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1 Festa Presentazione del Signore 2015 (Vangelo e di seguito Omelia tenuta alla celebrazione diocesana di ringraziamento per il dono della Vita Consacrata) Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,22-40) Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele. Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l anima, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. Omelia (trascrizione da registrazione) Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore Che strano modo di presentarsi quello del Signore! Si presenta dentro la fragilità di un bambino e grazie alle parole di una vecchietta, che probabilmente tutti pensavano un po fuori di testa, perché Anna di sicuro non era la più affidabile testimone dell arrivo del Messia. Eppure, dentro questa fragilità e questa piccolezza, il Signore entra nella nostra storia, entrando nel tempio del Padre Suo. E il Signore. E la prima cosa che fa è essere obbediente alla Legge. Anzi, la prima cosa che fa - addirittura - è essere offerto. Già facciamo fatica a sopportare l idea che Lui si offra; in questo caso avviene di peggio: viene offerto. Viene offerto dai genitori, che lo offrono a Dio. Ma al tempo stesso, in realtà, noi sappiamo che è Dio che sta offrendo a noi il Suo Figlio, in quel medesimo evento. Quindi, il primo atto pubblico del Signore rispetto a noi - nell offrirsi alla Sua Chiesa, nel venire all incontro con la Sua sposa - è quello di essere donato. Questo fatto, anzitutto, ci ricorda un elemento essenziale della nostra vocazione: noi non ci siamo consacrati ; noi siamo stati consacrati ; da Dio, dalla Chiesa - che ha visto nella nostra volontà la verità di una richiesta e di una vocazione da parte di Dio e ci ha consacrati, per un servizio, per una vita, a imitazione del Signore Gesù. Di questo ogni tanto ci dobbiamo ricordare. Anche se, in alcuni momenti, fatichiamo a tenerlo a mente. Poi, il Signore Gesù arriverà fino al dono di Sé nella morte di croce. Non terrà niente per Sé; Lui si offrirà al Padre e a noi in un modo incredibile, unico, che noi neanche riusciamo mai a capire totalmente. Anche lì noi saremo invitati a seguirlo, a cercarlo, a muoverci nella stessa direzione. 1

2 Tutte le cose che ha detto e fatto - i miracoli stessi, la Resurrezione stessa - sono dentro questa logica: si sta regalando a noi, non sta trattenendo niente per Sé, donando interamente tutto quello che è e che ha. A Gerusalemme c era un uomo di nome Simeone Questa logica è quella che tiene in piedi ogni nostra possibilità di risposta. Noi rispondiamo a un Signore così. E lo sappiamo, teoricamente. Nel senso: un paio d anni di vita religiosa molti dei presenti li hanno maturati e ci accorgiamo che questa cosa l abbiamo sentita un sacco di volte; eppure dentro di noi tutte le volte trova, da una parte, una resistenza, perché malgrado tutto fatichiamo a convertirci a un Dio che si presenta a noi così. Dall altra parte, invece, qualcosa ci dice: E vero! E bello! Prova a fare un passo oltre! Fìdati un po di più!. Quello che ci viene chiesto è di imparare dal Signore e dai personaggi che sono in campo. Io guardo in particolare a Simeone questa sera - bisogna scegliere qualcuno perché non possiamo dire tutto. Ci accontentiamo di guardare solo qualche aspetto di questo Mistero. Il nome Simeone significa docile all ascolto. E la sua prima caratteristica: è un uomo docile all ascolto. Così come, vorrei dire siamo noi, ma temo che serva il condizionale d obbligo dovremmo essere noi : uomini e donne dell ascolto. Capaci di mettersi di fronte alla Parola di Dio disponibili a lasciare interagire quella Parola con il nostro terreno per dare frutti, diversi secondo i tempi e le possibilità. Diciamo che non accade sempre così. Sappiamo bene che la vita di perfezione, in realtà, è sostanzialmente accettare la nostra imperfezione. E questa l unica possibilità che abbiamo. Ma, dentro questa accettazione, noi ci muoviamo riconoscendo la possibilità e la bellezza di un passo in avanti nell ascolto. Certo, questo richiede da noi conversione, come singoli e come comunità. Pensate a quanto poco riusciamo ad ascoltare la Parola insieme. Facciamo le nostre brave lectio, i nostri incontri, in cui ascoltiamo la Parola di Dio e tutti insieme teniamo il predichino o diciamo che cosa ha evocato in noi. Ma poi quasi mai siamo capaci di trasformare quell ascolto comune in scelte comuni. Resta tutto affidato al singolo. Credo che sia uno dei grandi problemi che noi abbiamo come religiosi: la nostra incapacità di metterci insieme di fronte alla Parola, per rispondere insieme. Poi, certo, io risponderò per me, per quello che sono capace di fare, per come sono capace di muovermi. Ma, come comunità, come fratelli e sorelle, abbiamo questo grande compito che ci viene affidato e che potremmo svolgere, se solo ci fidassimo un po di più di quella Parola: ascoltare, essere docili all ascolto. Lo Spirito Santo era su di lui Se volete, questo riguarderebbe anche tutto il grande discorso dell obbedienza, che è un tema assai complesso. E difficile per noi tenere insieme la docilità al carisma, l obbedienza ai superiori o alle superiore, e la creatività che lo Spirito Santo sembra richiedere tutti i momenti. E difficile, perché spesso si trovano uomini e donne un po sbalestrati, che fanno scelte strane e dicono che è lo Spirito Santo che gliele suggerisce. E dall altra parte, invece, ci sono uomini e donne che amano non decidere più nulla della loro vita e fanno finta di chiamarla obbedienza, ma in realtà non stanno più prendendo in mano le situazioni, assumendosi le proprie responsabilità. Ci sarà una via di mezzo tra questi due estremi? Presumibilmente sì, perché la santità della Chiesa dice che molti nostri fratelli e sorelle ce l hanno fatta. Però dovremmo chiederci perché non accade di frequente. Ed è un peccato. Perché siamo capaci solo di continuare le cose che abbiamo. E invece dovremmo essere docili alla Parola. Certo sarebbe bello, per riuscire a mettere insieme queste cose, che arrivasse la provinciale, o il provinciale, e dicesse: Mi sono alzato stamattina, ho pregato e lo Spirito Santo mi ha detto: Manda quella sorella e quel fratello a fare una cosa completamente nuova, che nessuno ha mai fatto prima e dì loro: inventati questa nuova forma di vita!. Io credo che nell universo non si sia mai sentito un episodio di questo genere, perché solitamente i poveri superiori e le superiore 2

3 corrono dietro ai pezzi da tenere insieme, e danno incarichi relativi alla comunità da chiudere, il buco da coprire, l emergenza da risolvere. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio Possibile che non riusciamo a trovare un modo perché lo Spirito Santo possa lavorare in tutti noi e indicarci qualcosa di nuovo, che è necessario? Mi rendo conto, certo, che l età media di chi mi ascolta non è esattamente quella della fascia giovanile. D accordo. Ma per caso lo Spirito Santo ha limiti d età? Ha la data di scadenza? Credo di no! Perciò, come è successo per Simeone e Anna, che, molto avanti nel loro percorso, hanno incontrato il Signore, si sono aperti alla novità di qualcosa che era totalmente inaspettato in quella forma, così ciascuno di noi può e deve muoversi in questa direzione. Dobbiamo avere più coraggio; dobbiamo osare; non dobbiamo temere. Certo, dobbiamo imparare a farlo insieme. Io non so da voi, ma da noi quando uno si mette in testa che lo Spirito Santo gli ha detto una cosa nuova, qualunque cosa gli dici, va avanti imperterrito per conto suo, come se nulla fosse. Invece, dobbiamo imparare a costruire insieme. Se lo Spirito Santo dice a me una cosa io, che sono dentro una famiglia, ho il dovere di raccontare a tutti gli altri ciò che lo Spirito Santo mi ha ispirato e cercare di capire, insieme con loro, che cosa si può fare per rispondere a quella chiamata dello Spirito. Insieme, non da soli. Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola Allora, se noi ritroviamo questa voglia di camminare insieme, questa capacità di ascoltare insieme la Parola, di non pensare che abbiamo la data di scadenza e che ormai l unica cosa che possiamo fare è aspettare la morte, forse riusciremo a trovare qualcosa di nuovo, che sta alla portata della vita di ciascuno di noi. Perché non si tratta di fare cose. Si tratta di pensare in un modo diverso; di sentire la nostra vita in un modo nuovo. Come, in fondo, in tanti momenti siamo riusciti a fare. Fidiamoci dello Spirito Santo e osiamo! Soprattutto, osiamo convertirci un altra volta. E difficile? Sì. Chi non lo sa? Pensate a Simeone, poveretto. Noi abbiamo una traduzione che non rende esattamente l idea giusta del testo. Perché, in realtà, Simeone esprime sì una benedizione, ma in forma di domanda. Cioè: Proprio adesso il tuo servo deve andarsene? Adesso che il Cristo è arrivato? Lo ho aspettato fino adesso e adesso mi tocca morire?. Simeone non capisce tanto questa circostanza: la manifesta al Signore, perché si rende conto che c è dentro qualcosa che fa male. Proprio ora che ti sembra di essere arrivato, tutto ti viene tolto. Non è facile. Ma alla fine questa è la nostra vita. Questo è ciò che siamo chiamati a fare. Uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d Israele Il secondo aspetto che Simeone ci ricorda è che siamo persone che aspettano, che sanno aspettare. Letteralmente lui sarebbe l aspettante : il concetto è espresso con una forma verbale che dice una connotazione stabile, continuativa, che fa parte della persona. E l aspettante ; anzi, colui che è in movimento per accogliere. Non è l attesa passiva del tipo sto qua e spero che succeda qualcosa ; ma l attesa di uno che si muove, mentre è certo che arrivi qualcuno dall altra parte. Anche in questo, noi dobbiamo ritrovare l orizzonte giusto, l orizzonte dell eternità. Non solo perché la morte si avvicina. Ma, di più, perché noi siamo convinti che la vita eterna si avvicina e la vita eterna è il nostro orizzonte. Noi ci crediamo così tanto che siamo stati disposti ad abbandonare tutto per questa vita eterna. Come mai ogni tanto lo dimentichiamo? Come mai non riusciamo a tenere dentro il cuore questa forza, questa potenza, che ci fa dire: Anche se magari adesso non sono felice di fare questa cosa, non mi riesce bene, le prendo su da tutti, sono in un posto in cui nessuno mi riconosce, alla fine io vivo per la vita eterna, sono già in quella vita!. Quante volte lo diciamo agli altri! Tutte le volte che ci capita di accompagnare i genitori nel percorso battesimale dei figli, siamo bravissimi a dire che lì inizia la vita eterna. Ma ne siamo davvero convinti? 3

4 Perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli Si sente poca speranza, dentro le nostre comunità. Troppa poca speranza. E non è solo il fatto di sentirsi in pena perché i nostri Istituti stanno morendo, perché non ci sono più vocazioni. Ci manca proprio la speranza in un altro senso, più profondo. Probabilmente è questo il motivo per cui nessuno viene più da noi. Perché qualcuno dovrebbe scegliere una forma di vita nella quale rinunci a un sacco di cose vista dall esterno e in più ti trovi in mezzo a gente senza speranza? Capirai che ricchezza e che voglia di entrarci! Noi dobbiamo tornare a essere uomini e donne di speranza, capaci di dire che la vita eterna è la cosa più bella che abbiamo e che già viviamo in quella vita e che vogliamo andare in quella direzione, pieni di una speranza vera, profonda, autentica. Se saremo capaci di fare questo, allora tutto cambierà e forse in noi verranno meno una serie di paturnie. Ad esempio, per essere gente che ha fatto voto di castità, noi abbiamo un ansia da riproduzione che ne basta la metà! Siamo tutti preoccupati a tentare di capire come tirare dentro la nostra comunità vocazioni nuove. Tutti agitati perché, se non ci riusciamo, moriremo. Moriremo? E va bene! E allora? Chi se ne frega! Ma, scusate, noi non stiamo seguendo un Signore che muore sulla croce? Non stiamo seguendo uno che ha avuto successo in tutto! Noi siamo i seguaci del Crocifisso. Il nostro cammino va verso la morte. Sarà anche la morte dei nostri Istituti? Va bene; vorrà dire che il Padre Eterno in questo momento ha bisogno di altre forze e di altre situazioni. Che problema c è? Il nostro problema non è riprodurci; il nostro problema è essere noi stessi. Essere contenti di quello che siamo - anche di morire, se è necessario. Tanto poi credo che, una volta che accettiamo questa cosa, in realtà il Padre Eterno interviene e ci manda un mare vocazioni, se solo impariamo a fidarci di Lui. Ma dobbiamo fare questo passo, che ci rende uomini e donne che sperano, che non stanno a rimuginare su un futuro che costruiamo noi, perché il nostro futuro è entrare in quella vita, non ce n è un altro che ci interessi. Luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele Allora, fratelli e sorelle, noi dobbiamo tornare a guardare questo Signore, che si offre a noi in questo modo, imparando che cosa vuol dire essere uomini e donne di speranza, che imparano ad ascoltare. Non c è niente di nuovo? Certo! E ovvio che non c è niente di nuovo. Ma c è la novità nostra di poter dire di sì. Altrimenti, continueremo in una forma di vita che rischia davvero di soffocare se stessa. Già è difficile fuori; noi siamo molto stimati, di solito, ma quasi mai capiti. E la norma di tutte le specie in via d estinzione! Voglio dire: ti guardano e dicono: Che bello! - come il panda, bello batuffoloso : subito dopo, però, va via tranquillo e non ti interessa più di tanto. Noi invece siamo gente che dovrebbe essere contenta di vivere quello che ha, nella situazione nella quale è, e camminare nella giusta direzione. Non ci capiscono? Amen. Noi dobbiamo costruire, creare, inventarci cose nuove, perché questo serve alla Chiesa. Guardate le parrocchie, la loro fatica nel trovare forme nuove per vivere la vita cristiana. Noi dovremmo essere capaci di insegnare che cosa vuol dire non ragionare secondo i criteri del territorio, ma del dono. Noi avremmo tutti i numeri per poter dire e suggerire percorsi ai nostri fratelli e sorelle che fanno fatica in questo momento ad andare avanti. Ne hanno davvero bisogno! I preti della diocesi di Pavia sono un eccezione, ve lo dico francamente, nel senso che guardano i religiosi e ci stimano sul serio. Ma fuori dalla diocesi ho trovato delle situazioni che non stanno né in cielo né in terra: in una parrocchia, dove siamo come convento, il parroco ha detto ai suoi parrocchiani che la Messa dai frati non vale! Qui per fortuna non è così. E una grazia del Cielo. Ma, se non siamo capiti, non dobbiamo per forza buttarci dentro, per cercare di farci accettare così come ci vogliono. Il nostro scopo non è questo. Il nostro scopo è rispondere allo Spirito Santo facendo casino. Perché questa è la nostra vita e la nostra vocazione. Noi dobbiamo dar fastidio, mica essere accondiscendenti a tutte le richieste di tutti i generi per tappare tutti i buchi dell universo. La nostra vita è una vita dello Spirito perché dice anche: No, fratello mio, io capisco che debba tamponare tutti i buchi della tua parrocchia, ma, scusami, il mio carisma mi dice che 4

5 devo fare un altra cosa e faccio un altra cosa. Con buona pace di tutti. Se io farò così, quel buco si riempirà. Perché qualcuno capirà il Vangelo attraverso il mio carisma e andrà a coprire anche quella necessità. Immagino che il Vicario Generale in questo momento si stia stracciando le vesti, però fa niente. Noi dobbiamo in qualche modo essere gente che rompe le scatole, perché se no la nostra vita non serve. Chiediamo la grazia del Signore di farlo cercando la comunione, di essere gente che sta sempre in mezzo ai piedi, dicendo e facendo cose strane, ma per l interesse della comunità e per amore, non per voglia di distinguersi. Gente che si dona vivendo il proprio carisma; non gente che porta a sé, ma gente che va verso l altro, donando se stessa. Se riusciremo a fare anche solo un passettino, faremo moltissimo per la Chiesa di Dio e riusciremo a cambiare molto del mondo che ci circonda. Dobbiamo fidarci e consegnarci. 5

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