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1 SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 13 gennaio 2005 (1) «Libera circolazione delle merci Direttiva 70/524/CEE Artt. 28 CE e 30 CE Additivi Armonizzazione delle disposizioni nazionali per quanto riguarda il contenuto di vitamina D negli alimenti per animali Normativa di uno Stato membro che vieta l'importazione di alimenti per animali regolarmente prodotti in un altro Stato membro, il cui contenuto di vitamina D3 supera quello autorizzato in tale primo Stato» Nel procedimento C-145/02, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell art. 234 CE, dal Bundesverwaltungsgericht (Germania) con decisione 31 gennaio 2002, pervenuta in cancelleria il 18 aprile 2002, nel procedimento Land Nordrhein-Westfalen contro Denkavit Futtermittel GmbH, LA CORTE (Prima Sezione), composta dai sigg. P. Jann, presidente di sezione, A. Rosas (relatore) e S. von Bahr, giudici, avvocato generale: sig. A. Tizzano cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale viste le osservazioni scritte presentate: per la Denkavit Futtermittel GmbH, dal sig. V. Schiller, Rechtsanwalt; per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing, M. Lumma e dalla sig.ra A. Tiemann, in qualità di agenti; per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. K. Fitch e M. Niejahr, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 4 marzo 2004, ha pronunciato la seguente Sentenza La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l interpretazione degli artt. 12 e 19 della direttiva del Consiglio 23 novembre 1970, 70/524/CEE, relativa agli additivi nell alimentazione degli animali (GU L 270, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 29 novembre 1984, 84/587/CEE, (GU L 319, pag. 13; in prosieguo: la «direttiva 70/524»), nonché degli artt. 28 CE e 30 CE. Tale domanda è stata sollevata nell ambito di una controversia pendente tra il Land Nordrhein- Westfalen e la società di diritto tedesco Denkavit Futtermittel GmbH (in prosieguo: la «Denkavit») in merito all importazione e alla commercializzazione, da parte di quest ultima, in Germania, di un alimento complementare destinato ai suini, regolarmente prodotto nei Paesi Bassi, il cui contenuto di vitamina D 3 supera quello consentito in Germania. Ambito normativo Normativa comunitaria Al suo art. 2, la direttiva 70/524 definisce gli alimenti completi come «le miscele di alimenti per gli animali che, per la loro composizione, bastano per assicurare una razione giornaliera». Gli alimenti complementari per animali, invece, sono definiti come le «miscele di alimenti che contengono tassi elevati di alcune sostanze e che, per la loro composizione, assicurano la razione giornaliera soltanto se sono associati ad altri alimenti per gli animali». Ai sensi dell art. 12 della direttiva 70/524:

2 «1. Gli Stati membri prescrivono che gli alimenti complementari, tenuto conto della diluizione prevista per il loro impiego, non possano contenere tenori di additivi elencati nella presente direttiva superiori a quelli fissati per gli alimenti completi degli animali. 2. Gli Stati membri possono prescrivere che i tenori ( ) di vitamina D ( ) degli alimenti complementari possano superare i massimi fissati per gli alimenti completi nei seguenti casi: a) se si tratta di alimenti complementari ammessi da uno Stato membro per essere messi a disposizione di tutti gli utilizzatori, a condizione che i loro tenori di (...) vitamina D (...) non superino il quintuplo del tenore massimo fissato; b) se si tratta di alimenti complementari destinati a talune specie animali che possono essere autorizzati da uno Stato membro per essere messi a disposizione di tutti gli utilizzatori nel suo territorio in ragione del sistema particolare di nutrizione ed a condizione che la percentuale non superi: ( ); per le vitamine D, UI [unità internazionali]/kg. Gli Stati membri prescrivono che nel caso si faccia ricorso, nella fabbricazione di alimenti complementari, alla possibilità di cui al primo comma, lettera b), non si possa far ricorso alla possibilità di cui al primo comma, lettera a). 3. In caso di ricorso al paragrafo 2 gli Stati membri prescrivono che l alimento debba presentare nella composizione una o più caratteristiche (ad esempio di proteine o di minerali) che garantiscano che è praticamente escluso superare i tenori di additivi fissati per gli alimenti completi o destinare l alimento ad altre specie di animali». Secondo l art. 19 della direttiva 70/524, gli Stati membri vigilano affinché gli additivi, le premiscele e gli alimenti per animali conformi alle disposizioni della stessa direttiva siano sottoposti soltanto alle restrizioni di commercializzazione previste da quest ultima. Per quanto riguarda gli alimenti completi destinati ai suini, l allegato I della direttiva 70/524 fissa in 2000 UI per chilogrammo il loro contenuto massimo di vitamina D 3. Un contenuto maggiore si applica per quanto riguarda gli alimenti da allattamento per suini. Ma ciò non rileva nelle circostanze di cui trattasi nella causa principale. Normativa nazionale La direttiva 70/524 è stata trasposta nell ordinamento giuridico tedesco con il Futtermittelgesetz (legge relativa agli alimenti per animali; in prosieguo: l «FMG») e con la Futtermittelverordnung (ordinanza relativa agli alimenti per animali; in prosieguo: la «FMV»). L art. 14 dell FMG, nella versione pubblicata il 25 agosto 2000 (BGBl I, pag. 1358), vieta l importazione degli alimenti non conformi alle disposizioni in materia in materia di alimenti per animali vigenti sul territorio tedesco. L art. 4, n. 1, punto 4, dell FMG autorizza la fissazione, per via di ordinanza, del contenuto di additivi consentito negli alimenti per animali. Secondo l art. 4, n. 5, prima frase, punto 2, lett. b), dell FMG, è vietato commercializzare alimenti che non soddisfano i requisiti fissati per ordinanza conformemente al n. 1, punto 4, di questo stesso articolo. L art. 17 a della FMV, nella sua versione pubblicata il 23 novembre 2000 (BGBl I, pag. 1605), stabilisce come segue il contenuto di additivi consentito negli alimenti per animali: «1. Il contenuto di additivi degli alimenti composti, rapportato ad un contenuto in estratti secchi dell 88% degli alimenti completi, non deve essere inferiore ai contenuti minimi fissati nell allegato al regolamento comunitario applicabile nella rubrica «contenuto minimo», né superiore ai contenuti fissati nella rubrica «contenuto massimo». La prima frase trova altresì applicazione ai contenuti minimi e massimi fissati all allegato 3, colonna 6. Occorre includere nel calcolo dei contenuti massimi di additivi le sostanze naturalmente contenute negli alimenti per animali identiche a quelle degli additivi. 2. Fatto salvo quanto disposto dal terzo comma, i valori massimi di additivi negli alimenti complementari per animali possono essere superati se, mischiando tali alimenti con altri conformemente alla loro destinazione, i valori massimi degli additivi sono rispettati. 3. In deroga al n. 2, 1. la vitamina D ( ) può arrivare sino al quintuplo dei valori previsti o

3 2. ( ) d) fino a UI per chilogrammo in mangimi complementari per tutti i tipi e le categorie di animali, al fine di un apporto supplementare e di breve durata di vitamine, a condizione che tale alimento complementare presenti nella sua composizione una o più qualità, in particolare per quanto attiene al contenuto di proteine, lattosio o sali minerali, che garantiscono che il quantitativo massimo prescritto di sostanze complementari per l alimentazione non venga superato e che sia praticamente esclusa un alterazione di scopo mediante impiego con specie animali diverse» Controversia principale e questioni pregiudiziali La Denkavit distribuisce in Germania un alimento complementare destinato ai suini, chiamato «Denkavit Kern Ferkel 125» (in prosieguo: l «alimento controverso»). Tale alimento contiene UI di vitamina D 3 per chilogrammo. In base alla sua etichetta e alle modalità d impiego, è destinato ad essere somministrato agli animali solo dopo essere stato miscelato con alimenti semplici in un rapporto di 1 a 7. L alimento controverso è prodotto dalla società collegata della Denkavit, con sede nei Paesi Bassi. Dall ordinanza di rinvio risulta che esso soddisfa i requisiti posti dal diritto olandese in materia di alimenti complementari per animali. Esso non è invece conforme alle disposizioni tedesche in materia, in particolare all art. 17 a, n. 3, punto 1, della FMV. Secondo tale ultima disposizione, come interpretata dalle autorità tedesche, il contenuto di vitamina D non può superare il quintuplo del contenuto massimo fissato, per quanto riguarda gli alimenti per animali, come quelli di cui trattasi nella causa principale, in 2000 UI per chilogrammo, ovvero UI per chilogrammo. Durante un ispezione svolta nel maggio 1991, il Landesamt für Ernährungswirtschaft und Jagd (ufficio regionale per l allevamento e la caccia) del Land Renania del Nord-Westfalia ha sollevato un obiezione nei confronti dell alimento controverso, a causa del suo contenuto di vitamina D 3. Il dosaggio in eccesso di tale vitamina, fino a UI per chilogrammo, comporterebbe un divieto di vendita e di impiego, in applicazione dell art. 4, n. 5, prima frase, punto 2, lett. b), dell FMG. Il 23 marzo 1993, la Denkavit ha proposto un ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht Düsseldorf (Germania) diretto a far constatare il suo diritto, ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE, ad importare e a commercializzare l alimento controverso. Poiché tale ricorso è stato respinto con sentenza 21 maggio 1996, la Denkavit ha interposto appello dinanzi all Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen (Germania). Quest ultimo ha accolto il ricorso della Denkavit con sentenza 13 dicembre Il Land Nordrhein-Westfalen ha proposto un ricorso per cassazione («Revision») contro tale decisione dinanzi al Bundesverwaltungsgericht. Ritenendo che la questione riguardasse elementi di diritto comunitario, tale giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se debba essere misurata direttamente rispetto agli artt. 28 [CE] e 30 CE la legittimità di disposizioni nazionali del diritto degli alimenti per animali che vietano l importazione di alimenti legittimamente prodotti in un altro Stato membro, in quanto il loro contenuto di vitamina D 3 non è conforme a quanto prescritto dalla normativa in vigore nello Stato d importazione. 2) Se l art. 19 della direttiva ( ) 70/524 ( ) debba essere interpretato nel senso che esso non osta al divieto di importare un alimento complementare per animali legittimamente prodotto in un altro Stato membro a causa del superamento del contenuto di vitamina D 3 consentito nello Stato membro d importazione. 3) Se la soluzione della questione sub 2) dipenda dal fatto che la diversità della disciplina nello Stato membro di produzione e nello Stato membro d importazione è fondata su un diverso ricorso alle possibilità regolamentari lasciate aperte dall art. 12, n. 2, primo comma, lett. b), della direttiva 70/524». Osservazioni preliminari

4 Con le sue tre questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 28 CE e 30 CE o le disposizioni della direttiva 70/524 ostino ad una misura con cui uno Stato membro vieta la commercializzazione, sul suo territorio, di un alimento complementare per animali regolarmente prodotto in un altro Stato membro ed il cui contenuto di vitamina D 3 non è conforme alle disposizioni vigenti nel primo Stato. Si deve anzitutto rilevare come emerga dal fascicolo che la mancata conformità dell alimento controverso alle disposizioni vigenti nello Stato di importazione, nel caso di specie la Repubblica federale di Germania, risulta da una divergenza tra le disposizioni vigenti, da un lato, in tale Stato, e dall altro, nello Stato di fabbricazione del detto alimento, nel caso di specie il Regno dei Paesi Bassi, dato che la Repubblica federale di Germania ha esercitato la sua facoltà di legiferare prevista dall art. 12, n. 2, primo comma, lett. a) e b), della direttiva 70/524. Il governo dei Paesi Bassi, da parte sua, segnala, in risposta ad un quesito postogli dalla Corte, che l alimento controverso è stato immesso in circolazione nei Paesi Bassi in forza della regola generale prevista all art. 12, n. 1, di tale stessa direttiva. Alla luce di quanto precede risulta che l interpretazione dei nn. 1 e 2, dell art. 12 della direttiva 70/524 nonché i rapporti tra tali due disposizioni rappresentano la chiave della soluzione della controversia principale. Tale articolo è strettamente connesso all art. 19 della stessa direttiva, il quale prevede che gli Stati membri vigilino affinché gli alimenti per animali conformi alle disposizioni della direttiva siano sottoposti soltanto alle restrizioni di commercializzazione previste da quest ultima. La questione che si pone è quindi di sapere se l art. 12, n. 2, primo comma, della detta direttiva rappresenti una restrizione di commercializzazione ai sensi del suo art. 19. Si deve rammentare che, con la seconda e la terza questione, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se il combinato disposto degli artt. 12 e 19 della direttiva 70/524 ostino ad un divieto all importazione come quello previsto dalla normativa tedesca. Ora, per fornire una soluzione utile al detto giudice, occorre esaminare congiuntamente tali questioni e comprenderle come aventi ad oggetto di determinare se l art. 19 di tale direttiva autorizzi uno Stato membro che ha legiferato in applicazione dell art. 12, n. 2, primo comma, di quest ultima a vietare l importazione di un alimento complementare messo in circolazione in un altro Stato membro ai sensi dell art. 12, n. 1, della detta direttiva, in quanto il suo contenuto di vitamina D 3 supera quello autorizzato in tale primo Stato. Si deve poi rilevare che, come giustamente fatto valere dall avvocato generale al paragrafo 23 delle sue conclusioni, si rende necessario rispondere al primo quesito, relativo all interpretazione degli artt. 28 CE e 30 CE, solo qualora si accerti che le disposizioni della direttiva 70/524 non ostano ad un divieto all importazione come quello di cui trattasi nella causa principale. Occorre quindi invertire l ordine delle questioni ed esaminare anzitutto la seconda e la terza questione, come riformulate, e poi, eventualmente, la prima questione. Sulla seconda e sulla terza questione Con la seconda e la terza questione, come riformulate, il giudice del rinvio chiede se l art. 19 della direttiva 70/524 autorizzi uno Stato membro che ha legiferato in applicazione dell art. 12, n. 2, primo comma, di tale direttiva a vietare l importazione di un alimento complementare messo in circolazione in un altro Stato membro conformemente all art. 12, n. 1, della detta direttiva, in quanto il suo contenuto di vitamina D 3 supera quello autorizzato in tale primo Stato. Il governo tedesco sostiene che le disposizioni degli artt. 19 e 12, n. 2, primo comma, della direttiva 70/524 gli permettono di vietare l importazione dell alimento controverso. La facoltà di legiferare prevista da tale ultima disposizione a favore degli Stati membri rappresenterebbe infatti una restrizione di commercializzazione ammessa dalla stessa direttiva e, di conseguenza, giustificata dall art. 19 di quest ultima. Pertanto, l importazione sul territorio nazionale di uno Stato membro di un alimento autorizzato da un altro Stato membro ai sensi della regola generale prevista all art. 12, n. 1, di tale stessa direttiva potrebbe essere vietata dal primo Stato sulla base di disposizioni nazionali adottate in applicazione del n. 2 di tale articolo. La Denkavit e la Commissione delle Comunità europee sostengono la tesi opposta. Esse sollevano inoltre dubbi in merito alla compatibilità delle misure adottate dal governo tedesco per trasporre l art. 12 della direttiva 70/524 nell ordinamento giuridico nazionale con il diritto comunitario. Per verificare se l esercizio, da parte di uno Stato membro, della possibilità di legiferare prevista all art. 12, n. 2, primo comma, della direttiva 70/524 consenta a tale Stato di vietare

5 l importazione di un prodotto conforme alle disposizioni del n. 1 di tale stesso articolo, occorre esaminare la portata e il contenuto degli artt. 12, nn. 1 e 2, e 19 della detta direttiva, nonché i rapporti tra tali diverse disposizioni. Si deve anzitutto rammentare come l art. 12, n. 1, della direttiva 70/524 preveda che gli alimenti complementari, tenuto conto della diluizione prevista per il loro impiego, non possano contenere tenori di additivi elencati nella presente direttiva superiori a quelli fissati per gli alimenti completi per animali. Per quanto riguarda il contenuto di vitamina D 3 negli alimenti completi per suini, esso è fissato, dall allegato I della detta direttiva, in UI per chilogrammo. Ora, come risulta dall inciso «tenuto conto della diluizione» riportato al detto numero, il contenuto massimo si riferisce all alimento complementare nella sua forma diluita. In altri termini, esso riguarda l alimento complementare già miscelato con un alimento semplice, conformemente alla sua destinazione ed alla sua modalità di impiego. Nel caso di specie, risulta dal fascicolo che l alimento controverso contiene, nella forma non diluita, UI di vitamina D 3 per chilogrammo e che presenta, dopo essere stato miscelato ad alimenti semplici, secondo la sua modalità di impiego, in un rapporto di 1 a 7, un contenuto di tale vitamina pari a UI per chilogrammo. Esso è quindi conforme alla regola generale prevista all art. 12, n. 1, della direttiva 70/524. Ora, come disposto dall art. 19 di tale stessa direttiva, gli Stati membri vigilano affinché gli alimenti per animali conformi alle disposizioni della stessa direttiva siano sottoposti soltanto alle restrizioni di commercializzazione previste da quest ultima. Occorre quindi esaminare se l art. 12, n. 2, primo comma, della detta direttiva rappresenti una restrizione di commercializzazione ai sensi di tale prima disposizione e se uno Stato membro che vi ha fatto ricorso abbia la possibilità di vietare l importazione di un alimento complementare messo in circolazione in un altro Stato membro in forza dell art. 12, n. 1, della detta direttiva. Al riguardo si deve rammentare che l art. 12, n. 2, della direttiva 70/524 consente agli Stati membri di autorizzare, in taluni casi, un superamento dei contenuti di vitamina D negli alimenti complementari rispetto ai valori massimi fissati per gli alimenti completi. Secondo il decimo considerando della direttiva 70/524, nella sua versione originale, tali deroghe sono consentite solo entro limiti accettabili per la salute degli animali e umana. A tal fine, agli Stati membri sono aperte due possibilità. In primo luogo, essi possono prescrivere, in applicazione dell art. 12, n. 2, primo comma, lett. a), della direttiva 70/524, che i contenuti di vitamine D negli alimenti complementari a disposizione di tutti gli utilizzatori possono superare i contenuti massimi fissati per gli alimenti completi, a condizione di non eccedere il quintuplo del contenuto massimo fissato, cioè, nelle circostanze di specie, UI per chilogrammo. In secondo luogo, ai sensi di tale stessa disposizione, lett. b), gli Stati membri possono prescrivere che, per quanto riguarda gli alimenti complementari destinati a talune specie animali e di cui uno Stato membro può autorizzare la messa a disposizione sul suo territorio di tutti gli utilizzatori in considerazione del sistema particolare di nutrizione, il contenuto di vitamine D può superare i limiti fissati senza andare oltre le UI per chilogrammo. È giocoforza constatare che né il tenore letterale dell art. 12, n. 2, primo comma, della direttiva 70/524, né gli elementi contestuali o la finalità di tale disposizione consentono di ritenere che il ricorso, da parte di uno Stato membro, alla possibilità di legiferare offerta dalla direttiva stessa consenta a quest ultimo di vietare l importazione di un alimento complementare messo in circolazione in un altro Stato membro ai sensi del n. 1 di questo stesso articolo. Si deve ricordare, in primo luogo, che i nn. 1 e 2 dell art. 12 della direttiva 70/524, pur disciplinando i contenuti di additivi autorizzati in alimenti complementari, non riguardano le medesime ipotesi. Infatti, il n. 1 di tale articolo, che enuncia la regola generale, si applica agli alimenti complementari nella loro forma diluita. Il n. 2, invece, autorizza, a talune condizioni, il superamento dei contenuti in taluni additivi per alimenti complementari, ma si applica a questi ultimi nella loro forma pura. Il suo tenore letterale lascia intravedere che si tratta di una liberalizzazione supplementare rispetto alla regola prevista al n. 1, e non di una limitazione a quest ultima. In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto, si deve rilevare, come fatto valere giustamente dall avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, che, ai sensi dell art. 12, n. 3, della direttiva 70/524, «in caso di ricorso al paragrafo 2» le caratteristiche intrinseche del prodotto e la sua composizione dovranno garantire che nell alimento completo non siano comunque superati i valori massimi. È chiaro che una tale precauzione, non necessaria per gli alimenti complementari

6 per cui sia esplicitamente prevista una regola di diluizione, che di per sé garantisce il raggiungimento di una concentrazione appropriata, è invece necessaria quando non sia prevista una siffatta diluizione. Tale constatazione conferma l interpretazione secondo cui il n. 2 di tale articolo non può essere considerato una limitazione alla regola generale prevista al suo n. 1. Infine, per quanto attiene alla finalità perseguita dall art. 12, nn. 1 e 2, della direttiva 70/524 e dalla direttiva nel suo insieme, si deve rammentare il testo del quarto e del nono considerando, che sottolineano, da un lato, il funzionamento del mercato interno e, dall altro, la protezione della salute degli animali ed umana. Ora, come fatto valere giustamente dalla Commissione, il buon funzionamento del mercato interno rischierebbe di essere seriamente pregiudicato se, in applicazione delle norme nazionali adottate ai sensi dell art. 12, n. 2, primo comma, della direttiva 70/524, uno Stato membro potesse imporre agli alimenti per i quali è previsto un rapporto di diluizione condizioni supplementari rispetto a quelle indicate al n. 1 di tale articolo. Quanto alla protezione della salute degli animali e umana, occorre rilevare che non può essere più rischioso ammettere la commercializzazione di un alimento complementare che contiene, nella sua forma non diluita, UI di vitamina D 3 per chilogrammo, e che presenta, dopo essere stato diluito, un contenuto di tale vitamina pari a UI per chilogrammo, rispetto a quella di un alimento che può contenere, in applicazione del detto art. 12, n. 2, primo comma, lett. b), sino a UI di additivi per chilogrammo. Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la seconda e terza questione dichiarando che il combinato disposto degli artt. 12 e 19 della direttiva 70/524 deve essere interpretato nel senso che tali norme ostano ad una misura con cui uno Stato membro vieta la commercializzazione sul suo territorio di un alimento complementare per animali regolarmente prodotto in un altro Stato membro, conformemente all art. 12, n. 1, della detta direttiva, a causa del suo contenuto di vitamina D. Considerata la soluzione fornita alla seconda ed alla terza questione, e per le ragioni esposte al punto 22 della presente sentenza, non occorre risolvere la prima questione. Sulle spese Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: Il combinato disposto degli artt. 12 e 19 della direttiva del Consiglio 23 novembre 1970, 70/524/CEE, relativa agli additivi nell alimentazione degli animali, come modificata dalla direttiva del Consiglio 29 novembre 1984, 84/587/CEE, deve essere interpretato nel senso che tali norme ostano ad una misura con cui uno Stato membro vieta la commercializzazione sul suo territorio di un alimento complementare per animali regolarmente prodotto in un altro Stato membro, conformemente all art. 12, n. 1, della detta direttiva, a causa del suo contenuto di vitamina D. Firme

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