TECNICHE DI ANALISI DI NEUROIMMAGINI PER LA DIAGNOSI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN FISICA Tesi di Laurea TECNICHE DI ANALISI DI NEUROIMMAGINI PER LA DIAGNOSI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER Relatore: Prof. Roberto Bellotti Laureando: Bruno Coladonato ANNO ACCADEMICO

2 Lo spirito può stare sulla punta di un dito, eppure è grande quanto la totalità dell universo. I maestri di Huainan

3 Indice Introduzione iv 1 Il problema sanitario La Malattia di Alzheimer Descrizione generale Evidenze mediche Il decadimento cognitivo lieve Impatto sociale e costi Diagnosi di AD con le neuroimmagini: principi e materiali per la ricerca Le neuroimmagini e la diagnostica medica Le neuroimmagini La Risonanza Magnetica Le neuroimmagini nella diagnosi di AD Risorse, basi di dati e collaborazioni internazionali per lo studio dell AD ADNI IBSR OASIS Altre risorse Coordinate stereotassiche e atlanti Talairach LONI-ICBM i

4 INDICE ii 3 Neuroimaging diagnostico per l AD: algoritmi base e metodi classici Fase di pre-processing Trasformazioni affini Trasformazioni non lineari Ricampionamento Filtro di media Filtro gaussiano Registrazione Segmentazione Segmentazione mediante mappe statistiche parametriche Classificazione Algoritmi di decisione Support Vector Machine Tecniche di diagnosi dell AD con le immagini di risonanza magnetica Algoritmi basati sui voxel Un nuovo algoritmo (pre-processing) Riduzione del rumore Steerable pyramid filter Structural Similarity Index Calibrazione automatica della soglia di rumore Registrazione affine Normalizzazione dei livelli di grigio Algoritmo delle k-medie Estrazione dei volumi di interesse Un nuovo algoritmo (calcolo e scelta delle caratteristiche, classificazione) Filtraggio Scrematura dei dati Alberi di decisione

5 INDICE iii Algoritmo Random Forest Classificazione Riepilogo e conclusioni 98 Bibliografia 102

6 Introduzione L enorme progresso tecnico-scientifico che ha caratterizzato l ultimo secolo, ha visto lo svilupparsi di sempre più numerose specializzazioni che hanno raggiunto, nei rispettivi campi, livelli di profondità e dettaglio solo poco tempo fa impensabili. Le novità introdotte in ogni ambito della scienza e della tecnica hanno consentito un consistente aumento della conoscenza dei fenomeni e della possibilità del loro controllo, spesso però accompagnate da una crescente separazione tra discipline diverse, che ha finito così col condizionarne la direzione di sviluppo. Negli ultimi decenni questa tendenza culturale è venuta però gradualmente cambiando: in parte spinta da esigenze tecnologiche, economiche e sociali, e in parte stimolata dalla ricerca di idee nuove e capaci di approcci innovativi, la visione interdisciplinare dell avventura scientifica ha conquistato spazi sempre più ampi e complessi, rinnovando paradigmi e modi di operare. Da un lato questo ha portato alla creazione di gruppi di ricerca caratterizzati da competenze le più diverse, ma complementari rispetto ai problemi da affrontare; dall altro, più semplicemente se vogliamo, ha ampliato gli obiettivi di indagine delle scienze applicate, ponendo quesiti che richiedono prospettive diverse e a volte inattese. La diagnosi medica mediante tecniche di analisi automatica delle immagini può considerarsi appartenente ad entrambe le categorie menzionate. L autentica rivoluzione apportata in Diagnostica Medica dall avvento di strumenti di indagine come la Tomografia Assiale Computerizzata, la Risonanza Magnetica Nucleare, la Tomografia ad Emissione di Positroni, con tutte le loro varianti, è stata frutto dell intensa collaborazione, tra gli altri, di fisici, ingegneri, medici radiologi, matematici, informatici; si è avvaliv

7 0 Introduzione v sa inoltre dell intenso sviluppo delle tecnologie elettronica e dei calcolatori. Tuttavia, nell uso consueto, è sempre l occhio esperto del medico che effettua le valutazioni del caso. Il passo successivo, ossia quello della diagnosi con metodi automatici, assume invece aspetti che pongono problemi attinenti sia al calcolo automatico che alla matematica applicata, passando ora per la teoria delle decisioni, ora per tecniche di data mining, muovendosi comunque in quella vasta area spesso definita col termine generico e suggestivo di intelligenza artificiale. Tutto senza trascurare metodi più classici come il trattamento del segnale e l analisi statistica dei dati. Questa tesi si propone di fornire una rassegna delle principali tecniche di analisi delle neuroimmagini, dedicate al problema della diagnosi della malattia di Alzheimer, esaminando l intera catena di elaborazione automatica che, partendo dall immagine acquisita dalle macchine di Risonanza Magnetica, arriva a fornire un ipotesi di diagnosi. Verranno considerate, oltre agli aspetti fondamentali e agli algoritmi di uso consolidato nella ricerca, le procedure più recenti presenti in letteratura. Focalizzare la ricerca su un particolare problema diagnostico, come in questa tesi, oltre all ovvio interesse che la soluzione del problema stesso comporta, consente di definire un preciso terreno di indagine, in grado di rivelare le diverse potenzialità e attitudini delle tecniche a disposizione; consente inoltre di indagare sulla natura stessa del problema attraverso le risposte che i vari approcci sono in grado di fornire. La rilevanza umana e sociale di un problema che comporta la sofferenza di pazienti e loro familiari costituisce, infine, uno stimolo che, al di là di ogni altro, basterebbe da solo a giustificare ogni entusiasmo nella ricerca delle migliori soluzioni possibili.

8 Capitolo 1 Il problema sanitario 1.1 La Malattia di Alzheimer Le demenze sono delle patologie cronico-degenerative destinate ad avere nel corso dei prossimi anni, come è opinione diffusa nella ricerca medica, un incremento esponenziale della prevalenza 1, e dell incidenza 2, con conseguente aumento della spesa sociale e sanitaria. Esse hanno un impatto notevole in termini socio-sanitari sia perché un sempre maggior numero di famiglie sono interessate al problema, sia perché richiedono una qualificata rete integrata di servizi sanitari e socio-assistenziali. Nel Rapporto Mondiale Alzheimer 2009 [1], Alzheimer s Disease International (ADI) ha calcolato in 35,6 milioni le persone affette da demenza nel mondo nel 2009 [1][2], che nel 2020 i malati saranno otre 42 milioni, e che essi aumenteranno a 65,7 milioni nel 2030 ed a 115,4 milioni entro il L aumento del numero di casi rilevati negli ultimi anni è giustificato da un lato dalla cosiddetta transizione demografica, cioè la tendenza a un progressivo aumento della vita media e ad una riduzione delle nascite con conseguente invecchiamento della popolazione, in atto in Italia come in tut- 1 Prevalenza = (numero di soggetti malati in un dato istante)/(numero di soggetti sani esposti alla malattia nello stesso istante). Esprime la probabilità che un soggetto appartenente alla popolazione sia malato. 2 Incidenza = (nuovi casi di malattia in un fissato periodo di tempo)/(soggetti inizialmente sani che possono contrarre la malattia); il periodo di tempo è scelto dallo sperimentatore in base alle caratteristiche della patologia. Stima la probabilità che un soggetto contragga la malattia in tale periodo. 1

9 1 Il problema sanitario 2 to il mondo; dall altro dall avanzamento delle tecniche diagnostiche che ne rende possibile oggi la diagnosi in sempre più casi. Descritta per la prima volta dal neuropatologo tedesco Alois Alzheimer nel 1906, la malattia di Alzheimer (Alzheimer s Disease, AD) è considerata la più comune causa di demenza, rappresentandone dal 50-56% dei casi secondo alcune stime [3], fino al 75% secondo altre (in tabella le percentuali dei vari tipi di demenza secondo ADI). Principali tipi di demenza (World Alzheimer Report 2009) Tipo di demenza Proporzione Malattia di Alzheimer (AD) 50 75% Demenza di tipo vascolare (VaD) 20 30% Demenza a corpi di Lewy (DLB) <5% Demenza fronto-temporale (FTD) 5 10% L AD è caratterizzata da una progressiva alterazione della funzionalità neuronale, che porta a un deterioramento delle funzioni cognitive e delle capacità esecutive, accompagnate da modificazioni comportamentali. Sebbene sia stata descritta in ogni periodo dell età adulta, la maggior parte dei pazienti ha più di sessant anni, per cui questo tipo di demenza può essere definito come un fenomeno età-correlato: esso colpisce più del 5% degli individui tra i 60 e i 65 anni di età, e questa percentuale aumenta rapidamente al 19% dopo i 75 anni e al 30% dopo gli 85 [4], evidenziando un drastico incremento di incidenza dopo i 65 anni [5]. Sempre dopo i 65 anni, la prevalenza raddoppia ad ogni incremento di età di cinque anni: il principale fattore di rischio per la demenza è perciò da considerarsi proprio l età avanzata [1] Descrizione generale La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa, irreversibile e progressiva, che distrugge lentamente la memoria e le abilità cognitive con alterazione della personalità e del comportamento [7].

10 1 Il problema sanitario 3 La caratteristica peculiare di questa malattia è la presenza di una atrofia cerebrale diffusa, la cui progressione risulta particolarmente accelerata nelle fasi precoci di malattia e maggiormente evidente a livello dell ippocampo e delle porzioni mediali dei lobi temporali. La storia naturale della malattia di Alzheimer prevede una lunga fase iniziale, detta prodromica, che può essere considerata una fase intermedia tra l invecchiamento cognitivo fisiologico e una sindrome dementigena vera e propria; in questo periodo iniziale la patologia si manifesta con alcuni sintomi premonitori tra i quali: perdita di memoria, difficoltà nelle attività quotidiane, problemi di linguaggio, disorientamento nel tempo e nello spazio, diminuzione della capacità di giudizio, difficoltà nel pensiero astratto, cambiamenti di umore, di comportamento, di personalità e mancanza di iniziativa. In una seconda fase l amnesia diviene più pronunciata e si accompagna a segni di agnosia, afasia, aprassia (difficoltà nel riconoscere le persone, deterioramento del linguaggio, difficoltà nel movimento), e a disturbi nelle funzioni esecutive [8]. La fase terminale sopraggiunge, in generale, dopo circa venti anni dall esordio, ma, nei casi più gravi, anche dopo soli tre anni. In questo stadio della malattia si osserva una disintegrazione delle funzioni vitali, apatia ed inerzia; segue la morte causata da patologie collaterali, come quelle a carico dell apparato respiratorio Evidenze mediche L esame del cervello di un tipico paziente affetto da AD permette di rilevare due tipi di formazioni caratteristiche: placche senili amiloidi (SP), che si depositano a livello extracellulare, e depositi di aggregati, o grovigli, neurofibrillari (NFT), visibili a livello intracellulare [9]. Le aree cerebrali dove si registra il maggior accumulo delle placche amiloidi sono la corteccia temporale, la corteccia parietale e l ippocampo, che sono proprio aree associate con le funzioni della memoria e dell apprendimento [10]. In effetti la semplice presenza o assenza delle placche senili e dei grovigli neurofibrillari non è determinante dal punto di vista diagnostico: placche e

11 1 Il problema sanitario 4 grovigli neurofibrillari sono presenti anche nell encefalo di individui anziani che non mostrano segni di demenza. È necessario quindi determinare la quantità di tali formazioni che, soprattutto, devono essere accompagnate da segni clinici di demenza [10]. Al momento dell autopsia [11], negli stadi avanzati di malattia, il cervello presenta un aspetto diffusamente atrofico, con la conseguente dilatazione delle cavità ventricolari nonché, a livello della corteccia, l allargamento dei solchi e l assottigliamento delle circonvoluzioni; inoltre il suo peso è solitamente ridotto del 20% o più a causa di una significativa perdita di cellule nervose, sinapsi e dendriti [8]. Le aree più vulnerabili del cervello, dove si registra un pronunciato processo neurodegenerativo, sono i lobi temporali mediali (MTL), con particolare interessamento dell ippocampo, della corteccia entorinale (ERC) e della circonvoluzione paraippocampica. In realtà una diagnosi certa di AD può essere effettuata solo postmortem con l esame autoptico; tuttavia, incrociando opportunamente test cognitivi ed esami clinici specifici, è possibile formulare con ragionevole certezza una diagnosi di AD, differenziandola dalle altre forme di demenza, anche in soggetti in vita: questo, però, solo quando la malattia ha già raggiunto una fase avanzata. 1.2 Il decadimento cognitivo lieve Negli ultimi anni l attenzione della ricerca scientifica e clinica nell ambito della malattia di Alzheimer si è spostata sulla diagnosi precoce, focalizzandosi in particolare sulla fase di transizione tra il normale processo di invecchiamento e la demenza [12]. Delineare i confini di questa situazione intermedia tra invecchiamento cerebrale fisiologico e demenza, capire fin dove si è autorizzati a considerare normale il declino della memoria o delle altre funzioni cognitive e quando invece considerarli come fase iniziale di una malattia dementigena è un compito difficile, sul quale sono tuttora aperti ampi dibattiti. Questo tentativo di individuare uno stato clinicamente ben definito che sia prodromico dell AD, ha portato nel tempo alla definizione di numerosi quadri clinici adatti a distinguere i soggetti affetti da lievi disturbi cognitivi

12 1 Il problema sanitario 5 età-correlati dai soggetti sani (Age-Associated Memory Impairment, Benign Senescent Forgetfulness, Age-Related Cognitive Decline, Age-Associated Cognitive Decline,... ). Oggi la caratterizzazione prevalentemente utilizzata nella ricerca sull AD per descrivere lo stadio intermedio tra l invecchiamento cerebrale normale e la demenza è il cosiddetto decadimento cognitivo lieve, o Mild Cognitive Impairment (MCI) [12][13] con cui si fa riferimento a soggetti con età > 65 anni. I criteri diagnostici per definire il MCI includevano inizialmente [12][17]: disturbo soggettivo di memoria, possibilmente confermato da un familiare; disturbo obbiettivo di memoria, dimostrato con test neurospicologici, di entità superiore a quello atteso relativamente all età e al livello di educazione; integrità delle altre funzioni cognitive; conservata autonomia nella vita quotidiana; assenza di demenza. Inseguito ilconcetto dimcièstatoampliato introducendoun MCInon amnestico (na-mci), nel quale il paziente ha disturbi in domini cognitivi diversi dalla memoria, ad esempio nelle funzioni esecutive e nel linguaggio [14], distinto dal MCI amnestico (a-mci), in cui il soggetto mostra i già citati disturbi nella memoria [12]. Per includere un più largo spettro di condizioni sono stati introdotti anche dei sottotipi diagnostici, che però in questo lavoro non interessano. Similmente all AD, uno dei principali fattori di rischio nell insorgenza del decadimento cognitivo sembra essere l età: si stima che la tendenza a sviluppare MCI vari dal 15% registrato ad un età inferiore ai 75 anni, al 30% ad un età superiore agli 85 [15]. Come già detto, l interesse in questa nuova definizione diagnostica risiede nel fatto che si ritiene il MCI essere una patologia che precede l insorgere della demenza, e in particolar modo l AD [16]: è stato infatti evidenziato

13 1 Il problema sanitario 6 che gli individui affetti da MCI mostrano un aumentato rischio, ben 6,7 volte superiore, di sviluppare demenza rispetto ad un soggetto sano [14]. Questo suggerisce di cercare un criterio di diagnosi precoce dell AD focalizzando la ricerca proprio sui pazienti affetti da MCI: questi possono in breve tempo sviluppare demenza, secondo alcuni studi approssimativamente dal 10% al 15% in un anno, e addirittura dal 40% all 80% in cinque, sei anni [13][15]. Nonostante ciò, molte persone colpite da tale patologia possono rimanere stabili o mostrare solo un lento deterioramento cognitivo, inoltre un numero sorprendente di pazienti, dal 17% al 32%, mostra persino un miglioramento spontaneo delle abilità cognitive [12][15]. Tutto questo, unito alla notevole incertezza delle stime contenute nella letteratura medica, suggerisce prudenza nelle conclusioni, ma nel contempo indica che la strada intrapresa con la ricerca delle fasi prodromiche dell AD nei soggetti affetti da MCI è molto promettente e mostra fondamenta particolarmente solide. 1.3 Impatto sociale e costi Dare una valutazione dell impatto sociale causato dalle demenze è sicuramente un compito impossibile: le persone affette da demenza, i loro familiari, gli amici, sono colpiti a livello personale, emozionale, finanziario e sociale. Nessuna cifra può esprimere il disagio che la disabilità causata dalla malattia può comportare. Tuttavia le cifre sono sicuramente idonee a quantificare il costo economico che ad essa consegue, ed è interessante dare un idea della possibile ricaduta sulla ricchezza che la ricerca può fornire col suo lavoro. Saranno sufficienti pochi dati, tutti ricavati dal Rapporto Mondiale Alzheimer 2010 [6], che proprio a questi temi ha dedicato la sua attenzione: Nel 2010 i costi totali mondiali stimati ammontano a 604 Miliardi $ US. Questi costi rappresentano circa l 1% del PIL (Prodotto Interno Lordo) mondiale...

14 1 Il problema sanitario 7 Se i costi globali della demenza fossero una nazione, rappresenterebbe la 18 a economia mondiale... La dimensione del costo globale della demenza è spiegabile se si considera che circa lo 0.5% della popolazione mondiale vive con la demenza. Si aggiunga a questo che: I costi dell assistenza informale (assistenza non rimborsata sostenuta dalle famiglie ed altri soggetti) ed i costi diretti dell assistenza sociale (fornita dall assistenza sociale professionale delle comunità ed in strutture residenziali) contribuiscono in proporzioni simili (42%) al totale mondiale dei costi, mentre i costi sanitari diretti restano a livello molto più basso (16%) ; e che:... nelle nazioni a basso reddito pro capite, l assistenza informale incide per la maggior parte del totale dei costi sostenuti e quelli dell assistenza sociale diretta sono di entità trascurabile [ibid.], per capire quale impatto formidabile l AD possa avere anche e soprattutto in quei paesi dove l assistenza sanitaria è fortemente carente. Queste malattie toccano quindi profondamente le economie di tutti i paesi, pur se in modo diverso. Anche in quest ottica la ricerca può rivestire un importanza particolarmente significativa.

15 Capitolo 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini: principi e materiali per la ricerca L uso di immagini per la diagnosi medica, le cui potenzialità furono evidenti sin dalla nascita stessa della radiologia, ha acquisito nel tempo un rilievo sempre maggiore, e conosce ancor oggi uno sviluppo rapido e di vaste proporzioni: gli strumenti tecnologici e le moderne acquisizioni della scienza medica non solo consolidano e perfezionano le tecniche già note, ma continuano ad aprire nuovi e a volte inaspettati scenari applicativi. In questo contesto il ruolo della fisica applicata alla medicina si è andato ulteriormente ampliando, superando i tradizionali ambiti della pratica radiologica e di medicina nucleare, e inserendosi in quel nuovo quadro di interdisciplinarietà che oggi è ormai prassi in molta ricerca avanzata sui problemi della salute umana. Il fisico, già valido ausilio nella comprensione di molti processi fisiologici, nonché coprogettista e consulente nell uso di apparecchiature mediche radionucleari, oggi è presente, coi suoi metodi e le sue competenze, ovunque la ricerca richieda l uso di strumentazioni e tecnologie biomediche avanzate. 8

16 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini Le neuroimmagini e la diagnostica medica Negli ultimi venti-trenta anni, molti progressi della fisica applicata alla medicina sono stati effettuati nel campo delle immagini. La digitalizzazione delle immagini, oltre a rappresentare una evoluzione tecnologica naturale nel settore dell imaging medico, si è rivelata essere anche decisiva: ha consentito e stimolato lo sviluppo di tecniche avanzate come Tomografia Assiale, Risonanza Magnetica, Tomografia a Emissione di Positroni, ecc., oltre che fornito a medici e chirurghi strumenti sempre più accurati, che hanno permesso la nascita di nuovi metodi di diagnosi e nuove procedure chirurgiche. Di più: trasformare una immagine in una sequenza numerica ha consentito l ingresso di nuove sofisticate tecniche matematiche e informatiche, suggerendo la possibilità di ottenere anche informazioni quantitative, sia di tipo morfologico che funzionale, da strumenti usati fino ad allora solo come, anche se fondamentale, ausilio alla valutazione clinica umana. In realtà, a tutt oggi valutazione medica e diagnosi sono sempre appannaggio finale esclusivo dell uomo, ma si scorge tuttavia la possibilità sia di fornire al medico dati più precisi di quanto possa rilevare un occhio anche allenato, sia di svincolare la ricerca dalla soggettività da cui nessuna persona può considerarsi esente. Questo può essere un elemento fondamentale nella ricerca delle cause e/o delle evidenze cliniche che accompagnano l evoluzione delle malattie, oltre che contribuire a chiarire quali parametri accompagnino il corretto e naturale funzionamento del corpo umano. È un problema di misura che comporta problematiche radicalmente nuove, con molti aspetti dalle caratteristiche originali, da affrontare con strumenti innovativi, e in grado di porre difficoltà a volte formidabili: un terreno dove la professionalità del fisico trova un ambito di azione naturale Le neuroimmagini Nel campo dello studio del sistema nervoso centrale l elaborazione e l analisi delle immagini, sia quando l attenzione è focalizzata sull indagine morfologica, ossia sulla individuazione delle varie strutture anatomiche di cui valutare dimensioni e caratteristiche, sia quando si indirizza la ricerca

17 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 10 sugli aspetti funzionali che lo riguardano, come il metabolismo durante lo svolgimento di particolari attività o i flussi sanguigni in determinate aree di interesse, spinge la ricerca a concentrarsi, tra gli altri, su tre problemi specifici: l identificazione di particolari regioni e strutture ritenute clinicamente rilevanti (segmentazione, analisi di importanza); la valutazione delle loro dimensioni e densità (morfometria); la determinazione della classe di appartenenza di un individuo tra persone affette o non affette da una particolare malattia (classificazione); il tutto con la richiesta aggiuntiva, ed essenziale, di eseguire questi compiti in maniera completamente automatica. La scienza delle neuroimmagini, o neuroimaging, è così di fatto diventata una disciplina a sé stante, ma profondamente interconnessa con informatica e matematica applicata: essa usa metodi sia squisitamente specialistici, come quelli legati a filtraggio e preelaborazione del segnale (costituito dall immagine), sia di uso generalizzabile e comune a discipline affatto diverse come ad esempio l economia, cosa che d altronde non deve sorprendere quando si usano strumenti concettuali molto generali. Per ultimo è importante sottolineare come la digitalizzazione delle neuroimmagini abbia consentito un ulteriore fondamentale ampliamento degli strumenti di ricerca: la condivisione attraverso basi di dati internazionali, che mette a disposizione dei ricercatori di ogni parte del mondo immagini in formato standardizzato, controllate e validate dal punto di vista medico al massimo livello disponibile. Questo permette ai vari gruppi di ricerca di utilizzare materiale comune e di caratteristiche note, facilitando confronti obbiettivi fra i risultati ottenuti, e favorendo collaborazioni in rete tra gruppi diversi. Quest ultimo aspetto è in fase di evoluzione, ma sono già disponibili da alcuni anni banche di dati riconosciute e utilizzate a livello internazionale.

18 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini La Risonanza Magnetica Nel campo delle neuroimmagini, quello della Risonanza Magnetica (MR) è il settore che forse più di tutti si è giovato dell impressionante impulso innovativo offerto dai recenti sviluppi tecnici, tanto da diventare oggi il principale strumento della diagnostica neuroradiologica: basandosi sul fenomeno della risonanza magnetica nucleare dei nuclei di idrogeno, la MR è capace di produrre immagini tridimensionali con risoluzione dell ordime del millimetro e oltre. La sua nascita si può far risalire ai primi anni 70 con gli esperimenti compiuti da Lauterbur su campioni in vitro prima e su animali da esperimento poi [18]; i rapidi sviluppi di elettronica ed informatica, oltre che della tecnologia dei magneti, hanno quindi portato alla produzione di apparecchiature (scanner) evolute operanti a campi magnetici di intensità elevata, consentendo l impiego di tecniche di acquisizione sempre più avanzate. La generazione del segnale MR si basa essenzialmente sulla precessione di Larmor che il momento magnetico di un protone compie in presenza di un campo magnetico esterno. Si pone l attenzione proprio sul protone sia perché dotato di un momento magnetico significativo, sia in quanto nucleo dell atomo di idrogeno, elemento presente largamente e in proporzioni differenti nei diversi tessuti del corpo umano. A causa del suo spin, quando è immerso in un campo magnetico B 0 sufficientemente intenso 1, il protoneassumeunadiduepossibiliorientazioni: parallela, ossia con componente L z concorde con B 0, o antiparallela, con componente L z discorde; quest ultima rappresenta uno stato di energia maggiore rispetto alla prima, con differenza tra i due stati proporzionale a B 0. Quando i protoni sottoposti al campo sono molti, vi è prevalenza di orientazioni a bassa energia (parallele) rispetto a quelle ad energia più alta (antiparallele), disparità tanto maggiore quanto più intenso è il campo esterno: il risultato complessivo di questo eccesso di spin è una magnetiz- 1 Gli apparecchi attualmente disponibili usano campi che vanno da 1 a più di 10 Tesla, con questi ultimi riservati comunque solo a scopo di ricerca.

19 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 12 zazione netta del tessuto sottoposto ad esame, diretta come B 0 e crescente con esso. Come già detto, in queste condizioni il momento magnetico precede intorno alla direzione del campo con frequenza di Larmor ν L = γ B 0 /2π. In equilibrio termico ogni protone precede indipendentemente dagli altri, per cui la precessione netta totale è nulla. Per creare un segnale utile si procede quindi con l applicazione di un campo elettromagnetico, detto B 1, oscillante proprio alla frequenza di Larmor ν L, e normale al campo statico B 0. Si ottengono in questo modo due diversi effetti: si sincronizza la precessione degli spin dei singoli protoni, portandoli in fase tra loro; si provoca la transizione di alcuni protoni, mediante assorbimento di energia dal campo oscillante, dallo stato di spin parallelo a quello antiparallelo, provocando di fatto il passaggio del loro momento magnetico dal lato opposto del piano xy, con conseguente diminuzione della magnetizzazione lungo la direzione di B 0. Entrambi questi processi contribuiscono alla formazione di un segnale indotto in un opportuna bobina di ricezione. Per acquisire il segnale è però necessario interrompere il campo oscillante, quindi il sistema tende a tornare al precedente equilibrio: gli stati antiparalleli si diseccitano con un parametro caratteristico di rilassamento T1 (o T 1 ), e la precessione perde coerenza di fase secondo un proprio parametro di rilassamento T2 (o T 2, o anche T 2 ). Il segnale MR (eco) è quindi costituito dall energia in radiofrequenza rivelata dal sistema fisico durante i processi di rilassamento. L uso opportuno dei parametri di rilassamento da parte dell operatore, secondo precisi e stabiliti protocolli radiologici, consente poi di ottenere immagini ottimizzate a seconda delle regioni e dei tessuti da esaminare 2. 2 I suddetti processi avvengono secondo leggi complesse, determinate dall interazione dei parametri di rilassamento con i parametri di sequenza scelti dall operatore e denominati tempo di ripetizione (TR) e tempo di eco (TE), dell ordine delle centinaia di ms il primo, delle decine di ms il secondo [18].

20 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 13 Il problema di determinare la collocazione nello spazio delle singole porzioni di tessuto viene infine risolto facendo ricorso ad un campo magnetico a gradiente, detto semplicemente gradiente, aggiunto ai precedenti 3. Le frequenze in gioco rientrano infatti nel campo delle radiofrequenze (RF), rendendo impossibile la necessaria risoluzione spaziale con metodi basati su proiezioni come nella Tomografia Assiale (trasformata di Radon e simili): basti considerare che un protone libero in un tipico scanner MR da 1,5 Tesla ha una frequenza di Larmor dell ordine dei 63 MHz, cui corrisponde una lunghezza d onda di quasi cinque metri. Un campo magnetico opportunamente variabile nelle tre direzioni dello spazio 4 genera invece, grazie alla dipendenza di ν L dall intensità del campo, frequenze di Larmor diverse a seconda della posizione: quest ultima è perciò determinabile senza difficoltà dall analisi in frequenza del segnale, rendendo così possibile la costruzione finale dell immagine. 2.3 Le neuroimmagini nella diagnosi di AD L idrogeno è presente in maniera consistente in larga parte del corpo umano: principalmente come componente dell acqua, che da sola ne costituisce circa il 70% del peso, ma anche di molti altri tessuti, come in particolare quello adiposo. Le diverse quantità e la varietà delle strutture molecolari di cui è parte ne determinano, in campo magnetico esterno, un comportamento peculiare e riconoscibile, per esempio: magnetizzazione netta più intensa nei tessuti che ne hanno maggior concentrazione [19]; moto rotazionale più vicino alla frequenza di Larmor nelle molecole di medie dimensioni come quelle lipidiche (con rilassamento T1 particolarmente veloce); interazione energetica poco efficiente alla frequenza ν L per le molecole piccole come quelle d acqua a causa del loro veloce stato di rotazione, e per quelle grandi come le macromolecole proteiche per ragioni opposte; e via dicendo [18]. Si sono così individuati sperimentalmente, a seconda dei tessuti presenti nei vari distretti anatomici, i protocolli più opportuni per l acquisizione di immagini. 3 In realtà il campo oscillante B 1 è applicato ad impulsi, durante i quali e tra i quali viene applicato ad intervalli il campo gradiente [18]. 4 La variazione del campo gradiente è dell ordine di alcune decine di mtesla/m [20].

21 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 14 NelcampospecificodelleneuroimmaginidaRisonanzaMagnetica(MRI 5 ) del cervello, i tessuti coinvolti sono praticamente solo tre: sostanza grigia (gray matter, GM), sostanza bianca (white matter, WM), liquido cerebrospinale (cerebrospinal fluid, CSF), quest ultimo con forte componente acquosa. Questo ha consentito nel tempo di elaborare e fissare protocolli standard di acquisizione per tutte le neuroimmagini MR di comune uso diagnostico. Nelle ricerche che interessano la diagnosi di AD basata sulle normali scansioni di risonanza magnetica strutturale, ossia che mostrano la distribuzione spaziale dei diversi tessuti, il protocollo generale di riferimento è quello denominato semplicemente T1, e le MRI che genera vengono indicate in letteratura come immagini pesate in T1 (T1-weighted MRI); se non indicato diversamente, questo è dato per sottointeso. La ricerca condotta su immagini prodotte partendo da una base comune assicura non solo un indispensabile fondamento di omogeneità alla conseguente analisi, ma mette a disposizione un vastissimo archivio potenziale di scansioni MR eseguite nel corso degli anni nelle strutture sanitarie di diverse parti del mondo. A ciò si aggiunga la possibilità di sviluppare in futuro nuovi ausili diagnostici disponibili nella pratica, localmente o mediante invio telematico delle immagini, senza dover rinnovare l hardware già oggi operativo nei servizi sanitari. Naturalmente sono presenti ancora molti fattori variabili nelle singole acquisizioni, responsabili di disomogeneità e non sempre controllabili. Alcuni di essi sono noti, come le esatte dimensioni e il numero dei singoli elementi dell immagine (voxel), o, quello che è il più caratterizzante di tutti, l intensità del campo B 0, che varia a seconda del modello di apparecchiatura utilizzata, ma che fortunatamente ha da tempo trovato nel valore di 1,5 Tesla un compromesso tra precisione e costi che ne ha fatto lo standard commercialmente più diffuso. Altri risiedono invece in caratteristiche più sfuggenti, come quelle legate alle specifiche costruttive e di messa a punto di ogni singolo apparecchio MR, agli elementi contestuali presenti nella misura, 5 La sigla MRI può indicare sia le immagini di risonanza magnetica (Magnetic Resonance Image), che la tecnica di trattamento e analisi delle stesse (M.R. Imaging). Nel seguito verrà usata sempre col primo significato.

22 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 15 e ai margini di regolazione e di filtraggio nelle mani dell operatore radiologo, questi ultimi squisitamente legati alle preferenze e all abilità soggettiva. Il problema di uniformare i dati per la ricerca da questo punto di vista viene affrontato nella fase di preelaborazione, trattata più avanti. Ma non è questo che rende oggi la diagnosi delle demenze degenerative in generale, e della malattia di Alzheimer in particolare, una delle maggiori sfide dell analisi automatica delle immagini applicata alla neurologia. L uso delle neuroimmagini in tali condizioni patologiche, infatti, pone questioni molto più sottili. In questo campo l imaging convenzionale ha fino ad ora avuto tipicamente il compito di escludere la presenza di problemi che, pur diversi dalla demenza, fossero tuttavia in grado di mimarne la sintomatologia; all interno dell ambito stesso delle demenze il suo ruolo è stato generalmente limitato al tentativo di differenziarne la natura, evidenziando ad esempio problemi vascolari piuttosto che un atrofia diffusa. Il problema che ora si pone, invece, è arrivare ad una possibile diagnosi diretta dell AD, e non quando l atrofia che interessa il cervello è talmente importante da essere facilmente accertabile anche con un semplice esame visivo della MRI, ossia in una fase avanzata, ma cercando di coglierne prove diagnostiche in uno stadio il più possibile precoce, ossia quando le modificazioni morfologiche delle aree interessate non sono ancora visibili all occhio del radiologo. La richiesta poi di automatizzare completamente questo processo risponde a precise necessità: fornire una base diagnostica il più possibile oggettiva e condivisa, per consentire il monitoraggio e lo studio dell evoluzione della patologia a partire dalle sue fasi iniziali; realizzare protocolli di calcolo che forniscano risultati confrontabili in base alla loro effettiva capacità discriminatoria, e non ad abilità ad essi esterne; sfruttare la capacità dei calcolatori di elaborare massicce quantità di dati per estrarre informazioni utili in maniera originale rispetto alla

23 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 16 valutazione umana, evitando quindi qualunque intervento manuale sui dati stessi; analizzare il tipo di caratteristiche estratte automaticamente dalle immagini che si rivelano significative per la diagnosi, per meglio individuare le modificazioni morfologiche tipiche dell esordio della malattia. Come detto in precedenza, la diagnosi certa di malattia di Alzheimer è possibile solo quando vi è presenza nel cervello di particolari depositi proteici extracellulari e strutture (grovigli) intracellulari che si aggiungono alle altre evidenze cliniche: allo stato attuale però, nonostante l intensa ricerca in atto, non esistono strumenti di imaging o altri test in grado di accertare tale presenza in vivo. Le immagini di risonanza magnetica sono invece uno strumento ideale per tentare una valutazione precisa dello stato di atrofia cerebrale, quantificare la distribuzione regionale del danno, cercarne segni morfologici premonitori. Si tratta, in ultima analisi, di individuare in una persona riduzioni o alterazioni significative della materia grigia rispetto ai soggetti sani di pari età, compito ben più difficile che seguire nel tempo l evoluzione delle MRI dello stesso paziente. Le differenze anatomiche inter-individuali (tra individui diversi) sono spesso ben più nette di quelle intra-individuali (nello stesso individuo), quindi l analisi non può ridursi alla mera ricerca di differenze, ma deve piuttosto trovare un affidabile riferimento di normalità, e discriminare solo quelle caratteristiche che lo differenziano da un soggetto affetto da patologia. Il primo di questi problemi, il riferimento di normalità, viene considerato in un prossimo paragrafo; il secondo, la ricerca di caratteristiche discriminanti, sarà argomento del capitolo seguente. 2.4 Risorse, basi di dati e collaborazioni internazionali per lo studio dell AD Grazie alla qualità e alla risoluzione delle sue immagini, ma soprattutto grazie all uso di radiazioni non ionizzanti, la tecnica della risonanza magnetica è diventata largamente popolare in campo diagnostico e nella ricerca:

24 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 17 la possibilità di ottenere immagini strutturali dettagliate su ogni piano geometrico l ha resa una tecnologia di elezione nello studio delle malattie degenerative del cervello, portando anche allo sviluppo di nuove tecniche di imaging strutturale (Diffusion Tensor Imaging, DTI) e funzionale (functional Magnetic Resonance Imaging, fmri; functional Diffusion Tensor Imaging, fdti) basate su di essa [21]. Il progresso della ricerca sui metodi computazionali di analisi dell immagine, ha presto fatto emergere la necessità di disporre di una base condivisa per il loro sviluppo, la sperimentazione e il confronto. Una base di dati (database) internazionale, contenente immagini di qualità validate da esperti, e disponibile facilmente in rete informatica, si è rivelata lo strumento ideale allo scopo: diverse collaborazioni si sono per questo sviluppate negli anni, alcune più generali, altre con obbiettivi più specifici, come ad esempio proprio la lotta alla malattia di Alzheimer. L incalzare dei risultati delle ricerche ha portato ad un continuo miglioramento dei protocolli e del materiale a disposizione, ma d altro canto ha creato qualche difficoltà nella standardizzazione dei metodi, e soprattutto nel confronto delle diverse metodologie di analisi: i vari gruppi di ricerca fanno oggi riferimento a fonti diverse, rendendo non perfettamente uniforme il materiale sperimentale di base. L alta qualità raggiunta dalle neuroimmagini rende però i dati più omogenei, compensando in parte il problema ADNI Le note seguenti riguardano quella che oggi è forse la principale risorsa internazionale di MRI per lo studio della malattia di Alzheimer: le problematiche qui accennate forniscono un idea comunque generale delle difficoltà che si incontrano nell acquisizione di questo tipo di dati, e possono aiutare a meglio inquadrare i risultati delle ultime ricerche in corso. L Alzheimer s Disease Neuroimaging Initiative (ADNI) [22] è una collaborazione americana di: National Institute on Aging (NIA), National Institute of Biomedical Imaging and Bioengineering(NIBIB), Food and Drug Administration (FDA), con l industria farmaceutica e alcune fondazioni private attraverso la Foundation for the NIH (National Institutes of Health).

25 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 18 Si tratta di uno studio osservativo longitudinale 6, multi-sito, condotto sia su soggetti anziani sani (dal punto di vista della demenza), sia con sintomatologia MCI, sia affetti da AD. Attivo dal 2004, si propone di stabilire come si possa accertare, e valutare nel tempo, l insorgenza e la progressione della malattia di Alzheimer attraverso l uso, singolo o combinato, degli strumenti diagnostici oggi ritenuti più idonei dalla ricerca: le neuroimmagini e i marcatori biochimici. Unitamente si procede anche con analisi cliniche sui fluidi biologici e attente valutazioni neuropsichiatriche. Oltre al suddetto obbiettivo finale, ADNI ha lo scopo di fornire liberamente alla comunità scientifica dati controllati e conseguenti nel tempo, sviluppare standard tecnici per gli studi longitudinali con neuroimmagini, determinare la metodologia ottima per l acquisizione e l analisi preliminare delle MRI, validare immagini e biomarcatori anche con la fornitura di indagini cliniche e psicometriche a questi correlate, contribuire infine allo sviluppo dei metodi di indagine clinica nei casi di MCI e AD. Lo studio è partito dal reclutamento, su base volontaria, di complessivamente 800 adulti, tra i 55 e i 90 anni, presso 55 strutture accuratamente selezionate di Stati Uniti e Canada: 200 soggetti cognitivamente sani (soggetti di controllo), 400 con decadimento cognitivo lieve (MCI), e 200 affetti da malattia di Alzheimer, sono stati ivi sottoposti, ad intervalli di tempo stabiliti 7, a risonanza magnetica del cervello (MRI), tomografia ad emissione di positroni con opportuno marcatore (FDG-PET), analisi con bio-marcatori di liquido cerebrospinale (CSF), esami clinici e prelievo di campioni. Attualmente il database include oltre scansioni MRI e PET [21]. La massima cura è stata posta nel mantenere la consistenza dei dati nel tempo e attraverso le diverse piattaforme di acquisizione, affinché tutte le immagini acquisite con tecnologia analoga abbiano qualità simile(risoluzione spaziale, rapporto contrasto/rumore, minimizzazione degli artefatti, ecc.). 6 Con longitudinale si indica uno studio condotto mediante ripetute osservazioni dello stesso (o di pochi) soggetto(i) in un lungo periodo di tempo; si contrappone allo studio trasversale, composto invece da diverse osservazioni in diversi (o numerosi) soggetti nello stesso momento. 7 I soggetti di controllo a 0, 6, 12, 24, 36 mesi; gli MCI anche a 18 mesi; gli AD solo a 0, 6, 12, 24 mesi.

26 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 19 Un attenzione particolare è stata poi riservata all analisi morfometrica del cervello, e di conseguenza proprio alle sequenze 3D di immagini da risonanza magnetica, pesate in T1, ad alta risoluzione e qualità, acquisite con opzioni accuratamente ottimizzate per ogni tipo di macchinario usato 8 ; viene inoltre sottoposto a scansione anche un apposito fantoccio (phantom) progettato per il monitoraggio continuo e la calibrazione delle piattaforme MR. Tutti i soggetti partecipanti sono stati sottoposti a scansioni MR a 1,5 Tesla (9) con risoluzione di circa 1 mm 3 per voxel, possibilmente isotropica, e al massimo di 1,5 mm in ogni direzione. Ogni acquisizione è stata ripetuta due volte, selezionando quindi quella di qualità migliore; quando sono di qualità equivalente, le MRI possono essere combinate per incrementare il rapporto S/N. Oltre alle piccole correzioni nelle mani dell operatore allo scanner, intrinseche al processo di acquisizione, lo studio ADNI prevede anche una successiva elaborazione per una ulteriore correzione degli artefatti generati dalle stesse macchine MR, ove possibile usando apposito software fornito dalle case costruttrici: si tratta soprattutto di non linearità nel campo gradiente, disuniformità causate dalle bobine di ricezione, imperfetto allineamento delle sezioni (slices) 2D che formano la sequenza 3D, e così via. Sono tutte correzioni specifiche per ogni sistema, valutate ed applicate da esperti del settore, necessarie a garantire a tutte le immagini la necessaria uniformità e indipendenza dai dettagli tecnici. Sono comunque a disposizione della comunità scientifica sia le immagini corrette, sia quelle prive di correzione, sia anche immagini con solo alcune delle correzioni possibili. 8 Per questa ragione le piattaforme utilizzate sono state scelte esclusivamente tra i modelli non obsoleti dei tre principali costruttori mondiali: GE Healthcare, Philips Medical Systems, Siemens Medical Solutions. 9 Sono previste anche altre modalità di imaging: a 3 Tesla (su metà dei soggetti), con miglior rapporto segnale/rumore e risoluzione, ma con problemi di shift chimico e maggior velocità di variazione della suscettibilità; FDG-PET (sull altra metà); MR a pesatura T2 per individuare altre patologie presenti (su tutti).

27 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 20 Tutto questo intenso lavoro di preparazione trova una spiegazione nella necessità di elaborare le MRI della base di dati in maniera del tutto automatica: là dove un radiologo esperto è capace di leggere le immagini riconoscendone senza difficoltà i piccoli artefatti, i programmi di analisi potrebbero incorrere in equivoci sostanziali. Anche un difetto apparentemente trascurabile può sviare un algoritmo, per quanto accurato questo sia: vale anzi la regola empirica secondo la quale più è automatica l analisi delle immagini, più questa è sensibile verso le imperfezioni. È un tipo di problema che si incontra spesso nel campo della intelligenza artificiale IBSR L Internet Brain Segmentation Repository (IBSR) [23] è una raccolta di immagini MR, creata nel 1996 a cura del Center for Morphometric Analysis (CMA) del Massachusetts General Hospital. Sono in maggioranza acquisizioni pesate a T1, disponibili in slices con matrice di pixel, generalmente con scala di grigi a 16 bit, di soggetti sani o di pazienti con tumori al cervello. Le scansioni sono effettuate presso lo stesso ospedale su macchine dello stesso modello e costruttore. La sua caratteristica più interessante è la disponibilità di molte di esse anche in versione segmentata, con indicate esplicitamente materia grigia (GM), bianca (WM), o altro; e/o in versione contornata con l intervento manuale di un esperto, ricampionate a pixel, con indicazioni molto più dettagliate di varie strutture anatomiche. L uso principale di questi dati è la verifica degli algoritmi automatici di segmentazione MRI sia supervisionati che non. Sono disponibili anche immagini ottenute con tecnologie diverse, e sono in fase di sviluppo altri database dedicati a studi su diverse patologie OASIS L Open Access Series of Imaging Studies(OASIS)[24] è frutto di una collaborazione tra la Howard Hughes Medical Institute (HHMI) della Harvard University, il Neuroinformatics Research Group (NRG) presso la Washing-

28 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 21 ton University School of Medicine, e il Biomedical Informatics Research Network (BIRN). È costituito da immagini cerebrali di oltre 400 soggetti ampiamente distribuiti in età (dai 18 ai 96 anni), dei quali fornisce più MRI a 1,5 Tesla pesate in T1 e acquisite con un unico modello, fissato per tutti, di scanner MR; inoltre sono disponibili le medie delle stesse elaborate (registrate, v. cap. seg.) per la correzione del movimento, le versioni ripulite dalle strutture non encefaliche, le versioni corrette e registrate mediante atlante [25] in uno spazio anatomico standard [26], infine le versioni già segmentate in materia grigia, bianca e liquido cerebrospinale [27]. La base di dati è pensata soprattutto per testare algoritmi diversi in ogni punto fondamentale della catena di elaborazione automatica, e dispone quindi, oltre ai dati già citati, anche di ulteriori informazioni anatomiche utili, e di un accurato sistema di ricerca su basi cliniche e di popolazione Altre risorse BIRN (Biomedical Informatics Research Network) [28]: è un progetto nato nel 2001 che si propone di favorire collaborazioni interdisciplinari a larga scala nel campo delle scienze biomediche, mediante l uso delle più recenti infrastrutture informatiche di rete. Si caratterizza per il lavoro congiunto di informatici e ricercatori biomedici nel progetto ed implementazione di un architettura distribuita di risorse condivise per la diagnosi e cura di varie malattie. NDG (Neuroscience Database Gateway) [29]: sviluppato dalla Society s Brain Information Group (BIG), e ora ospitato dalla Yale University sotto la supervisione della Society s Neuroinformatics Committee, è un progetto pilota che organizza e rende disponibili riferimenti (links) a basi di dati, tutti di ambito neuroscientifico, di cinque tipi diversi: dati sperimentali, conoscenze di base, software dedicato alle neuroscienze, risorse bioinformatiche, soggetti fornitori di materiale per la ricerca. È attivo dal 2004.

29 2 Diagnosi di AD con le neuroimmagini 22 EADC (European Alzheimer s Disease Consortium) [30]: da segnalare infine questa rete, che gode del contributo economico della Commissione Europea, composta da oltre 50 centri europei di eccellenza nella lotta alla malattia di Alzheimer e alle demenze ad essa correlate. EADC ha di recente avviato un progetto finalizzato allo sviluppo di un protocollo ottimizzato per la stima del volume dell ippocampo mediante tracciamento manuale su MRI [31]. 2.5 Coordinate stereotassiche e atlanti Molte procedure di registrazione e/o segmentazione delle immagini MR si basano sul confronto e sull adattamento riferiti ad una immagine-modello: gli atlanti anatomici del cervello forniscono tali riferimenti in uno spazio associato tridimensionale di coordinate standard (spazio stereotassico). Anche in questo campo la presenza di standard diversi, conseguenza quasi inevitabile del rapido procedere del neuroimaging, è fonte di qualche difficoltà nell analisi e nel confronto dei lavori di ricerca Talairach L atlante di Talairach e Tournoux (1988) [26] nacque dalla necessità, imposta soprattutto dalla neurochirurgia, di costruire una dettagliata mappa tridimensionale del cervello, che fosse anche munita di precisi riferimenti anatomici. È stato costruito esaminando sottili sezioni di un cervello umano reale, riportandone fedelmente l aspetto su carta, tracciandone con cura le regioni anatomiche, e munendo il tutto di un sistema di coordinate ortogonali: in questo modo si è creata una corrispondenza che consente di indicare ogni dettaglio morfologico semplicemente fornendone le coordinate, e in maniera molto più precisa che con un tradizionale sistema di tipo descrittivo. Mantenendo questa corrispondenza tra morfologia e coordinate, che definisce il cosiddetto spazio stereotassico, segue che un cervello di dimensioni e forma diverse potrà essere descritto con le stesse coordinate solo a prezzo di una deformazione continua che lo porti a combaciare con esattezza sul modello, in modo da sovrapporne le strutture morfologiche.

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