Il Sistema Cardiocircolatorio

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1 Prof. Marcello Bracale Marcello Bracale Il sistema circolatorio, endocrino e nervoso rappresentano i principali sistemi di coordinazione e di integrazione dell'organismo. Mentre il sistema nervoso è coinvolto principalmente nella trasmissione degli impulsi, e quello endocrino nella regolazione di determinate funzioni dell'organismo, il sistema circolatorio garantisce il trasporto e la distribuzione ai tessuti di sostanze essenziali, nonché la eliminazione delle scorie metaboliche. Inoltre, il sistema circolatorio interviene nei meccanismi omeostatici, quali la regolazione della temperatura corporea, la comunicazione per via umorale tra le zone dell'organismo e la regolazione del- l'afflusso di ossigeno e di sostanze nutritizie in condizioni fisiologiche diverse. Il sistema cardiovascolare che svolge tali funzioni si compone di una pompa, di una serie di tubi per la distribuzione e la raccolta del sangue e di un'estesa rete di piccoli vasi (capillari) che consentono un rapido scambio fra i tessuti e i canali vascolari. Di seguito è riportata la descrizione del funzionamento delle varie componenti del sistema vascolare e dei meccanismi di controllo, compresi quelli di autoregolazione, che sono responsabili delle modificazioni nella distribuzione del sangue necessarie a far fronte al continuo variare delle esigenze dei vari tessuti, in risposta a tutta una serie di condizioni fisiologiche e patologiche. Prima di passare ad un'analisi particolareggiata del funzionamento delle varie parti del sistema circolatorio, sarà utile considerarlo nel suo complesso, soffermandoci esclusivamente sulla sua descrizione. Il cuore è formato da due pompe collegate in serie: una che spinge il sangue nei polmoni per realizzare lo scambio di ossigeno e anidride carbonica (circolazione polmonare), e l'altra che spinge il sangue in tutti i tessuti dell'organismo (circolazione sistemica). Il flusso unidirezionale attraverso il cuore è garantito dalla dislocazione appropriata di una serie di valvole. La gittata cardiaca è intermittente, ma alla periferia il flusso è continuo grazie alla dilatazione dell'aorta e dei suoi rami durante la fase di contrazione ventricolare (sistole), seguita dal ritorno elastico delle pareti dei grandi vasi e, quindi, dalla propulsione anterograda del sangue durante la fase di rilasciamento ventricolare (diastole). Il sangue scorre rapidamente attraverso l'aorta e i rami arteriosi; questi si riducono progressivamente di calibro, mentre diminuisce anche lo spessore parietale e si verifica tutta una serie di modificazioni istologiche man mano che ci si avvicina alla periferia. Iniziando da una struttura prevalentemente elastica, l'aorta, nelle arterie periferiche tende a prevalere il tessuto muscolare, finché a livello delle arteriole lo strato muscolare predomina nettamente (Fig. 1.1). Fino a che non si raggiungono le arteriole, la resistenza al flusso ematico è relativamente ridotta e, nonostante la rapidità del flusso arterioso, la diminuzione della pressione tra la radice aortica e l'origine delle arteriole è relativamente trascurabile (Fig. 1.2). Le arteriole, che rappresentano in un certo senso i regolatori di flusso del sistema vascolare, costituiscono i principali punti di resistenza al flusso sanguigno nell'intero sistema circolatorio. Ciò si riflette nel marcato calo pressorio che accompagna il passaggio dalle arteriole stesse ai capillari. La variabilità della contrazione della muscolatura circolare di questi piccoli vasi consente di regolare il flusso sanguigno ai tessuti e di controllare la pressione arteriosa. Oltre ad una netta riduzione della pressione, a livello delle arteriole il flusso da pulsatile diventa continuo. Il flusso arterioso pulsatile (o pulsatorio), dovuto all'intermittenza della gittata cardiaca, viene smorzato a livello capillare dalla combinazione fra distensibilità delle grandi arterie e resistenza frizionale offerta dalle arteriole. Molti capillari hanno origine dalla stessa arteriola, per cui l'area della sezione trasversale totale del letto capillare è notevolmente elevata, nonostante che l'area della sezione trasversale di ogni singolo capillare sia inferiore a quella di ogni singola arteriola. Di conseguenza, il flusso ematico nei capillari diventa piuttosto lento, analogamente alla diminuzione della velocità del flusso osservabile nelle zone più larghe lungo il corso di un fiume. Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 1 di 24

2 Prof. Marcello Bracale Poiché i capillari sono formati da corti tubi le cui pareti hanno lo spessore di una cellula, e dato che la velocità di flusso è bassa, nel letto capillare si instaurano condizioni ideali perché si realizzi, per diffusione, lo scambio di sostanze fra sangue e tessuti. Durante il ritorno al cuore dai capillari, il sangue attraversa le venule e poi vene di calibro crescente. Man mano che ci si avvicina al cuore, il numero delle vene diminuisce e variano lo spessore e la composizione delle loro pareti (Fig. 1.1); si ha anche una diminuzione dell'arca della sezione trasversale totale dei canali venosi e un aumento della velocità del flusso ematico (Fig. 1.2). Si tenga inoltre presente che gran parte del sangue circolante si trova nel sistema venoso (Fig. 1.2). In un cane del peso di 20 chilogrammi (Tab. 1.1) il numero dei vasi aumenta di circa tre miliardi di volte e l'arca della sezione trasversale totale aumenta di circa 500 volte passando dall'aorta ai capillari. Il volume ematico nei capillari è pari al 5% del volume ematico complessivo rispetto all'11% nell'aorta, nelle arterie e nelle arteriole, e al 67% nelle vene e nelle venule. Fig. 1.1 Diametro interno, spessore e quantità relative dei componenti le pareti dei vasi sanguigni che costituiscono il sistema circolatorio. Le sezioni trasversali non sono in scala per l'eccessiva differenza fra aorta, vene cave e capillari. (Ridisegnato da: Burton A.C.: Physiol. Rev. 34: 619, 1954.) Pag. 2 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

3 Prof. Marcello Bracale Fig. 1.2 Pressione, velocità di flusso, arca della sezione trasversale e capacità dei vasi sanguigni nella circolazione sistemica. 1 dati 'più importanti sono rappresentati dal rapporto inverso fra velocità ed arca della sezione trasversale, dal notevole calo pressorio a livello delle arteriole, dall'arca della sezione trasversale massima associata alla minima velocità di flusso a livello dei capiliari, e dalla rilevante capacità del sistema venoso. La piccola ma brusca diminuzione della pressione nelle vene cave indica il punto in cui questi vasi entrano nella cavità toracica e riflette l'effetto della pressione intratoracica negativa. Per consentire la rappresentazione schematica di velocità ed arca della sezione trasversale nella stessa scala lineare, i valori più bassi sono dati solo in maniera approssimativa. AO, aorta; GA, grandi arterie; PA, piccole arterie; ART, arteriole; CAP, capillari; VEN, venule; PV, piccole vene; GV, grandi vene; VC, vene cave. Viceversa, nel letto vascolare polmonare il volume di sangue è diviso quasi equamente fra vasi arteriosi, capillari e venosi. La sezione trasversale delle vene cave è maggiore di quella dell'aorta (anche se questo non appare nella Fig. 1.2, dato che l'arca della sezione trasversale delle vene cave e dell'aorta è all'incirca nulla dovendo includere nella scala anche i capillari), e pertanto il sangue vi scorre più lentamente che nell'aorta. Il sangue che entra nel ventricolo destro dall'atrio destro è pompato nel sistema arterioso polmonare ad una pressione media pari a circa 117 di quella sistemica. Il sangue attraversa quindi i capillari polmonari, dove cede anidride carbonica e si arricchisce di ossigeno; il sangue ossigenato ritorna nell'atrio sinistro attraverso le vene polmonari, e dall'atrio al ventricolo sinistro per completare il ciclo. Pertanto, nella circolazione normale il volume ematico complessivo resta costante e ad ogni incremento volumetrico in un distretto corporeo deve corrispondere una riduzione in un altro distretto. Tuttavia, la velocità alla quale il sangue circola nelle diverse regioni dell'organismo dipende dalla gittata del ventricolo sinistro e dallo stato di contrazione delle arteriole (vasi di resistenza) ivi presenti. Il sistema circolatorio si compone di più condotti disposti in serie ed in parallelo (Fig. 1.3). Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 3 di 24

4 Prof. Marcello Bracale Fig. 1.3 Schema della disposizione in parallelo ed in serie dei vasi che compongono il sistema circolatorio. 1 letti capillari sono indicati da linee sottili che collegano le arterie (sulla destra) con le vene (sulla sinistra). Le zone scure semicircolari in prossimità dei letti capillari indicano le arteriole (vasi di resistenza). (Da: Green H.D., in Glasser O., editor. Medica] Physies, voi. 1, Chicago, 1944, Year Bc>ok Medical Publi- sbers, Inc.) Fig.1.4 Rappresentazione schematica del sistema di conduzione del cuore. Pag. 4 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

5 Prof. Marcello Bracale Controllo della portata cardiaca: accoppiamento cuore vasi sanguigni Comunemente, si ritiene che siano i seguenti quattro fattori (Fig. 9.1) a controllare la portata cardiaca: frequenza cardiaca, contrattilità miocardica, pre-carico, post-carico. La frequenza cardiaca e la contrattilità miocardica sono fattori cardiaci in senso stretto; essi sono caratteristici dei tessuti cardiaci, anche se sono soggetti ad una serie di alterazioni da parte di alcuni meccanismi di origine nervosa e umorale. Il pre-carico ed il post-carico,dipendono invece dalle caratteristiche del cuore e del sistema vascolare. Da un lato, il pre-carico ed il post-carico sono importanti fattori determinanti la portata cardiaca; d'altro lato, il pre-carico ed il post-carico sono essi stessi determinati dalla portata cardiaca e da alcune caratteristiche del sistema vascolare. Essi possono essere definiti fattori di accoppiamento, in quanto costituiscono un accoppiamento funzionale fra il cuore ed i vasi sanguigni. Il cuore pompa il sangue nell'intero sistema vascolare; contemporaneamente, quest'ultimo in parte determina il pre-carico ed il post-carico e, pertanto, regola la quantità di sangue che il cuore pomperà per ogni unità di tempo. Dunque essenziale, ai fini della comprensione dei meccanismi che regolano la portata cardiaca, avere un'idea più precisa della natura dell'accoppiamento fra cuore e sistema vascolare. Guyton e colleghi hanno elaborato delle tecniche grafiche delle quali faremo uso, in forma modificata, per studiare le interazioni fra le componenti cardiache e vascolari del sistema circolatorio. L'analisi grafica presuppone due relazioni funzionali simultanee tra la portata cardiaca e la pressione venosa centrale (ossia, la pressione in atrio destro e vene cave a livello toracico). La curva che definisce una di tali relazioni è detta curva della funzione cardiaca: essa esprime la ben nota legge di Frank-Starling (pag. 72), ossia il fatto che la portata cardiaca dipende almeno in parte dal pre-carico (cioè la pressione venosa centrale o in atrio destro). La curva di funzione cardiaca è una caratteristica intrinseca del cuore, che è stata studiata in cuori completamente isolati dal resto del sistema circolatorio (Fig. 4.12). La seconda relazione funzionale fra la pressione venosa centrale e la portata cardiaca è definita da una seconda curva, che verrà detta curva della funzione vascolare. Tale relazione dipende unicamente da determinate caratteristiche del sistema vascolare e, in particolare, dalla resistenza periferica, dalla capacitanza arteriosa e venosa e dal volume ematico. La curva della funzione vascolare è totalmente indipendente dalle caratteristiche del cuore, e può essere studiata anche se il cuore viene sostituito da una pompa meccanica. Curva della funzione vascolare La curva della funzione vascolare definisce le variazioni della pressione venosa centrale che conseguono alle variazioni della portata cardiaca: la pressione venosa centrale rappresenta dunque la variabile dipendente (o risposta), mentre la portata cardiaca costituisce la variabile indipendente (o stimolo). Si tratta in sostanza della situazione opposta rispetto a quella espressa dalla curva della funzione cardiaca, dove la pressione venosa centrale (o pre-carico) costituisce la variabile indipendente e la portata cardiaca è la variabile dipendente. Il modello semplificato del sistema circolatorio illustrato nella Fig. 9.2 servirà a spiegare come la portata cardiaca determini il livello della pressione venosa centrale. Le componenti fondamentali del sistema cardiovascolare sono state condensate in quattro elementi: le sezioni cardiache destra e sinistra, nonché il letto vascolare polmonare sono considerati come un unico ossigenatore a pompa, analogo a quelli utilizzati durante gli interventi chirurgici a cuore aperto. La microcircolazione ad alta resistenza è indicata come resistenza periferica. Infine, l'intera capacitanza del sistema è suddivisa in due componenti, la capacitanza arteriosa totale, C a, e la capacitanza venosa totale, C v. In base alla definizione precedentemente data, la capacitanza (C) rappresenta l'incremento volumetrico (dv) rapportato alla variazione unitaria di pressione (dp): C = dv/dp Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 5 di 24

6 Prof. Marcello Bracale La capacitanza venosa è pari a circa 20 volte quella arteriosa; nell'esempio che segue, il rapporto fra Cv e Ca sarà stabilito in 19:1 per semplificare determinati calcoli. Pertanto, se si dovesse aggiungere x ml di sangue al sistema arterioso per ottenere un incremento della pressione arteriosa pari ad 1 mmhg, sarebbero necessari 19x ml di sangue da aggiungere al sistema venoso per ottenere un analogo incremento della pressione venosa. Quando il sistema-modello descritto è in condizioni di riposo, le pressioni sono le stesse per tutto il circuito. La pressione in condizioni di riposo dipende unicamente dal volume ematico complessivo presente nel sistema e dalle caratteristiche elastiche delle pareti vascolari (ossia, dalla capacitanza complessiva del sistema). Tale pressione di equilibrio è stata definita pressione circolatoria media: per volumi sanguigni normali e vasi in condizioni normali, la pressione circolatoria media è stata stimata intorno ai 7 mmhg. Sulla sinistra della freccia 1, nella Fig. 9.3, la pressione arteriosa (Pa) e la pressione venosa (Pv) sono entrambe pari a 7 mmhg quando la portata cardiaca è 0. Supponiamo che l'ossigenatore (o, semplicemente, la pompa) della Fig. 9.2 inizi improvvisamente a trasmettere un flusso costante di 1 l/min (freccia 1, Fig. 9.3), e supponiamo che le resistenze periferiche restino costanti sul valore di 20 mmhg/l/min. La direzione del flusso di sangue sarà dal lato venoso a quello arterioso della circolazione; a causa del passaggio di tale volume ematico, la pressione inizierà a scendere sul lato venoso salendo invece su quello arterioso. La pressione arteriosa (Pa) continuerà a salire e la pressione venosa (Pv) continuerà a scendere fino a che il gradiente pressorio (Pa-Pv) sarà sufficientemente elevato da consentire il passaggio di un flusso Q pari ad 1 l/min per la resistenza periferica R. Il gradiente pressorio attraverso tale resistenza periferica è spesso indicato con il termine di vis a tergo; esso rappresenta l'unico fattore da cui dipende il ritorno venoso, ed è definito dall'azione di pompa del cuore. In condizioni di equilibrio, il flusso attraverso le resistenze periferiche deve essere pari al flusso che viene pompato dal cuore. Occorre un gradiente pressorio di 20 mmhg per far passare un flusso pari ad 1 l/min attraverso una resistenza di 20 mmhg/l/min; se il rapporto Cv/Ca è del tipo 19:1, tale gradiente pressorio sarà raggiunto con un incremento di 19 mmhg nel valore di Pa, accompagnato da un calo di 1 mmhg nel valore di Pv. I lettori interessati alla derivazione di tali risultati troveranno nel paragrafo successivo le equazioni utilizzate. Fig.9.1 I quattro fattori che determinano la portata cardiaca Pag. 6 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

7 Prof. Marcello Bracale Fig. 9.2 Modello semplificato del sistema cardiovascolare, formato da un ossigeneratore a pompa, una capacitanza arteriosa (C.), una resistenza periferica e una capacitanza venosa (C,). Fig. 9.3 Variazione della pressione arteriosa (P.) e veno- sa (P,) nel modello circolatorio riportato nella figura precedente. Le resistenze periferiche totali sono pari a 20 mmhg/l/min, ed il rapporto C./C. è 19: I. La portata cardiaca CO (cardiac output) è 0 sulla sinistra della freccia 1, mentre sale ad 1 l/min in corrispondenza di tale freccia e, quindi, a 5 l/min all'altezza della freccia 2. Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 7 di 24

8 Prof. Marcello Bracale Circolazione fetale La circolazione fetale presenta numerose differenze rispetto a quella nel neonato. I polmoni del feto sono funzionalmente inattivi e il feto dipende completamente dalla placenta per l'apporto di ossigeno e sostanze nutritizie. Attraverso la vena ombelicale il sangue fetale ossigenato passa dalla placenta al fegato, mentre una porzione minima si dirige direttamente nella vena cava inferiore attraverso il dotto venoso (Fig. 1 I. 1 5). Nella vena cava inferiore esso si mescola al sangue proveniente dalla metà inferiore dell'addome e dagli arti inferiori: il flusso risultante, a sua volta, si mescola con il sangue proveniente dalle vene epatiche che drenano il fegato. Fig Schema della circolazione fetale. I numeri non in parentesi indicano la distribuzione della portata cardiaca come percentuale della somma della portata ventricolare destra e sinistra; i numeri in parentesi esprimono, invece, la saturazione percentuale di O 2 del sangue che scorre nel vaso indicato. In alto a sinistra, è raffigurato il tragitto di una porzione consistente del flusso in vena cava inferiore, attraverso il foramen ovale e, quindi, nell'atrio sinistro (i valori riportati per la distribuzione percentuale dei flusso sanguigno e la saturazione di O 2 sono tratti da: Dawes G.S., Mott. J.C., Widdicombe J.G., J. Physiol. 126: 563, 1954). Le varie correnti di sangue tendono a mantenere la propria identità all interno della vena cava inferiore e vengono divise in due flussi di diversa entità dal margine del setto interatriale (crista dividens). Il flusso più consistente, formato soprattutto da sangue proveniente dalla vena ombelicale, passa direttamente nell'atrio sinistro attraverso il foramen ovale, situato fra la vena cava inferiore e l'atrio sinistro (Fig ). L'altra corrente entra invece nell'atrio destro, dove viene raggiunta dal sangue proveniente dalla vena cava superiore, che drena la parte superiore dell'organismo, nonché dal sangue proveniente dal miocardio. A differenza di quanto si verifica nell'adulto, nel quale i ventricoli destro e sinistro pompano in serie, nel feto i ventricoli operano fonda mentalmente in parallelo. A causa delle elevate resistenze polmonari, meno di 1/3 della Pag. 8 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

9 Prof. Marcello Bracale gittata ventricolare sinistra attraversa i polmoni; il rimanente entra nel dotto arterioso, che collega l'arteria polmonare all'aorta in un punto situato distalmente rispetto all'origine delle arterie brachiali e cervicali. Il sangue passa dall'arteria polmonare all'aorta e non viceversa, poiché la pressione nell'arteria polmonare è superiore di circa 5 mmhg alla pressione aortica; il notevole volume ematico pro- veniente dal foramen ovale e diretto nell'atrio sinistro viene raggiunto dal sangue proveniente dalla circolazione polmonare ed è quindi pompato dal ventricolo sinistro nell'aorta. Circa 1/3 del sangue ivi contenuto va ad irrorare le regioni cervicali, toraciche superiori e brachiali; i rimanenti 2/3 irrorano il resto del corpo e la placenta. La quantità di sangue pompato dal ventricolo sinistro è superiore di circa il 20% a quella pompata dal ventricolo destro e gran parte del sangue che scorre nell'aorta discendente va ad irrorare la placenta attraverso le due arterie ombelicali. La Fig mostra la distribuzione del flusso ematico fetale come percentuale delle portate ventricolari destra e sinistra combinate: si osservi che oltre la metà di tale portata torna direttamente nella placenta senza attraversare alcun letto capillare; la Fig mostra anche la saturazione di 0 2 del sangue (cifre in parentesi), a varie altezze lungo la circolazione fetale. Il sangue che lascia la placenta è saturato all'80%, mentre la saturazione del sangue che attraversa il foramen ovale è del 67% per la compresenza di sangue desaturato proveniente dalle regioni inferiori dell'organismo e dalla circolazione epatica. L'aggiunta del sangue desaturato proveniente dai polmoni riduce ulterionnente al 62% la saturazione del sangue nel ventricolo sinistro, che va quindi ad irrorare le regioni cervicali e brachiali. Il sangue nel ventricolo destro, miscela di sangue desaturato proveniente dalla vena cava superiore, dalla circolazione venosa coronarica e dalla vena cava inferiore, presenta una saturazione di 0 2 del 52% circa. Quando una porzione consistente di tale volume ematico attraversa il dotto arterioso, unendosi a quello pompato dal ventricolo sinistro, la saturazione di 02 del sangue che irrorerà le regioni inferiori del corpo, per tornare successivamente alla placenta, passa al 58%. Risulta quindi evidente che i tessuti che ricevono sangue a più elevata saturazione sono il fegato, il cuore e le regioni superiori del corpo, compresa la testa. I villi corionici penetrano nei seni della placenta favorendo lo scambio transmembrana di ossigeno, anidride carbonica, sostanze nutritizie e scorie metaboliche; la barriera a tale scambio è abbastanza larga e l'equilibrio della tensione di 0 2 fra le due circolazioni non è raggiunto alle normali velocità di flusso sanguigno. Per tale motivo, la tensione di 0 2 del sangue che lascia la placenta è molto bassa: se non fosse per il fatto che l'emoglobina fetale possiede una maggiore affinità all'ossigeno che nell'adulto, il feto non riceverebbe un apporto di ossigeno sufficiente. La curva di dissocciazione ossiemoglobinica risulta spostata sulla sinistra di modo che, a parità di pressione di O 2, il sangue fetale conterrà una percentuale di ossigeno maggiore di quello materno. Se la madre è soggetta ad ipossia, la riduzione della tensione di O 2 si riflette, a livello fetale, nelle sviluppo di tachicardia e nell'aumento del flusso ematico attraverso i vasi ombelicali. Se l'ipossia persiste, o se il flusso attraverso i vasi ombelicali risulta in qualche maniera ostacolato, si sviluppano condizioni di sofferenza fetale segnalate in primo luogo dall'insorgenza di bradicardia. Nelle prime fasi dello sviluppo fetale gli elevati livelli cardiaci di glicogeno (che si riducono gradualmente fino ad eguagliare, al momento della nascita, quelli tipici dell'adulto) probabilmente proteggono il cuore da periodi acuti di ipossia. Modifiche circolatorie alla nascita I vasi ombelicali possiedono spesse pareti muscolari estremamente sensibili all'azione di traumi, tensioni, ammine simpaticomimetiche, bradichinina, angiotensina e variazioni della tensione di O 2,; negli animali il cui cordone ombelicale non viene legato, l'emorragia è impedita dalla costrizione di tali vasi in risposta ad uno o più degli stimoli suddetti. La chiusura dei vasi ombelicali provoca l'aumento delle resistenze periferiche totali e della pressione sanguigna. Quando il flusso ematico attraverso la vena ombelicale cessa, il dotto venose - un vaso a pareti spesse dotato di sfintere muscolare - si chiude; attualmente non sappiamo quale fattore sia responsabile di tale fenomeno. Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 9 di 24

10 Prof. Marcello Bracale L'asfissia che si verifica a seguito di costrizione o clampaggio dei vasi ombelicali, unita al raffreddamento dell'intero organismo, attiva invece i centri respiratori del neonato: nel momento in cui i polmoni si riempiono di aria, le resistenze vascolari polmonari si riducono a 1/10 del valore precedente l'espansione polmonare. Tale modificazione delle resistenze non dipende dalla presenza di ossigeno nei polmoni, dato che essa si verifica anche riempiendo i polmoni di azoto; tuttavia, è stato osservato che le resistenze vascolari non si riducono se i polmoni si riempiono di liquido. La pressione atriale sinistra aumenta fino a superare quella nella vena cava inferiore e nell'atrio destro, in seguito a: 1) riduzione delle resistenze polmonari, con il conseguente incremento del flusso che attraversa i polmoni in direzione dell'atrio sinistro; 2) riduzione del flusso nell'atrio destro dovuta all'occlusione della vena ombelicale; 3) aumento delle resistenze alla gittata ventricolare sinistra dovuto all'occlusione delle arterie ombelicali Tale inversione del gradiente pressorio transatriale provoca la chiusura immediata della valvola posta al di sopra del foramen ovale e, dopo alcuni giorni, si osserva la fusione dei lembi settali. Al ridursi delle resistenze vascolari polmonari, la pressione nell'arteria polmonare diminuisce fino ad 1/5 del valore precedente (fino a circa 35 mmhg): tale variazione pressoria, unita al leggero incremento della pressione aortica, inverte la direzione del flusso attraverso il dotto arterioso. Tuttavia, dopo alcuni minuti dalla nascita, il dotto arterioso stesso inizia a chiudersi provocando turbo- lenze di flusso che si manifestano in forma di soffio. Il processo di chiusura è progressivo ed è generalmente completato entro uno o due giorni dalla nascita. Esso sembra innescato dall'elevata tensione di O 2 del sangue arterioso che lo attraversa, poiché ventilando i polmoni con ossigeno o con aria povera di ossigeno, si osservano rispettivamente l'apertura e la chiusura di tale vaso. In ogni caso non è chiaro se l'ossigeno agisca sul dotto direttamente oppure per via indiretta, attraverso l'immissione in circolo di un vasocostrittore. Analogamente, in un preparato cardiopolmonare tratto da un agnello il dotto arterioso risulta chiudersi in presenza di elevati livelli di PaO 2 mentre si apre al ridursi di PaO 2. Il meccanismo in base al quale l'aumento di PaO 2 provoca la chiusura del dotto arterioso non è noto, ma è probabile vi contribuiscano variazioni della concentrazione di bradichinina, prostaglandine e adenosina nel sangue o nel tessuto del dotto. Alla nascita le pareti dei due ventricoli presentano approssimativamente lo stesso spessore, con una leggera preponderanza del ventricolo destro. Nel neonato si rileva anche l'ispessimento del rivestimento muscolare appartenente alle arteriole polmonari, dal quale dipendono probabilmente le elevate resistenze vascolari polmonari tipiche del feto. Successivamente, lo spessore delle pareti ventricolari destre e dello strato muscolare nelle arteriole polmonari si riducono; le pareti ventricolari sinistre aumentano invece di spessore. Tali variazioni avvengono gradualmente in un periodo di alcune settimane. La mancata chiusura del foramen ovale o del dotto arterioso dopo la nascita rappresenta una delle malformazioni cardiache congenite più comuni attualmente suscettibili di correzione chirurgica. Valvole cardiache Le valvole cardiache sono formate da fini lembi di tessuto fibroso, flessibile e ricoperto da uno strato enoteliale, saldamente fissati agli anelli valvolari fibrosi in corrispondenza della loro base. I movimenti dei lembi valvolari avvengono fondamentalmente in maniera passiva e l'orientamento delle valvole cardiache consente il flusso unidirezionale del sangue attraverso il cuore. Si distinguono due tipi di valvole cardiache: le valvole atrioventricolari, o valvole A V, e le valvole semilunari (Figg e 3.14). Pag. 10 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

11 Prof. Marcello Bracale Valvole atrioventricolari La valvola fra l atrio destro e il ventricolo destro si compone di tre cuspidi (valvola tricuspide), mentre quella situata fra atrio sinistro e ventricolo sinistro possiede due cuspidi (valvola mitralica). L'area totale delle cuspidi di ogni valvola atrioventricolare è approssimativamente doppia rispetto a quella del rispettivo orifizio atrioventricolare, per cui si ha una notevole sovrapposizione dei lembi in fase di chiusura (Figg e 3.14). Al margine libero dei lembi valvolari sono connessi dei filamenti sottili ma estremamente resistenti (corde tendinee), che originano dai muscoli papillari dei rispettivi ventricoli e servono ad impedire l'evasione delle valvole durante la sistole ventricolare. Il meccanismo di chiusura delle valvole AV è stato oggetto di numerosi studi e si ritiene che più fattori contribuiscano all'avvicinamento dei lembi. Nel cuore normale essi sono relativamente vicini durante la fase di riempimento ventricolare e formano una sorta di canale che consente il passaggio del sangue dall'atrio al ventricolo. Tale parziale avvicinamento delle superfici valvolari durante la diastole è probabilmente dovuto a correnti di ritorno che premono posteriormente sui lembi e, forse, anche ad una qualche trazione esercitata dalle corde tendinee dai muscoli papillari, tesi a seguito del riempimento ventricolare. I movimenti dei lembi mitralici durante il ciclo cardiaco possono essere visualizzati con un esame ecocardiografico (Fig. 3.15). (Vedi capitolo sull'ecocardiografia M-Mode) Fig Disegno tratto da un ecocardiogramma, nel quale vengono mostrate la cinesi dei lembi mitralici (in particolare del foglietto anteriore) e le modificazioni nel diametro della cavità ventricolare sinistra e nello spesso re delle pareti del ventricolo sinistro durante alcuni cieli cardiaci, in un soggetto normale. Da D a C: diastole ventricolare; da C a D: sistole venitricolare; da D a E: riempi- mento rapido; da E a F: riempimento ridotto (diastasi); da F ad A: contrazione atriale. La valvola mitrale si chiude nel punto C e si apre nel punto D. In alto è riportato il tracciato elettrocardiografico registrato in simultanea. (Per cortesia del dr. Sanjiv Kaul.) L'ecocardiografia consiste nell'inviare brevi impulsi di onde sonore ad alta frequenza (ultrasuoni) attraverso i tessuti del torace e il cuore, registrando gli echi riflessi dalle varie strutture intratoraciche: la successione temporale e il tipo delle onde riflesse forniscono informazioni sul diametro cardiaco, lo spessore parietale ventricolare e l'ampiezza e la direzione dei movimenti di varie strutture cardiache. Nella Fig la sonda ecocardiografica è posizionata in maniera tale da visualizzare i movimenti del lembo mitralico anteriore. Il lembo posteriore si muove in maniera speculare rispetto a questo, anche se nella proiezione riportata nella Fig esso sembra presentare escursioni molto più Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 11 di 24

12 Prof. Marcello Bracale ridotte. Al l'altezza. del punto D la valvola mitrale si apre, e durante il riempimento rapido (D-E) il foglietto anteriore si sposta verso il setto interventricolare. Durante la fase di riempimento ridotto (E-F) i lembi valvolari si avvicinano ma la valvola non si chiude, il riempimento ventricolare dovuto alla contrazione atriale (F-A) allontana nuovamente i lembi valvolari, che tornano quindi ad avvicinarsi (A-C). All'altezza del punto C la valvola è chiusa, in concomitanza della contrazione ventricolare; i lembi valvolari, che si protendono nella cavità atriale, restano chiusi durante l'intera sistole ventricolare (C). Valvole semilunari Le valvole situate fra ventricolo destro e arteria polmonare e fra ventricolo sinistro ed aorta sono formate da tre cuspidi connesse agli anelli valvolari (Figg e 3.14). Al termine della fase di eiezione ridotta, durante la sistole ventricolare, un ridotto volume di sangue torna in direzione dei ventricoli (flusso negativo nella curva di flusso aortico, Fig. 3.16), avvicinando le cuspidi ed impedendo quindi il rigurgito del sangue all'interno dei ventricoli stessi. Durante la sistole ventricolare le cuspidi non si dispongono lungo le pareti dell'arteria polmonare e dell'aorta, bensì galleggiano nella corrente sanguigna mantenendosi in una posizione intermedia fra le pareti vascolari e la configurazione di chiusura della valvola stessa. Dietro le valvoli semilunari si trovano piccoli incavi nella parete dell'arteria polmonare e dell'aorta (seni di Valsalva) dove si sviluppano delle correnti retrograde che tendono ad allontanare i lembi valvolari dalle pareti del vaso. Gli orifizi delle arterie coronarie destra e sinistra sono situati, rispettivamente, dietro le cuspidi di destra e di sinistra della valvola aortica. Se non fosse per la presenza dei seni di Valsalva e delle correnti retrograde che vi si sviluppano, gli osti coronarici potrebbero restare ostruiti dalle cuspidi valvolari. Il pericardio Il pericardio è un sacco fibroso dotato di epitelio. Esso riveste l'intero cuore e la porzione cardiaca dei grandi vasi; l'area a stretto contatto con la superficie cardiaca è detta epicardio. Il sacco pericardico normalmente contiene una piccola quantità di fluido che serve a garantire la lubrificazione durante il movimento continuo del cuore. Il pericardio possiede limitata distensibilità, per cui si oppone ad aumenti consistenti e rapidi delle dimensioni cardiache; in virtù di tale caratteristica esso svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione di episodi di dilatazione improvvisa delle cavità cardiache. Tuttavia, nei casi di assenza congenita del pericardio, o dopo la rimozione chirurgica dello stesso, la funzione cardiaca resta nei limiti fisiologici; in ogni caso, in presenza di pericardio intatto ogni aumento della pressione diastolica in un ventricolo provocherà un aumento nella pressione ed una riduzione della "compliance" (o istensibilità) dell'altro ventricolo. A differenza di quanto si verifica in presenza di una variazione acuta della pressione intracardiaca, la dilatazione progressiva e sostenuta del cuore, che caratterizza per esempio l impronta cardiaca, o il lento e progressivo aumento del liquido pericardico che può seguire a una pericardite accompagnata da versamento pericardico, provocano la distensione graduale del pericardio intatto. Pag. 12 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

13 Prof. Marcello Bracale Fig Curva della pressione in atrio sinistro, aorta e ventricolo sinistro di cane, correlata temporalmente a flusso aortico, volume ventricolare, toni cardiaci, polso venoso e tracciato elettrocardiografico riferito ad un ciclo cardiaco completo. Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 13 di 24

14 Prof. Marcello Bracale Toni cardiaci Il cuore produce normalmente quattro toni, ma soltanto due possono essere uditi attraverso lo stetoscopio. L'amplificazione elettronica consente di Individuare anche i toni meno intensi, registrando il cosiddetto fonocardiogramma. Quest'ultimo, in particolare, serve a delineare l'esatta sequenza temporale dei toni cardiaci rispetto ad altri eventi dei ciclo cardiaco. Il primo tono cardiaco coincide con l'inizio della sistole ventricolare (Fig. 3.16) e consiste in una serie di vibrazioni irregolari a, bassa frequenza, non uniformi (rumore). Esso è il tono più alto e di maggiore durata, ha un andamento in crescendo - decrescendo e può essere udito con la massima chiarezza in corrispondenza della regione apicale. I toni provenienti dalla valvola tricuspide possono essere uditi soprattutto all'altezza del quinto spazio intercostale, immediatamente alla sinistra dello sterno, mentre i toni mitralici sono udibili all'altezza del quinto spazio intercostale in prossimità dell'apice cardiaco. Il primo tono cardiaco è provocato soprattutto dall'oscillazione del sangue nelle cavità ventricolari e dalla vibrazione delle pareti delle cavità. Tali vibrazioni, in parte dovute al brusco aumento della pressione ventricolare con l'accelerazione del sangue in direzione degli atri, derivano principalmente dal rapido movimento di tensione e rilasciamento delle valvole AV e delle strutture ad esse adiacenti, a seguito della decelerazione del sangue causata dalla chiusura delle valvole AV stesse. Le vibrazioni dei ventricoli e del sangue in essi contenuto vengono trasmesse attraverso i tessuti circostanti e raggiungono la parete toracica, ove possono essere udite o registrate. L'intensità del primo tono è funzione della forza di contrazione ventricolare e della distanza fra i lembi valvolari. Quando questa è massima, o per il prolungamento dell'intervallo tra sistole atriale e sistole ventricolare, o perché la sistole ventricolare fa immediatamente seguito a quella atriale, il primo tono raggiunge il massimo di sonorità. Il secondo tono cardiaco, provocato dalla chiusura delle valvole semilunari (Fig. 3.16), si compone di vibrazioni a frequenza più elevata (tono più elevato), è di minore durata e intensità ed è simili ad uno schiocco. Oltre che alla chiusura delle valvole semilunari (che dà inizio alle oscillazioni della colonna ematica), il secondo tono è dovuto anche alla tensione delle pareti vasali, per il meccanismo di tensione e rilasciamento della valvola chiusa. La componente del secondo tono dovuta alla chiusura della valvola polmonare è udibile soprattutto all'altezza del secondo spazio intercostale, immediatamente alla sinistra dello sterno, mentre quella dovuta alla chiusura della valvola aortica è udibile nello stesso spazio intercostale ma sulla destra dello sterno. Le condizioni che provocano una chiusura più rapida delle valvole semilunari, quali l'aumento della pressione in aorta o arteria polmonare in presenza di ipertensione polmonare o sistemica, aumentano l'intensità del secondo tono; nell'adulto, la componente del tono dovuta alla valvola aortica è di solito più sonora di quella relativa alla valvola polmonare, ma in presenza di ipertensione polmonare si verifica spesso il contrario. La Fig mostra un tracciato fonocardiografico normale registrato in simultanea con un tracciato elettrocardiografico. Si noti che il primo tono, che ha inizio immediatamente dopo il picco dell'onda R, si compone di onde irregolari e presenta maggiore intensità e durata rispetto al secondo tono, che compare al termine dell'onda T. Sul tracciato non compaiono né il terzo né il quarto tono cardiaco. Il terzo tono cardiaco, che può essere talvolta udito in individui in età infantile (per il ridotto spessore delle pareti toraciche) o nei soggetti affetti da insufficienza ventricolare sinistra, è formato da una serie di vibrazioni a bassa intensità e bassa frequenza udibili soprattutto all'altezza della regione apicale. Esso si verifica in fase di protodiastole e si pensa che sia provocato dalle vibrazioni delle pareti ventricolari per la brusca interruzione della distensione ventricolare, nonché dalla decelerazione del sangue che entra nei ventricoli stessi. Ciò avviene, in condizioni di sovraccarico, quando il volume ventricolare è particolarmente elevato e le pareti ventricolari sono distese al punto che la loro distensibilità risulta gravemente compromessa. Il riscontro di un terzo tono in soggetti cardiopatici rappresenta in genere un segno prognostico sfavorevole. Un quarto tono, o tono atriale, formato da poche oscillazioni a bassa frequenza, può essere talvolta udito anche in soggetti normali. Esso è dovuto all'oscillazione del sangue e delle cavità cardiache a seguito della contrazione atriale (Fig. 3.16). Poiché l'inizio e il termine della sistole non coincidono perfettamente nei due ventricoli, possono essere rilevate con lo stetoscopio differenze nel tempo di vibrazione delle due valvole AV Pag. 14 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

15 Prof. Marcello Bracale o delle valvole semilunari. Tale asincronia delle vibrazioni valvolari, che talvolta è segno di anomalie nella funzione cardiaca, si manifesta come una cesura nel tono rilevabile all'altezza dell'apice cardiaco per le valvole AV, e all'altezza della base cardiaca per quanto riguarda le valvole semilunari. I toni cardiaci risultano alterati in presenza di anomalie valvolari: si odono in tal caso dei soffi, il cui carattere rappresenta una indicazione importante ai fini della diagnosi della valvulopatia. Qualora il terzo e il quarto tono risultino particolarmente accentuati, come in alcune condizioni patologiche, possono verificarsi triplette di toni che ricordano il rumore di un cavallo lanciato al galoppo. Tali ritmi di galoppo sono essenzialmente di due generi: presistolici, dovuti all'accentuazione del tono atriale oppure protodiastolici, dovuti all'accentuazione del terzo tono cardiaco. Fig Fonocardiogramma nel quale vengono messi in evidenza il primo ed il secondo tono cardiaco e la loro relazione con le onde P, R e T del tracciato elettrocardiografico (intervallo temporale=0,04 s). Il ciclo cardiaco Sistole ventricolare Contrazione isovolumetrica L'inizio della contrazione ventricolare coincide con il picco dell'onda R sul tracciato elettrocardiografico e con l'inizio del primo tono cardiaco. Esso è indicato sulla curva di pressione ventricolare dal primo aumento della pressione ventricolare stessa dopo la contrazione atriale; l'intervallo di tempo fra l'inizio della sistole ventricolare e l'apertura delle valvole semilunari (quando la pressione ventricolare sale bruscamente) è chiamato fase di contrazione isovolumetrica, in quanto il volume ventricolare rimane costante (Fig. 3.16). L'aumento della pressione ventricolare Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 15 di 24

16 Prof. Marcello Bracale durante la contrazione isovolumetrica viene trasmesso attraverso le valvole chiuse ed è segnalato (nella Fig.3.16) dalla leggera oscillazione della curva di pressione aortica. La contrazione isovolumetrica è stata anche definita contrazione isometrica; tuttavia, alcune fibre risultano accorciarsi mentre altre si allungano, come risulta evidente dalle modificazioni nella morfologia ventricolare; pertanto, non è possibile parlare di una vera e propria contrazione isometrica. Eiezione L'apertura delle semilunari segna l'inizio della eiezione, che può essere suddivisa in una fase precoce, di minore durata (eiezione rapida) e in una fase successiva, di maggiore durata (eiezione ridotta). La fase di eiezione rapida si distingue dalla fase di eiezione ridotta per: 1) il brusco aumento della pressione aortica e ventricolare che termina al picco delle rispettive pressioni; 2) una riduzione ancora più brusca del volume ventricolare; 3) l'aumento del flusso nell'aorta (Fig. 3.16). La rapida riduzione della pressione atriale sinistra all'inizio della fase di eiezione consegue alla discesa della base cardiaca e alla distensione atriale. Durante la fase di eiezione ridotta l'efflusso di sangue dall'aorta alla periferia supera la gittata ventricolare e, quindi, la pressione aortica si riduce. Durante la sistole ventricolare il sangue che ritorna nell'atrio produce un aumento progressivo della pressione atriale. Si noti che per il primo terzo del periodo di eiezione la pressione ventricolare sinistra supera di poco la pressione aortica e il flusso accelera (continua ad aumentare), mentre durante i restanti 2/3 della fase di eiezione ventricolare avviene l'inverso. Tale inversione del gradiente pressorio ventricolo - aorta in presenza di un flusso continuato dal ventricolo sinistro all'aorta stessa (provocato dal momento dei flusso ematico anterogrado) è dovuto dall'accumulo di energia potenziale nelle pareti arteriose sottoposte a tensione, che produce la decelerazione del flusso diretto all'aorta. Il picco della curva di flusso coincide con il momento in cui la curva di pressione ventricolare sinistra interseca la curva di pressione aortica durante l'eiezione. Successivamente il flusso decelera (continua a ridursi) poiché il gradiente pressorio si è invertito. Durante l'eiezione del ventricolo destro si ha l'accorciamento della parete libera del ventricolo (discesa dell'anello della valvola tricuspide), oltre alla compressione laterale della cavità. L'eiezione ventricolare sinistra coincide invece con un ridotto accorciamento dell'asse cavitario base - apice e l'eiezione avviene principalmente come conseguenza della compressione della cavità ventricolare stessa. L'effetto della sistole ventricolare sul diametro del ventricolo sinistro è illustrato nel tracciato ecocardiografico della Fig Durante la sistole ventricolare (Fig. 3.15, C e D) il setto e la parete libera del ventricolo sinistro si ispessiscono e si avvicinano. La curva di polso venoso riportata nella Fig è stata rilevata da una vena giugulare e l'onda C è provocata dall'impatto dell'arteria carotide comune adiacente: si noti che, ad eccezione dell'onda C, la curva di polso venoso presentata lo stesso andamento della curva di pressione atriale. Al termine della fase di eiezione, un volume di sangue approssimativamente pari a quello espulso durante la sistole resta nelle cavità ventricolari; tale volume residuo è sostanzialmente costante nel cuore normale: si riduce all'aumentare della frequenza cardiaca o al ridursi della resistenza all'efflusso, mentre aumenta qualora si verifichino condizioni opposte alle precedenti. Un aumento della contrattilità miocardica può provocare la diminuzione del volume residuo (oppure aumentare la gittata sistolica e la frazione di eiezione), soprattutto nel cuore depresso. In presenza di grave dilatazione cardiaca e ipodinamismo (come si verifica, per esempio, nello scompenso cardiaco) il volume residuo può raggiungere valori molte volte superiori alla gittata sistolica. Oltre a funzionare come una sorta di riserva ematica regolabile, il volume residuo consente, in misura limitata, l'instaurarsi di differenze transitorie fra le gittate dei due ventricoli. Pag. 16 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

17 Prof. Marcello Bracale Diastole ventricolare Rilasciamento isovolumetrico La chiusura della valvola aortica produce l'incisura sul ramo discendente della curva di pressione aortica e il secondo tono cardiaco (accompagnato da alcune vibrazioni evidenti sulla curva di pressione atriale); essa segna inoltre il termine della sistole ventricolare. Il periodo intercorrente fra la chiusura delle valvole semilunari e l'apertura delle valvole AV è detto rilasciamento isovolumetrico (o isometrico) ed è caratterizzato dalla rapida discesa della pressione ventricolare senza modificazioni del volume. Fase di riempimento rapido La maggior parte dei riempimento ventricolare si verifica immediatamente dopo l'apertura delle valvole AV, quando il sangue ritornato nell'atrio durante la precedente sistole ventricolare entra rapidamente nei ventricoli in fase di rilasciamento. Tale periodo di riempimento ventricolare è detto fase di riempimento rapido. Nella Fig l'inizio della fase di riempimento rapido è indicato dalla riduzione della pressione ventricolare sinistra al di sotto del valore di pressione atriale sinistra, il che provoca appunto l'apertura della valvola mitrale. Il rapido flusso di sangue dagli atri ai ventricoli riduce le pressioni atriali e ventricolari e provoca un brusco aumento del volume ventricolare. Il calo pressorio a partire dal picco dell'onda V della curva di polso venoso è causato dal brusco passaggio di sangue dall'atrio al ventricolo di destra dopo l'apertura della valvola tricuspide. Il ritorno elastico della contrazione ventricolare precedente può contribuire al passaggio del sangue nel ventricolo in fase di rilasciamento, qualora il volume residuo sia di ridotta entità; è però probabile che, in condizioni normali, esso non svolga un ruolo importante ai fini del riempimento ventricolare. Diastasi Il riempimento rapido è seguito da una fase di riempimento lento detta diastasi. Durante tale fase il sangue che ritorna dalla circolazione periferica entra nel ventricolo destro, mentre il sangue proveniente dai polmoni entra nel ventricolo di sinistro. Tale lento incremento del riempimento ventricolare è segnalato dall'aumento graduale della pressione atriale, ventricolare e venosa, e dall'aumento del volume ventricolare. Relazioni pressione/volume Le variazioni della pressione e del volume ventricolari sinistri durante il ciclo cardiaco sono riassunte nella Fig L'elemento 'tempo' non è preso in considerazione; il riempimento diastolico inizia nel punto A e termina nel punto C con la chiusura della valvola mitrale. Fig Circolo pressione volume nel ventricolo sinistro, riferito ad un unico ciclo cardiaco (A B C D E F). Napoli, 20 Marzo 2002 Pag. 17 di 24

18 Prof. Marcello Bracale La riduzione iniziale della pressione ventricolare sinistra (da A a B), nonostante il rapido afflusso di sangue proveniente dall'atrio, è dovuta al progressivo rilasciamento ventricolare con aumento della distensibilità. Durante il resto della fase diastolica (da B a C) l'aumento della pressione ventricolare destra riflette il riempimento e le caratteristiche elastiche passive del ventricolo. Si noti che all'aumento del volume ventricolare durante la diastole (da B a C) fa seguito un aumento estremamente ridotto della pressione. Con l'inizio della contrazione isovolumetrica (da C a D) si assiste ad un brusco incremento della pressione in assenza di variazioni del volume ventricolare; nel punto D la valvola aortica si apre e, durante la prima fase di eiezione (eiezione rapida, da D ad E), il notevole calo volumetrico si associa all'aumento complessivo della pressione ventricolare inferiore comunque a quello verificatosi durante la fase di contrazione isovolumetrica. A ciò fa seguito la riduzione del volume di eiezione (da E ad F) ed un leggero calo della pressione ventricolare. La valvola aortica si chiude nel punto F, dando inizio alla fase di rilasciamento isovolumetrico (da F ad A), caratterizzata da un brusco calo pressorio senza modificazioni volumetriche. La valvola mitrale si apre nel punto A completando in tal modo un ciclo cardiaco. Sistole atriale L'inizio della sistole atriale segue immediatamente l'inizio dell'onda P sul tracciato elettrocardiografico (curva di depolarizzazione atriale) e il passaggio del sangue dall'atrio al ventricolo - dovuto all'onda di tipo peristaltico creata dalla contrazione atriale - completa il periodo di riempimento ventricolare. Dalla sistole atriale dipendono i ridotti aumenti della pressione atriale, ventricolare e venosa (onda A), nonché l'aumento del volume ventricolare riportato nella Fig Durante l'intera diastole ventricolare, la pressione atriale supera di poco quella ventricolare, segno che il flusso attraversa un condotto a bassa resistenza formato dalle valvole AV, aperte nel corso del riempimento ventricolare. Alcune vibrazioni di ridotta entità prodotte durante la sistole atriale danno origine al quarto tono cardiaco, detto anche tono atriale. Poiché non esistono valvole all'altezza della confluenza delle vene cave nell'atrio destro (né delle vene polmonari nell'atrio sinistro), la contrazione atriale spinge il sangue in entrambe le direzioni. In effetti, la quantità di sangue che viene pompata nelle vene tributarie durante la breve fase di contrazione atriale è estremamente ridotta, soprattutto a causa dell'inerzia del sangue in afflusso. La contrazione atriale non è fondamentale ai fini del riempimento ventricolare, come si può osservare nella fibrillazione atriale o nel blocco cardiaco completo. Tuttavia, il suo contributo dipende in gran parte dalla frequenza cardiaca e dalla struttura delle valvole AV: se la frequenza cardiaca è bassa, il riempimento praticamente ha termine verso la fine della diastasi e la contrazione atriale vi contribuisce in misura minima; durante tachicardia, il periodo di diastasi risulta abbreviato e il contributo atriale può divenire essenziale, soprattutto se esso si verifica immediatamente dopo la fase di riempimento rapido, quando il gradiente pressorio AV è massimo. Se la tachicardia raggiunge valori tali che la fase di riempimento rapido viene ad essere quasi annullata, la contrazione atriale assume estrema importanza ai fini del rapido pompaggio del sangue nel ventricolo durante tale breve fase del ciclo cardiaco. Ovviamente, qualora il periodo di rilasciamento ventricolare sia talmente breve da comprometterne il riempimento, anche la contrazione atriale non può impedire che il riempimento ventricolare risulti insufficiente; la conseguente riduzione della portata cardiaca può provocare la sincope. Come è naturale, se la contrazione atriale si verifica simultaneamente a quella ventricolare il contributo atriale al riempimento ventricolare è nullo. In alcune condizioni patologiche il diametro delle valvole AV può risultare particolarmente ridotto (stenosi): in tal caso, la contrazione atriale svolge un ruolo molto più importante ai fini del riempimento ventricolare rispetto a quanto si verifica in condizioni normali. E stato dimostrato che la contrazione ventricolare contribuisce indirettamente al riempimento ventricolare destro grazie agli effetti che essa ha sull atrio di destra. La discesa della base cardiaca provoca infatti lo stiramento dell'atrio destro, tanto che si rileva una netta riduzione della pressione destra in presenza di accelerazione del flusso nelle vene cave in direzione del cuore. Pag. 18 di 24 Napoli, 20 Marzo 2002

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