L ATTIVITA DI INVESTIGAZIONE PRIVATA E LE NUOVE REGOLE DEONTOLOGICHE IN MATERIA DI TRATTAMENTO

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1 L ATTIVITA DI INVESTIGAZIONE PRIVATA E LE NUOVE REGOLE DEONTOLOGICHE IN MATERIA DI TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI SOMMARIO: 1. PREMESSA; 2. IL PROBLEMA DELL INFORMATIVA ALL INTERESSATO; 2.1 L INFORMATIVA ALL INTERESSATO NEL CODICE DEONTOLOGICO; 2.2 I LIMITI ATTINENTI ALLA LICEITA E ALLA CORRETTEZZA DEL RILEVAMENTO A DISTANZA; 3. GLI ALTRI ASPETTI DEL CODICE DEONTOLOGICO. 1. PREMESSA Al termine di un attesa durata alcuni anni, le associazioni di categoria del settore hanno sottoscritto il Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali per svolgere le investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 24 novembre L atto, la cui emanazione è prevista dall art. 12 e dell art. 135 del D. Lgs. 196/2003, ai sensi della prima disposizione contiene previsioni il cui rispetto costituisce condizione essenziale per la liceità e la correttezza del trattamento dei dati personali effettuato da soggetti privati e pubblici. Il principio ispiratore fondamentale del Codice deontologico è la tutela dell esercizio del diritto di difesa, cui più volte il preambolo dello stesso Codice attribuisce il rango di primario interesse, con enfatizzazione che sembra mettere in secondo piano il diritto alla riservatezza. Il preambolo richiama, inoltre, l esistenza di norme di legge e di provvedimenti attuativi che prevedono già garanzie e accorgimenti da osservare per la protezione dei dati personali per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per svolgere

2 investigazioni difensive, la cui inosservanza, così come quella di tutta la disciplina in materia compreso lo stesso Codice deontologico, può comportare l inutilizzabilità dei dati trattati, ai sensi dell art. 11, c. 2 del Codice in materia di protezione dei dati personali. Tali garanzie e accorgimenti riguardano, in particolare, l informativa agli interessati e il consenso dell interessato, l accesso ai dati personali e l esercizio degli altri diritti da parte dell interessato sempre in merito al trattamento dei dati, il flusso verso l estero dei dati, la notificazione dei trattamenti, la designazione di incaricati e responsabili del trattamento, alcune categorie di dati, come quelli genetici, l informatica giuridica e l utilizzazione di dati pubblici e di altri dati e documenti contenuti in pubblici registri o fonti assimilabili. Dal punto di vista della teoria delle fonti del diritto, è bene considerare che le regole del codice possono essere considerate vere e proprie norme, in quanto sono assistite dalla sanzione dell inutilizzabilità dei dati e costituiscono parametro per la valutazione della liceità e correttezza dei trattamenti, integrando il contenuto del D. Lgs. 196/2003. La dottrina, a tal proposito, ha ritenuto che il Codice deontologico concorre a regolare il settore con norme atipiche di rango secondario, cioè con una speciale forma di autodisciplina che, a seguito di una particolare procedura, diviene giuridicamente vincolante.. ( 1 ). In forza dell art. 1 del Codice deontologico, che ne fissa l ambito di applicazione, le sue disposizioni devono essere rispettate nel trattamento di dati personali per svolgere

3 investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sia nel corso di un procedimento, anche in sede amministrativa, di arbitrato o di conciliazione, sia nella fase propedeutica all instaurazione di un eventuale giudizio, sia nella fase successiva alla sua definizione. Il Codice deontologico contribuisce in questo modo a definire l estensione oggettiva del Codice della privacy, consentendo l applicazione anche ai procedimenti di arbitrato e di conciliazione del regime privilegiato che talune previsioni del D. Lgs. 196/2003 riservano ai trattamenti di dati necessari per l esercizio del diritto di difesa, il che era stato oggetto di discussione in sede di contenzioso. Dal punto di vista soggettivo si rileva che, sempre in virtù dell art. 1, devono rispettare il Codice deontologico anche tutti coloro che svolgono in conformità alla legge attività di investigazione privata, in base sia all art. 134 T.U.L.P.S. che all art. 222 norme di coordinamento c.p.p.. Sempre ai fini della definizione del quadro normativo in cui si inserisce il Codice deontologico, si osserva che ai sensi dell art. 24, c. 1, lett. f) del D. Lgs. 196/2003, è possibile trattare anche senza il consenso dell interessato i dati personali necessari ai fini delle investigazioni difensive o, comunque, per far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il tempo strettamente necessario al loro perseguimento. Inoltre, l art. 26 c. 4, lett. f) del D. Lgs. 196/2003 prevede che si possono trattare i dati sensibili necessari ai fini e con le modalità temporali appena specificati anche senza il consenso scritto dell interessato ma previa autorizzazione del Garante.

4 All uopo attualmente provvede l Autorizzazione generale del Garante nr. 6/2008 del 19 giugno 2008, redatta in conformità all art. 40 del Codice per la protezione dei dati personali, che introduce prescrizioni cui fa ampio riferimento il Codice deontologico, come si avrà modo di evidenziare successivamente. E bene precisare che l art. 26 formula criteri più restrittivi per il trattamento senza consenso dell interessato dei dati c.d. supersensibili, cioè quelli riguardanti lo stato di salute e la vita sessuale, ammissibile solo a seguito di un giudizio di comparazione in esito al quale si accerti che il diritto da tutelare deve essere di rango pari a quello dell interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile. A tal proposito si osserva che il punto nr. 2 dell autorizzazione generale 6/2008 prevede che rimangono ferme altre autorizzazioni generali rilasciate ai fini dello svolgimento delle investigazioni in relazione ad un procedimento penale o per l esercizio di un diritto in sede giudiziaria, tra cui la nr. 2/2008 attinente i dati supersensibili. 2. IL PROBLEMA DELL INFORMATIVA ALL INTERESSATO. L interessato, ai sensi dell art. 4 del D. Lgs. 196/2003, è la persona fisica, la persona giuridica, l ente o l associazione cui si riferiscono i dati personali Il Codice deontologico fornisce utili indicazioni in merito alla questione particolarmente controversa dell informativa all interessato, istituto regolato dall art. 13 del più volte citato D. Lgs. 196/2003.

5 E bene rimarcare l importanza dell informativa, che, tra l altro, costituisce condizione di validità del consenso, non valido "se non è preceduto da una informativa adeguata, secondo le modalità disciplinate dall art. 13 ( 2 ). Tale disposizione stabilisce l obbligo di informazione preventiva nei confronti dell interessato e della persona presso cui sono raccolti i dati personali con riferimento, in particolare, a finalità e modalità di trattamento dei dati, natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati, conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere, soggetti o categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza, diritti del medesimo interessato previsti dall art. 7 del Codice sulla protezione dei dati personali ed estremi identificativi del titolare e del rappresentante. Ove i dati personali non sono raccolti presso l interessato, il successivo comma 4 prevede che l informativa di cui al comma 1, comprensiva delle categorie dei dati trattati, è data al medesimo interessato all atto della registrazione dei dati o, quando è prevista la loro comunicazione, non oltre la prima comunicazione. Peraltro il comma 5 dell art. 13 limita la portata di tale adempimento con riferimento al settore delle investigazioni private, escludendolo qualora i dati sono trattati ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla l. 7 dicembre 2000, n. 397, ovvero per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.

6 La formula particolarmente ampia utilizzata dal legislatore delegato ricomprende pienamente nell ambito della deroga anche le attività investigative non qualificabili come investigazioni difensive, ai sensi della l. 397/2000, purchè finalisticamente orientate alla difesa di un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. L art. 13 del Codice della privacy, che nel riprendere il testo dell art. 10 l. 675/1996 costruisce un sistema di regole ed eccezioni di non ineccepibile chiarezza, viene tuttavia unanimemente interpretato dalla dottrina nel senso che l obbligo dell informativa sussiste nel caso di trattamento dei dati per finalità difensive qualora la raccolta delle informazioni venga effettuata direttamente presso il soggetto interessato/investigato. In caso di raccolta dei dati presso soggetti terzi per fini di carattere difensivo, non è necessario procedere né alla raccolta del consenso del soggetto interessato né, tanto meno, ad informarlo ( 3 ). In quest ultima fattispecie si dovrà comunque rendere informativa al terzo e, se i dati vengono trattati per altre finalità o ulteriormente trattenuti, anche all interessato ( 4 ). Quindi, viene normativamente stabilita una fondamentale distinzione tra raccolta dei dati presso l interessato e acquisizione presso i soggetti terzi, in quanto la deroga ex art. 13, c. 5, può applicarsi solo in quest ultimo caso ove sia rispettata una duplice condizione: la prima riguardante la finalità del trattamento, esclusivamente attinente al campo della difesa dei diritti in sede giudiziaria; la seconda che delimita

7 l esenzione al periodo di tempo strettamente necessario al perseguimento di detta finalità. Nella prassi giudiziaria è insorto tuttavia un rilevante contenzioso circa l individuazione dei casi in cui la raccolta dei dati avviene effettivamente presso i terzi e non presso l interessato, con l applicazione nel primo caso di un regime privilegiato per lo svolgimento delle investigazioni private. E emblematica a tal proposito una controversia, sfociata nella sentenza della Cassazione nr dell agosto 2005, dopo essere stata oggetto di una decisione del Garante della privacy e di una pronuncia in primo grado di giudizio, riguardante il caso di una società investigativa la quale aveva raccolto informazioni sulla presunta violazione di un patto di non concorrenza da parte di un dirigente di una società, da far valere in un giudizio arbitrale. In prima battuta il Garante aveva, da un lato, stabilito il principio che la nozione di sede giudiziaria comprendeva anche l arbitrato rituale, procedimento durante il quale erano stati utilizzati i dati in questione; dall altro però aveva ritenuto che questi ultimi fossero stati raccolti presso l interessato, con il conseguente obbligo di informativa, derogabile solo dai soggetti legittimi titolari di funzioni pubbliche ispettive e di controllo. Nella fattispecie avrebbe violato la legge 675/1996 la tecnica utilizzata per annotare, registrare, ascoltare o intercettare a distanza i lunghi colloqui. Successivamente il Tribunale di Bergamo, adito dalle società di investigazione e dalle società committenti con ricorso proposto avverso il provvedimento del Garante, lo

8 respingeva in quanto dovevano considerarsi raccolti presso l interessato anche quei dati la cui fonte di apprendimento sia comunque l interessato, sia che questi ne abbia o meno la consapevolezza ed a prescindere dai metodi utilizzati, atteso che non sono comunque terze persone a comunicarli all investigatore ( 5 ). Il Tribunale, nell occasione, aveva ritenuto che fosse da escludere, per l entità delle conversazioni raccolte, un acquisizione dovuta all occasionale presenza di terzi sul posto. La Corte di Cassazione non si è pronunciata sulla specifica questione, ritenendo che il relativo punto della motivazione della sentenza di primo grado non fosse stato oggetto di gravame da parte dei ricorrenti. In merito, invece, al diritto dell interessato di ottenere la cancellazione dei dati raccolti e di opporsi al loro trattamento, ex art. 13 c. 1, lett. c) e d), l. 675/1996, la Suprema corte ha confermato le decisioni del Garante e del Tribunale, secondo cui non sussiste ragione di differirlo ulteriormente non appena ultimate le operazioni di raccolta e di trattamento e depositatone l esito in sede giudiziaria. Per la cronaca il ricorso, giudicato in parte inammissibile e in parte infondato, è stato complessivamente respinto. 2.1 L INFORMATIVA ALL INTERESSATO NEL CODICE DEONTOLOGICO. Riprendendo l argomento che qui maggiormente interessa, cioè la definizione della nozione di dati raccolti presso l interessato, il Codice deontologico vi fa cenno nel preambolo, sostenendo che non sono raccolti presso l interessato i dati provenienti

9 da un rilevamento lecito a distanza, soprattutto quando non sia tale da interagire direttamente con l interessato. Nelle altre regole di comportamento formulate nell art. 9 del Codice deontologico per l investigatore privato, si prevede però che quest ultimo conforma ai principi di liceità e correttezza del trattamento il ricorso ad attività lecite di rilevamento, specie a distanza, e di audio/videoripresa. A parte la ridondanza delle plurime indicazioni circa la liceità delle attività di rilevamento, specie a distanza, e di audio/videoripresa, sembra di cogliere nell ultima disposizione citata un elemento di differenziazione rispetto alla formulazione del preambolo, un quid pluris costituito dal riferimento alla correttezza. L investigatore privato deve rispettare non solo i canoni della liceità nell effettuare attività di rilevamento e di audio/videoripresa, ma pure tener presente tutti quegli accorgimenti che evitino di fargli tenere un comportamento meno che corretto, anche con particolare riferimento all adempimento dell informativa dell interessato. Solo tenendo presenti queste osservazioni, è possibile conciliare le indicazioni date dal Codice deontologico con le risultanze del surrichiamato orientamento giurisprudenziale e della prassi del Garante secondo cui devono considerarsi raccolti presso l interessato anche quei dati la cui fonte di apprendimento sia comunque l interessato, sia che questi ne abbia o meno la consapevolezza ed a prescindere dai metodi utilizzati, atteso che non sono comunque terze persone a comunicarli all investigatore, così come rilevato dalla citata pronuncia del Tribunale di Bergamo.

10 Ne consegue che dal Codice deontologico, sotto il profilo che ci interessa, non può essere tratta l indicazione di indiscussa prevalenza del diritto di difesa, come sembrerebbe dalla lettura del solo preambolo, in conformità al diritto positivo nel quale le interferenze nella vita privata vengono considerate come un disvalore consentito solo in ipotesi eccezionali. 2.2 I LIMITI ATTINENTI ALLA LICEITA E ALLA CORRETTEZZA DEL RILEVAMENTO A DISTANZA. In attesa di nuove pronunce giurisprudenziali o di ulteriori interventi normativi che chiariscano la nozione di dati raccolti presso l interessato e la portata della deroga all obbligo dell informativa ex art. 13 del D. lgs. 196/2003, con riferimento all attività investigativa privata, si possono tuttavia ricostruire i limiti di quest ultima partendo innanzitutto dal concetto di liceità del rilevamento a distanza. A tal proposito, si richiama la nutrita casistica giurisprudenziale relativa all art. 615 bis c.p., fattispecie di reato da cui non possono sicuramente essere esentati gli investigatori privati. Ed allora, massima attenzione dovrà essere tenuta in atteggiamenti invasivi realizzati mediante l utilizzo di strumenti di ripresa visiva e sonora, che, se da un lato agevola l attività investigativa sotto il profilo dei riscontri e della documentazione, dall altro costituisce un aspetto della condotta penalmente sanzionata dall art. 615 bis c.p.. Anche lo stesso Codice deontologico, ai sensi del rinvio ex art. 9, c. 2 all art. 2, c. 4, impone agli investigatori privati specifica attenzione nell adozione di idonee cautele

11 per prevenire l ingiustificata raccolta, utilizzazione o conoscenza di dati in caso di utilizzo di dati di cui è dubbio l impiego lecito, anche per effetto del ricorso a tecniche invasive. Si rammenta che il delitto di interferenze illecite nella vita privata si consuma allorquando si verifica un intrusione, con i mezzi sopra specificati, nei luoghi contemplati dall art. 614 c.p. e, quindi, nell abitazione, in ogni altro luogo di privata dimora e nelle appartenenze di essi. Se per abitazione s intende il luogo dove la persona conduce vita domestica, il luogo di privata dimora è invece qualsivoglia sito ove taluno si soffermi per svolgervi un attività inerente alla sua vita privata ( 6 ), in cui sono ricompresi anche ambienti diversi dall abitazione dove non si sviluppa una vera e propria vita non domestica, come studi professionali, laboratori commerciali, camere d albergo e, secondo un orientamento interpretativo, anche stabilimenti industriali. E bene dar conto della difformità di opinioni interpretative a proposito della nozione di luogo di privata dimora, nei quali la giurisprudenza fa rientrare anche i locali aperti al pubblico; di contrario avviso la prevalente dottrina, che esclude dai luoghi di privata dimora i cinematografi, i caffè, i teatri, le osterie, i ristoranti o i pubblici uffici ( 7 ). Di recente è stato affermato che il delitto in questione si consuma anche nei locali dove si svolge il lavoro dei privati, in cui rientrano lo studio professionale, il ristorante, il bar, l osteria, il negozio in genere ( 8 ).

12 Sempre secondo la ricostruzione fornita da uno dei massimi studiosi italiani di diritto penale, le appartenenze sono invece quei luoghi che si presentano come accessori rispetto a quelli di privata dimora in quanto predisposti per il loro migliore godimento o servizio, tra cui cortili, giardini ed altri spazi similari ( 9 ). Purtuttavia si deve richiamare un recente orientamento giurisprudenziale, che si discosta da tale concezione estensiva, secondo il quale la ripresa fotografica da parte di terzi così come quella effettuata con videocamera - lede la riservatezza della vita privata che si svolge nell abitazione o negli altri luoghi indicati dall art. 614 c.p., e integra il reato d interferenze illecite nella vita privata, previsto e punito dall art. 615 bis c.p., semprechè vengano ripresi comportamenti sottratti alla normale osservazione dall esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile a terzi ( 10 ). Si è anche osservato che ad una valutazione per c.d. astratta della natura del luogo, se ne è sostituita una concreta, vale a dire una valutazione effettuata con riferimento, non tanto alle caratteristiche strutturali del luogo stesso; quanto piuttosto alla sua concreta funzione in relazione alla vita sociale ( 11 ). Trattasi di un indirizzo ermeneutico che, esplicitamente, parte dalla considerazione secondo cui non è più giustificabile l oscillazione giurisprudenziale, segnalata dalle stesse S.U. Prisco, che tende ad ampliare il concetto di domicilio e di vita privata in funzione della tutela penale degli artt. 614 e 615 bis c.p, mentre tende a circoscriverlo

13 quando l ambito domiciliare rappresenta un limite allo svolgimento delle indagini ( 12 ). Tali osservazioni, nello sforzo di valorizzare l unità dell ordinamento giuridico, ne accostano tuttavia forzatamente due rami ben distinti, quello processual-penalistico e quello penalistico, trascurando, tra l altro, che un più esteso ambito di operatività del concetto di domicilio nel primo settore, con riferimento alle indagini preliminari eseguite dalla polizia giudiziaria, può essere poi agevolmente giustificato nel secondo mediante il ricorso alla scriminante dell adempimento del dovere. L orientamento sopra esposto comporterebbe anche la paradossale conseguenza di sottoporre l intrusività nel domicilio e nei luoghi di privata dimora derivante dall attività di indagine svolta da un organo statale agli stessi limiti cui è soggetta l attività investigativa privata. Tali argomentazioni inducono a rendere preferibili la letterale interpretazione dell art. 615 bis c.p e i consolidati canoni applicativi che ne sono derivati, con riferimento ai luoghi dove tale condotta si esercita, dai quali consegue una forte limitazione della possibilità di un rilevamento lecito a distanza. Anche una più attenta valutazione del diritto alla difesa, che ne ridimensiona quella concezione di valore assoluto e preminente dichiarata dal preambolo del Codice deontologico, contribuisce ad una corretta analisi dell art. 615 bis c.p.. Infatti si è già sostenuto che l intrusione nella vita privata da parte dell investigatore privato, con gli strumenti ex art. 615 bis c.p., non sembra giustificabile dall esercizio del diritto alla difesa genericamente inteso, ma solo a condizione che tale diritto sia a

14 sua volta finalizzato alla tutela di un diritto di pari rilievo rispetto a quello violato ( 13 ). Tanto anche sulla base di un autorevole orientamento dottrinale, secondo il quale l avverbio indebitamente, utilizzato nell art. 615 bis c.p., fa riferimento ad un limite ulteriore, per effetto del quale debbono ritenersi privi di rilevanza penale comportamenti che appaiano giustificati da un interesse superiore od uguale a quello oggetto di tutela, secondo l apprezzamento concreto del giudice ( 14 ). D altro canto, anche l art. 8 Codice deontologico prevede la specifica menzione nell atto di incarico del diritto da esercitare in sede giudiziaria, che non va quindi considerata come mero elemento formale a corredo della giustificazione dell attività investigativa, bensì come parametro per la valutazione della liceità di quest ultima. Tali riflessioni problematiche sul diritto alla difesa, considerato come posizione soggettiva fortemente conformata dal diritto sottostante di cui costituisce espressione e strumento di tutela, finiscono per avere influenza anche al di fuori dell ambito strettamente penalistico, laddove si tratti di valutare comunque liceità e correttezza del comportamento dell investigatore privato. Se, infatti, l esenzione dall informativa all interessato ex art. 13, c. 5, lett. b) del Codice della privacy è applicabile senza particolari remore o valutazioni nel settore delle investigazioni difensive, che attengono al diritto di difesa in sede penale, non lo è altrettanto sicuramente nelle diverse fattispecie in cui si tratti, comunque, di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria.

15 In questi casi si dovrà, necessariamente, procedere ad un attenta opera di comparazione, anche alla luce della scala di valori stabilita dalla Costituzione, tra il diritto da tutelare mediante l investigazione privata e il diritto alla riservatezza. Non sembra, tuttavia, che il Codice deontologico di recente emanazione fornisca in proposito univoci indirizzi interpretativi agli operatori del settore, chiamati a confrontarsi quotidianamente con la sempre più incandescente materia della protezione dei dati personali; in particolare non è stato chiarito entro quali limiti attingere dati indirettamente dall interessato possa essere considerato raccolta di dati avvenuta non presso l interessato, con l applicazione del regime privilegiato ex art. 13, c. 4 e 5, del D. Lgs. 196/2003. A tal proposito, il richiamo al concetto di correttezza contenuto nell art. 9 del Codice deontologico indica l esistenza di limiti ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla mera liceità nell attività investigativa privata, i quali, pur non trovando al momento precisi riferimenti normativi, troveranno molto probabilmente definizione nell evoluzione della giurisprudenza e nella prassi del Garante. In questa sede, si sottolinea sommessamente anche quanto già osservato a proposito dell evoluzione normativa del parallelo campo della vigilanza privata, in merito alla necessità di una sempre più incisiva vigilanza degli organi dello Stato ( 15 ), tra i quali emerge il Garante per la protezione dei dati personali, cui spetta un ruolo di primo piano nella tutela della cittadinanza contro ogni eventuale distorsione nel campo dell investigazione privata.

16 In quest opera interpretativa non potrà essere trascurata quella regola di comportamento, fissata dall art. 9 del Codice deontologico, che obbliga l investigatore privatore ad astenersi dal porre in essere prassi elusive di obblighi e di limiti di legge e la cui eventuale violazione può essere considerata più scorrettezza professionale che vera e propria illiceità. 3. GLI ALTRI ASPETTI DEL CODICE DEONTOLOGICO. Per quanto riguarda gli altri profili concernenti il trattamento dei dati personali da parte dell investigatore privato, si rileva che il Codice deontologico, oltre a ribadire le generali previsioni del D. Lgs. 196/2003, estende opportunamente molte cautele specificatamente formulate per gli operatori del settore in materia di trattamento dei dati sensibili, dalla relativa autorizzazione del Garante nr. 6/2008, anche al trattamento di altri dati. Si precisa, infatti, che le disposizioni del Codice deontologico non riguardano il solo settore dei dati sensibili. E questo il caso del divieto di intraprendere di propria iniziativa investigazioni, ricerche o altre forme di raccolta di dati e della necessità di un incarico scritto, così come stabilito dall art. 8, c. 2 del Codice deontologico, che ricalca quanto previsto dal punto 4 dell autorizzazione generale sopra citata. Come già accennato, l atto di incarico deve specificare il diritto che si intende esercitare, in conformità a quanto previsto dalla suddetta autorizzazione. Vi è anche analogia tra i due testi per quanto attiene al novero dei soggetti cui è devoluta l esecuzione dell attività investigativa, in cui rientrano l investigatore

17 privato e gli altri investigatori indicati nominativamente all atto del conferimento dell incarico ovvero, come prevede il solo Codice deontologico evidentemente per i dati non sensibili, successivamente in calce ad esso e qualora tale possibilità sia stata prevista nell atto di incarico. Vi è evidente parallelismo tra Codice deontologico e autorizzazione generale anche per le direttive e la vigilanza dell investigatore privato sui suoi collaboratori, nonché per l informativa periodica al difensore o al soggetto che ha conferito l incarico. Si applicano agli investigatori privati le regole per il trattamento dei dati, formulate dall art. 2 del Codice deontologico per gli avvocati, commi 4, 5 e 6, tra cui spicca la specifica attenzione che deve essere prestata nell adozione di idonee cautele per prevenire l ingiustificata raccolta, utilizzazione o conoscenza di dati in tutta una serie di situazioni di rischio, come, ad esempio, lo scambio di corrispondenza anche per via telematica, l esercizio contiguo di attività autonome all interno di uno studio, l utilizzo e distruzione di dati riportati su particolari dispositivi o supporti, specie elettronici, o su documenti, l acquisizione di dati e documenti da terzi, la conservazione di atti relativi ad affari definiti. Lo stesso art. 2, c. 5, consente il trattamento dei dati necessari ad esercitare il diritto di difesa in sede giurisdizionale anche precedentemente alla pendenza del procedimento, purchè i dati medesimi risultino strettamente funzionali all esercizio del diritto di difesa, in conformità ai noti principi di proporzionalità, di pertinenza, di completezza e di non eccedenza rispetto alle finalità difensive.

18 Ai sensi del più volte citato art. 2, c. 6, si considerano utilizzati lecitamente e secondo correttezza sia i dati personali contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti conoscibili da chiunque, nonché in banche dati, archivi ed elenchi, sia gli atti, le annotazioni, le dichiarazioni ed informazioni acquisite nell ambito di indagini difensive, ai sensi di quanto previsto dal codice penale, evitando l ingiustificato rilascio di copie eventualmente richieste. E altresì regolato dal Codice deontologico il delicato problema della conservazione e cancellazione dei dati. L art. 10 del Codice, infatti, prevede che i dati personali trattati dall investigatore possono essere conservati per un periodo non superiore a quello strettamente necessario per eseguire l incarico ricevuto, con le sole deroghe inerenti l immediata comunicazione al difensore o al soggetto che ha conferito l incarico e l eventuale conservazione temporanea di materiale strettamente personale dei soggetti che hanno curato l attività svolta, ai soli fini della dimostrazione della liceità e della correttezza del proprio operato e dietro autorizzazione dell autore dell incarico; ulteriore eccezione è costituita dalla custodia, sempre limitata temporalmente, di materiale fornito dal soggetto che ha dato l incarico all investigatore privato, per dimostrare la liceità e correttezza del proprio operato. Il Codice deontologico preclude, inoltre, la conservazione dei dati personali ove giustificata dalla mera pendenza del procedimento, al quale l investigazione è collegata, ovvero delle fasi di giudizio che conducono al giudicato.

19 Tali indicazioni corrispondono, con qualche variazione, alle analoghe previsioni contenute nel punto nr. 5 dell autorizzazione per il trattamento dei dati sensibili nr. 6/2008 e sono informate al canone della necessità della conservazione dei dati per il raggiungimento degli scopi della raccolta e del trattamento dei dati, con la conseguente delimitazione temporale della possibilità di identificazione dell interessato prevista dall art. 11, c. 1, lett. e), del Codice della privacy. Dott. Vito Montaruli vitomontarulivm@libero.it 1 RICCARDO E ROSARIO IMPERIALI, Proteggere i dati con finalità di giustizia per rafforzare il diritto alla difesa, Guida al diritto, 2008, 49, pag. 117; 2 ELLI-ZALLONE, Il nuovo codice sulla privacy, Torino, 2004, pag. 24; 3 POLICELLA E. OLIMPIA, Il mondo investigativo ed il difficile bilanciamento tra il diritto alla privacy ed il diritto alla difesa. Brevi note sulla sentenza della Corte di Cassazione n /2005, in questa Rivista giuridica on line, Ottobre 2006; 4 PECORA, Ora Perry Mason fa i conti col Garante, Diritto e giustizia, 2005, 36, 31; 5 Tribunale di Bergamo, 31 luglio 2002, nr. 4436; 6 ANTOLISEI, Manuale di diritto penale Parte speciale, I, Milano, 1986, pag. 183; 7 Vedi nota redazionale a Cass. Pen, 10444/2006, in 8 Cass. Pen., sez. V, 27 marzo 2006, nr ; 9 ANTOLISEI, op. cit., pag. 184; 10 Cass. Pen., Sez. VI, I ottobre 2008, nr ; conforme Cass. Pen., Sez. V, 21 ottobre 2008, nr ; 11 Cass. Pen., Sez. V, 5 giugno 2008, nr ; si pone nella stessa ottica SENOR, I sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico, in 12 Cass. Pen., Sez. V, 21 ottobre 2008, nr ; 13 MONTARULI, Il trattamento dei dati personali nell attività di investigazione privata, in questa Rivista giuridica on line, Aprile 2007; 14 ANTOLISEI, op. cit., pag MONTARULI, Brevi note sulla nuova disciplina della vigilanza privata, in questa Rivista giuridica on line, Novembre 2008.

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