GUARDIA DI FINANZA SCUOLA DI POLIZIA TRIBUTARIA

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1 GUARDIA DI FINANZA SCUOLA DI POLIZIA TRIBUTARIA CLAUDIO DI GREGORIO IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT LIDO DI OSTIA, LUGLIO 2005

2 Impaginazione M.A. MARCO BOCCOLINI M.C. VINCENZO CILIBERTI FIN. SC. GIANCARLO NAPOLI FIN. PIETRO AMORUSO Stampa BRIG.C. RAFFAELLO FANTONI BRIG. GIUSEPPE FINOCCHIARO APP. MARIO CRUCIANI APP. NATALINO PALERMO APP. MUNZI ANDREA

3 INDICE Introduzione... 1 CAP. I LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT Enti non commerciali ed Onlus: caratteri comuni Onlus: i caratteri distintivi Soggetti ammessi e soggetti esclusi Le Onlus di diritto I settori dell attività L anagrafe unica delle Onlus La determinazione del reddito negli enti non profit L art. 148 del T.U.I.R Le prestazioni di servizi non rientranti nell art del codice civile L attività di «fund raising» I contributi corrisposti dalle pubbliche amministrazioni Clausole antielusive per gli enti di tipo associativo Le eccezioni alla regola della non commercialità Il regime forfetario per talune categorie di enti Presupposti per l applicazione dell IVA Presupposto soggettivo Perdita della qualifica di ente non commerciale Presupposti oggettivi e casi particolari La detrazione d imposta La nuova disciplina della detrazione d imposta per le attività commerciali svolte da enti non commerciali Rettifica della detrazione Le agevolazioni per le Onlus Imposta sugli intrattenimenti Gli organi preposti al controllo CAP. II ACCESSI, ISPEZIONI, VERIFICHE NEI CONFRONTI DELLE ONLUS Esercizio del potere d accesso nei confronti delle Onlus L oggetto del controllo ispettivo Sul possesso dei requisiti formali necessari al godimento dei benefici fiscali Sulla natura dell attività effettivamente svolta Sulla struttura dell apparato contabile Organo competente a ricevere le segnalazioni concernenti il mancato possesso dei requisiti di cui all art. 10 del D. Lgs. 460/

4 II CAP. III METODOLOGIE DI CONTROLLO Premessa I controlli nei confronti delle Onlus di diritto Degli organismi di volontariato (L. 11 agosto 1991, n. 266) Generalità Attività preparatoria Metodologia del controllo Delle organizzazioni non governative (L. 26 febbraio 1987, n. 49) Generalità Attività preparatoria Metodologia del controllo Delle cooperative sociali (L. 8 novembre 1991, n. 381) Generalità Attività preparatoria Metodologia di controllo I controlli nei confronti delle Onlus, per settori d attività istituzionale svolta Assistenza sociale o socio sanitaria Assistenza sanitaria Beneficenza Generalità Tipologie d evasione e metodologie di controllo Istruzione Generalità Attività preparatoria Metodologia di controllo Cooperative sociali - Onlus Altre Onlus Formazione Generalità Attività preparatoria Metodologia del controllo Sport dilettantistico Generalità Attività preparatoria Metodologia di controllo Tutela del patrimonio storico ed artistico Generalità Metodologia di controllo Tutela dell ambiente Generalità Attività preparatoria Metodologia di controllo Promozione della cultura e dell arte Generalità

5 III Attività preparatoria Metodologia di controllo Tutela dei diritti civili Generalità Attività preparatoria Metodologia di controllo Ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni o da esse affidata ad enti tassativamente indicati Generalità Attività preparatoria e metodologia di controllo TAVOLE RIEPILOGATIVE TAV. A I SOGGETTI ONLUS TAV. B OBBLIGHI CONTABILI DELLE ONLUS TAV. C ORGANI ADDETTI AL CONTROLLO DELLE ONLUS TAV. D ESERCIZIO DEL POTERE D ACCESSO NEI CONFRONTI DELLE ONLUS TAV. E PROCEDURA STANDARD DI CONTROLLO APPENDICE LEGISLATIVA L. 26 FEBBRAIO 1987, N. 49. DELL ITALIA CON I PAESI IN VIA DI SVILUPPO NUOVA DISCIPLINA DELLA COOPERAZIONE L. 11 AGOSTO 1991, N LEGGE-QUADRO SUL VOLONTARIATO L. 8 NOVEMBRE 1991, N DISCIPLINA DELLE COOPERATIVE SOCIALI L. 16 DICEMBRE 1991, N DISPOSIZIONI TRIBUTARIE RELATIVE ALLE ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE L. 23 DICEMBRE 1996, N MISURE DI RAZIONALIZZAZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA D. LGS. 4 DICEMBRE 1997, N RIORDINO DELLA DISCIPLINA TRIBUTARIA DEGLI ENTI NON COMMERCIALI E DELLE ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITÀ SOCIALE L. 13 MAGGIO 1999, N DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PEREQUAZIONE, RAZIONALIZZAZIONE E FEDERALISMO FISCALE L. 23 DICEMBRE 1999, N DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E PLURIENNALE DELLO STATO BIBLIOGRAFIA

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7 INTRODUZIONE Il c.d. Terzo settore, di cui le ONLUS (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale) costituiscono un sottoinsieme, è venuto negli ultimi due decenni all attenzione degli studiosi di varie discipline (giuridiche, sociologiche, economico-aziendali), in concomitanza con il progressivo smantellamento dello stato sociale 1. Il termine «non profit», di derivazione anglosassone, indica, appunto, le organizzazioni «not for profit», cioè non aventi scopo di lucro e rivolte ad attività tradizionalmente demandate allo Stato. Le organizzazioni di questo tipo sono anche dette «State oriented», in contrapposizione alle organizzazioni «for profit», che operano invece per il mercato (e che perciò sono denominate «market oriented») 2. Il Terzo Settore ricomprende in sé tipologie giuridiche ed economico-aziendali diversissime, che vanno dai tradizionali «enti morali» alle organizzazioni non governative per gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, alle organizzazioni di volontariato, alle cooperative sociali, alle istituzioni religiose 3. Secondo uno studio condotto dalla Johns Hopkins University di Baltimora, il «non profit» costituisce, a livello mondiale, un industria con volume d affari di circa miliardi di dollari, con circa 19 milioni di occupati (esclusi i volontari), operante nei servizi sociali, nei settori ricreativo, ambientale, dell istruzione e della salute L espressione «terzo settore» fu usata, per la prima volta, nel Rapporto Un progetto per l Europa, prodotto da Jacques Delors, in ambito Comunitario, nel Tale espressione pone l accento sulla nascita di una realtà economica che si pone a metà strada tra settore pubblico e settore privato, presentando quanto all impegno sociale, culturale ed ambientale caratteri e finalità propri del primo e quanto al modello di organizzazione aziendale l assetto economico produttivo proprio del secondo. Cfr. ABRAHMSON A.J., SALAMON L.M., The non profit sector and the new federai budget, Washington D.C., 1986, pp ; ANHEIER A.K., SEIBEL W., The third sector. Comparative studies of non profit organizations, Leiden, 1990, pp Che le istituzioni religiose vadano ricomprese nell alveo delle «aziende non profit» è sostenuto, da ultimo, da FIORENTINI G., SLAV A., La Chiesa come azienda non profit, Milano, 1998; Cfr., in particolare, pp , ove gli autori riprendono la classificazione di CASSLER R.S., The economie of non profit enterprise, Baltimora, 1986, p. 42, degli enti non profit in: 1) Agenzie di raccolta fondi; 2) Organizzazioni di produzione per i propri membri; 3) Organizzazioni di produzione per l esterno; 4) Congregazioni religiose. Si tratta del The Johns Hopkins comparative non profit sector project, presentato a Bruxelles il 5 novembre Per un commento dei relativi risultati, cfr. JESJ C., Non profit, l ottava potenza mondiale, in «Il Sole 24 ORE», del 16 novembre 1998, p. 10. Secondo i dati pubblicati da «Indico 3», nel 1998, in Italia sono presenti cooperative sociali, 130 organizzazioni non governative, circa

8 2 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT La vastità del fenomeno ha condotto qualche autore a domandarsi se gli enti «non profit» costituiscano un modello «a sé» di organizzazione aziendale e se le attività da essi poste in essere siano compatibili con una logica di concorrenza, atteso che essi si presentano comunque come «aziende», destinate ad operare sul mercato, ancorché non spinte da finalità lucrative 5. È stato anche evidenziato come la tematica del «non profit» sfugga alla netta ripartizione, fissata dal legislatore del codice civile, tra enti c.d. «morali», disciplinati nel Libro I, ed enti a scopo di lucro, compresi nel Libro V. Difficile anche l inquadramento degli enti in parola nel sistema tributario uscito dalla riforma del 1971, che distingueva, sostanzialmente, tra «imprese» ed «enti non commerciali», ed in particolare tra le attività tipicamente «commerciali» (art del codice ci-vile) e le altre attività 6. Proprio dalla difficoltà di ridurre ad un unico genus la vasta platea di soggetti, in astratto qualificabili come «non profit», traggono origine i vari tentativi di riordino del settore, sia sul piano civilistico che su quello fiscale. Tra gli obiettivi perseguiti dal Legislatore non è certo secondario quello di favorire l ingresso dei privati nel sociale, ritenendosi, da un lato, che essi potessero operarvi con criteri di maggiore economicità, e prendendosi atto, dall altro, che gli stretti vincoli di bilancio imponevano il progressivo abbandono, da parte dell apparato statale, di iniziative tradizionalmente assegnate alla sua competenza. In quest ottica vanno visti gli interventi legislativi prodottisi, dalla metà degli anni ottanta, per disciplinare le organizzazioni «senza scopo di lucro» operanti in diversi ambiti: da quello religioso (L. 20 maggio 1985, n. 222), alla cooperazione allo sviluppo (ove è intervenuta la L. 26 febbraio 1987, n. 49, volta a disciplinare il associazioni di volontariato. Secondo la stessa fonte, il terzo settore impiega, in Italia, oltre persone ed in esso operano oltre 5 milioni di volontari. Cfr., in proposito, ancora JESI C., Il terzo settore vale 690mila occupati, in «Il Sole 24 ORE» dell 8 novembre 1999, p. 11. Cfr. TABET G., ONLUS Profili soggettivi della fattispecie, in «Il fisco»n. 8/1998, p e segg., che attribuisce al D. Lgs. 460/97 il merito di aver finalmente delimitato i presupposti soggettivi per le agevolazioni fiscali ed anche i caratteri distintivi della specie delle ONLUS dal genus del non profit. Cfr., in proposito BIANCHI C., Qualche notazione sul terzo settore in 11 modello aziendale come modello di economicità, Roma, 1998, pp , il quale nega che gli enti non profit possano costituire un modello aziendale autonomo. Quanto alla compatibilità di tali enti con un regime di concorrenza, cfr. le preoccupazioni espresse da GOBBO F., Le non profit organizations e la tutela della concorrenza, in «Rivista di politica economica», ottobre 1997.

9 INTRODUZIONE 3 «riconoscimento» delle organizzazioni non governative all uopo istituite), al volontariato (ove è intervenuta la «legge quadro» dell 11 agosto 1991, n. 266), alle cooperative sociali (L. 8 novembre 1991, n. 381), nella duplice finalità di gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, o di attività produttive destinate all inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Così, sull esempio del modello statunitense delle «tax exempt organisations» ed in attuazione della delega contenuta nell art. 3, comma 189, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, è stato emanato il D. Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, recante il «Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale», nell intento, appunto, di metter mano in via definitiva alla riforma del «terzo settore», a cominciare dagli aspetti fiscali. Il decreto si preoccupa, in particolare, di enucleare, nell ambito della vasta categoria dei soggetti «non profit», quelle organizzazioni che si caratterizzano per lo svolgimento di attività istituzionali «socialmente apprezzabili», fornendone un indicazione tassativa, ritenendole ex lege «non commerciali», e perciò meritevoli di agevolazioni fiscali, sia ai fini delle imposte sul reddito che dell IVA. Non solo: i proventi delle attività connesse a quelle «socialmente apprezzabili» sono anch essi considerati insuscettibili di concorrere alla formazione del reddito. Il decreto s incarica poi di stabilire quali enti, tra quelli non commerciali, possano essere inclusi nel sottoinsieme delle ONLUS e quali, invece, siano destinati a non fame parte. Di particolare interesse sono anche le disposizioni in materia di regimi contabili. Infine, viene istituita un anagrafe delle ONLUS ed un autorità di vigilanza sul possesso dei requisiti previsti, poi effettivamente istituita ed insediatasi a Milano. Il D. Lgs. 460/97 e le norme regolamentari emanate successivamente hanno ulteriormente accentuato la crescita del settore «non profit» in Italia. A otto anni dall entrata in vigore del citato decreto appare incontestabile l impatto prodotto dall attività degli enti in parola, e delle ONLUS in particolare, nel contesto economico e sociale, sia per l enorme massa di denaro che essi riescono a muovere sia per il numero di persone che sono capaci di coinvolgere.

10 4 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT Ma proprio la consapevolezza di questa realtà ha indotto i competenti organi istituzionali e tra essi, in primo luogo, il Ministero dell economia e delle finanze e la Guardia di finanza a studiare la predisposizione di adeguate forme di controllo nei confronti dei suddetti enti, al fine di prevenire abusi, sia sotto il profilo delle agevolazioni fiscali di cui questi ultimi indubbiamente godono, in forza delle citate disposizioni normative, sia sotto il profilo del reperimento dei fondi e quello della reale destinazione delle risorse che vengono a conseguire. La presente trattazione intende offrire uno strumento di supporto a tutti gli operatori impiegati nell attività di controllo dello specifico settore. A tal fine, essa contiene tre capitoli. Il primo Capitolo è dedicato ai riflessi della nuova disciplina sull attività dei verificatori fiscali, sia con riguardo agli obblighi contabili il cui regolare assolvimento essi si troveranno a riscontrare, sia in relazione al corretto esercizio del potere di accesso nei locali in uso a tali organizzazioni, sia, infine, quanto al «progetto investigativo», che deve presiedere la predetta attività nei confronti dei citati enti. Il secondo capitolo si occupa degli effettivi poteri attribuiti ai verificatori nell attività ispettiva rivolta nei confronti degli enti non commerciali. Infine, il terzo capitolo si occupa delle metodologie di controllo correlando le stesse alle peculiarità presentate dai diversi tipi di attività istituzionali previste dal Legislatore. Ciò nella consapevolezza che, indipendente dal dibattito aperto sull effettiva possibilità di comprendere gli enti in parola nell ambito dei consueti modelli aziendalistici, essi costituiscono, tuttavia e sotto molti aspetti, una novità nell universo dei soggetti economici nei confronti dei quali è rivolta l azione di controllo.

11 CAPITOLO PRIMO LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 1 1. ENTI NON COMMERCIALI ED ONLUS: CARATTERI COMUNI Secondo uno studio condotto dalla Johns Hopkins University di Baltimora, il non-profit costituisce oggi un industria con volume d affari di circa miliardi di dollari, con circa 19 milioni di occupati (esclusi i volontari), operante nei servizi sociali, nel settore ricreativo ed ambientale, dell istruzione e della salute 2. Del non profit le Onlus (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale) costituiscono un sotto insieme, creato sull esempio del modello statunitense delle tax-exempt organizations, ed in attuazione della delega contenuta nell art. 3, comma 189, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, nell intento, di metter mano in via definitiva alla riforma del terzo settore, a cominciare dagli aspetti fiscali, ciò anche al fine di favorire l ingresso dei privati nel sociale, ritenendosi, da un lato, che essi potessero operarvi con criteri di maggiore economicità, e prendendosi atto, dall altro, che gli stretti vincoli di bilancio imponevano il progressivo abbandono, da parte dell apparato statale, di iniziative tradizionalmente assegnate alla sua competenza. Il D. Lgs. 460/97 si preoccupa, infatti, di enucleare, nell ambito della vasta categoria dei soggetti non profit, quelle organizzazioni le Onlus appunto che si caratterizzano per lo svolgimento di attività istituzionali socialmente apprezzabili, fornendo un indicazione 1 2 Il presente lavoro costituisce una sintesi, opportunamente riveduta ed aggiornata, di alcuni articoli e volumi già pubblicati in tema di controlli nei confronti degli enti non profit di cui si segnalano di C. DI GREGORIO, I controlli dell Amministrazione finanziaria nei confronti delle Onlus, in «Notiziario della Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza», n. 4/99 aprile 1999, pp ; Organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Poteri, oggetto e finalità dell attività di controllo, in «il fisco», n. 12/2000, del 20 marzo 2000, pp ; Onlus e controlli fiscali, Milano, 2000, pp e, infine, I controlli fiscali nelle Onlus: presupposti e finalità, in «Terzo Settore», n.2/2002 pp ; Onlus: le metodologie di controllo atte a reprimere l evasione fiscale, in «Terzo Settore», n.6/2002, pp Si tratta del The Johns Hopkins comparative non profit sector project, presentato a Bruxelles il 5 novembre Per un commento dei relativi risultati, cfr. JESI, Non-profit, l ottava potenza mondiale, in Il Sole 24 Ore, del 16 novembre 1998, p. 10.

12 6 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT tassativa di tali attività, ritenute ex lege non commerciali, e perciò meritevoli di agevolazioni fiscali, sia ai fini delle imposte sul reddito che dell IVA. Non solo: i proventi delle attività connesse a quelle socialmente apprezzabili sono anch essi considerati insuscettibili di concorrere alla formazione del reddito. Tuttavia, proprio la vastità del fenomeno ha condotto qualche autore a domandarsi se gli enti non profit in generale, e le Onlus in particolare, costituiscano un modello a sé di organizzazione aziendale e se le attività da essi poste in essere siano compatibili con una logica di concorrenza, atteso che tali enti si presentano comunque come aziende, destinate ad operare sul mercato, ancorchè non spinte da finalità lucrative 3. E, d altro canto, proprio l enorme massa di denaro e di persone che tali enti riescono a muovere, insieme all impatto che la loro attività produce nella collettività, induce ad apprestare forme adeguate di controllo, al fine di prevenire forme di abusi, sia sotto il profilo delle agevolazioni fiscali di cui indubbiamente godono, in forza delle citate disposizioni legislative, sia sotto il profilo del reale utilizzo delle risorse che essi vengono a conseguire. Oggetto della presente relazione è proprio quello di esaminare, da un lato, le forme di controllo attualmente predisposte dalla legge nei confronti degli enti non profit e delle Onlus e, dall altro, di evidenziare le problematiche che vengono in rilievo allorquando gli organi dell amministrazione finanziaria in particolare si apprestino ad esercitare i loro poteri ispettivi nei confronti dei citati enti. La lettura del titolo del D. Lgs. 460/97, recante il Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, e di varie norme in esso contenute, che esplicitamente o implicitamente richiedono il coordinamento della disciplina fiscale delle Onlus con quella fissata, più in generale, per il complesso degli enti non profit, rivela come il legislatore delegato abbia inteso ricomprendere le Onlus nel più vasto ambito degli enti non commerciali. 3 Cfr., in proposito C. BIANCHI, Qualche notazione sul terzo settore in Il modello aziendale come modello di economicità, Roma, 1998, pp , il quale nega che gli enti non profit possano costituire un modello aziendale autonomo. Quanto alla compatibilità di tali enti con un regime di concorrenza, cfr. le preoccupazioni espresse da GOBBO, Le non profit organizations e la tutela della concorrenza, in Rivista di politica economica, ottobre 1997.

13 LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 7 Il pensiero va, innanzi tutto, all art. 26 Norma di rinvio, che esplicitamente rende applicabili alle Onlus, ove compatibili, le disposizioni relative agli enti non commerciali, all art. 2, concernente la disciplina delle Occasionali raccolte pubbliche di fondi e contributi per lo svolgimento convenzionato di attività e, infine, all art. 9, concernente le Agevolazioni temporanee per il trasferimento di beni patrimoniali in favore degli enti non commerciali. La disciplina delineata dalle norme su richiamate risulta, infatti, identica sia per le Onlus che per gli altri enti non commerciali. Ma l art. 26 richiede un rinvio attraverso il detto richiamo agli artt. 2 e 9 anche all art. 143 del T.U.I.R., che costituisce così la norma base per la determinazione del reddito complessivo sia degli enti non commerciali che delle Onlus 4. Non solo: l art. 5 del D. Lgs. 460/97, modificativo sia dell art. 148 del T.U.I.R., sia del DPR 633/72 (art. 4, comma 7), ha introdotto clausole antielusive per il godimento delle agevolazioni fiscali, ai fini delle imposte sui redditi e dell IVA, da parte di enti associativi, che ricalcano alcune delle prescrizioni poi poste dallo stesso D. Lgs. 460/97, per la costituzione di un ente in Onlus. Si tratta, in particolare: del divieto di distribuzione anche indiretta di utili; dell obbligo di devoluzione del patrimonio dell ente, in caso di scioglimento, ad altra associazione con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità; della disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l effettività del rapporto medesimo; dell obbligo di redazione e approvazione del rendiconto economico e finanziario annuale; dell eleggibilità libera degli organi amministrativi e del voto singolo; dell intrasmissibilità della quota associativa Per le Onlus si veda anche l art. 150 del T.U.I.R. vigente dal 1 gennaio Le prescrizioni indicate nel testo ricalcano quelle previste dall art. 10, comma 1, lett. d), f), g), h), del D. Lgs. n. 460/97 per gli statuti delle Onlus.

14 8 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT Allo stesso modo, debbono ritenersi applicabili anche alle Onlus gli effetti concernenti la perdita della qualifica di ente non commerciale, ai sensi dell art. 6 del D. Lgs. 460/97 6. Per converso, la disposizione dell art. 10, comma 6, del D. Lgs. 460/97, concernente i casi di distribuzione indiretta di utili, riguardanti le Onlus, sembra applicabile anche agli altri enti non commerciali che vogliano fruire dei benefici fiscali previsti, ai fini delle imposte sui redditi e dell IVA, rispettivamente, dall art. 148 del T.U.I.R. e dall art. 4 del DPR 633/ ONLUS: I CARATTERI DISTINTIVI 2.1 SOGGETTI AMMESSI E SOGGETTI ESCLUSI Si sono visti fin qui i tratti comuni delle discipline fiscali riguardanti gli enti non commerciali e le Onlus. Con il D. Lgs. n. 460/97, il legislatore ha individuato, nell ambito della vasta platea di enti non profit, un sotto insieme, denominato delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che si caratterizza, rispetto agli altri enti non aventi scopo di lucro, per alcune peculiarità che saranno, di seguito, brevemente esaminate. Prima di ciò occorre però verificare l ambito soggettivo di applicazione della disciplina relativa alle Onlus. Nell individuare la categoria dei soggetti cui tale disciplina è applicabile, il legislatore ha fissato tre criteri: dell inclusione condizionata al rispetto di certi requisiti (art. 10, commi 1 e 9); dell inclusione di diritto (art. 10, comma 8); dell esclusione (art. 10, comma 10). Sono riconducibili al primo criterio, e perciò possono diventare Onlus, le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato 7, con o senza personalità giuridica, i 6 7 Cfr., ora, l art. 149 del T.U.I.R.. Tra essi gli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell Interno, ai sensi dell art. 3, comma 6, lett. e) della L. 25 agosto 1991, n. 287, recante

15 LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 9 cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedano espressamente, oltre ai requisiti già indicati a proposito di taluni enti non commerciali (art.148 del T.U.I.R. e art. 4, comma 7, del DPR 633/72): a) lo svolgimento di attività in uno o più settori tassativamente elencati; b) l esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale; c) il divieto di svolgere attività diverse da quelle menzionate nella lettera a) ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse; d) l obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse; e) l uso, nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione organizzazione non lucrativa di utilità sociale o dell acronimo Onlus 8. Al primo criterio è pure riconducibile la posizione di quegli enti che possono diventare Onlus, limitatamente all esercizio delle attività tassativamente indicate di cui sopra (art. 10, comma 9). Si tratta degli enti ecclesiastici delle confessioni religiose riconosciute dallo Stato e le associazioni di promozione sociale, i quali per le specifiche attività esercitate debbono tenere una contabilità separata. Restano escluse (terzo criterio) dalla categoria delle Onlus gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, gli enti conferenti di cui alla legge 30 luglio 1990, n , i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria. 8 9 Aggiornamento della normativa sull insediamento e sull attività dei pubblici esercizi. Cfr., in proposito, l art. 10, comma 9, del D. Lgs. n. 460/97. Anche per le Onlus è prevista una disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative tali da garantire l effettività del rapporto medesimo. Tuttavia, a norma del comma 7 dell art. 10 del D. Lgs. n. 460/97, tali disposizioni non si applicano alle fondazioni. Cfr., però, per gli enti conferenti, la legge delega 23 dicembre 1998, n. 461, pubblicata su G.U. n. 4 del 4 gennaio 1999, che ridisegna la disciplina di cui alla L. 218/90, in particolare prevedendo, all art. 3, l armonizzazione tra tale disciplina ed il D. Lgs. 460/97 sulle Onlus.

16 10 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 2.2. LE ONLUS DI DIRITTO Sono considerate, in ogni caso, Onlus, (secondo criterio) nel rispetto della loro struttura e delle loro finalità, gli organismi di volontariato (L. 266/91), le organizzazioni non governative riconosciute ai sensi della L. n. 49/97 e le cooperative sociali di cui alla L. n. 381/91. A proposito dell inclusione, di diritto, fra le Onlus delle cooperative sociali, è stata rilevata una certa contraddittorietà nella disposizione normativa per l incompatibilità tra principio di solidarietà che deve contraddistinguere le Onlus e principio di mutualità che è proprio delle cooperative ispirato quest ultimo al perseguimento di scopi egoistici a vantaggio dei soci 10. L ammissione delle società cooperative nel novero delle Onlus si giustifica, al contrario, secondo la relazione accompagnatoria al D. Lgs. 460/97, per i molteplici elementi di affinità tra questa forma di società ed i vincoli statutari previsti per le Onlus 11. Restano escluse dalla categoria delle Onlus gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, gli enti conferenti di cui alla legge 30 luglio 1990, n , i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria. Si è già visto come l art. 10, comma 8, del D. Lgs. n. 460/97 equipari alle Onlus le organizzazioni di volontariato, le organizzazioni non governative, e le cooperative sociali, le quali non vengono intaccate né nella struttura né nelle loro finalità, essendo anzi fatte salve le previsioni di maggior favore di cui alle rispettive leggi. In ragione del valore sociale che ne caratterizza l attività, ai suddetti enti si applica la disciplina semplificata riguardo agli adempimenti formali e differenziata e privilegiata riguardo alle agevolazioni previste nel D. Lgs. 460/97, fatte salve disposizioni Così TABET, Verso una nuova tassazione degli enti non profit, in Rass. Trib., 3/1997, pp. 574 e segg.. Cfr. relazione accompagnatoria al D.Lgs. n. 460/97. Cfr., però, per gli enti conferenti, la legge delega 23 dicembre 1998, n. 461, pubblicata su G.U. n. 4 del 4 gennaio 1999, che ridisegna la disciplina di cui alla L. 218/90, in particolare prevedendo, all art. 3, l armonizzazione tra tale disciplina ed il D. Lgs. 460/97 sulle Onlus.

17 LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 11 diverse, qualora ne derivi un regime fiscale più favorevole rispetto a quello dettato per le Onlus. In particolare, le singole leggi istitutive prevedono: a) per le organizzazioni di volontariato: sono considerate non imponibili ai fini IRPEG, i proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali, purché sia documentato il loro totale impiego per i fini delle Odv. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate non sono soggette all IVA; b) per le organizzazioni non governative riconosciute idonee all attività di cooperazione: quest ultima non costituisce attività commerciale ai fini IRPEG; c) per le cooperative sociali: è prevista l esenzione da IRPEG se l ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci prestatori non è inferiore al 60% dell ammontare complessivo degli altri costi; è invece prevista la riduzione alla metà dell IRPEG dovuta, se la predetta retribuzione è compresa tra il 40% e il 60% dell ammontare degli altri costi. Le prestazioni rese scontano l aliquota IVA del 4% I SETTORI DELL ATTIVITÀ Secondo l art. 10, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 460/97, le Onlus si caratterizzano, rispetto agli altri enti non commerciali, per il fatto di dover svolgere la propria attività istituzionale in uno o più dei seguenti settori: 1) assistenza sociale o socio sanitaria; 2) assistenza sanitaria; 3) beneficenza; 4) istruzione; 5) formazione; 6) sport dilettantistico; 13 Per un approfondimento delle agevolazioni fiscali degli enti ora citati, cfr. FICARI, Attività commerciale non principale ed agevolazioni IRPEG ad enti associativi con fine non lucrativo, in Riv. dir. trib., 1996, p. 137; ARTONI, Gli enti non profit. Aspetti tributari, Padova, 1996, p. 79 e segg.; D AMORE FERRI, Organizzazioni di volontariato: attività commerciali e produttive marginali, in Corr. Trib., n. 15/99, pp

18 12 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 7) tutela, promozione e valorizzazione delle cose d interesse artistico e storico; 8) tutela e valorizzazione della natura e dell ambiente, con esclusione dell attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti solidi urbani; 9) promozione della cultura e dell arte; 10) tutela dei diritti civili; 11) ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidate ad università, enti di ricerca e altre fondazioni che la svolgono direttamente. Il sia pur lungo elenco di settori indicati dal legislatore ha ingenerato dubbi e perplessità circa l inquadramento di talune attività nell uno o nell altro di essi 14. Tale tematica sarà sviluppata nei sottoparagrafi intitolati Generalità, inseriti, per ogni settore istituzionale, nell ultimo capitolo del presente lavoro, dedicato alle Metodologie di controllo. Rispetto agli altri enti non commerciali l attività delle Onlus è inoltre caratterizzata dall esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale (art. 10, comma 1, lett. b. D. Lgs. 460/97), che rende tale attività meritevole di particolare tutela sotto il profilo fiscale. L inserimento della finalità solidaristica tra i requisiti previsti per l ottenimento della qualifica di Onlus si giustifica col fatto che l interesse collettivo immanente nell esercizio di determinate attività, apprezzato disgiuntamente dal perseguimento di finalità solidaristiche ed elevato a requisito qualificante delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale, non sarebbe sufficiente, infatti, a fornire una linea di separazione tra le Onlus e la generalità degli enti non commerciali, con la conseguenza di allargare eccessivamente le attività potenzialmente interessate dalla disposizione 15. La finalità solidaristica si intende perseguita quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi relative alle attività statutarie nei settori dell assistenza sanitaria, dell istruzione, dello sport dilettantistico, della promozione della cultura e dell arte e della tutela dei diritti civili Cfr., in proposito, le osservazioni di COLOMBO-SCIUME, Onlus, cit., p. 44. Così nella relazione al D. Lgs. 460/97.

19 LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 13 non sono rese nei confronti dei soci, associati o partecipanti ma dirette ad arrecare benefici a: a) persone svantaggiate in ragioni di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari; b) componenti collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari (art. 10, comma 2, D. Lgs. 460/97). Della finalità solidaristica è stata data, pertanto, una definizione basata sulla nozione di eterodestinazione dei vantaggi connessi all attività esercitata, con il conseguente effetto di esternalità positiva di operazioni dirette a rimuovere o alleviare lo stato di difficoltà e di bisogno, riconducibile a cause diverse, in cui versano intere categorie di persone 16. Costituisce eccezione a tale principio la possibilità per i soci, associati, partecipanti di partecipare ai benefici erogati dalle Onlus, purché si trovino anch essi nelle obiettive condizioni di svantaggio di cui alla indicata lettera a). In conclusione: per godere dei vantaggi previsti dalla disciplina sulle Onlus non è sufficiente che gli enti svolgano oggettivamente attività non commerciali, ai fini tributari occorrendo altresì che esse siano effettivamente ed in concreto rivolte al sociale, qualificandosi l aggettivazione come il complesso di situazioni di obiettivo svantaggio in cui versano soggetti di norma estranei alle organizzazioni stesse o ad essi interamente assimilabili. Il decreto legislativo n. 460/97 si preoccupa anche di delimitare l ambito delle attività svolte dalle Onlus, distinguendole in attività istituzionali ed attività ad esse direttamente connesse. La nozione di entrambe è di particolare rilevanza perché, ai sensi dell art. 150 del T.U.I.R. le prime non si considerano attività commerciali e le seconde non concorrono alla formazione del reddito imponibile. Per effetto del combinato disposto dei commi 2, 3, 4 dell art. 10 del D. Lgs. 460/97, si considerano istituzionali le attività statutarie svolte nei settori dell assistenza sociale e socio sanitaria, della beneficenza, della tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico, della tutela e valorizzazione della natura e dell ambiente, della ricerca scientifica di particolare interesse sociale 16 Cfr. ancora relazione al D. Lgs. 460/97.

20 14 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT e della promozione della cultura e dell arte finanziate dall amministrazione centrale dello Stato, in quanto ritenute comunque inerenti a finalità di solidarietà sociale, indipendentemente dall essere destinate a persone svantaggiate. Sono altresì istituzionali le restanti attività statutarie indicate nella lettera a) del comma 1 dell art. 10 D. Lgs. 460/97, e cioè le attività di assistenza sanitaria, istruzione, formazione, sport dilettantistico, della tutela della cultura e dell arte e dei diritti civili, purché effettuate per finalità solidaristiche e cioè nei confronti di persone svantaggiate, sia estranee che membri delle Onlus. Si considerano direttamente connesse a quelle istituzionali, a norma dell art. 10, comma 5, del D. Lgs. 460/97, le attività statutarie di assistenza sanitaria, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell arte e tutela dei diritti civili, qualora non vengano esercitate nei confronti di persone svantaggiate, nonché le attività accessorie per natura a quelle statutarie, in quanto integrative delle stesse 17. Per attività accessoria o integrativa dell attività istituzionale si intende l attività strutturalmente funzionale, sotto l aspetto materiale, a quest ultima, che si sostanzia, cioè, in operazioni di completamento o migliore fruibilità delle attività istituzionali, quali, ad es., la vendita di dépliant nei botteghini di musei o di magliette pubblicitarie e altri oggetti di modico valore in occasione di campagne di sensibilizzazione 18. Resta comunque inteso che le attività istituzionali debbono risultare prevalenti rispetto a quelle connesse: questo risulta espressamente dal comma 5 dell art. 10 del decreto in esame 19. A tal fine lo stesso comma aggiunge un ulteriore requisito: che i proventi derivanti da attività connesse non superino il 66% delle La ricostruzione qui proposta della nozione di attività istituzionali e di attività connesse si ricava dalla relazione al D. Lgs. 460/97, Sezione II Onlus, nella quale si evidenzia come talune attività sono oggettivamente rivolte a beneficio della collettività diffusa. Così la relazione al D. Lgs. 460/97. La relazione al D. Lgs. 460/97 aggiunge che affermare il carattere non prevalente delle attività elencate al comma 5 è di fondamentale importanza per caratterizzare in senso solidaristico la struttura operativa e funzionale delle Onlus, evitando che le stesse possano svolgere, all opposto, in via esclusiva o principale, attività connesse.

21 LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 15 spese complessive dell organizzazione. Tale limitazione ha la duplice finalità di impedire operazioni elusive e di turbativa del mercato L ANAGRAFE UNICA DELLE ONLUS L art. 11 del D. Lgs. 460/97 ha istituito presso il Ministero delle Finanze l anagrafe unica delle Onlus. Facendo salve le disposizioni contenute nel regolamento di attuazione per l istituzione del registro delle imprese, la norma stabilisce che i soggetti che intraprendono una delle attività previste dall art. 10 ne diano comunicazione, entro 30 giorni, alla Direzione Regionale delle Entrate del Ministero delle finanze nel cui ambito territoriale si trova il loro domicilio fiscale, in conformità al modello approvato dallo stesso Ministero 21. Il terzo comma dell art. 11 citato rinvia ad un decreto del Ministro dell Economia e delle Finanze, la fissazione delle modalità d esercizio del controllo relativo alla sussistenza dei requisiti formali per l uso della denominazione di Onlus, nonché i casi di decadenza totale o parziale dalle agevolazioni previste. Per gli enti che, al 1 gennaio 1998 svolgevano già una delle attività istituzionali delle Onlus il termine dei trenta giorni decorreva dal 22 gennaio dello stesso anno. L iscrizione all anagrafe ha carattere costitutivo ai fini della qualificazione come Onlus degli enti interessati, nel senso che tali enti possono beneficiare delle relative agevolazioni soltanto se effettuano la comunicazione di cui sopra. Si è posto il problema se anche gli enti considerati di diritto Onlus fossero tenuti ad inviare la comunicazione, così come ad adeguare i propri statuti. Entrambe le questioni sono state risolte in senso negativo. Il modello di comunicazione è riportato nella pagina seguente Cfr. COLOMBO-SCIUME, Onlus cit., p. 55; FICARI, Strumentalità dell attività commerciale e fine non lucrativo nella tassazione delle associazioni in Rass. Trib., n. 4/97, p Il modello è stato approvato con D.M. 19 gennaio 1998, pubblicato nella G.U. del 22 gennaio 1998, n. 17.

22 16 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT L istituzione dell anagrafe risponde, da un lato, ad esigenze di tipo statistico e, dall altro, di banca dati per eventuali accertamenti nell ambito del potere di controllo da parte dell amministrazione finanziaria.

23 LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 17 Il terzo comma dell art. 11 citato rinvia ad un decreto ministeriale la fissazione delle modalità d esercizio del controllo relativo alla sussistenza dei requisiti formali per l uso della denominazione di Onlus, nonché i casi di decadenza totale o parziale dalle agevolazioni previste. 5. LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO NEGLI ENTI NON PROFIT 5.1 L ART. 148 DEL T.U.I.R. Il reddito di un ente non commerciale è determinato, a norma dell art. 148 del TUIR, in modo analogo a quanto previsto per le persone fisiche. In linea generale, esso comprende perciò i redditi fondiari, d impresa, di capitale e diversi «ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d imposta o ad imposta sostitutiva», ed «è determinato secondo le disposizioni dell art. 8». Con riguardo alle ONLUS, per ciò che concerne i redditi d impresa occorre tuttavia distinguere quelle costituite secondo i requisiti prescritti dall art. 10, comma 1, del D. Lgs. 460/97, da quelle «di diritto», indicate dal comma 8 dello stesso articolo. Alle prime è fatto espresso divieto [art.10, comma 1, lett. c)] di svolgere attività diverse da quelle istituzionali ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse. Le une e le altre attività, poi, non comportano alcun obbligo di dichiarazione 22. Infatti, a norma dell art. 150 del T.U.I.R., non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali svolte nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. I proventi derivanti dall esercizio delle attività direttamente connesse, inoltre, non concorrono alla formazione del reddito imponibile. Pertanto: o l ente svolge unicamente attività istituzionali ed attività ad esse direttamente connesse, ed in questo caso non è produttivo di 22 Cfr. le Istruzioni per la compilazione del Modello Unico Secondo TABET G., La nuova disciplina tributaria degli enti non profit, in «Boll. Trib.», n.2/99, p. 106, le attività direttamente connesse danno luogo a «reddito d impresa esente».

24 18 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT reddito imponibile, ovvero svolge anche attività economiche diverse da queste ed allora opera in contrasto con l espresso divieto fissato dal citato art. 10, comma 1, lett. c), del D. Lgs. 460/97, non potendosi qualificare come ONLUS, ma soltanto come «ente non commerciale», quando non si tratti addirittura di impresa commerciale tout court. Per le ONLUS del primo tipo (art. 10, comma 1, del D. Lgs. 460/97), dunque, non è neppure configurabile la produzione di un «reddito d impresa». Quanto, invece, alle ONLUS «di diritto» (art. 10, comma 8, del D. Lgs. 460/97), è configurabile la produzione di un reddito di impresa, in certe condizioni, e come tale non ammesso ai benefici fiscali che contraddistinguono le attività svolte dalle ONLUS del primo tipo. L art. 150 del T.U.I.R. esclude espressamente dal beneficio fiscale i proventi derivanti dall esercizio di attività istituzionali o connesse proprie delle società cooperative. Sono pertanto considerati «redditi d impresa» e perciò assoggettati ad IRPEG, nei termini ed alle condizioni di cui si dirà in seguito, i redditi prodotti dalle cooperative sociali, che pure sono ONLUS «di diritto». D altro canto, l art. 5, comma 1, lett. g), della L. 11 agosto 1991, n. 266, originariamente sottoponeva ad un preventivo vaglio degli Uffici delle imposte dirette l esenzione dall IRPEG per le attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato, queste ultime oggi considerate anch esse ONLUS «di diritto». Solo la successiva normativa ha previsto la non commercialità di dette attività quando ricorrano i presupposti dell esclusivo perseguimento dei fini istituzionali dell ente e dell assenza di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato 23. Per le organizzazioni non governative, infine, si considerano non commerciali le sole attività di cooperazione allo sviluppo e argomentando dal D. Lgs. 460/97 le attività ad esse accessorie. Tuttavia, non c è alcun divieto di svolgere attività commerciali o comunque diversamente produttive di un «reddito d impresa». 23 Cfr. art. 1, comma 2, del D.M. 25 maggio 1995, n e circ. n. 221/E in data 8 agosto 1995 del Ministero delle finanze, Dip. Entrate. Per un approfondimento sullo specifico tema cfr. D AMORE R., FERRI P., Organizzazioni di volontariato: attività commerciali e produttive marginali, in «corr. Trib.», n. 15/99, pp

25 LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 19 Sulla base della previsione normativa si deve però escludere che possano concorrere a formare il reddito imponibile i proventi non riconducibili a nessuna delle categorie reddituali sopra indicate per entrambi i tipi di ONLUS; così non costituiscono reddito le quote associative e le erogazioni liberali percepite da un altro ente non commerciale nell ambito dell attività istituzionale di quest ultimo. Il rinvio che, da un lato, l art. 146 del T.U.I.R. fa all art. 8 e, dall altro, il rinvio che l art. 26 del D. Lgs 460/97 fa alla generale disciplina degli enti non commerciali, ove compatibili, consente alle ONLUS di diritto: a) di sottrarre le perdite derivanti dall eventuale esercizio di attività commerciali dalla somma di tutti gli altri redditi conseguiti nel medesimo periodo d imposta, fino alla capienza degli stessi, se in regime di contabilità semplificata; b) di portare in deduzione tali perdite, se in eccedenza, negli anni successivi, ma non oltre il quinto, se in regime di contabilità ordinaria. Ai sensi dell art. 146 del T.U.I.R., sono deducibili dal reddito complessivo: i canoni, i livelli, i censi e gli altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formarlo; le somme corrisposte ai dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali, ai sensi dell art. 119 del D.P.R. 361/57 e dell art. 1 della L. 179/81; i contributi, le donazioni e le oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee alla cooperazione e allo sviluppo. Infine, ai sensi dell art. 147 del T.U.I.R., è consentita una detrazione d imposta pari al 19% degli oneri indicati nelle lettere a), g), h), h-bis), i) ed i-bis) dell art. 15 del T.U.I.R.. Si tratta, in sintesi, degli interessi passivi in dipendenza di mutui ipotecari, degli oneri sostenuti per i beni immobili vincolati ai sensi della L. 1089/39, delle erogazioni liberali in favore dello Stato, Regioni, enti locali territoriali, enti o istituzioni pubbliche e simili, di costi specifici di beni ceduti gratuitamente, in base ad apposita convenzione, ai detti enti, le erogazioni liberali a favore di enti senza scopo di lucro in misura non superiore al 2% del reddito complessivo,

26 20 IL CONTROLLO FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT delle erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 2.065,82 euro, a favore di altre ONLUS. 5.2 LE PRESTAZIONI DI SERVIZI NON RIENTRANTI NELL ART DEL CODICE CIVILE Il primo comma dell art. 143 del T.U.I.R. prende in esame le «prestazioni di servizi non rientranti nell art del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione» considerandole «attività non commerciali». La disposizione risulta derogata, per le ONLUS, dal già richiamato art. 150 del T.U.I.R., il quale considera «non commerciali» le «attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale». In conclusione, il disposto dell art. 143, comma 1, parte seconda, del T.U.I.R. non è applicabile alle ONLUS, valendo per esse la specifica norma dell art. 150 del T.U.I.R.. È stato peraltro correttamente rilevato come, in generale, la disposizione dell art. 143 manchi di coordinamento con la disciplina dell IVA, riducendo la pratica applicazione della stessa L ATTIVITÀ DI «FUND RAISING» L attività di raccolta di fondi (fund raising) rappresenta un fattore strategico per tutto il sistema del non profit. Si spiega così l introduzione, nell art. 143 del T.U.I.R., del comma 3, a tenore del quale «non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli entri non commerciali di cui alla lettera c), del comma 1, dell art. 87 i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di 24 Cfr. COLOMBO F., SCIUMÈ P., ONLUS, Il Sole 24 ORE, 1999, p. 80; DI IANNI G., Le ONLUS: agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi e dell iva, in allegato a «Il fisco», n.10/98, pp

27 LA DISCIPLINA FISCALE DEGLI ENTI NON PROFIT 21 modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrente o campagne di sensibilizzazione» 25. Va inoltre osservato che, ai sensi dell art. 2, comma 2, del D. Lgs. 460/97, l attività in parola, esclusa dal campo IVA è pure esente da ogni altro tributo. Ora, posto che l attività di mero finanziamento dell ente per il perseguimento dei fini istituzionali e di solidarietà sociale, non essendo inquadrabile in nessuna delle categorie reddituali indicate dall art. 143, comma 1, è, a maggior ragione e già di per sé «non commerciale», la portata innovativa della disposizione deve ravvisarsi con specifico riguardo alla raccolta pubblica di fondi caratterizzata da una concomitante controprestazione, ancorché di modico valore o solamente simbolica, da parte dell ente beneficiario. Diversamente, generandosi un rapporto sinallagmatico tra donante e beneficiario, lo «scambio» potrebbe costituire il presupposto per attrarre i fondi raccolti nell ambito del reddito d impresa 26. Al fine di evitare che il riconoscimento delle agevolazioni fiscali, e la conseguente introduzione sul mercato di beni ad un livello inferiore al valore normale, potessero produrre effetti distorsivi della concorrenza, soprattutto a danno dei piccoli commercianti, il legislatore ha subordinato il beneficio a due condizioni: che oggetto della controprestazione siano beni di modico valore 27 ; che le iniziative di raccolta abbiano carattere occasionale. Con riferimento a quest ultimo elemento, l art. 2, comma 3 del D. Lgs 460/97 rinvia ad un decreto da emanarsi, a cura del Ministro dell Economia e delle finanze, ai sensi dell art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, la fissazione dei criteri perché l esercizio delle attività di raccolta, fondi possa considerarsi occasionale. Infine, al duplice scopo della tutela della fede pubblica e del controllo dell effettiva finalità della raccolta, l art. 8 del D. Lgs Comma così aggiunto dall art. 2, comma 1, del D. Lgs. 460/97. Ai sensi dell art. 10, comma 6, del D.Lgs. n. 460/97, «Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione: a) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell organizzazione», venendo così meno il particolare fine non lucrativo richiesto dallo stesso art. 10, comma 1, lett. d), specificamente per le ONLUS. Il principio era stato già affermato, a proposito delle attività commerciali e produttive marginali delle organizzazioni di volontariato, nel D.M. 25 maggio1995, n Cfr, in particolare, l art. 1, comma 2, del citato decreto.

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