REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA SENTENZA

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1 REPUBBLICA ITALIANA Sent. N. 39/00 R.G. 162/97 Cronol. 221 Rep. 51 Sez. 151/97 C. I. 81/97 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA sezione civile, composta dai magistrati: Dr. Giovanni Pilato Dr. Giuseppe Vajola Dr. Alesando Di Benedetto Presidente Consigliere Consigliere Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 162/97 del Ruolo Generale Contenzioso e al n. 151/97 Ruolo Sezione Civile, avente ad oggetto Appello a sentenza del Tribunale di Caltanissetta 28 aprile 5 maggio 1997 in tema di rimborso tassa concessione governativa, promossa DA Ministero delle Finanze, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall Avvocatura Distrettuale dello Stato di Caltanissetta, presso i cui uffici in Caltanissetta, via Libertà n. 174, è ope legis domiciliato. APPELLANTE APPELLATO INCIDENTALE CONTRO ALBERGHI DI PRIMA S.r.l., con sede in Caltanissetta,Via Kennedy n. 16, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

2 Caltanissetta, Corso Umberto n. 103, presso lo studio dell avv. Giancarlo Cipolla che la rappresenta e difende per procura a margine della comparsa di risposta ed appello incidentale. APPELLATA APPELLANTE INCIDENTALE CONCLUSIONI DELLE PARTI PER IL MINISTERO DELLE FINANZE: Voglia la Corte Ecc.ma contrariis reiectis, in riforma dell impugnata sentenza rigettare le domande proposte dalla Alberghi Di Prima S.r.l. contro il Ministero delle Finanze con vittoria di spese e compensi difensivi di ambedue i gradi di giudizio. PER ALBERGHI DI PRIMA S.r.l.: Chiede che l Ecc.ma Corte d Appello di Caltanissetta voglia, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, rigettare l appello proposto dal Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, contro l impugnata sentenza e, in accoglimento dell appello incidentale, condannare lo stesso all ulteriore pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT costo della vita, dalla data dei singoli versamenti, da parte di quest ultima società, alla data della medesima restituzione dall indebito al saldo effettivo. La rivalutazione deve consistere non solo nella svalutazione monetaria in quanto tale ma in ogni perdita o mancato guadagno collegato al ritardo nell adempimento della obbligazione pecuniaria nonché al fenomeno della svalutazione nel periodo del ritardo (Cass. Civ., Sez. I, , n. 555; Corte Ue , cit.). applicare la prescrizione decennale ex art condannare il Ministero alla rifusione, per intero, delle spese e compensi del primo giudizio. Confermare per il resto

3 l impugnata sentenza. Con vittoria di spese e compensi dei due gradi del giudizio, da liquidare per intero, con distrazione in favore della difesa ex art. 93 c.p.c.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, notificato il 14 marzo 1996, la Alberghi Di Prima S.r.l., già iscritta nel registro delle imprese, convenne avanti al Tribunale di Caltanissetta il Ministero delle Finanze chiedendone la condanna alla restituzione della complessiva somma di lire , oltre interesse e rivalutazione, versata all Erario per gli anni dal 1986 al 1991 a titolo di tassa annuale di rinnovo sulle concessioni governative per l iscrizione nel registro delle imprese ma incompatibile con la normativa comunitaria (direttiva n. 335 del 17 luglio 1989 con l interpretazione della stessa fornita dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con sentenza dl 20 aprile 1993). Instauratosi il contraddittorio l Amministrazione Finanziaria contestò la domanda, gradatamente eccependo, l incompetenza territoriale del giudice adito, la decadenza triennale dell esercizio della pretesa azionata, il mancato preventivo esperimento dei ricorsi in via amministrative e la prescrizione quinquennale con riguardo sia alla sorte capitale sia agli interessi che, comunque, non potevano che decorrere dalla domanda giudiziaria. Il Tribunale, con sentenza 5 maggio 1997, accolse integralmente la domanda di restituzione e parzialmente quella relativa agli interessi, rigettò la domanda di rivalutazione e condannò il Ministero nelle spese.

4 Avverso la sentenza il Ministero soccombente ha proposto appello ancorato a sei motivi, al quale ha resistito la società, già attrice in prima cure, che a sua volta ha proposto appello incidentale ancorato a tre motivi. Successivamente, sulle conclusioni trascritte in epigrafe la causa è stata discussa e, quindi, posta in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE L AMMINISTRAZIONE Finanziaria, con atto di appello ancorato, come già detto, a sei motivi di gravame, ha in parte sostanzialmente riproposto argomentazioni difensive di prime cure, e in parte proposto argomentazioni nuove, dolendosi che il Tribunale: aveva rigettato l eccezione di incompetenza territoriale (1 motivo), quella di decadenza (2 motivo), e quella di mancata presentazione del ricorso in via amministrativa (3 motivo); non aveva ritenuto che la tassa in questione trovava giustificazione nella remunerazione dei servizi resi dallo Stato (4 motivo); aveva attribuito valenza impeditivi della decadenza alla circostanza che la società appellata aveva spedito istanza di rimborso per l anno 1991, senza, però, che fosse stato documentato il ricevimento della stessa da parte della competente Intendenza di Finanza (5 motivo); aveva posto a suo carico le spese di lite che, invece, avrebbe dovuto porre a totale carico della controparte o, in subordine, compensare (6 motivo). La società, appellata principale, con l appello incidentale si duole, con tre motivi, dell errore commesso dal Tribunale: nel non averle riconosciuto il maggior danno da svalutazione monetaria (1 motivo); nell avere determinato in

5 maniera erronea la decorrenza degli interessi (2 motivo); nell avere disposto la compensazione delle spese (3 motivo). La Corte osserva in linea generale che ormai l annosa questione riguardante la illegittimità della tassa di concessione governativa per l iscrizione, e rinnovo annuale, delle società nel registro delle imprese, per incompatibilità con la normativa comunitaria, è stata oggetto di numerose pronunce della Suprema Corte, per cui in proposito si è formata giurisprudenza consolidata che questo collegio stante l autorevolezza della fonte e non essendovi ragioni per discostarsene ritiene di dovere condividere e seguire. Tanto puntualizzato in linea generale la Corte, con riguardo agli specifici motivi di appello delle parti, osserva quanto segue. Sulla incompetenza territoriale (1 motivo dell appello incidentale). La giurisprudenza è ormai assolutamente consolidata nel senso che l articolo 8 R.D. 30 ottobre 1993 n. 1611, sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, che devolve le controversie tributarie al Tribunale del luogo in cui ha sede l ufficio che ha liquidato il tributo, pone un criterio di competenza eccezionale, rispetto a quello generale del foro della pubblica amministrazione, fissato dall art. 25 del codice di procedura civile, la cui operatività postula che il tributo, al quale si riferisce la controversia, sia stato liquidato ed accertato da un ufficio finanziario, per cui la competenza territoriale della domanda diretta ad ottenere il rimborso della tassa di concessione governativa per l iscrizione annuale delle società nel registro delle imprese, dal momento che il pagamento di tale tributo non richiede alcun intervento di uffici finanziari, essendo il suo ammontare

6 predeterminato per legge, va fissata alla stregua dei criteri stabiliti in via generale dall articolo 25 del codice di procedura civile, e, cioè, tenendo conto del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l obbligazione (v. da ultimo Cass. 11 ottobre 1997 n e 29 maggio n. 5339). Sulla decadenza triennale (2 motivo dell appello principale). La Suprema Corte, che aveva già affermato con la pronuncia a sezioni unite n del 12 aprile 1996 il principio secondo cui la richiesta di rimborso della tassa di concessione governativa indebitamente pagata deve essere proposta entro il termine di decadenza di tre anni a decorrere dal giorno del pagamento, previsto dall art. 13, 2 comma D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641, applicabile anche al caso in cui la domanda di rimborso si fondi sull illegittimità del tributo per contrasto con la normativa comunitaria, ha ulteriormente specificato, con successive pronunce (v. per tutte la numero 8522 del 27 agosto 1998) essere evidente, anche alla stregua degli orientamenti ormai consolidati della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, che il diritto comunitario non vieta al legislatore nazionale dei paesi membri di stabilire, per il rimborso di somme corrisposte dai contribuenti per il pagamento di tributi imposti in violazione di norme comunitarie, termini di decadenza, come quello previsto dall articolo 13, 2 comma D.P.R. 641/72, più brevi di quelli previsti in via generale in materia di indebito, ma applicabili anche alle azioni di ripetizione riguardanti lo stesso tributo, che abbiano il loro fondamento in norme di diritto nazionale, né vieta che la decorrenza del termine sia fissata, come nel caso di specie, con

7 riferimento al giorno del pagamento anziché alla data di attuazione della direttiva. Al riguardo è anche utile ricordare la giurisprudenza comunitaria in materia, secondo cui il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione di una direttiva un termine nazionale di decadenza che decorra dalla data del pagamento dei tributi di cui trattasi, anche se, a tale data, la direttiva non era stata correttamente attuata nell ordinamento nazionale (Corte di Giustizia delle Comunità Europee 15 settembre 1998, cause riunite C 279/96, C 281/96, Soc. Ansaldo energia, Soc. Marine Insurance e Soc. Gmb ed altri, tutte contro Min. Fin.), e secondo cui il diritto comunitario non vieta a uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione del diritto comunitario un termine nazionale di decadenza triennale che deroga al regime ordinario dell azione di ripetizione dell indebito tra privati, assoggettata a un termine più favorevole, purchè il detto termine di decadenza si applichi allo stesso modo alle azioni di ripetizione di tali tributi fondate sul diritto comunitario e a quelle fondate sul diritto interno (Corte di Giustizia delle Comunità Europee 15 settembre 1998, causa c 260/96, Min. Fin. Contro Soc. Spac). Il termine di decadenza triennale ex articolo 13 citato, pertanto, decorre, non come affermato nella sentenza impugnata dalla data di attuazione della direttiva comunitaria e cioè dell entrata in vigore del decreto legge 30 agosto 1993 n. 331, convertito nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, il cui articolo 61 ha da un lato modificato la tassa per l iscrizione e, dall altro ha provveduto alla definitiva

8 abolizione della successiva tassa annuale sulle società ma, come evidenziato dalle richiamate pronunce, dal giorno del pagamento del tributo stesso. Sulla mancata presentazione dei ricorsi in via amministrativa (3 motivo dell appello incidentale). Già il primo giudice, con la pronuncia impugnata, sul presupposto di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 56 del 24 febbraio 1995, aveva ritenuto infondata l eccezione di improponibilità dell azione giudiziaria per il mancato preventivo esperimento del ricorso in via amministrativa, e l Amministrazione Finanziaria con il motivo di gravame in esame deduce che il Tribunale avrebbe errato nell avere unificato la previsione di cui all articolo 11 D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641 (da essa effettivamente invocata) con quella di cui al successivo articolo 12, avendo ritenuto che la dichiarazione di illegittimità costituzionale del secondo avesse travolto anche il precetto posto dal primo. Ma, osserva la Corte, la deduzione non appare condivisibile avendo il giudice delle leggi espressamente evidenziato nella parte motiva della sentenza n. 56 citata che con le ordinanze di trasmissione degli atti il giudice di merito aveva sollevato questione di illegittimità costituzionale dell articolo 12, 1 e 2 comma, D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641, nella parte in cui, in materia di rimborso della tassa annuale di concessione governativa sulle società, prevista dall articolo 3, comma 18 e 19 d.l. 19 dicembre 1984 n. 853, convertito nella legge 17 febbraio1985 n. 17 non consentiva l esercizio dell azione giudiziaria anche in mancanza dei preventivi ricorsi amministrativi (che è, appunto, la questione che qui interessa), per cui ebbe a statuire dichiarando l illegittimità costituzionale

9 dell articolo 12 D.P.R. 26 ottobre 1972 n, 641 (disciplina delle tasse sulle concessioni governative) nella parte in cui non prevede, nelle controversie di cui all articolo 11 del decreto medesimo, l esperibilità dell azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo. Al riguardo, poi, va evidenziato che con recente pronuncia la numero 4276 del 1998 la Suprema Corte, se pure sotto forma di obiter dictum, ha, in fattispecie analoga, affermato il principio che la domanda amministrativa non si pone come un momento necessario dell azione di recupero delle somme indebitamente versate, ben potendo il contribuente adire l autorità giudiziaria con la condictio indebiti e va, altresì ricordato che, comunque, già era consolidato l orientamento (v. per tutte Cass. sez. un. 15 ottobre 1992 n ) secondo cui il contribuente può adire direttamente il giudice ordinario ove metta in discussione il presupposto del potere impositivo, e nella specie è manifesto che la controversia riguarda non i momenti dell accertamento e della riscossione, bensì la legittimità stessa della tassa di cui trattasi e, quindi, il relativo potere impositivo dello Stato. Sulla mancata considerazione che la tassa in questione trova giustificazione nella remunerazione dei servizi resi dallo Stato (4 motivo dell appello principale). L Amministrazione Finanziaria, con il motivo in esame, all oggetto di potere sostenere che la tassa di cui trattasi contrariamente all orientamento espresso dalla Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza 3458/96 più volte citata non era illegittima ma dovuta, eccepisce che è da ritenere che la tassa annuale qui controversa non sia in contrasto con la direttiva 335/69/CEE, per la decisiva ragione che essa trova giustificazione nella remunerazione dei

10 servizi resi dallo Stato rendendo conoscibili certi atti sociale e, quindi, contribuendo alla certezza nello svolgimento dei rapporti giuridici con le società. Ma, osserva la Corte, atteso che nella specie secondo leggesi nella originaria citazione introduttiva del giudizio (cfr. pagina 6) la società odierna appellata ebbe a chiedere la restituzione di quanto versato a titolo di tassa annuale di rinnovo, l anzidetta eccezione non ha pregio stante l ormai consolidata giurisprudenza (oltre alla n. 3458/96 già citata, v. anche Cass. 11 ottobre 1997 n. 9897) dalla quale non vi sono ragioni per discostarsene, secondo cui per diritti a carattere remunerativo presi in esame dall articolo 12 della direttiva CEE n. 335 del 1969 debbono intendersi le prestazioni pecuniarie riscosse come corrispettivo di operazioni imposte dalla legge per uno scopo di carattere generale, la cui entità, pur potendo variare a seconda della forma giuridica della società, ia tuttavia calcolata in base al costo dell operazione, anche se determinato in misura forfetaria, con la conseguenza che essendo la somma pretesa per il rinnovo dell iscrizione annuale nel registro delle imprese priva di qualunque nesso con il costo di tale singola operazione, essa costituisce il corrispettivo dell insieme dei costi di gestione e di investimento richiesti dall espletamento del servizio, e, come tale, non può non ricadere sotto il divieto dell art. 10 della direttiva che, essendo direttamente applicabile nel nostro ordinamento, comporta la disapplicazione delle disposizioni nazionali. Al riguardo può anche aggiungersi che l eccezione proposta con il motivo in esame è 2nuova e, pertanto, inammissibile ai sensi dell articolo 345 c.p.c.

11 nuovo rito (applicabile alla fattispecie in esame), avendo essa introdotto una ragione di indagine, da parte di questo giudice dell appello, diversa da quella sviluppate ed esplorate in primo grado (v. Cass. 5 agosto 1997 n. 7198), essendosi, infatti, il giudice di prime cure espresso nel senso che In ordine all an della pretesa azionata, il convenuto Ministero non contesta la non debenza della tassa in questione. Sulla mancata documentazione del ricevimento dell istanza di rimborso per l anno 1991 da parte della competente Intendenza di Finanza (4 motivo dell appello principale). Con l anzidetto motivo l appellante si duole che il Tribunale abbia attribuito valenza impeditiva della decadenza di cui all articolo 13 D.P.R. 641/72 alla circostanza che sarebbe stata spedita entro il triennio dal versamento istanza di rimborso per l anno 1991, all uopo deducendo che non risultava documentato il ricevimento dell istanza in questione da parte della competente Intendenza di Finanza. In realtà, osserva la Corte, nella specie la società, negli anni 1991 e 1992 spedì quattro istanze di rimborso, e precisamente il 29 giugno 1991 per l anno 1988, il 3 agosto 1991 per l anno 1989, il 3 agosto 1992 per l anno 1990, ed ancora il 3 agosto 1992 per l anno 1991, siccome leggesi nella nota in data 12 marzo 1997 inviata dal Ministero alla società, ed inserita nel relativo fascicolo di primo grado, donde il ricevimento delle stesse risulta per tabulas. Sulle spese (6 motivo dell appello principale e 3 di quello incidentale). Con i motivi in esame l Amministrazione Finanziaria si duole che le spese non furono poste a carico della società, e quest ultima che furono compensate.

12 Di tali doglianze si dirà in sede di regolamento delle spese, evidenziando fin da ora che quella della società non ha ragione d essere essendo stato il Ministero delle Finanze condannato nell intero. Sul maggior danno da svalutazione monetaria (1 motivo dell appello incidentale). L appellante si duole che il primo giudice ha rigettato la domanda di maggior danno conseguente alla svalutazione monetaria avendo affermato che dello stesso mancava la prova che, invece, è in re ipsa stante la propria qualità di imprenditore. La censura è fondata essendo costante l orientamento della Suprema Corte che il collegio condivide non essendovi ragioni per discostarsene secondo cui, se è vero che nelle obbligazioni pecuniarie il risarcimento del maggior danno, ragguagliato alla svalutazione monetaria intervenuta dalla data di maturazione del credito a quella della decisione, deve essere riconosciuto solamente al creditore che fornisca la prova di un danno concreto casualmente ricollegabile all indisponibilità della somma, tuttavia quando risulti certa la sua qualità di imprenditore tale prova non è necessaria, ben potendosi dedurre in tale situazione che, in base all 2id quod plerumque accidit, se vi fosse stato tempestivo adempimento la somma sarebbe stata impiegata in modo da evitare o ridurre gli effetti della svalutazione monetaria (v. da ultimo Cass. 11 febbraio 1998 n. 1403). Va, però, anche ricordato, in funzione del quantum restitutorio da riconoscere all appellante, l altro orientamento anch esso consolidato secondo cui, nelle obbligazioni pecuniarie, gli interessi moratori accordati al creditore ai sensi del

13 comma 1 dell articolo 1224 del codice civile, hanno funzione risarcitoria, rappresentando il ristoro, in misura forfetariamente predeterminata, della mancata disponibilità della somma dovuta, per cui, qualora in relazione alla domanda del creditore di riconoscimento del maggior danno ai sensi del comma 2 del citato articolo 1224 si provveda alla rivalutazione del credito, non possono essere pretesi gli interessi moratori sulla somma rivalutata, poiché in tal caso si verificherebbe l effetto di far ricevere due volte al creditore la liquidazione dello stesso danno, con la conseguenza che solo a partire dalla data della liquidazione spettano gli interessi sulla intera somma liquidata, perché da tale momento questa costituisce un tutto inscindibile e, deve, quindi, essere considerata unitariamente (v. da ultimo Cass. 29 settembre 1998 n. 9703). Sulla decorrenza degli interessi (2 motivo dell appello incidentale). La società, appellata appellante per incidente, con il motivo in esame deduce che gli interessi sulla somma di cui è stata ordinata la restituzione andavano riconosciuti a decorrere dalla data dell istanza di rimborso in via amministrativa, e non, come invece statuito dal Tribunale, dalla data della domanda giudiziale. Sul punto, rileva il collegio, la Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che il contribuente che agisca in ripetizione di tributi indebitamente versati 8nella specie, in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con le norme comunitarie) ha diritto agli interessi legali con decorrenza dalla data della proposizione della domanda giudiziale e non dalla presentazione della domanda amministrativa di rimborso qualora la stessa non si ponga come momento necessario dell azione di recupero dell indebito, potendo il contribuente adire

14 direttamente l autorità giudiziaria con la conditio indebiti (Cass. 27 aprile 1998 n. 4276). Vi è, anche, ius superveniens che ha modificato il quadro normativo di riferimento, giacché l articolo 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, che riguarda il rimborso della tassa sulle concessioni governative per l iscrizione, e rinnovo annuale, nel registro delle imprese ha, nella parte che qui interessa, così disposto. Comma 1. l articolo 61, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, va interpretato nel senso che la tassa sulle concessioni governative per le iscrizioni nel registro delle imprese, di cui all articolo 4 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 641, nel testo modificato dallo stesso articolo 61, è dovuta per gli anni 1985, 1986, , 1989, 1990, 1991 e 1992, nella misura di lire cinquecentomila per l iscrizione dell atto costitutivo e nelle seguenti misure forfetarie annuali per le iscrizioni degli altri atti sociali, per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992: a) per le società per azioni e in accomandita per azioni, lire settecentocinquantamila; b) per le società a responsabilità limitata, lire quattrocentomila; c) per le società di altro tipo, lire novantamila. Comma 2. le società che negli anni indicati al comma 1 hanno corrisposto la tassa sulle concessioni governative per l iscrizione nel registro delle imprese e quella annuale, ai sensi dell articolo 3, commi 18 e 19, del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1985, n. 17,

15 possono ottenere il rimborso della differenza fra le somme versate e quelle dovute a norma del citato comma 1, sempre che abbiano presentato istanza di rimborso nei termini previsti dall articolo 13 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n Comma 3. Sull importo da rimborsare sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, a decorrere dalla data di presentazione dell istanza. Con la concreta applicazione dello jus superveniens richiamato, poi, è qui utile ricordare che il tasso legale vigente alla data di entrata in vigore (1 gennaio 1999) della legge 448/98 è, per effetto del D.M. 10 dicembre 1998 (in G.U. 11 dicembre 1998 n. 289) il 2,50 per cento. Applicazione dei principi sopra richiamati alla fattispecie in esame. Dovendo ora applicare alla fattispecie in esame i principi sopra richiamati in sede di esame dei singoli motivi di appello, la Corte osserva quanto segue. La società, attrice in primo grado, con l originaria citazione chiese la restituzione dell importo complessivo di lire , versato a titolo di rinnovo della tassa annuale per gli anni dal 1986 al Di detti versamenti, prima di adire il Tribunale aveva chiesto il rimborso in via amministrativa per un totale di lire per le quali non è incorsa nella decadenza triennale di cui all art comma D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641 con istanze spedite alla competente Intendenza di Finanza di Caltanissetta: 1) il 29 giugno 1991 per il versamento di lire effettuato il 30 giugno 1988; 2) il 3 agosto 1991 per il versamento di lire effettuato il 30 giugno 1989; 3) il 3 agosto 1992 per il versamento di lire effettuato il 30

16 giugno 1990; 4) ancora il 3 agosto 1992 per il versamento di lire effettuato l 1 luglio L anzidetta somma di lire che non è soggetta a decurtazione trattandosi di tassa annuale di rinnovo, e non di prima iscrizione va rivalutata secondo i dati ISTAT dalla data di presentazione dell istanza di rimborso in via amministrativa a quella di pubblicazione della presente sentenza e da quest ultima data vanno aggiunti alla somma rivalutata gli interessi legali da calcolarsi fino all effettivo soddisfo. In tale senso va, pertanto, riformata l impugnata sentenza. Regolamento delle spese. Attesi l esito finale della lite e la peculiarità delle questioni trattate, la Corte ritiene sussistano giusti motivi per compensare per metà le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio, così rimanendo assorbiti in tale decisione, il 6 motivo dell appello principale ed il 3 di quello incidentale. Le anzidette spese già nell intero liquidate quanto al primo grado in complessive lire , di cui lire per onorario di avvocato, possono per questo grado liquidarsi in complessive lire , di cui lire per onorario di avvocato, oltre IVA e CPA sui compensi come per legge, con onere per il Ministero delle Finanze di rimborsare alla Alberghi Di Prima s.r.l. la restante metà, con distrazione in favore dell avvocato Giancarlo Cipolla, anticipatario. P.Q.M Definitivamente pronunciando, in riforma della sentenza del Tribunale di Caltanissetta in data 5 maggio 1997, condanna il Ministero delle Finanze, in

17 persona del ministro in carica, a restituire alla Alberghi Di Prima s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, la somma di lire , oltre rivalutazione monetaria e interessi secondo specificato in motivazione; compensa per metà le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, nell intero liquidate in complessive lire , oltre IVA e CPA come per legge, onerando il Ministero delle Finanze di rimborsare agli Alberghi Di Prima la restante metà, con distrazione in favore dell avvocato Giancarlo Cipolla, anticipatario. Caltanissetta 1 dicembre 1999 Il Consigliere estensore Alessandro Di Benedetto Il Presidente Giovanni Pilato

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