DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI
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- Donato Franco
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1 Capitolo 4 DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI Ci occupiamo qui di applicare il principio di sovrapposizione a semplici sistemi fisici. La periodicità spaziale degli eventi coinvolti in questi esperimenti ci consente di applicare anche le proprietà quantistiche delle traslazioni nello spazio. I sistemi di cui ci occupiamo sono reticoli cristallini, che offrono un laboratorio naturale per gli esperimenti di interferenza di particelle. Diffrazione da cristalli è ottenibile con raggi X poichè questi hanno lunghezze d onda confrontabile con la spaziatura reticolare D 1A. Ci chiediamo quanta energia occorre ad un elettrone per avere una lunghezza d onda di un Angstrom. Partendo dalla Eq.(1.7) di de Broglie, rimpiazziamo la velocitá dell elettrone con la sua energia cinetica T (al limite non relativistico). Si ottiene λ = h 2mv = hc 2mc2 T. (4.1) dove m è la massa dell elettrone ev e T è misurata in ev. La costante di Planck vale h = ev sec (4.2) Risulta facilmente λ 12 T (4.3) quindi, per avere una lunghezza d onda di un Angstrom, l energia cinetica dev essere dell ordine di 144 ev. 4.1 Esperimento di Young Riprendiamo l esperimento di Young delle due fenditure. Il fascio emesso dalla sorgente potrà essere costituito di fotoni, elettroni, neutroni o altro. Ciascuna particella emessa viaggia con impulso costante p, quindi si trova il uno stato di onda piana p >. La particella attraversa o la fenditura F1 o la fenditura F2 cambiando direzione. Lo stato finale è ancora descrivibile asintoticamente con un onda piana p > con p = p ma in una direzione che forma un angolo con la direzione di incidenza. Il cambiamento di stato della particella nell attraversare una o l altra delle due fenditure si può imputare ad un operatore A per cui la probabilità di attraversamento della singola fenditura è data da P 0 (x) = A(x) 2 = < p A p > 2, (4.4) 19
2 CAPITOLO 4. DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI 20 p / û / p Figura 4.1: Schema dell esperimento di Young. Vedi anche Fig. 1.1 dove x è il punto sullo schermo nella direzione di p. La natura di A non è importante in questo contesto. Le due fenditure sono uguali ma spostate l una rispetto all altra di D nella direzione û ortogonale a quella di incidenza, quindi le due ampiezze di probabilità differiscono per una semplice traslazione di D. Se chiamiamo una A(x), come appare nell Eq. (1), l altra sarà data da A D (x) = < p U D AU + D p > (4.5) = < p e i pud Ae i pud p > (4.6) = < p A p > e i p Dsin, (4.7) dove p u è l operatore impulso che genera una traslazione nella direzione û ortogonale alla direzione dell impulso delle particelle incidenti e quindi p u p >= 0 p u p >= p > p sin. (4.8) Una volta note le due ampiezze A(x) e A D (x) il principio di sovrapposizione impone che, quando entrambe le fenditure sono aperte, l ampiezza totale sia la somma delle ampiezze e la probabilità che la particella raggiunga il punto x sullo schermo è P(x) = < p A p > + < p A p > e i pdsin 2 (4.9) = P 0 (x) 1 + e i pdsin 2 (4.10) = 4 P 0 (x) cos 2 (pdsin/2 ), (4.11) che coincide con l Eq. (1.4) se assumiamo valida la relazione di de B tra impulso e lunghezza d onda p = h/λ. In effetti P 0 (x) non dipende da x e (quindi dall angolo) poichè, se la fenditura è puntiforme, la particella prende con uguale probabilità qualunque direzione (nel caso di diffrazione da singola fenditura). 4.2 Reticolo di diffrazione Il reticolo di diffrazione è la idealizzazione unidimensionale della superficie di un cristallo fatta di atomi equidistanziati. La distanza D fra due atomi, detta anche passo rerticolare, è confrontabile con la lunghezza d onda di elettroni di poche centinaia di elettronvolt. Questo fatto consentì di rivelare per la prima volta l interferenza di elettroni (diffrazione di Davisson e Germer,1927), che non si può ottenere con le due fenditure dove la distanza non si può tecnicamente rendere così piccola come D. Consideriamo una serie di N centri diffusori (N dell ordine di grandezza del numero di Avogadro) disposti lungo la direzione û ad egual distanza D l uno dall altro. Questi costituiscono una idealizzazione
3 CAPITOLO 4. DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI 21 p / / p ϑ D Figura 4.2: Diffrazione alla Bragg. di un reticolo unidimensionale di passo reticolare D. Un fascio di particelle (una alla volta) incide sul reticolo e, dopo diffusione elastica ( p = p ) da uno dei centri diffusori, viene diffratto in una certa direzione. Vogliamo calcolare la probabilitá di diffusione all angolo. Il fenomeno è simile a quello di Young eccetto che, invece di avere interferenza da due fenditure, abbiamo interferenza da molteplici centri diffusori. Chiamiamo < p A n p > l ampiezza di diffusione dal centro diffusore n-imo. Ancora una volta le ampiezze di diffusione di due centri contigui differiscono per una traslazione di D. Generalizzando l Eq. (4.7) ad N centri diffusori abbiamo P(x) = P 0 (x)[1 + e i pdsin + e i p2dsin + e i p3dsin + 2, (4.12) essendo N D = L ed L lunghezza del reticolo(l D). Sommando la successione di ragione φ = i pdsin si ottiene sin 2 [N φ/2] P(x) = P 0 sin 2. (4.13) [ φ/2] Invece di mettere in evidenza la probabilità associata all diffusione da un singolo centro, mettiamo in evidenza la probabilità massima che si ottiene per = 0(o x = 0). Si ha facilmente P(x) = P(0) sin2 (N φ/2) (N φ/2) 2 (4.14) Questa espresione è una generalizzazione dell Eq. (4.11) a cui si riduce per N=2. Si vede facilmente che l interferenza da molteplici centri diffusori esalta l entitá del fenomeno. 4.3 Riflessione da doppio strato Consideriamo un fascio di elettroni di impulso p che incidono sulla superficie di un cristallo. Gli elettroni si possono riflettere sul primo piano reticolare o, se hanno sufficiente energia, possono riflettersi sul secondo. Ogni elettrone emergente con impulso p viene o dal primo o dal secondo strato di ioni, come illustrato in Fig. (4.2). Per determinare la probabilità dell elettrone con impulso p dobbiamo applicare il principio di sovrapposizione delle ampiezze P() = < p A p > + < p U D AU D p > 2 (4.15) poichè i due eventi differiscono solo per una traslazione pari alla costante reticolare D nella direzione s (nella figura s é il versore ortogonale ai piani reticolari). Applicando le due equazioni agli autovalori ( p s) p > = p > p sin (4.16) ( p s) p > = p > p sin, (4.17)
4 CAPITOLO 4. DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI 22 π π Figura 4.3: Diffusione di particelle identiche.sopra: particelle distinguibili. Sotto: particelle indistinguibili essendo p = p. Nella equazione precedente, dopo un pò di trigonometria si arriva a P() = P 0 () 1 + e 2i pdsin[] 2. (4.18) I massimi di inteferenza si hanno per 2Dsin = nλ, dove n è un numero intero e λ = h p, in accordo alla relazione di de Broglie, Eq. (1.7). Questa legge coincide con la legge di Bragg per la diffrazione di raggi X da un cristallo. 4.4 Diffusione di particelle identiche In meccanica classica due particelle identiche sono distinguibili poichè possone essere sempre seguite nelle rispettive traiettorie. La MQ mette in crisi il concetto di traiettoria e quindi anche il concetto di distinguibilità di particelle identiche. Le conseguenze di ciò sono profonde sia nella fisica atomica e subatomica che nella fisica di molte particelle. Due particelle collidono elasticamente. Nel riferimento del centro di massa la collisione, vista classicamente, cioè adoperando il concetto di traiettoria, si presenta come illustrato in Fig Volendo fare una trattazione quantistica, dobbiamo evitare di far ricorso alle traiettorie per descrivere la collisione; introduciamo invece un rivelatore nella direzione all angolo. Se le due particelle sono diverse (una rossa e una blu per esempio, nella parte superiore della figura) il rivelatore è in grado di identificare il tipo di particella rivelata e quindi possiamo distinguere se la collisione è avvenuta secondo il processo a sinistra o quello a destra nella figura. Ma se le due particelle sono identiche (entrambe rosse nella nella parte oinferiore della figura), il rivelatore non è in grado di distinguerle e quindi non possiamo sapere quale processo è avvenuto, se quello di sinistar o quello di destra. Si presenta qui una situazione analoga all esperimento di Young delle due fenditure, dove non sapevamo quale delle due fenditure era attraversata dalla particella. Come in quel caso, anche ora dobbiamo applicare il principio di sovrapposizione. Chiamiamo f() l ampiezza di diffusione della particella di sinistra all angolo (processo di sinistra) e f(π ) l ampiezza di diffusione all angolo π (processo di destra). La probabilità che una particella (non importa quale visto che sono identiche ed indistinguibili) raggiunga il rivelatore sarà in virtù del principio di sovrapposizione P() = f() + e iδ f(π ) 2 (4.19) Il fattore di fase (di modulo uno) è stato introdotto poichè l ampiezza di diffusione definisce la sezione d urto a meno di un fattore di fase (ricordiamo che σ = f 2 ), che diventa essenziale quando la sezione d urto scaturisce da più processi come in questo caso. Se effettuo una rotazione di π, si ha P() = f(π ) + e iδ f() 2 = f() + e iδ f(π ) 2 (4.20)
5 CAPITOLO 4. DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI 23 Poichè il sistema è simmetrico per una rotazione di π le due probabilità devono essere uguali e quindi e iδ = e iδ, cioè e iδ = ±1. In definitiva si ha P() = f() ± f(π ) 2 (4.21) La sovrapposizione delle due ampiezze da luogo ad effetti di interferenza che vengono normalmente riscontrati in esperimenti di collisione tra particelle identiche (vedi Fig.14.2). L ambiguità del segno non si può dirimere se non nel contesto della MQ relativistica. Si trova che il segno più si ha nel caso di particelle con spin intero (bosoni), il segno meno a particelle con spin semintero (fermioni). 10 dσ/dω, b sr -1 (c.m.) angolo nel baricentro, gradi Figura 4.4: Distribuzione angolare nella diffusione elastica carbonio su carbonio.la linea continua è la previsione teorica assumendo che le particelle sono identiche; i cerchi sono i dati sperimenatali Stato di due particelle identiche Consideriamo ora la funzione d onda di due particelle, diciamo a e b. Supponiamo per semplicità che le due particelle siano non interagenti. Se le due particelle non sono identiche allora si ha ψ( r 1, r 2 ) = ψ a ( r 1 )ψ b ( r 2 ) (4.22) Se le due particelle sono identiche, scambiando le due particelle la funzione d onda deve restare invariata a meno di un fattore di fase, quindi ψ( r 2, r 1 ) = ψ a ( r 2 )ψ b ( r 1 ) = e iδ ψ( r 1, r 2 ) (4.23) Dopo un secondo scambio che porta un altro fattore di fase, la funzione d onda deve ritornare quella di prima, per cui si deve avere e 2iδ = 1, cioé e iδ = ±1, come prima. Quindi la funzione d onda o resta invariata per scambio di due particelle (simmetrica) o cambia segno (antisimmetrica). Queste condizioni sono soddisfatte automaticamente dalle funzioni d onda della forma ψ( r 1, r 2 ) = ψ a ( r 1 )ψ b ( r 2 ) ± ψ a ( r 2 )ψ b ( r 1 ) (4.24) Il segno + vale per bosoni, il segno vale per fermioni. La funzione d onda di due fermioni, per r 1 = r 2, è nulla. Quindi due fermioni identici non possono occupare la stessa posizione. Generalizzando questo risultato possiamo affermare che due fermioni identici non posson occupare lo stesso stato. Questo è il principio di esclusione di Pauli. Il suo ruolo è fondamentale in molti campi della fisica sia su scala microscopica (atomi, nuclei,...) che su scala macroscopica (fenomeni quantistici macroscopici come superconduttività, superfluidità,ecc).
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