Il cibo che mangiamo Conoscere gli aspetti ambientali, sociali e culturali legati al mondo del cibo

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1 Il cibo che mangiamo Conoscere gli aspetti ambientali, sociali e culturali legati al mondo del cibo

2 Progetto EAT:ING Educare alla Responsabilità Agroalimentare nel Territorio: Inchieste, Natura, Giornalismo Un iniziativa di educazione ambientale rivolta alle scuole secondarie di primo e secondo grado e caratterizzata da un focus sulla sostenibilità alimentare. Un progetto finanziato da Fondazione Cariplo e sviluppato da Fondazione Eni Enrico Mattei in collaborazione con il Centro di Studi per la Storia dell Editoria e del Giornalismo. Tutti i materiali realizzati a supporto della didattica sono disponibili sul sito del progetto Questo capitolo è stato realizzato dai ricercatori della Fondazione Eni Enrico Mattei

3 Indice Introduzione... 4 Cibo effetto serra... 5 Cibo da lontano... 7 Cibo locale... 9 Cibo fuori stagione Cibo che inquina Cibo di scarto Cibo troppo imballato Cibo in estinzione Cibo da OGM Cibo biologico Cibo e salute Cibo equo Cibo per muoversi Sai cosa mangi? NOTA Le parole sottolineate sono spiegate nel Glossario, scaricabile dal sito nella sezione Multimedia - Pdf scaricabili. 3

4 INTRODUZIONE Quanto influisce un pomodoro da insalata sullo stato di salute dell ambiente? E una fetta di prosciutto? Qual è il percorso che compiono gli alimenti che arrivano sulle nostre tavole? Per scoprirlo occorre pensare al cibo come ad un prodotto con un suo specifico ciclo di vita, in cui bisogna considerare le materie prime e l energia necessarie alla produzione, alla lavorazione e alla distribuzione dell alimento finale. Ad esempio, la bistecca di carne di manzo proviene da un bovino che ha vissuto per qualche anno in un azienda agricola ed è stato nutrito con cereali e foraggio; questi ultimi sono stati coltivati direttamente dall allevatore o acquistati da coltivatori che hanno seminato, irrigato, fertilizzato e protetto la coltura con insetticidi ed erbicidi prodotti artificialmente da aziende chimiche che a loro volta hanno consumato energia e prodotto sostanze inquinanti per l ambiente. Il cibo non è solo cibo! E' un intreccio di cause e conseguenze, dove un pomodoro ha impatti sull ambiente che non derivano solo dal settore agricolo, ma anche dall industria chimica, poiché ogni aspetto riguardante la produzione e il consumo di un alimento è interconnesso agli altri. Questo diventa più che mai vero se l intensità con cui l uomo sfrutta le risorse naturali per produrre cibo è maggiore della capacità dell ambiente di attutire gli impatti negativi: oggi il 25% delle riserve marine di pesce è sovrasfruttato, negli ultimi 20 anni il 35% delle foreste di mangrovie è andato perso, un quarto di tutte le terre emerse è stato trasformato in campi coltivati, in 30 anni l uso di fertilizzanti di sintesi si è triplicato. Il 30% delle emissioni di gas ad effetto serra è direttamente o indirettamente collegato a come l uomo produce, distribuisce e consuma cibo: fertilizzanti, pesticidi, carburanti per trattori e pescherecci, trasformazioni, refrigerazioni, trasporti. Questo non significa che per tutelare l ambiente e la salute umana non bisogna consumare più cibo! Piuttosto occorre mettere in atto un consumo intelligente, dove non si pretende di mangiare le zucchine in pieno inverno e si acquistano le ciliegie di Vignola senza farle volare dal Sud America. 4

5 CIBO EFFETTO SERRA L effetto serra e il cibo che mangiamo Le filiere agroalimentari richiedono energia per produrre i cibi di cui ci nutriamo. Gli animali che alleviamo e le piante che coltiviamo consumano, come l uomo, risorse naturali ed emettono nell ambiente sostanze di scarto. Questi processi possono contribuire ad aumentare l effetto serra e, quindi, a surriscaldare il pianeta. L effetto serra è dovuto alla presenza in atmosfera di diverse sostanze, normalmente presenti in natura in basse concentrazioni, ma prodotte in elevate quantità dall attività dell uomo, soprattutto negli ultimi decenni. Questo succede, ad esempio, a seguito della combustione dei carburanti per spostarsi e per far funzionare macchinari, per produrre energia elettrica e, indirettamente, anche attraverso le attività necessarie a produrre alimenti. Di quali sostanze parliamo? Tra le sostanze emesse in atmosfera alcune hanno un influenza maggiore sull effetto serra, come il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O), altre, come l anidride carbonica (CO2), hanno un effetto minore, ma vengono prodotte in grandi quantità dall uomo. La produzione animale e agricola contribuisce alle emissioni di gas effetto serra, soprattutto per quanto riguarda il settore zootecnico; questo settore, in crescita esponenziale negli ultimi decenni, è responsabile del 18% delle emissioni globali di gas serra, detti anche GHG (Green House Gases), una quantità addirittura superiore alle emissioni di GHG generate dai trasporti in tutto il mondo!! Allevare animali significa, in particolare, che i reflui zootecnici, ossia il letame e il liquame prodotto dai capi di bestiame, e i fertilizzanti applicati sui suoli coltivati per nutrire gli animali, rilasciano in atmosfera il 65% del protossido d azoto complessivamente introdotto dall uomo in atmosfera. Il settore della zootecnia è, però, responsabile anche del 37% del metano complessivamente prodotto dalle attività dell uomo: questa quota è emessa per lo più dai ruminanti e dalla fermentazione della cellulosa che avviene nei loro stomaci. Infine, l allevamento produce il 9% delle emissioni globali di anidride carbonica, soprattutto in conseguenza di cambiamenti di uso del suolo come la deforestazione causati dall estensione dei pascoli e delle terre coltivate. Carne e prodotti in viaggio Dietro ad una fetta di carne ci sono, quindi, risvolti complessi che riguardano l ambiente e la salute stessa dell uomo: tra tutti gli alimenti la carne (intesa anche come salumi) è la più determinante nell incrementare l effetto serra e quindi il surriscaldamento del pianeta, 5

6 soprattutto perché negli ultimi decenni se ne consuma in grandi quantità (più del naturale fabbisogno proteico) e il numero di animali allevati deve crescere continuamente per soddisfare la richiesta. Agli impatti sull atmosfera legati a questi specifici processi produttivi va aggiunto poi il peso delle emissioni di anidride carbonica dovute al trasporto del cibo, su gomma, via mare e per via aerea. Ogni alimento deve essere trasportato dal luogo in cui viene prodotto e confezionato a quello in cui viene distribuito. Vi siete mai chiesti quanti chilometri percorrono i cibi che trovate sulla vostra tavola ogni giorno? Lo sapevi? I fertilizzanti a base di azoto contribuiscono indirettamente al cambiamento climatico e all effetto serra: la produzione e il trasporto di un Kg di azoto contenuto in un fertilizzante rilascia in atmosfera 3,7 Kg di anidride carbonica! 6

7 CIBO DA LONTANO Alimenti giramondo Da molti secoli ormai l uomo commercia cibo da un capo all altro del mondo. Uno degli effetti della globalizzazione e del progresso riguarda, però, la possibilità di commerciare prodotti alimentari in tutto il mondo in poco tempo e in grandi quantità. Se in un certo senso questo consente di apprezzare la cultura alimentare di popoli lontani stando seduti alla propria tavola, d altro canto genera forti pressioni sull ambiente, soprattutto sull atmosfera, con l aumento esponenziale delle emissioni di gas ad effetto serra (GHG Green House Gases). Negli ultimi decenni una sempre crescente quantità di cibo è stata commercializzata in tutto il mondo: oltre alla produzione, è aumentato anche il trasporto di cibo. Il commercio di cereali, ad esempio, è cresciuto del 251%! Ma tutto ciò non è dovuto solo ad un aumento della produzione, piuttosto all aumento della percentuale di prodotti che vengono fatti circolare sui mercati internazionali. Coldiretti la Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti - ha recentemente stilato una classifica dei cibi consumati in Italia ritenuti più inquinanti per l atmosfera e, a ben vedere, sono tutti alimenti che arrivano da lontano, molti dei quali possono essere facilmente sostituiti da cibi nostrani poiché prodotti anche in Italia. I cibi trasportati per via aerea sono quelli che generano maggiori emissioni di GHG, a parità di Km da percorrere, tuttavia l aereo è oggi la modalità preferita per il trasporto alimentare poiché consente di ridurre ulteriormente i tempi di consegna dei prodotti. Food miles Spesso non si presta attenzione alla provenienza degli alimenti che acquistiamo, dando magari per scontato che siano stati prodotti poco distante da noi. Ecco, quindi, che si comprano prugne cilene e vino australiano, che si trovano ai primi posti, insieme alla carne argentina, nella classifica dei cibi che sprecano più energia e contribuiscono all emissione di gas ad effetto serra. Anche il mango dal Peru, l anguria da Panama, la carne dal Brasile, l aglio dalla Cina, l uva da tavola dal Sud Africa, i meloni dal Guadalupe e il riso dagli Stati Uniti sono cibi che devono percorrere distanze nettamente superiori ai 10 mila chilometri prima di giungere sulle nostre tavole, quando potrebbero essere sostituiti quasi sempre da alimenti di origine nostrana. 7

8 Gli anglosassoni utilizzano il termine Food Miles per indicare l'impatto ambientale del cibo che mangiamo ogni giorno, basato sul chilometraggio dei prodotti, ossia sui chilometri percorsi dal prodotto per arrivare nei nostri piatti. Oggi esistono diversi siti internet che mettono a disposizione dei software per calcolare quanta anidride carbonica ha emesso l ananas che stai mangiando, o i cavolfiori che hai acquistato: puoi visitare i siti di Organic Linker o dei mercatidelcontadino. Il vino proveniente dall Australia, ad esempio, per giungere sulle tavole italiane deve percorre oltre 16mila chilometri, con un consumo di 9,4 chili di petrolio e l emissione di 29,3 chili di anidride carbonica; le prugne dal Cile devono volare per 12 mila chilometri con un consumo di 7,1 kg di petrolio che liberano 22 chili di anidride carbonica; la carne argentina viaggia per 11 mila bruciando 6,7 chili di petrolio e liberando 20,8 chili di anidride carbonica attraverso il trasporto aereo. A livello globale è stato calcolato che un pasto medio percorre più di 1900 chilometri, trasportato da camion, nave o aeroplano, prima di arrivare sulla nostra tavola e spesso ci vuole più energia per consegnare il pasto al consumatore del valore nutrizionale del pasto stesso. La distanza tra il produttore e il consumatore si è, quindi, estesa notevolmente e le catene di fornitura sono diventate più lunghe e complicate, tanto che i consumatori spesso non riescono a scoprire con certezza la provenienza dei cibi che mangiano, né tanto meno hanno idea delle condizioni dei lavoratori che lo hanno prodotto o degli impatti ambientali generati dalla produzione, dalla trasformazione, dall imballaggio e dalla distribuzione del cibo. Lo sapevi? Alcune aziende europee di distribuzione applicano un aeroplanino sulle confezioni di frutta e verdura che sono importate da altri continenti, per segnalare a chi acquista l elevato impatto ambientale del prodotto. 8

9 CIBO LOCALE Prodotti che viaggiano molto Ciò che viene prodotto vicino a casa non deve essere trasportato per lunghe distanze, come, invece, accade solitamente al cibo proveniente dalla produzione industriale: dai pochi e grandi stabilimenti posti sul territorio nazionale il cibo viene distribuito per migliaia di chilometri, con appropriati imballaggi che proteggano il prodotto, su camion e aerei costantemente refrigerati per conservare le proprietà nutrizionali degli alimenti. Quando accompagnate i vostri genitori a fare la spesa e andate al supermercato, tutti i cibi sono impacchettati in vaschette di plastica ermeticamente sigillate da pellicole, o sono confezionati in grossi contenitori a loro volta suddivisi in piccoli pacchettini di plastica monodose. Uno dei motivi più frequenti di questi imballaggi è che i cibi venduti dal supermercato spesso arrivano da lontano: anche se vivete in una zona ricca di aziende agricole e di stalle, sarà facile trovare sui banconi del vostro supermercato carne proveniente dalla Francia e frutta che ha volato dal Centro America. Brevi tragitti Se, invece, entrate nella latteria vicino a casa sarà più probabile che il negoziante vi venda qualche formaggella locale, o addirittura che abbia il distributore del latte fresco appena munto! Questo accade anche perché il piccolo commerciante è in un certo senso orientato verso il cibo locale dal risparmio economico che trae accorciando la catena dal produttore al consumatore e limitando le spese connesse al trasporto del cibo (confezionamento, imballaggio, refrigerazione, etc.). I vostri genitori e i vostri nonni facevano la spesa in questo modo probabilmente, quando erano giovani, e oggi molte persone stanno cercando di ripristinare quelle abitudini, poiché sentono di aver perso il contatto con il proprio territorio e perché pensano che la già fragile condizione ambientale del nostro pianeta verrebbe aggravata da ulteriori impatti sulla qualità dell aria, sul clima e sulle risorse naturali. Le piccole realtà produttive, come fattorie e aziende agricole, hanno, inoltre, maggiore interesse a preservare le risorse naturali e l ambiente: a differenza delle grandi imprese, se inquinano o sfruttano eccessivamente le terre, non possono trasferire agevolmente la propria attività in un altra zona ancora incontaminata. In più, i prodotti alimentari di agricoltori e contadini locali sono spesso biologici, senza che un certificato ufficiale lo attesti e senza che loro stessi lo sappiano, poiché attuano le pratiche tradizionali di un tempo allo 9

10 scopo di ottenere un buon cibo con i ritmi e le caratteristiche naturali della terra che lavorano. La presenza della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), diventata negli ultimi anni sempre più competitiva rispetto ai produttori locali, ha, invece, istituito un canale preferenziale con la produzione industriale (economicamente più vantaggiosa), impedendo ai produttori locali di vendere direttamente senza intermediari. Oggi, però, in Europa e negli Stati Uniti alcuni centri commerciali hanno avviato politiche a favore dei produttori locali, ospitando al loro interno un vero mercato per la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli. Chilometro zero In Italia, Coldiretti la Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti - sta cercando di favorire questi meccanismi, promuovendo il cibo a Km zero. In questa direzione sta andando anche la normativa italiana: nel 2008 è entrato in vigore il decreto (Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007) che rende possibile in tutti i Comuni di avviare mercati gestiti dagli agricoltori locali anche in zone centrali delle città e con frequenza giornaliera, settimanale o mensile. Inoltre, con i continui picchi di prezzi della benzina, è arrivata in Italia la prima legge del km zero, una legge regionale a sostegno dei cibi a chilometro zero, che sancisce la preferenza ai prodotti locali in mense, ristoranti e grande distribuzione, per combattere i rincari dovuti all'aumento del costo dei trasporti e per ridurre l'impatto sul clima provocato dall'emissione di gas serra da parte dei mezzi di trasporto. Il Consiglio regionale del Veneto per la prima volta in Italia ha, infatti, approvato con un sostegno trasversale un disegno di legge presentato da Coldiretti Veneto, meglio nota come legge del km zero, con il sostegno di 25 mila firme di consumatori che hanno voluto questa norma a vantaggio della salute dell'ambiente e delle proprie tasche. Mangiare a chilometro zero significa, infatti, risparmiare e preferire cibi locali e di stagione che non subiscono troppe intermediazioni e che non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere sulle tavole. Pensate che in Italia l'86% dei trasporti avviene ancora su gomma e che i costi della logistica arrivano ad incidere per addirittura un terzo del prezzo di frutta e verdura! Inoltre, le produzioni locali creano un mercato basato sulla distribuzione di piccole quantità di cibo, in rapporto alle loro stesse capacità produttive: questo fa sì che le 10

11 quantità prodotte corrispondano quasi sempre alla richiesta locale, a differenza di quanto accade nella produzione industriale e nella GDO, dove abbonda il cibo di scarto. Lo sapevi? Se vuoi mangiare formaggi, frutta e verdura prodotti vicino a casa tua puoi visitare direttamente le cascine e le aziende agricole della tua zona, oppure puoi recarti al mercato dei contadini della tua città, dove settimanalmente o mensilmente gli agricoltori vendono direttamente i loro prodotti, senza intermediari per il confezionamento e per la distribuzione. 11

12 CIBO FUORI STAGIONE Cresciuti nelle serre Mangiare cibo locale significa riscoprire in quale stagione matura un frutto, in quali mesi dell anno cresce un ortaggio, o in quale periodo si usa fare un tipo di formaggio, a differenza di quanto accade acquistando cibo nei grandi supermercati dove, per soddisfare le esigenze di tutti i clienti, vengono importati cibi fuori stagione provenienti da lontano, o si acquistano cibi prodotti in serra, come la frutta e la verdura coltivati fuori stagione per tutto l anno. La serra è un sistema agricolo molto complesso, ve ne sono di molti tipi in base a ciò che si deve coltivare, al mercato a cui la coltivazione è rivolta e alle condizioni climatiche che occorre ricreare all interno della serra. Per la presenza di strutture che coprono le coltivazioni, la serra si dice anche coltura protetta, con cui si intende la produzione che si esegue in ambiente protetto, influendo sul controllo dei fattori ambientali che condizionano la crescita della pianta. Le protezioni impiegate vanno dal semplice tunnel in plastica, posto sulla singola fila di piantine, ai più ampi tunnel in film plastico, fino alle serre in vetro con struttura in ferro o in alluminio. Le colture protette, in Italia, rivestono una notevole importanza economica sia per la loro estensione (oltre 27 mila ettari), sia per la produzione, destinata all esportazione, di prodotti freschi a largo consumo. Le serre interessano prevalentemente la coltivazione di ortaggi (circa l 85%), in cui prevalgono pomodori, patate, peperoni e melanzane (appartenenti alla famiglia delle solanacee), cocomeri, meloni, cetrioli, zucche e zucchine (appartenente alla famiglia delle cucurbitacee). Il restante 15% della produzione in serra è destinato al mercato dei fiori e in misura minore delle piante arboree da frutto, settore quest ultimo che presenta l incremento maggiore in superficie. Conseguenze sull ambiente Quello che occorre in una serra riguarda il riscaldamento, la ventilazione, l irrigazione, l illuminazione e l ombreggiamento, tutte pratiche che richiedono molta energia e acqua con conseguenti impatti sull'ambiente. Questo sistema ha, però, impatti significativi sull ambiente poiché è una coltivazione forzata che non rispetta i ritmi della terra e cerca di riprodurre costantemente condizioni climatiche simili alla stagione estiva. 12

13 Infatti, se un tempo le serre venivano utilizzate per proteggere i prodotti invernali più delicati dalle gelate, oggi servono per produrre cibo che va al di là delle stagioni e per poter rispondere con costanza e rapidità alle richieste del mercato, della grande distribuzione e dei consumatori. Quali stagioni? Ormai il consumatore acquista in base a ciò che trova sul banco, in base a ciò che propone la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), ossia tutto e sempre. E' così, forse, che non conosciamo più con precisione quali alimenti in natura siano prodotti in una data stagione e riusciamo a dedurre che sono cibi fuori stagione solo leggendo la provenienza sull'etichetta della confezione. Forse si potrebbe ritornare ai calendari culinari, dove ad ogni mese erano associati cibi e ricette di quella stagione: i cavolfiori in inverno, le ciliegie in primavera, i pomodori e i peperoni in estate, gli agrumi dall autunno all inverno e così via. Da anni, ad esempio, i pomodori, nelle numerose varietà esistenti, entrano nelle nostre case per tutti e 12 i mesi, senza che nemmeno ci chiediamo come sia possibile. Stessa sorte per zucchine, cavolfiori e fagiolini. Le serre e l importazione dall altro emisfero ci hanno assuefatto ed abituato a non collegare più il clima a diversi tipi di cibo: non dovremmo forse sorprenderci se vediamo un peperone in vendita a dicembre? Sprechi di cibo E ancora di più dovrebbe sorprenderci sapere che i produttori di ortaggi in serra buttano via i propri prodotti nel periodo in cui maturano naturalmente quelli di campo: quindi, le serre in cui si coltivano cibi estivi hanno un picco di attività durante i mesi invernali per poi decrescere tanto più ci si avvicina al momento della maturazione naturale. Un produttore italiano di cavolo rapa, ad esempio, che vende il suo prodotto di serra in Germania come prodotto fuori stagione, da febbraio in poi non raccoglierà più i suoi cavoli rapa perché il costo della raccolta supererebbe il guadagno che può ottenere dalla vendita. Questo accade perché da febbraio in poi il prodotto di serra dovrà avere un prezzo competitivo con i cavoli rapa prodotti nei campi. Lo stesso avviene per i pomodori di cui parlavamo prima: quelli coltivati in serra verranno raccolti e venduti da aprile a metà giugno, finché ci sarà margine di guadagno per il produttore, ma nel momento in cui 13

14 matureranno i pomodori da campo e i prezzi caleranno il produttore lascerà marcire nelle serre tutti i pomodori: raccoglierli sarebbe solo un costo! Non coltivare tutto in serra e importare minori quantità da lontano sono pratiche che possono limitare i numerosi impatti ambientali, semplicemente perché si sceglie di seguire i ritmi della terra e del clima: mangiare cibo proveniente dall altro emisfero, come la frutta esotica, il cacao e il caffè, è un lusso che l uomo soddisfa da secoli, ma trasportare per lunghe distanze lo stesso cibo che la propria terra produce localmente suona forse come una forzatura, così come consumare energia per riscaldare le serre che simulino la stagione estiva, per mangiare a gennaio le primizie estive. Comprare cibo di stagione in certi casi agevola anche l economia locale, rendendo la filiera agroalimentare più corta e portando profitto direttamente a chi produce nella zona in cui voi acquistate. 14

15 CIBO CHE INQUINA Sostanze che fanno male all ambiente Ogni sistema di produzione alimentare esercita una pressione sull ambiente, utilizzando risorse naturali e producendo sostanze di scarto che vengono liberate in atmosfera, nel suolo e in acqua. Quando i sistemi naturali non sono più capaci di assorbire, trasformare e riutilizzare le sostanze riversate dall uomo nell ambiente, si inquinano i terreni che coltiviamo, l aria che respiriamo, le acque sotterranee da cui preleviamo acqua per bere e gli oceani in cui peschiamo. La maggior parte del cibo che inquina proviene dal settore agricolo, ma anche la zootecnia e la pesca influenzano negativamente l ambiente circostante. Gli allevamenti industriali di suini, ad esempio, producono così tanti liquami che non ci sono campi sufficienti su cui distribuirli come concime e devono essere, quindi, smaltiti come rifiuti per evitare che attraversino il terreno e arrivino ad inquinare le acque sotterranee. Anche in mare, dove vengono allevati e nutriti i pesci come le spigole e le orate, a volte si creano zone troppo ricche di sostanze organiche (cibo in eccesso, deiezioni, farmaci, etc.) che possono alterare gli equilibri di fauna e alghe circostanti e possono rilasciare in acqua sostanze dannose, come antibiotici e metalli pesanti. Per aumentare la produttività dei suoli coltivati occorre dare alle piante nutrimento, con i fertilizzanti, e proteggerle dall attacco di insetti che se ne nutrirebbero e di piante che crescerebbero nello stesso terreno, attraverso insetticidi ed erbicidi, ossia distribuendo pesticidi (o fitofarmaci). Cosa sono i pesticidi? I pesticidi sono sostanze chimiche sintetizzate in laboratorio distribuite sui campi coltivati spesso attraverso dei nebulizzatori insieme all acqua e, per questo, si depositano non solo sulle piante e sui frutti che poi mangiamo, ma anche sul terreno, nell acqua piovana che si ricongiunge poi ai fiumi, ai laghi fino al mare e nelle acque sotterranee della falda freatica. La salute umana viene, quindi, messa a rischio dai pesticidi non solo perché questi contaminano gli alimenti vegetali e animali che consumiamo, ma anche perché possono trovarsi nell acqua che beviamo. Ad eccezione dei terreni agricoli coltivati secondo i principi dell agricoltura biologica, tutti gli altri campi ricevono, spesso in misura eccessiva, pesticidi per aumentare le quantità di 15

16 frutta e verdura prodotti. In Italia, i prodotti fitosanitari sono distribuiti su circa il 70% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU). I pesticidi, oltre ad essere tossici per i parassiti contro cui vengono utilizzati, hanno effetti nocivi e letali per tutti i sistemi biologici e gli organismi viventi, uomo incluso. Un pesticida è, quindi, molto dannoso per la salute umana e per la biodiversità degli ecosistemi, poiché è tossico e riduce la varietà delle specie animali e vegetali che naturalmente vivrebbero nelle zone limitrofe alle coltivazioni, uccidendo anche quegli animali e quelle piante che potrebbero aiutare l agricoltore, come ad esempio gli insetti impollinatori, come le api, le siepi e i filari. Molte di queste sostanze, prodotte artificialmente dall uomo, non possono essere digerite dai microrganismi perché questi non le sanno riconoscere. Gli animali che assumono accidentalmente pesticidi, non potendo digerire queste sostanze, si difendono, quindi, accumulando le molecole tossiche nel proprio organismo per non farle più circolare. Questo fenomeno è noto come bioaccumulo e ha degli effetti negativi esponenziali via via che si risale la catena alimentare fino all uomo. Per questa ragione, un pesticida, che a causa del dilavamento del terreno o attraverso uno scarico agricolo finisce in un corpo idrico (come un fiume o un lago), può entrare nella catena alimentare acquatica fino ad arrivare all organismo umano, per esempio attraverso il consumo di pesce. E i fertilizzanti? Per arricchire le colture di sostanze nutritive, vengono utilizzati fertilizzanti di sintesi, oltre ai concimi naturali provenienti dalle deiezioni degli animali da allevamento. Entrambe le tipologie contengono azoto (N) e fosforo (P), sostanze già presenti naturalmente nel suolo, che l uomo però somministra in quantità elevate sulla superficie coltivata nel tentativo di velocizzare la crescita delle coltivazioni e quindi di aumentare la produzione agricola annua. Tuttavia, ciò non garantisce una crescita vegetativa proporzionale: infatti, circa la metà dei fertilizzanti che oggi vengono applicati alle colture resta sui terreni e poi finisce nelle acque sotterranee e superficiali, poiché le piante coltivate non ne possono assorbire nei propri tessuti più di una certa quantità. Quando una larga percentuale dei fertilizzanti si disperde nell ambiente si verificano danni sia per l ambiente che per la salute umana. Una volta disciolti nelle acque superficiali, questi composti continuano a costituire dei nutrienti per le piante e le alghe, siano essi in un fiume, in un lago o in mare, dando origine al fenomeno dell eutrofizzazione. I corpi idrici sono abitati da molti tipi di alghe e di piante acquatiche che, avendo a disposizione grandi quantitativi di nutrienti, crescono molto 16

17 velocemente, causando le cosiddette esplosioni algali. I pesci e altri organismi si nutrono delle alghe senza però riuscire a consumarle interamente. Le alghe in eccesso muoiono e vengono decomposte dai microrganismi utilizzando grandi quantità di ossigeno disciolto in acqua, lo stesso ossigeno che serve a tutti gli organismi acquatici per respirare. L acqua povera di ossigeno porta, quindi, alla morte molti animali, piante e microrganismi. Oltre che i fiumi, i laghi e i mari, i fertilizzanti possono raggiungere le falde acquifere dove scorrono le acque sotterranee inquinando l acqua con i composti sintetici a base di azoto presente nei fertilizzanti. Questo comporta rischi per la salute umana per la presenza di nitrati nell acqua che possono trasformarsi in nitriti, tossici per l organismo umano. La presenza di nitrati nelle falde acquifere è misurata e controllata da normative europee e nazionali, ma in molti casi supera i limiti imposti dalla legge. In Italia l area più colpita è la Pianura Padana, ma anche gli abitanti di altre zone dell Italia centrale, come la media e bassa valle del Metauro, a causa dell alta concentrazione di nitrati non possono bere l acqua di falda, se non miscelata con altra acqua a più basso contenuto di nitrati (spesso acqua superficiale depurata). Non esiste a tutt oggi un metodo economicamente ragionevole per rimuovere i nitrati dall acqua. Solo dopo anni di pratiche agricole sostenibili si può sperare di assistere ad un abbassamento dei valori dei nitrati. Lo sapevi? Alcuni studi hanno stimato che solo lo 0,1% dei pesticidi applicati raggiunge l obiettivo desiderato; il restante 99,9% si disperde nell ambiente. Tra gli alimenti a maggiore concentrazione di pesticidi residui si trovano mele, pesche, lamponi, ciliegie, spinaci, lattuga e patate. Per limitare l apporto di pesticidi nel tuo organismo puoi sbucciare la frutta, lavare abbondantemente la verdura, oppure puoi acquistare cibi provenienti da agricoltura biologica, dove si usano solamente mezzi naturali per nutrire le piante e per contrastare insetti e erbe infestanti. 17

18 CIBO DI SCARTO Il cibo finisce nella spazzatura Ogni giorno finiscono nelle discariche italiane 4 mila tonnellate di alimenti che gli italiani acquistano ma non consumano: il 15% del pane e della pasta, il 18% della carne e il 12% della verdura e della frutta. Ognuno di noi in un anno butta in pattumiera circa 27 Kg di cibo commestibile e, insieme ad esso, butta via anche più di 500 euro di spesa. Ci sono poi i supermercati che, in media, eliminano 170 tonnellate all anno di cibo perfettamente consumabile: è come riempire 3 camion interi di alimenti ancora sigillati che sono stati ritirati dagli espositori perché dopo due giorni scadono, o perché la confezione ha dei difetti nel marchio o nell etichetta, perché non è più di moda, o ancora perché l alimento è esteticamente troppo maturo, come le banane con la buccia a macchie marroni. Il cibo ancora buono da mangiare che diventa rifiuto per i supermercati e per noi consumatori è, però, solo l ultimo dei passaggi: il cibo di scarto nasce già mentre viene prodotto. A volte nessuno raccoglie frutta e verdura Il produttore di zucchine di serra, ad esempio, da giugno in poi, quando maturano le zucchine di campo, non raccoglie più ciò che produce, poiché il margine di guadagno sarebbe troppo basso. Lascia, quindi, marcire le zucchine nelle serre, circa il 15% dell intero raccolto, che diventa rifiuto. Delle zucchine raccolte che arrivano al consorzio per essere confezionate in cassette per la distribuzione, un altro 10-15% viene scartato per questioni estetiche: una è storta, l altra ha il gambo un po secco, un altra ancora ha una cicatrice marrone sulla buccia. Quindi, complessivamente, dalla produzione alle prime fasi di raccolta e distribuzione, il 30% del cibo prodotto diventa scarto. A ciò va aggiunto quanto abbiamo detto sopra del cibo eliminato dalla GDO e dai consumatori finali, per raggiungere un totale di 6 milioni di tonnellate di alimenti scartate ogni anno in Italia con cui si potrebbero sfamare 3 milioni di persone. Per fortuna qualcuno recupera il cibo che gli altri non vogliono Per limitare i danni di questi meccanismi sono nate delle associazioni che in vario modo si occupano di recuperare il cibo scartato, di restituirgli la dignità di alimento consumabile, nel rispetto di tutte le norme igienico-sanitarie, e di distribuirlo laddove ci sia maggiore richiesta, presso ricoveri per indigenti e strutture di assistenza sociale per disagiati. 18

19 In questo modo, ad esempio, il Banco Alimentare Onlus a Milano ha raccolto e ridistribuito nel 2007 alimenti per 165 milioni di euro attingendo da mense scolastiche e aziendali, da negozi, supermercati e ristoranti e dando da mangiare a circa un milione e mezzo di indigenti. Il cibo dell ultimo minuto è diventato, invece, il concetto cardine di Last Minute Market, il mercato dell ultimo minuto, un iniziativa nata da alcuni studenti ed ex-studenti della Facoltà di Agraria di Bologna che consente di recuperare il cibo consumabile scartato dagli ipermercati della zona attivando le procedure fiscali, igienico-sanitarie e logistiche necessarie a poterlo rivendere a chi ne ha bisogno: ad oggi 4 supermercati hanno accettato di consegnare a loro il cibo scartato che viene venduto a case famiglia e strutture locali con mense e refettori, ma l iniziativa di consulenza è rivolta a tutti gli enti pubblici, alle imprese alimentari e ai mercati all ingrosso. 19

20 CIBO TROPPO IMBALLATO Vaschette di plastica al ripieno di verdura Una volta tornati a casa dopo aver fatto la spesa, provate a prestare attenzione a tutte le vaschette di frutta e verdura che in genere si buttano dopo aver riposto il loro contenuto nel frigorifero oppure ai sacchettini di plastica, a quelli di carta, alle confezioni di cartone che contengono la pasta e così via.. Al supermercato la frutta e la verdura sono spesso imballate in vaschette a volte più voluminose e pesanti di quello che contengono! Intere corsie con vaschette di plastica ripiene di frutta e verdura! Uno spreco di risorse, in termini di energia e materia prima, impiegate per produrre gli imballaggi che, una volta diventati rifiuto, si trasformano in un problema da smaltire. Escluse rare eccezioni, tutti i prodotti immessi sul mercato vengono confezionati e imballati. L'imballaggio è diventato parte integrante del prodotto e la struttura della nostra società e della nostra economia non fanno che incrementare il suo utilizzo nella distribuzione dei beni. L'introduzione degli imballaggi ha prodotto effetti sociali significativi, soprattutto nel settore alimentare. Infatti, la comparsa dei prodotti alimentari confezionati ha rivoluzionato i regimi alimentari della società industriale, aumentando il tempo di vita dei prodotti, facilitandone il trasporto e la distribuzione e permettendo il moltiplicarsi della varietà dei prodotti in vendita. A cosa servono gli imballaggi? L'imballaggio primario ha lo scopo di proteggere e conservare l'integrità del prodotto (es scatoletta di acciaio della conserva di pomodoro o bottiglie per bevande), mentre gli imballaggi secondari e terziari hanno la funzione di razionalizzazione gli assemblaggi e di protezione dei prodotti durante il trasporto (es. scatole di cartone in cui sono contenute le latte di pomodoro). La confezione, inoltre, rappresenta la carta d'identità del prodotto, che garantisce a chi lo acquista le caratteristiche del contenuto (es. data di scadenza, ingredienti). Oggi però sembra che la principale funzione dell'imballaggio sia quella pubblicitaria. In una società industriale, dove è presente la grande distribuzione, è l'imballaggio che assume il ruolo di promozione del prodotto e che induce il consumatore ad acquistare una merce piuttosto che un'altra. 20

21 Tutto questo ha comportato un aumento del volume degli imballaggi, che crea notevoli problemi di gestione, con forti impatti sull'ambiente. 21

22 CIBO IN ESTINZIONE Che cos è la biodiversità? L uomo, in quanto onnivoro, si nutre di vegetali, di animali e dei loro derivati. In giro per il mondo, lo stesso apporto di calorie, di grassi e di proteine si può ricavare in tanti modi quasi quante sono le specie vegetali ed animali presenti in quell area: questo grazie alla numerosissima varietà di piante e di animali che popolano la Terra e che gli scienziati hanno finora calcolato essere circa 1,4 milioni di specie, a cui quasi ogni giorno si aggiunge una nuova scoperta. Questa varietà delle forme di vita, chiamata biodiversità, è essenziale per gli esseri umani. La biodiversità è come un grande serbatoio da cui l uomo può attingere pescando nei mari, raccogliendo i frutti della terra e nutrendosi degli animali. Dipendiamo, infatti, da essa per il cibo, per le sostanze curative come i farmaci, per l acqua, per l energia e per molti altri servizi che gli ecosistemi con la loro complessità ci offrono. Gli ecosistemi, nel loro insieme di organismi animali e vegetali che interagiscono con l ambiente, contribuiscono, infatti, a migliorare la produzione delle risorse naturali, garantendo ad esempio la fertilità dei suoli, l'impollinazione delle piante e la decomposizione di vegetali e animali. Essi aiutano anche a purificare l'aria e l'acqua, attutiscono le variazioni del clima e regolano le precipitazioni piovose e gli altri eventi ambientali climatici. Le foreste ostacolano le inondazioni e limitano l erosione. Le paludi e gli stagni filtrano gli agenti inquinanti. Ecosistemi integri negli oceani aiutano a mantenere stabili ed in buona salute le risorse ittiche, garantendo, quindi, anche alle generazioni future la possibilità di continuare a pescare. Biodiversità in pericolo La biodiversità degli ecosistemi e delle specie è, tuttavia, sempre più minacciata dalla pressione esercitata dall uomo, che cresce molto velocemente in numero, consumando le risorse naturali, espandendosi alterando l ambiente che lo circonda e degradando gli ecosistemi. Molte specie selvatiche rischiano, infatti, l estinzione se gli habitat in cui vivono vengono insidiati da inquinamento, urbanizzazione e deforestazione. Questo processo distruttivo può essere accelerato da una cattiva gestione dell agricoltura, delle foreste e delle risorse ittiche. 22

23 Le liste rosse stilate dall IUCN (International Union for Conservation of Nature) parlano chiaro: su 41 mila specie analizzate oltre 16 mila risultano minacciate (dal 2006 al 2007 si sono aggiunte 200 specie) e più di 11 mila sono in pericolo di estinzione, di cui 1 mammifero su 4, 1 volatile su 8, 1 anfibio su 3 e il 70% delle piante catalogate nel Complessivamente le specie estinte in questo stesso anno risultano pari a 785. Il 98% delle specie minacciate sono tali a causa dell attività antropica. Ad esempio, il delfino bianco (Lipotes vexillifer) del fiume Yangtze, in Cina, dopo 20 milioni di anni di esistenza della specie, è classificato come minacciato, anche se che è in realtà è ormai estinto: questo a causa della pesca illegale, dell intenso traffico fluviale e del degrado degli habitat fluviali necessari per la sua sopravvivenza. Stessa sorte spetta, tra gli altri, alla tigre di Sumatra, in Indonesia, all orso solare delle foreste tropicali del Sud Est asiatico e al gorilla di pianura occidentale africano, messo in pericolo dall eccessivo commercio di carne e dall epidemia del virus ebola. Senza andare troppo lontano, nei nostri mari e nei campi coltivati delle nostre regioni si verificano analoghi processi di degrado degli habitat che costringono molte specie animali e vegetali a vivere in aree frammentate e disturbate, rendendole vulnerabili e mettendone in pericolo l esistenza. La perdita di biodiversità riguarda anche le foreste, che sono forse il più importante deposito di diversità biologica ma di cui ogni anno perdiamo migliaia di ettari. Gli oceani, i laghi e i fiumi del pianeta brulicano di vita, ma lo sfruttamento eccessivo e i metodi di pesca dannosi per l ambiente minacciano anche la biodiversità acquatica. Nel Mar Mediterraneo la pesca intensiva di alcune specie ittiche sta riducendo la capacità riproduttiva delle popolazioni di pesci: l uomo cattura, infatti, anche gli individui più giovani che non si sono ancora riprodotti e che mai più potranno contribuire a mantenere numerosa la propria popolazione. Il tonno rosso (Thunnus thynnus) è un triste esempio delle pratiche di pesca insostenibili portate avanti negli ultimi decenni. Esso compie ogni anno una lunga migrazione dalle coste statunitensi al Mar Mediterraneo attraversando l intero Oceano Atlantico (più di 5 mila Km!). I banchi di tonno si dirigono nei nostri mari alla ricerca di temperature più miti per riprodursi con successo, ma da quando i pescherecci si appostano nell Oceano Atlantico per catturare i tonni, mentre nuotano tutti insieme, la pesca è diventata ancora più efficace e la specie è sempre più minacciata. Questo tipo di pesca è alimentato anche dalla crescente richiesta di carni di tonno rosso, soprattutto dal Giappone, 23

24 primo consumatore mondiale di questo grosso predatore che può arrivare fino ad una lunghezza di 2 metri e le cui carni sono perfette per le preparazioni di sushi. Quante specie mangiamo? La FAO ha calcolato che dal 1900 ad oggi circa il 75% della diversità genetica mondiale delle colture agricole è andata persa. Nella storia dell agricoltura sono state create circa 7 mila specie vegetali per la produzione alimentare; oggi il 90% del cibo mondiale è ricavato da 15 specie vegetali e da 8 specie animali. Le migliaia di varietà perse non si recupereranno mai più. Per ricavare proteine animali, infatti, l uomo si basa su un numero davvero ridotto di specie, sia per quanto riguarda gli organismi acquatici, sia per quelli terrestri. La cultura occidentale, in particolare, ha ridotto a 8 le specie animali terrestri da allevare per ricavarne carne e derivati, tra cui primeggiano bovini, suini, ovini, polli e galline. In Messico, invece, un piatto di larve di farfalla gigante sostituisce frequentemente una bistecca di manzo, in Finlandia il prosciutto si fa con la renna più che con il maiale, in Sud Africa le insalate sono di formiche e vermi, mentre in Australia gli spiedini si ricavano da coccodrilli e canguri. Al di là dei giudizi morali e dei gusti a cui ogni cultura è abituata, la biodiversità è davvero una fonte inesauribile di cibo, a patto che essa venga tutelata e conservata nella sua complessità. Per questo qualsiasi sia l animale o la pianta da cui l uomo ricava energia sotto forma di cibo, ciò che conta è che non esaurisca tale risorsa, né che distrugga altre specie per coltivare e allevare una specie soltanto. La biodiversità agricola Anche in agricoltura la biodiversità è in pericolo. Gli esseri umani dipendono per il cibo da un numero sempre più ridotto di prodotti agricoli e questo riduce la possibilità che alcune delle piante coltivate e alcuni degli animali allevati sappia adattarsi a cambiamenti ambientali drastici. La biodiversità agricola è rappresentata da una quantità innumerevole di piante che servono a nutrire e curare gli esseri umani. La si trova nelle varietà di colture con caratteristiche nutrizionali specifiche, nelle razze di bestiame che si sono adattate ad ambienti ostili, negli insetti che impollinano i campi, nei microrganismi che rigenerano il suolo agricolo. Il suolo, grazie al lavoro silenzioso e continuo di insetti, batteri, funghi e vermi, diventa fertile e gli agricoltori possono coltivare gli alimenti. I funghi e i microrganismi scompongono 24

25 il materiale organico, trasferendo gli elementi nutritivi al terreno. Formiche ed altri insetti tengono sotto controllo i parassiti. Api, farfalle, uccelli e pipistrelli impollinano gli alberi da frutta. Circa 10 mila anni fa, gli esseri umani, a partire dalla biodiversità che esisteva in natura, hanno iniziato a raccogliere semi e piante selvatiche e a coltivarle, scegliendo le varietà più produttive o quelle più resistenti ad avverse condizioni climatiche. Più o meno nella stessa epoca, hanno cominciato ad addomesticare anche gli animali, sfruttando la loro forza, mangiandone la carne e bevendone il latte. Oggi quella diversità genetica rimane essenziale affinché la produzione agricola mondiale possa continuare ad essere sostenibile. La diversità genetica delle piante, detta diversità fitogenetica, è, infatti, fondamentale per avere colture che producono più cibo e con un più alto valore nutrizionale. I rischi delle monoculture Oggi, quattro specie grano, mais, riso e patate forniscono da sole più della metà delle calorie vegetali della dieta umana. La spinta per un aumento della produzione agricola e dei profitti ha, infatti, orientato la scelta su un numero limitato di varietà di piante ad alto rendimento. Molti agricoltori, invece di coltivare un ampia varietà di piante come nel passato, si sono concentrati su un unica coltura da reddito, chiamata monocoltura, che ha ridotto sensibilmente la biodiversità agricola nel mondo. Le piante da monocoltura sono spesso varietà ibride di una specie tradizionale, ossia non sono capaci di riprodursi e l agricoltore deve annualmente acquistare nuova semente dalle imprese, ma hanno una resa maggiore, così il contadino non si preoccupa più di piantare la varietà vecchia, che lentamente sparisce. Con l avvento della monocoltura, le pratiche agricole tradizionali sono state per questo in gran parte abbandonate e un elevato numero di varietà di piante e di razze animali locali sono silenziosamente scomparse, ossia si sono irreversibilmente estinte. Se le poche produzioni agricole di oggi non riescono ad adattarsi ai mutamenti dell ambiente, ai cambiamenti come il riscaldamento globale, o a nuove malattie e nuovi insetti nocivi ci potremmo trovare veramente in grave difficoltà. Gli agricoltori, come custodi della biodiversità del pianeta, hanno la possibilità di coltivare e mantenere le piante e gli alberi locali e di riprodurre gli animali autoctoni, assicurandone così la sopravvivenza. Per i contadini, la biodiversità può essere inoltre la migliore difesa contro la fame: infatti, nelle regioni del mondo dove la sfida è sopravvivere, più che nutrirsi bene, i contadini hanno 25

26 bisogno di colture che crescano al meglio in condizioni climatiche difficili avverse, piuttosto che di varietà con un buon rendimento in condizioni favorevoli, e hanno bisogno di animali più resistenti alle malattie, anche se di taglia più piccola. I servizi offerti dalla biodiversità: un bene comune Anche i consumatori, sia dei paesi sviluppati che di quelli in via di sviluppo, traggono beneficio dal disporre di un ampia varietà di piante ed animali, perché ciò contribuisce in modo decisivo ad una dieta nutriente: spesso le comunità rurali hanno un accesso limitato ai mercati e diventa indispensabile la disponibilità della più ampia gamma di alimenti locali. Quello che spesso noi consumatori non sappiamo è che il cibo che mangiamo è creato dalle poche aziende multinazionali che dominano il mercato dei prodotti agricoli e di quelli zootecnici: i semi di soia, di mais e delle altre colture che i contadini acquistano sono tutti della stessa varietà e non sono fertili, cioè non si riproducono (o molto poco), costringendo gli agricoltori a rifornirsi l anno successivo dalla stessa multinazionale per poter continuare nel tempo a produrre. Lo sapevi? Il 99% dei tacchini allevati negli Stati Uniti appartiene ad una varietà che sviluppa un petto molto ampio, da cui l industria alimentare ricava la fesa di tacchino. Il petto è così ingombrante che impedisce ai tacchini di riprodursi: solo l inseminazione artificiale fatta dall uomo può garantire la sopravvivenza di questa specie, mentre in natura solo l 1% è capace di riprodursi da solo. Nel 1840 l Irlanda aveva scelto di basare la propria economia su un unica varietà di patata, ma quando un fungo attaccò le coltivazioni distrusse tutti i raccolti del Paese, generando una situazione di carestia in tutta la nazione. 26

27 CIBO DA OGM Cosa sono gli OGM? Per produrre maggiori quantità di alimenti e per migliorarne la qualità nutrizionale, negli ultimi trent anni i laboratori di biotecnologie di tutto il mondo hanno lavorato per creare degli organismi geneticamente modificati (OGM), detti anche organismi transgenici. Un OGM è un organismo nel cui corredo cromosomico è stato inserito, grazie a tecniche di ingegneria genetica, un gene estraneo preso dal DNA di un organismo di specie diversa. In questo modo l organismo che riceve la nuova porzione di DNA acquista le caratteristiche dell organismo donatore. Questo intervento ha permesso di modificare le colture agricole per conferire loro principalmente due caratteristiche: la resistenza agli erbicidi e la resistenza agli insetti. Anche per alcuni animali allevati sono stati sviluppate sperimentazioni di ingegneria genetica, per renderli più produttivi o più resistenti alle infezioni, ma la complessità degli organismi animali ha limitato l applicazione rispetto a quanto avvenuto in agricoltura. Buoni o cattivi? Gli OGM rappresentano una delle più discusse biotecnologie ad oggi utilizzate nel settore agricolo. Sulla potenziale dannosità degli OGM è, infatti, in corso un acceso dibattito tra chi ritiene che i vantaggi per la società siano maggiori rispetto ai possibili effetti sull ambiente e sulla salute umana e chi, invece, afferma che si sappia troppo poco per poterli utilizzare e che l'ambiente risentirà dell'inquinamento genetico con numerose conseguenze: le piante infestanti diventeranno anch esse resistenti agli erbicidi di cui si dovranno usare, quindi, maggiori quantità perché siano efficaci, i parassiti si evolveranno diventando capaci di attaccare anche le colture GM (Geneticamente Modificate) e si tornerà ad applicare gli insetticidi in ingenti quantità, per cui scompariranno, insieme ai parassiti, molte altre specie di insetti e la biodiversità si ridurrà ulteriormente. Dove si coltivano i cibi OGM? Dal 1997 al 2007 la superficie mondiale coltivata con OGM si è decuplicata, passando da 11 a 114 milioni di ettari. Le piante oggetto di modificazioni genetiche sono soprattutto mais, soia, colza, papaia, zucca e cotone. 27

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