Robertus de Biccaro. dei et imperiali gratia comes Licii

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1 li, il,:urh ( '17 Robertus de Biccaro dei et imperiali gratia comes Licii Affronto qui per la prima volta un problema di un certo interesse per la storia di Lecce nel primo periodo svevo : l'identificazione del conte Roberto, indicato dagli studiosi locali coll'appellativo di Visconte, e dichiarato dalla tradizione pure locale marito di Madonia, voluta figlia di re Tancredi. E perché la mia indagine acquisti subito ampio respiro riporto dal cod (fol. 257) della Biblioteca Universitaria di Padova un diploma del nominato conte Roberto di Lecce : 4> In nomine sancte et individue trinitatis. Anno salutifere incarnationis millesimo centesimo nonagesimo quinto, et anno primo acquisitionis regni Sicilie, regnante domino nostro Henrico serenissimo Romanorum imperatore semper augusto et rege Sicilie una cum domina nostra Constancia illustrissima imperatrice semper augusta et regina Sicilie, et anno primo comitatus nostri Licii, mense iunii, indictione terciadecima. Cum sit dignum et rationi consentaneum eorum preces et vota exaudire, et affectui mancipare quos erga ecclesias votiva servicia gerere novimus. Nos igitur Robbertus, dei et imperiali gratia comes Licii, de libera et spontanea nostra voluntate, divina Christi clementia permittente, coram iudicibus et aliis subnotatis testibus, cooncedimus donamus et omnino dimittimus ecclesie nove beatorum confessorum Nicolai et Cataldi unum affidatum nostrum nomine Nicolaum filium quondam pape Nicolai de terra Ydronti in manibus domini Petri venerabilis eiusdem ecclesie electi. Tali quidem modo eidem ecclesie prefate hominem nostrum concessimus donavimus et dimisimus ut de cetero omni futuro tempore adveniente in eius dominio sit et potestate,

2 "s'h HI:irHW.,T;I Hriri:ILLWinl'4riiCHIM 130 `rinascenza Salentina et sit ab omni gravamine nostri adiutorii vel alicuius servicii perpetue absolutus; quem videlicet Nicolaum quondam Sibilia Licii comitissa Guiberto Tarenti donaverat et tradiderat, secundum continenciam instrumenti quoti inde factum est; cui eciam intuitu et rogatu preditti eletti dimittimus perpetue prenominato Nicolao unam libram cere quam curie nostre annuatim servire solebat, et quidquid iuris vel servicii in ipso Nicolao habere videbamus, eidem ecclesie proponimus et dimittimus. Statuentes et precipientes ut nulli aliquando nostrorum hominum liceat eum super huiusmodi que predicta sunt impetere vel infestare; scilicet ipse et ab eo descendentes sint perpetuo in proprietate et dominio eiusdem ecclesie. Si quis vero nostrorum heredum ac successorum vel aliquorum hominum ausu temerario hanc concessionis donationem infringere vel evacuare temptaverit, penam sex regalium auri eidem ecclesie teneatur persolvere; et prelecta omnia perpetuo inviolata et incorrupta existant. Et ut semper firma sit nostre donationis concessio hoc presens scriptum per manus Jacobi Litii nostri curialis et publici notarii, Guillelmi de Melitu filii, scribi fecimus et propria manu signo vivifice crucis attestavimus, sigilloque nostro plumbeo corroborari fecimus. Ego Jacobus prefatus notarius hoc instrumentum precepto domini comitis propria manu scripsi, eo quod interfui. Anno, mense et indictione pretitulatis. + Robbertus comes Licii Ego Rogerius de Oria. Signum crucis proprie manus Ro- Signum sancte crucis per manus gerii Bucelli Guillelmi de Carnm. - 4> Signum crucis proprie manus Guidonis de Polianello. Signum crucis proprie manus Riccardi Pignatelli (1). Ego Tristanus testis sum. Signum crucis proprie manus Aymarici Bonisoli. Nicolaus Boceozitti barensis. Nel giugno del 1195 Roberto contava dunque il primo anno di dominio nella contea di Lecce; il che trova rispondenza in un atto rogato ad Ostuni nel dicembre 1194 (1195 stile bizantino) e così datato : Ab incarnatione domini nostri Jesu Christi anno millesimo centesimo nonagesimo quinto. Regnante domino nostro Hen- (I ) A queste firme ne seguivano tre in greco. Il copiata notò ancora che la firma di Roberto, disposta a croce, era di color rosso, fatta col cinabro.

3 a IO ra.: ilil ' Hihnli hi".9,11,111,tuihr ri'll i ,1,',I, _. G. Antonucci obertus de Biccaro rico dei gratia Romanorum imperatore et semper augusto anno primo, et comitatus domini nostri Roberti anno primo, mense decembris, terdiedecime indictionis» (I), Ma ciò che nel diploma del conte Roberto suscita in certo qual modo sorpresa è il quondam che precede il nome di Sibilla, della vedova di Tancredi già conte di Lecce e poscia re di Sicilia : evidentemente le notizie correnti nei vecchi domini la davano come morta, forse a seguito del forzato suo allontanamento in terra d'oltr'alpe. Sono note le trattative di pace seguite fra Enrico VI e la regina Sibilla, e conchiuse con l'accordo di Caltabellotta (a. 1194). Stando ai Gesta Innocentii III al giovane Guglielmo III, figlio e successore di Tancredi, venne assegnata la contea di Lecce con aggiunto il principato di Taranto ; stando invece al Cronicon Cassinense a Sibilla fu assegnata la contea di Lecce ed a Guglielmo il principato di Taranto. Enrico VI, adducendo a motivo la scoperta di una congiura ordita dai familiari di Sibilla, non mantenne l'impegno assunto : conservò alla corona il principato di Taranto, investì della contea di Lecce il suddetto Roberto, e trasse seco Germania prigionieri il giovane Guglielmo, la regina Sibilla e le sue figliuole col fedele Margarito da Brindisi. Henricus imperator in Theutoniam rediit, ducens secum captivos qui in mortem eius conspiraverunt, scilicet uxorem Tancredi cum filio et duabus filiabus, et Mar garitam principem piratarum (2). Datata da Spoleto il 27 agosto 1198 è una lettera di Innocenzo III all'arcivescovo di Acerenza : con essa il pontefice disponeva che giusta il voto del conte Roberto di Lecce, significante nobili viro Roberto comite Licii, la cappella di S. Maria di La- 2= 3 (1) L. Pepe, aremorie stor. diplom. della chiesa vesc. di Ostuni, Valle di Pompei, 1891, pag. 33 n. (2) M. G. H: SS., XVI, Annales Aquenses, pag a-, D-7

4 1 3 2 Rinascenza Salentina ; 2:7,= = niano, dallo stesso Roberto riparata e dotata, venisse concessa ai monaci cistercensi. E dell'anno successivo è una bolla del nominato pontefice al conte Roberto di Lecce, che, con tutti i possessi, veniva preso sotto la protezione della Santa Sede : «Eapropter, dilecte in Domino fili, tuis iustis precibus grato concurrentes assensu personam tuam cum omnibus bonis quam impresentiarum rationabiliter possides specialiter autem Licie comitatum aut in futurum iustis modis, Deo propicio, poteris adipisci sub beati Petri et nostra protectione suscipimus et presentis scripti patrocinio communimus» (i). Guglielmo III morì o fu fatto ben presto morire ; e Sibilla, riuscita a riparare in Francia, mandò sposa nel gennaio 1200 a Melun la figlia Albiria a Gualtiero di Brienne. Costui, avido di dominio e di avventure, si lasciò subito prendere dalla speranza di riavere i feudi perduti dall'infelice Guglielmo, e raccolti aiuti diversi in Francia, venne in Italia, dove ebbe promesse ed incoraggiamenti da papa Innocenzo III. Sono giunte a noi, ma nelle semplici e magre rubriche, alcune lettere indirizzate nel corso del 1201 dal pontefice ai prelati, ai nobili ed al popolo di Sicilia circa l'impresa affidata a Gualtiero di Brienne, qualificato senz'altro comes Licii (2). Con una rivolge loro quest'invito : quod comili Licii super defensione regni Sicilie dicaciter pareant et intendant. Con un'altra raccomanda agli stessi di dare aiuti ed appoggi al conte Gualtiero di Brienne: quod comilem Licii qui iuravit esse fidelis regno favorabilem recipiani et ei circa regni defensionein prestare siudeant auxilium et favorem. Con un'altra ancora, intestata al piccolo re Federico, regi Sicilie, ma evidentemente diretta a chi non era troppo sicuro della lealtà del conte Gualtiero, avverte: quod secure confidai in comite Licii quia ipsum regni et suum securum reperiet defensorem. Tanta insistenza da parte del pontefice trova chiarimento nel (I) D. V en d o I a, Documenti tratti dai registri valicane', I, Trani, 1940, n. 6 e 20. (2) D. Vendo! a, op. cit., n. 442, 444, 445.

5 IH,nilH i ll'";11him9firil G. Antonucci - Robertus de Biccaro 133 fatto che il consiglio di famiglia, che l'imperatrice Costanza, morendo, aveva incaricato di, curare gli affari del regno, vedeva, sotto l'influenza del cancelliere Walter de Palearia, nel favorito del Papa un pericolo per il governo del giovane Federico. Le assicurazioni del pontefice, appunto perchè non incontravano troppo credito, venivano ripetute ; e lo prova un'altra sua lettera del 1202, diretta ai prelati di Sicilia, ai quali rendeva noto se misisse in Siciliam Walterium comitem Brenen., cui imperator Otto concesserat principatum Tarenti et comitatum Licii (l). Palese è il contrasto fra quest'atteggiamento del pontefice e la protezione da lui promessa al conte Roberto di Lecce colla bolla su riferita. Ma Innocenzo III fu oltremodo facile a tali cambiamenti di condotta : egli del resto si valeva dell'opera di Gualtiero di Brienne per rafforzare la propria posizione nel regno di Sicilia, ed era sempre pronto ad abbandonarlo nel caso che altri gli si presentasse più utile ai suoi piani (2). Le prime azioni belliche di Gualtiero furono coronate da successo ; difatti un documento del marzo 1204 ha la seguente datazione: «Regni quoque domini nostri Frederici dei gratia Sicilie regis anno VII et principatus domini Gualterii comitis Brenne et comitatus Litii domine regina Sibilie anno III, mense martii, VII ind.» (3). Non ritengo affatto rispondente al vero quanto affermato dal Palumbo : che Gualtiero fece concessioni al convento di S. Nicola e Cataldo intitolandosi «dei gratia comes Litii» (4). Tale asserzione mi si dimostra ricavata da un inciso che si legge nel diploma rilasciato il 2 maggio 1286 da Ugo di Brienne in favore del monastero di S. Nicola e Cataldo. L'abbate ed i monaci avevano reso noto all'irrequieto conte di Lecce, esibendogli i relativi privilegi, che (1) D. Vendol a, op. cit., n. 36. (2) W. C o h n, L'ela degli Hohenstaufen in Sicilia, Catania, 1932, pag. 54 segg. (3) Biblioteca Brancacciana, ora nella Nazionale di Napoli, Misc. III, D. 8, fol. 44r. Cfr. G. A. Summoat e, Dell'Historia della città e regno di Napoli, 11, pag (4) P. Palumb o, Storia di Lecce, 1910, p. 57.

6 :111 lli",ill, im`'.uill h 1`'NH wit'1111,1''i'll i 74Yli 134 Winascenza Salentina per concessione del conte Tancredi, ex concessione quondarn fatta ab illustri viro domino Tancredo comite Lidi, il loro convento doveva percepire ex redditibus del fiume Gualtina quattrocento ducati annui, ai quali, per concessione del conte Gualtiero di Brienne e della moglie Albiria, ex concessione quondam domini Gualterii comitis Brenne... et domine Albine comitisse uxoris ditti domini comitis, andavano aggiunte ventisette libbre annue sempre de redditibus fiuminis supradicti. E il conte Ugo, non volendo nulla sottrarre al monastero fondato dai suoi avi, nè potendo per l'esiguità dei redditi corrispondere le quote allo stesso concesse, preferì donare al cenobio l'intero ed incondizionato possesso del fiume in parola (1). Esamineremo più avanti se e quale fondamento sia da riconoscere alla concessione del conte Gualtiero vantata dal monastero leccese ; qui basti rilevare che il tenore del riferito inciso non conforta per niente l'assunto del Palumbo. D'altro canto non riuscirà inutile ose servare che dalla datazione di un altro documento del 1203:. «Regnante Frederico II reggi Sicilie anno VI et principatus domini nostri Gualterii dei gratia egregii principis anno II» ( 2), si ricava che ben diverso fu il titolo vantato o assunto da Gualtiero di Brienne. Le prime fortune raggiunte dal favorito del papa rimasero però annullate sull'inizio del 1205, nella rotta di Sarno, cui seguì ben presto la morte del conte Gualtiero. Albiria, rimasta vedova, si rimaritò con Giacomo di Tricarico, e mantenne il titolo di contessa di Lecce, come, ci è rivelato non da atti dispositivi, ma da vani rogiti notarili. Due documenti redatti in Lecce nel dicembre (1212 stile bizantino) e nel dicembre 1212 (1213 st. biz.) sono datati rispettivamente dal primo e dal secondo anno di regno di Ottone IV, e dall'undecimo e dal dodicesimo anno di dominio di Albiria. Ed ancora. Una donazione del vescovo di Lecce, del dicembre 1213 (1214 stile bizant.) è così datata ; «Imperante do- (l) G. G u e r r i e r i, Quallieri VI di Brienne, Napoli, 1896, pag. 45. (2) Biblioteca Brancacciana, ms. e fol. cit.

7 il 1i ill'id7,11,1wv. H h.v w G. Antonucci Robertus de Biccaro 135 mino Ottone invictiss. Romanorum imperatore semper augusto anno tercio, et comitatus Licii domini Tegrisii illustris comitis palatini anno primo et domine Albirie Brenne comitisse consortis eius anno terciodecimo» (I). A mio giudizio, la riferita tradizione leccese, che dà al conte Roberto come moglie la figlia terzogenita di re Tancredi, raccoglie una esigenza di carattere storico, il bisogno di spiegare e conciliare i rapporti, circa il dominio sulla contea di Lecce, fra i coniugi Giacomo di Tricarico e Albinadi Brenne col conte Roberto : rapporti in aperto contrasto fra loro come rilevasi dalle datazioni degli atti notarili. Ed invero : mentre un atto rogato in Lecce nel settembre 1205 (1206 st. biz.) fu così datato : Regni vero domini nostri Frederici dei gratia regis precellentissimi anno nono, et comitatus Licii domini nostri (Jacobi) egregii comitis Tricarici et domine Albirie illustriss. comitisse Brenne anno quinto», un altro atto, pure rogato in Lecce nel novembre del 1205 ( 206 st. biz.), fu invece datato : Regnante d. n. Frederico d. g. rege gloriosis. anno nono, comitatus d. n. Roberti anno duodecimo». E ciò non è tutto. Mentre un doc. del dicembre 1211 (1212 st. biz.) è datato : Imperante Octone imperii anno primo et comitatus Litii domine Albirie egregie comitisse Brenne et Tricarici anno XI, mense decembre, ind. XV», un altro doc. del giugno 1212 è invece datato : Regnante Octone imperatore anno ejus primo et comitatus domini nostri Roberti anno octavo decimo, nono intrante mense iunii, XV ind.» (2). (1) Biblioteca Universitaria di Padova, ms. 1625, fol. 259r. A chiarimento della formula di datazione che è nell'atto vescovile del dicembre 1213 non sarà inutile avvertire che Albinasi unì in terze nozze col conte Tigrisio di Madignano. Tenendo poi presente che l'altra figlia di re Tancredi, di nome Costanza, sposa Pietro Ziani, duca veneto, e che da tale unione nacque Marco Ziani, ci si spiega perchè Innocenzo IV, conferendo a quest'ultimo il 18 febbraio 1252 la contea di Lecce già dell'avo Tancredi, aggiunse che sulla stessa vantavan diritti il conte Tigrisio di Modignano e i suoi figli, cugini dello Ziani. Cfr. D. Vendo! a, op. cit., n (2) Ibidem. fol. 259r.

8 r- Hit li w Purn Til l il Tw H u,, ill lliwr,11 1r h ri wi i 11Y,11 11'4'1Th 1h17, Rinascenza Salentina I vincoli familiari fra Albina e Roberto avrebbero dunque fatto tollerare il delineato concorrente dominio loro nella contea di Lecce. Alla tradizione leccese tien dietro quella di Montescaglioso, che dice marito di Madonia, terzogenita di re Tancredi, Roberto, figlio di primo letto del conte Giacomo di Tricarico. Tanto trovo affermato in una annotazione del Tanzi: praephatus Iacobus... Albiriam, regis Tancredi filiam, Gualterii Brennensis relictam, duxit uxorem, a qua Simonem et Adelitam habuit, Robertoque Vicecomiti, ex prima uxore suscepto, Madoniam copulavit, Albiriam tertiam sororem» ( I ). Il primo conte svevo di Lecce sarebbe allora da identificare col primo genito del conte di Tricarico? A tanto condurrebbe l'altra annotazione del Tanzi, relativa alla cessione di un forno sito in Montescaglioso operata nel gennaio dal conte Giacomo di Tricarico unitamente al figlio Roberto in favore del monastero di S. Michele Arcangelo: «Nam anno 1200 Jacobus Sanseverinus Tricaricensis comes, et Apuliae et Terrae Laboris Logotheta, Caveosani comitatus potiebatur, qui praecessoris studium ac pietatem aemulatus, cum filio Roberto Viscomite, et comite honoris M. Caveosi, mense ianuarii ind. tertia, quemdam furnum monasterio adiacentem Maurino abbati, qui Michaelem nuper defunctum exceperat, largitus est '. L'atto originale di questa cessione, datato dal terzo anno regni vero gloriosissimi domini nostri Frederici, è stato già reso noto: Nos Jacobus dei et regia gratia comes Tricarici, capitaneus et magister iusticiarius Apulie et Terre Laboris, una cum Roberto benedicto filio nostro, eiusdem gratia comite honorario Montis Caveosi...» (2). L'intervento di Giacomo nella cessione suffraga il predominio di quest'ultimo nella contea di Montescaglioso, come prospettato dal Tanzi ; il quale, in riferimento a tanto, arrivò a quali- (I) S. T a n z i, Historia cronol. monasteri! S. aechaelis Archangell Montis Caveosi, Napoli, 1746, pag. 73. (2) V. Federic i, in Archiv. Soc. Rom. di dor. patria, XXVII, 1904, pg. 511 eg. a-

9 "';11N il H I! W I I 1:1'11 1 1H '411H11. 1:;',' h l HiliH i 1. 1 i il G. Antonucci - Robertus Thccaro 137 ficare Roberto viscomes. Ma l'ipotizzata identificazione rimane esclusa dal silenzio mantenuto da Roberto circa il suo dominio sulla contea di Lecce. Un'osservazione analoga a quella del Tanzi trovo formulata dal Palumbo a proposito della donazione del casale di Surbo, situato prope Liccium in comitatu Licci, operata nel febbraio 1198 in favore delle monache di S. Giovanni Evangelista, non dal conte Roberto, ma da Enrico VI. Ciò dimostra scrisse il Palumbo che Roberto Visconti non era altro che un vice-conte» ( i ). Ma l'imperatore Enrico VI era morto fin dal 29 settembre 1197 (2). E a questa circostanza, che solleva un dubbio decisivo sull'autenticità del diploma, è da aggiungere un'altra, non meno decisiva : il casale di Surbo era stato conferito all'abadessa Emma dell'indicato monastero da re Tancredi nel maggio 1190 colla clausola di libero e incondizionato possesso : libere tenendum perpetuo et sine aliquo servicio possidendum ; contro la quale clausola è l'inciso contenuto nel diploma di Enrico VI: salvis rationibus quas Licciensis episcopus in eodem casali habere consuevit et debet (3'. L'appellativo di Visconte derivò senza dubbio dall'abbreviatura de bicc che in alcuni documenti segue al nome del conte Roberto : il copista della miscellanea di Padova lesse de bice, e gli studiosi locali de vice, che sciolsero in de vicecomite (4). E qui trova posto la trascrizione dell'unico diploma del conte Roberto conservato nell'archivio di Stato di Lecce: + In nomine domini nostri Jesu Christi dei eterni. Anno ab incarnatione eiusdem millesimo centesimo nonagesimo septimo. Anno Lercio ac- (I ) P. Palumb o, op. cit., pag. 66. (2) Th. Toec h e, Kaiser HeInrich VI, Lipsia, 1867, pag Cfr. Xeues Archiv. XXVI, 1900, pag (3) G. G u e r r i e r i, I conti normanni di Lecce, estr. dall'arch. sto,. prov. napolet. XXV, 1900, pag. 21 e seg. nelle quali sono riportati il diploma di re Tancredi e quello dell'imperatore Enrico VI. (4) L. G. De S i m o n e, Lecce e i suoi monumenti, 1874, pag. 344.

10 tr:1; HI H",uw i l au. (P.ou, 14'1iiH,1,111H11111;, 1, PV likov,, :HH. ' Il 'H[,' I.i 136 Rinascenza Salentina quisitionis regni Sicilie. Regnante domino nostro Henrico Romanorum invictissimo imperatore semper augusto rege Sicilie, una cum domina nostra Constantia illustrissima imperatrice semper augusta et regina Sicilie. Et anno tercio comitatus nostri Licii, decimo die mensis octobris, indictionis quintedecime. Dum nos Robertus de Bicc dei et imperiali gratia comes Licii iugiter recogitaremus et cognosceremus vitam presentem diversis incomodis subjacere, eamque cotidiana corruptione penitus deficere instantim previdentes [., ] qualiter peccata nostra possemus redimere, quibusve beneficiis suppremum nobis iudicem complacaremus ut in eterna ta - bernacula recipi mereamur : salubri freti consilio, bona et gratiosa voluntate nostra, pro amore dei et incolumitate domini Henrici dei gratia serenissimi Romanorum imperatoris et domine Constantie illustrissime imperatricis eorumque successorum, pro remedio quoque nostro et nostrorum parentum coram subscriptis testibus concedimus tradimus et omnino donamus monasterio monialium Sancti Johannis de Licio in manibus domine Aurimpie ipsius ecclesie [venerabilis] abatisse quandam terram nostram extra civitatem Licii, iuxta murum civitatis Licii, collateralem eidem monasterio quam videlicet [terram ] monasterium ipsum tenuerat et possederat. Cuius fines irti sunt. Ab oriente via puplica per quam itur ad sanctum Nicolaum de Pecurano. Ab occidente via puplica. A meridie terra que fuit Roberti Senescalci. A septentrione via puplica. Predictam igitur terram sicut est suis finibus assignata prenominato monasterio monialium sancti Johannis de Licio cum omnibus que sibi intus et extra pertinere videntur, cum omni utilitate et regimine, cum introitu et exitu suo concessimum, tradidimus et ex toto donavimus, ut a modo in antea omni futuro tempore transeat in proprietatem et potestatem et dominium ipsius monasterii eamque franco iure teneat perpetuo atque possideat, et [de] ea et in ea velle et comodum suum libere faciat sine omni nostra et nostrorum heredum seu successorum vel omnium hominum contradictione vel molestia aut requisitione. Statuimus autem ut si quis instigante diabolo hanc nostram concessionem et donationem in toto vel in parte evacuare seu infrangere presumpserit obbligamus eum imperiali curie uncias auri bonorum tarenorum Sicilie triginta et totidem eidem monasterio.componere. Et post pene compositionem hostis ille sileat invitus integre et inlibate observatis omnibus que prediximus. Et ad perpetuam securitatem et defentionem ipsius monasterii hoc b[reve offersionis] concessionis et donationis per manus Marsilii curialis et puplici notarij nostri Liciensis scribi fe-

11 Itnw171 Iir'inllil71 I I 'T'.14 TI I G. Antonucci - Robertus de Mccaro 1 39 cimus, nostraque attestatione et sigillo nostro plumbeo communivimus. Ego Robbertus comes Licii propria manu subscribens hoc confirmo. Ego Fulco Licii episcopus. Ego Kristoforus de Bucro comestabilis testis sum. Signum crucis proprie manus Rogerii Buccelli. Signum crucis proprie manus Guidonis de Bardo. 4. Signum crucis proprie manus Americi Boniseculi. Signum crucis proprie manus Teustanij. Signum crucis proprie manus Alexandri de Bardo. (l). Ed ecco ora il testo del secondo dei due diplomi del conte Roberto di Lecce trascritti nella raccolta miscellanea di Padova (fol. 258) : a-- + In nomine domini nostri lesu Christi. Anno ab incarnatione eius millesimo centesimo nonagesimo sexto, et anno secundo acquisitionis regni Sicilie. Regnante domino nostro Henrico serenissimo Romanorum imperatore semper augusto et rege Sicilie, una cum eo domina nostra Constantia iìlustrissima Romonorum imperatrice serenissima augusta et regina Sicilie, et anno secundo comitatus nostri Licii, die septimo mensis maii, indictione quintadecima. Quas grates domino nostro lesu Christo exhibere debemus, nec mens nostra potest concepere nec lingua proferre laudes, multa namque pro eius providentia sepenumero largitates suscepimus et innumerabilia per ipsum beneficia profitemur, et quia sine fructu boni operis nichil constat esse perfectum, nec mercedis retributio speravi potest sine labore. Ideo cum nos Robbertus de Bice dei et imperiali gratia comes Licii invenissemus monasterium beatorum Christi confessorum Nicolai atque Cataldi de comitatu nostro Licii tenere [et possidere] quamdam domum in civitate Brundusii : [ ] et credemus ipsam domum ad nos propter comitatum nostrum pertinere [Qua re] nolentes iura monesterii detinere, ne, desiderio doviciarum, ecclesiarum iura diminundo, anima nostra inferni incurrat supplicium, timentes siquidem apostolicam censuram a beatissimo papa Alexandro bone memorie per privilegium eidem monasterio statutam, obedientes et littteris domine nostre Constancie serenissime (I) La trascrizione di questo documento mi è stata resa possibile dalla grande cortesia dell'amico Giovanni Cota, che mi ha fatto avere allo scopo la fotografia della corrosa pergamena conservata nel fondo De Simone dell'archivio di Stato di Lecce.

12 iu al 'or h ",VIII 1 i i ri 1r I ill 140 Rinascenza Salentina imperatricis, quibus nobis precepit, ut omnes res et possessiones monasterii eidem monasterio restituiremus, nos supra Robbertus] offerimus donamus restituimus [eamdem domum eidem monasterio]. Ad securitatem igitur ipsius monasterii et perpetuum firmamentum, presens privilegium per manus Riccardi camere nostre notarii, scribi iussimus et signum vivifice crucis propria manu subscripsimus, bullaque plumbea nostro tipario impressa fecimus roborari et subcriptos alios fecimus subnotari. Anno mense die et indictione prescriptis. 3=- Le compiute segnalazioni e i prospettati rilievi consigliano di dare al compendio de Bicc quest'altro scioglimento: de,viccaro, che, indipendentemente da ogni altra considerazione, è suggerito dalla forma stessa dell'abbreviatura. Si trattò dunque d'una designazione toponimica, derivata a Roberto forse perchè discendente dalla vecchia famiglia signorile di Biccari, e come tale trascurabile, e perciò spesso trascurata di fronte al titolo comitale concessogli da Enrico VI. Il proposto scioglimento porta ad identificare il Wobertus de Biccaro comes Licii, segnalato dai riportati documenti, con il nobilis vir Robertus de Biccaro che incontriamo nella bolla che Innocenzo III indirizzò da Anagni nel 1203 archiepiscopis, episcopis, abbatibus et nobilibus viris comitibus, baronibus et civibus constitutis per Apuliam et Verram LaborisO). Con essa il pontefice, lamentata e riprovata la ribellione che i cittadini di Brindisi, di Matera, di Barletta, di Otranto e di Gallipoli andavano svolgendo contro il conte Gualtiero di Brienne, ordinò che venissero sottoposti ad interdetto, ed i pervicaci opportunamente puniti, precisando nei seguenti termini la disposizione in proposito impartita: Quia vero nobilibus viris S(imoni) Gentili comiti, Roberto de,viccaro, Nicolao de Fontanellis et frairibus eius, Pan(dulfo) de Aquino et lordano (ilio comitis Sancii Felicis parati sumus toni de comite ipso quam aliis contro quos movere voluerint questionem plenam iustitiam exhibere quod per vos eis volumus nuntiari. (1) D. Vendola, op. cit., n. 35. o

13 lu 11:1111! G. Antonucci - Robertus de Biccaro 141 Il silenzio mantenuto dal papa sul titolo comitale prima riconosciuto a Roberto de Biccaro è spiegato dalla investitura della contea di Lecce successivamente concessa a Gualtiero di Brienne. Ma, anche privato del titolo comitale, Roberto de Biccaro conservò nella estimazione di Innocenzo III un posto non inferiore a quello goduto dal nuovo investito: lo dimostra ed in maniera inequivoca il mandato conferitogli con la suddetta bolla. E considerando appunto tale atteggiamento del pontefice, che riconosceva autorità e potere tanto a Roberto de Biccaro come a Gualtiero di Brienne, e tenendo nel contempo presente l'acquiescenza dell'intera contea di Lecce verso la condotta politica papale, ci riesce facile intendere le rilevate contrastanti formule che ricorrono nella datatio degli atti notarili. In altri termini, non essendovi stata una revoca, o quanto meno un esplicito disconoscimento dell'investitura conferita a Roberto de Biccaro, ed essendo mancata da parte dei cittadini leccesi ogni ribellione ai provvedimenti promossi o convalidati dal pontefice, i notai del luogo non ebbero alcuna difficoltà a mantenere in vigore la formula in corso da anni e nello stesso tempo introdurre la nuova più o meno conforme ai sopraggiunti avvenimenti. E ciò non è tutto : perchè se consideriamo gli anni di dominio in Lecce attribuiti dai rogiti su riferiti in misura eguale ad Albiria ed a Giacomo, i quali non poterono unirsi in matrimonio che dopo, e non poco dopo la rotta di Sarno, si è indotti a vedere riflessa in quelle datationes non già una indecisione del dominio politico, ma una certa tradizionale compiacenza verso i nuovi signori nominali di Lecce. E qui merita d'essere ricordato l'atto rogato in Ostuni nel marzo del 1200, comitatus domini nostri Roberti anno sexto, a proposito di una appellatio in curia domini comitis ( 1 ). Da mesi Gualtiero di Brienne era stato investito della contea di Lecce, ma Ro- (1) L. Pepe, op. cit., pag. 35.

14 2, '!:1!I il ''141, H"ui 'r, 11 d:,`11 ;11 1,u, 12jU' HrIHHI', 1 91 I» h Lifi 1.11`'.Ya 142 Qinascenza Salentina berto de Biccaro continuava a mantenerne il potere, in modo effettivo ed operante. Il numero limitatissimo dei docur,12nti a noi pervenuti non ci permette ulteriori precisazioni, ma tutto fa apparire fondato il delineato orientamento, che trova una chiara, sebben tarda conferma, nella seguente carta ostunese: [4 Ab incarnatione] domini nostri lesu Christi. Anno millesimo du. centesimo octavodecimo. Regnante domino nostro Frederico dei gratia rege gloriosissimo [anno vi]cesimo primo et comitatus domini nostri Roberti anno vicesimo quarto. mense octuber, sexte indictionis. Ego Caradonna filia Deo, civitatis Hostunii, declaro qualiter idem pater meus, cum me primo marito magistro Miloni tradidit, mihi in dotem dedit medietatem [ ] sue possessionis, et ut alia medietas ex dotali pacto ad me reverteretur, si soror mea Gemmata sine heredibus moreretur, sicut in instrumento exinde facto continetur [.... mort]ua itaque Gemmata sine heredibus proposui querelam et peticionem coram domino nostro Roberto illustri comite Liccie de quibusdam olivis et terris que sunt in arcubus contra abbatem sancti Antonii de Liccie cui eadem soror mea contra tenorem instrumenti mihi a patre communi fatti donaverat et obtulerat, et ipsa oblacione infirmata et evacuata ex racionibus meis eidem domino comiti ostensis, cum ipse olive et terre mihi de iure pertinerent, devoluerent, et consensu eiusdem domini nostri Roberti egregii comitis et domine Cecilie illustris comitisse eius consortis sicut in Litteris suis continetur, ego prenominata Caradonna stante mecum sir Luca do et off ero ecclesie sancte Marie nostri episcopii ipsas olivas omnes et terras quas pater meus predictus habuit in predicto loco de arcubus coram domino Kurione archidiacono, presbitero lohanne de Surbo. presbitero Palma, Sanctoro et Nicolao iudicibus et trado eas in manu domini Raynaldi reverendi Hostunensis episcopi vice ipsius ecclesie recipientis. Tenor autem litterarum de consensu domini comitis talis erat. Robertus dei et regis gratia comes Liccie iudicibus et notano lonathe dilectis fidelibus suis salutem et amorem. Venerabilis dominus episcopus Hostunensis noster in Christo pater exposuit nobis quod Caradonna quondam uxor magistri Darii et Milonis obtulit ecclesie Hostunensis olivas que sunt in loco de arcubus que ad ipsam devenerunt propter pactum appositum et condicionem quando pater suus dedit eas in dotem Gemmate

15 1 IU 9,Hil Ii 117 H i I / I V, "YYI G. Antonucci - Robertus de Biccaro 143 _ filie sue. Unde quia de voluntate nostra est et dilette consortis nostre prefatam o[ffersionem de predi]ctis olivis posset fieri et valeri, mandamus tibi predicto notarlo ut exinde dicte ecclesie instrumentum conscribas et v[.. les subtestemini, >-=.1 Predictas itaque olivas et terras de consensu domini comitis et docomitisse prout ostensum est, [cum omnibus et reliquis arboribus, cum omnibus que infra re habet et continet, cum transitibus et exitibus [et exitibus] suis, pro salute anime mee et patris et matris mee et omnium in Christo defunctorum offero et trado per librum sacri evangelii in manu domini episcopi ut omni tempore sint Hostunensis ecclesie ad semper ha- = bendum tenendum et possidendum et faciendum de eis quod ipsi ecclesie placuerit absque contrarietate mea et meorum heredum et omnium homi- _ num, et statim idem dominus episcopus recepit me et animas patris et 3- matris mee in oracionibus et elemosinis et beneficiis que cotidie fiunt in predicta nostra matre ecclesia. Unde voluntarie stante mecum pro advocato iamdicto sire Luca guadiam dedi prenominato reverendo episcopo me,_. -=-- fideiussore posita, ut in hac oblacione et tradicione omni tempore ego et mei heredes maneamus et defensores exinde existamus. Quod si aliter fecerimus obligo me et meos heredes componere predicte ecclesie regales quinque totidemque in puplico et quod prelegitur invite adimplere. Districta me ipsa obbligatrice et mediatrice licentiam tribuente prefato do mino episcopo vice et locis ipsius ecclesie recipienti qui supra quam successoribus pignerandi me meosque heredes per omnia pignora licita et illicita sine kallumnia et appellatione donec omnia compleantur ut supra. Et hec carta oblacionis et tradicionis mee sit firma semper, quam meo rogatu scripsit Ionatha curialis notarius qui et interfuit mense et indictione pretitulatis. Signum manus Caradonna que supra, Nicolaus iudex qui supra (i). 3 = Contro il delineato orientamento si troverebbe, per la verità, l'inciso contenuto nel sopra ricordato diploma di Ugo di Brienne. = - Ma a far seriamente dubitare della concessione asserita dai monaci Y 3- = (1) Debbo un ringraziamento cordiale al prof. Andrea Anglani di Ostuni, che, procurandomi la fotografia della pergamena conservata in quell'archivio vescovile, mi ha dato la possibilità di rendere nota la lezione integrale del documento.

16 1:1!1 I h! H '1`1,91.1 i i I!!!I 7', II II NTI 1i 1Hir I W I I 7, H H I I li rh IH H I i il I II 144 Rinascenza Salentina di S. Nicola e Cataldo concorre ed in modo decisivo un atto di notorietà raccolto il 5 dicembre 1271 dal giudice leccese Giovanni di sire Leone 0): i testi escussi deposero concordemente che continua e pacifica era stata sempre da parte dei funzionari della curia la corresponsione dei 400 ducati annui de proventibus fluminis Licii, ma non fecero cenno alcuno nè diretto nè indiretto della ulteriore concessione attribuita a Gualtiero di Brienne. Giovanni Antonucci APPENDICE Pubblico qui due documenti inediti esistenti nell'archivio di Stato di Lecce ed entrambi relativi al tema pazientemente e forse non inutilmente discusso. Li ho trascritti di sulle fotografie procuratemi dal direttore Giovanni Cota, al quale va pertanto la mia viva riconoscenza. I. 1195, gennaio, ind. XIII. Roberto Campizolo, miles et baro et habitator di Ostuni, desiste da una lite che aveva col monastero leccese di S. Giovanni Evangelista. Ab incarnatione domini nostri lesu Christi. Anno millesimo centesimo nonagesimo quinto. Regnante domino nostro Henrico dei gratia Romanorum imperatore gloriosissimo semper augusto anno primo, et comitatus domini nostri Roberti anno primo, mense januarii, terciedecime indictionis. Quia spes iniquitatis est et porcio doli mali ducere hominem in causam iniuste vel cum eo questionari. Iccirco ego Robertus Campizolus miles et baro et habitator civitatis Ostuni, dum lites plurimas tecum habere domina Aurimpia sancti Ioannis Licii venerabili abbatissa pro parte magistri Umfredi filii [Ste] phani predicte civitatis Ostuni et filiorum eius: quos villanos meo et in possessione feudi mei esse dicebam. Pars vestra e contrario esse homines predicti monasteri allegabat instanter. Et cum (1) N. Bodin i, Demani della città di Lecce, Documenti, 1, Lecce, 1912, p. 30 seg.