Utilizzo di immagini telerilevate nella mappatura di incendi: un caso di studio

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1 ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA FACOLTA DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA PER L AMBIENTE E IL TERRITORIO Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, dei Trasporti, delle Acque, del Rilevamento, del Territorio TESI DI LAUREA in TELERILEVAMENTO LS Utilizzo di immagini telerilevate nella mappatura di incendi: un caso di studio CANDIDATO PAOLO CONTE RELATORE: Chiar.mo Prof. GABRIELE BITELLI Anno Accademico 2006/07 Sessione III - 1 -

2 INDICE 1. Introduzione 1.1. Il problema degli incendi 1.2. I fattori del rischio e i processi di gestione 1.3. Il contributo del telerilevamento: pregi, difetti, applicazioni 2. L utilizzo dei sensori multispettrali nel monitoraggio degli incendi 2.1. Remote sensing, finestre e firme spettrali, sensori 2.2. Il sensore ASTER e i suoi prodotti 2.3. Individuazione di incendi attivi e monitoraggio delle aree bruciate 3. Il caso di studio 3.1. Obiettivi 3.2. L area di studio 3.3. Metodologia 3.4. Risultati e discussione 4. Conclusioni 5. Bibliografia - 2 -

3 1. Introduzione 1.1. Il problema degli incendi boschivi Per incendio boschivo, secondo l art 2 della legge 353 del 21 Novembre 2000 (legge-quadro in materia di incendi boschivi) si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree. Il fuoco è un fenomeno chimico di ossidazione violenta con produzione di luce e calore. E dovuto alla presenza contemporanea di 3 elementi; combustibile (in questo caso materia organica vegetale); comburente (l ossigeno dell atmosfera); fattore di innesco (sorgenti di calore esterne che permettono il raggiungimento della temperatura di accensione). Fig 1- Incendio boschivo All interno di un incendio possono essere individuate varie zone(fig. 1): punto di origine: è il punto in cui avviene l innesco, dove inizia la combustione; testa: è il fronte principale caratterizzato dalla massima velocità di avanzamento e da alta intensità delle fiamme; - 3 -

4 coda: si sviluppa in direzione opposta alla testa con velocità e intensità minori; fianco destro e sinistro: si sviluppano ai lati della direttrice principale, generalmente con velocità di diffusione e intensità piuttosto basse; lingua: è un fronte ad alta intensità che si diffonde a partire dai fianchi più velocemente di questi ultimi; focolaio secondario: è un area incendiata esterna al perimetro dell incendio principale. La velocità di propagazione del fuoco e le sue caratteristiche intrinseche, quali temperatura, altezza delle fiamme o grado di combustione della biomassa, dipendono da vari fattori: tipologia di combustibile condizioni atmosferiche caratteristiche morfologiche dell area I combustibili naturali interessati da incendi si dividono in rapidi (erba e foglie secche, aghi delle conifere, arbusti, sterpaglie, etc.) e lenti (ceppaie, tronchi di latifoglie, etc.). Oltre che dalla specie, le caratteristiche del fuoco dipendono anche da altri fattori predisponenti, quali ad esempio l età della pianta, lo stato fenologico ed il contenuto d acqua della vegetazione. Tra i fattori atmosferici di particolare interesse vi sono, oltre alla temperatura dell aria e alle precipitazioni, anche il vento (che oltre a influire sulla quantità di comburente disponibile per l ossidazione rimuove l umidità atmosferica, essicca le sostanze vegetali e trasporta particelle in fase di combustione attiva) e l umidità atmosferica (che agisce sul contenuto d acqua del comb ustibile). Tra i fattori morfologici il più influente è di certo la pendenza: gli incendi si diffondono più velocemente dalla base verso la sommità dei pendii (effetto camino); in caso di pendenze considerevoli, può esserci diffusione anche verso il basso dovuta al rotolamento di materiale infiammato. Gli incendi boschivi si suddividono in 4 tipologie: di superficie o radenti (fig. 2a); - 4 -

5 di corona o chioma (fig. 2b); incendi sotterranei; incendi di ceppaie. Fig 2 -(a) Incendio radente -(b) Incendio di chioma Le cause d innesco della combustione sono sostanzialmente suddivise in cause naturali (come eruzioni vulcaniche, fulmini, etc.) e cause antropiche (di tipo doloso o colposo). Gli effetti degli incendi sono molteplici e riguardano vari aspetti ambientali; essi incidono su piccola, media e larga scala in termini di: pericoli per la vita umana e per le infrastrutture; perdite di valore economico delle aree percorse dal fuoco; effetti sulla vegetazione (variazioni della copertura vegetale, alterazioni della biodiversità); effetti chimici, fisici e biologici sul suolo (predisposizione all erosione superficiale, mineralizzazione della sostanza organica, diminuzione della capacità d infiltrazione e di ritenzione idrica, effetti letali sui microrganismi); effetti sulla fauna (morte dei singoli individui, variazioni nell habitat); effetti su atmosfera e clima (emissioni di aerosol, particolato e gas a effetto serra, acidificazione delle precipitazioni); - 5 -

6 effetti sul regime delle acque (aumento del ruscellamento superficiale); effetti paesaggistici (danneggiamento di ampie estensioni di territorio). Secondo l indagine Ecosistema Incendi 2007, effettuata da Legambiente e dal Dipartimento di Protezione Civile, nel corso del 2006 si sono verificati in Italia 5643 incendi boschivi su una superficie complessiva di circa ettari: tra le regioni più colpite dal fenomeno rientra la Sicilia con 935 incendi (per una superficie di ha) come si evince dalla tab.1. Nel 2007 la situazione non è di certo migliorata, tanto da portare il Consiglio dei Ministri, tramite il D.P.C.M. del 27/07/2007, alla dichiarazione dello stato di emergenza nel periodo dal 24 giugno al 31 ottobre 2007 (poi prorogato fino al 31/03/2008 dal D.P.C.M. del 23/10/2007) nei territori delle regioni dell Italia centro-meridionale interessate da incendi boschivi. Secondo il Corpo Forestale dello Stato dall 1 Gennaio al 26 Agosto 2007 si sono verificati 7164 incendi per un area complessiva di ettari; nel periodo considerato la superficie bruciata in Sicilia ammonterebbe, in assenza di dati ufficiali, a circa ettari. Si capisce quindi come il problema sia di stretta attualità e sia opportuno impiegare le odierne conoscenze tecniche e tecnologiche nell analisi, previsione e prevenzione di tali eventi

7 Regione Incendi Sup. boscata (ha) Sup. non boscata (ha) Totale (ha) Calabria Sicilia Sardegna Toscana Campania Liguria Puglia Piemonte Lazio Lombardia Basilicata Friuli Venezia Giulia Umbria Emilia Romagna Trentino Alto Adige Molise Abruzzo Veneto Marche Valle D Aosta Totale Tab. 1 - Distribuzione territoriale degli incendi nel

8 1.2. I fattori del rischio ed i processi di gestione Il rischio ambientale può sostanzialmente essere di due tipi: rischio di origine antropica: è connesso direttamente all'attività dell'uomo sul territorio (rischio chimico-industriale, sanitario, dei trasporti, nucleare); rischio di origine naturale: deriva dall'evoluzione dell'ambiente nel tempo (rischio sismico, vulcanico, idrogeologico, incendi, etc.). La quantificazione del rischio è ottenuta dalla combinazione di più variabili: Pericolosità P: è la probabilità che avvenga un evento di una certa intensità con un certo tempo di ritorno; Vulnerabilità VU: è l attitudine di un determinato elemento a sopportare un evento di una certa intensità; Valore V: è il valore socio-economico dei danni provocati da un evento di una certa intensità. Il rischio è quindi dato dal prodotto R = P VU V Il valore ambientale, naturalistico, sociale ed economico delle aree boschive è decisamente alto, quindi per ridurre il rischio si deve necessariamente operare sulla pericolosità o sulla vulnerabilità. La legge n 353 del 2000 prevede, per la conservazione e la difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale, la redazione di piani regionali per l attuazione di misure di previsione, prevenzione e lotta attiva, oltre alle attività di formazione, di informazione e di educazione ambientale. Le attività di previsione consistono nell individuazione delle aree e dei periodi a rischio di incendio boschivo e nella valutazione degli indici di pericolosità; esse tendono fondamentalmente ad analizzare la pericolosità dell evento in un determinato contesto spaziale e temporale. L attività di prevenzione consiste invece nell applicazione di misure atte a ridurre le cause ed il potenziale innesco d incendio (agendo quindi sulla riduzione della pericolosità stessa), nonché alla mitigazione dei danni conseguenti (riducendo, cioè, la vulnerabilità). L'attività di prevenzione viene abitualmente perseguita mediante azioni destinate: - 8 -

9 al bosco, con interventi di corretta gestione delle risorse disponibili, per ridurre il potenziale innesco di incendio e mitigare i danni conseguenti; all'uomo, con interventi tesi a prevenire comportamenti umani scorretti, sia di tipo doloso che colposo. Il primo passo per la previsione e prevenzione del rischio, per il monitoraggio e per la valutazione degli impatti conseguenti all evento calamitoso è l adeguamento degli strumenti di pianificazione a scala urbana e territoriale; e evidente quindi come risulti fondamentale il rilievo cartografico delle aree interessate dal passaggio del fuoco, da utilizzare quale strumento propedeutico per la previsione e prevenzione del fenomeno, per il ripristino naturalistico delle aree distrutte o danneggiate, nonché per la valutazione dei danni prodotti e la scelta degli interventi di risanamento. La legge quadro, inoltre, prevede espressamente all art. 10 comma 2 il censimento e l aggiornamento annuale delle superfici bruciate da parte di ogni comune, per l inserimento delle stesse nel catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco (chiamato anche catasto incendi boschivi); l ordinanza della Presidenza del Consiglio n 3686 del 28/08/2007, emessa per far fronte alla drammatica situazione dell estate 2007, estende ai prefetti la realizzazione del Catasto Incendi per i comuni inadempienti. Per il rilevamento e la georeferenziazione delle aree interessate da incendio ci si basa fondamentalmente su tre tipi di dati (Chirici e Corona, 2005): dati di campo (field-data) ottenuti mediante rilievo totalmente strumentale (strumenti GPS, tecniche topografiche tradizionali); dati telerilevati (remote-sensed data) da piattaforme terrestri, fotografie aeree e immagini satellitari da sensori attivi e passivi; integrazione tra dati di campo e telerilevati, quali la combinazione di ortofoto digitali e mappe topografiche, o il proximal sensing (stazione combinata composta da un sistema GPS e da un collimatore laser)

10 Le procedure basate su dati di campo sono ovviamente le più precise e non risentono, rispetto ai dati telerilevati, di problemi dovuti a nuvole e ombre; sono altresì poco praticabili (se non su microscala) per i costi elevati, i tempi piuttosto lunghi e la possibile inaccessibilità dei luoghi (Koutsias & Karteris, 2000). I sistemi di rilevazione remota attualmente in uso si suddividono in attivi e passivi, e successivamente in aerei o satellitari. I sistemi attivi di rilevazione remota più utilizzati per valutare gli incendi sono i lidar che danno informazione sull elevazione (e la conseguente altezza relativa) di una superficie misurando il tempo impiegato da un impulso di luce laser a viaggiare tra un sensore e la superficie stessa (Lentile et al., 2006). La maggior parte dei sistemi di rilevazione remota utilizzati in caso di incendio è invece costituita da sensori passivi che misurano la riflessione o l emissione di radiazioni elettromagnetiche dalla superficie. La fotografia aerea presenta buone potenzialità su mesoscala, soprattutto nel caso di utilizzo di immagini all infrarosso; inoltre presenta una risoluzione altissima (<5m), ma ha purtroppo lo svantaggio di essere costosa e di necessitare di un adeguata preparazione del rilievo. Negli ultimi anni le applicazioni di georeferenziazione di incendi e aree bruciate si sono orientate, grazie soprattutto ai costi contenuti, all aumento della risoluzione spaziale dei sensori, alla velocità nell acquisizione dati ed all utilizzo di immagini satellitari, prevalentemente HR (High Resolution) e VHR (Very High Resolution). Il tema della gestione del rischio (risk management) d incendio con tecniche moderne sta assumendo un interesse sempre maggiore nella comunità scientifica, e ad esso vengono dedicati convegni e workshop specifici. Il workshop svoltosi nel giugno 2003 all università di Ghent tra i componenti dell EARSeL FF-SIG (Forest Fire Special Interest Group) e del GOFC/GOLD (Global Observation of Forest Cover and Global Observations of Land Cover Dynamics) Fire Program lo dimostra: era infatti focalizzato sulla valutazione del pericolo d incendio, sulla prevenzione e sul monitoraggio di questi fenomeni

11 Durante il workshop si sono tenute tre tavole rotonde relative a: mappatura delle aree bruciate per la valutazione del rischio d incendio; problemi operativi nella stima delle proprietà del materiale combustibile; integrazione di dati telerilevati e dati socioeconomici nella classificazione del rischio d incendio. Tra le raccomandazioni di carattere generale emerse dal convegno si rilevano: l'importanza di sostenere e migliorare le capacità operative di monitoraggio degli incendi utilizzando una combinazione di osservazioni satellitari, aeree e terrestri: la necessità di prodotti globali per la stima del rischio d incendio strutturati in modo gerarchico (che possano essere utilizzati sia nella pianificazione strategica a livello regionale che negli studi a livello globale sull impatto su atmosfera e vegetazione); la necessità di sviluppare una rete mirata che coinvolga i ricercatori e gli utenti finali delle informazioni, in modo da stabilire i requisiti delle informazioni e le priorità nella ricerca e sviluppo

12 1.3. Il contributo del telerilevamento: pregi, difetti, applicazioni Il telerilevamento tramite immagini satellitari presenta notevoli vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali di previsione, prevenzione e monitoraggio delle aree percorse da incendi. Tra di essi è opportuno ricordare: i costi relativamente bassi; i tempi contenuti di acquisizione e rivisitazione; la possibilità di coprire superfici elevate; l opportunità di offrire informazioni su regioni visibili e non visibili dello spettro elettromagnetico; la capacità di rilevare aree inaccessibili o pericolose; la possibilità di elaborare algoritmi automatici o semiautomatici; l opportunità di operare sullo stesso tipo di dati nelle diverse aree del globo; la facilità di integrazione con altri tipi di dato mediante Sistemi Informativi Territoriali; Ciò è dovuto al fatto che le analisi da sensore remoto sono rapide, affidabili ed economiche, permettendo, tra le altre applicazioni: la creazione di sistemi a risposta rapida per l individuazione tempestiva e la gestione delle emergenze ; l elaborazione e l integrazione con le informazioni metereologiche per garantire sistemi affidabili di previsione; l applicazione di algoritmi affidabili e rapidi per la delimitazione accurata delle aree, anche su grandi estensioni di territorio; la combinazione con mappe tematiche di copertura vegetale, pendenza, tipo di suolo, il che consente oltre che una migliore attività di pianificazione, monitoraggio e mitigazione, anche di effettuare valutazioni su scala regionale degli impatti su ecosistema e biodiversità; la possibilità di studiare i fenomeni su scala globale, requisito indispensabile per la ricerca su determinati cambiamenti climatici, come la stima dell evapotraspirazione e i bilanci di CO2; Gli ostacoli e i difetti riscontrabili nel remote sensing nella gestione del rischio d incendio riguardano soprattutto:

13 la risoluzione spaziale ottenibile dai vari sistemi, che incide sulla scala a cui poter studiare i fenomeni con adeguata accuratezza; la necessità di ottenere tempestivamente i dati per assicurarne una pronta analisi e quindi un efficace risposta in casi d emergenza; la necessità di acquisire dati con tempi di rivisitazione contenuti per permettere un adeguata frequenza nel monitoraggio, possibile solo per sistemi con adeguata risoluzione temporale; l ormai raggiunta disponibilità di algoritmi e tecniche sperimentate per risolvere problemi come la copertura nuvolosa, l ombra o il fumo (nell analisi di immagini nel campo dell ottico); i costi di acquisizione dei dati, ampiamente variabili in base sia al tipo di tecnica utilizzato (lidar, aerofotogria, EOS) che agli strumenti impiegati (diversi tipi di immagine satellitare). L'impiego dei metodi tradizionali per la mappatura degli incendi boschivi è comunque almeno altrettanto costoso e lungo; le tecniche e gli strumenti per la stima e perimetrazione delle aree bruciate mediante osservazioni da sensore remoto indubbiamente presentano vantaggi significativi sulle metodologie convenzionali, e stanno divenendo perciò una delle tecniche principali per tale scopo (Lentile et al., 2006)

14 2. L utilizzo dei sensori multispettrali nel monitoraggio degli incendi 2.1. Remote sensing, finestre e firme spettrali, sensori Il telerilevamento (remote sensing) si basa sull acquisizione e la misura a distanza dell energia raggiante riflessa o emessa dagli oggetti e dai fenomeni osservati; ciò permette di ottenere vari tipi di informazione circa le caratteristiche degli stessi. L energia raggiante si trasferisce sotto forma di disturbi periodici del campo magnetico ed elettrico chiamati onde elettromagnetiche(fig. 3): se si indica con c la velocità della luce ( m / s ), e con λ e f rispettivamente la lunghezza e la frequenza dell onda, si può esprimere la relazione c = f λ Fig. 3 L onda elettromagnetica Lo spettro elettromagnetico è l insieme di tutte le lunghezze d onda λ che possono assumere le radiazioni elettromagnetiche: all aumentare della lunghezza d onda la radiazione può ricadere in campi diversi dello spettro (fig. 4). Solo una piccola parte dello spettro ( µm) comprende la regione del visibile; i fotorecettori della retina umana sono stimolati solo dall energia con queste lunghezze d onda, permettendo la percezione del colore. Fig. 4 Lo spettro elettromagnetico

15 Qualunque corpo a temperatura maggiore di 0 K emette radiazioni elettromagnetiche; la distribuzione dell exitanza spettrale M λ (densità di flusso radiante spettrale uscente) per un corpo nero è regolata dalla legge di Plance (a,b=costanti) M a = 5 b / λ ( e W 1) m µ m λ λt 2 mentre l exitanza totale segue la legge di Stephan-Boltzmann. M = M dλ = σ T W 4 λ 2 m 0 La lunghezza d onda alla quale si registra la massima emissione è data dalla legge di Wien (o dello spostamento) 2898 λ = [ µ m]. T La combinazione di queste tre leggi permette di analizzare le proprietà delle sorgenti di radiazione utilizzate nel telerilevamento: esse sono il sole, che è approssimabile ad un corpo nero (radiatore integrale) a circa 6000 K, e la terra, che invece equivale ad un corpo nero a circa 300 K. La differenza tra le temperature di emissione dei due corpi è di fondamentale importanza in quanto definisce la distribuzione spettrale dell energia emessa; il picco di emissione è sul visibile per il sole e sul TIR (Infrarosso Termico) per la terra (fig. 5). Fig. 5- Distribuzione dell energia emessa per corpi neri

16 Esistono delle regioni spettrali che meritano particolare attenzione come la banda tra i 3 e i 6 µm (MWIR ovvero Middle-Wave Infrared). In questa banda spettrale dell infrarosso medio l energia raggiante emessa dalle superfici terrestri è generalmente confrontabile con quella riflessa dalle medesime emessa dal sole (Lechi, 2007). Le superfici reali non sono radiatori integrali: esse emettono solo una parte dell energia che riescono ad assorbire. E necessario perciò definire il coefficiente di emissività ε (variabile tra 0 e 1) come il rapporto tra il flusso di energia emesso da un corpo reale a temperatura T e il flusso di energia emesso da un corpo nero alla stessa temperatura. L energia emessa dal sole e dalla terra prima di giungere al sensore subisce lungo il suo percorso delle attenuazioni dovute a (fig. 6): assorbimento, trasmissione e diffusione all interno dell atmosfera; assorbimento, trasmissione e riflessione da parte degli oggetti sulla superficie da osservare. Fig. 6 Energy path Per quanto concerne i fenomeni di assorbimento in atmosfera è opportuno ricordare che determinate sostanze (come ad esempio il vapore acqueo, l anidride carbonica, l ossigeno e l ozono) fungono da filtro selettivo per la radiazione solare: nasce così il concetto di finestre atmosferiche, cioè di regioni di trasparenza dello spettro all interno delle quali la radiazione incidente viene sostanzialmente trasmessa, mentre viene assorbita nelle altre regioni (fig. 7)

17 Fig. 7 Le finestre atmosferiche I sensori satellitari utilizzati per il telerilevamento sono stati progettati per operare all interno delle suddette finestre, permettendo di quantificare l energia che attraversa l atmosfera sia essa riflessa o emessa dagli oggetti al suolo. L assorbimento dell energia radiante su determinate bande dello spettro è di fondamentale importanza per la vita umana: esso infatti impedisce che onde ad alta frequenza emesse dal sole (dannose per la salute umana) raggiungano la superficie terrestre e i suoi abitanti (fig. 8). Fig. 8 L assorbimento atmosferico dell energia solare L interazione delle onde elettromagnetiche con le superfici naturali dipende dalla loro natura chimico-fisica e dal loro grado di rugosità: l energia incidente viene trasmessa, assorbita e riflessa (fig. 9), in quantità diverse relativamente alla lunghezza d onda incidente. In un intervallo infinitesimo dello spettro dλ è possibile definire tre coefficienti:

18 riflettanza ρ: frazione della radiazione incidente riflessa; assorbenza α: frazione della radiazione incidente assorbita; trasmittanza τ: frazione della radiazione incidente trasmessa. Fig. 9 Interazione dell energia incidente con le superfici Tramite i suddetti coefficienti, caratterizzanti ogni superficie, è possibile risalire alle proprietà degli oggetti osservati. Infatti dalla combinazione: del principio di conservazione dell energia per cui α + ρ + τ = 1; della condizione di corpo non trasparente (verificata per la maggioranza degli oggetti in natura) per cui τ = 0 ; della legge di Kirchhoff sulla conservazione dell energia di un corpo nero (la quantità di energia assorbita da un corpo è uguale alla quantità di energia emessa) per cui α = ε si ottiene la relazione che lega l emissività e la riflettanza di una superficie ε + ρ = 1 In base a queste osservazioni è possibile evidenziare l importanza delle proprietà spettrali degli oggetti: le variazioni dei coefficienti ρ, α, τ, ε al variare della lunghezza d onda costituiscono la firma spettrale degli

19 oggetti al suolo e permettono di risalire alle loro caratteristiche chimico-fisiche. Nel telerilevamento sono di particolare interesse le curve di riflettanza spettrale: esse descrivono l andamento medio del coefficiente di riflessione ρ per ogni superficie al variare della lunghezza d onda della radiazione incidente, permettendo quindi la classificazione delle stesse (fig. 10) in base ai dati telerilevati sulle varie bande spettrali. Fig. 10 Curve di riflettanza per alcune superfici I sensori utilizzati nel remote sensing si dividono in due categorie a seconda del tipo di energia che rilevano (fig. 11): vengono detti attivi se costituiscono la fonte delle onde elettromagnetiche che vengono riflesse dalle superfici e misurate, mentre sono passivi se misurano l energia proveniente da altre fonti (può essere emessa direttamente dalla terra oppure emessa dal sole e riflessa). Il primo sensore passivo di tipo multispettrale operante su piattaforma satellitare è stato il MSS (Multi-Spectral Scanner), equipaggiato sul satellite Landsat 1 e lanciato in orbita il 23 luglio 1972; da allora si è registrata una continua evoluzione degli EOS con la realizzazione e la messa in funzione di svariati tipi di sensore diversi per vari obiettivi

20 Fig. 11 Sensori passivi e attivi Le caratteristiche principali che permettono di valutare le prestazioni, i campi d applicazione ed i metodi di utilizzo sono riassumibili in quattro proprietà: risoluzione geometrica: è costituita dalla cella di risoluzione a terra, ovvero dalla dimensione minima degli oggetti al suolo che si riescono a distinguere: essa dipende dall IFOV (Istantaneous Field of View) e dalla distanza tra il sensore e l oggetto (quindi dalla quota di volo); risoluzione spettrale: è l ampiezza delle bande spettrali risolte dal sensore cioè la distanza tra le lunghezze d onda medie di due bande d acquisizione diverse; essa dipende dal numero e dall ampiezza delle bande d acquisizione del sensore; risoluzione radiometrica: è la differenza minima d intensità di energia raggiante che può essere registrata dal sensore; dipende sostanzialmente dal formato del dato digitale in cui viene convertito il segnale ottico analogico; risoluzione temporale: è il tempo che intercorre tra due osservazioni successive della stessa area; dipende dalla quota di volo e dall orbita del satellite oltre che dal tipo di sensore. Oltre alle quattro risoluzioni sopraelencate, un parametro caratteristico di ogni sensore è lo swath che determina l estensione del territorio coperto da una singola immagine; solitamente questa dimensione è inversamente proporzionale alla risoluzione spaziale

21 E inoltre di fondamentale importanza l orbita seguita dal satellite attorno alla terra; allo stato odierno le piattaforme utilizzate seguono due tipi di orbite (Lechi, 2007): orbite geostazionarie (o equatoriali): il satellite ruota nello stesso verso del globo terrestre, ed è quindi possibile la visione solo di una ridotta parte della superficie, ma con risoluzione temporale molto alta; orbite eliosincrone (polari o quasi-polari): in questo caso è possibile osservare tutto il globo terrestre, a scapito però del tempo di rivisitazione della stessa area. Alcuni dei principali sensori tuttora operanti, i siti di riferimento e le caratteristiche principali sono riportate nella tab. 2. Poichè nell ambito di questo lavoro non è possibile passare dettagliatamente in rassegna i molteplici sistemi satellitari odierni per il telerilevamento, si concentrerà maggiormente l attenzione, nel paragrafo seguente, sul tipo di sensore utilizzato nella sperimentazione. Tab.2 - Principali sensori utilizzati nell osservazione satellitare

22 2.2. Il sensore ASTER e i suoi prodotti ASTER è l acronimo di Advanced Spaceborne Thermal Emission and Reflection Radiometer ed è il frutto di un progetto di cooperazione internazionale tra il MITI giapponese (Ministry of International Trade and Industry) e la NASA; esso è solo uno dei cinque strumenti operativi su Terra (oggi EOS AM-1), un satellite con orbita polare eliosincrona quasi-polare lanciato in orbita il 18 dicembre 1999 dalla base aerea di Vandereberg in California (fig. 12). Fig. 12 Il satellite terra Terra fa parte del progetto EOS della NASA: esso consiste in una serie coordinata di satelliti a bassa inclinazione con orbita polare (o quasi) per l osservazione globale e a lungo termine di superficie terrestre, oceani, biosfera e atmosfera. Le proprietà del satellite Terra sono indicate nella tabella 5. Tab. 5 Specifiche del veicolo spaziale Terra

23 Nello specifico, i cinque strumenti operanti sulla piattaforma Terra sono: ASTER (Advanced Spaceborne Thermal Emission and Reflection Radiometer); CERES (Clouds and the Earth s Radiant Energy System); MISR (Multi-angle Imaging Spectroradiometer); MODIS (Moderate-resolution Imaging Spectroradiometer); MOPITT (Measurement of Pollution in the Troposphere). Nella tab. 6 sono indicati principali settori d interesse del progetto Terra insieme ai tipi di sensore utilizzabili negli stessi. Tab.6 - Piattaforma Terra: settori d interesse e sensori utilizzabili Tra gli strumenti a bordo di Terra, ASTER è quello che presenta la maggiore risoluzione spaziale, oltre ad altre peculiarità molto interessanti come l ampia copertura spettrale. Esso opera mediante tre distinti sottosistemi (fig 12): il VNIR (Visible and Near-Infrared Radiometer), lo SWIR (Short Wave Infrared Radiometer) e il TIR (Thermal Infrared Radiometer); le caratteristiche dei 3 radiometri sono riportate nella tab

24 Tab.7 I sottosistemi del sensore ASTER Il sistema VNIR (fig. 13) è quello che presenta la più elevata risoluzione spaziale (15 m) e consiste in due telescopi distinti: il nadirale (N), con tre bande d acquisizione nelle regioni del visibile e del NIR, e il backward (B), con una singola banda nel NIR, inclinato di 27.7 rispetto al primo per permettere la visione stereoscopica (di tipo along-track) e quindi la generazioni di modelli digitali della superficie (DSM Digital Surface Model). Il sistema consente una rotazione massima di circa 24 in direzione across-track per diminuire il ritardo tra due acquisizioni successive della stessa area (ad esempio nel caso di eventi catastrofici). Il sistema SWIR (fig. 14) è costituito da un singolo telescopio (anch esso orientabile across-track, ma con 1 angolo massimo di 8.55 ) e opera su sei bande spettrali nella regione dell infrarosso a onde corte; la risoluzione geometrica è di 30 m, cioè la metà rispetto al VNIR

25 Fig. 13 Il sistema VNIR Fig. 14 Il sistema SWIR Il sistema TIR (fig. 15) è anch esso costituito da un singolo telescopio (con la stessa capacità di rotazione dello SWIR) ma opera nella regione dell infrarosso termico: la risoluzione spaziale al suolo è di 90 m e vengono acquisite informazioni su cinque diverse bande spettrali. Fig Il sistema TIR

26 Le immagini digitali multibanda ottenute hanno dimensione di 60 km per 60 km; ne vengono acquisite circa 650 al giorno, e ad oggi ne sono disponibili più di Nella fig. 16 è riportato il confronto tra ASTER e ETM+ (uno dei sensori più utilizzati, operante sul satellite Landsat) per quanto concerne numero e distribuzione delle bande in relazione alle finestre atmosferiche. Dall immagine è evidente come le bande del VNIR siano simili alle bande dell ETM+ a parte l assenza della banda blu del visibile e la possibilità di visione stereoscopica. Il sistema SWIR invece presenta una risoluzione spettrale maggiore: avendo un maggior numero di bande ed essendo queste ultime centrate sulle finestre d assorbimento dei suoli, permette un analisi più accurata delle risposte spettrali degli stessi e perciò rende più affidabili i procedimenti di classificazione (Abrams 2007). Analogamente la presenza di cinque bande sul TIR permette una migliore valutazione dell emissività e di conseguenza sia la stima del contenuto di Silicio (elemento prevalente nelle rocce della crosta terrestre) che un calcolo più preciso delle temperature superficiali degli oggetti. Fig Confronto tra le bande di ASTER e dell ETM+ Ognuno dei tre sottosistemi può funzionare indipendente dagli altri, consentendo diverse modalità d osservazione: diurna (Full mode, VNIR-only mode, TIR-only mode); notturna (TIR-only mode, SWIR+TIR mode)

27 I dati scientifici ottenuti dal sensore (oltre a quelli utilizzati per la calibrazione e il controllo del funzionamento) sono destinati a tre tipi di utilizzo: mappatura globale: durante i primi quattro anni di missione è stata acquisita in condizioni di cielo sereno e illuminazione ottimale circa l 85% della superficie terrestre; monitoraggio regionale: su obiettivi di particolare interesse (ad esempio vengono monitorati annualmente circa 3000 ghiacciai e quattro volte l anno circa 1000 vulcani attivi (fig. 17); osservazioni locali: ottenute su richiesta da parte degli utenti autorizzati tramite DAR (Data Acquisition Request) e disponibili per le più svariate applicazioni. Fig. 17 Monitoraggio dei vulcani attivi tramite immagini ASTER Le immagini ASTER trasmesse a terra giungono come prodotto all EOS Data Operations System(EDOS) e costituiscono il prodotto Level0(L0); esse subiscono quindi diversi livelli di pre-processamento (fig. 18) da parte del GDS (Ground Data System) giapponese per dare vita ai prodotti che vengono poi archiviati e distribuiti da parte del Land Processes Distributed Active Archive Center (LP-DAAC) statunitense

28 Fig. 18 Il processamento delle immagini ASTER Le immagini commercializzate si dividono in prodotti di routine (cioè processati automaticamente per tutte le immagini acquisite) e prodotti on-demand (processati su richiesta dell acquirente): nella tab.8 sono riportati i livelli di processamento e le relative descrizioni. Tab. 8 I prodotti Aster

29 Il formato dei file d immagine è HDF-EOS (Hierarchical Data Format Earth Observing System); il nome del file fornisce informazioni sul tipo di prodotto, sulla data di osservazione e di processamento(fig. 19). Fig. 19 Nome del file e suo significato Le immagini L1A sono corredate da un file di metadati che contiene tra gli altri i dati di correzione geometrica e calibrazione radiometrica (gain, offset e slope) e le coordinate di determinati punti dell immagine. Le calibrazione radiometrica permette di trasformare i valori di DN (Digital Number) in valori di radianza (tramite gain, offset e slope), mentre la correzione geometrica serve a trasformare l immagine originale path-oriented in un immagine conforme alla proiezione UTM/WGS84. L immagine L1B è ottenuta dall applicazione delle suddette correzioni all immagine L1A: la fig. 20 mostra le differenze tra i due prodotti elaborati a partire dalla stessa immagine originale. Fig. 20 (a) Immagine L1A (b) Immagine L1B Di particolare interesse, visto che è il prodotto utilizzato nel caso di studio, è l AST_07XT, denominato Aster On-Demand L2 Surface Reflectance: in esso oltre alle correzioni apportate ai file L1B è

30 applicata (solamente per le bande NIR e SWIR) anche un modello di correzione che risolve i problemi dovuti alle condizioni atmosferiche e alle variazioni nella geometria satellite-sole. Per le bande SWIR è applicata un ulteriore correzione per contrastare il problema del Crosstalk (un fenomeno di riflessione della luce incidente tra i detector SWIR scoperto solo dopo il lancio del satellite ). L algoritmo di correzione, basato su un approccio LUT (Look-Up Table) utilizza dati riguardanti la quantità e il tipo di aerosol in atmosfera, la geometria sole-satellite e la pressione superficiale e fornisce come output i valori di riflettanza superficiale dei pixel. L accuratezza della trasformazione dipende dalla qualità dei dati atmosferici in ingresso e dalla pendenza delle superfici. Le caratteristiche del prodotto AST_07XT sono riportate nella tab.9 Tab.9 AST_07 L2 Surface Reflectance Le applicazioni del sensore ASTER coinvolgono i più svariati settori scientifici; in particolare si ricordano: Climatologia della superficie terrestre: analisi dei parametri della superficie terrestre e oceanica per la comprensione dei flussi di energia e umidità; Vegetazione e dinamica degli ecosistemi: analisi della distribuzione di suolo e vegetazione e delle loro variazioni;

31 Vulcanologia: monitoraggio delle eruzioni vulcaniche e degli eventi precursori; Glaciologia: analisi del tipo e dei movimenti dei ghiacciai marini e terrestri; Monitoraggio dei rischi naturali: osservazione di incendi boschivi, inondazioni, erosioni costiere, tsunami; Idrologia: comprensione di processi idrologici complessi come l evapotraspirazione delle piante; Geologia: composizione di mappe geomorfologiche di suoli e rocce superficiali, analisi dei movimenti tettonici; Superficie terrestre e cambiamenti della copertura al suolo: monitoraggio di processi di desertificazione, deforestazione, urbanizzazione; Geodesia: generazione di modelli digitali della superficie; Pianificazione territoriale: creazione di mappe tematiche, valutazioni di impatto ambientale

32 2.3. Individuazione di incendi attivi e monitoraggio delle aree bruciate E ormai appurato dalla comunità scientifica che il remote-sensing, e in particolare l osservazione satellitare, ha un grande potenziale per ricercatori e utenti nella previsione, individuazione, comprensione, e quantificazione degli effetti ambientali degli incendi, oltre che nella stima delle emissioni rilasciate (utili negli studi sulla qualità dell aria e sui cambiamenti climatici su scala globale). Gli incendi sono dei fenomeni che interessano tutto il globo terrestre e presentano variabilità nel tempo e nello spazio: l osservazione remota consente una copertura globale e può contribuire all elaborazione di metodi economici, efficienti, rapidi e obiettivi per l analisi dell ubicazione degli incendi, dell intensità dei fenomeni stessi, dell estensione delle aree bruciate e dei danni provocati (Chuvieco et al., 1999; Mitri & Gitas, 2004), consentendo inoltre di analizzare il fenomeno secondo una prospettiva temporale più ampia (Gregoire & Brivio, 2001). Il verificarsi di un incendio comporta sia delle variazioni immediate nelle proprietà delle superfici interessate, che possono essere individuate e valutate durante l evolversi della combustione, che effetti successivi all incendio stesso, a breve e lungo termine, che caratterizzano le aree che hanno subito il passaggio del fuoco (Lentile et al., 2006). E di fondamentale importanza la differenza tra superfici interessate da incendi attivi (fig. 21) e superfici bruciate (fig. 22) : esse presentano infatti risposte spettrali sensibilmente diverse e pertanto presuppongono l utilizzo di metodi differenti elaborati appositamente per l individuazione delle une o delle altre; diversamente dagli incendi in atto, che durano anche poche ore, le tracce sulla superficie permangono più a lungo (da settimane a mesi) e permettono perciò rilevazioni distanti temporalmente dall evento. Secondo Gregoire e Brivio (2001), la variazione della risposta spettrale, e di conseguenza la riconoscibilità delle aree interessate da incendio,

33 presenta un andamento variabile con il tempo: gli incendi attivi sono facilmente individuabili durante la combustione vera e propria, ma la Fig. 21 Inc. attivo su imm. ASTER 22/08/07 (a)rgb=321(b)rgb=432 Fig. 22 Area bruciata imm. ASTER 28/06/07 (a) RGB=321 (b) RGB =432 riconoscibilità decresce rapidamente con la distanza temporale dall evento, mentre le aree bruciate presentano variazioni minori della risposta (e sono perciò meno facilmente individuabili) ma queste ultime perdurano più a lungo ed è quindi possibile la mappatura anche dopo un periodo di tempo abbastanza lungo (fig.23). Per quanto riguarda la risposta spettrale è immediato comprendere come, per la legge di Planck, durante un incendio attivo vi sia un incremento nel segnale infrarosso (soprattutto termico) dovuto all emissione di energia raggiante da parte di un corpo a temperatura più elevata rispetto

34 al contesto, e quindi l analisi si concentri maggiormente sul rilevamento dell energia emessa dalla superficie. Fig. 23 Incendio attivo e area bruciata La potenza di emissione termica di un incendio è di diversi ordini di grandezza superiore a quella del territorio circostante: tale violento contrasto consente di individuare in maniera attendibile incendi in atto anche se coprono solo piccole parti del pixel (anche solo l 1%, ovvero 1 ettaro su un area di 1 km quadrato) (Gregoire & Brivio, 2001; Lentile, 2006), anche se ciò di conseguenza può portare a errori di sovrastima (Li, Kaufmann et al., 2000). Ci sono due principali tipologie di tecniche per la rilevazione remota di incendi attivi: individuazione degli incendi in atto dall analisi di immagini ottiche e termiche; utilizzo delle immagini termiche (da aereo o satellite) per la misurazione dell energia irradiata dall incendio mentre brucia. L utilizzo di immagini ottiche e termiche si basa principalmente sulla misura della radianza nell Infrarosso Medio (da 3 a 8 µ), essendo questa banda molto più sensibile alla presenza di incendi: infatti le sorgenti ad alta temperatura, come le superfici incendiate (da 400 a 1000 K) provocano un brusco incremento di emissione nell'infrarosso medio e hanno impatto molto minore o quasi nullo nell'infrarosso termico (Gregoire & Brivio, 2001), centrato invece sul picco d emissione della terra. Di conseguenza ciò influenza anche la scelta dei sensori

35 utilizzabili, che devono permettere l acquisizione su queste determinate lunghezze d onda. Un approccio piuttosto diffuso è quello di fissare opportuni valori di soglia sia sul canale MIR (per individuare i potenziali pixel con active fires) che sulla combinazione delle bande MIR-TIR: ciò permette di minimizzare gli errori dovuti alla combinazione tra la radiazione emessa e quella riflessa per alcune superfici molto riflettenti quali suoli nudi o aree scarsamente vegetate; un altro metodo sarebbe quello di utilizzare osservazioni notturne (per evitare la componente riflessa), ma ciò provoca errori di sottostima a causa del carattere solitamente diurno degli incendi(brivio & Gregoire, 1997; Li & Kaufmann et al., 2000). Oltre alle tecniche che valutano le caratteristiche termiche di emissione della superficie, altre peculiarità dell incendio in atto possono includere la stima dei gas trasportati all'interno dei pennacchi di fumo e la stima del materiale combustibile bruciato; la tab.10 mostra una carrellata sugli studi più significativi sviluppatisi in tale ottica. Tab Caratteristiche degli incendi attivi e tecniche utilizzate

36 E da notare inoltre che, anche se per l individuazione di un incendio attivo basta che sia interessata solo una porzione del pixel, non si riesce a godere di un effetto cumulativo, ovvero non si riesce a rilevare tutta la superficie bruciata nello stesso incendio; pertanto lo studio della fase attiva degli incendi tende a privilegiare satelliti e sensori che permettono un alta risoluzione temporale, anche se solitamente ciò va a discapito della risoluzione spaziale. La mappatura del perimetro di un incendio consiste invece in una rappresentazione vettoriale del perimetro dell area bruciata, che può essere riprodotta in forma digitale partendo da immagini a rilevazione remota ottenute da sensori a bassa, media o alta risoluzione spaziale; l acquisizione in questo caso avviene dopo lo spegnimento, perciò si individua la reale estensione del fenomeno quando esso è già avvenuto. L individuazione e la georeferenziazione delle superfici percorse dal fuoco mediante remote-sensing si fonda sul riconoscimento della risposta spettrale della vegetazione bruciata che è tipicamente differente rispetto a quella della superficie non bruciata; molti ricercatori hanno effettuato studi sulle caratteristiche spettrali delle aree bruciate giungendo a diverse conclusioni, a volte contrastanti: la sostituzione della copertura vegetativa con carbone di legna (charcoal) porta alla riduzione dell assorbimento della clorofilla e perciò ad un aumento del fattore di riflessione nel visibile, e la riduzione della riflessione nella regione NIR è accompagnata da un incremento nelle regioni dello SWIR, del MIR e della temperatura superficiale (Smith et al., 2007); la formazione di ceneri al suolo, l imbrunimento dei tronchi, la distruzione della clorofilla, la diminuzione del contenuto idrico comportano un marcato aumento della riflettività nella regione MIR ed una diminuzione nella zona di transizione rosso-nir (De Matteo et al., 2007); la vegetazione non combusta ha un indice di riflessione NIR maggiore rispetto alle altre superfici, mentre le superfici bruciate presentano un aumento di temperatura dovuto all assorbimento

37 della radiazione solare ed all'assenza di evapotraspirazione (Boschetti, 2006); si assiste nella regione dello SWIR ad una riduzione nella riflettanza per le lunghezze d onda inferiori a 2, contrastata da un aumento per quelle maggiori di 2,25µm, oltre ad avere un netto calo della riflettanza sul NIR ed un incremento sul MIR e TIR, (Gregoire Brivio, 2001); l incremento nella banda del rosso è dovuto alla diminuizione del contenuto di clorofilla, il decremento nel NIR al danneggiamento dello strato fogliare, mentre nello SWIR può esserci un incremento dovuto alla riduzione del contenuto d acqua o una diminuizione dovuta alla risposta del carbone di legna (Chuvieco et al., 2006); con l utilizzo di sensori ad alta risoluzione si rileva una riduzione drastica nella riflettanza sul visibile e NIR, mentre per incendi intensi si può rilevare, a risoluzioni più spinte (<5m per i sensori VHRR), un incremento nella riflettanza dovuto alla deposizione di cenere bianca; l incremento nella regione SWIR sarebbe dovuto all effetto combinato dell esposizione del suolo nudo e della riduzione dell evapotraspirazione (Lentile et al., 2006); la diminuizione della riflettanza nel NIR è dovuta al danneggiamento degli strati fogliari che riflettono gran parte della radiazione incidente, mentre l incremento nel MIR è dovuto alla riduzione dell ombra del tetto di foglie e dell'umidità. (Koutsias & Kartesis, 2000; Epting et al., 2005); Il calo di clorofilla e di umidità della vegetazione fa decrescere i valori di riflettanza nelle bande del visibile e NIR, mentre fa aumentare il fattore di riflessione delle bande infrarosse ad onda corta (SWIR) (Mui-How Phua, 2007) E evidente quindi come la risposta spettrale delle aree bruciate presenti un elevata variabilità nel tempo e nello spazio a causa dell influenza di diversi fattori quali la natura e lo stato della vegetazione preesistente, il tipo di suolo e le sue caratteristiche, la durata e l intensità dell incendio, la distanza temporale tra l evento e l acquisizione dei dati; in generale si osserva nei valori di riflettanza un calo per le bande

38 del visibile e del NIR, un aumento sul MIR e sul TIR, e comportamenti variabili nello SWIR. La molteplicità di fattori che determinano la risposta della superficie effettivamente interessata dalla combustione rende quindi impossibile determinare un unica curva di riflettanza media che rappresenti la firma spettale di un incendio: i vari studi effettuati hanno portato a risultati diversi (fig. 24), ma è possibile affermare che le analisi delle aree bruciate debbano basarsi principalmente sulle bande dell infrarosso (in particolare il NIR e lo SWIR) e del rosso, essendo queste maggiormente sensibili agli effetti degli incendi rispetto alle altre lunghezze d onda. Fig. 24- Differenti firme spettrali di aree bruciate Il remote sensing ha, come già affermato, un enorme potenziale nel fornire dati utili ad identificare le situazioni precedenti, contemporanee e successive agli incendi su grandi scale ed in aree remote, ma, allo stato attuale, l'effettiva utilità di tali dati è determinata dalla loro risoluzione spettrale e spaziale, dalla disponibilità temporale, dagli accertamenti delle verità al suolo e dall accurata interpretazione dei risultati. La valutazione remota delle aree bruciate è stata condotta infatti usando un ampia gamma di sensori aerei e satellitari. Inizialmente, a partire

39 dagli anni ottanta, la maggior parte delle tecniche è stata sviluppata per dati acquisiti dal sensore AVHRR, e per tale motivo è limitata ad un numero ristretto di riflessioni e di bande termiche per il monitoraggio a lungo termine di incendi di grande portata in aree remote ed isolate. L evoluzione dei sensori e la grande quantità di studi ad oggi effettuati rendono disponibili dati, conoscenze e tecniche qualitativamente superiori che permettono ora analisi più accurate, fisicamente basate e integrabili tra loro. L utilizzo di sensori satellitari HR (High Resolution) a risoluzione spaziale alta (inferiore ai 30 m per ETM+,ASTER, etc.)e VHR(Very High Resolution) a risoluzione sub-metrica (per Ikonos, Quickbird, etc.), permette, oltre che la semplice delimitazione delle aree, anche la stima delle eterogeneità all'interno di incendi grandi e già estinti. Tali conoscenze possono aiutarci a: capire le cause e le conseguenze della variabilità spaziale e delle caratteristiche intrinseche degli stessi; valutare dettagliatamente la gravità e i vari tipi di impatto; valutare la velocità e le modalità di ripresa vegetativa; scegliere con accuratezza gli eventuali interventi di risanamento. Inoltre la recente possibilità di utilizzo dei sensori iperspettrali aumenta ulteriormente le prospettive di utilizzo (Lentile, 2006). Ad esempio, nella maggior parte degli ambienti e dei regimi di incendio, si riscontra un calo netto della riflessione visibile e vicino-infrarosso a causa della deposizione di cenere nera sulla superficie; in caso di combustione completa (nei punti con incendi intensi e prolungati) si produce invece cenere bianca estremamente riflettente: l utilizzo di sensori cosiddetti VHRR (Very High Resolution Radiometer) permettere di discriminare meglio le differenti risposte e perciò di comprendere meglio le dinamiche della combustione. Allo stato attuale, purtroppo, queste linee di ricerca sono ancora poco praticate perché richiedono tempo, l acquisizione dei dati è relativamente costosa e non ci sono ancora protocolli standard per interpretare gli effetti del fuoco. Una sintesi delle numerose tecniche utilizzate nell analisi di altrettante caratteristiche delle aree bruciate è riportata nella tab.11 (Lentile et al

40 2006); è evidente come l uso della rilevazione remota per l analisi delle aree bruciate sia cresciuto notevolmente nel decennio scorso, e sia oggi disponibile un enorme quantità di letteratura in materia; Si possono individuare tre principali linee di ricerca (Chuvieco & Martin, 2002): la valutazione delle potenzialità dei nuovi sensori, quali Spot Vegetation, DMSP OLS, Quickbird; lo sviluppo o la modifica dei metodi per la differenziazione delle aree bruciate, principalmente l interferometria, le analisi di regressione logistica, lo spectral unmixing (demixaggio spettrale), la change detection (analisi del cambiamento); l'analisi spettrale delle aree bruciate, in modo da proporre indici più accurati per la differenziazione delle stesse. Tab Effetti successivi al fuoco e tecniche utilizzate La gamma delle tecniche e dei metodi utilizzati relativi anche solo alla mappatura delle zone bruciate mediante dati satellitari è molto vasta;

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