Idee, testi e grafiche Giorgio Pozzi. Tutti i diritti riservati.

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1 Idee, testi e grafiche Giorgio Pozzi. Tutti i diritti riservati.

2 Agli amici.

3 Note dell autore Avete appena cominciato a sfogliare la seconda raccolta della Notte Inquieta. Contiene venti racconti che sono già stati pubblicati (a cadenza mensile) su Con Schegge di Tenebra, rispetto ai fatti della prima raccolta, facciamo un salto nel passato dove scopriremo luoghi e personaggi collegati agli eventi futuri, riuscendo a capire un po meglio cosa sta succedendo attorno al Keyring. Scrivere una nuova raccolta è stato difficile. C erano tante novità e tanti dettagli da curare per non cadere in contraddizione con quanto già pubblicato. È stato uno spasso. Più il tempo passa e più la Notte Inquieta mi appassiona e mi spinge a crescere e a migliorarmi. Credo che si possa avvertire anche dall esterno, dai racconti e dalle illustrazioni che pubblico. Non avrei mai potuto farcela senza i miei amici e il loro sostegno, per questo la raccolta è dedicata proprio a loro. Spero di poter migliorare ancora, ho un sacco di progetti che vi racconterò gradualmente su

4 1 Electra del Tramonto «Ero in ritardo. Stavo correndo a perdifiato per tornare a casa prima del tramonto. Ero stata a giocare con le mie amiche che vivevano dalle parti del laghetto in fondo alla valle. Il tempo era volato e quasi sicuramente avrei fatto tardi. Saltai un piccolo fosso e continuai a correre scavalcando alcuni rami rinsecchiti che si erano incastrati nel terreno.» Il vento soffiava forte portando con sé aria di pioggia e larghe foglie secche tinte di rosso e marrone. Le pesanti nuvole grigie scivolavano in corsa dietro ai monti acuminati riempiendo il cielo che affondava gradualmente verso la notte. «Corsi veloce lungo un basso muretto che spuntava tra l erba, tenendo la gonna raccolta ai i fianchi con le mani, quando improvvisamente inciampai, lanciai un urlo e caddi distesa nel fango.» «Ah ah!» rise la piccola Diana sdraiata sul letto con le pesanti coperte blu decorate da grandi fiori che la coprivano fino all altezza del naso. «Nel fango?» Seduta sul letto negli eleganti abiti della Festa d Autunno, Electra alzò le spalle sorridente. «Già, immagino di aver inciampato in una radice o qualcosa di simile.» «E poi?» gli occhi della bambina brillavano di curiosità. Una moltitudine di fili d erba umida ondeggiavano spinti dal vento che fischiava tra i rami degli alberi. Tutto attorno al sentiero svettavano querce e aceri. Qualche centinaio di metri più a est, il bosco pulsava di vita.

5 «Rimasi ferma a terra per qualche istante ad ansimare, ero senza fiato dopo quella lunga corsa. Sapevo di essermi sporcata con quella caduta ero nel fango fino ai gomiti pensai che la nonna mi avrebbe messo in castigo di nuovo.» Diana rise facendo segno di sì con a testa più volte. «È in quel momento che lo hai visto?» «Esatto, mi girai su un fianco per rimettermi a sedere e lo trovai che mi fissava a un paio di metri di distanza.» Electra trattenne il respiro con lo sguardo perso tra i ricordi. «I suoi occhi i suoi grandi occhi mi scrutavano con attenta curiosità. Brillavano come pietre preziose incastonate nel pelo scuro e lucido, mosso appena dalle intense raffiche di vento. Le orecchie appuntite si muovevano seguendo i suoni dell ambiente circostante.» Quegli occhi erano incredibili. «Mi persi in quello strano sguardo. La pupilla del felino era un sottile taglio verticale circondato da un iride che sembrava composta d oro.» Le imperfezioni cromatiche dell oro sembravano muoversi come se l iride fosse il risultato di una serie di meccanismi in lenta rotazione attorno alla pupilla, una pupilla meccanica generata dagli dei e decorata da strane incomprensibili rune. La donna interruppe il racconto e sorrise alla bambina, poi continuò. «Era grande, anche più grande di te. Da seduto mi sarebbe arrivato all altezza della vita.» «Davvero?» Diana ascoltava con gli occhi sgranati «E poi cosa hai fatto?» Lo sguardo di Electra si perse nuovamente nei ricordi. «Rimasi immobile, ero affascinata da quel grosso felino del bosco. Quando i nostri sguardi si incrociarono rimasi immobile nell erba, mentre l ultimo raggio di sole scendeva del tutto dietro il profilo delle montagne. Fissare i suoi occhi fu una cosa magica, diversa dalle nostre normali capacità divinatorie.» «Diversa?» Diana guardò sua madre seria. «Sì.» disse sorridendo triste e toccandole la punta del naso con l indice «Quella volta fu stranissimo. Mentre lo guardavo sentii come se stesse cercando di stabilire un contatto mentale con me e vidi qualcosa»

6 Improvvisamente il labirinto di visioni del futuro, di ansie, di ostacoli che ruotavano attorno alla mia mente fin dalle prime divinazioni, sembrò muoversi in modo insolito e coordinato. Nel giro di qualche istante, tutte le ombre, tutti gli spigoli, tutti gli ostacoli che sentivo attorno a me si fermarono allineati, in modo da creare uno spiraglio che mi consentisse di vedere, solo per un attimo, qualcosa di nascosto molto lontano. «ma proprio quando stavo per completare questa incredibile divinazione spontanea tutto finì all improvviso.» «Perché?» Chiese la piccola scoprendosi per l agitazione. «Lui aveva distolto lo sguardo. Mi guardò di nuovo di sottecchi ma non fu più la stessa cosa» disse ricoprendo dolcemente la bambina con la pesante coperta, poi continuò. «La nonna mi aveva detto che dovevo stare alla larga dalle creature del Bosco dei Sussurri, perché anche allora poteva essere molto pericoloso, quindi mi alzai e ripresi a correre verso casa sperando che il felino non mi seguisse. Arrivai al portone qualche minuto dopo, era tardi, ero sporchissima e c erano pure degli ospiti in casa, non puoi immaginare quanto la nonna si arrabbiò, mi mise in punizione per settimane.» La bambina rise di gusto. «Ecco, adesso che te l ho raccontato è ora che vai dormire. Domani mattina dobbiamo andare in città a vedere la nuova casa.» Si alzò dal letto e prese il portalume. «No dai, raccontami un altra storia!» Diana fece per scoprirsi ma sua madre la fermò con dolcezza e la coprì di nuovo. «Diana, fai la brava, domani sarà una giornata faticosa, devo andare a riposare anche io. Ti racconterò qualcosa domani sera.» «Uff, e va bene» rispose la piccola mettendo il broncio. Electra si chinò sul letto per baciarle la fronte «Buona notte.» «Mamma, gli Sparkle torneranno un giorno?» Chiese la piccola cercando lo sguardo di sua madre. Electra distolse lo sguardo infastidita. «Non lo so Diana, ora dormi. Buona notte.» Si alzò e uscì dalla stanza lasciando la porta socchiusa.

7 2 Sfiorando l Oscurità Lunghe tende scendevano dritte verso terra, coprendo alla vista lo stipite della grande finestra. Una leggera luce azzurra filtrava dall esterno, attraverso la trama del tessuto, disturbata dal lento ondeggiare delle cime degli alberi che costeggiavano il palazzo. La stanza era immersa nella penombra e stava sprofondando nel buio. Presto sarebbe scesa la notte. Un rumore metallico e un lieve cigolio echeggiarono poco distante. Una lama di luce si allungò nell ingresso illuminando di riflesso parte della camera. Un grande armadio in legno si accese per qualche attimo. La lama si ritrasse e sparì lasciando spazio al buio con un clangore e due scatti metallici. Poi tutto l ingresso fu inondato di luce, un rumore di passi si diresse verso la camera. Un ragazzo sulla ventina varcò rapido la soglia, buttò lo zaino a terra e si lanciò sul letto a braccia aperte. «Finalmente, che giornata interminabile!» Sospirò girandosi pancia all aria. Si tolse le scarpe spingendole con la punta dei piedi e si arrampicò verso il comodino per accendere la luce. La camera fu subito illuminata da una debole luce gialla. Il letto a una piazza e mezzo era coperto da un panno azzurro e sulla testata aveva due grossi cuscini grigi. Di fronte, dall altra parte della stanza, tutta la parete era occupata da un imponente armadio in legno. Rispetto al letto, la porta era sulla destra subito dopo una piccola scrivania piena di fogli e strani aggeggi elettronici. Opposta alla scrivania c erano una cassettiera e la larga finestra che dava su uno dei viali più centrali di Tebi. Stephen sospirò chiudendo gli occhi per rilassarsi. Aveva i piedi che sporgevano dal letto ma arrivava a sfiorare la testata con la cresta di capelli castani che aveva tagliato qualche giorno prima. Desiderò un letto più grande.

8 Si mise a sedere e si sollevò la felpa chiara lungo la schiena fino a sfilarsela da sopra la testa, poi la lanciò su una sedia a fianco del letto. Si guardò quindi la T-shirt afferrandone il tessuto e tirandolo verso il basso. Era riuscito a sporcarsi di nuovo con quei maledetti spaghetti untissimi. Per fortuna all ora di pranzo era troppo caldo per indossare la felpa. Si sfilò anche la maglietta sporca e la buttò a terra vicino alle scarpe. Si impugnò il bicipite e poi la spalla sinistra con la mano destra, osservò per un attimo le braccia e poi il petto, poi si alzò andando verso l armadio, dove si specchiò dopo aver aperto un anta. Sorrise. Il nuovo allenamento stava producendo i risultati desiderati, Nadia sarebbe stata contenta. Gli dolevano ancora le braccia, forse aveva esagerato in palestra il giorno prima, ma ne valeva la pena. Prese un altra maglietta dalla cassettiera e l infilò distrattamente, poi si sbottonò i jeans e li sfilò buttandoli ai piedi del letto. Si guardò attorno in cerca di qualcosa, poi si allungò verso lo zaino e ne estrasse un tablet che subito si illuminò. Tornò a distendersi sul letto impugnando il tablet. Una musica elettronica di sottofondo si diffuse nell ambiente. «Finalmente la giornata è finita» Interagendo con il tablet mise una musica rilassante di sottofondo e poi aprì il programma per l invio di messaggi. Ciao piccola, come stai? Non vedo l ora di rivederti. Scrisse alla ragazza. Sapeva che non avrebbe risposto subito, era ancora a break dance a quell ora. Chiuse il programma e diede un occhiata alle ultime notizie. Aggrottò la fronte inquieto «Ancora? Incredibile, é successo di nuovo» sussurrò. Sullo schermo spiccava il titolo Tebi sotto attacco: tre morti. Città in massima allerta. Nonostante la sorveglianza dei militari, alcuni cittadini erano stati uccisi da grossi predatori apparsi nella parte meridionale della città, dove l ostile Bosco dei Sussurri era più vicino. Altri assalti si erano verificati sempre nei quartieri più a sud. I superstiti al primo attacco, che era poi anche l unico in cui si erano registrate delle vittime, avevano raccontato agli agenti di aver visto cinque enormi pantere apparire dal nulla e sparire altrettanto rapide nel bosco con tre prede umane: due giovani donne e un anziano. Le squadre di recupero non erano riuscite a trovare gli aggressori o le vittime, le ricerche erano però state interrotte quasi subito a causa delle numerose aggressioni che si erano verificate poco dopo. Tutta la parte sud della città era ancora in allarme e lo sarebbe rimasta tutta la notte perché i militari si aspettavano altre aggressioni. Un generale impettito parlava in una finestrella sullo schermo: «Stiamo registrando un aumento dell offensiva nella parte sud

9 della città. Gli attacchi di oggi sembrano coordinati e non sembrano destinati a diminuire nel breve periodo. In ogni caso i nostri militari sono pronti ad affrontare la minaccia, a conferma di ciò mi preme sottolineare che le bestie sono riuscite nel loro intento solamente nel primo attacco.» I politici si stavano già scontrando sull argomento. Alcuni proponevano bombardamenti a tappeto sul Bosco dei Sussurri, altri consigliavano di creare una fascia di sicurezza attorno alla città sacrificando alcuni isolati. Steve spinse da parte il tablet. Per fortuna Nadia era tutta da un altra parte. Anche io vorrei essere decisamente più a nord. Non si riesce più a vivere tranquilli da queste parti. Quanto sarebbe bello andarsene in un posto lontano senza questi problemi di sicurezza pensò. Una notifica riaccese lo schermo del dispositivo. Era sua madre con un messaggio Passo a prendere Diana, Shalon è già arrivata? Non riesco a contattarla. Steve aggrottò la fronte No, ma oggi doveva rimanere da Demy fino all ora di cena. Se la sento le dico di chiamarti. Te tutto bene?. Messaggio inviato. Quasi quasi provo a chiamarla pensò, ma poi scartò l idea e si assopì qualche minuto sul letto. Qualcosa urtò la finestra, Stephen aprì gli occhi di scatto e si girò a guardare ma non vide nulla. Poi notò un riflesso rosso intermittente. Stava succedendo qualcosa in strada? La musica suonò incerta e poi si ammutolì mentre la casa piombava nel buio. Il tablet rimase l unica debole fonte di luce. Il display stava per spegnersi, lo toccò per riaccenderlo. Sullo schermo spiccava il messaggio della madre Tutto ok ma resta in casa, c è polizia ovunque, sta succedendo qualcosa di grosso, a tra poco. Una spia rossa lampeggiò. Nessuna connessione. Un rumore arrivò improvviso dal corridoio. Qualcosa aveva urtato il portone di ingresso e lo stava graffiando. Stephen scattò in piedi allarmato, poi si piegò sul letto per spegnere velocemente lo schermo del tablet. La serratura del portone scattò una volta. Un tetro, lento, respiro veniva da subito dietro il portone, poteva sentirlo fin dalla camera. Il ragazzo avanzò lentamente fino sulla soglia della camera appoggiando la mano sullo stipite per sporgersi nel corridoio. La serratura scattò nuovamente e una s o t t i l e l a m a d i l u c e r i p r e s e a s c i v o l a r e a l l i n t e r n o dell appartamento. Stephen si ritrasse in camera, chiuse a chiave la porta e si allontanò indietreggiando. Con la coda dell occhio vide attraverso la

10 finestra le macchine passare in strada. C era qualcosa di strano. Era pieno di militari. Una luce arancione si rifletteva sugli alberi vicini. Un grugnito attirò di nuovo la sua attenzione oltre la porta. Qualcosa la spinse incurvandola e facendo girare la maniglia in modo disordinato. Un urlo di disapprovazione lo fece sobbalzare. Poi la porta fu colpita con forza. Seguì un secondo colpo, e al terzo la porta si spezzò rompendosi in due parti. Una ruotò sui cardini spalancandosi, l altra cadde in mezzo alla stanza con uno schianto. Qualcosa di massiccio strisciò contro tutti gli stipiti per entrare. Una creatura del Bosco? si chiese. Stephen indietreggiò rapido fin contro la finestra gelida al tocco che lo fece trasalire. Nel panico si chinò a terra tastando con le mani sul pavimento alla ricerca della mazza da baseball che doveva essere da qualche parte ai suoi piedi. Nell oscurità della stanza, con la sua maglietta, i calzini e gli slip chiari era sicuramente visibile, non provò nemmeno a nascondersi. Impugnò la mazza con le mani sudate, fece un mezzo passo avanti e osservò la creatura che stava entrando goffamente in camera. Aveva una forma difficilmente comprensibile nel buio, ma era molto alta, superata la porta si alzò arrivando quasi al soffitto. Due occhi rossi, grandi come una mano aperta, riflettevano appena la luce della finestra. Nonostante le dimensioni erano appena percettibili in quella massa scura. La creatura si avvicinò lenta socchiudendo i grandi occhi per scrutarlo meglio. Il ragazzo caricò il colpo con la mazza ma si scoprì a indietreggiare ancora fin contro alla finestra, spaventato dalle dimensioni imponenti della creatura. Doveva almeno provare ad affrontare quella cosa, pensò. Si morse le labbra e si preparò ad attaccare, ma ogni proposito fu abbandonato con sgomento quando un altra enorme creatura fece capolino con la testa oltre la soglia. Parlarono tra loro con strani grugniti senza distogliere lo sguardo dal ragazzo. Il secondo arrivato entrò quindi nella stanza affiancando il primo in modo maldestro e rovesciando oggetti dalla scrivania. Lo fissavano entrambi. Il secondo scosse la testa emettendo rochi grugniti rivolgendosi all altro e poi si girò come per uscire mentre l altro spalancava la bocca sfoderando i lunghi denti acuminati preparandosi ad attaccare. Dei puntini rossi lampeggiarono un istante sul viso del mostro, poi il vetro alle sue spalle andò in frantumi mentre quattro agenti della sorveglianza entravano aggredendo le bestie con proiettili e lame. Il ragazzo fu sbalzato verso il letto in una pioggia di vetri mentre i militari irrompevano facendo fuoco

11 sulle creature e buttando a terra sfere luminose che innondarono la stanza di luce azzurra. Il ragazzo urlò vedendo quelle creature illuminate dalle sfere sul pavimento. Un brivido gli corse lungo la schiena. Erano enormi pantere deformi, curve, sproporzionate e con i lineamenti distorti. Le zampe avevano qualcosa di umano che ricordava le mani, il pelo sembrava ricoperto di catrame che incrostava le ciocche in modo innaturale. Caddero a terra senza opporre alcuna resistenza e presero a gorgogliare rotolandosi in agonia. I militari le finirono subito dopo. Avevano colpito abbastanza veloci da impedire qualsiasi risposta significativa. Uno di loro si girò verso il ragazzo che indietreggiò salendo sul letto e inciampando nella coperta. Il militare lo afferrò per un polso «Stai bene?» «Lasciami!» Si divincolò urlando. Un drone esapode entrò dalla finestra e si appoggiò leggero sul pavimento. Altri piccoli droni volanti si lanciarono all interno dell appartamento sparendo nel corridoio. Il drone parlò Il piano è sicuro. Ci sono sei cittadini da recuperare nel prossimo isolato. Evacuazione dei civili confermata con il quinto vettore. Usiamolo per raggiungere il prossimo punto di raccolta. Estrazione in venti secondi. Il militare strattonò il polso del ragazzo «Devi venire con noi, non è sicuro qui.» Il vettore anti gravitazionale affiancò l appartamento con un rombo fermandosi subito fuori dalla finestra. Tutta la camera vibrò. «Andiamo!» urlò il militare tirandolo per il braccio. «Devo prendere le mie cose!» urlò Stephen per sovrastare il rombo del vettore, ma il militare lo trattenne. «Non c è tempo! Ci sono altre bestie nei paraggi!» fu la risposta. Stephen si lanciò di peso verso il tablet e lo afferrò con la mano libera, poi fu trascinato verso la finestra dove fu costretto a scavalcare e salire sul vettore antigravitazionale fermo a pochi centimetri dal muro e parzialmente immerso nelle fronde dell albero più vicino. Ancora dieci secondi sentì dire dal drone. L abitacolo aperto del vettore era ricavato attorno alla colonna centrale del motore antigravitazionale ed era piuttosto piccolo rispetto alle due grandi ali circolari e metalliche poste subito sopra e sotto di esso, ma aveva ancora tutti i posti a sedere liberi su quel lato. Si sedette mentre i militari si accucciavano lungo il perimetro dell ala inferiore assieme all esapode, aggrappati a apposite maniglie a scomparsa. Uno di loro gli lanciò i suoi vestiti prima di mettersi in posizione.

12 Distacco. udì e il veicolo si allontanò rapidamente dal palazzo con lo schianto di qualche ramo dell albero più vicino. Da quella posizione vide che alcuni palazzi poco lontani stavano bruciando ai piani inferiori. Sembravano già deserti. Era già tutto deserto. Nelle strade le macchine erano accostate in modo disordinato ai lati della strada, abbandonate a motore acceso, alcune accartocciate contro gli alberi. Cercò l auto di sua madre senza trovarla Quando è successo tutto questo? Il pensiero andò a Nadia, a sua madre e alle sue sorelle «Speriamo che stiano tutti bene.» sussurrò. Faceva freddo lì fuori, cercò di rivestirsi alla meno peggio senza slacciarsi la cintura di sicurezza. Il panorama dava le vertigini. Intanto si guardava attorno mentre il veicolo si spostava tra i palazzi. Quella parte della città sembrava piombata nel caos ma i militari erano dispiegati un po dappertutto. La squadra aggrappata sull ala inferiore si mosse improvvisa mentre l esapode faceva il punto della situazione. Il terzo vettore è in arrivo, scendiamo sul retro del palazzo a recuperare i civili, estrazione in tre minuti. Saltarono dal veicolo sull asfalto sottostante, poi si infilarono in un largo cancello seguiti dall esapode che scivolava agile alle loro spalle. La voce del pilota echeggiò nel veicolo «Vi porto al punto di raccolta nella parte nord di Tebi, lì riceverete assistenza, non preoccupatevi, saremo là in qualche minuto.» Dunque doveva esserci qualcun altro dall altra parte dell abitacolo, chissà chi avevano caricato, da lì non poteva vederlo. Guardò il tablet in cerca di qualche notizia, ma ancora non c era connessione. Il vettore sfrecciò rapido sopra i palazzi, allontanandosi dal quartiere che stava subendo il pesante attacco da parte delle Ombre del Bosco dei Sussurri. I sorveglianti non erano riusciti ad arginare le creature, doveva essere in corso un assalto davvero massiccio. Vide a pochi chilometri a est di lì l antico Albero di Carne che torreggiava sul centro della città, protetto da numerosi vettori da combattimento. Il cielo era pieno di fari che pattugliavano la zona attorno all Albero e i quartieri circostanti. Nuova Tebi, la grande nave-città volante fluttuava tra le nubi più a nord, dovevano averla spostata lì per sicurezza. Delle colonne di luce si intensificarono lontane, nella direzione seguita dal vettore. Il punto di raccolta era già visibile «Ragazzi» udì il pilota parlare «siamo quasi arrivati. Preparatevi a scendere e non dimenticate nulla a bordo, devo ripartire subito.»

13 Stephen si appoggiò con la testa allo schienale. Appena a terra avrebbe cercato notizie dei suoi parenti. Quasi sicuramente li avrebbe trovati al punto di raccolta. Non doveva preoccuparsi. Il vettore scese rapido tra gli alberi avvicinandosi con un rombo alla tendopoli improvvisata in un grande parco. I militari presidiavano l area e la stavano fortificando per ogni evenienza. Il vettore toccò terra e il personale del campo si avvicinò per raccogliere i civili evacuati. Sarebbe stata una lunga notte.

14 3 Meccanismi di difesa Luce accecante, senso di stordimento. Sfocato, si addensò un intenso azzurro davanti ai suoi occhi. Osservò una parte di quel colore dilagare diventando più scuro. Una linea scivolò curva a dividere le due tonalità. Il circolare azzurro dentro, il nero fuori. Si sentì trascinare in avanti verso l azzurro che si avvicinava; ammassi candidi scivolavano sulla sua superficie, arrotolandosi in stretti mulinelli. Il grande cerchio chiaro continuò a ingrandirsi, mentre la fonte di luce si spostava alle sue spalle e cresceva un intenso sfrigolio. Piccole luci scintillanti si accesero lontane nell oscurità. Era un sogno? O forse una magia? Il fruscio diventò un ruggito e l azzurro prese a ingrandirsi a precipizio, mentre una massa bianca a est scivolava di lato rivelando una zona di colore differente, dove il verde e il marrone spezzavano la distesa azzurra. L attrazione verso il basso morse violenta le viscere, contrastata dall aria che si opponeva alla caduta. La distesa azzurra si allargò a occupare quasi tutto il campo visivo in una gigantesca forma sferica. Un pianeta! Lampi di luce brillarono nei più grossi ammassi bianchi alla sua destra, alcuni fulmini si lanciarono verso la superficie sottostante mentre vi scendeva a fianco. Il crepitare dell aria coprì quasi completamente il tuono che esplodeva vicino. La traiettoria di discesa si incurvò verso nord sfiorando il pelo dell acqua. Altri tuoni si diffusero nell aria, mescolandosi con i canti disordinati di piccoli gabbiani in volo. Aggrappata alla creatura in corsa osservò il suo riflesso nell acqua, ma non si riconobbe. Vide la sagoma di un grosso felino di cristallo che sfrecciava sfiorando l acqua con la punta delle quattro zampe. Gli artigli scavavano il liquido e lo strappavano,

15 lanciandolo dietro di sé in piccole perle. Grandi ali piumate lo sostenevano con brevi, distanziati e intensi battiti. Era quasi trasparente, se si fosse fermato sarebbe sicuramente sparito per magia tra le onde. Tre cetacei emersero a respirare una decina di metri più avanti, li scartò e accelerò verso la destinazione ormai visibile. Sola in mezzo al mare, svettava una gigantesca torre. Era di un azzurro intenso, decorata da quattro lunghi tratti bianchi paralleli che correvano ora rettilinei, ora curvi. In cima una fiamma bruciava lungo il perimetro di pietre del solaio circolare. Il felino batté le ali con più forza e cominciò ad alzarsi in volo. Le piume di cristallo tintinnavano mentre la luce si infrangeva attorno ad esse. L acqua si allontanò veloce sotto le sue zampe. La visione diventò più nitida. Hey! Da quanto sei qui? rimbombò una voce nella mente Non ti aspettavo così presto. La visione tornò sfocata, poi la strana struttura sembrò lampeggiare. La vista stordita dal lampo tornò lentamente normale. Il mare era lontano, molto più in basso. Ebbe le vertigini. All interno del cerchio di fuoco un complesso meccanismo composto di sfere e archi dorati si muoveva ordinato. Alcuni pezzi ruotavano veloci, altri più lenti, il tutto sembrava calcolato ed equilibrato. Alcune parole sconosciute furono sussurrate e subito i cristalli delle ali tintinnarono in risonanza mentre il meccanismo sulla torre si bloccava. La visione si fece d improvviso completamente sfocata. Ho attivato il vincolo di discontinuità, non ti spaventare sussurrò. Un ombra oscurò il cielo e dal basso arrivò una intensa luce: cielo e terra si erano invertiti, il felino si capovolse per adattarsi al nuovo ambiente Woooo! le vertigini la costrinsero a chiudere gli occhi. Sotto di loro quattro colonne blu cingevano una gigantesca struttura di vetro, sormontata da un grande palazzo simile a un tempio esotico piramidale. La creatura in volo si avvicinò alle guglie bianche. Atterrò vicino al bordo della pista di atterraggio con rapida agilità, in un silenzio totale. La pista si inoltrava nel palazzo sparendo all ombra della zona più interna. Sei colonne reggevano tutta la struttura sovrastante. Su quel piano non erano visibili muri, si vedevano solo figure lontane simili a macchie sfocate sullo sfondo del cielo; si muovevano debolmente, forse venivano verso di loro. Il forte vento soffiava nelle orecchie. Le piume del felino annerirono con un fischio, poi presero a vorticare nell aria, invadendo il suo confuso spazio visivo, mentre la struttura delle ali si dissolveva in bave luminose sospese nell aria fino a svanire. Il grosso

16 gatto di cristallo con gli occhi dorati si girò a guardarla direttamente, ora c era una distanza notevole tra loro. Il suo pelo cristallino si incrinò e ribollì con violenza mentre il suo colore virava precipitosamente al rosso opaco. Scusami, adoro questi strani aggeggi di Chrono ma non credo proprio di saperli usare bene. disse strofinandosi con una zampa lo strano dispositivo che portava al collo. Ti ricordi di me, vero?. Nessuna risposta. La visione diventò ancora più tangibile ma pochi metri più in là le cose rimanevano sfocate. Il vento le agitava il vestito in modo fastidioso, notò che le figure all orizzonte si stavano davvero avvicinando. Nell aria aleggiava uno strano odore di incenso. Amica, è un piacere rivederti. fu un sussurro del felino. Di nuovo nessuna risposta. Le figure continuavano ad avvicinarsi alle spalle del gatto, diventando sempre più grandi. Non fare così Il felino abbassò la testa con un sospiro. Cosa volete? rispose. Il felino alzò lo sguardo sorpreso Cosa vogliamo? si ripeté Siamo tuoi amici. disse accennando un sorriso. I canini scoperti non ottennero il risultato desiderato. Non era una novità. Sparkle se vi conosco bene, non vi fareste vedere senza un qualche tornaconto, mi sbaglio forse? incalzò. Oh, intendevi quello roteò gli occhi verso destra Hai ragione, questo contatto non è inutile, anche se tornaconto è una parola che al tuo posto non userei. abbassò lo sguardo Non mi dilungherò. Dobbiamo tornare nella tua vita prima del previsto gli occhi scattarono a fissarla avremo bisogno della tua collaborazione concluse. Ma guarda un po gli rispose Immagino che lo facciate per qualche strana forma di altruismo, dico bene?. Il felino continuava a guardare sul pavimento roteando le orecchie un po a destra e un po a sinistra Dobbiamo farlo e basta. fu un sussurro. Avevate promesso di aspettare il più possibile! gli urlò delusa. Non possiamo indugiare! tuonò un altra voce, calda e profonda, alle sue spalle. Electra, spiazzata, si girò di scatto a guardare il nuovo interlocutore, ma distogliendo lo sguardo dal felino tornò a vedere tutto più sfocato e smise di sentire il vento che la spingeva alle spalle, ondeggiò pericolosamente verso destra prima di ritrovare l equilibrio. Lo scenario era cambiato radicalmente. Era il tramonto e lei si trovava in cima alla torre azzurra in mezzo al mare. Lontano, fulmini cadevano dalle nubi fin sul mare aperto. Ma che diavolo Davanti a sé stava il massiccio uomo di spalle. Guardava verso il meccanismo dorato al centro della struttura. L umanoide era composto di metallo luminoso ed era parzialmente

17 ricoperto da dense volute metalliche rosse, trasudava torrida umidità. Electra non si fece intimidire. Chi sei? Sei uno di loro? gli chiese a denti stretti. Il sarcastico sorriso di risposta fu percettibile anche se l altro era di spalle. Decisamente no. Il felino rosso apparve al fianco della donna e alzò la testa a osservarla. La donna che aveva conosciuto tanti anni prima. Com era cambiata. E com era rimasta la stessa! Perché siamo in questo posto? chiese lei all uomo di spalle. Lui la ignorò Donna, il mio nome è Imperius e, anche se potrebbe non sembrare, sono del tuo mondo. Electra avanzò verso di lui Hai ragione sai? Non sembri affatto del mio mondo! intervenne caustica. L aria sembrò arroventarsi e sfrigolare Bada a quello che dici, stupida! ringhiò la risposta. Il felino si intromise fermando la donna che aveva indietreggiato spaventata. Electra, quello che dice è vero. Ora non abbiamo il tempo di spiegarti tutto quanto Electra rise nervosamente Voi Sparkle parlate sempre per enigmi Adesso siete diventati pure minacciosi lo interruppe. Il felino la guardava costernato, lei lo ricambiò con uno sguardo carico di rabbia. Una delle altre figure sfocate si intromise Qualcuno sta interferendo, il collegamento non reggerà. Il felino sembrò incerto sul da farsi Accidenti Piccola mia ma lei subito lo fermò Non chiamarmi così. Dopo un attimo di silenzio riprese Electra, ascoltami bene. Diana non è al sicuro, stiamo tornando lì più velocemente possibile. Scandì le parole: Dovrai collaborare! Poi guardando verso una figura sfocata che gli stava dicendo qualcos altro Non ci sarà tempo per gli indugi, hai capito? È sempre la stessa storia, voi Sparkle non spiegate mai le vostre ragioni, non badate che ai vostri sporchi interessi. E se io non volessi collaborare? alzò di nuovo la voce. La visione era sempre più sfocata. Basta! tuonò l umanoide Electra! Il Tramonto è il tuo destino, ma tu ci aiuterai per impedire questo! si girò verso destra tenendo qualcosa in braccio con i poderosi muscoli in tensione. Imperius! No! urlò il felino rosso allarmato. Ma era tardi. Girò allora lo sguardo sgomento verso la donna. Lei indietreggiò e il fiato le si bloccò in gola mentre riconosceva la bambina esanime tra le braccia dell umanoide. I capelli ricci cadevano oltre le sue mani. La pelle pallida, gli occhi aperti e spenti. Electra urlò tutta la sua disperazione indietreggiando verso il precipizio alle sue spalle, La salveremo, aspettaci! urlò il felino correndole incontro. Lei superò le fiamme e mise un piede nel vuoto, cadde sbattendo contro la torre e, dopo una lunga caduta, finì nell acqua gelida del mare aperto. Uno

18 spasmo la fece piegare in avanti. Si sentiva intrappolata a pancia in su nell acqua. Aprì gli occhi, nella penombra della tenda del campo di raccolta di Tebi, lanciando un piccolo grido. Sudava e ansimava. Sentì qualcosa sulla spalla destra e si divincolò nervosamente. «Mamma, sei sveglia?» Alzò lo sguardo. Stephen la squadrò a metà tra la preoccupazione e la scocciatura, indossava i larghi vestiti grigi che gli erano stai forniti dai militari del campo. «Ancora incubi?» le chiese mettendosi a sedere per terra poco distante. «Sì sì, scusa.» Si stiracchiò la schiena anchilosata. Quel sottile materasso appoggiato a terra era un vero schifo. «Ti ho svegliato perché stavi cominciando a fare baccano e Diana è appena riuscita ad addormentarsi» Electra allungò lo sguardo davanti a sé. «Hai fatto bene. Deve riposare.» la bambina dormiva tranquilla dall altra parte della tenda tra le braccia di sua sorella che le accennò uno stanco sorriso da sotto la lunga vestaglia scura. Anche lei sembrava prossima ad addormentarsi. «Speriamo che ci riportino a casa in fretta, non ne posso più di questo accampamento.» Stephen si alzò in piedi. «Hanno detto che in un paio di giorni la crisi dovrebbe rientrare, speriamo sia vero. Comunque casa è a pezzi, ci aspetta un lavoraccio anche quando potremo rientrare.» Si avviò verso l ingresso della tenda «Dove vai?» gli chiese ansiosa allungando il braccio cercando di afferrarlo. «Faccio due passi mamma, non ho sonno.» Lei gli sorrise ansiosa. «Stai attento là fuori, ok?» Lui le sorrise a sua volta. «Non ti preoccupare, il campo è sicuro.» Appena fuori, Stephen riuscì a liberarsi dalla tensione che permeava le persone nella tenda. Sua madre era così ansiogena, e aveva la dannata capacità di fiutare gli eventi futuri E quella sera era agitatissima, quegli incubi non erano un buon segno. Passeggiò nel campo e riuscì a convincersi del contrario, la tensione scivolò via pesante. Si accese una sigaretta e guardò lontano Nuova Tebi che passava lenta e piena di luci sul cielo notturno. La stavano spostando alle coordinate standard, notò. Continuò a passeggiare nei dintorni. Dentro il perimetro dell accampamento poteva considerarsi veramente al sicuro. I militari pattugliavano tutta la zona con i cani e i droni di supporto, sia a terra, che in volo. La zona era ben sorvegliata. Guardò di nuovo Nuova Tebi. Era un buon segno che spostassero quella gigantesca aeronave. Forse avevano già messo in sicurezza tutta la città. Forse stavano addirittura contrattaccando al Bosco. Il grande Albero di Carne era sempre stato al

19 sicuro quindi non c era nulla da temere. In qualche giorno sarebbero tornati a casa. Buttò poco meno di mezza sigaretta a terra e la pestò per spegnerla. Tornò verso la tenda di qualche passo, poi si fermò. Tornò a pensare a Nadia. Con il caos delle comunicazioni non era ancora riuscito a sentirla. Ma era davvero preoccupato per lei? No, non temeva per la sua vita. Lei era così in gamba che se la sarebbe cavata di sicuro, inoltre, il giorno dell attacco era in una zona tranquilla della città. Non aveva motivo di preoccuparsi, ma avrebbe voluto essere con lei. Un militare in armatura pesante gli passò a fianco con indifferenza, seguito da un esapode metallico e un piccolo drone volante munito di torcia. Tornò a pensare a sua madre. Da quando si erano ritrovati al campo e lui le aveva raccontato delle creature deformi che erano entrate in casa loro, sua madre si era agitata e preoccupata, in modo particolare per Diana. Perché? Promise a se stesso che la mattina successiva avrebbe parlato con lei. Era ora di chiarire un po di cose. Sbadigliò. Finalmente un filo di sonno sembrava fare capolino in mezzo a tutto quel caos. Riprese a camminare verso la tenda, senza sapere che due grandi occhi rossi, nascosti nell oscurità, lo osservavano ormai da qualche minuto.

20 4 Volo pindarico Nadia correva a perdifiato nella cucina del ristorante. Superò numerose file di tavoli e cercò di rallentare: allungò la mano per aggrapparsi al metallo dell ultimo tavolo nel tentativo di cambiare direzione, ma andò lunga e sbatté la spalla contro l armadio con un gemito. Senza pensarci riprese a correre lungo la fila di mobili metallici disposti lungo il perimetro della stanza. Pentole caddero a terra con un frastuono, un liquido uscì a fiotti da una grossa tanica rotolata a terra. Lei arrivò alla porta che dava sul salone del ristorante. Un botto alle sue spalle la fece gridare. L Ombra era entrata in cucina dalla porta del magazzino. Tentacoli violacei si avvolsero attorno ai piedi di un tavolo, la creatura vi si stava arrampicando. Nadia corse a braccia distese verso la sala, intanto la creatura all inseguimento saltava verso il soffitto e vi correva sopra liquida, scavalcando con rapidità tutto ciò che li divideva. I battenti si spalancarono e Nadia si infilò tra i tavoli cercando l uscita. «Aiuto! Aiutatemi!» La sala era deserta. «C è nessuno?» Nessuno. Un scroscio alle sue spalle attirò la sua attenzione. Si girò a guardare: il denso liquido nero era arrivato alla porta infrangendosi contro i battenti. Nadia era in mezzo al salone, diverse file di tavoli più avanti. Si affrettò verso la parete di vetro opaco che dava sul tunnel commerciale e trovò la porta girevole poco distante. Oltre i vetri opachi lampeggiavano lunghe luci rosse. Lanciò un altro sguardo al suo inseguitore uscendo. L Ombra stava mutando di nuovo: si raggrumò in un violaceo quadrupede munito di grandi fauci e lunghi artigli. Sulla schiena due lunghi tentacoli frustavano l aria furibondi. Nadia arrivò nel gigantesco tunnel

21 commerciale. Era già deserto. Luci rosse correvano in strisce lungo le pareti. I monitor proiettavano l invito a lasciare la struttura. «Hanno già evacuato la zona?» Le monorotaie sospese al centro del tunnel erano ferme e deserte: avrebbe dovuto raggiungere a piedi l uscita. Prese le scale che scendevano al livello inferiore. Un ruggito la raggiunse dall alto ricordandole di fare in fretta. Lungo il terrazzo al piano di sotto c era una grande libreria, scese ancora e arrivò davanti a un negozio di cancelleria. Quello doveva essere il piano giusto per arrivare diretta ai passaggi. O almeno così dicevano i cartelli. Corse lungo il terrazzo a sbalzo per avvicinarsi al secondo cilindro. Il tunnel era diviso in tre cilindri tematici posti in successione lungo l asse centrale delle monorotaie a sospensione magnetica. Ogni cilindro delimitava aree commerciali differenti. All inizio e alla fine di ogni area erano presenti i passaggi di evacuazione. Correndo udì un rumore di vetri infranti e un poderoso ruggito. «Se quell affare ha fiuto sono finita.» Il terrazzo scendeva di qualche gradino: la cancelleria lasciava il posto ai giocattoli. Rallentò incuriosita, le era sembrato di scorgere qualcuno dentro al negozio. Riprese a correre: era uno stupido manichino. Dopo i giocattoli fu la volta di un negozio di articoli elettronici. Le vetrine erano sfondate, forse qualcuno aveva approfittato del caos quando era scattato l allarme. Si fermò puntando i piedi a terra. C erano dei cadaveri e i prodotti in vetrina erano ancora al loro posto. Alcuni corpi erano stati smembrati e trascinati sul pavimento. Riconobbe quei morsi. Cosa ci facevano lì quei morti? Forse l Ombra non era sola. Il cuore le batteva in gola. Si guardò attorno ansimando, aspettandosi di veder apparire quella bestia da ogni angolo. Riprese a correre. Doveva andarsene prima possibile. Corse a fianco di altri negozi, il respiro pesante, di tanto in tanto controllava di non essere seguita. Possibile che non le stesse dietro? Quanto tempo poteva essere passato da quando quella bestia era arrivata a bordo ed era scattato l allarme? Non lo sapeva, la fuga nei magazzini era sembrata interminabile. Inoltre se l evacuazione era già completata le procedure erano attive da almeno una decina di minuti. Solo nella zona visitatori era segnalata l evacuazione, tuttavia questo non le aveva fatto perdere tempo, la bestia era sempre stata tra lei e le vie di fuga più vicine. Avrebbe risolto arrivando alle scialuppe per i clienti al cilindro successivo. Si girò a guardare dietro di sé, nessun inseguitore, rallentò e si fermò con le mani sulle ginocchia, ansimante. Forse quel

22 maledetto non aveva un gran fiuto. L aveva incontrato nel settore riservato ai tecnici e agli operativi, un lungo e piccolo tunnel di servizio per chi lavorava negli esercizi del tunnel commerciale. Forse era arrivato da uno dei cargo che avevano consegnato i rifornimenti, possibile? Probabile, ma non sicuro. Si asciugò la fronte madida di sudore tirandosi indietro la frangia di capelli lisci, inspirò a fondo e riprese a correre. Per fortuna a quell ora della notte non c erano molti clienti e lavoratori. L evacuazione doveva essere stata poco problematica, bestie escluse ovviamente. Un urlo di dolore risuonò dietro le monorotaie sospese nel tunnel qualche decina di metri più indietro. Forse non era l unica umana ancora a bordo. Rallentò per un attimo, poi riprese a correre. Forse qualcuno aveva bisogno del suo aiuto, ma il mostro era ancora da qualche parte lì intorno, non poteva permettersi di fare l eroina. Si chiese dove fossero i militari: quello era un lavoro per loro. Non si erano ancora visti, non era normale. Passò un edicola. Forse i militari erano già stati lì e magari erano andati via senza controllare a fondo la struttura. No, si disse, questo era poco verosimile. I suoi pensieri furono interrotti da un onda d urto che fece sobbalzare il terrazzo; per poco non inciampò. Seguirono altri piccoli movimenti, e, con un forte stridore, una rotaia si spostò mentre un altro scossone faceva vibrare i vetri dei negozi. Con la coda dell occhio vide qualcosa di scuro muoversi dall altro lato del tunnel, poi la monorotaia fu di nuovo tra loro. Era l Ombra. Non c era tempo da perdere. Superò altri negozi senza incidenti, le uscite di emergenza si avvicinavano. Pensò che ormai il più era fatto, poi vide qualcosa di strano più avanti. Avvicinandosi capì che si trattava di un uomo. Giaceva disteso con una mano aggrappata alla ringhiera, non aveva più le gambe. Distolse subito lo sguardo continuando a correre e passò oltre. Le scarpe schizzavano sangue sul metallo a ogni passo. Aveva visto troppi cadaveri in un giorno solo. Al Terminal D erano caduti come mosche, lei era riuscita a sfuggire a quella cosa solo perché era lontana, diversi metri nel tunnel di servizio. «Chi me lo ha fatto fare di chiedere il cambio di turno Maledizione!» Avrebbe dovuto essere in palestra quella sera, non al lavoro. Tutto per poter fare una sorpresa a Stephen. Le sembrava fosse passato un secolo dal loro ultimo incontro. Anticipando il turno avrebbe avuto il pomeriggio libero il giorno seguente, l avrebbe incontrato mentre tornava dalla lezione e finalmente si sarebbe potuta tuffare tra le sue braccia. Si sentivano tutti i giorni ma incontrarsi era piuttosto complicato;

23 soprattutto per colpa sua. Tra gli allenamenti di breakdance, il lavoro alla boutique di Mary e gli studi universitari non le rimaneva molto tempo libero. Si sentì in colpa e si preoccupò. Forse era sotto attacco anche la città. Forse Stephen era stato coinvolto in qualche modo, magari era ferito. Ma cosa andava a pensare? Lui era un tipo in gamba, non aveva ragione di preoccuparsi. Piuttosto quella in pericolo era lei, doveva restare lucida e andarsene di lì. Mentre correva verso la salvezza si morse il labbro. Avrebbe dovuto dirgli prima che era innamorata di lui, adesso c era il rischio che non avesse più l occasione di farlo. Scacciò quel pensiero cercando di concentrarsi sulla sua fuga. Sarebbe riuscita a scappare da lì, lo avrebbe incontrato e glielo avrebbe detto. Passò davanti a un negozio di impianti cibernetici e si girò a fissare la vetrina. Alcuni di quegli aggeggi le avrebbero fatto comodo in questa situazione. Però la vetrina era intatta e l installazione di qualche impianto non era una cosa istantanea: non c era tempo per cose del genere, doveva raggiungere subito un modulo di evacuazione. Un nuovo forte scossone la fece cadere sulle ginocchia; i vetri attorno a sé si creparono con uno schianto. La vetrata di un negozio poco più indietro esplose in mille pezzi. Dall altra parte del tunnel divampò un incendio qualche livello più in alto. «Ma che sta succedendo?» Si coprì la testa con le braccia e i tremori cessarono. Si guardò attorno perplessa, si rialzò e riprese la corsa. Ok, le Ombre del Bosco avevano attaccato, però tutto questo non era per niente normale. Quel tunnel doveva essere una specie di fortezza. Raggiunse la bottega dei tatuaggi e arrivò alla fine del cilindro. Finiti i negozi si aprì una larga piazza con enormi vetrate che salivano fino in cima al tunnel. Dall esterno filtrava il buio della notte. Tante panchine stavano in fila nella piazza. In un giorno normale sarebbero state piene di giovani e coppie intente a guardare le stelle. Da un lato una larga scala e due ascensori scendevano verso l uscita. «Finalmente.» Più avanti cominciava il cilindro successivo, dedicato ai mezzi di trasporto. Era il suo preferito, ma questa volta non lo avrebbe visitato. Corse nella piazza per avvicinarsi alle rampe di scale quando qualcosa passò davanti alla grande vetrata per un istante, seguì una esplosione e tutta la struttura ondeggiò vistosamente. Nuvole nere illuminate da macchie arancioni sbuffarono oltre i vetri. Nadia non si fermò; stava per cominciare a scendere le scale quando la vetrata si infranse e due ali circolari di un Vettore da combattimento entrarono nella piazza schiantandosi sul pavimento lucido passandole accanto. I pannelli e le

24 piastrelle divelte schizzarono in ogni direzione. Il vettore avanzò fino a urtare le monorotaie immobili. I vagoni si ribaltarono cadendo sul corridoio di servizio al piano più basso. Il fumo salì accumulandosi nella parte alta del tunnel. Seguì un profondo e inquietante lamento metallico acuito da un leggero dondolio. Poi la piazza intera si inclinò verso la vetrata oltre la quale, tra le nuvole di fumo nero, appariva lontana la città di Tebi con il suo colossale Albero di carne. Il Vettore prese a scivolare verso l esterno allontanandosi dalla monorotaia; intanto tutta la struttura si inclinava in modo pericoloso. Nadia si strinse a un corrimano, scivolò e cadde lungo le scale con un grido. Un forte lamento metallico ululò nel piazzale, vetri le caddero addosso e le luci si spensero. Nel buio rimaneva soltanto il lampo di luce rossa che si spostava lungo la striscia luminosa. Sentì un nuovo ruggito. «Dannazione!» Il buio la ostacolava e i lampi rossi la spaventavano, si costrinse a rialzarsi e a scendere le scale più in fretta che poteva. Era tutto troppo inclinato e buio per i suoi gusti. Fu costretta a fermarsi e a procedere a tentoni. Il panico la sorprese mentre scendeva in caduta libera assieme a tutto il corridoio; la struttura si fermò d improvviso e lei sbatté il naso a terra con violenza. Rimase qualche secondo immobile nel buio con le mani sul viso. Il sangue le colava lungo le braccia e gocciolava sul pavimento. Che male dove potevano essere i moduli di evacuazione? Sperò che non fossero chissà dove, sperò che ce ne fossero ancora. A ripensarci quella era una zona centrale, una delle più utilizzate: forse non c erano più moduli disponibili. Altre scosse la costrinsero ad appoggiare la mano destra a terra per non cadere di nuovo. Stava andando tutto in pezzi, doveva uscire di lì! Il cuore le batteva forte in gola, si rialzò tremante e continuò ad avanzare con prudenza. Arrivò al Terminal C. Le luci di emergenza facevano sembrare tutti i cartelli dello stesso colore. Le indicazioni erano semplici e quindi comunque chiare, anche con quella luce. Avanzò spedita lungo il corridoio inclinato che costeggiava i piccoli hangar e le sale per lo stoccaggio della merce. La maglietta sporca di sangue le si era appiccicata al petto in modo fastidioso, se la spostò infastidita. I moduli dovevano essere vicini, si ripeteva. Superato l ennesimo angolo, vide l insegna del settore di evacuazione del Terminal C. Era grande, luminosa e verde. Finalmente qualche luce accesa in modo normale! Le porte a due ante erano spalancate. Varcò la soglia e si trovò in una sorta di sala d aspetto con una lunga vetrata su uno dei lati più lunghi. Fuori dal vetro vide che fumo e

25 fiamme lambivano anche l esterno dell aeronave. Una gran puzza le causò un improvviso conato. Il pattume, alcune valigie e una panca che non era fissata al pavimento erano rotolati in un angolo a causa dell inclinazione del pavimento. Tappandosi il naso con una mano avanzò per oltrepassare la sala e raggiungere la porta che dava sul corridoio dei moduli di evacuazione. Quando la raggiunse e con un soffio questa si aprì, Nadia indietreggiò con un grido. Un Ombra alta quasi tre metri era seduta subito dietro la porta. Grandi occhi rossi la fissarono in silenzio. Aveva le fauci socchiuse che lasciavano intravvedere centinaia di denti affilati come coltelli. Ai suoi piedi decine di cadaveri mutilati erano accatastati in posizioni scomposte. E adesso? pensò continuando a indietreggiare. Il pavimento ebbe un altro sobbalzo. Un Vettore da combattimento passò oltre la vetrata. La bestia si alzò e si mosse in avanti superando la soglia. Guardava in alto con un largo sorriso malizioso. Nadia si abbassò indietreggiando verso la vetrata. Con un rapido sguardo vide i moduli pronti oltre la porta. Si morse le labbra. Erano ancora lì e sembravano essercene molti. I led erano tutti accesi, il sistema era sicuramente in funzione. Forse tutti quelli che avevano cercato di andarsene erano stati uccisi. Doveva raggiungere quei moduli e scappare. Maledizione, come poteva fare? Il mostro si girò a guardarla spalancando occhi e bocca con fare aggressivo. Un istante dopo distolse lo sguardo sbuffando e si sedette al centro della stanza. Quattro tentacoli si contorcevano sulla sua schiena. Abbassò la testa appoggiandola alle lunghe zampe anteriori, guardandola di tanto in tanto con la coda dell occhio. Muoveva annoiata un artiglio davanti a sé mettendo in mostra le lunghe unghie affilate e ricurve. Ruttò. Che stava facendo? Che stesse giocando con lei? Le tornò alla mente la pila di cadaveri. Poteva essere sazia? Prese a spostarsi con estrema lentezza di lato, verso la porta. L Ombra sembrava distratta, la teneva d occhio con poco interesse. Quando fu quasi sulla soglia però, alzò di scatto la testa e prese a fissarla minacciosa ringhiando. Nadia si allontanò dalla porta spaventata. Quella maledetta bestia era troppo vicina. Non avrebbe fatto in tempo a varcare la porta e scappare nei moduli. Dall altro ingresso giunse un suono sordo e un ruggito. L altra Ombra l aveva raggiunta. Quella in mezzo alla stanza parve turbata e si alzò di scatto girandosi verso il nuovo arrivato. Nadia approfittò del momento di distrazione per correre ai moduli di evacuazione. Non avrebbe avuto altre occasioni. Attraversò la soglia, inciampò nei cadaveri,

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