele Marino, Francesca Marongiu, Andrea Napoli, Massimo Padalino, Giulio Pasquali, Stefano Pifferi, Andrea Provinciali, Antonio Puglia, Costanza Salvi, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi. Gu i d a s p i r i t ua l e : Adriano Trauber ( ) Gr a f i c a e Im pa g i n a z i o n e : Nicolas Campagnari In copertina : hexlove SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N 7590 del 28/10/05 Editore: Edoardo Bridda Direttore responsabile: Antonello Comunale Provider NGI S.p.A. Copyright 2009 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati.la riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare

3 Toddla T Dancehall multietnico Pupkulies & Rebecca La leggenda è questa: un giorno Roots Manuva va a comprarsi un paio di trainers in un negozio qualsiasi di Sheffield e lì t incontra uno strano commesso. Il ragazzaccio gli propone un demo con ritmi da inarcare il sopracciglio e dopo due giorni i due hanno prodotto tre tracce che andranno direttamente nel primo long playing di lui, Skanky Skanky, cioé la provincia fuori Londra imbevuta di ricordi Northern Soul e, come al solito questa estate, dancehall. La nuova meteora del lazerstep da Sheffield. Ancora ragga. Ancora in levare. E via. Tom Bell non è solo la new big thing che esce dalla camera e prova lo stappo. È qualcosa di più. Le connessioni con la Giamaica dei 70, l essenziale mesh-up a base di M.I.A. e Missill, il background trita wonky bass e strada, sono elementi di un personaggio sunto del 09 brit. Dopo la virata techno del dubstep e la wonky in crogiolo sembra un momento di godimento più che ti ricerca e di fatto Tom gode proprio dell equilibrio tra bass culture e ritmi da party (banghrastep e hip-hop, techno e fidgeting 90) e dell indefinibile miscuglio di retrofuturismo e lazer che si avvicina di brutto a Kingston e ai vicoli di New York taggati dai Beastie Boys. Il suono basarà pur sempre sulle tastierine e sample del continuum ardkore, ma la particolarità è la continua mescolanza d elementi alieni e non dimentichiamo che Bell viene dalla Steel City (Cabaret Voltaire, Jarvis Cocker, Human League e altri innovators ). Il curricula per lui s è già mpennato - remix per Roisín Murphy e Bashy e data al Fabric (assieme al fido Skream) già fissate - e noi abbiamo quest album: il perfetto compromesso per qualsiasi party. Londra sta attenta, Sheffield bombarda ragga-bass... Marco Braggion Nell affollata pista da ballo, un nome (semi) nuovo torna a farsi sentire. Ed è una sorpresa niente male... Chissà che pensa Laurie Anderson dei figliocci che metaforicamente ha messo al mondo tramite la sua fusione d avanguardia umanista e respiro pop. Fatto è che, da che la tecnologia divenne nei 90 qualcosa di più accessibile, se ne sono sentite di belle tra gli estremi di folkettari urbani e moderni cantautori, adoratori del silenzio e teorici del glitch. Tra gli indecisi se stare sulla pista da ballo o soggiornare nelle stanze più fresche dove ci si rilassa, s è infilata addirittura una frangia moderatamente sperimentale, desiderosa di fare canzoni - folk o da chanteuse, fa lo stesso: pensate ai Portishead - che oggi vede un nuovo nome aggiungersi alla lista. Semi-nuovo, a dirla tutta, giacché i berlinesi Janosch Blaul e Rebecca Gropp a.k.a. Pupkulies & Rebecca li avevamo conosciuti nel 2007 con un album d esordio sfocato ma capace di rivelare un certo talento. Che perdeva di vista l equilibrio tra un madrigale modernista e l altro, dunque davamo i Nostri per archiviati, non fosse arrivato oggi Burning Boats che, avvicinato con cautela, ha scompaginato a suo modo le carte. Non sarà quel disco lungamente atteso dal mondo della minimal house che leggi in giro, nondimeno spicca tra i dischi di settore (e non solo ) con disinvoltura e fascino. Possiede la forza della tradizione alla base, sia che guardi al cuore Dance Cabaret cyber-umano dei Kraftwerk o ipotizzi un non luogo tra club intellettuale e cabaret anni 20. Certo, una sciantosa da locale notturno spargerebbe un po più di sudore e lacrime di Rebecca, ma oggi suonerebbe così. Lavorando di cesello strumentale e scalando vette di gelo nello sforzo di emozionare, impiegando allo scopo un interazione felice di corde e silicio, contrabbassi e microchip. è il tentativo che conta, perché alla fine il risultato giunge da solo e si chiama Paper, incanto di violoncello e latinità sospesa - retaggio della fanciullezza di Janosch passata a Capo Verde - che cava, in coda al disco nuovo, un prolungato brivido. Ritrovi un anima e la sua ricerca attraverso la canzone che è il filo rosso di questi tempi odierni e confusi. Dice però Blaul: Siamo lontanissimi dall essere nerd musicali e nemmeno abbiamo radici in alcuna scena in particolare. Non siamo obbligati a rientrare in canoni specifici, perciò la nostra musica va bene per tutte le età. Forse questa risoluzione nel farsi apprezzare da tutti e nessuno può rappresentare un incognita futura per la coppia. Facile non curarsene, alla luce di un presente tutto da centellinare. Giancarlo Turra 4 / Turn On Turn On / 5

4 Bibio Antimagic Magic Powers Rewarped folktronica Da New York, l ennesimo combo a metà tra dimensione arty e post-punk tribale e scurissimo. Dal giro These Are Powers, un duo eclettico e dal suono personale Il pargolo dei Boards of Canada riporta la folktronica in casa Warp. Ed è di nuovo culto. Che New York sia una fucina in continua ebollizione è fuor di dubbio. La grande mela oltre a non dormire mai non la smette neanche di produrre, da un trentennio buono, le musiche più rumorose e eccitanti del sottobosco americano. Riprova ne è se solo ce ne fosse bisogno l ennesimo progetto collaterale scaturito da quell ambiente in perenne fermento in cui arte e musica si incontrano e scontrano spesso e volentieri. Antimagic nasce da una costola di These Are Powers, più esattamente da quello che era il batterista originario della band, Ted McGrath. Fuoriuscito al termine delle sessions dell esordio Terrific Seasons per proseguire la sua carriera di illustratore, Ted forma Antimagic nel marzo del 2008 un po per dare un nome alle sue sessioni private, un po per quei casi fortuiti che possono accadere nell intricato panorama art-musicale di NY. Cominciai a lavorare da solo su una serie di canzoni scritte e registrate prima di entrate nei TAP, armato solo di chitarre e drum machine ci racconta Ted Quando poi una coppia di amici (Miracles e Lo Moda) mi invitarono a suonare uno show alla Knitting Factory chiesi aiuto alla mia amica di vecchia data Marcia Cahill. La scintilla, si sarà capito, scatta subito. Le reazioni positive pure. Così i due decidono di rinchiudersi in sala prove per dare una direzione più compiuta alla collaborazione e forgiare il suono che oggi caratterizza Antimagic. Dapprima fissato nell ep The Sound Of Future Mold To Come, uscito sul finire dell anno scorso; poi focalizzato nell imminente full length Trash Symmetry. Un suono scarno negli arrangiamenti, teatrale nella vocalità della Cahill, percussivamente spigoloso e piuttosto virato al nero. Asimmetrico nonostante la simmetria delle forze in ballo: due batterie, chitarra e basso, coi due che si scambiano con facilità ruoli e strumenti. Giochetto che permette di toccare uno spettro sonoro ampio e abbracciare un range di influenze piuttosto vario: Questa formazione simmetrica continua Ted ci da la possibilità di lavorare con un vasto spettro di suoni e arrangiamenti sia nelle improvvisazioni che nelle canzoni compiute. Ciò ci consente di continuare a nutrire la nostra fascinazione per ritmo e ripetitività e di connetterla con influenze più ampie come pre-war american gospel, i gruppi femminili e il doo-wop dei 50/ 60, i Beach Boys più sperimentali, il Lee Perry più fuori, il James Brown più aggressivo. E, aggiungiamo noi, una buona dose delle musiche targate NY degli ultimi 30 anni. Stefano Pifferi La folktronica di Bibio è un ripescaggio balearico della happyness mista al melò da un po di tempo rispuntata pure sul versante electro house (vedi Yacht e similia). Ma se là c è il palco e la pantomima pop, qui si va di filtri che trasformano il suono in un grande affresco sepia. Una fotografia synthetica di un mondo che non c è più e che oggi ricompare. Sponsorizzato da Boards of Canada e da Clark, il nostro si intrufola nella cricca Warp e, dopo anni di indipendenza (3 album su Mush Records e qualche 12 a base di ambientronica registrata live), oggi si toglie lo sfizio di essere sulla bocca di tutte le electroheadz. Stephen Wilkinson direttamente dalle West Midlands, UK e la storia assomiglia a quella del buon elettro gazer Nathan Fake, soltanto che al tempo avevamo un folletto in acido, e qui un secchione delle scuole d arte. Bibio è il nome di un moschino usato come esca, quello che il ragazzo usava quando andava a pescare nei fiumi del Galles col papà e che la sera guardava l album di fotografie di famiglia davanti al fuoco lasciandosi cullare dal crepitìo della legna. Tutto vero come la conferma di una proposta che segue l andazzo della seconda metà dell anno: un po stanchi di dubstep, di suoni cupi e speed, l etichetta di Sheffield pubblica nomi come Clark o Grizzly Bear (ed evidentemente l Ambivalence Avenue del buon Bibio) lasciandoci comprendere come certo surf-folk mescolato elettro sia una possibilità concreta al sound di adesso. Già l avevamo capito grazie agli ibridi Werk Records: il ricordo è ancora una volta incarnato nelle tracce un po nerdy e un po melanconiche, quasi a sottolineare che la primavera è appena finita ed il sampling preferito è pur sempre uguale a nostalgia. Ovviamente non siamo diventati dei romanticoni: il glitch è dietro l angolo (come la techno dietro a Fake) e pure in Bibio il tradimento è questione d istanti. Per ora l ometto con la camicia a quadrettoni ci ricorda come si possa ancora fischiettare un coro o scimmiottare nel backstage invece di farsi solo di acidi. Chi se lo sarebbe aspettato dopo la vampata neo- ardkore? Attenzione: il contagio è molto probabile. Il disco sembra una bagatella poppy, ma più lo ascolti più sale, col sorriso, direttamente in summer top 10. Marco Braggion 6 / Turn On Turn On / 7

5 Miranda Elogio della circolarità Cerchi che (non) si chiudono, quelli dei tre Miranda. Al terzo disco lungo si completa quella metamorfosi che, forse, era già accennata nei precedenti album. Percorso ormai lungo e meritorio di attenzione, quello del trio fiorentino. Esordio nel lontano 2003 con Inside The Whale, culmine di almeno due o tre anni di prove sotterranee ed elaborazione progettuale di un suono chitarristico mai banale; replica 3 anni dopo con l ottimo concentrato di post- (noise)-rock di Rectal Exploration a disegnare percorsi obliqui (e personali) a metà tra Louisville e New York. Poi uno split-cd coi fantastici canadesi Creeping Nobodies in cui il senso malato del groove ben si sposa con ritmi (quasi) danzerecci e vibranti sincopi basso/batteria. Ora quei tratti ritornano in bella evidenza, anzi addirittura acuiti nel nuovo Growing Heads Above The Roof, rilasciato dall etichetta di casa fromscratch proprio questo mese. Si lasciano in secondo piano le chitarre e si procede di synth e samples, così che le atmosfere si sfaldino ancor di più e i riferimenti più prossimi si sfochino. Si aggiunge una drum machine alla batteria, così che ritmicamente il sound del trio sia più acceso e insieme robotico e versatile. Si asciugano ancora di più le strutture al fine di lasciare spazio ad una matura essenzialità. Il risultato è un intrigante fusione di rock dissonante e pulsione ritmica primordiale. Fa muovere le chiappe ma non perde nulla in potenza di fuoco; tritura il p-funk giocando di ossessività reiterata; aggira i cliché del genere iniettandovi pulsioni eterogenee non da poco, tanto che non è poi così assurdo pensare ad un ibrido LCD Soundsystem meets!!! suonato dagli Oneida in combutta coi Liars del periodo di mezzo. La sensazione è quella paradossale dato che si parla di circolarità groovey della quadratura di un cerchio che non sembra mai tornare al punto di partenza. A questo proposito abbiamo fatto due chiacchiere con Giuseppe Caputo, chitarrista nonché uno dei responsabili dietro l esperienza fromscratch. Siamo giunti al termine di un percorso cominciato all altezza di Rectal Exploration, o sbaglio? Un pezzo come Monosexfiles aveva quel senso del groove circolare che ora esplode... Sì, in Rectal Exploration c era qualcosa di quello che poi è esploso in Growing Heads, pezzi come 3 American Bombs e Monosexfiles sono lì a dimostrarlo. Ma sono due dischi basati su attitudini molto diverse. Rectal Exploration era legato ad un idea ancora rock, per quanto storto e rimasticato con una sensibilità noisy e un po deviata... Growing Heads è molto più omogeneo e synthetico, lo puoi ascoltare tutto d un fiato e poi riascoltarlo, i suoni sono più scarni, gli arrangiamenti essenziali, tutto il superfluo è stato tagliato. Non è poi così circolare come sembra, quando percorri un cerchio finisci per ritornare al punto di partenza, se ascolti bene il disco ti rendi conto che difficilmente ritorniamo indietro, via via che scorre c è sempre qualcosa che si aggiunge o si sottrae. Lasciare più spazio ai synth che alle chitarre che senso assume in questa nuova via? Il senso è che la chitarra mi aveva annoiato... Non lo strumento in sé ma il fatto che ci caratterizzasse troppo come una guitar-band. Poi c era la curiosità di misurarsi con nuovo strumenti, più adatti alle nuove idee che ci frullavano in testa. Non è stata un idea meditata troppo, nel giro di pochi mesi, abbiamo comprato synth, drum machine e campionatore e, senza saperli suonare, abbiamo fatto i pezzi nuovi. È come aver acquisito una nuova verginità, dimentichi quello che sai fare e ricominci con cose semplici. L aver rielaborato alcuni pezzi precedenti significa rivestirli con le vesti attuali di Miranda? I pezzi rielaborati in realtà sono solo 3. Head Growing che non è poi così diversa dalla versione precedente contenuta nello split con i Creeping Nobodies. Furry Guys Looking For A Flat Girl invece era contenuta nello split, ma quella versione era il risultato di un lavoro di editing e post-produzione, di fatto era solo un groove suonato live e poi messo in loop al PC con la voce sovraincisa in un secondo momento. Per il disco invece volevamo suonarla per davvero, come facciamo durante i concerti. Spesso rimontiamo le impro sul PC, poi impariamo a suonarle e alla fine le registriamo. Invece I m Your Guido è frutto di un lavoro di editing e remix di una cosa che avevamo registrato nel 2006, su cui poi ho sovrainciso la voce nel salotto di casa con una bottiglia di primitivo, dopo che una mia amica di Boston mi ha raccontato alcuni aneddoti sui Guidos italoamericani. Dal vivo abbiamo imparato a suonarla esattamente come la versione che è sul disco. Sappiamo da dove venite (rock noise e post), ma non dove state andando suggerimenti? è difficile immaginarlo, sicuramente verso la sempre maggiore contaminazione con apparecchiature elettroniche, utilizzabili live come qualsiasi altro strumento. Detto questo non saprei cos altro dire. Siamo molto inquieti e ascoltiamo una gran varietà di musiche diverse, gli sviluppi sono imprevedibili. Stefano Pifferi 8 / Turn On Turn On / 9

6 Hai un bel dire che se ne hanno già piene le scatole del supposto ritorno del soul, delle mediocrità e nullità che non lasceranno traccia. Cioè, Naomi Shelton Amazing Grace Siamo alle solite: se non possiedi un anima, non te la puoi inventare e non puoi fingere di cantare soul music. Naomi Shelton è qui per ricordarcelo con un disco di debutto meraviglioso, ma non è stato facile arrivarci. indentiamoci: lo puoi anche fare e ne avresti tutto il diritto, ma prima tieni ben presente che lo scorso anno una certa Mavis Staples ha pubblicato un live da leccarsi i baffi e che oggi - Anno Domini Naomi Shelton può finalmente esordire su disco col sensazionale What Have You Done, My Brother? a quasi settanta primavere. Roba da non credersi e invocare davvero l altissimo, che di lei s è infine ricordato. Deve averlo supplicato con più forza del solito, questa signora cresciuta in Alabama cantando in chiesa e trasferitasi in seguito a New York sfacchinando di giorno e cantando la sera nei club di rhythm & blues. Poi ti dicono che fai le cose come una volta : grazie tante, tu una volta c eri e hai rischiato di restare una delle mille talentuose che non hanno mai sfondato. Te la immagini quasi, la Shelton, che a sei anni già delizia gli astanti della Mt. Coney Baptist Church di Midway e si forma sul Sam Cooke da acquasantiera accompagnato dai Soul Stirrers e insegue la Grandezza dei Five Blind Boys Of Alabama: Quelli erano i miei mentori. Sono stata ispirata dalla loro musica, dal tono spirituale che avevano nelle loro voci. Non c era hollering, cantavano e basta e a quell epoca non lo faceva praticamente nessuno. Conseguito il diploma, Naomi lascia il sud e si trasferisce con la sorella a fare la cameriera in quel di Long Island. Dura poco e sono momenti tristi, cui seguono un ritorno a casa e la svolta a Miami Beach, dove sbarca il lunario facendo la tata e affinando le corde vocali sulla scorta di Wilson Pickett e Sam & Dave, di Otis Redding e Lou Rawls. Manna che casca dal cielo e le dona nuova ispirazione, quella mistura di sacro e profano che è quintessenza di soul e la spinge a esibirsi in alcuni talent show dove, pian piano, inizia a vincere bei soldini mascherandosi col trucco per nascondere la giovane età. È così che, fattosi il 1963, torna a New York a menare la vita da brava ragazza di giorno e sciantosa la sera. Com è e come non è, entra nel giro dei locali underground, tre set a sera per sette giorni e sulle spalle un lavoro normale come ogni buon cristo. è appunto in uno di questi locali che incontra per la prima volta Cliff Driver, organista provetto con un curriculum che poterebbe via pagine e pagine e che resta colpito da Naomi ( Mi piacque quel sua voce diversa dal solito, capace di raspare come Mavis Staples. ) ma nulla si concretizza e le strade dei due si dividono per alcuni anni ed entrambi tirano avanti tra un gruppo e l altro, lontani dai riflettori e con nelle narici la segatura dei locali di secondo ordine o l incenso della chiesa. A raccontarla sembra un film, lo so, ma è tutto vero: a farla breve, nell 80 Cliff meditava di ritirarsi e piantare la scena dei club approdando al gospel. Compie insomma il percorso inverso rispetto alla Shelton e servirà: fino a fine Novanta sarà solo musica sacra, ed è dopo aver supportato per un certo periodo il carneade Akim che prendono forma le Queens, il trio vocale che fa bella mostra di sé in What Have You Done, My Brother? Edna Johnson, Lisa Poindexter e Judy Bennet vogliono trovare un nuovo cantante da accompagnare e spetta a Edna suggerire Naomi. La quale nel frattempo aveva sempre frequentato chiesa e club e non se lo fa chiedere due volte. Accetta al volo e s è fatto il 1999 allorché lei e Cliff entrano negli studi della Desco Records di Gabriel Roth con la house band Soul Providers per porre su nastro 41st Street Breakdown. Esce su 45 come Naomi Davis & The Knights Of 41st Street, diventa una piccola ma solida leggenda alle feste funk e oggi passa di mano a prezzi da leasing. Quando sembra che un po di successo stia arrivando, la Desco fallisce e la Nostra torna sull altare. Roth - sia benedetto! - torna poco dopo alla carica con la nuova etichetta Daptone, ma deve arrivare il 2005 perché si decida di metter mano a un lp. Occorreranno altre tre stagioni e altrettante session di registrazione, ma alla fine ne sara valsa la pena: il debutto di Naomi Shelton & The Gospel Queens viene registrato in diretta (ed è cosa buona e giusta ) su un otto tracce in un terzetto di occasioni lontane tra loro di dodici e sei mesi. Impossibile accorgersene, tanto What Have You Done, My Brother? scintilla di una bellezza della quale rendiamo conto nello spazio recensioni e che attraversa in orizzontale la tradizione soul, mescolandosi al country e guardando al blues, ricordando le radici sacre e porgendosi carnale tra una cadenza shuffle e le sonorità vintage, una vena Stax e un eco Motown. L umanità e la capacità di raccontarsi del disco spazzano via ogni residua accusa di revival, implausibile perché questa è musica fatta da chi ne respira il senso ultimo e ancestrale in ogni momento della propria vita da che è al mondo, non vi s accosta come a un modello ammirato da lontano e non posseduto oppure raccolto a posteriori. è nell autenticità la sua forza, ecco. Grazie della benedizione, Mrs. Naomi: ci vediamo domenica prossima. Giancarlo Turra 10 / Turn On Turn On / 11

7 Dark Night Of The Soul Viaggio al termine della notte La cronaca di un album non-album che ha fatto molto discutere. Una fotografia con in primo piano nomi prestigiosi e sullo sfondo, sfuocato, il caracollante incedere dell industria discografica Danger Mouse, Sparklehorse e David Lynch, ma non solo. Iggy Pop, Flaming Lips, Black Francis, Jason Lytle, Julian Casablancas, James Mercer (The Shins), Gruff Rhys (Super Furry Animals), Nina Persson, Suzanne Vega e Vic Chesnutt. Questi, tutti i nomi che hanno partecipato all ambizioso progetto discografico Dark Night Of The Soul. Se i primi due sono le menti dalle quali è scaturito il tutto e il terzo è colui che lo ha confezionato con tanto di corredo visuale ogni brano possiede un vero e proprio film fotografico da sfogliare, i restanti dieci sono gli ospiti ai quali è affidato il ruolo di interpretare vocalmente le canzoni. Come se tutti questi artisti, protagonisti indiscussi del panorama indie e non solo, non fossero bastati a far catalizzare attenzioni e aspettative, ci si è messo addirittura un misterioso (major)boicottaggio della EMI a far salire un hype sproporzionato intorno all album in questione. E proprio quest ultima bega legale rischia di far deragliare il giusto approccio critico al progetto, facendo perdere appunto la criticità a favore di una presa di posizione ideologica, seppur involontaria, legata comunque all attuale crisi dell industria discografica. Non è un caso, infatti, che sul Web le prime reazioni abbiano avuto quasi tutte connotazioni estreme: o album del secolo o infima strategia di marketing. Ecco, noi il rischio ideologico non lo vogliamo correre, però non per questo ci limiteremo a parlare esclusivamente dell aspetto musicale dell album. Anche perché quest ultimo, ufficialmente e concretamente, non c è. Ma andiamo per ordine. Brian Joseph Burton, il talentuoso e fantasioso produttore noto come Danger Mouse, e Mark Linkous, il malinconico e intimista Sparklehorse in persona, pensano e decidono di scrivere e arrangiare a quattro mani tredici tracce appositamente per un album corale e interdisciplinare: pedina fondamentale del progetto è proprio il regista visionario David Lynch. La notizia inizia subito a girare in Rete, curiosità e aspettative, visti anche i nomi degli ospiti coinvolti, salgono esponenzialmente, e non potrebbe essere altrimenti. Ci sarebbe da aspettare fino a estate inoltrata così annuncia il sito ufficiale del progetto messo in piedi per l occasione, ma magicamente, o meglio ordinariamente, nei primi giorni dello scorso maggio gli mp3 dell album sono già scaricabili un po ovunque sul Web, con somma gioia dei fans. Ma è qui che sorgono le complicazioni: la EMI minaccia di muovere un azione legale contro Danger Mouse (già recidivo per il suo geniale Grey Album), perché attualmente sotto contratto con essa e quindi non autorizzato a partecipare all album in questione. La pubblicazione quindi non s ha da fare. Ma solo apparentemente. I Nostri decidono ugualmente di dare alle stampe il tutto case, booklet, libro fotografico, ma senza musica. Infatti, il dischetto all interno non è altro che un cd-r vuoto. Nessuno dei titolari lo ha detto chiaramente, ma masterizzare su di esso gli mp3 freschi di download è cosa più che logica. Il problema legale sembra aggirato, e l industria discografica ancora una volta sembra spiazzata e impreparata. Delucidato ora l aspetto formale, veniamo ora al contenuto, alla musica, agli mp3. Di sicuro non si può certo parlare di album del secolo, e neanche del migliore album degli Sparklehorse o di Danger Mouse. Però neanche ci troviamo dinnanzi a un fallimento, anzi. Mark Linkous, già nelle sue ultime uscite aveva fatto notare una lieve, forse naturale carenza creativa, rispetto agli standard a cui ci aveva abituato con i suoi primi due lavori. E le canzoni ora proposte sembrano confermare questa tendenza: niente di disastroso, ma quei picchi artistici restano purtroppo una spanna sopra. Indubbio, però, è l ottimo lavoro di arrangiamento e adattamento dei brani che lui e Danger Mouse sono riusciti a fare. La cosa che più colpisce è l eterogeneità: si passa da atmosfere umbratili e spettrali a sfarfallii pop, da ritmiche sostenute a passaggi fortemente psichedelici, fino a ballad ora cupe ora leggiadre, toccando vari generi musicali con una maestria unica. In più sono riusciti letteralmente a cucire i brani addosso agli interpreti: emblematici sono gli episodi con Julian Casablancas e con James Mercer. L ascolto fila via senza cadute di tono, e per un album collettivo è un merito di non poco conto. Se si aggiungono anche le immagini di Lynch Più che la notte buia dell anima, chi sembra attraversare le tenebre è proprio l industria discografica. Chissà se il suo viaggio avrà veramente un termine Andrea Provinciali 12 / Turn On Turn On / 13

8 Nascono nel 1987 a Sydney i The Necks, trio australiano tra i più originali del modern jazz, capace di incrociare gli stili in maniera del tutto originale, alternando frasi di jazz elettrico e spunti minimalisti, abbracciando un recondita idea di musica ambient e adoperandosi in soffuse interpretazioni di ciò che un tempo fu il kraut rock. Il quintetto storico di Davis (quello con il fenomenale Tony Williams alla batteria tanto per intenderci) a braccetto con Philip Glass, i Can che osservano estasiati le musiche discrete di Brian Eno. Ce ne sarebbero di quadri da incorniciare con le mosse mai scontate dei tre, possiamo peraltro dirvi che il bassista Lloyd Swanton, il pianista Chris Abrahms ed il batterista Tony Buck non amano particolarmente sedersi sugli allori, spingendosi spesso al di fuori dei patri confini per collezionare collaborazioni dal grande fascino. Il batterista Tony Buck in particolare ha scelto la fervida Berlino come luogo operativo, da diversi anni a questa parte, attraversando in lungo e in largo gli scenari musicali locali. Alla sua seconda prova in solo per la solerte Staubgold mette in piedi un qualcosa di inedito, dando fondo alla sua rinnovata passione per il rock chitarristico. [project] Transmit è al debutto omonimo ne riferiamo in Anthony (Tony) Buck Drums Unlimited - Luca Collepiccolo Una volta trasferitosi in quel di Berlino - una delle capitali europee più attive dal punto di vista artistico/ creativo - Tony Buck non ha certo smesso di indagare la sua più consona dimensione musicale. Continuando a lavorare in parallelo negli ambienti del jazz di ricerca e del sound design, il nostro decide di licenziare la sua prima opera propriamente rock altra parte del giornale e l uomo che siede dietro ai tamburi fa praticamente tutto in solo, non fosse per il basso elettrico di Dave Symes. Per un uomo che ha collaborato praticamente con tutti i grandi dell mprovvisazione (da Otomo Yoshihide a Ned Rothenberg passando per John Zorn e Phil Minton) concedendosi anche variazioni sul tema elettronico con Fennesz, si tratta di stabilire nuovamente le regole del gioco. Cerchiamo di capire perchè In che misura il trasferimento in quel di Berlino ha influenzato le tue ultime pubblicazioni? Penso che la prima volta che sono arrivato a Berlino, circa 10 anni fa, ero molto influenzato dai musicisti di estrazione impro e dalla natura e dal modo in cui essi lavoravano. Posso riscontrare l influenza di diverse persone con cui ho suonato, soprattutto in dischi come Aether dei Necks o l album di sola batteria e percussioni Self_Contained_Underwater_ Breathing_Apparatus. Naturalmente uscite come quella in duo con Axel Dorner sono un prodotto tipico della scena locale. Un altra recente pubblicazione- Gold, un progetto in duo con la pianista berlinese Magda Mayas, pubblicato da Creative Sources è in qualche modo influenzato dalla stessa scena di Berlino, ma non credo si possa dire lo stesso di [Project] Transmit. Penso che queste registrazioni e questo concetto hanno più che altro a che fare col mio accresciuto interesse in alcuni aspetti del suonare la chitarra elettrica. Un lavoro che è in realtà piuttosto vicino allo spirito di altri musicisti con cui ho collaborato durante la mia carriera, Andy Moor degli Ex (e dei Kletka Red) e Lee Ranaldo, con cui ho suonato in un progetto di stanza a New York a nome Glacial. Buona parte delle incisioni sono state effettuate a Sydney, Australia e davvero non c è modo di ascoltare un qualsivoglia suono berlinese all interno di questi solchi. Sei ancora un habituè dei circoli avant ed improvvisativi, da dove nasce la volontà di incidere un disco propriamente rock nell orientamento? Come dicevo prima, nasce tutto dal mio interesse rinnovato per la sei corde, l ho sempre suonata ad intervalli regolari, ma credo che solo 5 anni fa ho realizzato quanto volessi approfondire in maniera specifica le tecniche di esecuzione. Penso che l approccio di suonare e scrivere musica rock - almeno alla maniera di gruppi come Shellac, Sonic Youth o Swans mi ha sempre interessato ed anche se è difficile scorgerlo in superficie, è un aspetto che ha influenzato alcuni elementi che sistematicamente trasporto all interno dei Necks. Per molti versi [project] Transmit non è distante anni luce da quanto proposto dai Necks, ovviamente questa mia nuova avventura arriva da un concetto di formacanzone, non da una angolazione improvvisativa. Pensi che questo disco abbia qualche tipo di analogia con passate esperienze quali i Peril ad esempio? Credi che sia la chiusura di un cerchio? Penso che gli aspetti più heavy del disco possano riportarmi indietro al tipo di energia e di intensità che avevo esplorato all interno del progetto Peril. In una certa maniera credo che [project] Transmit abbia in qualche modo riconciliato le differenze che ho avvertito tra i Necks ed i Peril. Credo sia riscontrabile la potenza e l energia nell intensità tipicamente rock dei Peril, pur lavorando con figure ripetitive ed aree di trance music che i Necks hanno sempre esplorato. Sei un così grande performer, capace di muoverti in aree multiple e di unirti a musicisti di diversa estrazione. Aldilà dell esperienza storica coi Necks, ho apprezzato anche il tuo recente progetto Regen Orchester ed ovviamente la coppia di album pubblicati a nome Kletka Red. Qual è il segreto nel cambiare destinazione così di frequente? In realtà trovo estremamente facile cimentarmi in diversi progetti, seguendo approcci differenti e focalizzandomi su estetiche spesso agli antipodi, proprio perchè amo i più disparati modi di comporre musica. Ho sempre avuto l impressione che l essenza di molti stili sia rintracciabile nelle intenzioni e nel focus utilizzati in ogni specifico approccio. Non l ho mai visto come un problema, nel mio ruolo di batterista. C è così tanta meraviglia nel suonare in una maniera piuttosto forte e semplice come è fantastico trovare ricche tessiture e complessi contrappunti in una dinamica dai tratti più quieti. I differenti stili musicali esplorano proprio queste specifiche caratteristiche e trovo che la vita di un musicista sia di gran lunga più gratificante sotto questo aspetto. C è ancora qualche obiettivo che ti sei prefisso di raggiungere come musicista? Ci sono molti obiettivi da raggiungere. Vorrei che la mia musica raggiungesse il maggior numero di persone e divenisse un mezzo di gran lunga più chiaro ed espressivo. Mi auguro di poter esplorare maggiormente questo approccio chitarristico, renderlo in qualche misura più articolato. Nella veste di batterista e compositore c è sempre molto da fare per incrementare le proprie conoscenze. Ci sono piani per portare [project] Transmit ad esibirsi dal vivo o il tutto è inteso come un esperimento rigorosamente da studio? Vorrei che questo progetto avesse anche uno sviluppo in termini di esperienza live. Abbiamo fatto il lancio del cd nell occasione di un concerto berlinese del quale mi posso ritenere assolutamente soddisfatto. Ho suonato la chitarra con due batteristi, un bassista elettrico ed un tastierista/organista. La musica era leggermente diversa da ciò che puoi ascoltare su disco, specialmente nelle parti di organo, suonate originariamente dalla chitarra, ma il tutto ha funzionato davvero bene, raggiungendo un alto tasso di energia ed intensità...sarebbe eccezionale poter portare in tour questa formazione. Ho iniziato tra l altro a lavorare ad una seconda pubblicazione ed il fatto di avere una buona band alle spalle mi ha permesso di concepire la musi ca seguendo un approccio molto più espansivo. 14 / Tune In Tune In / 15

9 Giancarlo Frigieri I giusti argomenti Chiacchiere epistolari con Giancarlo Frigieri, ex frontman dei Joe Leaman. A proposito della sua solitudine per nulla solitaria. Di come si possa amare dischi ma non comprarli né recensirli. Di certe pelose beatificazioni. Di una svolta ben meditata e inopinatamente fruttuosa. Di nomi sbagliati e strane ricerche sulla rete. - Stefano Solventi Giancarlo Frigieri da Sassuolo, classe 72, un tempo suonava la chitarra nei Love Flower (dal 1989 al 1994), poi la batteria nei Julie s Haircut (dal 95 al 97), quindi è stato per dieci anni (fino al 2006) la voce e la chitarra dei Joe Leaman. Poi si è messo in proprio. Ha esordito in solitario col buon Close Your Eyes, Think About Beauty (Black Candy, gennaio 2007), cui è seguito un biennio operoso che ha dato vita a questo vivace 2009: a stretto giro sono usciti In Love (Black Candy, Febbraio 2009), registrato nel settembre 2007 assieme ai Mosquitos, e Grand Theft Auto/The Dead Children Song (Black Candy, marzo 2009), split in formato vinile 7 assieme a Chris Eckman dei Walkabouts. A chiudere una sorprendente triangolazione, ecco L età della ragione, album che segna una inattesa svolta in chiave rock cantautorale. In italiano. Attualmente però non c è un etichetta disposta a distribuirlo. Contatto Giancarlo via mail e come prima cosa gli chiedo spiegazioni. La Black Candy mi ha detto che avrei dovuto aspettare l autunno a pubblicarlo. Ho scritto alla Tempesta se potevo spedirglielo per farglielo ascoltare, non mi hanno risposto. So che di solito si spedisce senza chiedere, ma io non voglio che il mio cd finisca in una pila... E quindi lo distribuisco io. A mano. Durante i concerti, per posta e nei negozi che me lo chiedono. Anche perché tanto i dischi non si vendono assolutamente più, dal vivo ci sono persone che si avvicinano al banchetto, scrivono il nome e il titolo su un taccuino e poi probabilmente mi cercano su e-mule (visti con i miei occhi). Peccato perchè senza un etichetta spesso giornalisti, radio e locali non ti cagano nemmeno. Peccato perché su questo sono (siete) rimasti indietro, al vecchio e patetico trucco del marchio messo per finta... Peccato, sì, perché il disco è indubbiamente valido, a partire dai testi. Ci sa fare, Giancarlo, coi testi in italiano. Ci ho pensato un paio d anni. Mi mancava il coraggio. L inglese ti permette di non impegnarti a fare testi che è il motivo principale per il quale viene usato in tutto il mondo. America compresa, nel senso che comunque gli americani non si fanno problemi a cantare Tutti Frutti e ascoltare solo il ritmo. Noi se ascoltiamo Stasera mi butto la degradiamo a scemenza per via del testo. è un nostro retaggio culturale, quello di voler fare cose che abbiano un senso. Scusa, oggi sono in vena di battute. Altro che battute: giochi di parole che mandano i luoghi comuni in controsenso (come E sarà la tua indifferenza a farti credere differente, oppure Professare amore e calda accoglienza/tenendovi bene a distanza ). Boh! La prima frase che citi è probabilmente la voglia di dire che L età della ragione non è detto che ti metta in condizione di capire esattamente i tuoi simili ma forse è più un qualcosa di simile ad un utopia, a un qualcosa a cui tendere...la seconda, da La stagione dell odio, è dedicata a tutti coloro che parlano di accoglienza agli immigrati ma che se ne guardano bene dal rivolger loro la parola. L Italia è piena di questa gente e non solo l Italia. Siamo sempre alla distanza insormontabile tra il pensiero e l azione. Un senso però sembra di intravederlo in questo disco, al punto che potrebbe passare per un concept album. In genere con questo si intende un blocco narrativo unico quindi non considero il mio un concept album. Però è vero che c è un filo conduttore, che penso sia una semplice analisi del tempo in cui viviamo attraverso vicende di vari personaggi. Perché, ne approfitto per dirlo, non c è molto di autobiografico nel disco se non il punto di vista che ovviamente è il mio. Ok, l Italiano per forza ti impegna, te ne devi incaricare. Allo stesso tempo c è la musica, curata ma essenziale, talora ridotta all osso. Le due cose non sono legate. è che in musica adoro il ruolo che ha il silenzio. Trovo che tanti musicisti non capiscano l importanza del NON suonare una nota. Specialmente i chitarristi e i batteristi spesso hanno fretta di dimostrare che sono bravissimi e diventano come quelli che a scuola sottolineavano tutto non capendo che in realtà non evidenziavano niente. Lo avverto che nella recensione mi toccherà citare De André. Siamo sulla via della beatificazione di De André e allo stesso tempo siamo straordinariamente lontani dalla sua poetica. Questo perché tra il dire e il fare ormai c è un distacco incolmabile e viviamo in tempi nei quali la cosa più importante di un libro è la copertina, magari ben in evidenza sullo scaffale. Rispondo al contropiede citando Il cane, il pezzo che più di altri mi sembra scomodare la memoria del grande Faber. è una canzone che parla proprio di un cane. Senza simbolismi. Mi sono immaginato che magari tutte le frasi che i padroni dei cani dicono dei propri cani siano perfettamente smontabili dai cani stessi. Il coro finale è dei cani del canile di Arceto e nel disco c è anche il numero di telefono così se qualcuno della zona ne vuole adottare uno sa dove andare. Succede la stessa cosa con i figli e d altra parte le cose sono collegate. Come disse una volta Giorgio Celli: dicono che il gatto è un animale freddo e ti vuol bene solo perché gli dai da mangiare. Provate a non dare da mangiare ai vostri figli per tre o quattro giorni e poi vediamo cosa pensano di voi e dove vanno ad abitare... Da Faber a Gaber, presenza palpabile in Alla fine e Quando litighiamo, quest ultima pure sbilanciata 16 / Tune In Tune In / 17

10 Tenco. Gaber è stato insieme a Sandro Luporini uno dei più importanti uomini di cultura della seconda parte del Novecento italiano. Il fatto che fosse un cantante era probabilmente solo il vestito o la forma adatta al proprio tempo. Trovo che, pur essendo anch egli in via di beatificazione, manchi molto ai nostri tempi. Più che altro avrebbe secondo me capito dove saremo tra 10 anni visto che è stato sempre in anticipo. Come avrai capito per Gaber ho una adorazione infinita da quando lo conobbi per la prima volta sentendo Io se fossi Dio alla radio dove trasmettevo, intorno al Tenco lo conosco poco, pur riconoscendogli un ruolo di primo piano nell Italia del suo tempo non mi è mai entrato sottopelle. Quello che rende davvero interessante L età della ragione è come tenti un equilibrio tra mondi diversi, tipo il Paisley Underground come lo rifarebbe Pierangelo Bertoli, o i Black Heart Procession pervasi Vecchioni e Branduardi. L accostamento a Bertoli mi inorgoglisce visto che siamo concittadini. Onestamente non cerco nessun equilibrio tra un mondo e l altro, almeno non consapevolmente. Se una cosa suona bene per me, allora va bene. Inoltre, per i suoni del disco devo ringraziare soprattutto Andrea Rovacchi che da tanto tempo è colui che sta dietro al mixer in sala di registrazione nei miei album e che specialmente ne L età della ragione è stato determinante. Oramai l intesa che c è con lui mi permette di entrare in studio senza idee troppo precise a livello di arrangiamento e di decidere velocemente quali siano gli strumenti giusti da utilizzare. In ogni caso anche Branduardi mi piace, così come Steve Wynn, i Died Pretty, i Thin White Rope e tutto quel suono americano degli anni 80 che la critica ha riunito sotto il nome di Paisley Underground. E qui casca l asino, ovvero la collaborazione con Chris Eckman. La Black Candy ha proposto a tutti gli artisti del proprio roster di realizzare uno split single in vinile 7 pollici in 100 copie numerate, dovevamo sceglierci noi con chi. Visto che non mi andava di fare una cosa con qualche mio amico tanto per fare ho provato a chiedere a Chris, visto che la sua musica mi è sempre piaciuta dai tempi dei Walkabouts e che abitando in Slovenia ci si sarebbe pure potuti incontrare. Gli ho scritto e gli ho proposto la cosa, spedendogli il mio disco. Lui ha risposto di si, chiedendomi di scambiarci una cover. Quindi io ho fatto Grand Theft Auto e lui The Dead Children Song. Dopodichè ci siamo incontrati per fare un paio di concerti e pur senza aver mai provato insieme abbiano suonato magnificamente. Raramente mi sono trovato così bene suonando con qualcuno, mia moglie diceva che sembravamo fratelli... Ripeteremo l esperienza in autunno e Chris mi ha pure chiesto di registrare il mio nuovo album nel suo studio. Sto tentennando, la tentazione è forte. Futuro e passato. Ad esempio, l ultimo lavoro dei Julie s Haircut è davvero buono, ma nulla di più lontano dal Frigieri attuale. Quel Frigieri che ci ha messo lo zampino. Suonare con i Julie s è sempre bello, principalmente perché sono una grande band. Fra l altro il disco non l ho ancora sentito, ma Luca G. me ne ha tenuta una copia in vinile che devo andare a prendere a casa sua. A dire la verità la collaborazione con i Julie s non è che sia nata da chissà quali esigenze o ragionamenti. Sono passato a trovarli in studio, mi hanno detto di suonare qualcosa e io l ho fatto. Quanto alla mia parte cantata ne La macchina universale, ero in studio con Andrea che mi stava facendo sentire il pezzo e gli ho detto: ma è strumentale? Perché ci starebbe bene una voce che fa una parte ripetitiva... e lui mi ha detto: valla a cantare tu. L ho fatto, a loro è piaciuta e l hanno tenuta. Tutto molto spontaneo, insomma. Già, come calpestare il palco con Offlaga Disco Pax, Le luci della centrale elettrica, o quei Modena City Ramblers che compaiono anche nei credits de L età della ragione. C è pur sempre una musica italiana che gira intorno. no? I Modena City Ramblers sono amici di lunga data. Massimo Ghiacci è l unico che conosco che abbia un contrabbasso e poi mi piace come suona. è stata sua l idea dell archetto all inizio di Quando litighiamo. Quanto a Elisabetta Vezzani, che dire? Ha una voce come poche, un timbro straordinario che a me ricorda un poco Suzanne Vega. è anche merito suo se Un cane è la canzone che è. Per quanto concerne il rapporto con la musica italiana di oggi è abbastanza vago, nel senso che ascolto diverse cose ma che mi piacciono davvero non ce ne sono poi tante. Cesare Basile mi piace. Sono curioso di sentire il nuovo di Giorgio Canali. Restano due dubbi. Il primo è legato alle foto dell artwork. Il libretto, che è opera di mia moglie, non è altro che una raccolta di foto di famiglia. Mio nonno era un colone. Mio padre è nato a Mogadiscio nel 1942 e ci ha vissuto fino al 1959 quando è dovuto rientrare in Italia per motivi famigliari. Gli è andata bene, visto che nel 1960 la Somalia ha acquisito l indipendenza e pian piano sono cominciati i problemi... Segue una appassionata analisi della triste condizione somala, che è giusto rimanga fuori da questo contesto. Ci sarebbe semmai l ultimo dubbio, riguardo allo strano nome del dominio web, l astruso Tutti sbagliano a scrivere il mio nome. C è chi scrive Frigeri, chi scrive Friggeri, chi scrive Fergieri, chi Frigierio, e così via... Se mettevo giancarlofrigieri.com non lo trovava nessuno o comunque lo sbagliavano in tanti. A quel punto ho pensato che ci voleva qualcosa di semplice e visto che mia moglie quando parlava di me (ovviamente) diceva sempre: mio marito. Ho guardato se fosse libero quello. Lo era, l ho preso subito. La cosa divertente è che ogni mese c è gente che capita sul sito cercando cose del tipo problemi con la suocera, oppure, il mese scorso, mio marito parla con un altra via internet. Questo mese c è già un Mio marito ha un cazzo formidabile che non è male... Proprio niente male. Prima di salutarmi mi informa che ha inciso una cover di Cohen assieme alla moglie. Che sta registrando coi James River Incident, la band di veterani esordienti già corresponsabili della galoppante title track L età della ragione. Che se troverà un buco probabilmente andrà a votare, visto che di week end elettorale si tratta. In bocca al lupo. 18 / Tune In Tune In / 19

11 Lo Spazio del Suono / 5 FOURM Architettura e scienza del suono, seppure dotate di un certo rigore, si sono spesso dimostrate libere di interagire, tanto nella forma di discipline o arti governate da regole e principi (proporzione, ritmo ed equilibrio) costantemente legati a doppio filo a questioni percettive che hanno finito per coinvolgere l uomo e lo spazio da egli abitato. - Sara Bracco e Vincenzo Santarcangelo Archisonics come dire occhio e orecchio a lucchetto. Barry G. Nichols. Una vita dedicata alle relazioni tra architettura e scienza del suono. Dall architettura, intesa come scienza dell abitare, partiva la ricerca del sound-artist Tiziano Milani, impiegata all interno di una camera riverberante e legata alle proprietà fisiche dell oggetto in Im Innersten (Afe, 2009), o intrappolata nelle registrazioni spaziali effettuate con Luca Sciarratta in SIRR (Setola di Maiale, 2007). Musica che Milani concepisce prima di tutto come architettura dello spazio primordiale, o, per usare parole che Barry G. Nichols, artista dietro FOURM, prende in prestito da Goethe, un architettura come musica congelata, manifesto di esplorazioni per suono e forma della serie Archisonics. Una ricerca per l artista inglese che inizia con i progetti firmati ECM 323 ( ), di cui ricordiamo le preziose installazioni sonore, principi successivamente approfonditi con i moniker SI- COMM e Level ( ) a cui concedere la maggior parte dei suoi progetti solisti. Risalgono a tempi più recenti, invece, i lavori firmati con la sigla FOURM, progetto ideato inizialmente per la realizzazione di una serie di remix, e successivamente concentratosi sulla fortunata serie Archisonics, il tutto sotto l egida dell etichetta personale WHI- TE_LINE. Un esplorazione attenta alle relazioni tra suono e forma costruita, collegate dalla matematica della pura informazione, è qui che FOURM vede nel personal computer la chiave che lega le due cose. Indagini sonore al servizio prima di tutto di quello che Nichols definisce il vero minimalismo, ridotte al minimo dei componenti e al servizio di strutture o particelle di forma, chiamate dall artista DNA sonoro. Una serie primaria di suoni puri che si dispone combinandosi in una certa forma coerente, o meglio, in una forma dotata di risonanza, fluidità e coerenza linguistica. Architettura e suono dipendono entrambi da una struttura, da fenomeni compositivi più o meno addizionali e distinti a livello di ordine e proporzione che relazionano opera ed individuo. Partendo da queste considerazioni preliminari, vorrei mi parlassi del progetto Archisonics e della pubblicazione con Andy Graydon. Come agisce su questi temi il tuo percorso di lettura sonora e analisi del contesto architettonico? Forum: il procedimento per me è stato quello di prendere una serie di regole o parametri e successivamente, tramite processi di sottrazione, contrazione, riduzione, deformare ciò che sarebbe stato una sequenza o serie di suoni molto regolare. In questo modo, introducendo un elemento frammentato nel contesto di una disciplina che in gran parte è governata da regole e principi severi, ho agito come l avvocato del diavolo. Andy Graydon ha avuto un approccio armonioso e più incline ai fenomeni atmosferici. La collaborazione tra noi due è vissuta grazie a differenze significative, che tuttavia hanno reso l unione molto interessante. Archisonics, che già di per sé unisce due parole, architettura e sonorità, è stato creato per incorniciare due diverse, ma reciprocamente compatibili discipline, e il libro in modo particolare si propone di analizzare gli aspetti del suono e della forma costruita, tracciare paragoni e analogie e attivare un certo tipo di discorso critico. La scrittura di Andy è stata particolarmente ispiratrice perché nasceva da una posizione del tutto soggettiva. Alle sue istanze di tipo impressionista e sotto forma di diario segue la mia analisi, di impianto più narrativo, scientifico-filosofica. Le due forme sono tenute insieme da molte risorse oscure e punti di riferimento comuni. Se esaminiamo meglio, architettura e scienza del suono sono discipline che privilegiano l occhio e l orecchio rispettivamente, così Archisonics, come singola entità, funge da ponte e da catalizzatore tra le due. Analogie tra archiettura e suono che diventano manifesto, mi riferisco ai principi del serialismo strettamente connessi ai principi estetici del decostruttivismo architettonico. Principio del serialismo anticipato da Le Corbusier con il sistema di misura basato sulle proporzioni umane, approfondito grazie alla collaborazione con Xenakis per il Padiglione Philips. In che modo questi principi hanno influenzato i tuoi studi? Come vedi oggi mutata la relazione tra I due elementi di questo dualismo architettura/musica? Ritengo che la relazione tra architettura e musica sia diventata di fondamentale rilievo negli ultimi venti anni, probabilmente parallelamente alla capillare diffusione dei personal computers. Di più, le discipline creative hanno subito una serie di trasformazioni e hanno iniziato a incrociarsi tra di loro, a partire da collettivi artistici come Fluxus, e successivamente dirigendosi verso l esterno in direzione dei dipartimenti educativi dei musei, che iniziano finalmente ad aprirsi all influenza, o meglio alla confluenza, di musica e architettura. Solo guardandosi attorno, si può notare come edifici finiscano per assomigliare sempre più spesso a sculture, e viceversa; penso che i computer siano i veicoli tramite cui questa fecondazione incrociata viene attivata, e lo stesso vale per i binomi musica/suono e musica/architettura. Questi trasferimenti di informazione attraverso i sistemi digitali sono assimilabili ai sistemi in natura, 20 / Tune In Tune In / 21

12 e il computer diventa il punto di convergenza di forme ibride che evolvono e mutano costantemente. Il tuo riferimento al lavoro e al pensiero di Le Corbusier è davvero adeguato, poiché il suo Modulor System si basava su tecniche e principi di proporzione, la cosiddetta Golden Ratio che hai menzionato e che governa anche la serie di Fibonacci. Il mio lavoro è stato pensato specialmente per rompere e frammentare in qualche modo la tradizione di una Golden Ratio, o di una sezione aurea del suono, nonostante non nutra alcun dubbio sul fatto che esista una parte del nostro subconscio e del nostro sistema cognitivo che si orienta naturalmente verso proporzioni armoniose: altrimenti tutto ciò che verrebbe fuori sarebbe cacofonico, o di sicuro dissonante. Le relazioni tra suono e forma costruita sono fondamentalmente collegate dalla matematica della pura informazione, e ancora una volta, è qui che io vedo nel personal computer la chiave che lega le due cose. Non sto cercando di affermare alcun tipo di primato intellettuale, poiché indagini migliori sono già state condotte, e quello che è stato realizzato si trova nella sua forma migliore allo stadio infantile. Immagino che se il mio lavoro fosse governato unicamente da principi di proporzione armoniosa, allora sarebbe molto più simile ad una forma di minimal techno, qualcosa di decisamente più rifinito e seriale. Forse per un progetto futuro... Sempre in riferimento al Padiglione Philips, Le Corbusier diceva: deve essere una bottiglia e contenere il nettare dello spettacolo e della musica. Ad oggi, quale potrebbe essere un opera-luogo (o non luogo) in grado di rappresentare questa simbiosi tra Architettura e Musica? È interessante il fatto che utilizziate il termine simbiosi perché fa parte di una terminologia che si rifà alla biologia e alla natura, e che diventa effettivamente il punto d origine di tutto il discorso. Ci sono diversi posti a cui penso in cui questo senso di simbiosi sia consciamente o inconsciamente presente. Questo è reso possibile dall utilizzo dell Architettura come strumento, o di strumenti come architettura. Forse i migliori esempi sono quelli che consapevolmente tengono unite le due istanze, il Geneva Bypass è stato appositamente ideato come opera di architettura che sfrutta come veicolo il suono per esprimere il senso cinestetico del passaggio di un autista in una galleria. Anche la SonoHouse di Nox utilizza l esperienza sonora come parte della costruzione. Ci sono numerosi altri esempi di Archisononics che vanno dagli antichi osservatori dei Maya alla turpe Whispering gallery della St. Paul Cathedral a Londra, all architettura magnificamente brutale del Sound Mirrors sempre in Gran Bretagna. Potrei citare anche il Memoriale del Negev Brigade in Israele, un edificio meravigliosamente scultoreo e architettonico che fa uso dei suoni del vento, dei vari livelli di costruzione e degli echi che intervengono nello spazio del percorso fisico della memoria. La lista è abbondante. Una delle mie maggiori ambizioni adesso è quella di riuscire a lavorare con un architetto o con un team di architetti per creare un edificio/ scultura che sia archisonicamente prescrittiva. Set.Neutral evidenzia la tua attenzione alle atmosfere estremamente ridotte, alle particelle in frammenti che penetrano il silenzio. Mi parli di Set.Neutral, le regole e le influenze a questo lavoro? Il suono inteso come una delle infinite declinazioni del medium digitale è eccezionalmente malleabile a infinite combinazioni. Mi sono sempre interessato alle strutture e alle micro-strutture che manifestano se stesse più si va avanti a dilatare o espandere un suono, o al contrario a ridurlo e compattarlo. Le serie set (finora tre dischi: set.neutral, set.grey, set.black) si concentra sull esplorazione di strutture a partire da microscopici frammenti di suono, estesi gradualmente in lunghe sequenze di forme. Il metodo è quello della eviscerazione, un recidere o un approfondire, per creare suoni che siano modificabili e in qualche modo simili a quelli della teoria del caos. Ciò che cerco di fare qui è piuttosto un analisi delle strutture emergenti e non la replica di qualcosa che è stato già realizzato. Tutto il materiale è composto di particelle indivisibili: tutta la materia, una volta ridotta a sufficienza, diventa mera vibrazione (o moto browniano). Si tratta, a mio modo di vedere di puro minimalismo: ridurre e condensare ogni cosa ai propri elementi costitutivi, cercando di creare strutture, forme dalle particelle, quello che io mi diverto a chiamare DNA sonoro, una serie primaria di suoni puri che si dispone combinandosi in una certa forma coerente, o meglio, in una forma dotata di risonanza, fluidità e coerenza linguistica. Un momento chiave del processo è stato quello di ridurre gli elementi sonori il più possibile, pur mantenendo una tensione e un farsi-forma che risultasse interessante per l ascoltatore. La materia che si sfalda in particelle di 22 / Tune In Tune In / 23

13 frammenti sonori è, secondo Alva Noto cristallizzata in nuclei che s irradiano in nuove direzioni mai programmate ma inevitabilmente imprevedibile. Per usare sue parole, I progetti possono essere iniziati e terminati. L Identità no. Cosa ne pensi? Artisti come Noto, Ryoji Ikeda, Frank Bretschneider, Plastikman e altri sono stati interessanti per la mia formazione, ma il loro limite sta nel fatto che continuano ad operare all interno di concetti come musica e musicalità. Utilizzano frammenti di suoni, dati, campioni, e intrecciano complesse combinazioni che inevitabilmente finiscono per assomigliare ancora a una forma di musica techno - per quanto pura. Il loro lavoro è ancora marchiato a fuoco dal tarlo del musicale ed è decisamente riconoscibile in termini di formati musicale. Quello che cerco di fare io, per converso, è di creare qualcosa di più immediatamente categorizzabile e definibile come arte, ed è per questo che cerco costantemente di inventare nuovi modi per far fruttare il mio approccio; l obiettivo a lungo termine (la mia missione è ancora in atto e non ancora completata) sta nel riuscire a prescindere totalmente dai significanti dei miei dischi, essendo essi componenti fondamentali della musica. Ci puoi dire com è nata l idea della White_Line, com è strutturata? I progetti che senti più rappresentativi, e quelli futuri? Come molti degli artisti che operano al margine dei canali convenzionali, volevo creare un tipo di prodotti che io stesso avrei apprezzato, ponendo attenzione alla buona qualità e al giusto design. Ho cercato di creare una piattaforma che rappresentasse al meglio l odierna comunità di artisti minimali, e allo stesso tempo creare un mezzo col quale lanciare i miei esperimenti sotto il nome di FOURM. White line è una struttura organizzata che tendenzialmente non ha nessun maestoso piano d attacco alle spalle. Semplicemente, rendo pubblico il lavoro degli artisti che mi piacciono e che sento in qualche modo estenderanno il linguaggio del minimalismo a svariati approcci. Esistono diversi modi di approcciarsi al minimalismo. Penso che i progetti più rappresentativi dell etichetta siano il libro di Archisonics e i quattro cd states con relativa installazione, poiché non sono progetti basati esclusivamente sul suono, ma coinvolgono il pubblico a vari livelli di fruizione. I progetti futuri saranno ancora una volta concentrati sul minimal sound: una sinergia di impegno e passione li renderà davvero attraenti! F. L. Wright diceva che la musica non sarà in grado di portare a compimento la sua rivoluzione se, come l architettura, non rinnova i suoi materiali. Cosa ne pensi? Qual è il tuo rapporto con gli strumenti classici? È un affermazione che condivido. Suppongo che la mia immaginazione sia ancora lo strumento più importante di cui io disponga. Certo, essa, così come la mia arte, si esprime attraverso l utilizzo di un personal computer. Il mio approccio alla strumentazione tradizionale è sempre consistito in un tentativo continuo di frammentazione e riconfigurazione dei suoi principi originari. Non penso di aver mai creato o lavorato con uno strumento musicale nel modo che era richiesto dalla sua storia...fa parte del mio modo di essere, credo, prendere una posizione che sia in grado di cambiare le regole. Ad essere sincero, tutto questo in parte nasce dalla mia nota inettitudine con la musica, in parte è dovuto alla mia natura ribelle e rivoluzionaria! Attualmente sto lavorando a un importante progetto (ancora senza titolo), che mi impone di distruggere letteralmente un pianoforte e registrare i risultati di questo processo. Questa è la parte concettuale, in cui i suoni creati dal lento smantellamento di uno dei più potenti simboli della musicalità e la presenza fisica dello strumento stesso vengono trasformati da un atto di distruzione. Forse questa forma di distruzione creativa è la conseguenza diretta dell odierna eccessiva facilità di procurarsi mezzi per fare musica. Il progetto cambia simultaneamente la forma della musica e i suoi strumenti e inoltre presenta una analogia quasi fisica con i cicli naturali e dei processi di nascitamorte-rinascita intesi come atti di trasformazione e trascendenza. Tutti i pezzi del piano saranno poi inscatolati a casaccio e venduti in edizione limitata, insieme con il cd dei suoni della loro stessa decostruzione, così in qualche modo il loro possessore diventerà parte del processo. Puoi parlarci del tuo percorso artistico a partire dalle installazioni sonore siglate ECM323. Qual è il tuo rapporto con questa forma d arte? Ho ideato il progetto ECM323 con Linden Hale: miravamo essenzialmente alla realizzazione di idee scientificamente fondate sulla forma del suono, e a ricreare esperimenti condotti da esperti della (cymatics), Ernst Chladni e Hans Jenny, donando loro maggiore fruibilità. Abbiamo esposto diversi progetti, adesso ben documentati, e credo questo sia stato il momento in cui si è deciso di dedicarci a un corpo consistente di lavori che ci avrebbero condotto al futuro. Gran parte di ciò che abbiamo raggiunto con le installazioni lo si deve a Joe Banks di Disinformation (Ash International), che ha coinvolto ECM323 nelle sue prime esposizioni in galleria. Joe è stato un grande sostenitore dell installazione TRACE in particolare, e ci ha aiutati ad estendere il progetto verso un più ampio pubblico. Dopodiché, altre gallerie ci hanno fatto delle proposte e il progetto nella sua interezza è decollato raggiungendo il suo apice con le installazioni di suoni in serie di TEST SITES presso l Installation Museum di Londra. In seguito ha avuto la meglio il desiderio di famiglia di Linden e così ho avviato il progetto in solitaria Si_COMM, che si è poi trasformato in FORUM e Level. I punti chiave che erano presenti in ECM323 sono ancora al centro della mia attenzione, e alcune di quelle idee iniziali si sono sviluppate. Quello di Feedback è stato un concetto ricorrente sin dall inizio del progetto, essendo esso implicato tanto in processi biologici quanto per il funzionamento dei sistemi sintetici/digitali e i sistemi musicali elettronici. Il mio approccio all installazione deve necessariamente partire da un idea che possa essere udita e visualizzata, che sia in grado di illustrare un processo pensato, o una linea di pensiero, qualcosa che faccia parte della mia evoluzione personale come artista, e non ultimo, qualcosa che sia finanziariamente praticabile. Il sistema britannico dei fondi per l arte è attualmente estremamente complicato, sembra mirare subdolamente alla creazione di un sistema di arte approvata dal governo che attirerà masse adulanti di spettatori del contemporaneo. Quasi tutto quello che si vede nella gallerie inglesi oggigiorno è fiacco, derivativo, scarsamente interessante...tutti vogliono diventare i nuovi Damien Hirst. Per gli artisti più radicali ottenere fondi per la realizzazione di progetti ambiziosi è diventato davvero difficile, almeno per quanto riguarda il Regno Unito. Qualche offerta continua ad arrivare dall Europa continentale e dal Canada / Tune In Tune In / 25

14 Sardegna. Terra madre di riti ancestrali e crocevia di tradizioni millenarie. Questo e molto altro. L isola che spunta rigogliosa in primavera e brucia d estate. La dea della fertilità il suo simbolo. Se oggi questo patrimonio a noi continentali sembra così distante e antico, travolto dalla velocità di download e dalle comunicazioni in fibra ottica, ci sono degli avamposti che resistono all oblio e alla cancellazione della memoria. Nel 1999 a Macomer, centro geografico dell isola, si respira aria di rivoluzione. Rivoluzione musicale. In principio nasce tutto da un collettivo di performance teatral-musicale improvvisate. Gli 8 afrodisiaci fatti in casa. Deliri collettivi che si nutrivano della neopsichedelia uscita dai 90. Teatro e performance più o meno regolari in un esperienza che dura poco ma che al suo interno ha un potenziale energetico che sprigiona DIY-ness da tutti i pori. Così, dopo poco, con l avvento del masterizzatore, fare un disco è alla portata di tutti. Il medium non viene però percepito come strumento per vendere. Anzi, il CD diventa diario per documentare gli esperimenti. Mutati e salvati nei solchi digitali. Dal teatro alla musica. Oggi il nome di punta è Hermetic Brotherhood Of Lux-Or. Con un moniker del genere hai già detto dove stai andando con la visione. E se l esperienza è difficilmente descrivibile, Mirko Santoru aka Miroslaw - fondatore della label transponsonica - ce ne parla come di una sorta di scrittura musicale automatica che viene documentata in presa diretta. Ci piace definirla post-world music mutante. Gli ingredienti sono avvicinabili al folk, ma non quello americano di Devendra Banhart che ormai è pura patina. Qui la folkitudine è un culto permeato di terra e di sangue, cose che senti a contatto con le radici delle sugheraie, le siepi di mirto che costeggiano le strade con i cartelli impallinati... Tutto il Carnevale della Sardegna non è altro che la rappresentazione vivente di riti dionisiaci di carattere agricolo, funebre, di uccisione e smembramento del Re sacro. In sardo si dice carrasecare, letteralmente carne da fare a pezzi. Noi facciamo a pezzi la materia sonora in veri e propri rituali documentati, come fossero etnografia di una tribù in via di estinzione che viene riplasmata in nuovi golem. Non a caso anche il processo di registrazione/documentazione viene influenzato da questa estetica/ pratica. Non si va a noleggiare lo studio con gli ultimi ritrovati della tecnica di sintesi, bensì si pensa a luoghi e a pratiche che si traducono in improvvisazione sonora senza mediazioni, direttamente a contatto con la terra. Più precisamente si registra in grotta. Abbiamo registrato sempre in posti chiusi, ristretti e senza finestre, con delay infiniti. Questo produce una sorta di drone mentale che guida i nostri cervelli e si riflette nella rappresentazione sonora. Ma non si tratta di un tentativo di incasellazione sonora, si tratta più che altro del fatto che l essere nati in Sardegna - dove si respira un aria millenaria - ha influito positivamente sviluppando in noi un interesse fortissimo per l archeologia, la storia delle religioni e dei popoli e questo va ad aggiungersi alla nostra estetica musicale in maniera fondante. Un estetica che non bada - già dalla sua genesi - a barriere artistiche. Oggi più che mai la multimedialità è d obbligo: Abbiamo sempre avuto interessi disparati in campo artistico, quasi tutti noi si cimentano oltre che alla musica nella fotografia, nella pittura e nella videoarte e a breve (spero) uscirà un film muto che abbiamo girato in questi anni e che naturalmente avrà la nostra colonna sonora. Un atteggiamento aperto che fa conoscere il collettivo anche fuori dall Ichnusa. Il personaggio che li lancia sulla scena internazionale è Damo Suzuki. Dopo l incontro con l uomo-immagine dei Can esce il live degli HBOL Urano3, registrato a New York. Una fratellanza sonica che non ha confini e che spinge la ricerca verso la stabilità. È infatti uscito a giugno 09 il primo disco non autoprodotto. Dopo 10 anni finalmente il primo disco ufficiale. Si tratta del nuovo disco, finalmente con produzione industriale, degli HBOL che si intitola Saint Lux. Un lavoro che vede la partecipazione di tutti i componenti del collettivo. È un disco molto intenso e pesante dedicato ai tre aspetti della Luna, alla Dea Bianca, alla sua luce, permeato di realtà industriale in decadenza, della fine del mondo occidentale? Who s Wh o Dei molti nomi coinvolti nel progetto Transponsonic non è facile selezionare un campione rappresentativo. I dischi usciti dai combo attivi nel 2008 sono solo una testimonianza parziale dei sentieri di ricerca di questo gruppo di mistici post-folk, ma forniscono comunque un idea della varietà musicale proposta. Le voci vengono da mondi diversi. A voi la selecta dei più rappresentativi. Non sorprendetevi. Loro ci fanno. Ersilio Campostorto - L eremita tossico Lui è uno dei fondatori del suono transponsonico. Insieme al capocchia Santoru fonda i Maqom, ma già dal 99 esce con una pletora di progetti che vanno dall improvvisazione in acido (il progetto omonimo) al pop (K17), dalla dark-wave (Magnetopho- Transponsonic L oscura Transponsonic festeggia due lustri di storia. Mirko Santoru ci racconta di un viaggio psych totale dove teatro e performance fanno un tutt uno con droni, impro e un senso della terra e del cosmo tutto da scoprire - Marco Braggion 26 / Tune In Tune In / 27

15 beeks) al rock (HameloH). Il perché di queste mutazioni ce lo dice lui: verticalizzazione parossistica e psicopatologia applicata. La sua proposta va al di là del suono, in un gioco di strimpellature bruitistiche di chitarre, pedaline violentate, tastiere da quattro soldi e field sounds rubati qui e là. Lui è un isola di pietra che vive in un deserto roccioso circondato dal mare, influenzato dal maestrale, dalle rocce, dalla terra e dalle piante è la voce storica del gruppo. Uno stronzo primigenio che si isola e che tiene i contatti con pochissimi amici fidati. Una delle colonne dell etichetta, la memoria isolata, il musicista primitivo. Senza peli sulla lingua contribuisce al suono transponsonico con una lunghissima improvvisazione psichica, ai confini tra storia millenaria e catarsi teatrale. Senza di lui non saremmo qui a parlare di questo piccolo mondo antico sardo. Maqom - La definizione del suono T Dopo le improvvisazioni/happening sui testi di Artaud, Miroslaw e Campostorto si legano ad Andrej Porcu. Il trio riporta in musica le sperimentazioni teatrali e nasce II-II-2002: uno studio musicalantropologico che registra la visione della terra sui solchi del CD. Questa prima prova, registrata in un ex caseificio abbandonato è il preludio a quella che sarà una lista di diari sonori improvvisati in locazioni singolari, cose che pulsano sperimentazione. Nel 2006 con Neurath e Der List si dà un nome a questa tradizione e si registra il primo tassello della serie Maqom: Tam-El, emblema e manifesto di ricerca. Arriva poi Maqom II - Nasprias Cave (è Miroslaw a parlarcene): uno sprofondamento psicochimico, ancora una volta una sintesi tra arcaico e ultracontemporaneo. Forme di sciamanesimo ancestrale -ispirate dalla lettura dell opera di Mircea Eliade- si fondono ancora una volta con il teatro della crudeltà artaudiano dando nuova linfa alla nostra ormai consolidata forma di crudele rappresentazione sonora. Registrato in sessione singola nella grotta di Nasprias, un vecchio stazzo immerso nei vigneti del Marghine, è l ennesimo lavoro di improvvisazione radicale targato Trasponsonic. Abissale. Nel maggio 2007 in un altra sessione rituale si materializza Maqom IV - Utopos: un viaggio nei meandri della storia dei popoli del Mediterraneo che hanno popolato nei millenni la Sardegna e in particolare i nostri villaggi. La mente viene catapultata nel mezzo di battaglie sanguinose e rituali di propiziazione e nelle musiche che idealmente li accompagnavano. Free-jazz ed arcaismi musicali in una devastante esperienza psichedelica tribale. La strumentazione prevede oltre al solito set anche strumenti (launeddas) e tecniche vocali derivate dalla tradizione sarda ((canti gutturali, tenores) con un pizzico di elettronica vintage. La serie Maqom può essere vista come una sorta di documentario a puntate circa l etnografia della Sardegna. Viviamo nel nostro territorio circondati da monumenti megalitici millenari che stanno lì corrosi dal tempo ma immutabili. L asprezza e la bellezza quasi terrficante del paesaggio, le nostre tradizioni che rimandano a culti ancestrali anch essi lavorati dal tempo ma ancora prepotentemente presenti e vivi. Andrej Porcu - Etnica avariata e psichedelia naturale Il progetto solista per Andrej Porcu parte più o meno dal 98. Si caratterizza per un uso del field recording marcio, un minestrone minimale arcaico-etnico di rovine industriali. L idea è quella di produrre suoni nuovi, partendo con delle registrazioni molto rudimentali, eseguite con un registratorino a cassette, tracce di improvvisazioni autistico-minimali di cavi, amplificatori e collegamenti, ruderi di batteria e bidoni, chitarre scordate e da corde di materiali differenti e altre varie paccottiglie rumoristiche. Nel 99 esce il primo disco: Disfunzioni tecniche. Da qui in poi la strada è tutta in ascesa. Si fa presto a dire discografia: Sfaceli umanistici (2000), Vol. 3 (2004) e Disturbi concreti nel disordine dei sogni (2008). Dal primo all ultimo vi sono enormi cambiamenti ed evoluzioni anche se mantengono sempre lo stesso approcio istintivo: l indole è sempre quella di cambiare situazioni e sonorità ad ogni brano, dal soffio dolce al rumore dissonante. Due chitarre autocostruite, una cetra, una cornetta, flauti vari, benas (strumento etnico sardo di canna comune), percussioni, microfoni e delay per creare un flusso continuo di suoni a cascata libera. India Von Halkein - Electro-industrial head Un one-man project e un solo album all attivo. La new breed dell etichetta. Dietro all India sta la sintesi estetica ed elettronica: una commistione di elementi variegati e differenti tradizioni musicali, una contaminatio tra la dimensione industrial/wave e la dimensione, apparentemente distante e aporetica, della musica etnica di matrice medio-orientale. Ciò determina l utilizzo velleitario tanto del synth, quanto dei flauti, di tamburi e percussioni esotici e dell armonium; le chitarre emergono ora languide e minimali per affrescare contorni, ora asettiche e sibilanti per determinare contrasti forti ed ombreggiare sfondi apocalittici. Dal 2007 avanza quindi la dimensione electro anche in casa Transponsonic. In collaborazione con Ethan Varrs, Miroslaw e Gabriel L.B., la proposta doveva rappresentare un canale o medium espressivo in cui potessero essere esplicitati adeguatamente i punti acerbi della riflessione e del vissuto soggettivo sullo sfondo generale dell alienazione e della destrutturazione esistenziale dell individuo, de-volutivamente assoggettato al monstrum simbolicum dell anomia tecno-gonica della civiltà contemporanea... Il soggetto, dunque, e la sua deriva; ma anche il piano inclinato dove il soggetto medesimo ansima e si disperde. Praticamente un trip tecnologico attaccato alle radici dell Ichnusa attraversato da misticismo, deliri alterati e drones che richiamano il deserto: il deserto arde e nientifica, la musica lo rispecchia e lo riverbera. La Terra dell appartenenza e, insieme, della non appartenenza, dove il rituale richiede di essere officiato in direzione della catarsi esistenziale e dove il telos s affaccia inesorablie: il fine dello smembramento bacchico 28 / Tune In Tune In / 29

16 to dal suono dei pianeti ci va di improvvisazione: con l apporto di Antonov alle percussioni e sax e di Solidea Surya al sampling si registra Urano1. Da qui ha inizio l esplorazione di altri mondi. La terra è lontana e i nostri indagano l atmosfera gassosa del pianeta simbolo della Fratellanza Ermetica. Un vortice marziale di psichedelia cosmica, nera ed asfissiante. Nello stesso anno si vola a Brooklyn, New York situata sul medesimo parallelo di Macomer. L esito della riunione di adepti è testimoniato da Urano3, terzo capitolo, di cui già abbiamo detto. Nel maggio di quest anno una nuova formazione ermetica composta da Miroslaw, Varss, Antonov, Campostorto, Porcu con l aggiunta di Gabriel L.B. vede riunite al completo le colonne portanti del suono Trasponsonic. I nostri si rinchiudono in un muristene : una nicchia presso la chiesa campestre di San Lussorio, Borore (a 6 km da Macomer) dove i pellegrini sostavano a pregare. Da un idea di Antonov, originario del paese, nasce Saint Lux: la summa di varie anime, di diversi modi di sentire accomunati dalle stesse pulsioni astrali. Un nuova quanto arcaica divinità mutante che fruga nella terrra, adora lo sbocciare della primavera con i neuroni in fiamme come nella luminosità del Nuovo Messico circondata da insetti che disegnano sfere luminose. Un inno alla purezza femminile e selvaggia della nostra terra, alla Dea Madre, alla luna. Ai suoi tre aspetti di ninfa, fata e strega. Alla sua luce che si specchia ancora nei pozzi sacri ma è stata ed è continuamente profanata ed innervata di archeologia industriale arcaica e contemporanea. Sopravvive nella mutazione e forgia nuovi guerrieri pronti all apocalisse, rivelazione o distruzione esso sia. India Von Halkein all interno della babele industriale, dove ogni appartenenza è frutto di un differimento organico, poetico e tribale, romantico e deietto... Nel deserto la connessione si nullifica, il contatto è sottoposto ad evaporazione: le connessioni musicali sono rade, quasi autistiche, parossistiche, perpetuamente autoreferenziali... Ciò non significa esclusione dal cosmos musicale contemporaneo, bensì idolatria della nullificazione e del differimento. Ben venga la comunanza, ma il deserto riverbera la sua propria delirante irradiazione. Last but not least: Hermetic Brotherhood of Lux-Or L ultima creazione del collettivo è nata dall incontro con il produttore Ethan Varrs. Se Campostorto segna le origini con Maqom, Varrs produce il nuovo suono per il sempreverde trio Miroslaw Campostorto Porcu. La visione del cosmo è abbagliante e la sola terra comincia ad essere percepita come spazio limitato. Le altre stelle sono più vicine di quanto appaiano. E allora ci andiamo di interstellar overdrive psichica: nel novembre 2007 viene registrato il primo frutto di queste interazioni al di là del pianeta: in un vero e proprio rituale micotico che vede protagonista Ethan in compagnia di Miroslaw e Andrej Porcu. Un unica session senza nessuna post-produzione o artifizio, un viaggio attraverso la tribalità assoluta fino a giungere a un tripudio sinfonico di cellulari realizzato con l ausilio di soli 3 microfoni filtrati da delay digitali e strumenti vari. La tribalità acustica è digitalizzata. Si percorre il cammino dell evoluzione sonora umana dall analfabetismo primordiale ad una piena consapevolezza tecnologica. È Umungus Fungus: primo capitolo della saga HBOL. La tecnologia entra nelle vene e il trio, galvanizza- Quat t r o di s c h i fo n d a m e n ta l i Maqom - Nasprias Cave Il bruitismo derivato dal teatro di Artaud insonorizza le caverne sarde. Il passaggio dall estemporaneità dell happening al documento sonoro. Questo disco, come le altre autoproduzioni d esordio del gruppo, è un post sul blog sonoro dell etichetta, un tassello del mosaico in espansione che si chiama Transponsonic. Se il citazionismo ai padri della psichedelia progressiva è palese, ci sono però alcune soluzioni che emergono e fanno scattare la scintilla dell interesse: l uso di strumenti tradizionali, i vocalizzi con le tecniche estese (che ricordano il genio di Demetrio Stratos) e la manifestazione di un indipendenza sonora che si discosta dal mainstream e che getta le basi per il futuro. Seminale. Hermetic Brotherhood of Lux-Or - Urano3 Un ora di improvvisazione a cavallo tra la psichedelia pinkfloydiana, il rock sbilenco degli Ex e le krauterie dei Can. Chitarre cosmiche con riverberi lunghissimi, vocals che ululano un rituale a divinità ai confini del sistema solare e intersezioni con suoni analog post-gioventù sonica. Registrato a New York e promosso dal joker Damo Suzuki è la prima prova autoprodotta dall etichetta che varca i confini dell isola. Il segnale che la pazzia strutturata di questi ragazzi non è posa, bensì tradizione che si incarna nel suono rock contemporaneo. Andrej Porcu - Disturbi concreti nel disordine dei sogni L ultima visione dell eremita. Flauti e altri strumenti dell isola, noise, percussioni, voci in echi spastici e un pieno di pazzia che confermano la visione Transponsonica. A cavallo tra avanguardia e tradizione. L one man band che esplora in solitudine i molteplici mondi della trance. Un punto di partenza che contiene in sè tutte le anime del suono transponsonico, un installazione perpetua in omaggio alle divinità ancestrali sarde. Andrej disturba anche i nostri sogni. India Von Halkein - Mnetha La seconda generazione transponsonica. Dopo i fondatori che partono dal teatro per approdare al drone rock, Von Halkein varca la soglia dell elettronica e si viaggia sui territori del misticismo infarcito di loop tribali. Cose che nei 90 avevamo sentito a Goa e nelle rielaborazioni degli O.R.B.. Qui si lascia da parte il clubbismo e si punta sul rito. L elettronica a servizio della terra. Un canto che scorre lento ma inesorabile verso territori mentali à la Apocalypse Now. Pronti al trip? (Un ringraziamento particolare a Roberta Pasella) 30 / Tune In Tune In / 31

17 MONDO NOSTALGIA LE SETTE VITE DELL EXOTICA Cosa c è dietro quei dischi strani che, tre lustri fa, tornarono dall anticamera della memoria a reclamare il proprio valore? - Giancarlo Turra A Walk On The Memory Side È fatta così, la memoria: un momento ti schiaffeggia e quello dopo ti commuove; alterna una carezza alla lacrima facile ed è culla meravigliosa se non ne abusi. Lo sa fin troppo bene chi traffica col pop e la sua seduzione, col senso di artificiale ed effimero che, invece, nasconde un attenzione creativa da lasciare senza fiato. Per definizione faccenda sfuggente, è mistero che tutt ora spinge critici e ascoltatori avvertiti a pontificarvi sopra. Un gioco di maschere e reinvenzione del passato, costruisce in noi uno spazio parallelo e da lì, incessantemente e talvolta in modo subliminale, riadatta i cascami della cultura di cui è parte integrante e, di rimando, contribuisce a plasmare. quanto legato a significativi immaginari retrò - exotica, easy listening e tutte le musiche incredibilmente strane - funziona da coperta di Linus, adeguatamente confortevole e affettuosa con n valore aggiunto di sperimentalismo istintivo. Il problema è quando, grattando sotto la superficie, emergono stridori e risacche inquietanti; quando ciò da cui si cercava rifugio si ripresenta ineluttabile. Non un caso, allora, che le musiche di cui parleremo siano figlie di epoche complesse e socialmente instabili, nelle quali i cambiamenti passavano sottoterra ed erano, di conseguenza, vieppiù rischiosi. Gli anni 50, i medi/tardi Novanta e l oggi infinitamente grande o piccolo restituiscono, con differenti gradazioni, una sorta di deformazione prospettica dove le cose non sempre sono ciò che sembrano. Eccoci nuovamente di fronte quella nostalgia fantasmatica - la ghostalgia di cui parla Simon Reynolds - cui oggi non è possibile rinunciare e che si dimostra sempre più un fertile terreno d indagine sonora, propellente creativo per musiche nuove ma vecchie. Non è una puntata di The Twilight Zone, no. Soltanto la vostra facoltà di ricordare che si sta risvegliando. Tenetevi saldi. The Revenge Of Easy Listening Più che dagli anni Cinquanta, che del fenomeno exotica furono culla e detonatore (per un approfondimento qui impossibile rimandiamo al volume Mondo Exotica di Francesco Adinolfi edito da Einaudi nella collana Stile Libero), è da un passo a noi relativamente più vicino che vorremmo partire, cercando i motivi per cui, ad un certo punto, generi da sempre considerati spazzatura divennero epitome della coolness. Ricordate? Verso la metà dei 90 prese corpo una sorta di riabilitazione della muzak, di suoni accessori - perciò strumentali al quadrato - confinati a hall e ascensori di alberghi, oppure colonna della filodiffusione apparentemente innocua dei supermercati, che occulta(va) fini di persuasione subliminale. Il fatto è che ne avevamo le scatole piene del rock indie vero e di quello falso, degli avanzi del grunge - ultimo rialzarsi di cresta del rock come lo conoscevamo chiusosi in mercimonio e tragedia - e ci guardavamo intorno: jungle e drum n bass erano sugli scudi, i rocker non avevano ormai più ritrosie a danzare dopo aver consumato Screamadelica. Mancava qualcosa, però, tra il brit-pop e la nuova onda della nuova onda, tra un Chris Isaak intento a fabbricare in vitro dei 50 mai esistiti e altri ex duri e puri che si rifacevano il trucco con ironia posticcia. Avvertivamo un vuoto pneumatico, dentro e attorno, che il post-rock s apprestava a colmare facendo di necessità virtù, affidandosi a freddezza, distacco emotivo e calcolo matematico applicato. La strada rispondeva ricreando lo stile ruvido che fu ma dimostrando che si trattava per lo più di una messinscena, per quanto piacevole, giacché l innocenza nel rock - dopo Pussy Galore e Royal Trux - era faccenda morta e sepolta. Nel frattempo s erano sbriciolati i muri che separavano il mondo sin dal secondo dopoguerra, cosicché la società prese a correre sempre più frenetica e noi le tenevamo dietro mentre quel buco rimaneva aperto. Niente più ideologie credibili e come allora riempirlo? Allargando ulteriormente le frontiere dell accettabile in musica, ovviamente guardando avanti e indietro: dandosi al crossover totale e pescando là dove non ci s era mai spinti: verso pionieri dell elettronica (qui non citati per limiti di spazio: ci torneremo su) e indagatori di mondi che non esiteremmo a definire, con familiare aggettivo, alternativi. Come spesso accade, la domanda stimolò l offerta - si veda il debito del post verso il rock d ascendenza germanica - ed ecco volare sugli scaffali dei negozi ristampe inaudite. Non senza esitazioni e diffidenza, ci convincemmo che non erano 32 / Drop Out Drop Out / 33

18 niente male, del loro trasudare la stessa passione da devoti visionari di taluni classici capisaldi rock. Questione di reciproche influenze e alberi genealogici, se vi va. Così la fascia di mercato giovane si appropriò delle sonorità bislacche appartenute ai genitori, i Denny ed Esquivel - per tacer di Burt Bacharach, il cui ritratto campeggia sulla copertina di Definitely Maybe degli Oasis - degli anglosassoni, piuttosto che i nostri Piccioni e Trovajoli. Da lì decollò un florilegio di raccolte, epifanie e nuovi gruppi a loro ispirati, taluni scarsi assai e altri viceversa di peso come Combustible Edison o Cardigans (essendo i decostruzionisti pop Pizzicato Five attivi da molto prima; allo stesso modo, la El Records di Mike Alway funse nei secondi 80 da anticipatrice e ponte). Fu tutto un recuperare suoni e strumenti vintage - e riadattarli ingegnosamente: benvenuti, Stereolab e Pram - per capire cosa ci fosse dietro, in una reinvenzione continua che ora rinvieni nei gruppi neo-ye ye italici e, soprattutto, abita i quartieri della Trunk Records. Ci stava la memoria e nient altro, a fare i conti con la crisi del presente attraverso sonorità che, per la loro natura ausiliaria, benissimo si prestavano - si presteranno in eterno - a essere caricate di qualsiasi significato. Oppure, a fungere da tornasole per l assenza di quest ultimo e l azzeramento che ci tiene in scacco. Da quelle brume mitiche riemerse l ottimismo del dopoguerra, che a rifletterci scopri evidente esorcismo dell atomica e della minaccia del comunismo, altrove sublimata negli alieni invasori delle pellicole d epoca. Non è un caso, ma l ennesimo elemento unificatore, l evidenza che la famosa space age testimoniò un esplosione tecnologica da restare a bocca aperta, simile a quella avvenuta dagli anni 90 ad oggi e tuttora in evoluzione: che essa fosse utilizzata a fini artistici è illuminante chiusura del cerchio. Quanto stride, però, la bachelor pad music figlia del crescente benessere e relativa alienazione, trasmessa da luccicanti impianti stereo per scapoli all ultima moda (chiamarli uomini soli restituiva troppa disperazione); il rifarsi a immaginari esotici posticci - perché l esotico è in primis questione prospettica - incarnava una fuga dalla quotidianità dell americano medio, dalle casette suburbane tutte uguali e dalle famiglie felicemente disperate in modo tipicamente puritano dipinte da un film commovente e arguto come Pleasantville. From Ghosts To Heroes... Da quelle inquietudini sommerse in surreali coloranti originano la genialità di Martin Denny, considerato un po da chiunque il padre dell exotica, forgiata a colpi di percussioni e classici trasfigurati, idoli Tiki e ritmi latini appresi nella gavetta triennale in Sudamerica. Ne risultò la cosciente metamorfosi - forte di un attenzione profonda alla restituzione del suono, poggiata sulla nascente stereofonia - di qualcosa di familiare in un escapismo di paradisi più artificiosi che artificiali. Deceduto a 93 anni nell amata Honolulu, ispirò persino la nascita del finto esotismo della Yellow Magic Orchestra e non ne sfuggono le ragioni. Suo braccio destro il vibrafonista Arthur Lyman, 34 / Drop Out Drop Out / 35

19 presto imbarcatosi in una carriera solista dallo stile ancor più sospeso e sognante, apici le Yellow Bird e Taboo che rivaleggiano per successo con la Quiet Village del Maestro. E Juan Garcia Esquivel, che godette nei 90 di un incredibile quanto inattesa riscoperta ed è, se si parla di puro talento musicale, l elemento di spicco tra quelli qui citati? Un Genio che superò i confini tra lounge music, sperimentazione tecnica e avanguardia, fuse in dischi di gradevolezza somma. Imprevedibili, tutt ora scintillano e riportano in auge un pianista e arrangiatore superbo nato in un paesino messicano e finito alla prestigiosa Juilliard School di New York. Che cavò una fortuna da musiche adattissime al crescente mondo televisivo e approfittò intelligentemente della moda hi-fi, piegando allo scopo le potenzialità di strumenti mutuati dalla contemporanea come theremin e ondioline, inserendo nel tessuto orchestrale e ritmico i primi pianoforti elettrici. Materiale, il suo, che riporta alla mente soggiorni in formica e feste a base di Martini ed è, per le svolte pericolose eppure garbate che l attraversano, nient altro che innovazione resa di pubblico domino, ossia pop music nell accezione più vera e profonda. Sirena che richiamò anche Les Baxter, che lasciò la promettente carriera di pianista da concerto per l accessibile jazz di Mel Tormé e Artie Shaw. Diventato arrangiatore e direttore d orchestra per la Capitol nel fatidico 1950, colse l attimo per dedicarsi a colonne sonore e lp come Le Sacre Du Sauvage e Brazil Now, in cui l educazione sinfonica conferisce forme inaudite a suadenti esotismi. Non contento e mostrando un americanissima versatilità da showbiz dirà la sua sul folk-rock e finirà alla corte di Roger Corman, altro arti-genio di prim ordine. Da uno che intendeva e proponeva dischi alla stregua di viaggi turistici sonori evocando suoni selvaggi e pagani non poteva non raccogliere l ammirazione di David Toop e che ciò vi basti. Altro nome da leggenda (in tutti i sensi ) è Yma Sumac: circondata da un alone di mistero, la si spacciava per discendente di regnanti Incas, mentre era una casalinga di peruviani natali battezzata Zoila Augusta Emperatriz Chavarri Del Castillo. Contava poco o nulla, giacché la Nostra - passata a miglior vita nel possedeva un ugola fenomenale di cinque ottave, partita dall orchestra del marito e calamitata poi dall onnipresente Capitol, pronta nei 50 a farne una stella di prima grandezza con Les Baxter. Contando anche su presenza scenica e fascino non indifferenti, arrivò persino a esibirsi oltrecortina, senza mai abbandonare le scene e anzi godendo d un ritorno di fiamma verso fine 80. Il segreto è da cercarsi con tutta probabilità in corde vocali che viaggiavano disinvolte da 123 a 2270 hertz, spaziando dal baritono al soprano e utilizzando persino la doppia voce come nella tradizione del canto di Tuva. Roba dell altro mondo, se non di un altra era: che fosse effettivamente una principessa precolombiana? Difficile dirlo, così come difficile è catalogare Eden Ahbez, che vergò il superclassico Nature Boy e diede alle stampe nel 1960 Eden Island, lp che mischiava exotica e poesia beatnik in modo così spericolato da risultare credibile oltre l eccentricità dell idea. Nato Alexander Aberle a Brooklyn sul principio del XX secolo e trasferitosi nel secondo dopoguerra in California, lo dici tranquillamente un proto-hippie in virtù del look della vita misticheggiante da vegetariano all aria aperta. Il che non gli impedì di far incidere il successone di cui sopra a Nat King Cole intascando bei soldoni, registrare jazz-poetry e obliquo surf e rock & roll. A mo di cerniera sul passaggio da quest ultimo a rock e basta, sappiate che una fotografia ritrae Ahbez in studio nel 66 con Brian Wilson. Vi sarà ormai ben chiaro, quanto certe sonorità si siano riverberate per anni e come artisti eccelsi (farne la lista porterebbe via pagine su pagine; e, a dire il vero, di levarvi il gusto della ricerca non ce la sentiamo ) e sovente tra loro diversissimi vi abbiamo attinto. Un segreto ci dovrà pur essere ed è lo stordimento dolcemente naif restituito da musiche che le parole e l analisi sociologica faticano a descrivere. L incanto e la gioia indicibile della prima volta, quella che veramente non si scorda mai. Del resto, lo scriveva già secoli fa un poeta spagnolo che la vita altro non è che sogno. A noi, però, tocca acchiapparlo per la coda e consegnarlo a una possibile realtà, anche solo per il breve - incancellabile, però - spazio di una canzone. 36 / Drop Out Drop Out / 37

20 Hexlove L attimo della creazione Un marasma free-psych-weird. Questo l humus, eppure Hexlove germoglia fondendo stimoli e riferimenti diversi in un, chiamiamolo, potenziale pop - Stefano Pifferi Nello sterminato marasma delle uscite catalogabili, di volta in volta, come free-psych o come weird, c è un progetto recente che ci ha attirato particolarmente per una buona (se non ottima) media qualitativa, oltre che per una capacità, post-moderna diremmo, di fondere stimoli e riferimenti in maniera non seriosa e sempre avvincente. Il nome in questione è Hexlove, ed è il progetto in solitaria di un 27enne (cancer, aquarius rising, scorpio moon, ci tiene a sottolineare) originario del Sud dell Illinois e di stanza a Portland, non nuovo al proscenio dell underground americano. Si chiama in realtà Zachary Dain Nelson e nasce come batterista. Lo abbiamo sentito sia negli Who s Your Favorite Son, God? (trio prog-psych-metal in fissa coi Magma, con un album su Holy Mountain) sia nei Prints, duo condiviso con Kenseth Thibideau (un paio di release su Temporary Residence), ma è con il nom de plume Hexlove che il ragazzo s esprime davvero. Qui lo spettro di strumenti e riferimenti che può utilizzare è pressocché infinito perché Zak è uno eclettico, non solo nei percorsi musicali ma anche in quelli umani. Uno squattrinato cronico come potrete già aver intuito. Il classico ragazzo che per campà, ha svolto mille lavori. a volte sono riuscito a vivere della mia musica, molto più spesso no lavoro in una scuola materna con bambini fino all età prescolare, uno dei migliori lavori che abbia mai avuto, non contando quello alla coltura idroponica di pomodori in serra!. Nelson è un artista, un outsider. Uno borderline. Propone un mix pressochè impossibile da catalogare sotto un unico filone e/o termine di paragone: Hexlove attraversa, infatti, i generi musicali senza remore né timori reverenziali, mescolandoli e fondendoli l uno nell altro fino a configurare un suono iridescente e screziato assimilabile solo a quello dell attimo della creazione. Con in più una leggerezza da fare invidia e un gusto pop (seppur virato in chiave experimental) decisamente invidiabili. Proprio come un altro personaggio italiano, questa volta che abbiamo avuto modo di incontrare tempo addietro: Valerio Cosi. Hexlove gli è molto legato sia professionalmente, sia umanamente. Il trait d union tra di loro porta il nome di Dreamsheep Records, la altrettanto giovane etichetta messa su da Cosi da un paio d anni a questa parte e che nel seppur limitato catalogo dimostra appieno la versatilità del suo deus ex machina. Proprio targato Dreamsheep è stato pubblicato un paio di mesi fa il doppio cd a titolo Pija Z Bogiem che ha gettato ulteriore luce sul progetto Hexlove (il disco è stato ottimamente recensito praticamente ovunque), tanto che a stretto giro di posta sono stati messi in circolazione proprio in questa tarda primavera/inizio estate altri lavori di Nelson per importanti etichette americane come Weird Forest e, soprattutto, Porter Records. Prima di proseguire oltre però, bisogna fermarsi, fare un bel respiro e fare un passo indietro per mettere un po d ordine nella carriera di Hexlove. St o p /re w i n d ; s t o p /pl a y Per ripercorrere le tappe essenziali che hanno portato Nelson/Hexlove ad una tale, spaventosa crescita nel giro di un paio di anni scarsi di attività e bypassando il cd-r a uso personale rappresentato da Quit Acting Like An Indian bisogna andare indietro non di molto. Siamo alla fine del 2008 quando col numero 38 / Drop Out Drop Out / 39

Maschere a Venezia VERO O FALSO

Maschere a Venezia VERO O FALSO 45 VERO O FALSO CAP I 1) Altiero Ranelli è il direttore de Il Gazzettino di Venezia 2) Altiero Ranelli ha trovato delle lettere su MONDO-NET 3) Colombina è la sorella di Pantalone 4) La sera di carnevale,

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