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1 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 ANNO XLV. N GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 EURO 1,50 SULLA SPIAGGIA TURCA DI BODRUM IL CORPO DI UN BAMBINO SIRIANO AFFOGATO DURANTE IL TENTATIVO DI RAGGIUNGERE KOS IN GRECIA FOTO REUTERS-NILUFER DEMIR-DHA Non ha nome, non avrà terra: è l immagine choc del piccolo profugo siriano trovato cadavere sulla spiaggia di Bodrum in Turchia, dopo l ennesimo naufragio nel Mediterraneo. E mentre l Unione europea si dissolve sulla chiusura delle frontiere, il governo della Repubblica Ceca identifica i migranti «marchiandoli» con dei numeri. A Budapest profughi ancora bloccati alla stazione PAG. 2,3,15 SCUOLA Toto-cattedra, al via l esodo degli insegnanti S olo in Italia l'assunzione a tempo indeterminato nella scuola peggiora le condizioni delle persone invece di migliorarle. Alla mezzanotte di ieri sui 9 mila docenti precari che hanno ricevuto via mail la proposta di assunzione prevista dalla cosiddetta «fase B» della «buona scuola» di Renzi ben 7 mila saranno costretti ad emigrare dal Sud al Nord. Per la ministra dell Istruzione Stefania Giannini è una quota «fisiologica» sui 38 mila insegnanti assunti oggi assunti. La beffa è in arrivo: i 55 mila che saranno assunti entro novembre nella «fase C», con un punteggio inferiore, potrebbero ottenere sedi migliori. CICCARELLI PAGINA 6 IMU E TASI Renzi sfida la Ue in casa «Le tasse ce le tagliamo da soli». Ma vorrebbe trattare sulla flessibilità ANDREA COLOMBO PAGINA 7 BUONA SCUOLA La strategia dei referendum Massimo Villone I l 5 e 6 settembre si terrà a Bologna la prima assemblea nazionale di comitati e movimenti contro la «buona scuola». Si discute tra l altro la proposta di referendum sulla legge 107/2015. Forse, il referendum si avvia a diventare strumento ordinario di contrasto alle politiche maggioritarie. Viviamo il tempo dello sfarinamento dei partiti politici, della sordità di un governo blindato da numeri parlamentari posticci, della inutile vacuità di assemblee elettive popolate da troppe ombre che barattano senza vergogna i principi per la poltrona. CONTINUA PAGINA 6 Vincenzo Visco: «Sbagliato tagliare le tasse sulla prima casa: favorisce i ricchi e non le fasce medio-basse». Ma serve a Renzi: «È una mossa per le amministrative del Come gli 80 euro» INTERVISTA Fabio Veronica Forcella pagina 7 BIANI INTERVISTA A SEGRE PAGINA 4 «Al festival di Venezia marceremo scalzi a favore dei migranti» Il regista Andrea Segre presenta la manifestazione a piedi nudi prevista l 11 settembre alla Mostra del cinema. «Serve a sensibilizzare». JOBS ACT Se non è una bolla sono bollicine Aldo Carra A ll indomani dell approvazione del Jobs Act alcuni autorevoli analisti si erano spinti a prevedere una bolla lavoro, cioè, una impennata dell occupazione per effetto dei consistenti incentivi assegnati a chi assumeva col contratto a tutele crescenti. E siccome in attesa della nuova legge alcuni imprenditori avevano rinviato le assunzioni necessarie, quell attesa non era infondata. In quella stessa occasione il Presidente del Consiglio aveva pronunciato una frase che la dice lunga sulle sue intenzioni e sulla sua idea di politica e di economia. CONTINUA PAGINA 15 INTERVISTA La resistenza interna di Ben Pastor GUIDO CALDIRON l PAGINA 10 VENEZIA 72 Inaugura la Mostra la sfida di «Everest» CRISTINA PICCINO l PAGINA 12

2 pagina 2 il manifesto GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 NIENTE ASILO Praga Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia dovrebbero adottare una decisione comune contro l idea tedesca di ripartizione dei profughi I rifugiati SOTTO, POLIZIOTTA CECA MARCHIA BIMBO SIRIANO AL CONFINE. FOTO GRANDE, BUDAPETS, LA PROTESTA ALLA STAZIONE FOTO LAPRESSE «marchiati» Nelle stazioni nel sud della Moravia i bambini vengono contrassegnati dalla polizia con un numero sul braccio. Venerdì a Praga il summit dei Paesi di Visegrad Jakub Hornacek BRECLAV B reclav è una piccola cittadina al confine ceco-austriaco nel sud della Moravia. Molti degli abitanti della città e delle campagne circostanti si preparano alla vendemmia, che in questa zona fortemente vinicola dovrebbe cominciare a giorni. Ma la stazione cittadina rischia di diventare il capolinea delle speranze di una vita migliore di centinaia di migranti. Ormai da qualche settimana, di notte, viene organizzato un presidio della polizia ceca, che perlustra i treni provenienti da Vienna e da Budapest. Proprio da una di queste retate provengono le immagini dei bambini contrassegnati dalla polizia con un numero sul braccio. Un immagine che provoca rimandi crudeli di altri treni che passarono verso la Germania e la Polonia settanta anni fa. Le fotografie in questione hanno però suscitato un clamore sensibilmente minore in Repubblica Ceca, dove invece prevale la paura di «un invasione da parte dei migranti». Da inizio dell estate infatti la Polizia informa ogni mese degli aumenti dei sans-papiers intercettati e fermati al confine. I numeri sono quadruplicati rispetto a primavera ma nel complesso rimangono piuttosto contenuti: dall inizio dell anno sarebbero stati trovati senza documenti meno di 2,2 mila persone. La retata del primo settembre a Breclav è una delle poche, dove il numero dei fermati ha raggiunto diverse centinaia. In particolare sul treno per Berlino sono state fermate 214 persone, di cui 61 bambini, provenienti in maggioranza dalla Siria. «Non abbiamo verificato, se i migranti fermati avessero documenti validi per andare in altri Paesi ma sicuramente nessuno aveva un autorizzazione valida per entrare nel nostro Paese. Noi applichiamo le nostre leggi indipendentemente dalle politiche migratorie degli altri Stati», ha sottolineato la portavoce della Polizia di Confine Tereza Rendlova con un chiaro rimando alla Germania. Che ha sospeso Dublino per i rifugiati siriani. A questo proposito, secondo il quotidiano MfDnes, le autorità ceche avrebbe preso contatto per sapere se la Repubblica federale sia davvero disposta ad accogliere i siriani. I tedeschi - tuttavia - sembrano preferire un altra soluzione consistente nella ripartizione di rifugiati tra Stati membri e rafforzamento dei confini, sia quelli esterni di Schengen, sia quelli interni allo spazio comune. Il secondo punto trova a favore la stragrande maggioranza dei politici cechi. In prima fila c è il presidente della Repubblica Milos Zeman, che ormai sembra convinto di cavalcare l onda della paura dei migranti contro un governo considerato EUROPA Boldrini: «Intollerabile, l Unione intervenga» «I numeri a marchiare le braccia evocano le pagine più buie della storia europea». La presidente di Montecitorio, Laura Boldrini, denuncia da New York «comportamenti che l Unione deve censurare nel modo più fermo, come se si trattasse di Paesi esterni all Ue. Se vuole restare fedele ai valori che la fondano, l Europa non può tollerare questi rigurgiti». Per Boldrini, poi, i migranti bloccati in stazione «sono la negazione di una libertà umana fondamentale, mentre i centri di accoglienza vengono assaltati da gruppi razzisti e xenofobi» e in diversi Paesi Ue «si moltiplicano segnali che destano la più profonda preoccupazione: serve la risposta delle istituzioni nazionali e europee, ma anche la più vasta mobilitazione dei cittadini». troppo timido. Zeman ha così sottolineato durante la sua conferenza di 31 agosto, che molti sostenitori sono come quei turisti in Thailandia, «che scattano foto alle piccole onde senza capire, che ne seguirà una più grande, che finirà per sommergerci tutti». Queste posizioni sono in larga parte condivise sia dalla maggioranza sia dall opposizione. A spiccare tra tutti il miliardario ministro delle finanze Andrej Babis, secondo cui dovrebbe essere addirittura la Nato a dare una mano per proteggere le frontiere esterne dello spazio Schengen. Un po più soft invece il premier Bohuslav Sobotka, che è volato a Belgrado con un assegno da 10 milioni di corone (350 mila euro) destinati a rafforzare i controlli alle frontiere. Venerdì si svolgerà a Praga il summit dei Paesi di Visegrad (oltre la Repubblica Ceca ci sarà la Slovacchia, l Ungheria e la Polonia), che dovrebbe adottare uno statement comune contro l idea tedesca di ripartizione dei rifugiati come fece già in giugno. Quella volta però ci fu anche il presidente francese Hollande a dare man forte al «Quartetto dell Est». Con le recenti reprimenda di Fabius, Parigi appare però riallineata ai tedeschi. Anche l Austria ha dato segni di insofferenza verso i vicini a Est accusati di scarsa solidarietà. La ministra dell interno austriaca ha persino proposta di diminuire i fondi europei ai Paesi indisposti a partecipare all accoglienza Europa suscitando le furie dei Paesi dell Est. Nonostante la solidarietà di molti cittadini, che organizzano raccolta di beni per i migranti, per i governi i migranti rimangono delle vite in eccesso da respingere alle frontiere dell Unione. Intervista/ MARTIN ROZUMEK, DIRETTORE DI UNA STRUTTURA DI AIUTO AI RIFUGIATI «Centri per migranti peggio del carcere e procedimenti fuori dalla legalità» J. Horn. I sans-papiers fermati dalla polizia ceca vengono quasi nella totalità dei casi spediti in strutture detentive per i migranti senza documenti validi per l entrata nel Paese. Una prassi a dir poco sommaria contestata da tempo dal Centro per l aiuto ai rifugiati, secondo cui si tratterebbe di un procedimento fuori dalla legalità. Ne abbiamo parlato con Martin Rozumek, direttore del Car, che fornisce anche consulenza legale nei centri per migranti. Secondo il Centro per l aiuto ai rifugiati la prassi della polizia di spedire i migranti nei centri detentivi è illegale. Perché questo giudizio? Ci sono almeno tre buoni motivi per questo giudizio. In primo luogo la legge ceca prevede, che la detenzione amministrativa sia usata solo nei casi, in cui è imminente l espulsione dal territorio nazionale. Ciò evidentemente non vale ad esempio per i rifugiati, che dovrebbero essere rimandati in Ungheria, in quanto questo Paese non li accetta indietro. In secondo luogo il Trattato di Dublino prevede, che le leggi nazionali contengano le condizioni, secondo cui si può applicare la detenzione di un migrante, ma la Legge ceca sul soggiorno non contiene alcuna norma di questo tipo. Infine i Trattati internazionali prevedono, che sia tutelato il bene dei minori. E sicuramente non si fa del bene ai minori mettendoli dietro le sbarre in una struttura sotto stretta sorveglianza della polizia. «Il perimetro esterno è sorvegliato dalla polizia, quello interno dalla celere e da security privata» La mancanza nella legislazione ceca è riconosciuto dallo stesso Ministero dell Interno, che tuttavia ha già preparato una modifica di legge, che ora giace alla Camera. Cosa si dovrebbe fare prima che la legge venga approvata? Sicuramente non dovrebbe essere applicata la detenzione amministrativa, finchè la legislazione ceca non sia del tutto adeguata a quella europea. Per l altro l illegalità di questa detenzione è stata confermata in due sentenze emesse dal Tribunale di Brno e Aussig sull Elba. In entrambi i casi i tribunali hanno dato ragione ai nostri assistiti e ora la decisione finale spetterà al Tribunale Amministrativo Supremo. Siamo convinti, che, se i migranti detenuti ricorressero ai Tribunali, vincerebbero nella stragrande maggioranza dei casi. E a mio parere avrebbero anche diritto a un risarcimento per detenzione illegale. Il Ministero dovrebbe prendere nota di questa situazione e la polizia ceca dovrebbe emettere una semplice ingiunzione a lasciare il territorio senza applicare la detenzione. Passiamo ai campi detentivi. Possono considerarsi strutture comparabili con le carceri? Assolutamente sì. Basti dire che il perimetro esterno è sorvegliato dalla polizia, quello interno dalla celere e dalla Polizia di Confine e infine all interno è impiegata a fianco ai funzionari dell Interno anche un agenzia di security privata. I campi sono circondati da muri alti e dal filo spinato. Non solo i rifugiati e i migranti non possono uscire dai centri, ma solo di recente abbiamo ottenuto per loro il diritto di uscire dalle palazzine almeno per qualche ora d aria. All interno poi la situazione è alquanto degradata. Infine il Ministero dell Interno non riesce neppure ad assolvere a tutti gli obblighi, che ha verso queste persone. Tra le mancanze segnalate anche il mancato accesso a una consulenza legale gratuita... I fondi per la consulenza erano stanziati fino a 30 giugno, in quanto provenivano dai fondi europei. Poi non si è più visto nulla. Sospetto anche che il Ministero renda più difficile la consulenza legale per paura di nuove cause e denunce. Neppure a noi certe volte è permesso parlare con i migranti. Ad esempio lunedì 31 agosto ci siamo recati al campo di Bela, ci hanno fatto attendere con un interprete per quattro ore e poi non ci hanno fatto neppure entrare. Tuttavia sembra che lunedì prossimo possa andare meglio visto che abbiamo anche del materiale, come pannolini, vestiti o giochi, che sono stati raccolti per i migranti. Nel mese di agosto nel campo di Bela c è stata una rivolta e il Ministero ha ammesso che in precedenza ci sono stati numerosi casi di autolesionismo. Quali sono i motivi di questi gesti tragici? Quando la polizia ferma un migrante senza documenti, lo perquisisce e gli sequestra il telefonino e i soldi. Bisogna infatti sapere che i migranti pagano allo stato ceco per i soggiorni nei centri detentivi. Il costo di un mese di soggiorno è di 7,2 mila corone per mese (circa 280 euro), che vengono trattenuti sui soldi sequestrati. Il sequestro del telefonino inoltre priva i migranti dal contatto con i loro famigliari. Alle persone detenute nei centri vengono distribuite delle carte telefoniche, che tuttavia non bastano per chiamare in Siria o in Iraq. Eppure anche i carcerati hanno diritto a chiamare i propri cari. Devo purtroppo constatare che, sotto molti profili, le persone detenute in carcere hanno più garanzie e diritti dei migranti.

3 GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 il manifesto pagina 3 NIENTE ASILO Ue Berlino annuncia di voler cambiare la Costituzione per renderla più funzionale all accoglienza dei migranti. Documento comune di Francia, Italia e Germania per la ripartizione dei rifugiati TIRCHIA Undici migranti morti in due naufragi al largo delle coste turche Così muore un piccolo profugo IMMIGRAZIONE Permessi esosi Italia sanzionata La parola d ordine del governo Orbán è sempre più «emergenza», con il rifiuto delle quote Carlo Lania A vederlo non sembra avere più di tre, quattro anni. E steso sulla battigia con la testa rivolta verso il mare, i pantaloncini blu e la maglietta rossa zuppi d acqua. Le braccia sono distese lungo il corpicino immobile, ai piedi porta ancora le scarpette con le quali è partito. Sembra sia solo caduto, o che si sia addormentato lungo la spiaggia come spesso capita ai bambini. Invece è morto. In un altra immagine si vede un poliziotto fermo in piedi a un metro da lui che lo osserva, forse paralizzato dall orrore di quello spettacolo finché non trova il coraggio di prendere in braccio quel corpicino e portarlo via. Forse un giorno sapremo chi è quel bambino siriano morto ieri su una spiaggia turca cercando anche lui di raggiungere l Europa. Conosceremo il suo nome e quello del villaggio dal quale proveniva, dove sono i suoi genitori e se sono sopravvissuti al naufragio in cui ha perso la vita. Per ora sappiamo solo che non potrebbe esserci immagine peggiore per rappresentare la disperazione di quanti da troppo tempo muoiono cercando una nuova vita lontano da guerre e miseria, così come non poterebbe esserci atto d accusa più forte nei confronti di un Europa talmente ipocrita da piangere di fronte a questa morte ancora più ingiusta perché evitabile - come sempre ha fatto davanti alle tragedie dei migranti - per poi tornare a costruire muri per impedire a bambini come questo di varcare i propri confini. Impossibile non UNGHERIA I rifugiati gridano: «Aprite la stazione», ma Keleti resta sempre bloccata A Budapest l attesa e la rabbia Massimo Congiu BUDAPEST «A prite la stazione!» e «Angela! Angela!» sono stati i cori scanditi ieri dai migranti che hanno affollato la piazza situata di fronte alla stazione Keleti. Un doppio cordone di agenti di polizia è stato posto a guardia dell ingresso principale dello scalo ferroviario interdetto dal giorno prima ai migranti che hanno continuato a manifestare la loro rabbia a fronte di una partenza che non viene concessa. «Germania! Germania!» continua a essere l invocazione dei sostenitori della protesta che vedono nel paese governato dalla Merkel la possibilità di iniziare una nuova vita. «Ho lasciato la Siria per scappare dalla violenza e dalla miseria» dice un giovane che come la maggior parte dei migranti accalcati in piazza Baross vuole andare in Germania; «Là penso di potermi rifare un esistenza», aggiunge. «Germania! Solo Germania!» gli fa eco un altro siriano col figlio piccolo che ai fotografi mostra un foglio di carta con su scritto Help Syrians. Il padre non parla inglese ma fa capire bene dove vuole andare con la famiglia, per ricominciare. Lo fanno capire tutti i manifestanti con le braccia alzate e i battimani a intervalli più o meno regolari per scandire con determinazione gli slogan. La situazione però non si sblocca e diversi migranti mostrano alle telecamere e in generale alla stampa presente sul posto i biglietti ferroviari che al momento non bastano a consentire la partenza. I siriani si fanno forti delle parole della Merkel a favore di una maggiore elasticità nei loro confronti anche se migranti illegali, ma Budapest sottolinea l esistenza di regole che impongono ai questi ultimi di aspettare, una volta registrati, l ottenimento dello status di rifugiati per poter riprendere il percorso fino alla destinazione prescelta. Gli interessati non apprezzano la posizione del governo ungherese che chiude le porte della stazione orientale dalla quale partono i treni per l Austria e la Germania. La parola d ordine per l esecutivo guidato da Viktor Orbán è sempre più «emergenza». Le autorità ungheresi sottolineano il loro impegno a gestire una situazione difficile e respingono la politica delle quote. «L Ungheria continuerà a registrare i migranti che entrano nel paese e rimanderà indietro coloro i quali hanno lasciato il loro paese d origine per motivi puramente economici», ha detto il giovane ministro degli Esteri Péter Szijjártó ai giornalisti a margine di una conferenza su argomenti di carattere economico svoltasi a Bled, in Slovenia. Il capo della diplomazia di Budapest ha posto l accento sul fatto che il paese è sottoposto alla pressione del flusso crescente di migranti che cercano di entrare in Ungheria per andare più a Ovest e a Nord. «L Ungheria - ha aggiunto non accetta il sistema delle quote che incoraggia i migranti e i trafficanti di esseri umani». Quello che Szijjártó rappresenta non è comunque l unico stato della regione a respingere la politica delle quote che anche a Bratislava, a Praga e a Varsavia è vista in modo sfavorevole. L Unione europea sta studiando una procedura basata proprio sul sistema in questione su scala europea nella prospettiva di superare il regolamento di Dublino e la proposta dovrà essere valutata dal consiglio dei ministri dell Ue la cui riunione è prevista per il 14 settembre. I paesi dell area centro-orientale sono stati criticati da diversi leader occidentali per la loro scarsa propensione a contribuire all accoglienza dei migranti. Il Gruppo di Visegrád, formato da Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia, converge sul rifiuto dell approccio comunitario al problema sempre più complesso degli ingenti flussi migratori che interessano l Europa. Il vertice dei primi ministri del Gruppo, in programma venerdì, promette di essere, dal punto di vista dei governi interessati, l occasione di rinsaldare il fronte del no al sistema delle quote. Stasera il primo ministro Orbán ha in programma una visita a Bruxelles per consultarsi con Juncker e non si esclude che al premier ungherese venga offerta la possibilità di avvalersi di uno schema per i ricollocamenti come nei casi dell Italia e della Grecia. Il lavoro delle diplomazie europee è quindi in pieno svolgimento alla ricerca di un difficile approccio comune al problema. Intanto a Budapest l attesa di fronte alla stazione Keleti continua ed è un attesa sempre più snervante per i migranti e per la capitale i cui abitanti si trovano ad assistere ad uno scenario inconsueto, e del resto il fenomeno ha assunto da tempo proporzioni più che ragguardevoli. L inquietudine diffusasi in città non impedisce comunque l esercizio della solidarietà: ieri di fronte alla stazione è comparso un cartello con scritte in ungherese e in inglese che, tenuto da una ragazza a portata di fotocamere dicevano «Siamo tutti uguali. Anch io sono una migrante», e ieri sera, nel centro di Budapest, ha avuto luogo una manifestazione animata dallo stesso spirito e promossa da Migration Aid, Amnesty International Ungheria e da altre organizzazioni della società civile. BODRUM, UN POLIZIOTTO TURCO OSSERVA IL CADAVERE DI UN BAMBINO SIRIANO AFFOGATO DURANTE IL TENTATIVO DI RAGGIUNGERE KOS IN GRECIA FOTO REUTERS-NILUFER DEMIR-DHA guardare quel corpicino inerme sulla sabbia. Chiudere gli occhi significherebbe essere complici di chi quella morte ha provocato. Il piccolo profugo è stato trovato ieri su una spiaggia della penisola di Bodrum, in Turchia. Da quelle stesse coste era partito a bordo di un barcone diretto in Grecia insieme ad altre 16 persone. Come lui altri sei migranti sono affogati dopo che l imbarcazione ha cominciato a fare acqua ed è affondata. Altri tre bambini e una donna sono morti in un secondo naufragio avvenuto lungo la stessa rotta. Presumibilmente siriani anche loro. Quel bambino steso sulla spiaggia è un vittima, ma c è da scommettere che lo sdegno per la sua morte durerà poco. A Bruxelles infatti si litiga ormai da quattro mesi sui numeri, su quanti profughi ogni Stato deve accogliere. E difficile attuare anche uno straccio di accordo al ribasso che prevede la spartizione tra i 28 di appena 35 mila profughi siriani ed eritrei sbarcati in Italia e Grecia, più altri 20 mila che si trovano nei campi fuori dall Europa. I ministri degli Esteri di Francia, Germania e Italia hanno firmato ieri un documento comune da discutere al vertice che si terrà a Lussemburgo venerdì e sabato prossimi e in cui si chiede di rivedere le regole in materia di asilo e «un equa ripartizione dei rifugiati sul territorio europeo». Siamo ancora a questo punto, che poi era il punto di partenza dell Agenda sull Immigrazione presentata a maggio dal Commissione europea guidata da Jean Claude Juncker. «Siano decisi ad andare avanti con Affogato con altre sei persone mentre cercava di raggiungere la Grecia dalla Turchia. Morti anche altri tre bambini e una donna coraggio e velocità», ha ribadito ieri una portavoce della commissione. Bisognerà veder se lo permetterà l ostruzionismo di Ungheria, Polonia, repubblica Ceca e Slovacchia (che hanno già indetto un controvertice per respingere le quote) e della Gran Bretagna, sempre più determinati nel loro rifiuto ad accogliere i profughi. L unica che per ora si muove è la Germania. Dopo aver annunciato pochi giorni fa l intenzione di accogliere i profughi siriani (anche se poi è tornata indietro sulla decisione di sospendere Dublino), ieri Berlino ha annunciato di essere pronta a modificare la propria Costituzione per renderla più funzionale all accoglienza dei profughi. In particolare è prevista una revisione delle norme che oggi consentono al Bund di finanziare i comuni solo attraverso i Leander, rendendo diretta l erogazione dei fondi e velocizzando così gli interventi. Ma anche maggiori finanziamenti per l accoglienza, la costruzione di nuovi alloggi e l accelerazione delle pratiche per il riconoscimento del diritto di asilo e dei rimpatri per chi vede respinta la sua richiesta. «Non abbiamo tempo da perdere. Su questa questione vanno prese decisioni veloci», ha spiegato il ministro degli Interni Thomas de Maiziere. E vero bisogna fare in fretta, perché è assurdo morire per entrare in Europa. Riccardo Chiari L a Corte di giustizia europea ha bocciato la legge italiana che impone di pagare una tassa fra gli 80 e i 200 euro ai cittadini extracomunitari che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno. «Il costo è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla normativa Ue - segnala la Corte - e può creare ostacoli all esercizio dei diritti». Esultano Cgil e Inca, che sul costo eccessivo della tassa sui permessi di soggiorno avevano promosso un ricorso al Tar del Lazio, poi trasmesso alla Corte europea. «La sentenza non può essere ignorata dal governo italiano - avvertono subito Cgil e Inca - pertanto chiediamo che l esecutivo si attivi subito, riducendo drasticamente il costo per il rilascio e il rinnovo di tutti i permessi di soggiorno, senza aspettare il pronunciamento del Tar che comunque dovrà recepire la decisione del tribunale europeo». Ad essere bocciato è stato il decreto 304 del 31 dicembre 2011 (governo Monti), entrato in vigore il primo gennaio Peraltro la tassa si assomma a tutta una serie di altre spese che i cittadini extracomunitari devono sostenere per ottenere il documento. Il contribuito si aggiunge agli oneri relativi al costo del permesso elettronico (27,50 euro per un permesso di oltre 90 giorni), alla marca da bollo da applicare sul modulo compilato (16 euro), alle spese postali da pagare al momento della spedizione dell assicurata contenente la domanda (30 euro). «Il balzello che va dagli 80 ai 200 euro - riassumono Cgil e Inca - si aggiunge alla tassa precedentemente fissata di 73,50 euro. Ed è significativo che questa sentenza esca mentre l Europa è attraversata da rigurgiti nazionalisti, da chiusure verso i disperati che cercano sicurezza e lavoro, da inaccettabili respingimenti e da provvedimenti di riduzione del welfare che colpiscono in particolare i migranti, anche comunitari. Ancora una volta i provvedimenti della Corte appaiono più avanzati e rispettosi del diritto delle persone rispetto alle stesse politiche europee». Sul piano giuridico, la Corte di giustizia ricorda che «l obiettivo principale della direttiva Ue sullo status dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo è l integrazione». E, sebbene gli Stati membri abbiano un margine discrezionale per fissare l importo dei contributi, «tale potere discrezionale non è illimitato». A questo riguardo, la Corte aveva già sentenziato nel 2012 su una causa fra Commissione e Olanda, segnalando che uno Stato membro dell Ue rispetta la direttiva «solo se gli importi dei contributi non si attestano su cifre macroscopicamente elevate e quindi sproporzionate rispetto all importo dovuto dai cittadini di quel medesimo Stato per ottenere un titolo analogo, ad esempio la carta nazionale d identità». Per la cronaca, l Olanda prevedeva un importo pari a circa sette volte l importo richiesto per la carta d identità. Un documento che in Italia costa oggi 10 euro. Soddisfatti della sentenza della Corte europea anche Sel, per bocca di Arturo Scotto, e gli avvocati dell Associazione studi giuridici sull immigrazione. Furiosa la Lega.

4 pagina 4 il manifesto GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 NIENTE ASILO Venezia «Ci piacerebbe che il Festival facesse proprio il significato di questa protesta. Al Lido ci toglieremo le scarpe, in marcia fino al cuore della mostra» IL REGISTA ANDREA SEGRE. MIGRANTI IN FILA A POZZALLO, IN SICILIA L INIZIATIVA Il regista Segre presenta la manifestazione dell 11 settembre alla Mostra del Cinema «Marceremo scalzi per la vita dei migranti» «Non è un azione contro, ma un modo per sensibilizzare tutti. Fino al cuore della Mostra». Luca Fazio U n idea è solo un idea. Ma se funziona può diventare contagiosa. Altrimenti va bene lo stesso, perché da qualche parte qualcuno dovrà pur cominciare a fare qualcosa. Non si tratta di baloccarsi su facebook con una performance ben riuscita, l obiettivo questa volta è dare voce e corpo a tutti coloro che non riescono a concepire lo straccio di un azione di fronte alla tragedia epocale con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. Non basterà nemmeno un passaggio in diretta su Rai1 dal prestigioso parterre della mostra del cinema di Venezia. L hanno chiamata La Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi: chi ha deciso di stare con i migranti che cercano disperatamente l Europa il prossimo 11 settembre sfilerà «fino al cuore» della mostra. In eurovisione. Senza scarpe. Non è una protesta, è la manifestazione di una esigenza che non trova sbocchi. Ne parliamo con Andrea Segre, regista e autore che spesso ha lavorato sul tema delle migrazioni. Anche lui presenta un film a Venezia, ma non vuole parlarne. Come le è venuto in mente? Direi banalmente. In questo periodo sono stato in Veneto, per tutta l estate ho letto le notizie drammatiche dei naufragi nel Mediterraneo, ne ho parlato con i migranti, con i profughi che frequento e anche con diverse persone che con grande difficoltà stanno cercando di preparare l accoglienza. Queste persone si sentono soffocate da un clima di paura alimentato dai media, ovunque crescono fantomatici comitati per il no, questa situazione provoca molta frustrazione a chi lavora nei territori. Chi sta con i migranti non riesce ad alzare la testa, non ha voce, ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale eppure non si riesce a impostare un discorso che non sia di contrapposizione tra chi è favorevole o contrario all accoglienza. Non è questo il punto. Ho pensato a un gesto semplice con una simbologia chiara ed efficace, camminare scalzi di fronte a una platea importante e internazionale come quella dei festival del cinema. Si tratta di un piccolo gesto da fare insieme con i migranti e i profughi, non cammineranno solo gli uomini di spettacolo che hanno aderito all iniziativa. Ci saranno anche uomini di chiesa, associazioni laiche e tutte le persone che aderiranno. Si stanno preparando marce in altre città. Come si svolgerà concretamente? Avete intenzione di rompere l atmosfera un po paludata della mostra con un gesto eclatante? Vedremo cosa succederà e quanti saremo, ma sicuramente non è un atto di protesta contro il festival. Anzi, ci piacerebbe che la Mostra del Cinema accogliesse e facesse proprio il significato di questa manifestazione. Ci ritroveremo al Lido, ci toglieremo le scarpe e marceremo fino al cuore della mostra. Un gesto semplice. I protagonisti veri saranno i migranti. Non vorrei che questa iniziativa fosse scambiata per un azione simbolica, è un momento di incontro per dare visibilità alle persone che stanno lottando in un momento così delicato per la storia d Europa. SPAGNA Barcellona e Madrid: risorse e strutture per i profughi «Refugiados bienvenidos» L accoglienza per Ada e Manuela Jacopo Rosatelli M entre il governo conservatore del premier Mariano Rajoy frena sull accoglienza dei profughi, i municipi di sinistra mostrano l altro volto della Spagna. Quello solidale. E le differenze fra opposti schieramenti politici, come dovrebbe essere sempre, emergono molto chiaramente. A guidare le città che dicono «refugiados bienvenidos» è Barcellona, la cui sindaca Ada Colau (nella foto reuters) è stata la prima a prendere l iniziativa. La giunta guidata dall ex attivista dei movimenti anti-sfratti ha deciso di creare un «registro dell accoglienza»: tutte le famiglie che intendono dare un aiuto concreto ai migranti ospitandoli a casa propria o semplicemente donando denaro o generi di prima necessità saranno censite e inserite in tale speciale «lista della solidarietà». In questo modo il comune potrà sapere su quante risorse in tutto contare, al di là delle proprie: un buon esempio di come la partecipazione dei cittadini può incontrare virtuosamente l amministrazione. «Non si tratta di carità, l asilo è un diritto umano», ha chiarito il vicesindaco Gerardo Pisarello, che non a caso è un apprezzato costituzionalista molto sensibile al tema dei diritti. Sulla scia della capitale catalana, moltissime altre città del Paese si stanno muovendo per alleviare le sofferenze dei richiedenti asilo. Nella Madrid della sindaca Manuela Carmena si dedicheranno risorse economiche straordinarie all accoglienza, e così faranno tutte amministrazioni comunali guidate dalle forze progressiste: quelle ascrivibili all area di Podemos (come le stesse Barcellona e Madrid, ma anche Saragozza e Cadice), quelle governate dai socialisti del Psoe (come le andaluse Cordoba e Huelva), e quelle di altre movimenti come gli indipendentisti baschi di Eh Bildu (Pamplona, capoluogo della Navarra). Tutte insieme formeranno una «rete delle città accoglienti», che funzionerà da forma di coordinamento e confronto permanente sull emergenza-profughi. A Valencia è mobilitato anche il governo regionale, retto da una maggioranza di «sinistra plurale» formata da Psoe, Compromís (autonomisti progressisti) e Podemos, che ha messo a disposizione i propri mediatori culturali, ma soprattutto che ha chiesto alle banche proprietarie di appartamenti vuoti di metterli a disposizione dei migranti. Ci sono nomi importanti che hanno già aderito? Le adesioni continuano. Ha appena aderito anche Fiorella Mannoia. Mi viene in mente Marco Bellocchio, il suo è un gesto importante perché ha un film in concorso e non sono molti gli artisti che si espongono in questo modo. Ma anche Toni Servillo, un grande attore che non è abituato a manifestazioni di questo tipo. Ci saranno anche diversi esponenti del mondo della cultura e del giornalismo. Faremo il punto domenica prossima alla cena per tutti organizzata a Padova da don Albino Bizzotto. Sono anni che chi sta dalla parte degli uomini scalzi si trova di fronte a una situazione che precipita di giorno in giorno, ormai centinaia di persone annegano nell indifferenza generale. Perché la sinistra non riesce ad organizzare lo straccio di una mobilitazione? Scrivere, girare film, fare convegni, tutto giusto, ma non basta più. Questa decisione di organizzare un azione in qualche modo fisica alla mostra del cinema è certamente una risposta molto parziale per replicare ai drammi di questo movimento migratorio epocale, ma sono convinto che sia importante dare forza, visibilità e prospettive a tutti coloro che nei territori si sentono schiacciati da questa retorica dell invasione e della paura. Anche con un piccolo gesto. Certo le mobilitazioni oggi andrebbero fatte a Calais, a Ventimiglia, al Brennero. Mi auguro che la riuscita di questa marcia possa far scoccare qualche scintilla per ripartire con più forza. La frustrazione c è, è evidente. Anche le produzioni artistiche impegnate di questi ultimi anni non sono riuscite a diventare discorso politico e a mobilitare le coscienze, questo è vero. Penso ai miei film e a un lavoro bellissimo come Io sto con la sposa, grande successo di pubblico e di critica ma nulla di più. Forse per la cultura e per il cinema è arrivato il momento di togliersi le scarpe e cominciare a camminare. Pienamente in linea con il loro leader Rajoy, i popolari di Barcellona hanno criticato le intenzioni della giunta di Colau: «La nostra città non può risolvere da sola i problemi del mondo», ha affermato il capogruppo in consiglio comunale Alberto Fernández Díaz, fratello del più noto e anziano ministro degli interni Jorge, l artefice della famigerata legge anti-proteste che gli spagnoli chiamano ley mordaza (noi diremmo «legge bavaglio»). Due uomini di ampie vedute. E non brillano per empatia e solidarietà nemmeno i centristi (che guardano a destra) di Ciudadanos, nati proprio in Catalogna come partito «spagnolista» anti-indipendenza: quella della giunta barcellonese è, secondo loro, una fuga in avanti «individualista». Ben più apprezzato, evidentemente, è l immobilismo dell esecutivo. Il ruolo del governo spagnolo nella vicenda che sta sconvolgendo l intera Europa è particolarmente negativo: frena sul meccanismo di ripartizione dei richiedenti asilo, che con molte difficoltà sta approntando l Unione europea, e si rifiuta di accettare il numero di persone che le autorità di Bruxelles vorrebbero assegnare alla Spagna (esattamente 5849, in un Paese di 46 milioni di abitanti). «Al massimo ne prendiamo 2739», dicono dal palazzo della Moncloa. Motivo per il quale un gruppo di personalità pubbliche fra i quali l ex direttore di El País Joaquín Estefanía o l ex presidente del Consiglio di Stato Francisco Rubio Llorente hanno sottoscritto un appello che chiede a Rajoy non solo di accogliere tanti richiedenti asilo quanti indica la Ue, ma di aumentare tale cifra «in proporzione alla dimensione della catastrofe umanitaria che si sta sviluppando nel Mediterraneo». NEOFASCISTI A MILANO Anpi a Mattarella «Lo stato vieti questi raduni» A llarmi son fascisti. Lo si sapeva da un pezzo e gridare al lupo al lupo non serve più a niente. E così l antifascismo militante per l ennesima volta si ritrova a giocare sempre di rimessa, appellandosi alle «autorità» affinché evitino il solito provocatorio raduno di vecchi e nuovi fascisti che ormai sono diventati di casa anche in quella che con un po di retorica viene definita «città medaglia d oro della Resistenza». Le posizioni e la capacità di fare politica bisognerà riconquistarsele sul campo, ogni giorno e con nuove pratiche, e non solo quando i fascisti danno una festicciola. I più disinvolti di Casa Pound - «fascisti del terzo millennio» - del resto qui avevano già rotto il ghiaccio lo scorso ottobre, con una scandalosa marcia in piazza Duomo in coda a una grande manifestazione leghista. In sostanza quello è stato il battesimo della leadership politica di Matteo Salvini e mai prima nella storia repubblicana un organizzazione politica di estrema destra aveva sfilato in quel luogo facendo il saluto romano. Ai fascisti lacrimavano gli occhi. Sono dettagli che pesano e segnano un prima e un dopo. Adesso siamo al dopo e ci riprovano, addirittura con una «festa nazionale», a Milano, una provocazione evidente visto che da queste parti non sono mai riusciti a ritagliarsi nemmeno una fettina di agibilità politica. Il raduno si terrà (o dovrebbe) da venerdì 11 a domenica 13 settembre, c è l Expo, c è una giunta ostile, c è pure il derby. Location perfetta. Il luogo del raduno (si parla anche di uno spettacolo di burlesque: sono moderni) è segreto. Ci può essere raduno più indigesto? Sì, se in concomitanza - altri tre giorni nerissimi - Forza Nuova si ritrova al Campo Solare di Cantù, luogo decisamente più avvezzo ad ospitare vecchi e nuovi fascismi. La coincidenza sta scuotendo la sinistra milanese. Ognuno, da par suo, in questi giorni cercherà di mobilitarsi e appellarsi affinché «il settembre nero» venga disinnescato. Il più titolato a farlo è Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell Anpi. Ha già preso carta e penna per scomodare i presidenti della Repubblica, del Senato e della Camera (e il governo) «La concomitanza di due manifestazioni del genere che hanno precedenti ben noti - scrive - indigna e preoccupa chiunque sia dotato di una vera sensibilità democratica». L Anpi promette mobilitazioni ma non basta: «Perché il primo compito e il primo dovere di intervento spettano alle istituzioni democratiche, che devono sapere, e far sapere, che i diritti di libertà trovano un limite imprescindibile nella natura democratica e antifascista del nostro Stato». Questione spinosa, che pone interrogativi di non poco conto anche agli antifascisti più convinti. Smuraglia si attende un «pronto e deciso intervento». Il Comune di Milano, intanto, su iniziativa dell assessore alla sicurezza Marco Granelli, ha ribadito la sua contrarietà alle «manifestazioni con evidenti connotazioni fasciste». A questo punto la palla passa al Prefetto. Deciderà nei prossimi giorni. lu. fa.

5 GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 il manifesto pagina 5 ITALIA Dagli scavi di Pompei a Villa Adriana a Tivoli. Un indagine della Dda di Napoli accende un faro sulle imprese più «fortunate» Adriana Pollice B eni culturali e appalti, un binomio sempre più stretto. In prima fila nel settore c è la Lande srl di Napoli, attiva negli scavi di Pompei e a Villa Adriana a Tivoli, finita però il 20 luglio nel secondo filone dell'inchiesta Medea della Dda partenopea. L indagine riguarda politici, appalti e imprese legate al clan dei Casalesi, fazione Zagaria. Secondo i pm, la società si sarebbe aggiudicata i lavori a Palazzo Teti Maffuccini grazie a funzionari collusi, a cominciare dal sindaco di Santa Maria Capua Vetere. La srl nasce nel 2009 come evoluzione della Giardini e Paesaggi sas, il proprietario è lo stesso, Marco Cascella. Da una piccola realtà che si occupa di verde, oggi è una società con sedi a Napoli, Novara e Tivoli. Guai con la giustizia Lande li aveva già avuti nel 2011 per i lavori nell oasi Ferrarelle di Riardo: violazione delle norme sulla sicurezza, reati ambientali, autorizzazioni mancanti, distruzione e deturpamento di bellezze naturali le accuse della procura. La società lavora anche al terzo valico Tav, a Libarna, tra Liguria e Piemonte. A febbraio 2014, racconta il comitato No Tav, operai della ditta partenopea avrebbero minacciato un attivista: «Al mio paese chi butta giù le reti gli viene tagliata la gola, fanno un buco e lo infilano sotto terra» gli avrebbero detto. Nel 2010 in un interrogazione al senato dell Idv circa gli appalti post terremoto a L Aquila, viene fuori un informativa dei carabinieri in cui si scoprono i rapporti d affari (per il G8) tra Giardini e paesaggi e il consorzio Stabile Novus: amministratore Mario Buffardi, «regista occulto è Antonio Di Nardo al quale fanno capo la Soa e la Promocert. Di Nardo ha avuto rapporti di affari con Carmine Diana, legato a Francesco Bidognetti del clan dei Casalesi». Con questo curriculum la srl vince diversi appalti a Villa Adriana a Tivoli, il cui sindaco è Giuseppe Proietti: amministratore delegato dell Ales, società in house del Mibact, è stato soprintendente alle Antichità di Roma e soprintendente alle Antichità di Pompei, nonché direttore generale alle Antichità d Italia e segretario generale del ministero dei beni culturali. Proietti ha lavorato a lungo a Villa Adriana dove è di casa anche la ditta partenopea. Ad esempio nel 2013 la srl si è aggiudicata un appalto per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle aree verdi, messa in sicurezza del percorso di visita, arredo urbano e opere accessorie per un importo di ,69 euro iva esclusa grazie a un ribasso del 18,39%. La società ha vinto ancora un bando pubblicato a dicembre 2013 e aggiudicato a marzo 2015 per «lavori di conservazione e restauro del complesso architettonico delle cosiddette Piccole Terme e degli Hospitalia» di villa Adriana. L INCHIESTA La connection delle ditte che vincono gli appalti per i Beni culturali Bella Italia e brutti affari Eleonora Martini ROMA S ulla piazza dove il 20 agosto scorso venne immortalata, a beneficio di tutti i media internazionali e assai meno per la capitale d Italia, la carrozza trainata da sei cavalli che trasportava il feretro di Vittorio Casamonica, oggi si riuniranno forze politiche e amministratori, sindaci e governatori, sindacati e associazioni, rappresentanti dell imprenditoria e organizzazioni di categoria per manifestare al mondo, con interventi dal palco montato davanti alla chiesa di San Giovanni Bosco, a Cinecittà, che i clan non hanno in mano Roma. Non staranno in silenzio, come chiedeva il candidato sindaco del centrodestra Alfio Marchini come condizione per partecipare alla manifestazione «Antimafia Capitale: per la Legalità contro le mafie» indetta dal presidente del Pd, Matteo Orfini. Ma si annuncia affollata, dalle 18 in poi, la piazza dove, va ricordato, il 24 dicembre 2006 fu al contrario confinato, non trovando misericordia cattolica, il sobrio funerale laico di Piergiorgio Welby, e proprio nel 33esimo anniversario dell omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Ci sarà il sindaco Ignazio Marino appena rientrato dalle tanto chiacchierate ferie negli States e il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, molti sindaci e amministratori provenienti anche da fuori regione, con le loro fasce tricolori, chiamati a raccolta dal presidente dell Anci, Piero Fassino, l Unione delle Province d Italia, Cgil Cisl e Uil, l Arci, le Acli, la Comunità Sant Egidio e molte associazioni Base d asta ,62 euro iva esclusa: 14 le ditte partecipanti, ogni progetto valutato in cinque punti, sono bastati tre giorni, 12 ore in tutto, per decretare il vincitore. Lande srl (che ha presentato un ribasso del 26,26%) risulta aver avuto il punteggio più alto in tutto: un record. Del resto il criterio dell offerta economicamente più vantaggiosa lascia margini di discrezionalità alla commissione. Tutti i funzionari del Mibact coinvolti nell appalto, a cavallo o dopo l aggiudicazione, risultano aver fatto carriera. La responsabile unica del procedimento, Elena Calandra, a marzo è stata messa a capo della soprintendenza archeologica dell Umbria. La presidente della commissione, Daniela Porro, lo stesso mese è passata a dirigere il segretariato regionale del Lazio del Mibact. A dicembre l architetto Federica Galloni, dalla direzione regionale del Lazio (trasformata dalla riforma Franceschini in segretariato), aveva già fatto il salto alla direzione generale dedicata all Arte contemporanea. La nomina, voluta dallo stesso Franceschini, ha provocato scontento, persino un appello e un interrogazione al senato dei 5Stelle: la carica era già stata assegnata a Francesco Prosperetti, avvisato via telefono e poi, sempre via telefono, scaricato dal ministero. Galloni, secondo le cronache vicina al centrodestra, era finita già nell'occhio del ciclone per aver autorizzato (da sovrintendente ai beni architettonici di Roma) la costruzione di un ascensore al Vittoriano e per aver indebolito il vincolo sul Velodromo capitolino, minato e demolito con tanto di diffusione di polveri di amianto all Eur. Lande srl ha avuto successo anche a Pompei, dove ad aprile (ancora con il metodo dell offerta economicamente più vantaggiosa) si è aggiudicata l appalto per le Regiones I, II, III: «valorizzazione, decoro e messa in sicurezza dei punti di accesso alle domus, sostituzione dei cancelli, delle transenne e degli allestimenti didattici». La sua è stata l unica offerta per un bando da ,71 euro iva esclusa, aggiudicato con un ribasso del 24,9%. Il generale Nistri era stato mandato a sorvegliare il Grande Progetto Pompei per impedire che si infiltrassero le imprese vicine ai clan, invece è stato il parlamentare 5S Luigi Gallo a sollevare ad agosto il caso Lande: «Se vogliamo rilanciare beni culturali e turismo dobbiamo combattere corruzione e cricche che in questi anni hanno ingoiato soldi pubblici, lucrando sulla cultura a discapito dei servizi per i cittadini». Appalti e Beni culturali, binomio d oro dagli anni 90. All epoca Angelo Balducci (protagonista nella cricca dei grandi appalti) era commissario straordinario al teatro Petruzzelli di Bari e i costi della ricostruzione passarono da 23 a 50 milioni. Subcommissario Salvo Nastasi, diventato poi potente dirigente del Mibact, responsabile del settore Spettacolo dal vivo. Nastasi è stato commissario al Maggio Fiorentino, all Arena di Verona e al teatro San Carlo di Napoli, dove i lavori di restauro sono andati alla Cobar spa (che si era già occupata del Petruzzelli) in stretti rapporti con Diego Anemone, altro protagonista della cricca degli affari. Ad agosto Matteo Renzi ha promosso Nastasi vicesegretario generale portandolo a palazzo Chigi. È lui l uomo individuato dal premier come commissario a Bagnoli, per la riconversione dell ex area industriale partenopea. A suon di appalti. Roma/ LA MANIFESTAZIONE INDETTA DA ORFINI DOPO I FUNERALI DI CASAMONICA Con Marino e senza Libera, nella piazza antimafia del Pd Bufera sull assessore dem dei Trasporti, Stefano Esposito, per lo show da ultrà juventino e lo slogan antiromanista. Sel e Alemanno chiedono dimissioni anticlericali o che si battono per i diritti civili. Ma non Libera. L associazione fondata da don Luigi Ciotti ha fatto sapere infatti che non aderirà alla manifestazione «essendo Libera un coordinamento di associazioni, più di 1.600, dove ciascuna realtà è libera di aderire, di costruire i propri percorsi e fare le proprie scelte», si legge in una nota ufficiale. Evidentemente non alberga solo nel M5S e nei FdI, la diffidenza verso un iniziativa che non è stata indetta dopo gli arresti di Mafia Capitale ma all indomani del funerale alla "Padrino" del capostipide dei Casamonica. Libera assicura comunque che non farà mancare il sostegno a chi «si oppone al sistema criminale presente nella Capitale, convinta che "legalità" significhi responsabilità, coerenza e onestà da parte di tutti». Anche Sinistra ecologia e libertà ha annunciato che parteciperà con una delegazione nazionale, a condizione che l occasione non venga strumentalizzata «per larghe intese». Quelle politiche, intendono gli esponenti di Sel, possibili solo - così sembra - in campo calcistico. Il capogruppo in Campidoglio Gianluca Peciola e l ex sindaco Gianni Alemanno sono stati tra i primi, infatti, a chiedere le dimissioni dell assessore ai Trasporti Stefano Esposito (senatore del Pd dal «pessimo carattere», dice chi lo conosce bene, già commissario dem ad Ostia) per lo show da ultrà juventino con annesso slogan anti romanista recitato ai microfoni de La Zanzara, su Radio 24. «Andavo in trasferta a vedere la Juve - ha raccontato l assessore di origine torinese - tante volte ho gridato "Roma merda". Non ricordo più nemmeno quante. Ho fatto anche qualche trasferta a Roma da ultrà. Ho fatto anche delle risse, ho dato delle botte ma soprattutto le prendevo». E ancora: «Se la Roma non vince lo scudetto godo ma sarebbe peggio se lo vincesse la Fiorentina o il Torino. Romanisti rosiconi? Sì, sono anni che si lamentano di partite, linee, palle uscite o non uscite, siamo ancora a Turone. Basta!». Nemmeno Rutelli, da sindaco laziale, o Veltroni da juventino, avevano mai osato tanto. Così, da Alemanno a D Alema la levata di scudi è massiccia. L ex presidente del Consiglio avverte perfino Esposito: «È un sedicente Dalemiano. Gliel ho proibito da molto di definirsi tale...». Solo il capogruppo dem in Campidoglio, Fabrizio Panecaldo, con ironia cerca di ridare il giusto peso alla vicenda e twitta: «Caro stefanoesposito...nun me fà diventà romanista... che sò laziale... E comunque storicamente #juvemerda!». MOVIMENTI Roma, braccio di ferro con la questura sul corteo di domani Alessandro Barile ROMA O ggi e domani Roma sarà attraversata da due manifestazioni rivelatrici. Anzi, per meglio dire, da una prova di forza e da una scommessa. La prova di forza sarà quella che cercherà di mettere in campo il Pd cittadino a piazza Don Bosco, nell estremo tentativo di intestarsi la battaglia legalitaria nel luogo delle polemiche seguite al funerale di Vittorio Casamonica. Una manifestazione cittadina ma di valenza nazionale. Una mobilitazione che chiamerà a raccolta elettori e iscritti del partito, ma non solo: annunciata l adesione anche del possibile candidato alternativo al centrosinistra Alfio Marchini. La scommessa è quella dei movimenti sociali che si percepiscono come le vittime designate del giro di vite legalitario inaugurato dal Prefetto Gabrielli. Una percezione dovuta non solo al recente sgombero dello studentato occupato Degage, ma alle intenzioni del Prefetto di «normalizzare» la città in vista del Giubileo, procedendo allo sgombero di gran parte dei palazzi occupati dai movimenti per il diritto all abitare nel corso del cosiddetto «tsunami tour», quando in un'unica giornata di quasi tre anni fa vennero occupati una decina di stabili nel territorio comunale. Se la manifestazione «pro-legalità» sembrerebbe avere i numeri garantiti dall apparato organizzativo del Pd e dalla copertura mediatica e politica a favore della stretta legalitaria, la scommessa dei movimenti avviene in un periodo di contrazione della partecipazione politica e di attacco senza precedenti sulla questione giustizia. Il sostanziale commissariamento del Comune di Roma, lungi dall aver avviato una lunga campagna elettorale, sembrerebbe aver tolto più di qualche castagna dal fuoco per i soggetti politici cittadini, tutti a loro modo screditati e timorosi del confronto elettorale. Da una parte la manifestazione del Pd rafforza paradossalmente il ruolo di Gabrielli quale vertice della lotta a Mafia capitale; dall altra lascia la sinistra radicale nella scomoda posizione di chi vorrebbe reintrodurre il ruolo della politica nella gestione di una città come Roma, impossibile da amministrare tramite meri provvedimenti burocratico repressivi. Un paradosso che rende il corteo di domani una scommessa tutt altro che alla portata dell attuale forza dei movimenti cittadini, stretti nel complicato ruolo di discernere tra l illegalità della corruzione cittadina e le forzature che essi operano nell ambito della loro battaglia politica quotidiana. Ieri mattina ha avuto luogo la conferenza stampa degli organizzatori della manifestazione sotto la Prefettura, dove si è ribadita la volontà di voler sfilare per le vie del centro cittadino. In tutta risposta, la Questura romana ha escluso, con un comunicato uscito nel pomeriggio, ogni possibile corteo, «dati i disagi che un corteo, che avrebbe attraversato la città per quasi cinque chilometri, avrebbe causato per i cittadini e le criticità per l ordine pubblico». Comunicato a cui sono seguite 40 denunce e 10 «avvisi orali» (ex art.1, provvedimento di pericolosità sociale) verso i manifestanti al corteo seguito allo sgombero di Degage. La questione è tutt ora sospesa, visto anche la tassativa applicazione, sempre da parte della Questura, del protocollo d intesa sulle manifestazioni, che di fatto vieta ogni manifestazione per il centro cittadino che non abbia carattere nazionale e non sia organizzata nei giorni del fine settimana. Un braccio di ferro inconcludente e che sembra avvitarsi su se stesso, uno scontro che invece avrebbe bisogno di momenti di confronto politico per allentare una tensione ormai insostenibile.

6 pagina 6 il manifesto GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 SCUOLA Roberto Ciccarelli S olo in Italia l'assunzione a tempo indeterminato nella scuola peggiora le condizioni delle persone invece di migliorarle. Alla mezzanotte di ieri sui 9 mila docenti precari che hanno ricevuto via mail la proposta di assunzione prevista dalla cosiddetta fase B della «buona scuola» di Renzi ben 7 mila saranno costretti ad emigrare dal Sud al Nord. L'ora attesa da sempre l'hanno passata in famiglia o tra amici, scandendo i secondi, proprio come se fosse Capodanno, davanti al Pc o curvi sugli smartphone. Dopo anni di precariato, e centinaia di chilometri percorsi in macchina o in treno, la lunga veglia ha portato cattive notizie per la stragrande maggioranza dei nuovi assunti. Sulla tratta Taranto-Ascoli Dalla Campania alla Sicilia dovranno trasferirsi entro dieci giorni in Piemonte, Lombardia o Veneto e dovranno pensare a trovarsi una casa, a ripensare il piano delle Un algoritmo decide il loro futuro: assunti a centinaia di Km da casa, se non accettano perdono il lavoro ESODO A mezzanotte del 2 una mail ha raggiunto 9 mila insegnanti, 7 mila emigreranno da Sud a Nord Il Miur Grande Fratello decide la vita dei docenti La prof di 62 anni che dovrà reinventarsi, quella che spenderà lo stipendio per pagare il nido e l affitto spese, partendo da uno stipendio che è uno dei più bassi dei paesi Ocse: 1300/1400 euro mensili. Elena La Gioia, presidente del Comitati insegnanti precari nazionale (Cip), ha denunciato il caso di una precaria di 62 anni di Taranto, assunta a Ascoli Piceno. Nel suo caso la distanza è «solo» di 500 chilometri. L'insegnante sarà però assunta su una materia per la quale è abilitata, ma che nella sua lunga carriera ha praticato solo per due settimane. A una manciata di anni dalla pensione dovrà improvvisarsi. Se rinuncia, perderà il posto. Questo è il ricatto. Sola, con un bambino, a Novara Raggiungiamo al telefono Anna, 38 anni, insegnante di italiano alle superiori a Bari e provincia. Precaria da 9 anni, ha deciso di presentare la domanda: «Non posso permettermi DALLA PRIMA Massimo Villone E dunque il voto popolare può essere l unico strumento utile a manifestare un dissenso che - pur di massa - non riesce diversamente a farsi ascoltare. Ma è uno strumento non facile da utilizzare. Come va formulato un quesito? Bisogna anzitutto considerare che il referendum cancella una legge o parti di essa, non la scrive. E la cancellazione non fa rivivere la legge prima vigente. Questo punto è ormai consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (da ultimo con la sentenza 12/2014). Quindi, l abrogazione lascia un vuoto nell ordinamento giuridico. Per la Corte, taluni vuoti sono tollerabili, altri no e determinano l inammissibilità del quesito. Questo accade quando la legge è essenziale per il funzionamento di organi costituzionali o l attuazione di diritti costituzionalmente protetti, ed è dunque «costituzionalmente necessaria». I principi richiamati sono stati elaborati a partire dalle leggi elettorali, e poi estesi ad altre fattispecie, come la fecondazione assistita, e la riorganizzazione degli uffici giudiziari, per cui la Corte ha dichiarato inammissibili i quesiti in tutto o in parte abrogativi (sentenze 45/2005; 5/2015). Uguale sorte potrebbe toccare a un quesito totalmente abrogativo della legge 107/2015. Il vuoto normativo conseguente probabilmente lascerebbe il servizio scolastico - certo essenziale non meno di quello per la giustizia - privo del fondamento organizzativo indispensabile. E ne verrebbe leso il diritto costituzionalmente protetto all istruzione. Quindi, solo quesiti abrogativi parziali e mirati. Ma anche il singolo quesito va guardato con attenzione. Pensiamo al preside-sceriffo. Se viene ridotto nei poteri con un quesito accortamente indirizzato - ad esempio, alla discrezionalità nelle chiamate - non c è problema. Ma se il quesito, ancorché parziale rispetto alla legge, fosse tale da cancellare la figura del dirigente scolastico o da renderla simulacro del tutto vuoto, l esito potrebbe essere l inammissibilità. Un dirigente in grado di gestire effettivamente l istituto scolastico è pur sempre indispensabile per il servizio. Anche il quesito parziale potrebbe cadere sotto la mannaia della «legge costituzionalmente necessaria». Questa è la tecnica complessivamente osservata dal quesito di «Possibile» sul dirigente, quale che sia poi l opinione sui tempi e i modi dell iniziativa. VERSO L ASSEMBLEA DI BOLOGNA Quesiti parziali e mirati, dunque, che siano - come la Corte costituzionale richiede - chiari, omogenei, univoci. Con questo si intende che su tutte le disposizioni oggetto di ciascun quesito chi vota possa determinarsi univocamente per il sì o per il no. Ogni quesito deve avere un punto focale. Nelle parole della Corte, una «matrice razionalmente unitaria». Quali quesiti? La scelta è politica, ed è la prima da fare. Una volta assunta, si può guardare alla formulazione tecnica. Per la scuola, possiamo ad esempio pensare al preside-sceriffo, all alternanza scuola-lavoro, al bonus scolastico di restare parcheggiata nelle graduatorie ad esaurimento e di non lavorare più racconta Speravo di non rientrare nella fase B, ma nella C. Sperano di continuare a lavorare vicino casa con le supplenze brevi. Purtroppo sono abilitata per il sostegno nelle scuole medie, dove non ho punteggio. Per questo il signor Renzi mi ha mandato in provincia di Novara. Porto con me il mio bambino di 20 mesi, senza il quale non posso vivere, e lascio un marito in lacrime a Bari in una casa appena acquistata con un mutuo. Lo stipendio lo spenderò per l'asilo e l affitto. Rivedrò mio marito a Natale, visto che lavora qui anche la domenica. E pensare che avrei preso il ruolo tra qualche anno lavorando nella mia città come ho fatto fino ad oggi». Referendum, maneggiare con cura Per superare il giudizio severo della Consulta, provare ad allargare il consenso (da formulare con particolare cautela, soprattutto per la possibile interferenza con la finanza pubblica), o altri che l assemblea del 5-6 settembre voglia scegliere. Saggezza vuole che si guardi a quesiti che non siano divisivi nel movimento promotore, e parlino anche al di fuori. Il sapore del corporativismo può uccidere un referendum già nella raccolta delle firme. Mentre va favorito l incontro con movimenti volti a obiettivi diversi, ma potenzialmente sinergici in una comune strategia referendaria (legge elettorale, Jobs Act, ambiente). Al tempo stesso, l iniziativa referendaria non preclude la diversa e autonoma via della questione di costituzionalità sollevata in sede di impugnativa di provvedimenti amministrativi adottati in applicazione della riforma. La scelta di quali quesiti e quando deve considerare sia la raccolta di firme (per sicurezza, ) secondo la legge 352/1970, sia la necessità di portare al voto oltre 25 milioni di italiani. Passaggi non impossibili, ma certo non facili. Soprattutto considerando che Renzi tradurrà ogni referendum in un plebiscito su se stesso e sul cambiamento. Bisognerà trovare parole d ordine chiare, semplici, vicine all animo di chi firma per i referendum, e di chi vota. Il referendum ex articolo 75 era per i costituenti un correttivo marginale in un sistema centrato sulle assemblee elettive e sulla rappresentanza politica. La riduzione degli spazi di democrazia alla quale oggi assistiamo spinge a una nuova stagione, che può trovare nel referendum un punto essenziale del complessivo sistema di checks and balances. La via è già oggi difficile. E capiamo anche meglio quanto sia pericoloso il disegno della riforma costituzionale in discussione in senato, che rende il percorso referendario - a mio avviso - ancora più impervio. Al populismo leaderistico e autocratico dobbiamo contrappore la democrazia dei gufi. INSEGNANTE E ALUNNI IN CLASSE FOTO LAPRESSE La ruota della fortuna C'è anche chi è stato più fortunato alla lotteria dei posti riservati ai prof con la valigia. È il caso di M.R, 38 anni, che andrà a insegnare a Asti e vive in provincia di Alessandria, 60 chilometri appena. «A mezzanotte e un quarto mi sono collegata col batticuore. La prima reazione è stata di gioia. Non resto a casa, ma poteva andare peggio». Due figli di 2 anni e 16 mesi, e dieci anni di precariato, con cattedra a Catanzato, a Novi Ligure. La roulette ha fatto il giro giusto, per fortuna. Non sa ancora dove andrà a insegnare. «Guarderò nei prossimi giorni sul sito dell'ufficio scolastico regionale della provincia, ma è andata». Sei stata nominata! Il racconto della ricezione di queste mail ministeriali ieri è diventato l'occasione di una gigantesca narrazione collettiva che da Nord al Sud, e viceversa, ha riempito le bacheche facebook e i forum dei siti specializzati trasformando la scuola in una sconvolgente puntata del «Grande Fratello». «L aspirante docente ha partecipato alle operazioni di assunzione della fase B è stato nominato», oppure «non è stato nominato», si è letto in maniera alternata sulle timeline. Molti hanno gioito per non essere stati assunti. Per ora. Per i 55 mila docenti aventi diritto l'ora X è rimandata a novembre, tempo per i presidi per approvare i piani dell'offerta formativa, e per il Miur per chiarire il destino dei docenti, candidati seriamente a fare da tappabuchi nell'organico di potenziamento. Insegnanti esperti, con curricula lunghi una quaresima, in alcuni casi riconosciuti esperti di materie filosofiche o scientifiche all'università, temono che al prossimo giro potrebbe andargli peggio. Grandi sono le incognite. Tacere e obbedire. Rinunciare ai diritti acquisiti e pagare di tasca propria affitti e trasporti per continuare a lavorare. Questo è il problema per un'intelligenza diffusa umiliata e punita. «Avessero adeguato l'organico di fatto a quello di diritto le assunzioni sulla materia ci sarebbero state, ma vuoi mettere avere una pletora di insegnanti tappabuchi che i presidi possono mettere a fare quello che vogliono? - scrive M.P. - non sono né migliore né peggiore di altri. Il fatto è che ho delle competenze e una certa esperienza professionale che non verrà utilizzata. Quello che fa rabbia di questa riforma è che anche da un punto di vista neoliberista come quello di Renzi è insensata. Si assumono persone per fare un lavoro che non è il loro». Italia orwelliana Per il presidente del Consiglio- Renzi tutto va bene. «Abbiamo messo fine al precariato ha detto, a rischio di risultare sprezzante c'è chi non è contento perché deve spostarsi di qualche chilometro perché è assunto non quando sperava lui. Stiamo cercando di dare continuità educativa e didattica». E poi, minaccioso: «La legge sulla scuola non è che un inizio». Anche la linea del Miur-Grande Fratello è minimizzare. Per la ministra dell'istruzione Stefania Giannini, in fondo, sono «solo» in 7 mila a emigrare sui 38 mila insegnanti assunti tra fase «zero», «A» e «B», 14 mila sul sostegno. Complessivamente, la mobilità sulle 102 mila assunzioni - uno su due ha meno di 40 anni e l'87,3% è donna - è calcolabile tra il 10 e 15%, tra le 10 e le 15 mila persone. Un dato, secondo Giannini, «fisiologico in un paese molto lungo, con uno squilibrio di posti disponibili». «Se quello che noi stiamo facendo - ha aggiunto - è un fatto su cui disperarsi o festeggiare se non ti coinvolge, viviamo in un altro mondo». Che il governo viva in un altro mondo, è certo. Le assunzioni di ieri sono infatti avvenute «al buio». I candidati hanno accettato una destinazione senza conoscere le graduatorie delle preferenze espresse, ignorando dunque dove chiedere l'assunzione. La beffa è che gli insegnanti assunti in fase C, con un punteggio inferiore, potrebbero ottenere sedi migliori, più vicine a casa. Il caos è all'inizio. Migliaia di persone dipendono dalla cecità di un algoritmo al quale il Miur-Grande Fratello ha affidato il loro futuro.

7 GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 il manifesto pagina 7 POLITICA Andrea Colombo I l repertorio della sceneggiata renziana è da grandi occasioni: il muso duro, quel tanto di bullismo che non guasta. Solo che stavolta il premier non se la prende con la minoranza del suo partito, dove il gioco è facile. Stavolta il bersaglio è addirittura la Ue. «Tutti in ferie a Bruxelles quando si parla d immigrazione, poi quando si parla di tasse si svegliano tutti insieme. Ma le tasse noi ce le abbassiamo da soli: non ci facciamo dire dalla Ue cosa tagliare e cosa no». IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MATTEO RENZI. IN BASSO, VINCENZO VISCO. FOTO LAPRESSE CASA «Le tasse ce le abbassiamo da soli, non ci facciamo dire dall Europa cosa tagliare» Via la Tasi a tutti i costi Renzi: non decide la Ue Il premier alza i toni, ma punta alla trattativa discreta per ottenere altra flessibilità Toni da scontro frontale. Però non vanno presi troppo sul serio. Roma scommette sulla trattativa discreta, non sullo scontro. Mira a convincere con le buone, non a strappare con le cattive. Gli argomenti saranno le riforme già varate, prova se non altro di buona volontà, e soprattutto il rischio che sgambettare il governo in carica a Roma porti a doversela poi vedere con guai ben peggiori. I ruggiti sono a uso interno: servono a dimostrare che al timone c è un ragazzo pronto, se del caso, a sfidare anche i fortissimi. Sulla pietra dello scandalo, il taglio della tassa sulla casa, però Renzi intende davvero tener duro. Non potrebbe fare altrimenti: una volta imbarcatosi nella più berlusconiana delle imprese, la ritirata sarebbe disastrosa. Già ieri un coro folto di esponenti del centrodestra denunciava con larghissimo anticipo il presunto bluff del premier, a partire dall immancabile Brunetta: «Ci fa piacere che Renzi abbia sposato la nostra linea politica, però chiacchiera a vuoto: non ha né i soldi né la base politica per questa detassazione». Quei soldi invece il governo deve a questo punto trovarli ad ogni costo. Renzi il giocatore punta tutto sulla carta che vent anni di berlusconismo hanno dimostrato essere vincente e rilancia: «Italiani, segnatevi la data del 16 settembre: sarà quella del funerale della tassa sulla casa». Con la sola eccezione del titubante ministro dell Economia, può contare sul sostegno dell intero governo. Delrio, sia pur con toni meno rissosi, respinge al mittente le critiche europee, secondo cui l Italia dovrebbe insistere nel detassare le aziende invece di intervenire sugli immobili: «Le tasse sul lavoro abbiamo già iniziato ad abbassare. Tagliare la Tasi è un operazione complementare, non alternativa, e può aiutare la ripresa dei consumi». L Ncd corre in soccorso lancia in resta, con l ex ministro Lupi: «Seguendo le ricette di certi funzionari europei, l Italia sarebbe ancora in recessione. Taglieremo la Tasi perché siamo convinti che porterà benefici a economia, famiglie e imprese». A fronte di questa rumorosa levata di scudi italiana, l Europa reagisce con gelo, affidando una succinta replica alla portavoce della commissione Affari economici Annika Breithardt: «Non abbiamo altro da commentare. Quando avremo maggiori informazioni, con il progetto della legge di bilancio, faremo una valutazione basata sui fatti e sulle nostre previsioni economiche». Anche se i guardiani del rigore evitano di tornare specificamente sul capitolo Tasi, non è un messaggio rassicurante. Per la finanziaria, come sarebbe onesto tornare a chiamarla, il governo dispone attualmente di una decina di miliardi, rintracciabili peraltro con scelte tutt altro che indolori, dal momento che comporteranno non solo gli strombazzati «tagli degli sprechi» ma anche interventi su sanità e pensioni. Ne servono altri 15 nella migliore delle ipotesi, 20 nella peggiore e di gran lunga più probabile. Il classico gioco delle tre carte consistente nel far ricadere sui comuni il peso di ulteriori aggravi fiscali è già stato adoperato troppe volte, e stavolta potrebbe non riuscire. Nelle file del Pd è proprio il sindaco di Torino e presidente dell Anci Piero Fassino a mettere per primo le mani avanti: «Benissimo il taglio della tassa sulla casa, purché ai Comuni restino le stesse risorse garantite da Tasi e Imu». Significa che per Renzi la sola strada praticabile passa per la concessione di maggiore flessibilità da parte dell Europa. Sino al 15 di ottobre, data fissata per la presentazione della legge di bilancio, ruggirà in pubblico, implorerà in privato. DIRITTI Unioni civili, asse Pd-M5S Quelli di Alfano contrari Ma il primo sì trasversale è su un compromesso La famosa «maggioranza trasversale», incubo dei centristi di governo che temono l asse tra il Pd e il Movimento 5 Stelle sul disegno di legge per le unioni civili, si è materializzata ieri mattina in commissione giustizia al senato durante uno dei primi voti sugli emendamenti. È così passata una «premessa» all articolo 1 che riconosce «le unioni civili tra persone dello stesso sesso» come una «specifica formazione sociale». I senatori «alfaniani» del gruppo Ncd-Area popolare, in testa il pasdaran Carlo Giovanardi, si sono astenuti (mossa che a palazzo Madama equivale al voto contrario), mentre i grillini hanno votato a favore. In realtà con nove rappresentanti in commissione il Pd può contare su una maggioranza autonoma, la novità dell appoggio grillini (e anche del rappresentante del gruppo di Fitto, ex Forza Italia) ha un valore tutto politico, e toglie al partito di Renzi ogni alibi nel portare avanti il provvedimento. Tantopiù che il voto di ieri pur essendo contestato dai centristi e dal Forza Italia - che immediatamente hanno preso ad agitare i fantasmi del «matrimonio gay, utero in affitto, bambino come merce ed educazione gender obbligatoria» - rappresenta in realtà un compromesso promosso dall ala cattolica del partito democratico. La nuova formula «specifica formazione sociale» sostituisce quella originariamente prevista nel disegno di legge Cirinnà che parlava di «istituto giuridico originario» e sposta le Unioni civili sotto l ombrello dell articolo 2 della Costituzione (quello che garantisce i diritti dell uomo sia come singolo che, appunto, nelle formazioni sociali) da quello dell articolo 29 (che «riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»). L ostacolo più grande per il disegno di legge resta quello dell ostruzionismo degli alleati di governo di centrodestra. Ieri sono stati votati 9 emendamenti e circa 150 sono stati dichiarati decaduti, ne restano ancora dieci volte tanti. Le votazioni riprendono martedì, il governo ha intenzione di portare la legge in aula prima della sessione di bilancio, che comincia a metà ottobre, ma non prima della riforma costituzionale che è più indietro (riprende l 8 settembre con ancora audizioni) ma che si avvia a scavalcare la commissione per arrivare subito in aula. VINCENZO VISCO Il premier pensa alle amministrative del prossimo anno: ma favorirà i più ricchi, non il ceto medio-basso «Togliere l Imu è uno sbaglio. Elettorale» L ex ministro delle Finanze, piddino critico: «Dall Europa non arriverà altra flessibilità, e la spesa primaria non si può più tagliare: la nostra è già la seconda più bassa in Europa. La sinistra deve pensare al welfare. E può trovare miliardi combattendo l evasione» Fabio Veronica Forcella A Renzi che dichiara che il Pd «non sarà più il partito delle tasse», Vincenzo Visco più volte ministro dell Economia e delle Finanze nei governi di centrosinistra, ricorda che «la sinistra è a favore di un welfare e lo vuole finanziare, la destra ne farebbe volentieri a meno». Quanto ai tagli annunciati, l'economista e presidente del Centro studi Nens teme non ci sia più nulla da tagliare: «Il nostro livello di spesa primaria è il secondo più basso in Europa». Su Padoan è tranchant: «Si è sempre appiattito in modo sconcertante su qualsiasi proposta di Palazzo Chigi». Professore, con la legge di stabilità tornano puntuali le tensioni tra Via XX Settembre e Palazzo Chigi? Finora il ministro dell Economia Padoan si è sempre appiattito in maniera sconcertante su qualsiasi proposta di Palazzo Chigi. Questa volta che dimostra quasi di esistere la considero una cosa positiva. Il problema è che Renzi è un uomo solo al comando e per lui il governo non esiste. Nel merito chi ha ragione? In teoria potrebbe anche avere ragione Renzi quando cerca di sfuggire alla cappa terribile imposta dalla politica economica europea: che è sbagliata, di un austerità ridicola. Il problema, però, è che nessuno lo può fare da solo. E, in particolare, non lo può fare l Italia, il vero malato d Europa, sia dal punto di vista finanziario, sia per i bassi tassi di crescita. Con il debito pubblico che abbiamo, se dall Europa non c è un cambio di rotta noi rischiamo molto. Intanto però, Renzi alza lo scontro con l Europa. Io non credo che Renzi abbia la volontà, ma soprattutto la forza di andare realmente allo scontro con l Europa e dire che l Italia fa per conto suo. Penso, però, che questo dovrebbe preoccupare a livello istituzionale, per il prestigio del Paese all estero. Tutto questo si intreccia con gli sviluppi sulla riforma istituzionale del Senato. Renzi pensa che approvando anche questa riforma potrà portare a Bruxelles lo scalpo degli oppositori. Ma non è quello che serve. Per il percorso di rientro del deficit abbiamo già ottenuto uno 0,4% di flessibilità e adesso, rispetto a quanto già concordato, possiamo contare su un ulteriore 0,1%. In realtà il premier ha già fatto capire di contare su una maggiore flessibilità. È chiaro. Significa che lui vuole restare sotto il 3% di rapporto deficit/pil, ma ben sopra l 1,8% previsto per l anno prossimo. L obiettivo è politico, ed è quello di vincere le elezioni amministrative del prossimo anno, una storia già vista con gli 80 euro. Non è una contraddizione far salire il livello dello scontro con l Europa e pretendere nel contempo più flessibilità? Rientra nel gioco delle parti, ma rischia di essere solo autolesionista. Temo che le aperture che la cancelliera Merkel ha mostrato sul tema dell immigrazione ( diamo una mano all Italia, ndr), preludano, dall altra parte, a un atteggiamento inflessibile proprio sul rigore dei conti pubblici. D altronde, già un anno fa scrissi che non dovevamo chiedere nessuna deroga, nessun decimale di flessibilità, ma rispettare tutti i patti e fare i primi della classe. Dovevamo, invece, nel semestre italiano, porre formalmente il tema di una politica economica europea profondamente sbagliata e da cambiare. Probabilmente, anche tutto questo movimento anti europeista avrebbe preso un indirizzo più serio. Tornando alle tasse, è equo tagliare quelle sulla prima casa a tutti? La sinistra ha sempre pensato che bisognasse tassare più i ricchi che i poveri, quindi più il patrimonio che il reddito. La casa è la componente più rilevante del patrimonio posseduto dalla famiglia in tutto il mondo, non solo in Italia. Quindi tassare la casa significa tassare il patrimonio, tassare il patrimonio vuol dire tassare i ricchi. Non è un caso che i patrimoni, comprese le case, siano molto più concentrati tra chi ha un alto reddito. Togliere la tassa sulla prima casa è una misura che non riguarda i poveri o chi vive in una casa in affitto. Inoltre, c è un problema non da poco. Quale? Non è detto che uno che ha una seconda casa sia più ricco di uno che ha solo la prima casa. Il più delle volte, la seconda, è quella del paesino d origine. Un approccio sbagliato in cui ha creduto anche la sinistra in questi anni. Inoltre, è evidente che la prima casa di un operaio che vive alla periferia di Milano può costare mila euro, mentre la Villa di Arcore milioni. È una cosa folle che vengano trattate tutte e due allo stesso modo. Questa è la strategia di Berlusconi. Ma il problema è che non ho mai visto al mondo un partito politico che si mette a dare ragione al proprio avversario su una cosa sbagliata. Da dove si dovrebbe partire secondo lei per abbassare il carico fiscale? Se non riparte la crescita, l unica cosa che è possibile fare è una seria politica di redistribuzione. Ma per fare questo bisogna far pagare gli evasori. L evasione fiscale dall agenda del governo sembra completamente sparita. Questione di volontà. Io l ho combattuta due volte e senza neanche troppa fatica. Anche su questo c è un qualunquismo italico disarmante. Quando le tasse le pagano solo i lavoratori dipendenti, sono tutti tranquilli. Il problema è il rapporto degli italiani con la legalità, perché l evasione fiscale si lega alla mafia, alla corruzione. Renzi ha detto che il Pd non è più il partito delle tasse. Cosa intendeva? Mi pare una cosa priva di senso. In Inghilterra ai tempi di Blair i conservatori lo accusavano di essere un esponente del partito delle tasse. Lo stesso in America, dove i repubblicani accusano i democratici di essere un partito tax and spend. È una cosa ovvia: la sinistra è a favore di un welfare e lo vuole finanziare, la destra ne farebbe volentieri a meno. La convince la proposta di una flat tax di cui discutono le destre? È una misura già ampiamente sconfitta dalla storia e di cui si è discusso per anni senza arrivare a nulla. È stata adottata solo in qualche paese ex-comunista dove non esisteva un vero e proprio sistema fiscale e dove l hanno improvvisata sulle linee della destra Thatcher-reaganiana. Crede sia stato un errore aver votato misure come il pareggio di bilancio in Costituzione e il Fiscal Compact? In un contesto federale, con un bilancio e una politica federali, sarebbe una soluzione ragionevole. In assenza di questo è stata chiaramente una fuga in avanti. Ci sono margini per ulteriori tagli della spesa? Da due anni la spesa cresce meno del Pil. Oggi il nostro livello di spesa primaria, al netto di interessi e pensioni, è il secondo più basso in Europa. Va bene risparmiare, ma non c è più molto da tagliare. Mentre dalla lotta all evasione quante risorse potrebbero arrivare? Come dice il Rapporto sull evasione fiscale elaborato dal Centro studi Nens, si possono recuperare 60, 70 miliardi.

8 pagina 8 il manifesto GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 EUROPA Teodoro Andreadis Synghellakis A meno di tre settimane dalle elezioni del 20 settembre, il clima politico torna a surriscaldarsi: innanzitutto, ci si domanda quali saranno le mosse del nuovo governo, rispetto agli obblighi imposti dai creditori con i tre memorandum che ha firmato il paese. Secondo quanto riportato da Efimerida ton Syntakton (Quotidiano dei Redattori), gli obblighi e i tagli in questione, imporrebbero decurtazioni alle pensioni tali da far partire il trattamento minimo da 150 euro mensili, per arrivare a un massimo di 600 euro. Inutile sottolineare che si tratterebbe di un duro colpo per il già privatissimo potere di acquisto dei cittadini. Il record negativo di famiglie vicine o oltre la soglia di povertà (la percentuale è del 29%) sarebbe cosi destinato ad aumentare, dal momento che molti nuclei familiari riescono ad andare avanti grazie alla pensione degli anziani. Da parte loro, l ex ministro del lavoro di Syriza, Jorgos Katrougalos e la ex portavoce del governo Olga Jerovassili, hanno smentito con forza che ci sia mai stato un piano per ridurre le pensioni, sostenendo che campagne di questo genere avvantaggiano solo il centrodestra. Ma il quotidiano insiste che i tagli vengono elaborati da un «comitato di saggi» creato proprio da Katrougalos. Nel frattempo, mentre i partiti stanno ultimando le liste elettorali, Syriza deve affrontare un importante problema interno: 37 membri del consiglio centrale della sua organizzazione giovanile si sono dimessi, assumendo una posizione molto critica. «Sosteniamo il voto a liste di sinistra, anticapitalistiche, radicali», in modo che «si possa esprimere il no, sino in fondo», scrivono in un loro comunicato unitario gli ex responsabili della gioventù del partito di Alexis Tsipras. Il riferimento al risultato del referendum del 5 luglio, che chiedeva di non accettare altre politiche di austerità imposte da Bruxelles è palese. Si tratta di sviluppi che possono essere considerati una diretta conseguenza della delusione espressa chiaramente dai greci che appartengono, appunto, alle nuove generazioni, e che speravano, malgrado le difficoltà oggettive, in una rottura netta con il passato. Questa seconda, forte ondata di dimissioni segue l uscita dall organizzazione giovanile di Syriza, dei membri che hanno preferito seguire l ex ministro Lafazanis, nella creazione del nuovo partito anti -austerity, Unità Popolare. A rischio quindi la stessa esistenza della gioventù del partito di Alexis Tsipras. Si sono dimessi 37 membri del consiglio centrale dell organizzazione giovanile del partito: «Sosterremo forze di sinistra, radicali» NELLA FOTO ALEXIS TSIPRAS DURANTE UN INCONTRO D SYRIZA, A DESTRA POROSHENKO CON I MILITARI /LAPRESSE GRECIA Atene smentisce piano per ridurre le pensioni. Sondaggi: Tsipras al 26%, Nd al 25% Syriza, lo strappo dei giovani Jacopo Rosatelli È cominciato il conto alla rovescia in vista delle cruciali elezioni catalane del 27 settembre, e la tensione fra Madrid e Barcellona aumenta sempre di più. L ultima novità che rende ancora più incandescente il clima politico iberico riguarda la Corte costituzionale, organo-chiave per il delicato equilibrio istituzionale del Paese. Il Partido popular (Pp) del premier Mariano Rajoy vuole modificare le norme che ne regolano il funzionamento: in sintesi, vuole affidare alla Corte il potere di sanzionare chi non rispetti le sue sentenze. Con punizioni anche molto pesanti, che vanno dalle multe (salate) fino alla sospensione dalle funzioni per i rappresentanti istituzionali e i funzionari «disobbedienti». Il senso politico della proposta, inquadrata nello scontro in atto sull indipendenza della Catalogna, è facilmente comprensibile: un avvertimento al presidente dell esecutivo di Barcellona Artur Mas, uomo forte della lista secessionista «trasversale» Junts pel Sí («Uniti per il sì»), ma anche un messaggio a tutti i dipendenti dell amministrazione della Generalitat catalana. Il Pp non fa nulla per nasconderlo: nella conferenza stampa di presentazione del disegno di legge, depositato martedì e al voto entro fine mese grazie a una corsia preferenziale, il numero uno dei populares catalani, Xavier Albiol, lo ha detto chiaramente: «Grazie alla nuova legge nessuno potrà dichiarare l indipendenza della Catalogna». Durissime le critiche di tutti i partiti di opposizione, uniti malgrado le differenti idee sull indipendentismo, e anche del principale quotidiano spagnolo, El País, nonostante sia nettamente schierato contro la secessione: «La proposta del Pp danneggia la qualità della democrazia», attaccava l editoriale di ieri. «Una riforma inutile e inopportuna» per Pascual Sala, autorevole ex presidente della Corte. Inutile, perché «tutte le sentenze della Corte sono sempre state applicate, ed esistono già tutti gli strumenti giuridici ordinari per intervenire negli eventuali casi di disobbedienza». E inopportuna, perché «trasformerebbe la Corte in un esecutore della volontà del governo». Il disegno di legge, infatti, prevede che «le parti possano promuovere l incidente di esecuzione per proporre alla Corte le misure necessarie al compimento delle sue sentenze». PARIGI Palazzo in fiamme, 8 morti tra cui due bimbi senegalesi Un grosso incendio, probabilmente doloso, è scoppiato l altra notte in un appartamento di un palazzo di cinque piani in Rue Myrtha 4, XVIII arrondissement, a Parigi. Le fiamme sono divampate nel cuore della notte e nonostante le tempestive chiamate ai pompieri, il rogo è costato la vita a otto persone, tra cui due bambini. Tra gli otto morti, un'intera famiglia di origine senegalese: i due genitori, un figlio di anni e una figlia di 8. L'unico superstite della famiglia senegalese sterminatasarebbe un altro figlio, di 12 anni, che era rimasto a dormire da una zia, in un altro edificio. Un uomo, sospettato di aver appiccato il rogo, è stato fermato dalla squadra anticrimine della polizia. Ad incastrarlo sarebbero stati il suo comportamento sospetto e le immagini della videosorveglianza in cui si vede alle prese con una candela e un accendino. Il sospettato, un parigino di 37 anni - ha detto una fonte al sito di Le Parisien- «è noto nel quartiere e soffre di problemi psichiatrici». Secondo la rete all news i-telè, l'uomo è originario dell Algeria e risiede nella zona. Il ministro dell'interno francese, Bernard Cazeneuve, giunto sul luogo della sciagura nelle prime ore del mattino, non aveva escluso una pista criminale dietro la strage. Mentre il sindaco di Parigi Anne Hidalgo ha precisato che l'edificio andato a fuoco non è «un immobile insalubre ma un edificio in buono stato». I servizi municipali, ha aggiunto, sono al lavoro per «trovare un alloggio alle famiglie che non potranno tornare a casa dopo l'incendio», uno dei più gravi degli ultimi dieci anni nella capitale francese. SPAGNA A 20 giorni dalle elezioni il Pp propone una modifica alle funzioni della Corte costituzionale Rajoy prepara un siluro per Mas «Grazie alla nuova legge nessuno potrà dichiarare l indipendenza della Catalogna» IL PRESIDENTE DELL ESECUTIVO DI BARCELLONA ARTUR MAS /LAPRESSE Traduzione: il governo, che è una «parte» nei processi davanti alla Corte, potrebbe chiedere alla Corte stessa di sospendere Mas («le misure necessarie») se questi si rifiutasse di applicare una sua decisione. Ma cosa significa «non applicare» una sentenza della Corte costituzionale in una vicenda politicamente e giuridicamente complicata come la richiesta di «autodeterminazione» che viene da ampi settori della società Molti stretti collaboratori del leader della sinistra greca invitano i giovani «a riflettere bene, su cosa significherebbe consegnare il governo del paese alle destre, in una fase come questa». Che il momento sia molto delicato, lo testimoniano anche i dati dell ultimo sondaggio della società demoscopica Pulse, secondo i quali a Syriza andrebbe il 26% delle intenzioni di voto, mentre Nuova Democrazia segue a ruota con il 25%. La terza forza politica è il partito neonazista di Alba Dorata (6%), mentre sono alla pari - con il 5% - i comunisti ortodossi del Kke, i centristi del Fiume e i socialisti del Pasok, che si presentano insieme alla piccola formazione Sinistra Democratica. Molti analisti politici obiettano che, come è avvenuto anche a gennaio, il dato di Syriza potrebbe essere stato sottostimato. Ma secondo informazioni giornalistiche, nel caso in cui Syriza non dovesse raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi, si starebbe trattando per arrivare ad una possibile collaborazione con i socialisti del Pasok, guidati da Fofi Jennimatà. Per ora, ovviamente, ogni possibile sviluppo rimane aperto. Quello che è ormai certo, è che il confronto televisivo tra Alexis Tsipras il presidente del centrodestra di Nuova Democrazia, Vanghelis Meimarakis, è stato fissato per il 14 settembre, negli studi della televisione pubblica Ert. A pochi giorni di distanza, si dovrebbe tenere anche il dibattito con la partecipazione di tutti i leader politici, eccetto il capo di Alba Dorata, Nikos Michaloliakos. E i neonazisti hanno già minacciato di occupare gli studi televisivi. Sono in molti a domandarsi, se dopo le elezioni, ci potranno essere degli spazi per una qualche forma di riavvicinamento tra Syriza e i fuoriusciti di Unità Popolare. Il loro leader, Lafazanis, ieri è tornato a smentire «qualsiasi possibilità di collaborazione con forze che sostengano i memorandum di austerità». I punti principali del programma del partito di Lafazanis sono la fine dell austerità e dei memorandum, l annullamento dei tagli a pensioni e stipendi e l aumento dello stipendio minimo. Se per riuscirci, fosse necessario un referendum per l uscita, oltre che dall Euro, anche dall Ue, ha già chiarito che, se andrà al governo, non avrà problemi a promuoverlo. catalana? Questo è il punto delicato. La riforma del Pp apre alla possibilità che una valutazione politica (della maggioranza di governo) circa «il mancato compimento di una sentenza» si trasformi in una decisione giudiziaria (della Corte costituzionale) con pesantissimi effetti politici. Si dirà: ma alla fine decidono pur sempre i magistrati della Corte. Peccato che l attuale maggioranza nel seno del più delicato organo di garanzia del Paese sia di orientamento conservatore, anzi: sia praticamente un emanazione del partito di Rajoy. In Spagna, purtroppo, il sistema di nomina dei giudici costituzionali permette alla forza di maggioranza di impossessarsi della Corte, mettendo gente fidata: cosa che il Pp ha fatto senza alcuno scrupolo. Le forze di opposizione si preparano alla battaglia, cominciando dal contrasto alla procedura d urgenza che il presidente del parlamento (ovviamente del Pp) ha concesso alla riforma. Le intenzioni dei conservatori scandalizzano il leader socialista Pedro Sánchez, che accusa Rajoy di «strumentalizzare le istituzioni a fini elettorali». Difficile dargli torto: il Pp vuole drammatizzare lo scontro per ergersi a difensore unico dell «unità della nazione» e racimolare voti. Contro la riforma anche Ciudadanos, un partito che più anti-indipendenza non ce n è: «Non si fanno leggi ad personam». E per il leader di Podemos Pablo Iglesias, «le minacce non aiutano i cittadini a capire». UCRAINA Ue: sanzioni anti Russia prorogate di altri sei mesi Simone Pieranni S empre - ovviamente - instabile la situazione in Ucraina: gli eventi di lunedì, gli scontri di fronte alla Rada, hanno portato alla luce tutti i punti oscuri della gestione della situazione da parte di Kiev. In primo luogo gli equilibri interni: la forza che la legittimazione politica ha dato ai gruppi paramilitari di estrema destra si è rivelata in tutta la sua potenza. Gli scontri e i tre morti (appartenenti alla Guardia Nazionale, quindi probabilmente altri ex appartenenti ai battaglioni più nazionalisti) che ne sono derivati, dimostrano la capacità organizzativa e militare delle formazioni neonaziste, cui Poroshenko ha dato ampio spazio durante la sua presidenza. In secondo luogo è emerso il dato politico: Poroshenko ha perso per strada pezzi della sua maggioranza. Il partito Radicale di Lyashko, una formazione populista di destra (nelle sue file nelle ultime elezioni si sono candidati rappresentanti di formazioni dichiaratamente neonaziste e ha conquistato terreno dopo essere stato un partito minoritario nella galassia neofascista ucraina) si è sfilato, perché ritiene la legge sulla maggior autonomia del Donbass un regalo a Putin. Poroshenko dunque ha un problema di natura politica: l Europa gli ha chiesto di normalizzare il paese, ma in questo momento non ha i numeri. La clamorosa protesta di Svoboda e camerati, inoltre, ha svelato la realtà su questa fantomatica riforma costituzionale, passata per ora solo in prima lettura. Le modifiche e l autonomia che ne seguirebbe, non piacciono a nessuno. Non è gradita dai nazionalisti, perché in pratica sancirebbe la fine dell unità territoriale ucraina, non piace alle regioni del Donbass perché le figure cardine della riforma sarebbero i prefetti, strumento di controllo direttamente nelle mani di Poroshenko. Ad ora le cose stanno così: secondo il progetto che sarà esaminato in seconda lettura dal parlamento di Kiev, la nuova costituzione dovrebbe prevedere esplicitamente lo status speciale solo per la capitale. Come specificano gli stessi attivisti della Majdan nel loro sito, «il lato più controverso della modifica costituzionale è l articolo 18 a proposito delle disposizioni transitorie». Ma i punti in discussione sono ancora tanti, troppi, non ultimo quanto richiesto dall accordo di Minsk (che prevede amnistie e confini stabiliti). Nel frattempo l Europa dopo aver strozzato la Grecia e dispensato aiuti a Kiev, ha ribadito le sanzioni contro la Russia. Nell incontro tra gli ambasciatori svoltosi ieri, è stato raggiunto l accordo tra i 28 rappresentanti permanenti dei paesi Ue per la proroga per 6 mesi delle sanzioni europee contro individui e società russi e delle repubbliche del Donbass nell Ucraina orientale in scadenza il 15 settembre. Le sanzioni (congelamento dei beni e divieto di viaggio) riguardano 150 persone e 37 società attive nella «destabilizzazione» dell Ucraina. Infine, il ministro della giustizia russa, Alexander Konovalov, ha specificato di ritenere possibile uno scambio tra la «top gun ucraina» Nadia Savchenko e il regista ucraino Oleg Sentsov, la prima sotto processo e il secondo già condannato a 20 anni per terrorismo in Russia, con cittadini russi arrestati nel Donbass. «Questa opportunità esiste sia sulla base degli accordi e delle convenzioni bilaterali, sia di canali diplomatici».

9 GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 il manifesto pagina 9 INTERNAZIONALE ISRAELE/USA Congresso, Obama trova il quorum per il sì all intesa di Vienna Bibi fa cilecca sull Iran Michele Giorgio GERUSALEMME F urono 25 le standing ovation che lo scorso 3 marzo il Congresso Usa tributò a Benyamin Netanyahu. Un applauso infinito all attacco frontale portato dal premier israeliano in terra americana al presidente Barack Obama "colpevole" di avere scelto di non continuare lo scontro con l Iran e di arrivare all accordo internazionale sul programma nucleare di Teheran, siglato a metà luglio a Vienna. Il premier israeliano ha mobilitato i suoi tanti alleati negli Usa, la potente lobby filo-israele Aipac, le associazioni cristiane sioniste e molti altri, nel tentativo di silurare l approvazione, con un voto previsto questo mese, delle intese di Vienna. Sei mesi dopo quelle 25 standing ovation è proprio Netanyahu a subire la sconfitta umiliante che avrebbe voluto infliggere ad Obama. Il Congresso non gli permetterà di affondare le intese con l Iran. Ieri la senatrice Barbara Mikulski, con una decisione destinata a passare alla storia, ha annunciato il proprio sostegno all Amministrazione, garantendo al presidente l ultimo voto necessario per mettere al sicuro l intesa con Teheran. Si tratta del 34esimo voto a favore in Senato. Un numero sufficiente per impedire ai repubblicani di aggirare il veto presidenziale a una bocciatura dell accordo da parte del Congresso, per cui Annunciate pesanti misure repressive contro i palestinesi che attaccano con pietre i coloni servirebbe la maggioranza in Aula dei due terzi. «Nessun accordo è perfetto, specialmente se negoziato con il regime iraniano, ma questa è la migliore opzione disponibile per impedire a Tehran di avere una bomba nucleare», ha dichiarato Mikulski usando parole pronunciate tante volte da Obama per persuadere proprio Netanyahu e tutti quelli che si oppongono all accordo. Ora l Amministrazione Usa proverà a raccogliere l appoggio di 41 dei 46 senatori democratici, per bloccare il voto contrario del Congresso all accordo ed evitare ad Obama di dover ricorrere al veto, un eventualità che metterebbe in imbarazzo la Casa Bianca con i partner internazionali. La maggior parte dei parlamentari americani i Repubblicani tutti - si oppongono all accordo e alla revoca delle dure sanzioni economiche che l Iran ha dovuto affrontare in questi anni. Tuttavia, almeno per il momento, soltanto due senatori democratici si sono espressi contro l intesa, Chuck Schumer e Robert Menendez, e con loro una manciata di democratici alla Camera. Tuttavia più i Repubblicani si mostreranno compatti nell attacco ad Obama, prevedeva ieri sul quotidiano Haaretz Peter Beinart, tanto più i Democratici sceglieranno di non RAGAZZI PAALESTINESI FRONTEGGIANO L ESERCITO ISRAELIANO, A DESTRA BEJIAMIN NETANYAHU /LAPRESSE ostacolare la politica estera del presidente e compagno di partito. L alleanza di ferro che Netanyahu ha stretto con i repubblicani, notava l editorialista di Haaretz Peter Beinart, sta avendo riflessi negativi sulle capacità della lobby filo israeliana Aipac di attirare esponenti politici liberal e progressisti. «Credo che il modo più veloce per arrivare ad una vera e propria corsa agli armamenti in Medio Oriente sia quello di non ratificare questo accordo», ha commentato in un intervista il segretario di Stato John Kerry. «Senza questa intesa l Iran ha già chiarito quale sarà la sua direzione - ha precisato - Non c è una singola frase o paragrafo in tutto l accordo che dipende dalle promesse o dalla fiducia. Nessuna. Con l accordo il mondo è più sicuro». Netanyahu da parte sua non ha commentato le notizie che giungevano dagli Stati Uniti. Il disappunto però deve essere stato forte, considerando l impegno profuso dal premier che fino a poco fa cullava il sogno di infliggere, nel cuore del sistema politico ed istituzionale americano, una batosta clamorosa allo scomodo alleato Obama. Si è fatto sentire invece su questioni interne, annunciando pesanti misure repressive contro i palestinesi che attaccano con pietre e molotov le automobili dei coloni israeliani e i veicoli dell esercito che transitano nella Cisgiordania occupata, incuranti del recente inasprimento delle pene (fino a 20 anni di carcere) per chi scaglia sassi. Il primo ministro ha ordinato di aumentare in modo massiccio la presenza di polizia e guardia di frontiera a Gerusalemme e lungo la strada 443, che in parte corre all interno della Cisgiordania. E sta valutando, scrivevano ieri i media israeliani, anche di allentare le regole d ingaggio in modo da permettere ai soldati di fare subito fuoco, senza esitazioni, contro chi lancia pietre o bottiglie molotov. «La nostra linea - ha spiegato Netanyahu- è tolleranza zero». E si può essere certi che sarà davvero così, non come la «tolleranza zero» che il premier aveva proclamato un mese fa nei confronti degli estremisti di destra israeliani responsabili del rogo nel villaggio di Kfar Douma in cui è arso vivo il piccolo palestinese Ali Dawabshah e ha trovato la morte suo padre Saad. Chiara Cruciati D opo l Iraq, anche gli sciiti siriani scendono in piazza. Non per chiedere servizi come a Baghdad ma per premere sull acceleratore della risposta governativa alle opposizioni islamiste. Martedì e ieri si sono tenuti sit-in a Damasco, Aleppo e Homs: in centinaia hanno fatto appello all esercito perché rompa l assedio sulle città sciite di Kafraya e Foa, occupate dall Esercito della Conquista, coalizione di milizie islamiste guidata da al-nusra. A Damasco i manifestanti hanno marciato verso l aeroporto, ad Homs hanno bloccato alcune strade annunciando di volerci restare fino a quando il doppio assedio non sarà vinto. Un assedio brutale: manca tutto - medicinali, acqua potabile e cibo - mentre missili piovono sui 40mila civili intrappolati. Tanto brutale da far muovere l Iran che ha tentato di negoziare un cessate il fuoco con uno dei gruppi coinvolti, il salafita Ahrar al-sham, sotto la supervisione turca. Il negoziato si era allargato a Zabadani, città contesa tra islamisti e il fronte Damasco-Hezbollah: Ahrar al-sham avrebbe accettato di spostarsi verso Idlib, controllata da al-nusra, dietro la garanzia del governo siriano di non attaccare i miliziani in ritirata. Ma dopo due giorni il dialogo è collassato e la battaglia ripresa: il 90% di Zabadani è oggi sotto il controllo delle due forze sciite, ma Hezbollah preferisce non cantare vittoria e ieri ha smentito le voci di una presa definitiva della strategica comunità al confine con il Libano. La risposta dei qaedisti è arrivata subito. Non a Zabadani ma a Kafraya e Foa, dove si è intensificato il lancio di razzi contro i civili. È arrivata anche a Latakia, roccaforte del presidente Assad, fin dall inizio della guerra civile saldamente in mano a Damasco: ieri un autobomba esplosa davanti ad una scuola ha ucciso almeno 10 persone e ne ha ferite 25. Per ora nessuno ha rivendicato l azione ma gli ultimi mesi Latakia ha assistito all avanzata, intorno alla città, BEIRUT 28 rinvio per il nuovo presidente libanese Nuovo niente di fatto per l elezione del presidente della Repubblica in Libano, ieri, a dimostrazione della paralisi politica denunciata dai giovani del movimento YouStink (tupuzzi), che continuano a manifestare contro la drammatica gestione dei rifiuti a Beirut. Ieri per la 28esima volta è mancato il quorum per eleggere il successore di Michel Suleiman, il cui mandato è scaduto il 25 maggio del Il presidente dell'assemblea, lo sciita Nabih Berri, ha convocato una nuova votazione per il 30 settembre. La nuova brutta figura del Parlamento arriva il giorno dopo l occupazione, e lo sgombero con la forza, degli uffici del ministro dell Ambiente Mohammed Machouk, di cui il movimento YouStink chiede le dimissioni. Il ministro ha definito i giovani attivisti «rivoltosi» e «infiltrati», chiamando in causa il Qatar quale possibile finanziatore. La verità è che il movimento si sta radicando nella società libanese stufa di una classe politica litigiosa e corrotta. Un endorsement al movimento viene dallo scrittore Elias Khoury che, intervistato da L Orient Le Jour, sentenzia: «I cittadini ne hanno abbastanza di un sistema confessionale che copre il furto di denaro pubblico». LIBIA León vede i rappresentanti di Tripoli a Istanbul Governo, solo Tobruk pronta Bomba a Bengasi, 5 morti Giuseppe Acconcia S iamo a un passo dalla formazione di un governo di unità nazionale tra le due fazioni libiche di Tripoli e Tobruk. Circola già la lista dei dodici ministri che il parlamento della Cirenaica avrebbe proposto al mediatore delle Nazioni unite, lo spagnolo Bernardino León. Tra loro figurano Abou Bakr Baera, strenuo difensore del federalismo libico e capo delegazione nei colloqui di Skhirat in Marocco; Aref El Nayed, ambasciatore libico negli Emirati arabi uniti e Abdel Rahman Shalkam, ex delegato alle Nazioni unite. Nel possibile futuro esecutivo si annoverano anche vari ex uomini di Gheddafi, come l ex premier Jadallah Azuz al-talhi, l ex ministro degli Esteri, Abdulrahman Shalgam, e l ex ambasciatore libico in Giordania, Mohamed al-minifi. L incarico di vice-premier andrebbe a una donna: l attivista Amal Al-Taher Al-Haj. Non mancano neppure esponenti della debole società civile libica dall ex vice-presidente del Consiglio nazionale di transizione, Mustafa al-huni, agli attivisti, Aref Nayed, ambasciatore libico negli Emirati, Nabil al-ghadamsi e Mohamed Ibaid, con solidi legami con i giovani egiziani pro-militari (ex Tamarrod). L ex agente Cia, Khalifa Haftar, ha voluto inserire anche SIRIA Cittadini delle enclave sotto assedio protestano per la penuria di cibo e medicine Al fianco di Assad sciiti in piazza e russi sul campo MILIZIANI DI AL NUSRA /LAPRESSE degli uomini di al-nusra. Il braccio siriano di al Qaeda è altra cosa rispetto allo Stato Islamico, diversi gli obiettivi e parzialmente diversi i nemici: se il sedicente califfato ha mire transnazionali, al Nusra ha un altro scopo. Come le opposizioni siriane, intende scalzare il governo Assad e prenderne il posto. Per questo gli scontri con l esercito siriano sono strutturali e frequenti. Chissà se è questo il ragionamento dell ex direttore della Cia, David Petraeus, travolto dallo scandalo dell attacco all ambasciata Usa di Bengasi. Nonostante la pubblica gogna, l ex generale non disdegna di elargire consigli ad Obama: reclutare membri di al-nusra in chiave anti-isis. «Alcuni miliziani, individui, si sono arruolati per ragioni opportunistiche più che ideologiche, vedono al-nusra come il cavallo vincente, in assenza di alternative credibili. Bisogna convincere i "ragionevoli" a lasciare al-nusra per allinearsi alle opposizioni moderate contro Isis e Assad». Una simile proposta si fonderebbe sull esperienza dell ex generale che in Iraq lavorò per reclutare milizie sunnite in chiave anti al Qaeda. Ora l equazione si ribalta, con i qaedisti a fare da piede di porco per vincere le resistenze del governo. Perché, nell assordante assenza di strategia da parte statunitense e con i gruppi moderati incapaci di prevalere sul campo di battaglia, è quello l obiettivo Usa: far fuori Assad. Dall altra parte del fronte, al fianco del presidente, resta l Iran e - secondo i media israeliani - ancora la Russia. Secondo la stampa di Israele e fonti militari Usa sentite dal Daily Beast, però, la Russia si è spinta oltre: avrebbe aperto basi militari permanenti fuori Damasco e inviato migliaia di soldati e piloti di jet per combattere Stato Islamico e gruppi anti-assad. Mosca (che da settimane ha aperto alle opposizioni moderate) smentisce la notizia. Se confermata (difficile pensare che gli Usa non ne siano al corrente), segnerebbe l ingresso della Russia nella coalizione e un obbligata revisione dei rapporti tra Washington e Damasco. O la definitiva rottura tra le due super potenze. BERNARDINO LEÓN /FOTO LAPRESSE il suo braccio destro, Abdulsalam Abdaljalil. Altra nomina per rappresentare Tobruk come il legittimo rappresentante dei gheddafiani e dei rivoltosi libici è quella di Dow Budawia: esponente della tribù dei Warshefana, sostenuto da Mahmoud Jibril, ex primo ministro ad interim del governo provvisorio. Come è spesso emerso dagli intricati meccanismi di potere della Libia post-gheddafi, né l una né l altra fazione può essere identificata come espressione di un autentica transizione democratica, realmente lontana da affiliazioni terroristiche o legami stabili con i miliziani. Al contrario Tobruk e Tripoli sono sempre più un sottoprodotto delle due milizie che si combattono più aspramente per la spartizione del territorio: Misurata che patteggia, insieme ai miliziani Fajr (Alba), per Tripoli grazie al sostegno del Qatar e dei fuorilegge Fratelli musulmani egiziani; e Zintan che soccorre i deboli militari di Tobruk foraggiati da armamenti e sostegno diplomatico dal Cairo. Eppure perché si concretizzi una parvenza di intesa tra le parti manca sempre il via libera di Tripoli. Nei giorni scorsi è emerso uno scontro aspro nella delegazione della Tripolitania a Ginevra, conclusosi con il forfait del capo-negoziatore. Bernardino León, ormai consapevole della necessità che all'intesa definitiva venga apposta anche la firma di Tripoli, dopo un primo accordo dimostratosi inutile a cui avevano dato il loro assenso solo i parlamentari di Tobruk, ha cercato di correre ai ripari. Il mediatore Onu è volato ad Istanbul per incontrare singoli parlamentari di Tripoli. E ha parlato di «risultati tangibili». «Abbiamo avuto una discussione franca e aperta, con diverse osservazioni e commenti», ha aggiunto León. L'inviato Onu vorrebbe che si arrivasse ad un'intesa entro il 10 settembre che venisse ufficializzata non oltre il 20 ottobre. Intanto domani riprendono i round negoziali di Ginevra. Pare chiaro ormai che anche i parlamentari tripolini vogliano che l'intesa si concretizzi per due motivi. Prima di tutto, lo scopo è di escludere definitivamente un intervento armato, come auspicato dal Cairo e da Haftar che andrebbe a favore di Bengasi e potrebbe annientare il Congresso tripolino. In secondo luogo, una missione di peace-enforcement a guida italiana, con truppe inglesi, francesi e spagnole, che prenderebbe il via non appena l'intesa venisse ufficializzata con il pretesto di fermare i contrabbandieri che fanno affari sui migranti e dare respiro al mercato petrolifero, è vista di buon occhio se non richiesta a gran voce da Tripoli. Sirte e Bengasi continuano a essere città fantasma. Nella città natale di Gheddafi continuano a spadroneggiare i sedicenti seguaci dello Stato islamico. I jihadisti avrebbero ottenuto anche rinforzi di combattenti nigeriani affiliati a Boko Haram. A Bengasi invece non si fermano le esplosioni in un contesto di completa distruzione. Cinque soldati, tra cui due comandanti delle forze speciali libiche, sono morti nell esplosione di un ordigno in un quartiere meridionale del capoluogo della Cirenaica. L attacco è stato confermato dal portavoce dell'esercito di Tobruk, Miloud Zouai.

10 pagina 10 il manifesto GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 CULTURE BEN PASTOR Guido Caldiron M artin Bora è un eroe improbabile. Un detective-soldato che da ufficiale dell intelligence della Wehrmach, l Abwehr, indaga su crimini ordinari mentre intorno a lui ha luogo il più terribile omicidio di massa della storia d Europa. Aristocratico, colto, militare per tradizione più che per scelta, nazista riluttante all ascesa al potere di Hitler, si trasformerà progressivamente in un oppositore del regime mano a mano che l ideologia nazionalsocialista manterrà le sue promesse di morte dando il via alla pulizia etnica e alla «Soluzione finale» nei territori occupati dalle armate tedesche. Dalla Guerra di Spagna, dove dovrà indagare sull assassinio di Federico Garcia Lorca compiuto dalle milizie fasciste, fino all arresto da parte delle SS sul finire del 1944 per il sospetto di aver aiutato alcuni ebrei italiani, Bora ha fin qui consumato in una decina di inchieste che accompagnano la genesi, lo sviluppo e l esito della Seconda guerra mondiale, le sue sorti personali insieme a quello dell intero continente. Ripercorrendo, ma nell inedita prospettiva dei canoni del romanzo poliziesco, luoghi divenuti tristemente celebri per battaglie e stragi, ha incontrato personaggi storici realmente esistiti e fatto emergere anche le ferite interiori che il conflitto porta inevitabilmente con sé, fino a definire una sorta di rilettura in chiave noir degli eventi bellici e delle loro conseguenze. Contraddittorio testimone delle pagine più tragiche del Novecento, sospeso tra gli obblighi propri al «mestiere delle armi» e l irriducibilità della sua coscienza di uomo, quello creato dalla scrittrice Ben Pastor, italiana da moltissimi anni trasferitasi negli Stati Uniti, è forse uno dei personaggi più intriganti e bizzarri apparsi nel giallo dell ultimo decennio. Una figura che può suscitare sentimenti contrastanti, ma che, in ogni caso, non può lasciare indifferenti. «L uomo giusto nella divisa sbagliata», questa la definizione di Martin Bora da lei offerta alcuni anni fa. Perché scegliere proprio un ufficiale della Wehrmacht come protagonista di una serie di romanzi gialli? SCAFFALI La magica Praga e la strada verso Itaca Di formazione archeologa, Maria Verbena Volpi ha lasciato il nostro paese già negli anni Settanta per trasferirsi negli Stati Uniti, paese di cui ha acquisito la cittadinanza e dove, dopo il matrimonio con un ufficiale dell aviazione militare di origini basche, da cui ha mutuato il cognome Pastor, ha insegnato Scienze sociali in diverse università e collegi delle forze armate. Dopo aver abitato in Texas e nel Midwest, vive da alcuni anni nel Vermont, nell estremo nord del paese, «quattro ore a nord di Boston e ad un ora a sud del confine canadese» come ha scritto lei stessa. Accanto all attività accademica, si dedica da molti anni al giallo storico, pubblicando storie ed interventi sulle principali riviste dedicate alle letteratura poliziesca, come l «Alfred Hitchcock s Magazine», «The Strand Magazine» e l «Ellery Queen s Mystery Magazine». Scritte tutte in inglese, inizialmente per il mercato americano, le indagini di Martin Bora debuttano nel 2000 con il romanzo «Lumen», cui seguiranno, fino ad oggi, «Luna Bugiarda», «Kaputt Mundi», «La canzone del cavaliere», «Il morto in piazza», «La Venere di Salò», «La Morte, il Diavolo e Martin Bora», «Il signore delle cento ossa», «Il cielo di stagno» e «La strada per Itaca» (2014), per il momento ultimo capitolo della serie che deve protagonista l ufficiale tedesco, pubblicata come buona parte dei precedenti da Sellerio. Pastor è autrice anche di quattro romanzi ambientati nel IV secolo d.c. e «I misteri di Praga» e «La camera dello scirocco», che, sempre in chiave noir, raccontano l Europa centro-orientale alla vigilia dello scoppio della Prima guerra mondiale e in particolare le atmosfere della Praga magica e il mondo perduto della cultura ebraica della Mitteleuropa che il nazismo cercherà in seguito di spazzare via. (G. C.) La resistenza al nazismo e la denuncia della «soluzione finale» passa per il noir. Un intervista con la scrittrice di origine italiana, autrice di una fortunata serie pubblicata da Sellerio che ha come protagonista un ufficiale della Wehrmacht tedesca Il sangue pesto di un uniforme Mia madre era ebrea. Ho un debito verso quella generazione che ha pagato prezzi altissimi e anche con la vita l opposizione al fascismo Ci sono due modi, complementari, per rispondere a questa domanda. Da un lato, se si guarda al panorama della letteratura poliziesca internazionale è raro incontrare personaggi di investigatori che abbiano una qualche peculiarità che li distingua gli uni dagli altri: da questo punto di vista, la figura di un ufficiale tedesco della Seconda guerra mondiale può fare la differenza. D altra parte, ed è questa la ragione che mi sta più a cuore e che è risultata determinante quindici anni fa quando ho scritto il primo libro con Bora come protagonista, è una sorta di sfida. Volevo creare un personaggio che si muovesse lungo il confine incerto tra obbedienza e morale, la cui divisa evocasse il «male assoluto» del Novecento, ma che potesse incarnare proprio per questo anche la possibilità che i singoli hanno sempre di fare scelte controcorrenti, fino a mettere a rischio la propria vita per salvare quella degli altri. Martin Bora è infatti un soldato tedesco che, per quanto gli è possibile, si oppone al nazismo. Il profilo di Bora è ispirato esplicitamente ad un personaggio storico reale, quel Claus von Stauffenberg che fu, insieme al altri ufficiali di alto rango, tra i responsabili del fallito attentato contro Hitler del 20 luglio del Cosa l ha colpita di più nella vicenda di quest uomo che pagherà con la vita il suo tentativo di eliminare il führer? Una sorta di paradosso. Scrivendo da sempre di soldati e di temi come la guerra e la vita militare spesso presentati come appannaggio di un universo maschile, mi sono infatti resa conto che von Stauffenberg, e ancor di più Bora, hanno molto a che fare con l idea della «resistenza dall interno» inscritta invece nell universo femminile. In questo caso, sono uomini che cercano di stravolgere o di far crollare dall interno un sistema oppressivo basato sulla violenza e sulla repressione, facendo ricorso ad un lavoro paziente e quotidiano, all arte di minare giorno dopo giorno le basi stesse della dittatura. CeNella realtà storica von Stauffenberg inseguì anche l exploit violento, ma non ebbe fortuna. In nessun romanzo Bora prenderà parte all attentato contro Hitler, sfortunata testimonianza della piccola opposizione al nazismo che era cresciuta fin nei vertici dell esercito tedesco. Preferirà proseguire con dedizione l opera di resistenza interna che era stata propria anche di quei congiurati, poi tutti uccisi per ordine di Hitler. Bora si muove all interno di un apparente dicotomia tra la fedeltà al suo giuramento e i richiami della sua coscienza. L ufficiale indaga su crimini a prima vista banali mentre intorno a lui si celebra l assassinio di massa: l apparente distanza con l orrore gli consente di denunciare l Olocausto. Di romanzo in romanzo la sua opposizione al nazismo si fa più concreta... È questo il cuore del personaggio, il centro della tensione morale che lo muove e che si farà sempre più lacerante mano a mano che la guerra e i suoi orrori avanzano. Volevo descrivere esattamente questa condizione: una persona che ha giurato, un soldato che ha delle regole a cui attenersi e allo stesso tempo però si considera libero da tali regole quando si pone ad un livello più alto, sul piano della giustizia e dell etica. In questo senso, Bora è combattuto, deve misurarsi con la necessità di disobbedire agli ordini e con l indifferenza o incapacità di prendere una posizione costi quel che costi. È un idealista che paga perciò cara ogni sua decisione, ma proprio per questo le sue scelte, in controtendenza rispetto all epoca e alla divisa che indossa, sono più sofferte rispetto a chi non si è trovato mai a dover decidere tra il bene e il male. Allo stesso modo testimonia il valore di quella cultura tedesca, che era spesso anche ebraica, che la guerra e il nazismo sono quasi riusciti a cancellare. Bora è un testimone di un alternativa morale che gli eventi resero vana. In uno dei romanzi della serie di Bora, «Luna bugiarda», lei si definisce come una ragazza degli anni Cinquanta che attraverso i suoi libri ha pagato per certi versi un debito alle tante domande rimaste inevase legate alla propria storia familiare e a quell Italia del secondo dopoguerra che sembrava avere fin troppa fretta di dimenticare le tragedie patite e di cui era stata protagonista. La mia parte europea, tutto ciò che ho vissuto prima di trasferirmi negli Stati Uniti e iniziare un nuovo capitolo della mia vita, è ben conscia di dovere molto a molti: alla mia famiglia ma anche ai tanti che hanno pagato con la prigionia e con le loro sofferenze il prezzo della nostra libertà. Mia madre veniva da una famiglia di ebrei, abbiamo avuto anche un parente ucciso alle Fosse Ardeatine. Perciò è vero che come poche altre generazioni in passato, la mia ha davvero un grosso debito nei confronti di quella che l ha preceduta; un debito che non sarà facilmente pagato, possiamo solo illuderci di poterlo fare. Quanto alla mia esperienza di vita negli Stati Uniti, scrivo ormai da molti anni in inglese e il contesto letterario in cui mi muovo è profondamente anglofono. Mi sembra di poter affermare che gli Stati Uniti sono riusciti a venire a patti in maniera molto interessante con le lacerazioni della guerra. Penso per esempio alla Guerra di Secessione che per gli americani, malgrado siano passati oltre 150 anni, è storia di ieri come illustrato dalle recenti polemiche sull uso della bandiera confederata in alcuni stati del vecchio Sud. Eppure, malgrado la ferita fu profonda e segnò in modo determinante lo sviluppo del paese, negli Stati Uniti, senza rinunciare alle ragioni degli uni e ai torti degli altri, con quella memoria si è fatto i conti. Una cosa che non è accaduta in Europa, e nel nostro paese, a proposito della Seconda guerra mondiale. Tra i suoi riferimenti letterari lei cita spesso Simenon e si ha in effetti l impressione che, sull esempio dello scrittore belga, nelle indagini di Martin Bora, a cominciare dalla stessa personalità dell ufficiale-detective, sia soprattutto la voglia di descrivere l individuo senza maschere, lo svelare il mistero della natura umana, il vero giallo che si intende risolvere. È così? Non posso che essere lusingata da questo accostamento. Considero infatti Simenon non solo «il maestro» in senso assoluto, nella letteratura poliziesca e non soltanto in quella, ma anche un maestro dello stile capace di scrivere romanzi complessi dove non c è neppure una sola parola fuori posto. Quello che si ricorda di più di Simenon è il clima, l atmosfera, il contesto psicologico in cui il crimine ha avuto luogo. Sono le sue brevi frasi che dischiudono un mondo al lettore; un universo a sua volta popolato davvero di personaggi per così dire nudi perché in loro molto poco è velato, nascosto allo sguardo dello scrittore. Maigret è sempre descritto come un uomo grosso, quasi ingombrante, ma è tuttavia un uomo che rivela una enorme sensibilità. Sembrerebbe quasi non essere la persona più adatta per fare il poliziotto. E mi chiedo come abbia fatto Simenon a creare un personaggio che sia così solido all apparenza e allo stesso tempo così fluido e così assolutamente sensibile e capace di cogliere la realtà profonda degli altri. Non vorrei mai essere interrogata da Maigret, non potrei nascondergli niente.

11 GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 il manifesto pagina 11 CULTURE oltre tutto LE LOBBY DELL HIGH-TEC USA INVADONO LA UE Bruxelles, sede delle principali istituzioni europee, è la nuova meta preferita dalle società della Silicon Valley. Come riporta il Wall Street Journal, gruppi grandi e piccoli, da colossi come Amazon e Uber a piccole aziende del settore tecnologico, stanno assumendo lobbisti con il preciso compito di «sensibilizzare» le autorità europee alle loro necessità. In passato, le autorità antitrust hanno inflitto multe miliardarie a colossi del settore, tra cui Microsoft e Intel. Google, osservata speciale di Bruxelles, ha raddoppiato gli sforzi per le attività di lobby rispetto al Stando ai dati di Transparency International, Google, Microsoft e Ibm sono tra le prime dieci società per numero di riunioni ad alto livello con rappresentati dell'unione europea da dicembre a oggi, e superano giganti europei come Bp e Deutsche Telekom NARRATIVA «La vita sessuale dei nostri antenati» di Bianca Pitzorno per Mondadori La fragilità splendente della memoria disobbediente Primo romanzo della scrittrice italiana destinato a un pubblico di adulti scompagina e eccede i generi lettari Alessandra Pigliaru S i intitola La vita sessuale dei nostri antenati (Mondadori, pp. 458, euro 19) ed è il nuovo libro di Bianca Pitzorno che per la prima volta si misura esplicitamente con un romanzo per adulti. A distendersi in questo volume, bello e corposo, sono nove capitoli costruiti come dei ritratti che rappresentano altrettanti interni familiari. Dagherrotipi, tele tagliate e fotografie sbiadite sono cornici entro cui la sessualità, la riproduzione e la morte, elementi iniziali e terminali di ogni intreccio, si contraggono ed espandono dalla fine del Cinquecento agli anni Settanta del Novecento. Collocabile nel territorio del romanzo storico, La vita sessuale dei nostri antenati eccede e scompagina i generi letterari, eventualità sapiente che Pitzorno declina attraverso forme diverse di espressione. In questo senso non stupirà l occhieggiare al feuilleton e alla saga familiare, il gioco della temporalità convocata intera nel presente attraverso diari ritrovati, dipinti, lettere ma anche presagi e credenze popolari. Tutto infatti concorre alla presentazione della protagonista del romanzo, voce narrante e spesso narrata: Ada Bertrand, che alla fine degli anni Settanta è quasi quarantenne e ricercatrice di greco antico all università di Bologna. Intorno a lei si snodano le vicende della sua famiglia, i Ferrell e i Bertrand, tra Bruges, Firenze, Donora e Ordalè questi ultimi piccoli paesini di provincia dove Ada è nata e cresciuta non dimenticando Cambridge e la Grecia, antica e moderna. La nuda verità La temperie culturale in cui la incontriamo, così come i sogni appuntati in un quaderno da portare poi al proprio analista, fanno da contrappunto alla sua passione che è quella per l antichità e in particolare per il suo tema di ricerca: le nékuie, ovvero le evocazioni dei morti che fanno ritorno per parlare con i vivi presenti sia nell Odissea che nell Eneide, per citare i due casi forse più noti anche se Ada preferisce le defunte e il loro strano silenzio. Se la nuda verità, per dirla con Szymborska, è occupata a rovistare esclusivamente nel guardaroba terreno, nell esistenza di Ada Bertrand sessualità e morte si sovrappongono fino a confondersi e a sgretolare incrollabili e millenarie sicurezze logiche, il tempo si curva, interrompe e distrae per svicolare chissà dove. L unica nudità plausibile non è infatti quella della verità ma delle creature come Ada, contraddittoria e curiosa che deve arrivare all età di 37 anni per conoscere il primo potente orgasmo della sua vita; sessantottina, femminista e proveniente da una famiglia alto-borghese di provincia, è infatti un perfetto palindromo non solo nel nome che le viene assegnato ma anche nella sintesi metodica attraverso cui conduce i suoi affetti; ogni tanto capita qualcosa che la sorprende ma si SAGGI «La banca del papa. Le finanze vaticane tra scandali e riforme» di Francesco Peloso Una turbofinanza senza scandali tratta di una donna salda nella propria razionalità che non ama gli sprechi di sé. Le avvertenze nel sottotitolo al volume, ovvero la sessualità è «spiegata a mia cugina Lauretta che vuol credersi nata per partenogenesi», indicano ciò con cui Ada si confronterà insieme all intelligenza ironica che ha sempre caratterizzato la scrittura di Bianca Pitzorno, sia nei suoi numerosi lavori indirizzati all infanzia e all adolescenza, sia nelle due biografie dedicate a Eleonora D Arborea e a Giuni Russo. In realtà l idea che la scrittrice affida sottotraccia all intero testo è che niente è come sembra, a partire dalle generazioni che tenderanno a succedersi ancora e senza apparente soluzione di continuità se il dato anagrafico resta prioritario e salta il posizionamento politico. Per capire l origine di ulteriori confusioni retoriche - compresa quella sul cosiddetto «silenzio delle donne» che tanto attrae Ada e che, come è Luca Kocci D ue volte, negli ultimi tempi, si è favoleggiato sulla chiusura dello Ior, la banca del Vaticano. La prima nei giorni del pre-conclave che elesse papa Bergoglio, quando il cardinale africano Onaiyekan disse: «Lo Ior non è essenziale al ministero del papa, non credo che san Pietro avesse una banca. Lo Ior non è fondamentale, non è sacramentale, non è dogmatico». La seconda quando lo stesso Francesco, in un omelia a Santa Marta, affermò: «Poi c è lo Ior scusatemi tutto è necessario, gli uffici sono necessari, ma sono necessari fino ad un certo punto». Ora, dopo due anni di pontificato, anche il papa sa che lo Ior è necessario per la sopravvivenza dell istituzione ecclesiastica. Sia per i 50 milioni di euro che ogni anno la banca trasferisce nelle casse della Santa sede. Sia perché è uno strumento fondamentale per diocesi, ordini, congregazioni e istituti religiosi che, in tempi di capitalismo globale, si muovono anche sul terreno della finanza. Lo Ior non ha chiuso, quindi, né chiuderà. Tuttavia è in atto un robusto processo di riforma, non per trasformarlo in una «banca dei poveri», ma per renderlo più trasparente e soprattutto più efficiente. Il percorso lo aveva avviato già papa Ratzinger, Bergoglio ha spinto sull acceleratore, ma la corsa è appena avviata e le contraddizioni restano tutte sul tavolo. Sono cambiati anche i personaggi: è uscito di scena il cardinal Bertone (e gli italiani, da sempre di casa nella banca vaticana), segretario di Stato vaticano sotto Benedetto XVI e presidente della Commissione di vigilanza sullo Ior; ha fatto il suo ingresso il cardinale australiano George Pell (e i finanzieri internazionali), prefetto della neonata Segreteria per Lo Ior, tra intrallazzi e accuse di riciclaggio per alcuni dirigenti e l avvio della riforma voluta da Bergoglio l economia, il superdicastero creato da papa Francesco. Ma non si tratta, come vorrebbe la vulgata che ha identificato in Bertone la radice di tutti i mali (anche per assolvere gli altri), della trasformazione dello Ior degli intrallazzi nello Ior «casa di vetro» e banca della carità cristiana. Semmai del passaggio da uno Ior italiano del «volemose bene» e degli «amici degli amici», ad uno Ior dell efficienza e della turbofinanza, in cui si evitano gli scandali anche per non essere esclusi dal consesso internazionale ma si continuano a fare soldi. tristemente noto, è utilizzato nel dibattito pubblico quando il livello politico di sordità diffusa che abita il mondo diventa insopportabile -, Pitzorno costruisce un articolazione precisa delle fonti e delle scelte che ha inteso più efficaci. L imponente biblioteca che ha al centro la vicenda di Ada e della sua genealogia prettamente in linea femminile, viene così consegnata ai personaggi e alle personagge che l autrice ha prediletto. Versi e richiami, eventi e aneddoti che vengono enunciati dalle tante e tanti a cui Pitzorno dà la parola, fanno compagnia e indagano le possibilità del quotidiano vivere, il prezzo delle relazioni, insieme alle riparazioni inconsce e non. Colpisce il desiderio di chiarificazione di sé attraverso l amore per la conoscenza, il lucore di alcuni luoghi antichi greci e latini ma anche danteschi, la vicenda di Clorinda e Tancredi raccontata da Tasso, il ritorno a Saffo o alle rime di Michelangelo ma anche Ovidio, Thomas Mann e Virginia Woolf. Non è un catalogo pedante ma un bisbigliare della rammemorazione all orecchio e all occhio di chi legge. L interrogazione del presente Va accolta in questo senso la sponda che Ada intrattiene con l esperienza e la storia di chi è arrivata prima di lei, comprese sua nonna e sua madre, e in generale donne scomode che custodiscono segreti dolorosi e inconfessati. Un ascolto grato che non si spartisce con il sangue, bensì con una vigile osservazione, sempre accompagnata dalla certezza che la passione per l onorabilità della tradizione si sopravvaluta, insieme a una discendenza legittimamente biologica che se solitaria non dice niente della finitezza dei corpi e della cura che a essi viene riconosciuta. Quella fragilità splendente diviene in tal modo visibile, ancora una volta letta da Ada come esercizio cauto e al contempo disobbediente della memoria, in attesa degli scherzi della ragione e senza alcun obbligo alla devozione. La vita sessuale dei nostri antenati suggerisce infatti che lo sguardo - per assumere profondità genealogica e politica - non può accanirsi troppo a lungo nei vicoli ciechi senza il pericolo di paralizzarsi e perirne. Ecco perché le forme del presente quando sono promettenti andrebbero costantemente interrogate e messe a tema, al dritto e al rovescio, come ben sa anche Bianca Pitzorno. Il vaticanista Francesco Peloso (La banca del papa. Le finanze vaticane fra scandali e riforma, Marsilio, pp. 220, euro 16) racconta questa storia, analizzando quello che è successo dentro e attorno al torrione Niccolò V dal 2009 ad oggi, intrecciando le vicende dello Ior con quello che è successo Oltretevere: il Vatileaks, le dimissioni di papa Ratzinger, l elezione di papa Bergoglio, un «terremoto» in cui lo Ior è stato uno degli attori principali. Mentre il Vatileaks stava sconquassando i Sacri palazzi, il Dipartimento di Stato Usa aveva individuato il Vaticano come un soggetto a rischio riciclaggio internazionale, Moneyval (l organismo europeo che valuta le normative antiriciclaggio degli Stati) lo teneva fuori dalla white list, la Banca d Italia aveva bloccato tutti i bancomat all interno delle mura leonine, la magistratura italiana aveva sequestrato 23 milioni di euro dello Ior depositati in due banche italiane e messo sotto indagine i massimi dirigenti per sospetta violazione delle norme antiriciclaggio. In questo clima arrivano le dimissioni di papa Ratzinger e in conclave si aggrega un «partito antiromano» che trova in Bergoglio il candidato che sbaraglia gli avversari curiali (il brasiliano Scherer) e italiani (l arcivescovo di Milano Scola). Papa Francesco inizia ad intervenire: escono gli italiani e arrivano gli stranieri (con gli onnipresenti Cavalieri di Colombo, Cavalieri di Malta e Opus Dei sempre ben piazzati); pulizia dei conti sospetti e «dormienti» (Peloso conta conti chiusi, ben di più dei dichiarati ufficialmente: «Un repulisti clamoroso? In parte certamente sì. Ma forse anche un modo per cancellare le tracce di presenze discutibili»); progressiva adesione non ancora completata del tutto agli standard internazionali per entrare nella white list degli Stati virtuosi; collaborazione con la magistratura italiana (anche se solo per gli anni successivi al 2009, mettendo però una «pietra tombale» sul passato). L intento è, sintetizza efficacemente Peloso, liquidare quella sorta di «mondo di mezzo Vaticano» in cui diversi prelati si sono trasformati «da pastori di anime in collettori di denaro da trasferire allo Ior», spesso usato come «lavatrice» per operazioni sospette. «Sarà possibile si chiede Peloso mantenere lo spirito riformatore introdotto da Bergoglio senza cadere nelle spire di una tecnocrazia manageriale che cancellerà per forza di cose ogni discorso profetico sulla giustizia e sulla povertà?». Certo, tutto è possibile, ma la contraddizione pare insanabile. Per questo san Pietro non aveva una banca, e la Chiesa non era istituzione ma semplice comunità di credenti. NARRATIVA Il tempo perso e ritrovato di Claudio Rinaldi Giacomo Giossi L a storia è quella semplice e intricata di un giornalista, di un direttore temuto, di un vecchio sessantottino, di un romano trasferitosi felicemente a Milano, di un amante inquieto e di un maschio ingenuo. Un cursus honorum quasi tipico, la rappresentazione della banalità di un quieto vivere di successo, eppure qualcosa cambia e trasforma la banalità in una nuova normalità: una malattia degenerativa che colpisce il protagonista costringendolo, ma anche liberandolo. Ultimo volo della sera (Feltrinelli, pp. 382, euro 20), il romanzo postumo di Claudio Rinaldi, si apre che la malattia è già cosa acquisita, cosa quasi naturale. Un rumore bianco di sottofondo che spaventa e allarma, ma che in fondo è da considerarsi già cosa fatta, perché il cuore del racconto sta oltre, ossia nello stupore incantevole di un ignota e seducente intraprendenza che arriva inaspettata a portata di mano del protagonista. Inseguita per tutta la vita ecco ora la possibilità di condurre un avventura con la giusta leggerezza. Finalmente è possibile andare fino in fondo ai propri desideri e inseguire le emozioni anche più rischiose e magari anche quelle più stupide. Claudio Rinaldi uno dei giornalisti usciti da quella straordinaria scuola d azione che fu Lotta Continua, unico capace di divenire direttore dei tre più importanti settimanali italiani: Panorama, Europeo e L Espresso, colpito a quarant anni da sclerosi multipla, racconta in questo romanzo a tratti autobiografico una storia politica e intima e lo fa con la spudoratezza inquieta di chi sa raccontare quella dura lotta (per chi è pronto ad ingaggiarla) che confonde l intimo dal privato e distingue il coraggio dall esibizionismo. Protagonisti con Fabio (una sorta di alter ego dell autore) le donne e Milano in un continuo scambio di seduzioni e affronti, fughe e ritorni. La memoria connette e disegna, spiega e traduce il tempo passato. Non più un peso nostalgico, ma il percorso diretto ad un presente in cui ancora tutto è possibile: un tempo dato è un tempo occupato. Milano è quella del pupazzetto Berlusconi che si prende l Italia, ma anche quella del bar Magenta diviso tra il fumo della politica e quello del poker. Non ci sono grandi speranze per il futuro, ma nemmeno nulla di perso. Due donne, una conosciuta da poco e un altra da quasi tutta la vita. Due presenze che non si contendono il medesimo spazio, ma uniscono e identificano un uomo costretto ad un presente assoluto: l una non esclude l altra, ma l una senza l altra non sarebbe possibile per quanto doloroso e per quanto questo possa apparire ed essere sbagliato, rotto e ingiusto. «Sono felice. Sono sgomento» scrive Claudio Rinaldi. Ultimo volo della sera trasforma il rischio in una forma di preparazione al nulla come all improvviso. Non c è spazio per la morte, ma solo per il desiderio ancora tutto da essere soddisfatto nel sue nuove forme fatte di inedite percezioni e sorprendenti possibilità. Ultimo volo della sera portato alla luce a otto anni dalla morte di Claudio Rinaldi per merito della compagna Loredana Schiaffini racconta di un epoca oggi scomparsa (almeno in Italia) in cui il giornalismo aveva un potere di confronto con il potere politico. Un confronto spesso fatto di sagacia e di stima, ma anche di aspra riprovazione. Un libro a tratti doloroso e a tratti ironico che offre tra le sue pieghe il senso di una calma, il bisogno urgente di un irrisolta tranquillità.

12 pagina 12 il manifesto GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 VISIONI Venezia 72 «Everest» di Baltasar Kormákur, tratto dal libro di Jon Krakauer «Aria sottile» ha inaugurato ieri fuori concorso la mostra 2015 Il filmmaker islandese immortala la montagna in 3D ma non basta a rendere la tensione di una sfida dell uomo alla natura e il paradosso della wilderness resa mercato. Non si può arrivare in cima pagando un prezzo in denaro Sul tetto del mondo Cristina Piccino VENEZIA C osa ti spinge a salire sull'everest? Lo chiede guardandoli diritti negli occhi a ognuno V ogliamo parlare dell'idiozia di avere tutti una catenella al collo a cui è attaccato un badge di plastica? Non ci fa sentire immediatamente degli alienati ingranaggi massificati di un sistema che ha fatto il suo tempo? Beh, a me si, assai. Così se si va un po' fuori zona, nei viali dietro il lungomare Marconi, nei vialetti dietro il Casinò, ci si può riconoscere da queste sciocche e bruttissime medagliette al collo, tipiche degli animali da compagnia: ecco, anche lui è uno di quelli che si occupa di quelle cose futili - immagini che corrono su uno schermo inseguendo la realtà - e adesso, seduto al bar più chic, individuo a fare colazione colui con cui ho passato la notte(accanto, in un letto singolo gemello): un tipo tranquillo, un giovane fino a meno di 24 ore fa per me sconosciuto simpatico magro barbuto (che sia un hipster?). Passa il sosia di Crialese, sto per salutarlo e all'ultimo, quando sto per aprire la bocca, mi accorgo che non è lui. Evito la dei suoi la protettiva guida Rob Hall, strani tipi, tutti uomini, una sola donna giapponese piccolina e coraggiosa. Già perché lo fanno pagando cifre astronomiche, massacrandosi di fatica, mettendo a rischio la salute del corpo; si può perdere qualche dito delle mani o dei piedi, a avvicinarsi al «tetto del mondo», 8848 metri, l'aria è così rarefatta che il corpo comincia a morire. I motivi sono i più strani, una promessa ai bimbi della scuola del più timido di loro, working class che si barcamena con mille lavoretti, postino, falegname, fisico fragile e un po'malmesso. Ci ha già provato due volte, e l'organizzatore, Hall, gli ha fatto anche uno sconto. Poi c'è Beck Weathers, texano doc che a casa con la moglie si sente avvolto da una nube nera... Sfida, mettersi alla prova, voglia di un brivido, attrazione per la wilderness, il campo base dell'everest è una specie di bivacco, e negli anni gli «operator tour» della scalata si sono moltiplicati. Tutti insieme si sfiniscono negli allenamenti, dormono in piccole tende sotto la cima, pregano coi monaci buddisti e la sera c è chi beve e balla. Come è finita la storia di questo gruppo lo sappiamo. Everest, che ha aperto ieri la Mostra del cinema numero settantadue - in sala il Presidente Mattarella, i nuovi vertici Rai, e il sindaco Brugnaro, fuori i dipendenti comunali vittime della corruzione miliardaria del Mose - è tratto infatti da Aria sottile, il libro in cui Jon Krakauer, lo stesso autore di Into the wild che ha ispirato il film di Sean Penn, racconta l esperienza di quella spedizione del novantasei, gaffe e vado a vedere il film di Marra, non vedo come potrei non farlo. Vincenzo non lo conoscevo quasi l'estate di 7 anni fa, c'eravamo visti di sicuro a qualche festa in giro, amici comuni, parlati vis à vis poco e male. Quell'agosto gravitavamo entrambi intorno a Campo de' Fiori, era caldo, nei passeggini i pupi, assolutamente coetanei, sudavano copiosamente nonostante la semi nudità. «Stiamo per andare in campagna, volete venire con noi?» mi viene naturale. E ci ritroviamo per qualche giorno insieme, doppia coppia con neonato di sei mesi: il ritratto della felicità allo specchio. Cene, poppate, pappine, conoscenza e scambio di teorie e pratiche. Giorni felici. Di lì a poco, invece, nella loro quotidianità qualcosa è precipitato. E il trauma di a cui anche lui ha partecipato, dove morirono cinque persone tra cui le due guide, Hall e Fischer. Baltasar Kormákur, il regista, nell'incontro stampa, ha detto che ad attirarlo in questa vicenda è stata la commistione tra epica e dimensione intima, «che sono le parti fondamentali di ogni film popolare», e il suo lato metaforico, «che ci aiuta a capire meglio come ci relazioniamo con la natura». L altro giorno però parlando di Everest il campione della montagna Reinhold Messner lo ha criticato a scatola chiusa, per le location finte, piste di sci in cui non si può sentire l altezza, di quegli ottomila e più che impediscono anche di respirare (lui che saliva senza ossigeno) e l aspetto parziale nella ricostruzione. Lasciamo da parte l aspetto «tecnico» che non è mai tale, o da esperti. Cosa ci dice questa storia? Che due tipi, anche bravissimi, si sfiniscono per il business, che le cose sono precipitate per incuria, gli sherpa nepalesi non hanno messo le corde uno troppo impegnati a seguire la celebritiy di turno, una giornalista che garantiva CLASSICI La proiezione di «Vogliamo i colonnelli» Sbarca oggi al Lido «Vogliamo i colonnelli» - sottotitolo «Cronaca di un colpo di stato» - restaurato dalla Cineteca Nazionale in occasione del centenario della nascita del grande Mario Monicelli. Il film, del 1973, verrà proiettato nella sezione Venezia Classici e riflette gli eventi ad esso contemporanei raccontando la storia fittizia di un golpe dell onorevole Giuseppe Tritoni della Grande Destra (interpretato da Ugo Tognazzi) supportato da dei militari. Una vicenda scritta con i fedeli Age e Scarpelli e che, con le parole di allora di Monicelli, venne «costruita prendendo spunto dai giornali che adombravano la faccenda. C era quel generale con il monocolo, De Lorenzo, che era già una macchietta, c era quello che voleva fare un golpe con la guardia forestale, così decidemmo di spingere al massimo e ci divertimmo, anche perché il colpo di stato in Italia non era credibile, o meglio lo era ma non lo era». Nel 1973 il film andò in concorso a Cannes ma fu oscurato dallo scandalo suscitato da «La grande abbuffata» di Marco Ferreri. Questo pomeriggio, al Lido, fa il suo ritorno sotto la luce del sole. Femmine Folli Giorni felici e fiore di cactus Fabiana Sargentini questa storia lui ha voluto drammatizzarlo in una pellicola (La prima luce, alle Giornate degli Autori). Autobiografia dolorosa. Subito dopo film cinese. Durata 280 minuti, ovvero 4 ore e 40 di film. Jia. Titolo tradotto in italiano La famiglia. Già mi piace. Sfido chiunque a dirmi che ha visto ogni singolo fotogramma senza mai neppure un istante chiudere gli occhi. Ecco la vera bellezza dei festival, sottoporre il corpo, soprattutto lo stomaco, a maratone del genere. Unica breve pausa alla toilette, dove mi ritrovo a cicalare con donne piuttosto agé del sentimento amoroso per la prole). L'amore filiale cinese è rappresentato in maniera così diversa da quello indiano, da quello italiano, da quello americano. È cauto e delicato come un fiore col suo servizio più fama al team e dunque più clienti. I due organizzatori, di solito rivali anche nei metodi - uno più eccessivo, Scott Fischer (Jack Gyllenhaal), che saliva senza bombole e si ubriacava ogni sera, l altro Rob (Jason Clarke) molto attento alla preparazione del gruppo prima di affrontare l impresa e inflessibile nel porre il veto di avanzare alle prime avvisaglie di malesseri pericolosi - perdono lucidità per il troppo lavoro, per voler portare in cima molta gente e garantirsi un numero più alto di spedizioni riuscite, anche questo per incrementare il business. Fino a doversi unire perché sull Everest c è un tale traffico di persone che si perderebbe troppo tempo prezioso. In fondo, come insegna una delle guide, si può prevedere tutto ma è la montagna ad avere sempre l ultima parola. Ed è proprio questa forza ineffabile, la potenza della natura e il paradosso di una wilderness di massa che Kormákur non riesce a mettere a fuoco nelle sue immagini, a cui non basta il 3D, peraltro usato in modo piuttosto banale, a dare fisicità e a restituire quel sentimento di follia. Non sentiamo la fatica, lo stupore, la lotta, ma nemmeno l assurdo di quella pretesa di addomesticare come un qualsiasi Tour da Avventure nel mondo pago dunque voglio arrivare in cima e fotografarmi - questa scalata il cui lato impossibile è l altitudine, che uccide, una vertigine violenta ma senza effetti speciali. O una nuvola nera improvvisa di bufera, o un pezzo di ghiaccio che si stacca, dal bianco di quella vetta sotto i cieli del Nepal. Non è scontato filmare la natura nella relazione con l uomo, serve un punto di vista che Kormákur, islandese, rivelato da 101 Reykjavík (che con The Deep, anche questa una storia di sopravvivenza in un naufragio, ha corso all Oscar per il miglior film straniero) non assume. La sua narrazione rimane sul filo degli eventi inanellati uno dopo l altro, con inserti strappalacrime di morte in diretta e mogli incinte dall altra parte del telefono, elicotteri che inviati dall ambasciata americana per salvare il cittadino congelato riescono a vincere anche la mancanza d aria. Tutto vero, probabilmente, ma non basta a restituire il sentimento di questa sfida, ambiguo e complesso, unico per ciascuno degli scalatori dilettanti, insieme al conflitto tra business e natura, una specie di mercato dell impossibile. Sull Everest quegli uomini e donne sembrano cercare una fuga alle loro frustrazioni, una specie di possibilità al loro desiderio di rivincita, coi i lati oscuri dell esistenza quotidiana che in quella comunità occasionale perdono contorni. La wilderness fantasmagorica, e la pretesa di raggiungerla con un prezzo. Ma questo è il fuoricampo, Everest però (nelle nostre sale il ventiquattro settembre) corredato da In sala il Presidente della Repubblica, fuori manifestano i dipendenti comunali vittima del Mose una parata di star, che certo alla Mostra era funzionale - oltre a Josh Brolin, Jason Clarke e Jake Gyllenhaall, K eira Knightley, Emily Watson, Robin Wright - non arriva mai in vetta nonostante i molti salti di vertigine. Rimane lì, senza inventiva né rischi, ben regolato da una scrittura e da una regia che non prevedono falle. di cactus che dura un giorno solo, è pacato e duraturo come la certezza che ogni mattina il sole risorgerà ad est. Penso amaramente alla quinta persona più cara della mia vita e quanto avrebbe amato questo film, che purtroppo non vedrà. All'uscita, con una fame ormai urlante, mi getto alla ricerca di un supermercato. Errore. Mai andare a far la spesa affamati. Cammino a lungo invano. Sono ormai finita nel limbo degli indecisi, andare avanti o tornare indietro. A un passo dal considerare l'intera operazione un gesto kamikaze in queste condizioni, intravedo un'insegna: sono arrivata a destinazione. Di ritorno, con le buste in entrambe le mani, ripenso al fatto che un anno fa ho già percorso questa medesima strada di notte in compagnia e ricordo di averla trovata assai più breve e più divertente di stavolta. Ingurgito qualche sostanza commestibile e riparto verso il Palazzo del Cinema. La marcia non è che all'inizio. (fabianasargentini@alice.it)

13 GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 il manifesto pagina 13 VISIONI PETER BOGDANOVICH L avevamo lasciato Fuori Concorso a Venezia 71 con «She s Funny That Way», ora noto come «Tutto può accadere a Broadway», uno dei film più amati della mostra dell anno scorso e che suscitò anche qualche polemica per il suo inserimento fuori dalla competizione. L ultimo lavoro del regista settantaseienne di «The Last Picture Show» non è però stato amato altrettanto in patria dove ha ricevuto recensioni meno che tiepide e, in sala dal 20 agosto, ha incassato intorno ai dollari. Complice dell insuccesso è però, a detta dei produttori, la parola mancata della casa di distribuzione Clarius Capital Group, che avrebbe dovuto farlo uscire in oltre 1500 cinema e per mancanza di fondi lo ha fatto circolare solo in una manciata di sale. Ora «Tutto può accadere a Broadway» è passato alla Grindstone, nella speranza che ne risollevi le sorti. In Italia lo potremo vedere dal 12 novembre grazie a 01 Distribution NELLA FOTO GRANDE UN MOMENTO DEL FILM DI APERTURA EVEREST E I TRE PROTAGONISTI, IN QUELLA PICCOLA IL REGISTA ISLANDESE BALTASAR KORMÁKUR ORIZZONTI Inaugura la sezione «Un monstruo de mil cabezas» di Rodrigo Plà Contro le mille teste del potere VISITE ILLUSTRI L augurio al cinema del capo dello Stato Alla cerimonia di apertura del Festival arriva anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che prima di entrare alla proiezione di «Everest» dice di non voler parlare di attualità politica: «Parliamo solo di cinema». Per la settima arte si auspica il meglio: «Faccio gli auguri al cinema, ai quattro registi italiani in concorso ma anche agli stranieri. Io amo il cinema, quello classico e quello contemporaneo, delle nuove generazioni». Quei giovani su cui il Festival ha deciso di puntare la maggior parte delle sue carte. Cristina Piccino VENEZIA L a Silvana Silvestri VENEZIA I l filo rosso che unisce i film di questa edizione 72 del festival di Venezia secondo il parere Mostra renderà omaggio al grande Wes Craven con la proiezione di Nignthmare sabato prossimo. Un boato di applausi ha accolto l'annucio del direttore Alberto Barbera alla sala stampa riunita per la tradizionale conferenza di apertura. Un segnale di cambiamento nelle consuetudini un poco ingessate della Mostra? Non il solo, peraltro. Nei Giardini alle spalle del «Grande Buco» rimasto aperto nel punto in cui doveva sorgere il nuovo Palazzo del cinema hanno montato un piccolo schermo, sedie bianche, qualche tavolino: è il Cinema nel Giardino (scongiurando le tempeste promesse dai nuovi stregoni del meteo sul web) che inaugura stasera con Carlo Lizzani, il mio cinema, film di Cristina Torelli, Roberto Torelli, Paolo Luciani. Un omaggio al regista morto due anni fa (ottobre 2013) che è stato anche direttore della Mostra tra il settantanove e l'ottantadue, e con la sua esperienza di storico del cinema acuto ne aveva rivoluzionato l'assetto iniettando in un sistema polveroso nuove energie creative, quelle dei cineclub italiani, ad esempio; e non a caso aveva scelto come interlocutore privilegiato Enzo Ungari, sceneggiatore dell'ultimo imperatore di Bertolucci, prima ancora critico (Cinema e Film) e attento studioso del cinema di genere americano come delle Nouvelle Vague. Sono gli anni dell'invenzione delle proiezioni di Mezzanotte, dell'arrivo al Lido dei Predatori dell'arca perduta (e anche Nightmare appare quasi come un tributo)... Altri tempi, certo, specie se Nella nuova mini-arena all aperto un omaggio all autore scomparso due anni fa e che fu direttore della Mostra con il documentario «Carlo Lizzani, il mio cinema» oggi come ha dichiarato Barbera giorni fa, molti dei registi di quegli anni si sono «appannati», il che motiva la scommessa del Festival, di questo almeno, di cercare le nuove generazioni - siamo o no nell'italia renziana del nuovo? Forse questo ricordo di Lizzani meritava una cornice più ufficiale, pure se con un pò di fantasia Il regista uruguayano che vinse con il suo esordio «La zona», torna a Venezia con il nuovo lavoro messicano INCONTRI Parlano i presidenti delle Giurie Cuarón e Demme I film ci devono trasmettere una forte passione per il cinema possiamo pensare che il Cinema nel Giardino sia l'«erede» anni Duemila di quelle esperienze lizzaniane di grande vitalitá col Lido invaso di persone, anche studenti (certo in tempi di crisi non è facile arrivare qui e resistere ai prezzi dieci giorni pure se le cronache locali dicono che è tutto esaurito). Le sedie di plastica bianca e l'installazione tutta del luogo ha un'atmosfera asettica ma l'idea è comunque quella di riportare il pubblico «vero», che a parte la folla davanti al tappeto rosso, si è perso nel tempo. È forse uno di quei cambiamenti che il Presidente della Biennale Paolo Baratta ha menzionato nella conferenza stampa di apertura della Mostra, promettendo cambiamenti, una sempre migliore vivibilità specie per chi lavora, la stampa in testa, e che verrà mantenuto quanto «funziona nel nostro orizzonte». Un riferimento alla direzione della Mostra? Lamodificadelregolamento voluta dalministro Franceschinipermetterebbe infatti la riconferma per la terza volta dibaratta alla presidenza, e di un anno del Direttore uscente. UN FOTOGRAMMA DI «UN MONSTRUO DE MIL CABEZAS» DI RODRIGO PLÁ del direttore Alberto Barbera è quello di ispirarsi alla realtà, soprattutto a causa delle grandi trasformazioni epocali che stiamo vivendo. Il film di nazionalità messicana che inaugura la sezione Orizzonti, Un monstruo de mil cabezas (Un mostro dalle mille teste) di Rodrigo Plà sembra proprio corrispondere a questo canone, o almeno a quello che passa per la testa della gente comune che si trova in situazioni simili a quelle raccontate nel film. Una pistola impugnata al momento giusto contro vesssazioni di enti, istituzioni, assicurazioni, in questo caso il sistema sanitario privato, insomma contro il potere cieco nei confronti del cittadino impotente. Una fantasia che in genere passa in un lampo durante il lento scorrere di file che durano ore dietro a muti sportelli, nel passare da un ufficio all'altro, da una coda all'altra. Mentre in Italia questa frustrazione si esprime al meglio con le scenette del Soliti idioti, qui siamo nel duro Messico, che ha dato origine ad alcuni dei film più violenti degli ultimi anni (oltre che a una visibile rinascita della cinematografia). Eppure nell'incipit il film sembrerebbe una riflessione sul dolore, dove una donna, Sonia Bonet, soccorre il marito malato di cancro durante una crisi più forte del solito. Ma lei è una donna d'azione e cerca di mettersi in contatto con il medico perché disponga una cura più efficace. Il sistema delle assicurazioni private in Messico, in mancanza di una legge che assicuri la salute come diritto fondamentale, funziona in modo tale che le richieste troppo costose vengano respinte d'ufficio, nonostante le grosse cifre versate a copertura. In un crescendo molto interessante perché inaspettato la donna tira fuori il revolver e cerca di riportare alle loro responsabilità medico e direttore dell'assicurazione per farsi firmare il documento che permetterebbe la cura. Le ambientazioni che attraversa la donna accompagnata dal figlio adolescente, reticente ma protettivo, non sono una cornice secondaria, costituiscono una nota dominante dello stile di Rodrigo Plà che nel suo esordio La zona premiato come migliore opera prima alla mostra di Venezia nel 2007 delimitava nettamente il territorio dei poveri delle favelas e dei ricchi blindati nelle loro ville sorvegliate da monitor e vigilantes. La determinazione a proseguire nella scelta intrapresa dal protagonista deciso a penetrare nella zona proibita era in quel film un altro elemento chiave, come in questo dove la donna non esita di fronte a niente per ottenere la firma che gli consente di accedere alla cura. Esiste però il gioco labirintico che porta anche qui a penetrare nei luoghi esclusivi dei privilegiati, nelle loro saune, negli appartamenti blindati, introducendosi a bloccare una partita di tennis o di squash, un fine settimana tranquillo e a creare un ulteriore gioco di specchi si inserisce nel fuori campo il dibattimento della causa futura che vedrà imputata la donna con le testimonianze di quanti hanno assistito agli eventi e anche ai giochi poco chiari dell'assicurazione. Il regista, qui al suo quarto film, è nato in Uruguay, ma ha studiato e risiede in Messico e in Uruguay ha girato, La demora (2012) che mostra come i cittadini più deboli siano abbandonati dalle istituzioni che dovrebbero proteggerli. La Allo stesso tavolo i presidenti delle giurie, il grande regista messicano Alfonso Cuarón - guida della giuria molto in stile Cannes composta da Emmanuel Carrère, Nuri Bilge Ceylan, Pawel Pawlikowski, Francesco Munzi, Hou Hsiao-hsien, Diane Kruger, Lynne Ramsay ed Elizabeth Banks. E il magnifico Jonathan Demme, presidente della giuria di Orizzonti (insieme a Fruit Chan e Anita Caprioli). Il suo nuovo Dove eravamo rimasti esce nelle nostre sale il 10, e al Lido riceverà un tributo speciale. «Speriamo di vedere dei film che trasmettano passione per il cinema», ha detto Demme. frammentazione di situazioni e personaggi che costringe il pubblico (del tipo «io, la giuria») a prendere posizione nasce in Un Monstruo de mil cabezas anche dal fatto che il film è tratto dal romanzo di Laura Santullo usato come complesso canovaccio di lunghe prove per accedere infine alla sceneggiatura definitiva, invitati a procedere in questo modo anche dal fatto che la protagonista, Jana Raluy è un'attrice di teatro. Anche nel romanzo le diverse voci dei personaggi si sovrappongono invitando il lettore a prendere posizione. Tutti parlano in prima persona. «Questa caratteristica l'abbbiamo portata nel film, dice il regista, la diversità dei punti di vista mette in evidenza la problematica etica. Ci piacciono i personaggi che possono scegliere, trovarsi di fronte a un dilemma etico che li aiuti a prendere decisioni e forse sbagliare. Penso che lo sguardo dell'altro è fondamentale. Si tratta, aggiunge, di una frammentazione che aiuta a tenere viva la tensione dello spettatore. Quando si fa cinema si gioca un po', abbiamo giocato con questo tipo di narrazione». Confessa poi che la situazione lo ha toccato personalmente poiché suo padre è morto di tumore, di gioco si tratta fino a un certo punto, tanto che uno dei temi messi in evidenza dal film, lo sottolineano anche gli autori, è l'incapacità della protagonista di arrendersi al lutto. «Un punto in comune con La Zona è la forte emozione della protagonista, nel momento in cui ha un cedimento. L'assenza dello stato crea un vuoto e il cittadino si trova di fronte a un muro». IL PRESIDENTE DELLA GIURIA DEL CONCORSO: IL MESSICANO ALFONSO CUARON E alla tradizionale domanda: cosa vi aspettate dalla selezione Cuarón risponde (in italiano): «Non credo che arrivare a un festival aspettandosi qualcosa sia un'attitudine giusta. Vedremo i film, per scoprire di volta in volta cosa ci propongono». Presidente della giuria Opere prime -Premio De Laurentis è invece Saverio Costanzo, doppia Coppa Volpi lo scorso anno con Hungry Hearts, insiemal critico Roger Garcia e al cineasta Charles Burnett, di cui verrà proposto in Venezia Classic il suo capolavoro To Sleep With Anger, esplorazione nel profondo dei conflitti nella cultura african-american. VENICE DAYS Lacrime, rabbia e la memoria del figlio perduto Antonello Catacchio VENEZIA E ra il 2010 quando le Giornate degli Autori presentarono La vida de los peces di Matias Bize, giovane regista cileno che si era già fatto notare a Locarno. Un paio d anni fa, in occasione del decennale delle Giornate il suo film venne votato dal pubblico come il più significativo del decennio. Quasi inevitabile quindi che Bize tornasse nella sezione parallela con il suo La memoria del agua. Abbandonata l unità di tempo che aveva caratterizzato i film precedenti, questa volta l attenzione è tutta sui due protagonisti, spesso in primo piano. Sono Javier e Amanda, una giovane coppia sposata ma devastata dalla morte del figlioletto di 4 anni, annegato nella piscina di casa. Non c è colpa, di nessuno, ma l angoscia, il rimpianto e la rabbia sono insostenibili, per Amanda addirittura sono tutti colpevoli: se fossero andati al mare quella settimana, se non avesse risposto al telefono distraendosi Così, mentre Javier ha bisogno di Amanda per poter sopportare quel peso, lei non riesce più nemmeno a guardarlo in faccia. Si separano, lui vorrebbe che fosse una questione momentanea, lei non sa. Bize non risparmia tristezze e emozioni, ha però il pregio di non mostrare mai la morte del piccolo Pedro, anzi, si spinge oltre nel non mostrare alcuna immagine che lo rappresenti. Vediamo di scorcio la piscina, qualche giocattolo da gettare, una foto con i compagni dell asilo ma i volti non si distinguono. Il film inciampa solo in un paio di momenti melodrammatici quando lui deve comprare un regalo per la figlia di amici, coetanea di Pedro, e quando lei, traduttrice simultanea, a un congresso medico deve traslare quel che succede fisiologicamente in caso di annegamento. Altrimenti sono i liquidi a ricoprire un ruolo di portatori di emozioni. L acqua in primis, della piscina, del mare, del lago, ma anche il latte di soia, le lacrime che scorrono copiose sul volto di Amanda e stentano invece a sgorgare su quello di Javier («dovresti piangere» lo esorta lei), e la neve che sembra voler dire qualcosa alla triste coppia. Il dolore scava, inesorabile, Bize lavora di dialoghi e di interpretazione. Lei è Elena Anaja, attrice spagnola chiamata a un ruolo davvero impegnativo, scomodo e quasi antipatico nel suo volere chiudere con lo smarrito Javier che perde l unico appoggio possibile. Poi c è lui, Benjamin Vicuña, cileno, ma ma conosciuto anche in Argentina e in Spagna per il suo talento che ha spaziato in cinema, teatro e televisione. Suo è il compito più aspro, sia come interprete, perché non deve andare sopra le righe, ma soprattutto perché per lui l emozione deve essere stata terribile dato che ha davvero vissuto una tragedia analoga.

14 pagina 14 il manifesto GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 COMMUNITY I BAMBINI CI PARLANO Sulle nonne Giuseppe Caliceti C hi sono le nonne? «Sono delle mamme, solo che i loro figli sono diventati grandi». «Mia nonna abita da sola perchè mio nonno, che poi era suo marito, è morto. Lei si fa da mangiare da sola quello che vuole e va a letto quando le pare». «La casa di mia nonna non è molto grande, ma lei ci sta bene. C'è solo una camera e c'è solo un bagno, non ce ne sono due o tre. Però mia nonna dorme in un letto matrimoniale. Perchè anche lei è vedova». «Mia nonna, in casa sua, ha la macchina da cucire per farsi i vestita da sola». «Le nonne non dimostrano mai tutti gli anni che hanno». Ma non mi avete detto chi sono le nonne... «Allora, quando un bambino o una bambina nascono, appena nascono, hanno sempre quattro nonni: due sono maschi e due sono femmine. Due sono il papà e la mamma della sua mamma. Altri due sono il papà e la mamma di suo papà. I nonni possono essere più anziani o meno anziani, dipende da quanti anni hanno. Oppure possono essere morti. Però, anche se sono morti, loro sono sempre i tuoi nonni». «Anche io ho quattro nonni. Però tre di loro sono morti, cioè sono andati in cielo prima che io nascessi e si sono trasformati in stelle, perciò qui sulla terra mi è rimasta solo una nonna: la mamma di mio papà». «I miei genitori mi hanno raccontato che io, quando sono nata, avevo i capelli biondi. Anche se il papà e la mamma hanno i capelli neri. E anche i genitori della mamma di mia mamma li avevano tutti e due neri. Mentre il papà di mio papà era pelato e sua mamma li ha castani. Poi hanno scoperto che da bambina la mamma di papà, cioè mia nonna, aveva i capelli biondi. Forse è per questo che io ho i capelli un po' biondi. Cioè, non proprio biondi, castani». «Di solito le nonne hanno nomi strani tipo Genoveffa, Teodolinda, Zaira, Adelina, Eulalia, Tecla, Teodora, Loriana, Delorice, Susanna, Olga, Doralice, Zelmira, Esmeralda, Desdemona, eccetera. Come delle fate antiche. Come era il mondo al tempo delle nonne? «Mia nonna a casa sua ha tante fotografie. Alcune le ha messe nei portafotografie, ma tante altre sono in scatole da scarpe che tiene dentro un armadio. Alcune foto non sono a colori ma sono in bianco e nero, perché tanto tempo fa non esistevano le foto a colori. Mia nonna è nata nell'epoca in cui anche la tv era solo in bianco e nero. Anzi, nell'epoca ancora prima: quando la tv non esisteva proprio perché nessuno l'aveva ancora inventata. Avevano inventato solo la radio». «Quando era bambina, a casa di mia nonna, quella vecchia vecchia, non quella giovane, non c'era il bagno, per fare la pipì bisognava uscire di casa e andare in una piccola capanna dove c'era un buco che si chiamava buco nero.». Cosa fanno le nonne di speciale? «Mia nonna, in casa sua, non ha la lavastoviglie e lava i piatti da sola. Li lava con le mani, nel lavandino della cucina, con il detersivo, una spugnetta verde e le mani». «A casa di nonna non mancano mai due cose: un salame e una fetta di formaggio Parmigiano-Reggiano. Poi c'è una macchienetta per fare le tigelle». «Quando mamma e papà sono tutti e due al lavoro, mia nonna viene a casa nostra a farmi compagnia. Quando invece mamma e papà vanno al ristorante da soli, oppure vanno al cinema a vedere un film solo per grandi, mi lasciano a casa di mia nonna. Mia nonna è gentile e fa la mia babysitter gratis». le lettere INVIATE I VOSTRI COMMENTI SU: lettere@ilmanifesto.it La guerra invisibile E in corso una guerra invisibile: non si vede lo stillicidio di esistenze ferite, mutilate, di sofferenze e fatiche, la rabbia, la disperazione diffusa, la distruzione di massa delle opportunità di vita (Habermas). Ma è una guerra, più grave di una lotta. In questa guerra, la vita concreta è priva di qualsiasi rappresentanza politica. Eppure è la vita di milioni di persone, con o senza lavoro, dove il lavoro, per il disprezzo da cui è colpito, si degrada in svendita del tempo-vita, ed ora venduto via fin dentro la vecchiaia, alle soglie della fine, o nella precarietà che sbarra il domani. Il concreto si sente, si tocca, si annusa, e spesso prende un sapore cattivo che fa star male. Dà preoccupazioni per sé e per altri, si ammala e deve pagare per salvarsi, desidera figli che non può permettersi, non sa più come accudire i propri anziani o disabili, si indebita, non trova casa, versa enormità di tasse e si vede sottrarre servizi di base. Si muove nella logorante frammentazione urbana, è vessato da sadismi burocratici (oggi anche online), deve abitare in ambienti violentati, subisce il vaniloquio politico, si smarrisce. La vita concreta è lasciata sola ad affrontare la sventura. La sinistra è implosa in un tradimento epocale: incapace di rigenerarsi rigenerando le speranze; subordinata al pensiero unico della predazione globale; complice dell impoverimento materiale, culturale, simbolico; inetta a rifondare il senso di un agire politico come stile e progetto di convivenza. Non ha voluto vedere che la grande faglia sociale delle disuguaglianze prendeva una diversa direzione. Se questo immane tradimento non viene riscattato, non ce ne facciamo nulla di nuovi partitini, di altri referendum, nel vuoto di una democrazia rappresentativa che non esiste quasi più. La vita concreta non trova chi votare. Milioni di astenuti. La metà degli elettori. Da decenni è stato lasciato troppo spazio al pensiero che ora ci muove guerra. Ci prenderà tutto, anche la vita, se non sarà fermato da un pensare e un agire più potenti. Mariella Germanotta Venezia Cultura di pace Facendo seguito a quanto scrive su «le lettere» Michel Giuntini, mi pongo un interrogativo: è possibile, per uno stato, fare a meno dell esercito? A cosa serve un esercito? In poche parole serve a fare la guerra, le guerre! Altro interrogativo: si può fare a meno della guerra, delle guerre? Ho saputo che il Costarica non possiede l esercito. Secondo moltissima gente (tra cui il sottoscritto) si può ragionevolmente fare a meno delle armi (che costano moltissimo come rileva Michel Giuntini) usando quei soldi per introdurre nelle menti una «cultura di pace». Cominciando ad educare tutti noi (dai bambini agli anziani) ad una mentalità di pacifica convivenza, ovviamente nella vivacità propria di esseri senzienti, ma cercando di evitare ogni tipo di violenza. Si ragiona, si scambiano idee e RomaCapitale Non solo Casamonica La spettacolarizzazione del funerale di Vittorio Casamonica è stata l evidenza plastica che il controlla del territorio a Roma al di fuori delle Mura Aureliane è nelle mani dell antistato e non dello stato. In realtà sono decine tutti giorni, i funerali, i battesimi, i matrimoni, le cerimonie dove i padrini del territorio ostentano la loro ricchezza, il loro potere e sono omaggiati e riveriti dai cittadini con le istituzioni che nella migliore delle ipotesi si voltano dall altro lato, quando non colludono. Dopo l operazione politico culturale delle giunte Argan, Petroselli, Vetere, di portare dentro Roma le borgate attraverso la realizzazione delle infrastrutture primarie, fogne, acqua, ecc, da un lato, e la grande intuizione di Nicolini di portare la cultura sui territori attraverso l estate romana per sconfiggere la paura, all epoca del terrorismo, e riprendere a far vivere la città, c è stato un lento, ma inesorabile arretramento dello stato dalle periferie dove è prosperato e si è rafforzato l antistato. Il consolidamento del potere e del controllo del territorio da parte delle famiglie e dei clan che avveniva lentamente ed inesorabilmente si è manifestato nel 2008 quando la minestra riscaldata (la riproposizione di Rutelli sindaco) fu sonoramente sconfitta dall affermazione elettorale di rappresentanti diretti delle famiglie nei consigli municipali ed in consiglio comunali: l antistato, cavalcando il centrodestra aveva deciso di farsi stato mandando i suoi uomini direttamente nelle istituzioni. Sono stati gli anni nei quali mentre nei Municipi governati dalla destra foraggiavano con centinaia di milioni di euro le strutture opinioni, ci si indigna... Sono i negoziati che servono a trovare accordi, non la forza delle armi. "Si svuotino gli arsenali, si aprano i granai" (Sandro Pertini). Tarcisio Alessandrini Critica poco «ortodossa» Caro manifesto, sono un vecchio compagno comunista di quelli che, quando li si vuole insultare, li chiamano «ortodossi» come i compagni greci del Kke. Ho seguito anch io, con rispetto, tutto quello che è successo in Grecia dall inizio dell anno ai giorni nostri. Da Tsipras e dal suo partito Syriza è stato presentato al popolo greco un programma che avrebbe dovuto portare il paese fuori dal baratro economico in cui 40 anni di malgoverno della destra e del Pasok (partito socialista) l avevano precipitato pensando ingenuamente che l Europa, le sue istituzioni fossero quelle del manifesto di Ventotene e che l Fmi fosse una istituzione benefica ma così, purtroppo, non è. L Europa è quella delle banche e della finanza ed l Fmi è quell Istituzione che strangola i paesi poveri quando gli capita l occasione. Ora, dopo aver vinto le elezioni, dopo aver sottoposto il popolo greco a innumerevoli sacrifici, dopo aver subito rifiuti ed insulti (specialmente dalla Germania che non ha neanche mai pagato le rapine commesse durante l occupazione nazista nella seconda guerra mondiale), dopo aver vinto largamente un Referendum in cui il popolo greco aveva detto chiaramente No alle misure inique imposte dal memorandum della Troika, dopo aver sacrificato uomini competenti e prestigiosi, Tsipras ed il suo governo si sono dimessi e, a spron battuto, hanno indetto elezioni anticipate per il 20 settembre con l obiettivo non di mettere in discussione le inique misure della Troika, ma di fare fuori i compagni della minoranza interna (alla faccia della coerenza!). Di queste coerenze son più di vent anni che noi di sinistra siamo maestri (e mi riferisco al di riferimento che le famiglie ed i clan avevano messo in piedi: palestre, associazioni, ecc. diventati grandi serbatoi di voto per il centrodestra anche in territori dove notoriamente la sinistra aveva sempre vinto, a livello centrale si affermava e consolidava il sistema Carminati-Buzzi con l infiltrazione delle municipalizzate e dei dipartimenti centrali e la messa a libro paga dirigenti, assessori e consiglieri comunali. Ci sono intere zone di Roma, per esempio Montespaccato, dove c è solo una caserma dei carabinieri che dopo le 20:00 non è in grado nemmeno di accettare una denuncia, non esiste un presidio dei vigli urbani o della polizia, non esistono spazi e servizi culturali e centri di aggregazione al di fuori dei benemeriti centri anziani, che sono controllate da quelli che Carminati nelle intercettazioni chiama maestri quali i Fasciani, gli Spada, i Quintavalle, i Casamonica, i Gambacurta, ecc.. In quegli anni a chi proponeva di affrontare il problema della legalità e del controllo del territorio da parte della microcriminalità e delle famiglie veniva detto da candidati e dirigenti del centrosinistra che di certe cose si potrà parlare ad elezioni vinte. Adesso ne parliamo non per una scelta di campo netta del centrosinistra romano, ma perché costretti dall iniziativa del procuratore di Roma Pignatone che ha scoperchiato il bubbone mafia capitale, dall azione del marziano Marino, che fra le prime cose ha chiuso Malagrotta facendo saltare tutto il sistema di potere che vi ruotava intorno. Michele Grippa, segretario del circolo PD di Montespaccato a Roma suicidio del Pci, allo smembramento della Sinistra italiana, all abbandono del rigore politico) ed è grazie a questo che nell arco di 2 anni ( ) sono andati persi alcuni milioni di voti. C era, in Grecia, chi aveva purtroppo previsto questo finale ed erano i comunisti del Kke che saranno pure ortodossi ma dalla Troika, dall Ue, dall Fmi non si aspettavano altro che sacrifici per il popolo e perdita della sovranità nazionale. Raimondo Magnani Errata corrige Suicidi in carcere: 32 in un anno, 875 in 15 anni Nella fretta della chiusura, nel rimpasto dell ultima parte dell articolo di ieri di Eleonora Martini (Pannella: «Grazie Papa». Ma il senato affossa il ddl), i dati del numero di persone che si sono suicidate in carcere negli ultimi 15 anni è diventato quello degli ultimi otto mesi. Il dato esatto è 32, non 875. Sul sito del manifesto, la versione corretta. Ce ne scusiamo con i lettori.

15 GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 il manifesto pagina 15 NIENTE ASILO L Odissea gotica del presente Raffaele K. Salinari COMMUNITY N el suo editoriale di sabato 29 Norma Rangeri invita ad una nuova resistenza contro l assuefazione mediatica dalle morti dei migranti. Il tema viene ripreso da Tommaso Di Francesco con particolare riguardo alle responsabilità europee nelle guerre da cui provengono i profughi. Si tratta di un appello giusto e accorato, e di una analisi storicamente documentata, che compongono entrambi un quadro politicamente provocatorio poiché chiamano in campo non solo il sistema dell informazione ma lo spirito stesso col quale ci predisponiamo ad interpretare le notizie. E allora vediamo di dare qualche elemento concretamente simbolico a questa rinnovata battaglia di civiltà, partendo proprio dal decadimento spirituale delle nostra epoca, tutta orientata alla quantità, in cui ciò che unisce, al di la di ogni determinazione superficiale, gli esseri umani, sembra scomparire all ombra del particulare. Victor Hugo nel suo Notre Dame di Parigi descrive a un certo punto la novità architettonica rappresentata dall arte gotica. Il grande romanziere sostiene, a ragion veduta, che l innovazione stilistica che sorpassa il precedente stile romanico, nasce da quella grande epopea non solo cavalleresca ma anche popolare, che furono le crociate. Il gotico mette al centro dell universo l uomo stesso, non più dio, com è nel romanico ma, sopra tutto, scardina l ordine rappresentato in quelle costruzioni medioevali dalla gerarchia dio, clero, popolo. Ebbene, dice ancora Hugo, questo si deve alle influenze che vengono dall arte orientale, dalla sua spiritualità ancora tumultuosa, effetto benefico che oltrepassa l incontro/scontro tra gli eserciti crociati e quelli della mezzaluna. E dunque una delle grandi costruzioni delle cristianità, con i suoi simboli alchemici scolpiti nelle pietra, con le sue guglie lanciate verso lo Spirito, ci viene dall incontro tra culture che, apparentemente, possono essere solo in atteggiamento oppositivo l una dell altra. Ma, ecco l arcano, la rinascita della spiritualità europea post medioevale, che diede vita allo stesso Rinascimento di stampo neoplatonico, lo si deve ad influenze che, sul piano della geopolitica, apparivano invece contrastanti. Oggi, a secoli di distanza, la situazione non sembra essere cambiata nelle relazioni tra Europa e mondo musulmano, in generale tra la cultura del continente tra i più ricchi del globo, e le terre che sino agli anni settanta del secolo scorso furono le sue colonie. Oggi il tema emergente, ma non emergenziale come si vorrebbe far credere Di fronte a una Europa smembrata dalle ineguaglianze e dalla xenofobia, la presenza dell altro è un soffio di vita all opinione pubblica, è decisamente quello delle migrazioni da queste stesse zone. E allora, ieri come oggi, se andiamo oltre le ragioni immediate e contingenti, ci troviamo di fronte a delle motivazioni che riprendono in pieno quel fecondo incontro che caratterizzò l epoca delle rinascita dello spirito europeo dopo gli oscurantismi medioevali. Se, infatti, si chiede a questi ragazzi e ragazze che sostano presso i centri cosiddetti di accoglienza, non cosa li ha spinti a intraprendere un viaggio potenzialmente mortale, cioè le guerre, la fame, le devastazioni ambientali, la mancanza dei più elementari diritti umani, ma il come hanno potuto sopportare le torture, le umiliazioni, gli stupri, la solitudine, l angoscia di vedere morire amici e partenti in viaggi che l Odissea a confronto è una tour dei Club Mediterranee, ebbene torna prepotente l immagine del sogno e della sua forza spirituale, della volontà di testimoniare con il proprio corpo la potenza di una vita che, nonostante tutto, vuole e deve affermarsi a ogni costo, oltre ogni costo. E allora, di fronte a una Europa smembrata dalle ineguaglianze, dai rigurgiti xenofobi e dal calcolo ragionieristico delle parità di bilancio, frantumata dalle spinte centrifughe dei rinascenti nazionalismi ma, forse e soprattutto, oramai spenta nell ombra di un ideale comunitario che si è consumato al fuoco dell economia liberista, queste testimonianze, queste nuove presenze, destinate ad innestarsi nel tessuto mortificato di un continente che per secoli è stato il centro del mondo, ebbene queste vite non possono essere che una speranza di rinascita per il nostro Continente, una occasione di far scorrere nuova linfa nei calami esausti di una cultura oramai tropo ripiegata in se stessa. Non sono forse i braccianti immigrati che spesso insegnano nuovamente ai nostri a lottare nelle campagne? Non è forse la loro gioventù turbinosa che può nuovamente ispirare i ragazzi continentali rosi dall indifferenza a incontrare altre visioni del mondo? Non sono altre lingue che possono arricchire quella grande lingua europea che, come dice Balibar, è la traduzione? Accogliere il diverso, dunque, è una occasione da non perdere, oltre che un dovere è una grande opportunità di trasformazione di un tessuto sclerotizzato da false contrapposizioni e da una secolarizzazione che non ci consente di sognare il sogno di una Europa interculturale, inclusiva, realmente unita da quel grande collante che sono le sue diversità. DALLA PRIMA Aldo Carra Jobs act, bollicine renziane Aveva detto, rivolto agli imprenditori, che lui aveva concesso loro tutto quello che avevano chiesto e che, quindi, adesso toccava a loro mantenere le promesse di procedere a nuove assunzioni. L idea di politica che sta sotto quella frase era la politica come scambio: tu mi chiedi di poter avere la massima flessibilità della forza lavoro come condizione per investire e crescere, io lo faccio e adesso mi aspetto che tu faccia la tua parte. L idea di economia è quella, forse connessa ad una certa concezione cattolica, che gli imprenditori sono animati da buone intenzioni e che se si da loro fiducia essi non esiteranno ad assumere. La prima idea non è nuova alla cultura centrista del nostro paese, la seconda è stata rinvigorita dai rapporti anche personali di Renzi col mondo della finanza e dell impresa (ultima dimostrazione la pagina appello sul Corriere con l invito ad andare avanti) e assomiglia molto a una idea di economia da libro Cuore che sembra prescindere dalle leggi della domanda e dell offerta, della concorrenza e della competitività, leggi rese sempre più dure dalla globalizzazione dei mercati. Sulla base di queste convinzioni e ipotesi nei mesi scorsi, mesi di collaudo della nuova legislazione del lavoro, ci si è affannati a cercare nei dati la conferma di quelle bislacche teorie e si è fatto di tutto per forzare i dati fino a toccare un vero e proprio stato di euforia statistica e a fornire dati tanto clamorosamente falsi da doverli rettificare e correggere come veri e propri errori (naturalmente se quell errore l avesse fatto l Istat qualche poltrona sarebbe saltata o, secondo l ultima moda, affiancata da un commissario). In questo dibattito tutto politicizzato e strumentalizzato si è dimenticato che in effetti alcuni fattori, questi si capaci di influenzare l andamento dell economia, si sono verificati negli ultimi mesi. La svalutazione dell euro, il crollo del prezzo del petrolio e le misure attivate dalla Bce col Quantitative Easing sono tre fattori straordinari, un colpo di fortuna imprevedibile, che avrebbero dovuto, secondo diverse stime, influire di qualche punto sulla crescita del Pil. Adesso che sono passati un po di mesi si può cominciare a trarre un primo, seppur provvisorio, bilancio degli effetti dei fattori esogeni - i tre di cui abbiamo parlato - e di quelli endogeni attivati dal governo italiano. Gli ultimi dati di due giorni fa - fonte Istat - segnalano 235 mila occupati in Ci sono dei posti di lavoro in più, è vero, ma se si guarda alla dinamica del Pil rimaniamo sempre troppo indietro rispetto all Europa. E la distanza non si colma più rispetto a Luglio 2014 e 181 mila nel periodo Gennaio-Luglio. Se ci si limita agli ultimi quattro mesi nei quali hanno cominciato a manifestarsi gli effetti del Jobs Act l aumento medio è di 110 mila occupati in più. Non c è la bolla lavoro prevista, ma qualche bollicina è meglio di niente ed è giusto vederla e sperare che si espanda. Naturalmente per capire meglio gli effetti distinti dei fattori esogeni e di quelli endogeni è necessario confrontare la dinamica della nostra economia con quella dei paesi europei. Pochi giorni fa sono stati resi noti i dati sul Pil e da essi emerge che l incremento medio nei primi sei mesi è stato nell Europa a 19 dell 1,1 %. In Italia siamo allo 0,3%. Questa non è una buona notizia. Significa che i fattori endogeni citati, che negli altri paesi hanno agito soprattutto sull incremento dell export oltre che sulla domanda interna, in Italia sono stati sostanzialmente ininfluenti. Significa che la nostra distanza dall Europa aumenta invece di diminuire. Significa che il nostro apparato produttivo non riesce ancora ad utilizzare gli stimoli favorevoli di calo del prezzo del greggio e la svalutazione che per il nostro paese sono sempre stati una leva importante di ripresa economica. Se poi si volesse ipotizzare che lo 0,3% di Pil sia interamente l effetto sulla nostra economia di quei tre fattori significherebbe ammettere che i provvedimenti sul lavoro sono stati sostanzialmente inefficaci. Ma disquisire su questi decimali è improprio ed inutile e resta una constatazione amara: la somma di incentivi esterni e stimoli interni non rimette in moto l economia italiana. A ben guardare anche l economia europea non sembra godere di buona salute ed il modo in cui si stanno affrontando sia la crisi greca che l esplosione del fenomeno migratorio, non sono estranei a queste difficoltà di crescita. Se già quando si cresce è difficile per chi sta meglio accettare di dover redistribuire quello che si possiede, figuriamoci quando non si cresce. Ma la cruda realtà è questa: l economia europea non cresce e proprio in Europa si stanno scaricando gli effetti delle politiche militari e di sfruttamento del terzo mondo e delle sue risorse. Non si tratta né di crisi economica congiunturale, né di emergenza immigrazione. Si tratta di fenomeni nuovi e strutturali. Basta guardare come i nuovi migranti si pongono nei confronti dei nostri paesi: non più solo come richiedenti pietosi di ospitalità, ma come portatori di un loro diritto a spostarsi dove si può vivere, a raggiungere i loro parenti e amici, portatori dell idea che il mondo è di tutti quelli che ci sono nati. Insomma stagnazione economica e nuove migrazioni sono l altra faccia della globalizzazione che noi abbiamo voluto e teorizzato. Queste novità ci impongono scelte difficili, inedite che richiedono uno sguardo lungo. Ben oltre i piccoli ed aridi numeri degli equilibri di bilancio e delle regolette sull austerità. Che il governo non si inebri di queste bollicine di lavoro e che la sinistra, e soprattutto la nuova che vorremmo, si collochi all altezza di questa nuova sfida epocale. Senza questo grande salto a rischio sono la democrazia e la pace. E non è poco. il manifesto DIR. RESPONSABILE Norma Rangeri CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco DESK Matteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi, Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Benedetto Vecchi (presidente), Matteo Bartocci, Norma Rangeri, Silvana Silvestri il nuovo manifesto società coop editrice REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, Roma via A. 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16 pagina 16 il manifesto GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015 L ULTIMA storie Si è conclusa ad Aliano la festa della paesologia «La Luna e i calanchi». Dalla coscienza di classe alla coscienza di luogo, per una «teologia» della bellezza, del corpo, della luce, dello spazio. Dove il Sud non è fuga ma un altra idea di modernità, la prima soglia tra un mondo e un altro, dove il «dio denaro» è abbattuto NELLE FOTO, MOMENTI DEL FESTIVAL DI ALIANO Franco Arminio L a luce è in ogni luogo e sopra ogni luogo c è il cielo. Fare festa a un luogo, raccontarlo, attraversarlo, cantarci dentro. Questo abbiamo fatto ad Aliano, passando dalla coscienza di classe alla coscienza del luogo. La luna e i calanchi è una festa religiosa. La questione teologica è più importante della questione meridionale, il cuore della vicenda è il tentativo di resistere alla miseria spirituale dilagante. Le lacrime delle cuoche non me le aspettavo. E i genitori dei ragazzi dello staff, preoccupati di non poter offrire ai loro figli la gioia che ha offerto la festa. Le lacrime delle cuoche appartengono alla religione più che alla cultura. Le lacrime per un legame che si spezza. Noi che ce ne andiamo e loro che restano. Due fragilità che si dividono, si piegano sotto il peso del vuoto bagaglio della vita. Partigiani Una religione fuori tempo Che nome posso dare a questa religione che arriva fuori tempo massimo? Gli uomini e le donne sono animali superati. Forse il filo che ci legava agli altri esseri e alle cose si è spezzato per sempre. Siamo animali postumi e la mia è una religione per i postumi. Gigio Borriello, uno degli ospiti più intensi, in una sua canzone dice che è morto e dunque non può più morire. Una visione improvvisa nella mia testa: La luna e i calanchi è un gioioso funerale, proviamo a fare il funerale a una salma che possiamo chiamare modernità. La gioia di un funerale liberatorio. Ad Aliano c erano moltissimi ragazzi, di certo attratti dalla musica, ma non solo. Ci sono vari focolai di ragazzi che si sono messi a fare qualcosa per restare nei luoghi dove sono nati o per tornarci dopo aver studiato fuori. Mi pare una notizia che non è contenuta nei rapporti sul Sud basati sulle cifre. Adesso penso all arcaico. La Lucania emoziona perché in qualche modo l arcaico non è stato sterminato. Ma non è l arcaico che ci interessa, non è il suo fulgore, piuttosto un arcaico ferito, in forma di relitto, di reliquia. L arcaico fuori forma. Adesso il compito è di concepire qualcosa che già mentre la concepiamo si dissolve. La festa di Aliano è finita e quella che forse faremo l anno prossimo accadrà in una nuova epoca: in un anno ormai si avvicendano molte epoche. Oggi è difficile che qualcuno mi possa parlare veramente di questa festa. È come fare una carezza a una bestia ferita con mani che non esistono. Oppure è una profanazione questo fuoco d artificio di letizia in una terra che non ama esultare, in una terra consacrata al soffrire. Quest anno abbiamo fatto anche due uscite nei paesi vicini. In Lucania ogni paese è un emozione sicura, non esistono luoghi vacui, sfiatati. A Gorgo- DELLA FELICITÀ glione mi hanno colpito i vecchi che stavano seduti davanti alle porte del paese. Mi ricordo il cerchio di sangue di uno intorno a un occhio piccolo e rotondo. Lì ho pensato al petrolio come a un ingiuria, lì ho sentito che non potrò mai stare dalla parte degli uomini del profitto. La mia gloria è la perdita. Dovrei pensare a quello che ha detto Aldo Bonomi. Lui ha inquadrato la paesologia tra le speranze del nuovo secolo, non so spiegare bene cosa ha detto, anzi saprei anche spiegarlo, ma non ne ho voglia, il mio corpo oggi vuole indugiare sulle pieghe, sui dettagli. E poi non ha molto senso fare proclami intorno alla paesologia. Mi basta dire che è un piccolo tentativo che a che fare con la religione, nel senso che vuole legare delle emozioni, delle vaghe suggestioni intorno al finire di un mondo e all inizio di un altro. Senza la fine dalla modernità non ci sarebbe paesologia, ma non è una anonimi, disciplina rurale e neppure paesana. Qui si tratta di inventare uno spazio impensato, capace di intercettare i flussi buoni e tenere lontani quelli cattivi. I paesi dell Appennino vanno benissimo come approdo per i profughi, ma non altrettanto per lo sviluppismo dell ultima ora. In estrema sintesi: sì ai profughi, stop al consumo di suolo. In fondo la nostra è una guerra partigiana. Si tratta di resistere al nemico comune che possiamo chiamare denaro. Nel momento in cui il denaro diventa teologia, allora bisogna scendere sul terreno del sacro e creare altre teologie. La parola cultura per le mie azioni mi pare fuori luogo. La cultura è nicchia inerte o populismo vacuo. Quello che a me interessa è portare i corpi in un luogo. In effetti gli ospiti più interessanti sono quelli più sbilanciati dalla parte del corpo. Chi balla, chi suona, chi fa l amore, chi ara il suo corpo per farne luce. Bisogna avere il coraggio di mostrarsi per quello che siamo, infimi e immensi. Questo è il tempo dell immenso, la medietà non esiste, è una patina con cui molti si rivestono per nascondersi. Tendo a pensare che ogni individuo è un abisso, una voragine in cui il bene e il male si prendono a calci. La furia della vita C è una furia in ogni vita e bisogna portarla in superficie. Il mio sogno è fare il festival degli invitare solo persone che non conosce nessuno. Magari prima o poi ci riesco, dovrei trovare qualche finanziatore che sfugge al ricatto della fama. La paesologia mette l accento sui luoghi sgraziati, sui luoghi che fanno luce da soli. Aliano sarebbe un luogo luminoso anche se non ci fosse nessun essere umano dentro. La forza di questo luogo viene dal suo avere poca vita intorno. La festa della paesologia dice addio anche a un certo modo di stare a sinistra, tutto centrato sull opinionismo a costo zero. Mi piacciono i percettivi, gli attenti, quelli che prima di dire il male provano a dire il bene. E per fare questo bisogna lavorare di più perché il bene è raro e sfuggente. Ad Aliano si capisce benissimo che il canto e la poesia stanno un passo avanti rispetto ai ragionamenti rinsecchiti. Il secolo che abbiamo davanti non sappiamo che strada può prendere, per ora è il caso di aver cura della bellezza che si è salvata dal diluvio della modernità. Dunque, la prima cosa da fare è parteggiare per le colline, per i cani, per i baci, parteggiare per le albe, per chi cammina, riunirsi per leggere un libro, per sentire un suonatore di fisarmonica, per zappare un orto, per raccogliere l uva di una vigna. Ecco le assemblee del nuovo secolo. La sinistra si rifonda qui, si rifonda nei luoghi dove si ripianta il grano buono, si potano gli ulivi con cura, si dà foraggio buono alle mucche. Ecco le tracce di una politica che parte dalla natura, ogni cosa che abbiamo tra le mani viene dalla terra prima che da una fabbrica. La festa paesologica produce felicità in luoghi che di norma sono affranti, luoghi in cui si cresce con l idea della fuga. Questo è il tempo di restare dove si nasce, è il tempo di credere ai paesaggi che ci hanno formato, perché se siamo qualcosa è dentro l aria che abbiamo respirato. L alfabeto da rivedere L alfabeto è continuamente da rivedere. Personalmente non credo più neppure alla letteratura. Credo a qualche pagina, credo a qualche frase, ma la letteratura si è arenata, non toglie e non aggiunge, è un treno d ombre su un binario morto. La festa della paesologia è il mio libro, un libro scritto con i corpi dei visitatori e degli artisti invitati, con il corpo degli abitanti del paese. Chiamo questi intrecci comunità provvisorie. La festa ha messo insieme persone assai lontane tra di loro, ma le persone quando danno il meglio di sé un po si avvicinano. Il senso della festa sta tutto in questo clima in cui ognuno dà il meglio. Ad Aliano è tutto un fiorire di abbracci, gli abbracci che mi hanno tenuto sveglio a oltranza per sei giorni. C è soprattutto una visione, ho capito prima di altri che in certi luoghi del Sud oggi si può concepire qualcosa di nuovo. Ho capito che la mia scrittura doveva essere agganciata a delle azioni di militanza collettiva, una militanza festosa, lontana dal grigiore di chi vive sotto la dittatura del problema. In realtà il mondo è già bene accordato ovunque, il problema di solito lo aggiungiamo noi. Con questo punto di vista si possono fare tante cose belle, non solo la festa della paesologia. Dunque, mettiamoci al lavoro fuori dal piombo dei discorsi. Sa di polvere il mondo di chi parla e non crede. Ora c è da credere in chi crede e guarda.

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