L intervento cifrematico

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1 Tra marzo e giugno del 1993, Armando Verdiglione ha tenuto sette lezioni di cifrematica presso l Università di Ginevra, per dare avvio a una ricerca e una formazione in quella città. Qui possiamo leggere la settima di quelle conferenze, seguita da un equipe. 11 giugno 1993 Il titolo di oggi è La cifra. Cifra e zero hanno la stessa radice. Il non dell avere: (non) avere. Non io ho oppure io non ho, ma (non) avere: funzione di zero. Il significante, rimosso, funziona come nome adiacente a un altro significante. O, se volete, l uno, rimosso, funziona come zero adiacente a un altro uno. La formula è: s = f (0) 1, la formula della sintassi. La sintassi è la struttura della rimozione dove il nome, o lo zero, funziona. Questo è il non dell avere. In altre parole, non c è né soggetto né oggetto dell avere. La stessa parola debito viene da dehabeo. Non c è soggetto della rimozione o soggetto della sintassi e, prima ancora, del sintagma. Poi, il non dell essere: (non) essere. La formula è: f = f (1) 0, la formula della frase. C era un libro di Erich Fromm, epigono della scuola di Francoforte, che ebbe un successo immenso negli anni ottanta, Essere o avere. Era l epoca dei riflussi, dei revivalismi postmoderni, della transavanguardia: per lui si trattava di una scelta dell essere contro l avere, come nella psicologia più corrente la psicologia non è che una delle manifestazioni secondarie del discorso occidentale che dice: devi accettarti come sei. Ma la questione non è essere o non essere, avere o non avere. È il non dell avere e il non dell essere. Il non dell essere è la funzione di uno o funzione di significante o funzione di figlio. Nella sintassi, il padre è lo zero funzionale, ma anche l indice 61

2 dell innominabilità del nome. Sempre nella sintassi, la donna è l indice dell anonimato del nome. Il nome è senza nome e innominabile: non possiamo dare un nome al nome. Non c è lingua adamica che possa dare il nome alle cose. Non c è, insomma, nome del nome. Sarebbe la morte del nome, e l altra sua faccia, il nome del nome, come garante della spazialità lineare della parola, della sua padronanza. Funzione di zero, essenziale per la sintassi; funzione di uno, essenziale per la frase; funzione vuota o funzione di Altro: l intervallo fra la sintassi e la frase, fra il sentiero dei nomi (o dello zero) e il sentiero dei significanti (o dell uno), fra lo zero funzionale (0) e l uno funzionale (1). L uno funzionale (il figlio) non è ammesso nella religione ortodossa, dove c è l unico e tutti gli altri sono schiavi. Ci sono dei precedenti nell eresia nestoriana, in Persia, prima ancora di Maometto, e si tratta sempre della non ammissione del figlio, dell uno funzionale. Tripartizione del numero, quindi: zero, uno, intervallo. Tripartizione del segno: nome, significante, Altro. E non soltanto altro dal nome e dal significante, ma Altro assoluto, irrappresentabile, che non è mai quest altro o quell altro, mai l Altro convertito in positivo o in negativo. Per più di quarant anni, nella cosiddetta guerra fredda, esistevano i due blocchi, dove l Altro era rappresentato qui in positivo, là in negativo. Ogni esclusione dell Altro comporta la sua rappresentazione: il principio del terzo escluso è il principio della rappresentazione del terzo. Da qui, la personificazione, il linciaggio, la demonizzazione, l eliminazione del terzo, cioè dell Altro. Tripartizione e struttura. Struttura come frase, sintassi e pragma, cioè struttura dell Altro, la struttura in cui l Altro funziona. C è anche il dispositivo. Ritmo è parola greca tradotta da Quintiliano con dispositio. Ritmo ha un accezione più ampia: è il ritmo della sintassi, che si scrive, il ritmo della frase, che si scrive, ma anche il ritmo del pragma. Dicendo dispositivo, lo intendiamo nelle tre accezioni: il dispositivo concernente la sintassi, quello concernente la frase e, sopra tutto, (sta qui l intervallo) il pragma o dispositivo pragmatico, il dispositivo del fare. Il fare è la struttura dell Altro: ecco l industria, endo-struo, la struttura materiale originaria. Il dispositivo, in questa accezione, risente della tripartizione e, nel suo terzo aspetto, dell Altro. Nella scrittura della sintassi c è la legge della parola non la legge sulla parola, che sarebbe la legalità. Legiferare può avvenire soltanto in nome del nome, in nome della morte o della sostanza. La legge della parola, invece, è il compimento della sintassi, mentre l etica è il compimento della frase. Più precisamente, la legge è il compimento della scrittura sintattica, mentre l etica è il compimento della scrittura frastica. L etica non ha niente a che fare con 62

3 IL SECONDO RINASCIMENTO la morale, che è il sistema in cui le norme sono prese per legge, le regole sono prese per etica e i motivi sono presi per clinica. Ma le norme non sono la legge, sono soltanto il pretesto del gioco sintattico in cui il compimento è la legge. E le regole non sono l etica, ma soltanto il pretesto del gioco frastico (per esempio, del teatro) in cui il compimento è l etica. I motivi non sono la clinica, ma solo i pretesti per la danza, l intelligenza, la musica, la strategia. La clinica è il compimento della scrittura pragmatica. Clinica come strategia, come arte della piegatura delle cose e clinica come invenzione della piegatura. Ma le cose si piegano perché si dividono, altrimenti non ci sarebbe piega. Il discorso è effetto del percorso sintattico, cioè della sintassi (senso e godimento) e effetto del percorso frastico, cioè della frase (sapere). Il discorso è anche la verità come effetto del tono di un incontro e come effetto della cifra della parola. È questa la qualità, la cifra della parola. Il discorso che vorrebbe porsi come causa sulla parola è una caricatura e un euforia. Eu-foria: buon trasporto. Caricatura: un carro su cui il discorso mette qualcosa, tirato da un animale fantastico, che sarebbe la percezione, l allucinazione del due. L idea del due è l animale fantastico, di cui si serve l araldica. Fra i discorsi che vorrebbero porsi come causa, consideriamo quello che passa sotto il nome di discorso isterico. Il cosiddetto discorso isterico (cosiddetto, perché non c è discorso come causa) è quel discorso che instaura la fabbrica del senso, dove il senso e il godimento sono cause. Si sente responsabile di tutto, il discorso isterico. Legge sul giornale la notizia di un crimine e dice: potrei essere io il responsabile. Gioca con la legge. E si trova sempre dove le cose incominciano. Sostituisce l eliminazione del padre con l amore del padre. Sostituisce l eliminazione dello zero con una specie di culto dello zero. Ma non arriva propriamente al nome del nome, anche se è sullo sfondo come fantasma. Apparentemente, legifera. La legge, il godimento e il senso li porta sul suo carro, il discorso isterico. Consideriamo ora il cosiddetto discorso ossessivo. Mentre il discorso isterico ha l idea del figlio come aborto, il discorso ossessivo ha l idea del figlio come morto. Per il discorso ossessivo è assolutamente evidente che il padre è morto e, quindi, l impresa di cui può occuparsi è un impresa di cose che muoiono. Dove tocca, c è morte. Ma questo nell euforia, nella caricatura in cui l etica è presa come principio. Il discorso ossessivo insiste enormemente sulle regole, mette l accento sulle regole. Ma anche sul sapere. Sul suo carro c è il sapere come causa non un sapere 63

4 qualsiasi, ma un certo sapere, un sapere sessuale, un sapere sul segreto di morte. Ecco perché, ogni tanto, il discorso ossessivo è coprofilo. E ha tutta una sua gestione del tempo. Mentre il discorso isterico pone l accento sulla rappresentazione del sintomo e quindi presenta una profusione, un inflazione di sintomi quando sembra averne eliminato uno, eccone subito un altro, il discorso ossessivo pone l accento sull impasse. Siccome le cose di cui la sua impresa si occupa sono cose che finiscono, che muoiono, e siccome tutto ciò che vede è una visione in nome del padre morto, anche il figlio è un figlio morto e minacciato di morte. Il discorso paranoico prende il discorso isterico a principio: tutto ciò che il discorso isterico enuncia come fantasma il discorso paranoico lo prende a principio. S instaura come padrone. Se, nel discorso isterico, c è un animale fantastico che è il padrone, il discorso paranoico assume questo padrone: è lui il padrone. Ma padrone di che cosa? È il nome del nome che interviene, agisce e legifera. Stabilisce la legge e l ordine del godimento e dice: questo significa questo. Pretende di dare il nome alla cosa, spingendosi oltre la lingua adamica. Consideriamo ora il discorso schizofrenico. Il discorso schizofrenico dà per scontato il discorso ossessivo, spingendosi oltre i postulati fondamentali del discorso ossessivo: io sono il tempo, io taglio, io decido, io sono la schisi. Io sono il passo, io sono il tempo, io sono la verità. Anzitutto non c è l Altro, perché dice: io sono il tempo algebrico. Sta qui la differenza: il tempo algebrico al posto dell Altro. Se l Altro è eliminato, la madre è la morte. Se la madre è eliminata, l Altro è la morte. Il discorso schizofrenico si mette al posto dell Altro per dire: la madre è la morte, e quindi io sono il tempo. È solo un accenno, perché ciascuno di voi, a partire da qualche dettaglio della sua esperienza, possa trovare altri elementi. È lo schizzo di un altra nosografia, una nosografia impossibile. È questa la clinica: ciascun discorso che si crede causa non riesce come causa, si vanifica, si dissolve, si dissipa e resta come effetto di parola, come effetto di senso, di sapere e di verità. A partire da ciascun discorso (che rimane indefinito, perché si basa sul fantasma), l itinerario non è fantasmatico. E, invece, la psicanalisi nel senso corrente che cosa fa? Si fonda sul fantasma e, a un discorso che si pone come causa, oppone un altro discorso che si pone come causa. È una rettifica, una correzione, una disciplina del discorso, in modo che non esageri sulla sintassi, sul senso, sulla legge o sulla frase, 64

5 IL SECONDO RINASCIMENTO sul sapere, sull etica. Oppure sul tempo. Dice questa psicanalisi: tu dici che tagli, che decidi, ma insomma, non è il caso di esagerare, e via a spiegare, a interpretare, a portare tutto verso la significazione. Ho già detto che l itinerario è un altra cosa rispetto alla psicanalisi nel senso corrente, nei vari paesi. Consideriamo ora il discorso autistico. Ci sono due tipi di discorso autistico. Il discorso autistico si occupa dell autismo, cioè della stessità. La parola è l altra cosa, cioè la stessa cosa (che esige il sembiante), ma anche la cosa stessa (che esige il tempo). Quindi, ci sono due stessità. C è l instaurazione del sembiante e c è l instaurazione del tempo, dell evento. Il discorso autistico vuole preservare il sembiante, da un lato, e il tempo, dall altro. Due tipi di autismo. Nel primo caso, si fa guardiano del sembiante, per esempio attribuendo la funzione vuota al punto vuoto, alla voce come punto vuoto. Nel secondo caso, fa il contrario: attribuisce il punto vuoto alla funzione vuota. Detto altrimenti, il primo tipo di autismo fa del punto vuoto una funzione vuota (fa dell Altro la voce); il secondo tipo fa della funzione vuota il punto vuoto (fa della voce l Altro). Il primo gioca intorno alla magia, pur dicendo che la magia non riesce a immobilizzare l oggetto, il sembiante. Il secondo gioca sull ipnosi, pur insistendo sul fatto che l ipnosi non riesce a immobilizzare l Altro, a rappresentarlo e quindi a fissare l evento. Ma possiamo proseguire. Prendiamo, per esempio, la danza nel discorso autistico. L autismo fa il percorso come se il cerchio dovesse compiersi, ma in effetti lascia aperta la curva, fa solo la mossa di girare intorno a se stesso, ma poi deve ripetere il gioco all infinito, perché non arriva mai a comporre il cerchio. Il discorso autistico può considerare altre arti, per esempio la pittura, la scultura o l architettura, arti su cui mette l accento il primo tipo di autismo. E che succede quando il secondo tipo di autismo mette l accento sulla danza, sull intelligenza, sulla musica o sulla strategia? C è un capitoletto della Peste, 1981, che s intitola Schisi. A pagina 110 trovate: La corda. Il discorso paranoico immagina di sapere tagliarla. Per contare uno contro uno. In una macchina del tempo dove il fantasma di contaminazione è il fantasma di una comunicazione da inconscio a inconscio. E la metamorfosi presuppone il padre del padre, quasi uno stupido: io so che tu non sai che io so. Il discorso paranoico rappresenta la fine del tempo in una prospettiva di redenzione. E la morte del padre, il nome del nome funge da ricordo di copertura di un parricidio in atto mentre ogni partner, dio nel caso di Schreber, funge da ricordo di copertura del sembiante. A seconda del discorso, ci sono le quattro forme concernenti il sapere: io non so che tu sai che io so 65

6 (discorso isterico); io so che tu non sai che io so (discorso paranoico); io so che tu sai che io non so (discorso ossessivo); io so che tu sai che io so (discorso schizofrenico). Questo nel registro del fantasma. Ma la clinica non procede dal fantasma: è questo l errore della psichiatria, della psicanalisi corrente, della psicoterapia. La clinica procede dal due e dal suo modo, l ironia, la speranza, il proseguimento, secondo l idioma. Clinica del sembiante, dicevo, nel senso che il sembiante è la condizione dell itinerario che si compie con la clinica. Senza clinica nessun piacere, nessun approdo alla cifra. Ma la clinica non ha niente a che vedere con la clinica psicopatologica, psicotica, psicopatica, con tutta la tradizione del mentale, cioè della gestione necessaria, possibile, probabile del tempo. Questa è solo un introduzione, che concerne l altra esperienza, l esperienza della parola. Finora, invece, l esperienza era fondata sul sistema (Freud o Aristotele) o sulla struttura (Lacan), che si presenta immanente o trascendente. Qual è la posta in gioco della clinica? La clinica non ammette la gestione del tempo, risente dell altro tempo e della scrittura della parola. Senza scrittura della parola non c è clinica, che ne è il compimento. Alla conferenza è seguita un equipe, di cui diamo qui la trascrizione integrale. Qual è l intervento del cifrante a proposito di ciascuno dei discorsi che si pongono come causa? Era implicito, ma forse occorre dire qualcosa di più esplicito. Consideriamo il cosiddetto discorso isterico. Dati gli elementi e le caratteristiche che abbiamo detto, è un discorso che ruota intorno a un fantasma di assassinio. Nel discorso isterico, infatti, scrivere è come uccidere. E tuttavia, c è una quantità di frammenti, di briciole, di incominciamenti di scrittura. Non c è ancora il nome del nome, che sarebbe il risultato dell assassinio del resto, non si tratta propriamente di un assassinio, ma di un fantasma di assassinio. Anche il pretesto per la domanda, nel discorso isterico, può situarsi intorno a questo fantasma. Non dovete pensare all assassinio in senso realistico, è un fantasma, un fantasma d interesse: il discorso isterico s interessa a questo fantasma, non per realizzarlo il discorso isterico non giunge mai alla realizzazione del fantasma, sia chiaro. Non è vero che crea un padrone per dominarlo, non è esattamente così, perché il padrone, in questo fantasma, sarebbe padrone solo in seguito a un gesto unico, irripetibile, quindi mai. Il discorso isterico, dunque, non crea il padrone su cui 66

7 IL SECONDO RINASCIMENTO governare, anzi, non governa affatto. Il discorso isterico incomincia, incomincia sempre: è il privilegio della sintassi. CATHERINE SCHEUCHZER Incomincia? A. V. Incomincia un libro, incomincia un altro libro, incomincia a scrivere un racconto, poi passa a altro. Incomincia un mestiere, ma non va. Incomincia l università, poi si ferma, può fermarsi, ma come fantasma. Ciascuno può trovare gli elementi, i dettagli. Qual è l intervento, in questo caso? Il termine intervento indica dove c è il modo. Qual è il modo? È il modo d intervento del sembiante, del sembiante in quanto assoluto, distaccato, sciolto, irrelato, inoperazionale. Il sembiante non opera, e la relazione non è attribuibile al sembiante. Ecco dunque il modo: occupare la posizione impossibile di sembiante si tratta della maschera, di quanto c è di più irriducibile dell alterità dell immagine. Se c è maschera non c è identità. La maschera sta a indicare l alterità irriducibile dell immagine. FRANÇOIS KELLER Qual è la distinzione fra maschera e persona? A. V. In latino è lo stesso termine. La persona non è nei termini del personalismo, di Meunier o Maritain. Con il cristianesimo, persona ha preso un altra accezione. L instaurazione dell assoluto, del sembiante, è nell atto stesso del cifrante. In altre parole, il cifrante non esisterebbe se non ci fosse l assoluto, se non ci fosse il sembiante come condizione del suo itinerario. Se c è sembiante, altri se ne accorge. Per questo c è domanda, nel discorso isterico come in ciascun discorso. La domanda è l itinerario in atto: impossibile rivolgersi a A. se per A. l assoluto non è la condizione del suo itinerario, di quel che fa. Perché parlare con A.? Non bisogna immaginare che l intervento sia per correggere, nel caso del discorso isterico. Perché il discorso isterico passa il suo tempo a correggere, perciò, se vi mettete a correggerlo, si prenderà gioco di voi! È un discorso che gioca sulla correzione. Il discorso isterico incomincia svariate cose, sventaglia tutte le sue virtualità dinanzi al cifrante, per metterlo alla prova. È una specie di sfida la sua, in questo senso si approssima all ironia la sfida è ironica. Ma non è una sfida cui rispondere in modo realistico, sentendosi sfidati. È come se l isteria passasse il tempo a inventare esche, per verificare se il cifrante ci crede. Se ci crede, è fregato. In caso contrario, c è modo di avviare un elaborazione. C è un detto secondo cui il discorso isterico parla allo specchio, e il cifrante sarebbe questo specchio. Non è così. Se ha l occasione di essere eleborato, questo fantasma dello specchio opera alla scrittura della sintassi. È essenziale l intervento, in questo caso l intervento è l ascolto, il silenzio, un silenzio eloquente, non un silenzio muto. C è una specie 67

8 di saggezza dello specchio che interviene. Bisogna tenere conto che le norme cose semplici: Ci vediamo domani alle quattro sono prese terribilmente sul serio, quindi non è il caso d insistere. Già l isteria tende a prendere le norme come leggi, a porre l accento su di esse e a opporsi a qualsiasi modifica delle norme, quindi non è il caso d insistere, diventerebbero dei parametri. Regole, norme e motivi sono provvisori, vanno stabiliti in modo differente e vario di volta in volta, non sono eterni. Qual è la questione dell intervento? Il modo in cui il senso si qualifica, via via, come effetto e non come causa. Il senso, per il discorso isterico, è portato come causa, non come controsenso: prende un aspetto di senso e, per evitare che ci sia controsenso, cerca di fissarlo, fino a trasformarlo in significante. Ma anche così, il senso non è causa. Se questo discorso trova lo scacco della pretesa di porsi come causa, allora diviene semplicemente effetto di senso, effetto sintattico di senso. Perché Freud ha tanto insistito sul lapsus, sull equivoco? Voi sapete che ciascun paese ha insistito su un discorso: la Francia sull isteria, da Charcot in poi, che è stato il primo a parlare di isteria maschile, fino a dire che l isteria non era localizzabile e non poteva attribuirsi per forza alla donna. Ma perché concerne le donne? Perché c è questa insistenza sul nome: il nome innominabile e anonimo. Non posso attribuire un nome al nome, quindi non posso legiferare, non c è un legislatore. È questo che sottolinea il discorso isterico. E sottolinea anche un altra cosa: insiste sul lutto, ma per dimostrare non che il padre è morto (l assassinio deve ancora avvenire, non interviene mai), ma che il padre è immortale. È un contributo che il discorso isterico dà. Ma non il discorso isterico in quanto tale. Perché diciamo il cosiddetto discorso isterico? Perché l itinerario è anzi tutto questo, in una prima fase: è l analisi. Sicché il discorso non arriva a instaurarsi come causa. E la causa quale sarebbe? Il senso già dato. Cerca di fissare questo senso, che però non tiene. Incomincia qualcosa, come se il senso dovesse fare da guida all incominciamento e al proseguimento. Ma il senso non fa da guida, e così incomincia e si ferma: scrive dieci righe, poi si ferma. Cambia argomento, scrive altre dieci righe e poi si ferma. Quindi, il senso non riesce a padroneggiare e a guidare l itinerario, perché c è un effetto di senso in quelle dieci righe che non è il senso voluto. C. S. supposto. A. V. postulato. Giusto per accennare a qualcosa. Ma è evidente che se c è compiacimento da parte del cifrante se non intende che si tratta di una sfida (non una sfida personale, intersoggettiva, sociale), che più semplicemente si tratta dell instaurazione della relazione, del due, 68

9 IL SECONDO RINASCIMENTO dell inconciliabile, se da parte del cifrante, dinanzi ai complimenti esagerati, enormi, inauditi che il discorso isterico gli fa, c è anche solo un accenno di compiacimento, è finita! Non che l isteria crei il padrone, è solo una figura retorica. Il discorso isterico prova proprio questo: non c è nome del nome, il solo che potrebbe fondare il senso come causa, a partire dal quale guidare l intero itinerario, in modo che l itinerario possa significare le cose. L isteria prova che non c è il significabile o il codificabile. Ma gioca con l invenzione di codici: ogni dieci righe un nuovo codice. Evidentemente gioca sulla suggestione, che sta nella sintassi, senza nulla di negativo. È la virtualità dell effettuazione di senso la suggestione dice che c è effetto di senso. Questo, non ha niente a che vedere con l idea che il discorso isterico giochi allo schiavopadrone, altrimenti sarebbe una trappola per il cifrante. Qual è l animale fantastico di questo discorso? È un animale violento e violentatore. C. S. Violentatore? A. V. È così che vede l atto sessuale: un gesto unico come l assassinio. Non c è occasione per il cifrante di stabilire un qualche compromesso, anche provvisorio: non lo accetta. È il discorso isterico a inventare una serie di compromessi, sotto forma di una continua sfida. Il cifrante non deve rispondere a botta e risposta, non ha nessun interesse. Il discorso isterico si trova già nell articolazione e nell elaborazione, ma occorre che s instauri lo specchio nella parola. L animale fantastico diventa una figura retorica, diventa la figura del due: non è l animale che prende il posto del due, che sta al posto della relazione. Per questo motivo il discorso isterico non accetta l araldica (ogni albero genealogico ha il suo animale di famiglia). L animale fantastico viene immaginato nella masturbazione, per raffigurare la relazione. SÉBASTIEN KRAUER Qual è la distinzione fra rappresentazione e raffigurazione? A. V. Ecco la questione. Si tratta del cosiddetto fantasma materno e, tuttavia, il fantasma non è materno, lo sarebbe se potesse realizzarsi. L animale fantastico non riesce a abolire il due, la relazione. L albero genealogico sta al posto dell apertura, del due. In René Thom si chiama sistema morfologico-dinamico, e deve includere la catastrofe, l incidente nella scatola nera un tema caro alla gnosi. Sono alcuni elementi, poi ciascuno può proseguire. C. S. Lei fa come il discorso isterico, che incomincia... A. V. Dico alcune cose, perché non è il cifrante che deve proseguire! Proprio per nulla. Il discorso isterico lancia piste false... 69

10 Consideriamo il discorso ossessivo. Qual è il fantasma? Spesso, l animale fantastico nel discorso ossessivo è il cane o un confratello del cane. Ma il cane è a due facce: il padre morto e il figlio minacciato di morte. Essendo il cane al tempo stesso totem e tabù, sovente il discorso ossessivo privilegia una cagna, perché sia evidente che può diventare tabù e, comunque, non può costituire una minaccia di morte. Però, se nasce un cucciolo, ritorna la minaccia e la cagna diventa un totem perché non sia realizzata la morte del figlio. Si tratta ancora di una figura retorica. Fra le svariate figure retoriche in questo discorso, c è l identità. Come dire: no, l uno non è diviso da sé, l uno è identico a sé. Ma questa virtualità, che l uno non sia identico a sé, è vista come minaccia di morte. Ma allora, qual è la minaccia? Che l uno sia identico a sé o che non lo sia? Sta qui il gioco. Il sapere viene posto come causa: il sapere sul sesso, il sapere sull Altro. Un sapere acquisito. Freud dice che il discorso ossessivo dà molta soddisfazione allo psicanalista, perché è coerente, docile, osservante, trae vantaggio da ogni gesto. Lo psicanalista si alza e va a aprire la finestra? Ah, che gesto nobile!, lo santifica immediatamente, ne fa l agiografia, come Jones a proposito di Freud. Ma attenzione, per santificarlo occorre che sia morto! Ecco l inghippo. Vuole sentirne l odore. Qui, l occhio sembra avere il sopravvento sullo sguardo (punto di sottrazione e di fuga). Quando il discorso ossessivo viene analizzato, ne deriva un insegnamento. E dell arte. La teoria, ma sopra tutto il teatro sono privilegiati in questo discorso. La teoria è presa come se fosse una forma di teatro, come se non fosse teoria. Qui non si tratta d insistere sulle regole, basta enunciarle una volta, perché il discorso ossessivo tende a confonderle con l etica, quindi a farne una morale. E della morale esso stabilisce il trionfo e la disfatta. Apparentemente, esalta la morale, in effetti è talmente osservante delle regole fino a giungere al paradosso, all impossibilità, all inesistenza della morale stessa. In fin dei conti, sono solo regole, non è l etica. La questione ruota intorno al sapere. Dire: io so equivarrebbe a fare la caricatura della caricatura, perché il discorso ossessivo mostra il sapere. C. S. Lo mostra o lo cerca? A. V. Lo mostra. Lo postula in quanto causa, come maestro del percorso. Nella fantasmatica del discorso isterico e del discorso ossessivo, la terapia ha il sopravvento sulla formazione. La formazione è presa come una forma di terapia. Mentre nella fantasmatica del discorso schizofrenico e del discorso paranoico avviene il contrario: l arte è presa come cultura, la terapia è presa come formazione, come se non ci fossero né gioco né arte. L arte è una semplice variante della cultura. Quindi, primato dell arte sulla cultura nel discorso isterico e in quello ossessivo, 70

11 IL SECONDO RINASCIMENTO primato della cultura sull arte nel discorso schizofrenico e in quello paranoico. Ma attenzione, siccome questi discorsi fanno la caricatura dell euforia, il cifrante non deve assolutamente fare la caricatura della caricatura. Nel suo intervento non può fare il verso al cifratore, cioè non può fare cose che vadano nella stessa direzione, che siano nello stesso registro, insomma, non può entrare nella fantasmatica del cifratore. C. S. E l intervento nel caso del discorso ossessivo? A. V. Per ora, ho detto come l intervento non deve essere. La questione è d instaurare l altro tempo, perché il discorso ossessivo cerca di trasformare il ritmo in una religione della temporalizzazione. Ma come instaurare l altro tempo? Anzi tutto, con l appuntamento. Mai alla stessa ora. Talvolta alle sette del mattino, per esempio. Occorre rendere impossibile che il ritmo sia trasformato in religione della temporalizzazione. Quando c è intervento, spesso il cifratore si arrabbia. Finché c è accordo, compromesso, tutto fila liscio, ma se questo compromesso sociale, sessuale non c è, si arrabbia. Non c è da inquietarsi per questo. Cercherà di giustificare le ragioni per cui si è arrabbiato, dirà che sono buone ragioni e che vanno osservate, e via con un altro compromesso. Se il discorso isterico sfocia nell umorismo, il discorso ossessivo arriva al motto di spirito. Quindi, se il cifratore si arrabbia, potete capire di avere colto nel segno. Ma non fondatevi su questo criterio, perché immediatamente lo prenderà come criterio morale, per ristabilire un nuovo compromesso. Dunque, nessun compiacimento per essere riusciti a farlo arrabbiare. La cosa è interessante, perché il discorso ossessivo può giungere a fare cose straordinarie, proprio perché deve tentare nuove strade, altre cose. Il compromesso in negativo è quello di rappresentare l impasse. Per esempio, è una persona che non beve, ma vi dice: Ieri sera ho finito una bottiglia intera di whisky. Ero a pezzi, in uno stato deplorevole. Ecco che rappresenta l impasse: il sapere come causa può essere anche il sapere in negativo. A quel punto, non bisogna consacrare l impasse, perché è già una via di uscita, è solo apparentemente una rappresentazione dell impasse. Anzi, è un invito all ascolto, a intendere e a intervenire in modo non realistico: l impossibile non si realizza, né nel discorso isterico né nel discorso ossessivo. Ma esiste una gamma d intervento vastissima, nel discorso ossessivo, purché non cadiate nella trappola di stabilire un compromesso sociale, nel qual caso rischiate di essere immediatamente mortificati e santificati. Ci sono queste due facce: da una parte, siete il padre morto e, dall altra, il figlio minacciato di morte questo è l aspetto materno. Arriva persino a portarvi regali, cibi: pensa di dovervi uccidere, quindi vi porta regali. Il discorso 71

12 ossessivo è la caricatura della religione, dice Freud, ma della religione impossibile. S. K. È qui che interviene il rituale. A. V. Sì. Il rito, che concerne le regole, si trasforma in rituale, persino in cerimoniale: le regole sono prese come morale, saltando l etica. C. S. Che differenza c è tra il discorso ossessivo e le cosiddette idee ossessive? A. V. Nell intervento non bisogna mai esprimere giudizi, dicendo, per esempio, che si tratta di un discorso ossessivo. Anzi tutto perché non è uno stato permanente e poi perché quel che avviene in una conversazione può non intervenire in un altra. Non si tratta di entità ontologiche, sarebbe veramente volgare attribuire un entità nosografica a qualcuno! MARC LAUFFER Nel senso che non si può attribuire un discorso a un soggetto? A. V. Assolutamente no. È una nosografia impossibile. S. K. Può capitare a ciascuno di attraversare le varie figure dei vari discorsi senza appartenere a uno solo? A. V. Assolutamente sì. Del resto, potrei dire che il discorso paranoico assume e dà per acquisito il discorso isterico e il discorso schizofrenico assume e dà per acquisito il discorso ossessivo. In che modo? Il discorso paranoico intende che nel discorso isterico c è, da qualche parte, l idea di un padrone, assassino o da assassinare, che legifera in nome del nome e dice: Ecco, sono io la legge oppure: L assassino sono io, ma non compirà mai assassinio. Il padrone sono io : stabilisce le cose, dà il nome alle cose, e arriva a inventare cose straordinarie, poiché niente è proibito come forma di senso; può giocare sulle parole fino a trovare infiniti sensi. Passa da una lingua all altra, ma a partire dal senso. E passando da una lingua all altra, ci sono lapsus, ma è come se non se ne accorgesse, per attenersi al senso, perché è a partire dal senso che inventa le lingue. Il senso che inventa le lingue diviene la forma della verità. È la risposta all isteria, come nella Bisbetica domata. È rigorosissimo il discorso paranoico: il rigore come principio e contro la follia. Privilegia l intervento del punto (il rigore) all intervento del contrappunto (la follia). Qui l intervento, ogni tanto, à la guerre comme à la guerre. Mai dare l impressione di essere suo schiavo e di accettare quella scuola, perché è una padronanza fittizia, e lui lo sa, è un fantasma materno. Io sono la legge, io sono il senso. Sono colui che fa la legge e che fa il senso, che postula il senso come guida. S. K. E dio? Penso a Schreber... A. V. Schreber non si crede dio. S. K. Ma il dio di Schreber è quella specie di cretino, lassù... 72

13 IL SECONDO RINASCIMENTO A. V. Il dio di Schreber è il dio di Cartesio, un deus ex machina che continua a pensare che Schreber non pensi. Così, Schreber pensa tutto il tempo, rimane sveglio per non smettere di pensare, perché dio potrebbe sorprenderlo e dirgli: Ah, vedo che non pensi! Ne deduco che sei stupido. Sicché Schreber deve dimostrare che il pensiero non dorme. L intervento, in questo caso, si gioca tutto sull ironia. Mentre nel caso del discorso isterico si gioca sull umorismo, nel caso del discorso ossessivo sul motto di spirito, nel discorso paranoico si gioca enormemente sull ironia. Non l ironia socratica, ma l ironia come apertura, modo del due. FRANÇOIS KELLER Altrimenti c è il rischio della simmetria. A. V. È chiaro, si tratta di giocare sull asimmetria. O sulla simmetria che diventa subito paradossale e manifesta l asimmetria. Giuntura e separazione. L intervento nel caso del discorso schizofrenico si gioca sul riso. Nel film Il cacciatore, c è la storia di un giovane soldato americano in Vietnam. Finisce la guerra ma lui rimane in quel paese. Un amico americano decide di andare a cercarlo, finché lo trova in un locale dove ogni sera il giovane soldato si trova a sfidare gli avversari alla roulette russa. Per incontrarlo, non gli resta che sedersi dinanzi a lui e sfidarlo a sua volta. All amico sconvolto che cerca di trascinarlo via, il soldato ricorda che, anche a caccia, quello che conta è un colpo solo. Un colpo solo. Io sono la schisi. Io sono il tempo. Io sono la divisione. Il discorso schizofrenico impara con rapidità e precisione assolute una nuova lingua. Non so se avete le letto Le schizo et les langues, di Louis Wolfson con la prefazione di Gilles Deleuze. La lingua che impara è come una nuova religione. È pronto a imparare tutto quel che si dice nell incontro o nella conversazione, ma come una nuova lingua, una nuova religione. Qual è il rischio? Che un giorno o l altro, con un colpo solo, passi a un altra religione. A un altra lingua. Quando? Se l intervento avviene come per gli altri discorsi, lui taglia. Se intervenite in modo severo (del resto, la severità non deve mai, in nessun caso, intervenire), allora lui taglia. Sparito. E un giorno venite a sapere che ha trasformato completamente la sua vita, ha imparato un altra lingua il cinese, per esempio, o il giapponese e si trova in India per qualche motivo. Una questione di religione. Una religione particolare: la religione della divisione, della schisi, del taglio algebrico. Mai come in questo caso il dispositivo è davvero essenziale. Gioca sul contingente il discorso schizofrenico: niente è impossibile. Fa miracoli. Anche Zelig, il personaggio di Woody Allen, illustra bene questo discorso. 73

14 FRANÇOIS KELLER Un camaleonte... A. V. Sì, ma non è un camaleonte sociale. Non è mai opportunista. Non impara una nuova religione o una nuova lingua per opportunismo, anzi, avrebbe interesse a non cambiare se fosse per questo. In questo caso, non bisogna mai lasciarsi sfuggire una frase o un gesto severo o tragico. FANCHETTE KUNZ Lei dice che occorre il dispositivo perché non ci sia rapporto duale? A. V. Perché fa miracoli il discorso schizofrenico, e vuole avere l occasione per farli. Non soltanto nella conversazione, anche altrove. Può essere interessante. Ma se rispondete dicendo: Io taglio, allora diventa molto problematico. O sparisce con la nuova lingua e la nuova religione, oppure comincia a soffermarsi su ciascun fonema di ciascuna parola, con la conseguente difficoltà di terminare una parola, sia parlando sia scrivendo. È una cosa provvisoria, ma è una conseguenza del vostro intervento, che è una caricatura della caricatura. Come se voi, prendendo in modo realistico l enunciato io taglio, quasi che fosse possibile la divisione algebrica, rispondeste facendo la caricatura: taglio anch io. È un intervento materno che, nel caso del discorso schizofrenico, è nefasto. Come se voi davvero credeste che lui possa prendere il posto dell Altro, eliminandolo. Taglio anch io equivale a l Altro è eliminato, quindi anche in ciò che tu dici. È un intervento grave, pesante. Queste che vi dico sono cose implicite nei miei scritti. La questione è come intervenire evitando il comico e il tragico. Il comico nei primi due discorsi, il tragico negli altri due. I primi due discorsi, apparentemente, giocano al servo, gli altri due giocano al padrone. Comunque, nel loro itinerario, ciascuno di questi discorsi mostra fino a che punto la società naturale e conformista sia assurda. C. S. È come se dicesse: Non riesco più a padroneggiare. Il fantasma di padronanza deborda al punto tale da non consentirmi più nessuna padronanza. A. V. Proprio così. Inaugurazione di una conversazione: Non ho niente da dire. In quel niente c è il pleonasmo. Perché ci sono tantissime cose da dire, ma non è questo. Non è questo. Il niente come pleonasmo. Trascrizione, non rivista dall Autore, a cura di Cristina Frua De Angeli 74

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