Corso di Laurea Triennale in Fisica. Corso di Tecniche Diagnostiche. Modulo di Imaging

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1 Corso di Laurea Triennale in Fisica Corso di Tecniche Diagnostiche Modulo di Imaging Dispense a cura di Laura Angeloni e Gianluca Vinti Docente del corso: Prof. Gianluca Vinti

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3 Indice Prefazione 4 1 Analisi dei Segnali Breve Introduzione I Segnali Fisici I Segnali Matematici Segnali Determinati Trasformazione di un Segnale Segnali Aleatori Segnali Multidimensionali Segnali Continui Definizioni I Segnali Periodici Esempi di Segnali Continui Serie di Fourier Trasformate di Fourier Banda di un Segnale Filtri Segnali Discreti Definizioni Segnali Discreti Periodici Segnali Discreti e Segnali Continui Esempi di Segnali Discreti Prodotto di Convoluzione La Trasformata di Fourier per Segnali Discreti Filtri La trasformata di Fourier multidimensionale

4 1.10 Trasformata Discreta di Fourier (DFT) e Trasformata Veloce di Fourier (FFT) Definizione e Complessità Computazionale della DFT Definizione e Complessità Computazionale della FFT Ricostruzione tramite campionamento Cenni storici Teorema del Campionamento Conseguenze e Applicazioni Ricostruzione di Immagini Nozioni base delle immagini digitali Teorema del Campionamento per Immagini Fenomeno di aliasing Risoluzione Immagini in bianco e nero e immagini a colori Immagini a toni di grigio Elaborazione delle immagini Modelli delle immagini Il rumore Filtri Compressione di immagini e video Ridondanza Il processo di compressione Compressione lossless Compressione lossy Compressione video Appendice 99 Bibliografia 101 3

5 Prefazione Queste dispense sono state scritte per gli studenti del Corso di Tecniche Diagnostiche - Modulo di Imaging del Corso di Laurea Triennale in Fisica. Scopo di queste dispense è quello portare gli studenti ad un livello di conoscenze di base sia matematiche che di teoria dei segnali e delle immagini, tali da pemettergli di compiere i primi passi per la analisi e la eleborazione concreta delle immagini al calcolatore. Per fare questo, è stato necessario introdurre le nozioni fondamentali della teoria dei segnali e delle immagini, anche da un punto di vista matematico. Vista l impossibilità di fare una trattazione rigorosa, l approccio che si è scelto è prettamente ingegneristico, evitando così l approccio distribuzionale che richiederebbe conoscenze matematiche troppo sofisticate. Nel Capitolo 1, in riferimento all introduzione della delta di Dirac e al calcolo delle trasformate, vengono effettuati dei calcoli che non sono rigorosi da un punto di vista matematico, ma gli autori mettono sempre in evidenza che il ricorso a teorie più sofisticate giustifica quanto scritto. Per quanto riguarda la trattazione delle immagini, questa viene fatta nei Capitoli 2 e 3 con particolare riferimento alla ricostruzione tramite campionamento (Teorema di Shannon) del quale vengono fornite le versioni unidimensionale e bi-dimensionale unitamente alle sue svariate applicazioni. Inoltre vengono presentate le nozioni principali delle immagini digitali e vengono forniti numerosi esempi che mostrano la reale applicazione delle delle principali nozioni e trasformazioni alle immagini, come ad esempio, l istogramma, l equalizzazione dell istogramma, lo shift di un istogramma, l analisi del rumore e dei filtri utilizzati per la correzione del rumore. Infine si esamina il problema della compressione delle immagini e si analizzano i vari algoritmi di compressione, per immagini statiche e dinamiche (video). Una breve appendice descrive i comandi MATLAB da utilizzare per le elaborazioni di immagine considerate. 4

6 Queste dispense non esauriscono la parte del corso. Infatti un ultima parte riguarda le applicazioni dell analisi e della elaborazione di immagini ad un settore della medicina, che é la chirurgia endovascolare, dove queste ultime (le immagini) e la loro elaborazione assistono il paziente nelle fasi di diagnostica,di interventistica (angioplastica) e di follow up del paziente. Gli autori 5

7 Capitolo 1 Analisi dei Segnali 1.1 Breve Introduzione In base alla definizione che Everitt (1948) diede dell elettronica, e cioè come quella disciplina che si occupa della produzione, della trasmissione e della utilizzazione dell informazione e tenendo presente che il segnale rappresenta il supporto fisico dell informazione, si arriva a concludere che non esiste un settore dell elettronica dove il segnale non svolga un ruolo di fondamentale importanza. Da qui discende come conseguenza che lo sviluppo e la diversificazione dell elettronica si sono trasferite in quella disciplina che si occupa in forma specifica del segnale e cioè la Teoria dei Segnali. La Teoria classica dei segnali studia separatamente i segnali continui e i segnali discreti, all interno dei quali si individuano diverse classificazioni dei segnali. È però possibile formulare una teoria unificata che consente di trattare in maniera unitaria la grande varietà dei segnali che rientrano nelle due classi di sopra. Questa impostazione, che è molto elegante da un punto di vista matematico, richiede concetti come l integrale di Haar, i gruppi topologici localmente compatti, le misure di Haar, che esulano dalla presente trattazione. Ci limiteremo quindi in queste dispense all impostazione classica dei segnali continui e di quelli discreti. 6

8 1.2 I Segnali Fisici È necessario fare una distinsione tra segnali fisici, intesi come grandezze fisiche alle quali viene affidata l informazione e i segnali matematici, intesi come modelli dei segnali fisici. Questi concetti li introduciamo facendo riferimento all ambiente più tipico in cui i segnali operano: i sistemi di comunicazione. Un sistema di comunicazione ha come obiettivo la tramissione dei messaggi da un punto ad un altro, posto ad una certa distanza (telecomunicazioni). Un sistema di comunicazione può essere schematizzato come in Fig.1.2. La sorgente emette un messaggio m che deve essere inoltrato al destinatario attraverso un mezzo trasmissivo che ricopre la distanza tra trasmettitore e ricevitore: questo mezzo è un supporto fisico, come ad esempio, una linea o un cavo coassiale o una fibra ottica o ancora un ponte radio. Il trasmettitore ha la funzione di variare convenientemente, in base al messaggio, una grandezza fisica come la tensione, la corrente, il campo elettromagnetico, che il mezzo trasmissivo replica (in qualche maniera) nel punto di destinazione. Il ricevitore ricava il messaggio inoltrato e lo restituisce al destinatario come un messaggio m che, in generale, è lievemente modificato rispetto al messaggio emesso dalla sorgente. La grandezza che fa da supporto fisico al messaggio si chiama segnale. Come esempio per capire come opera lo schema sopra illustrato, si consideri la trasmissione di un messaggio vocale, quale si ha ad esempio in una conversazione telefonica. Il messaggio vocale si presenta come una variazione di pressione sonora ed è quindi già in forma di segnale e, per esser trasmesso a distanza, deve essere convertito in forma elettrica da un microfono. Se si utilizza come mezzo trasmissivo una linea elettrica, la tensione all uscita del 7

9 microfono viene amplificata al fine di ottenere in ricezione un segnale apprezzabile, il quale viene nuovamente amplificato e convertito in forma acustica. Se in luogo della linea elettrica il mezzo trasmissivo è un ponte radio alle microonde (ad es. funzionante alla frequenza di 2 Ghz) occorre convertire il segnale telefonico, il cui contenuto spettrale è limitato a qualche migliaio di Hertz, in un segnale con frequenze intorno ai 2Ghz, mediante un operazione chiamata modulazione. Così il segnale può essere irradiato nello spazio libero, captato da un antenna ricevente e infine amplificato e riconvertito alla frequenza originaria mediante la demodulazione del ricevitore. In questo esempio il segnale fisico è una tensione elettrica ed è un messaggio o un segnale (la distinzione non è molto netta, a volte i due termini sono usati come sinonimi) analogico. Se si pensa ad un sistema di comunicazione di testi scritti, come nel servizio telex, allora il messaggio è costituito da una successione di lettere, numeri o segni (simboli) e poichè praticamente ciascun simbolo può essere rappresentato mediante un numero binario di 6 cifre (il numero di simboli non supera 2 6 = 64), ne risulta che il messaggio o segnale è digitale, in quanto si riduce ad una sequenza di simboli binari. Un altro esempio è la trasmissione a distanza di una immagine statica (fotografia) in bianco e nero. Il messaggio ha in questo caso una struttura bidimensionale, costituita dalla tonalità di grigio di ciascun punto che può avere come estremi il bianco e il nero. Il segnale fisico è dato da una intensità luminosa, detta luminanza, che varia secondo 2 coordinate. In questo caso il trasmettitore ha il compito di operare una scansione dell immagine. Nei casi più semplici, l immagine viene suddivisa in un numero di linee sufficientemente grandi (ad es. 625) e lungo queste linee viene prelevata una tensione proporzionale alla luminanza creando un segnale che evolve nel tempo e che può essere trasmesso a distanza. Dal segnale ricevuto, dopo opportuna amplificazione, l immagine può essere riprodotta, restituendo a ciascuna linea un corretto valore di luminanza. L esempio si complica se si passa alle immagini a colori e si complica ancora di più passando alle immagini in movimento (televisione), dove i messaggi hanno una struttura tridimensionale o superiore. 8

10 1.3 I Segnali Matematici La teoria dei segnali sviluppa modelli matematici atti a rappresentare i segnali fisici facendo astrazione dalla loro natura fisica. I segnali si classificano in segnali determinati e segnali aleatori Segnali Determinati Per rappresentarli si utilizzano queste due classi fondamentali: a) funzioni reali (complesse) di variabile reale; b) funzioni reali (complesse) di variabile discreta. Nel caso a), la variabile indipendente, che è il tempo t, assume tutti i valori di un insieme continuo, ed è per questo che alle funzioni della classe a) viene dato il nome di segnali continui nel tempo o brevemente di segnali continui. L insieme continuo dove varia la variabile t può essere un intervallo limitato (t 0 t t 0 + T ) oppure tutto R. Quindi la rappresentazione di un segnale continuo è della forma oppure s = s(t), t [t 0, t 0 + T ] s = s(t), t R. Nella classe b) la variabile tempo può assumere soltanto un numero discreto (finito o numerabile) di valori t = t n, t n 1 < t n < t n+1 e le funzioni appartenenti a questa classe vengono chiamate segnali discreti nel tempo o 9

11 brevemente segnali discreti. Se il numero degli istanti t n è finito si parla di sequenza temporale, altrimenti di serie temporale e s = s(t), t = t n (n = 0, 1,..., N 1) s = s(t), t = t n, n IN. Nella maggior parte delle applicazioni gli istanti t n si susseguono periodicamente, cioè seguono la legge t n = nt con T periodo costante. Le classi a) e b), quando sono costituite da funzioni a valori reali, comprendono il caso particolare delle funzioni discrete, cioè che assumono un insieme numerabile di valori... q k 1, q k, q k+1,... q k 1 < q k < q k+1. Si hanno così le funzioni discrete di variabile reale e le funzioni discrete di variabile discreta. 10

12 Queste funzioni discrete vengono chiamate segnali quantizzati in ampiezza. Il segnale binario, ad esempio, che può assumere solo i valori q 0 = 0, q 1 = 1, è un segnale quantizzato. Esempi Mostriamo qui di seguito alcuni esempi delle classi sopra introdotte. Classe a) ( 1 ) - Funzione step (a gradino unitario) { 1, t > 0 1(t) = 0, t < 0 - Funzione segno sign(t) = { 1, t > 0 1, t < 0 - Impulso rettangolare r a (t) = { 1, t < a 0, t > a Classe b) - Sequenza step 1[n] = { 1, n 0 0, n < 0 1 In seguito verrà chiarito il valore di queste funzioni nei punti di discontinuità. 11

13 - Sequenza delta δ[n] = { 1, n = 0 0, n 0. Consideriamo ora una funzione della classe a). Se pensiamo ad una funzione di tale classe come modello matematico per rappresentare un segnale fisico, si può precisare che tale funzione, in generale, si considera: 1) continua; 2) definita su un intervallo finito; 3) integrabile quadraticamente (f L 2 ([t 0, t 1 ])). Infatti la condizione 1) giustifica il fatto che la grandezza fisica in esame non può avere brusche variazioni nel tempo; la 2) si assume perchè un segnale è sempre a durata limitata perchè la sua evoluzione temporale ha sempre un inizio ed una fine; inoltre ha sempre un contenuto energetico finito e questo è espresso dalla condizione 3). Così la rappresentazione matematica del segnale fisico diventa perfettamente aderente alla realtà. Tuttavia spesso è più semplice far ricorso a rappresentazioni dei segnali dove si rimuovono in parte o completamente le condizioni di sopra ed inoltre si passa dalle funzioni di variabile reale a quelle di variabile discreta. Un primo esempio in questo senso è dato dalle funzioni periodiche che rappresentano una schematizzazione molto vantaggiosa di certi segnali fisici, ma, a differenza di questi, sono a durata illimitata e ad energia infinita; ad esempio anche la tensione di un ottimo oscillatore sinusoidale non è mai rigorosamente rappresentata da una funzione del tipo s(t) = A sin 2πft, che ha un andamento periodico tra e +, perchè prima dell accensione la tensione è nulla e si raggiunge un regime quasi sinusoidale in un tempo finito seguendo una legge assai diversa dalla s(t) = A sin 2πft. Però questa funzione è utilizzata perchè semplifica notevolmente lo studio. In altri casi si rimuove la condizione di continuità: questo avviene quando il segnale presenta una variazione rapida nell intorno di un certo istante; in tal caso si approssima l andamento con una funzione che presenta una opportuna discontinuità in tale istante. È questo il caso del segnale a gradino, { A, t > t0, s(t) = 0 t < t 0. Nella pratica tale variazione avviene sempre con continuità in un intervallo finito. Ma da un punto di vista matematico è più conveniente rappresentarlo con la funzione a gradino. Ora se l informazione del segnale è affidata 12

14 all intera forma d onda del segnale, allora il criterio fin qui utilizzato per descrivere il segnale, è valido. Se però l informazione non è affidata all intera forma d onda, ma soltanto ad alcuni suoi parametri, allora il criterio da utilizzare deve essere diverso. Ad esempio, in una trasmissione di dati, dove si hanno messaggi del tipo {s 0, s 1,... s N 1 } con s n, 0 n N 1, e la trasmissione viene fatta mediante un segnale composto da una successione di impulsi di breve durata e di ampiezza ordinatamente proporzionale ai valori s n, allora la rappresentazione di tale segnale può essere fatta mediante un segnale discreto quantizzato s n = s(t n ), dove gli istanti t n corrispondono, ad esempio, all inizio di ciascun impulso. Questo si verifica, ad esempio, quando il segnale che fa da supporto ai dati è applicato ad un calcolatore numerico per una elaborazione dei dati stessi. Se invece si vuole studiare la propagazione del segnale lungo una linea di trasmissione, allora si ricorre ad una rappresentazione di tipo continuo. Quindi per uno stesso segnale, si può scegliere una rappresentazione continua oppure discreta e la scelta va fatta in base al particolare problema trattato. A questo proposito, più avanti vedremo come un qualsiasi segnale continuo, s(t), può essere ricostruito (almeno con una certa approssimazione), a partire dai suoi valori discreti s(t n ) dove gli t n sono istanti opportunamente scelti. Ciò significa che la rappresentazione discreta s(t n ), n N, è equivalente (entro un grado di approssimazione stabilito) alla rappresentazione continua s(t), t R. Nelle prossime sezioni introdurremo molto sommariamente alcune categorie di segnali, come quelli aleatori e quelli multidimensionali, mentre successivamente analizzeremo in dettaglio i segnali determinati unidimensionali (continui e discreti) che costituiscono l argomento principale di questo capitolo. 1.4 Trasformazione di un Segnale Se s(t) è un segnale appartenente ad una certa classe, una trasformazione generica T applicata a s(t) dà come risultato un nuovo segnale u(t), cioè u(t) = T {s(t)}. 13

15 e s(t) e u(t) possono pensarsi come segnale di ingresso (l entrata), e segnale di uscita caratterizzato dalla trasformazione T. s(t) u(t) T Alcune trasformazioni (operazioni sul segnale) sono imposte in sede progettuale, mentre altre sono indesiderate, come ad esempio il deterioramento del segnale causato dal rumore. Nell analisi e nella elaborazione dei segnali, le trasformazioni svolgono un ruolo di primaria importanza, come vedremo successivamente in questo capitolo. 1.5 Segnali Aleatori I segnali aleatori sono della forma: s(t, m), t I, m M dove M è l insieme di tutti i possibili messaggi e t è la variabile temporale con t I R. Il trasmettitore converte il messaggio m M in un segnale s(t, m). Si ottiene una famiglia di segnali (funzioni del tempo) che singolarmente vengono chiamati traiettorie. 14

16 Ad ogni m M viene associato un segnale determinato. La teoria dei processi aleatori studia la descrizione statistica dell intera famiglia tramite distribuzioni di probabilità, densità di probabilità, funzioni caratteristiche, etc. Invece la Teoria dei segnali determinati si occupa delle singole realizzazioni. 1.6 Segnali Multidimensionali Nel caso bidimensionale i segnali si scrivono nella forma s(x, y), (x, y) R 2 dove s(x, y) fornisce il valore della luminanza del punto di coordinate (x, y) ed indica una immagine bidimensionale. Nel caso tridimensionale, se il segnale è della forma s(x, y, t) dove t indica il tempo, allora si ha una immagine bidimensionale in movimento, e se l immagine è suddivisa in righe, come avviene ad esempio nei segnali video o nelle immagini prelevate da uno scanner, allora si ha un segnale a dominio discreto. I segnali multidimensionali verranno trattati in maniera più approfondita nella parte di queste dispense dove si studieranno le immagini. 1.7 Segnali Continui Analizzeremo ora in dettaglio la classe dei segnali continui. innanzitutto la seguente Richiamiamo Definizione Un segnale continuo è una funzione s : I C dove I R è un intervallo, una semiretta oppure tutto R. La variabile indipendente t viene usualmente (anche se non necessariamente) interpretata come una variabile di tipo temporale. D ora in poi un segnale verrà indicato con la notazione s(t), t I, o anche più semplicemente con s(t). Nel seguito analizzeremo in dettaglio la classe dei segnali periodici, per i quali vale la relazione s(t + T ) = s(t), (1.1) 15

17 per ogni t I e per qualche T R; T è detto periodo del segnale. Un segnale che non soddisfa la relazione (1.1) si dice aperiodico. Un altra sottoclasse dei segnali continui è quella dei segnali reali, il cui codominio è contenuto in R; tali segnali verificano ovviamente la relazione s (t) = s(t), dove s (t) è il complesso coniugato di s(t). Come già osservato, nella pratica un segnale descrive l andamento temporale di una grandezza fisica e ovviamente un fenomeno fisico ha una durata temporale limitata. Per questo motivo la variabile temporale di un segnale dovrebbe assumere solo valori finiti. Tuttavia ha invece importanza da un punto di vista teorico considerare anche segnali su intervalli di tempo illimitati; essi, d altronde, possono essere interpretati come casi limite di situazioni reali di interesse applicativo. Per questo motivo d ora in poi considereremo segnali definiti su tutta la retta reale, ovvero s : R C Definizioni Presentiamo ora le principali definizioni e caratteristiche dei segnali continui. Simmetrie Definizione Un segnale si dice pari se si dice invece dispari se s( t) = s(t), per ogni t R; s( t) = s(t), per ogni t R. Il grafico di un segnale pari risulta simmetrico nel piano rispetto all asse y, mentre quello di un segnale dispari è simmetrico rispetto all origine degli assi. Osserviamo che un segnale qualsiasi può essere sempre rappresentato come somma di un segnale pari e di un segnale dispari: risulta infatti s(t) = s p (t) + s d (t), t R, s(t) + s( t) s(t) s( t) dove s p (t) := è la componente pari di s, mentre s d (t) := 2 2 è la componente dispari. A titolo di esempio, consideriamo la classe dei segnali causali, cioè i segnali s(t) che verificano la condizione s(t) = 0 per ogni t < 0. I segnali causali non 16

18 sono né pari, né dispari; tuttavia possono essere rappresentati come somma di una componente pari e di una componente dispari definite come s p (t) = s d (t) = 1 s(t), per t > 0. 2 In altre parole, nel caso di un segnale causale, la componente pari è univocamente determinata dalla componente dispari e viceversa: si può infatti scrivere s p (t) = sign(t)s d (t), s d (t) = sign(t)s p (t), t R, 1, t > 0, dove sign(t) = 0, t = 0, 1, t < 0. Operazioni sui Segnali Riportiamo di seguito alcune operazioni che possono essere eseguite sui segnali, oltre alle usuali operazioni di somma e prodotto. 1. Traslazione nel tempo: s t0 (t) = s(t t 0 ), t R, t 0 R. s t0 viene detto il traslato di s(t); si parla di ritardo se t 0 > 0, di anticipo se t 0 < Dilatazione o contrazione nel tempo: s α (t) = s(αt), t R, α R. s α è una dilatazione di s se α < 1, una contrazione se α > 1, mentre si ottiene un ribaltamento se α = 1. Indici caratteristici I segnali continui sono caratterizzati dalle seguenti grandezze che ne riassumono alcune fra le principali caratteristiche: 1. Area L area di un segnale s(t) si definisce come l integrale A s := + s(t) dt. Si chiama invece valore medio del segnale s(t), o anche componente continua di s(t), il limite m s := lim T T T T s(t) dt.

19 2. Energia e potenza L energia di un segnale è definita come il limite T + E s := lim s(t) 2 dt = s(t) 2 dt, T + T mentre il limite P s := lim T + 1 2T T T s(t) 2 dt è la potenza di s(t). Se 0 < E s < +, il segnale si dice ad energia finita, mentre se 0 < P s < +, s(t) si dice a potenza finita; osserviamo che un segnale ad energia finita deve avere necessariamente potenza nulla, mentre un segnale a potenza finita ha energia infinita. In genere, i segnali aperiodici che vengono più frequentemente utilizzati sono ad energia finita, e allo stesso modo quelli periodici sono a potenza finita. ( 2 ) 3. Durata ed estensione Un insieme e(s) tale che s(t) = 0, t e(s), si dice estensione del segnale s(t) e la sua misura mis(e(s)) viene detta durata di s(t). L insieme e(s) è particolarmente importante in quanto indica laddove il segnale risulta non nullo, e pertanto di fatto rilevante. Per questo motivo è naturale introdurre una classificazione dei segnali in base alla durata: s(t) è a durata limitata (o anche ad estensione rigorosamente limitata) se e(s) è un intervallo [t s, T s ], è ad estensione superiormente (inferiormente) limitata se e(s) è una semiretta sinistra (, t s ] (destra [T s, + ), rispettivamente), mentre è ad estensione illimitata se e(s) = R. Esempi di segnali ad estensione illimitata sono i segnali periodici, mentre i segnali causali sono ad estensione inferiormente limitata. 4. Discontinuità Poichè un segnale descrive in genere un fenomeno fisico, esso dovrebbe essere rappresentato in termini matematici da una funzione continua; 2 Osserviamo che per rendere matematicamente significative le definizioni di sopra è necessario fare delle ipotesi di integrabilità sul segnale. 18

20 non ha senso infatti considerare un fenomeno reale in cui una grandezza varia in un intervallo di tempo nullo. Tuttavia a livello teorico risulta conveniente considerare, all interno della classe dei segnali continui, anche segnali discontinui (nelle ampiezze), ovvero rappresentati da funzioni che potrebbero presentare delle discontinuità. Nel caso in cui t 0 sia un punto di discontinuità per s(t), si usa assumere come valore di s in t 0 l emivalore s(t 0 ) = 1 ( ) s(t 0 +) + s(t 0 ), 2 dove s(t 0 +) e s(t 0 ) indicano rispettivamente il limite destro e sinistro di s(t) per t che tende a t I Segnali Periodici I segnali periodici costituiscono una classe particolare all interno dei segnali continui. La loro peculiarità risiede nel fatto che è sufficiente conoscere l andamento del segnale in un periodo, cioè in un intervallo del tipo [t 0, t 0 + T ], dove T indica il periodo di s(t), affinché s(t) sia univocamente determinato su tutto R. 1. Area ed energia di un segnale periodico Per le definizioni di area e di energia, risulta in questo caso più significativo considerarle in un periodo, ovvero e A s (T ) := E s (T ) := t0 +T t 0 t0 +T t 0 s(t) dt (area in un periodo) s(t) 2 dt (energia in un periodo). Osserviamo che, in virtù della periodicità, entrambe le definizioni sono indipendenti dalla scelta di t 0 R. 2. Valore medio e potenza di un segnale periodico Nel caso di segnali periodici si dimostra che il valore medio e la potenza (media) si possono calcolare in un periodo. Risulta così m s = 1 T t0 +T t 0 s(t) dt 19

21 e P s = 1 T E s(t ) = 1 T t0 +T t 0 s(t) 2 dt. 3. Prodotto di convoluzione Introduciamo il prodotto di convoluzione per segnali periodici. Nel caso di segnali aperiodici si rimanda alla Sezione Dati due segnali x(t) e y(t) entrambi di periodo T, si definisce prodotto di convoluzione tra x e y, e si denota con x y, (x y)(t) := t0 +T t 0 x(u)y(t u) du, dove l integrale è esteso a qualsiasi periodo [t 0, t 0 + T ]. Questo tipo di prodotto di convoluzione viene talvolta indicato come convoluzione ciclica, mentre nel caso classico si parla di convoluzione aciclica. Si osserva che il suddetto prodotto si può definire anche nel caso in cui solo uno dei due segnali sia periodico Esempi di Segnali Continui Esaminiamo ora alcuni esempi di segnali continui che sono tra quelli di più frequente e comune utilizzo in teoria dei segnali. 1. Segnali costanti Si tratta di segnali della forma s(t) = C, t R, dove C R. Tali segnali sono ovviamente pari, hanno estensione illimitata, potenza finita pari a P s = C 2 e valor medio m s = C. Essi possono essere anche considerati come segnali periodici, di periodo qualsiasi. 2. Segnali sinusoidali Sono segnali della forma s(t) = A 0 cos(ω 0 t + ϕ 0 ) = A 0 cos(2πf 0 t + ϕ 0 ), t R, dove A 0 è l ampiezza, ω 0 la pulsazione, ϕ 0 la fase, f 0 = ω 0 la frequenza. 2π Assumeremo senza restrizione di generalità che A 0 > 0 e ω 0 > 0. I 20

22 segnali sinusoidali sono segnali periodici di periodo T = 1, per cui ( f 0 si può anche scrivere s(t) = A 0 cos 2π t ) T + ϕ 0 ; essi sono a potenza finita, pari a P s = 1 2 A2 0, e hanno valor medio nullo. Si possono inoltre decomporre come somma della componente pari e della componente dispari come s(t) = A 0 cos ϕ 0 cos(ω 0 t) A 0 sin ϕ 0 sin(ω 0 t). 3. Segnali esponenziali Un segnale esponenziale è un segnale complesso della forma s(t) = Ae iω 0t = Ae i2πf 0t, dove A = A 0 e iϕ0 è l ampiezza. Si tratta di segnali periodici di periodo 1, a potenza finita P s = A 2. f 0 I segnali esponenziali sono strettamente connessi ai segnali sinusoidali. Tramite le formule di Eulero 3, infatti, un segnale sinusoidale può essere espresso come somma di segnali esponenziali della forma s(t) = A 0 cos(ω 0 t + ϕ 0 ) = 1 2 A 0e i(ω 0t+ϕ 0 ) A 0e i(ω 0t+ϕ 0 ). 4. Segnali a gradino Si tratta di segnali della forma s(t) = A 0 1(t t 0 ), t R \ {t 0 }, { 0, t < 0, dove 1(t) = 1, t > 0, è il gradino unitario; nel punto t 0, secondo quanto visto riguardo i punti di discontinuità, si pone s(t 0 ) = A 0 2. I segnali a gradino sono ad estensione inferiormente limitata, hanno potenza limitata P s = A2 0 2 e valor medio A cos x = eix + e ix 2, sin x = eix e ix. 2i 21

23 Osserviamo che la funzione 1(t) consente di ottenere, a partire da un qualsiasi segnale s(t), la sua versione causale { 0, t < 0, s c (t) := 1(t)s(t) = s(t), t > 0. Ad esempio, la versione causale del segnale esponenziale è s c (t) = 1(t)e p 0t, dove p 0 C; ancora, la versione causale di un segnale rettilineo di pendenza β, s(t) = βt, è il cosiddetto segnale a rampa definito come s c (t) = 1(t)βt, 5. Impulsi rettangolari di durata finita Il segnale rettangolare di ampiezza e durata unitarie è definito come { 1, t < 1 2 rect(t) =, 0, t > 1. 2 Per indicare la breve durata di tale segnale si parla anche di impulso. Più in generale, si definisce impulso rettangolare di durata D e ampiezza A 0 centrato nell istante t 0 il segnale ( ) t t0 r D (t) = A 0 rect. [ Tale segnale ha durata limitata e la sua estensione è t 0 D 2, t 0 + D ], 2 ha energia finita pari a E r = A 2 0D ed area finita A r = A 0 D. Un impulso rettangolare può essere ottenuto anche come differenza tra due segnali a gradino: ( ) t t0 A 0 rect D D ( ( = A 0 1 t t 0 D )) ( ( A 0 1 t t 0 + D )). 2 2 Utilizzando infine l impulso rettangolare si può ottenere la versione troncata di un segnale s(t) ] ( ) t t0 s(t), t t 0 D s tr (t) = s(t)rect = 2, t 0 + D [, 2 D 0, altrove. 22

24 6. Impulso ideale. Delta di Dirac Consideriamo un segnale rettangolare di durata D e ampiezza unitaria e dividiamolo per la sua durata, ottenendo così il segnale s D (t) = 1 ( ) t D rect t0. D Tale segnale, pari a 1 D nell intervallo [ t 0 D 2, t 0 + D 2 ], rappresenta un rettangolo di area unitaria, qualunque sia D. Al diminuire di D, la base del rettangolo diminuisce e, di conseguenza, aumenta l altezza, mantenendo l area costante uguale a 1. Facendo tendere D a 0, pertanto, si ottiene una successione di segnali che sono tutti rettangoli di area unitaria con la misura della base che tende a 0. Il limite di questa successione è detto funzione delta o delta di Dirac e si indica come 1 δ t0 (t) = lim D 0 + D rect ( t t0 la delta di Dirac non è ovviamente una funzione vera e propria, ma ha senso solo se inquadrata nell ambito della teoria delle distribuzioni. Poiché la trattazione della teoria delle distribuzioni esula da questo corso, considereremo l operatore δ t0 come se fosse una funzione, che è ovunque nulla tranne nel punto t 0 in cui diverge a +. Per come è definita, se considerata come una funzione ordinaria, l integrale della funzione delta su tutta la retta reale dovrebbe essere nullo, in quanto essa è pari a 0 tranne che in un punto, la cui misura è nulla. Tuttavia, essendo ottenuta come limite di segnali di area unitari, avrà anch essa area unitaria, e dunque vale la proprietà + δ t0 (t) dt = 1. Un altra proprietà interessante si ottiene moltiplicando la delta di Dirac per un generico segnale s(t): l area del segnale ottenuto, in base alla definizione, è pari a + D ) ; s(t)δ t0 (t) dt e utilizzando il procedimento di 23

25 passaggio al limite sotto il segno di integrale, si ottiene che + + s(t)δ t0 (t) dt = lim s(t) 1 ( ) t D 0 + D rect t0 dt D 1 = lim D 0 + D t0 + D 2 t 0 D 2 s(t) dt = s(t 0 ). (1.2) Se t 0 = 0 la funzione delta si indica semplicemente come δ(t) := δ 0 (t), da cui δ t0 (t) = δ(t t 0 ); la (1.2) si scrive dunque come o anche come s(t 0 ) = s(t) = + + s(t)δ(t t 0 ) dt (1.3) s(u)δ(t u) du, tenendo conto del fatto che δ(t) è pari: tale relazione esprime la cosiddetta proprietà del campionamento o rivelatrice del segnale nell istante t 0 o t, a seconda che t sia considerato fissato o variabile. La funzione δ permette di rappresentare formalmente l impulso di durata nulla ed area finita α, detto impulso ideale, che si scrive come s(t) = αδ(t t 0 ): esso infatti è tale che αδ(t t 0 ) = 0 se t t 0, ed ha dunque durata nulla, mentre la sua area è + s(t) dt = α + δ(t t 0 ) dt = α. Da un punto di vista grafico, l impulso ideale viene rappresentato con una freccia verticale applicata in t 0, di altezza α. Infine, l impulso ideale αδ(t t 0 ) ha area finita ma energia infinita: infatti, utilizzando il passaggio al limite sotto il segno di integrale, + = lim D 0 + δ(t t 0 ) 2 dt = lim D 0 + t0 + D 2 t 0 D dt = lim D2 D 0 + D = +. [ ( )] 2 1 t D rect t0 dt D 24

26 Figura 1.1: Rappresentazione dell impulso ideale αδ(t t 0 ) 7. Impulso di tipo sinc L impulso di tipo sinc di ampiezza A è definito come ( ) t t0 s(t) = A sinc, T dove sin πx sinc(x) = πx, x 0, 1, x = 0. Tale segnale assume dunque il suo valore massimo A in t 0 e si annulla nei punti t 0 +kt, k Z\{0}; inoltre, ha area finita AT ed energia finita A 2 T, tenendo conto del fatto che sinc(t) e sinc 2 (t) hanno integrale pari a Serie di Fourier Uno strumento fondamentale per la studio dei segnali periodici in termini di frequenze è la teoria sulle serie di Fourier. Esse infatti consentono di rappresentare una funzione periodica di periodo T come somma di una serie di funzioni trigonometriche con frequenze k T fondamentale 1 T della forma s(t) = A k=1 multiple della frequenza [ ( ) ( )] 2kπ 2kπ A k cos T t + B k sin T t. (1.4) 25

27 L importanza di questa formula consiste nel fatto che permette di caratterizzare completamente il segnale a partire dai coefficienti di Fourier A k e B k. Utilizzando le formule di Eulero, dalla (1.4) si può ottenere la forma esponenziale della serie di Fourier s(t) = + n= dove i coefficienti di Fourier ŝ(n), n Z, sono dati da ŝ(n)e 2nπ T it, (1.5) ŝ(n) = 1 T t0 +T t 0 s(t)e 2nπ T it dt. Tramite lo sviluppo in serie esponenziale, pertanto, è possibile rappresentare un segnale periodico di periodo T come somma di funzioni esponenziali con frequenze n T, n Z, multiple della frequenza fondamentale 1 T. In generale s(t) è un segnale complesso; nel caso particolare in cui sia un segnale reale, i coefficienti ŝ(n) con n 0 sono sufficienti a rappresentare completamente il segnale, in quanto sussiste la relazione ŝ( n) = ŝ (n), (simmetria Hermitiana) che consente di ricavare i coefficienti ŝ(n) con n < 0 da quelli con indice positivo. Inoltre, sempre nel caso di un segnale reale osserviamo che, denotando con r(n) e x(n), rispettivamente, la parte reale e la parte immaginaria di ŝ(n), si ha che r(n) risulta pari, mentre x(n) è dispari: sussistono infatti le seguenti simmetrie r( n) = r(n), x( n) = x(n). Proprietà delle Serie di Fourier Riportiamo ora alcune tra le principali proprietà delle serie di Fourier. 1. Traslazione Dato un segnale periodico s(t) con coefficienti di Fourier ŝ(n), i coefficienti x(n) del segnale traslato x(t) = s(t t 0 ) sono dati dalla relazione 2πn i x(n) = ŝ(n)e T t 0. 26

28 Osserviamo che nel caso particolare in cui t 0 = kt, per qualche k Z, cioè t 0 è un multiplo del periodo di s, allora x(n) = ŝ(n), ovvero i due segnali coincidono. 2. Valore medio Il valore medio in un periodo di s(t) è dato da m s (T ) = 1 T t0 +T cioè coincide con il coefficiente ŝ(0). t 0 s(t) dt = ŝ(0), 3. Potenza La potenza in un periodo di un segnale periodico s(t) può essere espressa tramite i coefficienti di Fourier ŝ(n) secondo la seguente formula: Esempio P s (T ) = 1 T t0 +T t 0 s(t) 2 dt = + n= ŝ(n) 2. (1.6) Nel caso particolare di un segnale reale, grazie alla simmetria Hermitiana, sussiste il Teorema di Parseval, per cui la (1.6) diventa P s (T ) = ŝ(0) Sia dato un segnale s(t) della forma + n=1 s(t) = A 0 cos(2πf 0 t + ϕ 0 ), ŝ(n) 2. con A 0 > 0, f 0 > 0, di cui si vogliano calcolare i coefficienti di Fourier. Ponendo T = 1 f 0 e utilizzando le formule di Eulero risulta s(t) = A 0 2 { e i(2πf 0 t+ϕ 0 ) + e } i(2πf 0t+ϕ 0 ) = A 0 2 eiϕ 0 e i 2π T t + A 0 2 e iϕ 0 e i 2π T t. (1.7) Confrontando la (1.7) con la formula (1.5) si ottiene che i coefficienti di Fourier di s(t) sono ŝ(1) = A 0 2 eiϕ 0, ŝ( 1) = A 0 2 e iϕ 0, ŝ(n) = 0, n ±1. 27

29 1.7.5 Trasformate di Fourier Come un segnale periodico viene rappresentato nel dominio delle frequenze tramite le serie di Fourier, così un segnale aperiodico può essere rappresentato tramite la trasformata di Fourier. Di fatto, si sostituisce alla serie un integrale, ottenendo così una rappresentazione non discreta del segnale. In tale rappresentazione il ruolo dei coefficienti di Fourier è ora giocato dall integrale: ŝ(λ) = 1 + s(t)e iλt dt, (1.8) 2π dove λ R. La funzione ŝ : R C definita dalla (1.8) si chiama trasformata di Fourier di s. Occorre dare un senso all integrale espresso dalla (1.8), cioè occorre introdurre delle ipotesi per le quali (1.8) esista come integrale generalizzato in R. Per far ciò sarà sufficiente assumere che s sia assolutamente integrabile in R, cioè che esista finito l integrale: + s(t) dt. Indichiamo con L 1 (R) lo spazio di tutte le funzioni s assolutamente integrabili in R. Nel prossimo paragrafo ci occuperemo delle proprietà della funzione ŝ. Per il momento anticipiamo il fatto che pur essendo ŝ sufficientemente regolare, essa non risulta in generale assolutamente integrabile in R, come funzione di λ. Vale tuttavia il seguente: Teorema Se s L 1 (R) è continua e ŝ è assolutamente integrabile in R, allora per ogni t R. s(t) = 1 + ŝ(λ)e iλt dλ, (1.9) 2π La formula espressa dal teorema precedente ricostruisce la funzione s a partire dalla funzione ŝ, allo stesso modo di come la serie di Fourier di s ricostruisce una funzione periodica a partire dai suoi coefficienti di Fourier. La ricostruzione di una funzione dalla sua trasformata di Fourier è di fondamentale importanza nelle applicazioni. Sussiste il seguente teorema, del quale non daremo la dimostrazione. 28

30 Teorema Sia s L 1 (R). Allora la funzione ŝ è continua in R ed inoltre lim ŝ (λ) = 0. λ + Il seguente teorema esprime la proprietà di linearità dell operatore trasformata di Fourier: Teorema Se s 1, s 2 L 1 (R), e α, β C, risulta αs 1 + βs 2 = αŝ 1 + βŝ 2. Diamo ora un esempio di calcolo di trasformata di Fourier. Esempio Sia s(t) = e γ t, γ > 0. Si ha: ŝ(λ) = = = 1 + e γ t e iλt dt 2π 2 + e γt cos(λt)dt 2π 0 1 2γ 2π λ 2 + γ. 2 Proprietà fondamentali della trasformata di Fourier In questo paragrafo trattiamo le principali proprietà della trasformata di Fourier in R. Sussiste il seguente teorema, di cui omettiamo la dimostrazione. Teorema Sia s L 1 (R) C 1 (R) e s L 1 (R). Allora ŝ (λ) = iλ ŝ(λ), λ R, (1.10) e quindi la trasformata di Fourier trasforma la derivazione nel prodotto per iλ. 29

31 Osservazione. In generale se s L 1 (R) C k (R), k IN, k 2, e se s (j) L 1 (R), per ogni j = 1,..., k, si ha ŝ (k) (λ) = (iλ) k ŝ(λ). (1.11) Corollario Se s L 1 (R) C k (R), k IN, e se s (j) L 1 (R), j = 1,..., k, si ha: lim λ k ŝ(λ) = 0. (1.12) λ + Dimostrazione Dalla (1.11) e dal fatto che ŝ(k) (λ) 0, λ +, segue l asserto. In particolare se s C 2 (R) L 1 (R) e s, s L 1 (R), si ottiene ŝ L 1 (R). Il Corollario mette in luce che quante più derivate ha s, tanto più rapidamente ŝ tende a 0, per λ +. Il teorema seguente, del quale non riportiamo la dimostrazione, mostra che la trasformata di Fourier è iniettiva. Teorema Sia s L 1 (R) una funzione continua. Se ŝ(λ) = 0, per ogni λ R, si ha s(t) = 0 per ogni t R. In particolare, se s 1, s 2 sono funzioni continue e se ŝ 1 (λ) = ŝ 2 (λ) λ R, si ha s 1 = s 2. per ogni Teorema (Formula di Parseval) Se s 1, s 2 L 1 (R), si ha + ŝ 1 (λ)s 2 (λ)dλ = + ŝ 2 (λ)s 1 (λ)dλ. (1.13) Un altra proprietà importante è legata al prodotto di convoluzione di due funzioni s 1, s 2 assolutamente integrabili in R. Questo prodotto è definito ora dalla formula: (s 1 s 2 )(x) = 1 + s 1 (x t)s 2 (t)dt. (1.14) 2π 30

32 Si può dimostrare che s 1 s 2 è ben definito e risulta s 1 s π s 1 1 s 2 1. Inoltre, sussiste il seguente importante Teorema (Teorema di Convoluzione) Se s 1, s 2 L 1 (R), allora ŝ 1 s 2 (λ) = ŝ 1 (λ)ŝ 2 (λ), λ R. (1.15) Corollario Siano s 1, s 2 L 1 (R) due funzioni continue. Se ŝ 2 L 1 (R), allora per ogni x R. (s 1 s 2 )(x) = 1 + ŝ 1 (λ)ŝ 2 (λ) e iλx dλ, (1.16) 2π Nella teoria dei segnali è più comodo utilizzare la seguente definizione di trasformata di Fourier, del tutto equivalente a quella vista finora ŝ(f) = + s(t)e i2πft dt, f R. (1.17) L antitrasformata di Fourier di s viene definita come: s(t) = + ŝ(f)e i2πft df, t R. (1.18) La motivazione per questa definizione è che λ viene interpretato come una pulsazione λ = 2π/T, e allora si pone f = 1/T, che viene interpretata come una frequenza. Se s viene interpretato come un segnale, la funzione ŝ(f) rappresenta lo spettro delle frequenze del segnale s. Una parte importante della teoria analitica dei segnali fa uso della ricostruzione del segnale s a partire dalla conoscenza dello spettro. Questo è in sostanza il succo del Teorema (formula di inversione). Per una trattazione più approfondita della trasformata di Fourier, cfr. [4]. 31

33 La trasformata di Fourier e l antitrasformata (che ricordiamo vengono indicate anche come F[s] e F 1 [s], rispettivamente) consentono dunque di passare dal dominio del tempo al dominio delle frequenze e viceversa, con una perfetta simmetria duale, come vedremo successivamente. Osserviamo l importanza delle precedenti relazioni: esse infatti forniscono una rappresentazione unitaria di qualsiasi segnale per cui sia definita la trasformata di Fourier, il quale può essere scritto nella forma (1.18) per un opportuna funzione ŝ(f). Altre proprietà della trasformata di Fourier Riportiamo ora altre proprietà importanti della trasformata di Fourier. 1. Simmetrie In analogia a quanto accade per le serie di Fourier, se s(t) è un segnale reale assolutamente integrabile si ha la cosiddetta simmetria Hermitiana, ovvero F[ s] = F[s], per cui il segnale è interamente descritto dalla parte ŝ(f), f 0. Più in generale, è immediato osservare che le definizioni di trasformata e di antitrasformata hanno una struttura simmetrica, a parte il cambiamento di segno, per cui se ŝ(f) è la trasformata di s(t), la trasformata di ŝ(f), riguardata come segnale, è s( f). Ciò suggerisce un regola di simmetria, in base alla quale è possibile passare dalla coppia (s(t), ŝ(f)) alla coppia (ŝ(t), s( f)). 2. Traslazione Dato un segnale s L 1 (R), la trasformata di Fourier del segnale traslato s t0 (t) = s(t t 0 ) è data da ŝ t0 (f) = ŝ(f)e i2πft 0. Nel dominio delle frequenze, si hanno le corrispondenti relazioni duali: se ŝ f0 (f) = ŝ(f f 0 ) è la versione traslata (in frequenza) della trasformata di s(t), allora l antitrasformata di ŝ f0 (f) è s f0 (t) = s(t)e i2πtf 0. 32

34 3. Area L area di un segnale può essere espressa in termini della sua trasformata di Fourier, infatti e, dualmente, A s = + + Aŝ = s(t) dt = ŝ(0) ŝ(f) df = s(0). 4. Energia Anche l energia di un segnale può essere calcolata in termini della sua trasformata di Fourier poichè, per il Teorema di Parseval, E s = + s(t) 2 dt = + ŝ(f) 2 df e, nel caso particolare di un segnale reale, per cui ŝ( f) = ŝ(f), si ha E s = 2 Esempi di trasformate di Fourier + 0 ŝ(f) 2 df. Presentiamo ora alcuni esempi di trasformate di Fourier di segnali. Precisiamo che, nonostante alcuni dei segnali considerati non siano assolutamente integrabili, le loro trasformate di Fourier sono matematicamente giustificate se inquadrate nell ambito della teoria delle distribuzioni. In questa sede, non potendo fare altrimenti, utilizzeremo le proprietà precedentemente esposte (proprietà rivelatrice, etc.) che hanno senso se giustificate con la teoria delle distribuzioni. 1. Impulsi rettangolari. Impulsi di tipo sinc Dato un segnale rettangolare s(t) = A 0 rect(t/d), la sua trasformata di Fourier è ŝ(f) = A 0 D 2 D 2 = A 0 D sin(πfd) πfd, e i2πft dt = A 0 i2πf [e iπfd e iπfd ] = A 0 D eiπfd e iπfd i2πfd 33

35 se f 0, mentre ŝ(0) = A 0 D, per cui concludiamo che ŝ(f) = A 0 D sinc(fd). Ricordando ora le regole di simmetria viste, abbiamo che la trasformata di A 0 D sinc(td) è s( f) = A 0 rect(f/d), per cui dividendo per D e ponendo poi D = 1 si ottiene che la trasformata dell impulso di tipo T sinc, A 0 sinc(t/t ), è un segnale rettangolare della forma A 0 T rect(ft ). In conclusione, ad un impulso rettangolare corrisponde, dualmente, un impulso di tipo sinc e viceversa, in virtù della simmetria. 2. Impulsi ideali. Segnali costanti Dato un impulso ideale del tipo s(t) = δ(t t 0 ), la sua trasformata di Fourier è ŝ(f) = + δ(t t 0 )e i2πft dt = e i2πft 0, per ogni f R, per cui in particolare, scegliendo t 0 = 0, si ha che la trasformata di un impulso ideale centrato in 0 è un segnale costante pari a 1. Viceversa, dato un segnale del tipo s(t) = e i2πf 0t, per qualche f 0 R, in virtù delle proprietà della delta di Dirac si può sempre scrivere s(t) = e i2πf 0t = + δ(f f 0 )e i2πft df, e ciò implica, essendo anche s(t) = F 1 [ŝ](t), che la trasformata di s(t) = e i2πf 0t è ŝ(f) = δ(f f 0 ). Nel caso particolare in cui f 0 = 0 abbiamo che la trasformata di Fourier del segnale costante pari a 1 è la delta di Dirac. Concludiamo dunque che alla coppia [δ(t t 0 ), e i2πft 0 ] corrisponde dualmente la coppia [e i2πf 0t, δ(f f 0 )]. 3. Segnali periodici Abbiamo già visto come lo strumento più adatto per rappresentare un segnale periodico in termini di frequenze siano le serie di Fourier. Tuttavia, anche un segnale periodico può essere inglobato come caso particolare nella teoria dei segnali aperiodici, e può essere calcolata per esso la trasformata di Fourier. È bene però tenere conto del fatto che essa presenterà dei problemi, in quanto un segnale periodico s(t) 34

36 non è infinitesimo, per t +. Utilizzeremo le argomentazioni precedentemente esposte per effettuare il calcolo della trasformata. Possiamo osservare innanzitutto che un esempio di segnale periodico è il segnale esponenziale del tipo e i2πf 0t, per il quale abbiamo già calcolato la trasformata di Fourier al punto 2. Un altro esempio di segnali periodici sono i segnali sinusoidali, del tipo s 1 (t) = cos (2πF t), s 2 (t) = sin (2πF t), i quali, utilizzando le formule di Eulero, possono essere riscritti come somme di segnali esponenziali s 1 (t) = 1 2 per cui, dal punto 2, si ha che ( e i2πf t + e i2πf t), s 2 (t) = 1 2i ( e i2πf t e i2πf t), ŝ 1 (t) = 1 2 [δ(f F ) + δ(f + F )], s 2(t) = 1 [δ(f F ) δ(f + F )]. 2i Volendo ora generalizzare il discorso, se s(t) è un generico segnale periodico sviluppabile in serie di Fourier, ovvero s(t) = + n= ŝ(n)e i2πnf t, si può dimostrare che la sua trasformata di Fourier è pari alla serie ŝ(f) = + n= ŝ(n)δ(f nf ); in altre parole, la trasformata di un segnale periodico è una successione di impulsi ideali di area pari ai coefficienti di Fourier ŝ(n) di s, applicati alle frequenze nf. 4. Segnali a gradino Consideriamo un segnale a gradino del tipo s(t) = A 1(t), A R. Osserviamo poi che si può dimostrare che la trasformata del segnale 35

37 s 0 (t) = sign(t) è ŝ 0 (f) = 1 iπf. forma ( 1 s(t) = A 1(t) = A sign(t) Poiché possiamo scrivere s(t) nella ), la trasformata di s può essere calcolata tramite quella di s 0, ovvero ( 1 ŝ(f) = A 2 δ(f) + 1 ). i2πf Banda di un Segnale Si definisce estensione spettrale di un segnale s(t) l estensione E(s) := e(ŝ) della sua trasformata ŝ, definita dunque dalla condizione ŝ(f) = 0, f E(s). La misura di E(s), B(s) := mis(e(s)) = mis(e(ŝ)) viene detta lunghezza di banda del segnale. L estensione spettrale e la lunghezza di banda non sono altro che il corrispettivo, nel dominio delle frequenze, dell estensione e della durata. Nel caso particolare di un segnale reale osserviamo che, come conseguenza della simmetria Hermitiana ŝ(f) = ŝ ( f), l estensione spettrale deve essere un dominio simmetrico rispetto all origine. Pertanto, se un segnale reale ha come estensione spettrale un insieme limitato, sarà della forma e(s) = [ B, B], per qualche B > 0; in tal caso s(t) si dice a banda (rigorosamente) limitata e B viene detto banda del segnale Filtri Il filtraggio è una delle operazioni più importanti applicate ai segnali, come si vedrà meglio in seguito. Lo scopo principale di un filtro è di variare opportunamente alcune caratteristiche del segnale, ad esempio selezionando alcune frequenze e lasciandone inalterate altre. Consideriamo un segnale s(t) ed osserviamo cosa succede quando esso passa attraverso un sistema. 36

38 Un sistema può essere visto come una sorta di scatola nera (black-box) che fa corrispondere al segnale d ingresso s(t) un segnale di uscita, detto anche risposta. Un sistema si dice lineare se rispetta la sovrapposizione degli effetti ovvero dati due segnali di ingresso x 1 (t) e x 2 (t) che hanno risposta y 1 (t) e y 2 (t), rispettivamente, il segnale A 1 x 1 (t) + A 2 x 2 (t), A 1, A 2 R, ha come risposta A 1 y 1 (t) + A 2 y 2 (t). Un sistema viene detto permanente se è invariante per traslazioni temporali, cioè dato un segnale x(t) con risposta y(t), la risposta del segnale traslato x(t t 0 ) è y(t t 0 ). Un sistema lineare e permanente viene detto un filtro. Da un punto di vista matematico la risposta impulsiva che caratterizza il filtro viene descritta da un segnale g(t) tale che, se x(t) è il segnale di ingresso, il segnale di uscita y(t) è definito come y(t) = (x g)(t) = Ponendo x(t) = δ(t), si ottiene + y(t) = (δ g)(t) = g(t), g(t u)x(u) du. (1.19) pertanto la risposta impulsiva del filtro corrisponde al segnale di uscita dell impulso ideale δ(t). Un filtro fisicamente realizzabile deve rispettare il principio di causalità, ovvero i valori del segnale di uscita y(t ) dipendono soltanto dai valori che il segnale di ingresso x(t) assume negli istanti t precedenti a t. In altre parole, il filtro non può agire prima dell applicazione del segnale di ingresso. Ciò si esprime da un punto di vista matematico imponendo che g(t) sia un segnale causale, cioè g(t) = 0, se t < 0. La corrispondente relazione duale della (1.19), nel dominio delle frequenze, è ŷ(f) = ˆx(f)ĝ(f), dove ŷ(f), ˆx(f) e ĝ(f) sono, rispettivamente, le trasformate di Fourier del segnale di uscita, del segnale di ingresso e della risposta impulsiva del filtro. ĝ(f) viene anche detta risposta in frequenza del filtro. 37

39 1.8 Segnali Discreti La teoria sviluppata per i segnali continui trova un corrispettivo per la classe dei segnali discreti, di cui ora daremo alcuni cenni. Un segnale discreto è un segnale definito solo in una successione di istanti ben precisi, equamente distanziati fra loro di una quantità costante T, detta quanto (o quanto temporale). Formalmente si ha la seguente Definizione Un segnale discreto è una funzione complessa di variabile discreta s : Z(T ) C, dove Z(T ) := {nt : n Z} è l insieme dei multipli interi di T. La quantità F = 1 rappresenta il numero di valori del segnale s(t) per T unità di tempo, chiamata anche velocità del segnale. D ora in poi un segnale discreto verrà indicato con la notazione oppure s(nt ), n Z, s(t), t Z(T ). La prima scrittura sarà da preferirsi se si vuole mettere in luce la natura discreta del segnale, mentre la seconda se si vuole uniformare le notazioni con il caso continuo Definizioni La teoria dei segnali discreti può essere sviluppata in modo parallelo a quella dei segnali continui. In effetti, la maggior parte delle definizioni e degli indici caratteristici visti per i segnali continui possono essere trasferiti nel caso discreto in modo abbastanza simile. È bene tenere presente, tuttavia, che ci sono alcune differenze sostanziali fra i due casi. Tra queste, una delle differenze principali è che, nelle varie definizioni, gli algoritmi di integrazione andranno sostituiti nel caso discreto con quelli di sommatoria o di serie. Un altra importante differenza è che, laddove due segnali continui che coincidono quasi ovunque sono considerati uguali, due segnali discreti che differiscono anche in un solo punto sono diversi. Quanto detto è legato sostanzialmente al concetto di misura utilizzato; 38

40 infatti, mentre in R un punto ha misura di Lebesgue nulla, nel caso discreto si considera, come vedremo, una misura diversa (misura di Haar) che assegna un valore ad ogni punto. 1. Simmetrie Definizione Un segnale discreto s(nt ) si dice pari se si dice invece dispari se s( nt ) = s(nt ), per ogni n Z; s( nt ) = s(nt ), per ogni n Z. Come nel caso continuo, ogni segnale discreto può essere sempre scritto come somma di una componente pari e di una componente dispari come s(nt ) = s p (nt ) + s d (nt ), n Z. Un segnale discreto si dice causale se s(nt ) = 0, per n < Traslazione Si definisce versione traslata di un segnale discreto s(nt ) il segnale s n0 (nt ) = s(nt n 0 T ), nt Z(T ). Si noti che, a differenza del caso continuo, la traslazione deve necessariamente essere di un multiplo del quanto T. 3. Area e valor medio Si definisce area di un segnale discreto s(nt ) il valore A s = + n= T s(nt ), che si può interpretare pensando che per ogni istante nt il contributo dell area è pari a T s(nt ). Questo si può facilmente vedere considerando 39

41 come area quella ottenuta dal segnale continuo per interpolazione a tenuta avente come base T e come altezza s(nt ) (si veda la Sezione 1.8.3). Il valore medio di s(nt ) è definito come m s := lim N + 1 (2N + 1)T N n= N T s(nt ). 4. Energia e potenza L energia e la potenza di un segnale discreto s(nt ) sono definite rispettivamente come E s := lim N N + n= N P s := lim N + T s(nt ) 2 = 1 (2N + 1)T N n= N + n= T s(nt ) 2, T s(nt ) Durata ed estensione Esattamente come nel caso continuo l estensione e(s) di un segnale discreto s(nt ) è definita dalla condizione s(nt ) = 0 se nt e(s). L unica differenza è che in questo caso e(s) è un sottoinsieme del dominio Z(T ) del segnale, e pertanto è un insieme discreto, costituito da punti isolati. Per questa ragione il concetto di durata va opportunamente modificato. Infatti, in base alla definizione data in precedenza, la durata di ogni segnale discreto sarebbe nulla, in quanto un insieme discreto ha misura (di Lebesgue) nulla. Si pone invece D(s) = T (e(s)), dove (e(s)) indica la cardinalità dell insieme e(s). Come detto precedentemente, si utilizza una misura diversa (misura di Haar), la quale assegna un valore finito (T ) ad ogni punto. 40

42 1.8.2 Segnali Discreti Periodici Un segnale discreto si dice periodico se esiste N N tale che s(nt + NT ) = s(nt ), per ogni n Z. Il periodo è pari a T s = NT e deve necessariamente essere un multiplo del quanto T. Analogamente al caso continuo, anche per i segnali discreti periodici le definizioni precedentemente viste vanno riadattate in modo ovvio, restringendo le sommatorie o le serie ad un singolo periodo e non più in tutto il dominio Z(T ). Ad esempio, l area del segnale andrà intesa come area in un periodo, definita come A s (T ) = n 0 +N 1 n=n 0 T s(nt ), per qualche n 0 Z. Osserviamo che la classe dei segnali periodici è di grande importanza: infatti tali segnali possono essere completamente specificati a partire dai valori in un periodo, che sono in numero finito, il che, a differenza di un segnale generico, rende possibile lo studio diretto di un segnale discreto periodico al calcolatore Segnali Discreti e Segnali Continui Le classi dei segnali continui e dei segnali discreti sono profondamente legate tra loro: infatti da un segnale continuo è sempre possibile passare ad un opportuno segnale discreto e viceversa. In particolare, ad un segnale discreto s(nt ) si può associare un segnale continuo s(t) ottenuto da s(nt ) per interpolazione a tenuta, cioè tramite la formula s(t) = s(nt ), nt t < (n + 1)T. È facile vedere che s(t) ha area, energia, potenza pari a quelle di s(nt ), il che fornisce un interessante interpretazione degli indici caratteristici introdotti per i segnali discreti. Viceversa, da un segnale continuo s(t), t R, è possibile passare ad un segnale discreto tramite campionamento, scegliendo cioè soltanto i valori s(t) 41

43 con t Z(T ). Si ottiene così il segnale campionato s c (nt ), nt Z(T ), definito dalla relazione s c (nt ) = s(nt ), nt Z(T ). Data la sua estrema importanza in teoria dei segnali e nell analisi delle immagini, il procedimento di campionamento verrà trattato in dettaglio più avanti Esempi di Segnali Discreti 1. Gradino discreto Il segnale a gradino discreto unitario è definito come { 0, n < 0, s(nt ) = 1, n 0. Osserviamo che invece il segnale ottenuto per campionamento dal gradino unitario continuo è definito come 0, n < 0, 1 s c (nt ) = 2, n = 0, 1, n > Impulsi rettangolari discreti L impulso rettangolare discreto r D (nt ) di ampiezza unitaria ed estensione e(r D ) = {n 1 T, (n 1 + 1)T,..., n 2 T } con n 1 n 2 è definito come ( ) nt t0 r D (nt ) = rect, nt Z(T ), D dove la durata e l istante centrale sono rispettivamente D = (n 2 n 1 + 1)T e t 0 = n 2 + n 1 T Impulso ideale discreto L impulso ideale discreto è definito come { 1 T δ(nt ) =, n = 0, 0, n 0. 42

44 Tale definizione è la naturale trasposizione, nel caso discreto, del concetto di impulso ideale continuo. Si vede infatti facilmente, ad esempio, che δ(nt ) ha area unitaria ed estensione e(δ) = {0}. A partire dall impulso unitario applicato in 0, è possibile definire l impulso ideale discreto di area α applicato in un istante n 0 T come δ n0 (nt ) = αδ(nt n 0 T ), nt Z(T ). Come nel caso continuo, calcolando l area di s(nt )δ(nt n 0 T ) si ottiene + T s(nt )δ(nt n 0 T ) = s(n 0 T ); n= tale formula, che esprime la cosiddetta proprietà rivelatrice di δ(nt ), è l analogo, nel caso discreto, della (1.3). 4. Segnali esponenziali e segnali sinusoidali discreti Il segnale { s(nt ) = α n 0, n < 0, 1(nT ) = α n, n 0, con α C è la versione discreta del segnale esponenziale causale, mentre un segnale esponenziale discreto generico è definito come s(nt ) = Ae i2πf 0nT, nt Z(T ). Un segnale sinusoidale discreto di ampiezza A 0 è invece dato da dove f 0 è la frequenza e ϕ 0 la fase. s(nt ) = A 0 cos(2πf 0 nt + ϕ 0 ), Prodotto di Convoluzione È possibile definire l operazione di convoluzione tra due segnali discreti x(nt ) e y(nt ) come (x y)(nt ) = + k= T x(kt )y(nt kt ), nt Z(T ). 43

45 Tutte le proprietà viste nel caso continuo sono verificate dal prodotto di convoluzione anche nel caso discreto. Osserviamo che, se due segnali x(nt ) e y(nt ) hanno estensione limitata, anche (x y)(nt ) ha estensione limitata. Più precisamente, se x(nt ) e y(nt ) hanno estensioni costituite da punti consecutivi e(x) = {n x 1T,..., n x 2T } ed e(y) = {n y 1T,..., n y 2T } rispettivamente, allora (x y)(nt ) ha estensione dove e(x y) = {n 1 T, (n 1 + 1)T,..., n 2 T }, n 1 = n x 1 + n y 1, n 2 = n x 2 + n y 2. Nel caso particolare di due segnali periodici x(nt ) e y(nt ) aventi lo stesso periodo T s = NT, si definisce la convoluzione tra x e y come (x y)(nt ) = per qualche k 0 Z. k 0 +N 1 k=k 0 T x(kt )y(nt kt ), nt Z(T ), La Trasformata di Fourier per Segnali Discreti Anche i segnali discreti possono essere rappresentati nel dominio delle frequenze tramite la trasformata di Fourier che si definisce, per un segnale s(nt ), come ŝ(f) = + n= T s(nt )e i2πfnt, f R. (1.20) Utilizzando ŝ, il segnale può essere rappresentato nella forma s(nt ) = f0 +F f 0 ŝ(f)e i2πfnt df, (1.21) dove F = 1 è il periodo di ŝ. La formula (1.21) definisce l antitrasformata T di Fourier di s(nt ). La trasformata e l antitrasformata di Fourier consentono dunque di passare da una funzione s(nt ) di variabile discreta ad una funzione ŝ(f) di variabile continua, in simmetria con le serie di Fourier, che consentono di passare da una funzione periodica di variabile continua s(t) ad una discreta 44

46 ŝ(n) = S(nT ) data dai coefficienti di Fourier di s, scambiando tra loro i ruoli di tempo e frequenze. È importante osservare che, mentre nel caso di segnali continui aperiodici la trasformata di Fourier non è, in generale, un segnale periodico, le (1.20) e (1.21) mostrano invece che qualunque segnale discreto, anche aperiodico, ha trasformata di Fourier periodica di periodo la velocità del segnale cioè uguale al numero dei valori del segnale nell unità di tempo. Esempi di trasformate di Fourier ( F = 1 T 1. Impulsi ideali discreti La trasformata dell impulso ideale unitario discreto applicato in n 0 T δ n0 (nt ) = δ(nt n 0 T ) è data da δ n0 (f) = + n= T δ(nt n 0 T )e i2πfnt = e i2πfn 0T, in stretta analogia con il caso continuo. In particolare, per n 0 = 0 si ottiene che la trasformata dell impulso ideale unitario discreto δ(nt ) è la funzione costante pari a 1. Viceversa, la trasformata del segnale discreto unitario è una ripetizione di impulsi ideali, cioè con F = 1 T. 1(f) = + n= δ(f nf ), 2. Segnali sinusoidali Il segnale esponenziale s(nt ) = e i2πf 0nT ha come trasformata di Fourier ŝ(f) = = + n= + n= T e i2πf 0nT e i2πfnt = δ(f f 0 nf ) + n= T e i2π(f f 0)nT ), 45

47 e da qui, ricordando le formule di Eulero, si ottiene la trasformata di un segnale sinusoidale s(t) = cos(2πf 0 nt ) = ei2πf 0nT + e i2πf 0nT : 2 { ŝ(f) = 1 + } + δ(f f 0 nf ) δ(f + f 0 nf ). 2 n= n= 3. Impulso rettangolare L impulso rettangolare discreto di estensione e(r) = { n 0 T,..., n 0 T } ed ampiezza A 0 definito come { A 0, n 0 n n 0, r(nt ) = 0, n > n 0, ha trasformata Filtri r(f) = + n= T r(nt )e i2πfnt = A 0 T n 0 n= n 0 e i2πfnt. Come nel caso continuo, un filtro è un sistema lineare e permanente: nel caso discreto un filtro viene descritto dalla relazione y(nt ) = (x g)(nt ) = + k= T g(nt kt )x(kt ), nt Z(T ), (1.22) dove x(nt ) è il segnale di ingresso, y(nt ) il segnale di uscita e g(nt ) la risposta impulsiva del filtro. Osserviamo che il valore T ha un importante interpretazione: infatti il suo reciproco 1 rappresenta il numero di valori T che il filtro accetta in ingresso e produce in uscita in un intervallo di tempo, ovvero la velocità del filtro. Inoltre anche in questo contesto la risposta impulsiva è interpretata come la risposta ad un impulso ideale δ(kt ) applicato nell origine in ingresso. Un filtro discreto fisicamente realizzabile deve essere causale, cioè tale che g(nt ) = 0, n < 0. 46

48 Nel dominio delle frequenze, la relazione (1.22) diventa ŷ(f) = ĝ(f)ˆx(f), dove ĝ(f), ˆx(f) e ŷ(f) sono, rispettivamente, le trasformate di Fourier della risposta impulsiva del filtro (detta anche risposta in frequenza del filtro), del segnale di ingresso e del segnale di uscita. 1.9 La trasformata di Fourier multidimensionale La definizione di trasformata di Fourier che abbiamo introdotto nella Sezione è per funzioni di una variabile. Tuttavia, nell ambito della ricostruzione di immagini, come vedremo più in dettaglio in seguito, è più adatta la teoria della trasformata di Fourier in un assetto multidimensionale. Ci limitiamo qui a definire la trasformata di Fourier di una funzione s definita in tutto lo spazio euclideo IR N, assolutamente integrabile in IR N, cioè IR N s(t) dt < +, dove qui l integrale è un integrale multiplo e dx è la misura di Peano-Jordan (o Lebesgue). Indicando con il prodotto scalare tra due vettori di IR N, possiamo definire la trasformata di Fourier nel seguente modo: ŝ(y) = s(x)e i2πx y dx. IR N Per la trasformata di Fourier multidimensionale sussistono proprietà analoghe a quelle viste in precedenza. In particolare, la funzione ŝ è una funzione continua ed inoltre lim ŝ(y) = 0. y + Anche il teorema sul prodotto di convoluzione sussiste inalterato. Per esempio nel caso N = 2 la trasformata di Fourier di una funzione assolutamente integrabile in IR 2 è definita da ŝ(ξ, η) = s(u, v)e i2π[ξu+ηv] du dv. IR 2 47

49 1.10 Trasformata Discreta di Fourier (DFT) e Trasformata Veloce di Fourier (FFT) L avvento dei computers negli anno 80 produsse forti cambiamenti nell ambito della elaborazione dei segnali. I segnali discreti (che possono essere elaborati numericamente) ben si adattano alla studio dei segnali in forma numerica, ma nasceva allo stesso tempo il problema della complessità computazionale. Infatti anche forme elementari di elaborazione di segnali richiedevano tempi molto lunghi. Nacque così una forte spinta nel ricercare algoritmi veloci che rendessero accettabili i tempi di calcolo. Ancora la trasformata discreta di Fourier, d ora in poi denotata con DFT (Discrete Fourier Transform), era troppo lenta e questo spinse, grazie ad una sua implementazione, ad introdurre la così detta trasformata veloce di Fourier, che denoteremo con FFT (Fast Fourier Transform). La complessità computazionale della DFT è dell ordine di N 2 operazioni, dove N è il numero di punti per periodo, mentre l algoritmo della FFT consente una forte riduzione della complessità computazionale, dell ordine di N log 2 N operazioni. Oltre a trattare l aspetto della complessità computazionale della DFT e FFT, è bene mettere in evidenza quale è la problematica generale che richiede l utilizzo della FFT: dato un segnale a tempo-continuo (analogico), si vuole calcolare per via numerica e con una approssimazione accettabile la trasformata di Fourier. Quindi per un uso corretto della FFT occorre approssimare il segnale continuo mediante un segnale periodico discreto e a tal fine bisogna scegliere il passo di campionamento T e il periodo T p, da cui si ottiene il numero di punti per periodo N = T p /T. La FFT permette di ottenere la trasformata desiderata su altri punti, ma l approssimazione del calcolo risulta soddisfacente soltanto se la scelta dei parametri indicati è fatta opportunamente Definizione e Complessità Computazionale della DFT La trasformata DFT viene introdotta per rappresentare una sequenza finita di valori s 0, s 1,..., s N 1 mediante un altra sequenza finita S 0, S 1,..., S N 1 48

50 e si basa sulle relazioni: s n = 1 N N 1 k=0 S k [e j2π N ] nk, (1.23) dove S k = N 1 n=0 s n [e j2π N ] nk. (1.24) La (1.24) rappresenta la Trasformata Discreta di Fourier (DFT), mentre la (1.23) rappresenta la Trasformata Discreta inversa di Fourier (IDFT). È facile vedere che per calcolare le S k, per k prefissato, occorrono N 1 addizioni e N moltiplicazioni complesse, e siccome la DFT è specificata dagli N valori in un periodo, risulta che il calcolo della DFT comporta (N 1) N = N 2 addizioni e N 2 moltiplicazioni. Quindi la complessità computazionale della DFT, denotata con C(N), consiste in C(N)= N 2 operazioni. La stessa complessità computazionale si avrà per la IDFT Definizione e Complessità Computazionale della FFT La FFT è un algoritmo di calcolo numerico della DFT che ne riduce considerevolmente la complessità computazionale, poichè si passa da una legge N 2 ad una legge N log 2 N, almeno nel caso in cui N è una potenza di 2. L algoritmo è stato introdotto da Cooley e Tukey nel 1965 ed ha rivoluzionato lo studio dei segnali mediante il computer riducendo i tempi di calcolo di vari ordini di grandezza (per N molto grande). Quando N è una potenza di 2, conviene rappresentare gli indici n e k nella (1.24) in forma binaria. E si vede che la complessità computazionale è dell ordine N log 2 N. Per avere una idea di quanto sia considerevole la riduzione dei tempi tra la complessità computazionale N e quella N log 2 N, si consideri che se N = 2 4 = 16 e C(N) = N 2 = 256, allora assumendo che il tempo richiesto per una singola operazione sia di 1µs = 1 micro secondo (milionesimo di secondo), ci vogliono 256 µs per compiere il calcolo con la DFT, mentre C(N) = N log 2 N = 64 che corrisponde a 64µs. Se però N cresce, la complessità si riduce notevolmente: ad esempio se N = 2 16 = e C(N) = N 2 = , allora ci vogliono 1h 11m 35s per compiere il calcolo con la DFT, mentre C(N) 49

51 = N log 2 N = 10 6 che corrisponde a 1s, mentre se N = 2 30 = 1, e C(N) = N 2 = 1, , allora ci vogliono anni per compiere il calcolo con la DFT, mentre C(N) = N log 2 N = 3, che corrisponde a 8h 57m. Sembra che il numero di punti N = 2 30 = 10 9 sia stato considerato dalla NASA nel Progetto Ciclope per la ricerca di intelligenze extraterrestri. La differenza fondamentale che c è tra la DFT e la FFT è che la DFT è la trasformata di Fourier di un segnale periodico a tempo discreto e la trasformata stessa è una funzione periodica a frequenza discreta, mentre la FFT opera su una sequenza finita di lunghezza N e produce una sequenza finita di pari lunghezza. In altre parole risulta: e s n = 1 N N 1 k=0 S k [W ] nk, 0 n N 1, S k = N 1 k=0 s n [W ] nk 0 k N 1, dove W = e j2π N. Quindi il calcolo della DFT via FFT è possibile considerando i valori in un periodo e richiede la riduzione agli intervalli: t [0, T p ) e f [0, F p ). 50

52 Capitolo 2 Ricostruzione tramite campionamento 2.1 Cenni storici Uno dei principali risultati in teoria dei segnali è fornito dal celebre teorema del campionamento che rappresenta un algoritmo di ricostruzione fondamentale che permette di passare da un segnale digitale (discreto) ad uno analogico (continuo). Questo teorema rappresenta quindi il legame tra la teoria dei segnali continui e quella dei segnali discreti, discussa nel precedente capitolo. Non è facile risalire alle origini del teorema del campionamento per capire chi fornì il primo contributo nella direzione di questo importante risultato. Tra i grandi nomi che contribuirono in qualche forma a questo teorema, ci sono I. Kluvanek, che affermò che l origine del teorema del campionamento può essere difficilmente individuata, C.J. Baron de la Vallè Poussin, M. Theis e J. M. Whittaker (cfr. [10, 23, 25, 6, 1]). Ma i nomi che sicuramente hanno dato il contributo maggiore sono quelli di E.T. Whittaker, V.A. Kotelnikov e C.E. Shannon, tanto è vero che in letteratura questo risultato è spesso denotato con WKS-Sampling theorem. Edmund Taylor Whittaker ( ) era professore di Matematica all Università di Edimburgo (cfr. [24]), mentre Vladimir Aleksandrovich Kotelnikov ( ) era un ingegnere elettronico, professore e membro dell Accademia Russa delle Scienze, considerato uno dei fondatori della teoria dell informazione in Unione Sovietica. È stato il primo a scrivere in maniera rigorosa il teorema del campionamento in relazione alla trasmissione dei segnali (cfr. [16]). Fu anche uno dei pionieri dell uso 51

53 dei segnali nella modulazione e nelle comunicazioni. Ma la figura probabilmente più importante non solo in relazione al teorema del campionamento, ma anche per i contributi fondamentali nella teoria dell informazione, fu sicuramente quella di Shannon. Claude Elwood Shannon ( ) iniziò a studiare ingegneria elettronica e matematica all Università del Michigan nel 1932, dove conseguì due lauree triennali nel 1936, in matematica ed in ingegneria elettronica. Nella sua tesi di master conseguita nel 1938, dal titolo Un analisi simbolica dei relè e dei circuiti, dimostrò, utilizzando un circuito elettrico dotato di un interruttore, che il fluire di un segnale elettrico attraverso una rete di interruttori, che possono essere accesi/spenti, segue esattamente le regole dell algebra di Boole (con i due valori di verità, VERO e FALSO, della logica simbolica). Shannon pose così la base teorica dei sistemi di codificazione e trasmissione digitale dell informazione. Conseguì il dottorato di ricerca (PhD) al Massachusetts Institute of Technology nel 1940 e l anno dopo cominciò a lavorare ai laboratori Bell, alternandosi con l insegnamento al MIT a partire dagli anni 50. Durante la seconda guerra mondiale il Pentagono chiese a Shannon di realizzare delle ricerche sulla possibilità di guidare i missili. Nel 1948 Shannon pubblicò il saggio Una teoria matematica della comunicazione (cfr. [21]). In questo lavoro, dove si concentrava sul problema di ricostruire con un certo grado di certezza le informazioni trasmesse da un mittente, Shannon coniò la parola bit, per designare l unità elementare dell informazione. La sua teoria dell informazione pose le basi per progettare sistemi informatici partendo dal presupposto che l importante era cercare di memorizzare delle informazioni in modo da poterle anche trasferire e collegare tra loro. Nel 1949 Shannon pubblicò un altro notevole articolo, La teoria della comunicazione nei sistemi crittografici, con cui Shannon fondò la teoria matematica della crittografia. È riconosciuto come il padre del teorema del campionamento, che, come vedremo, studia la rappresentazione di un segnale continuo (analogico) mediante un insieme discreto di campioni a intervalli regolari (digitalizzazione). I suoi contributi scientifici e la figura di scienziato, lasciarono un tale impatto che attualmente esistono tre statue di Shannon, una all Università del Michigan, una al MIT ed una ai laboratori Bell, dove ha lavorato. Un altro nome importante è sicuramente quello di Nyquist ( ). A volte, forse anche erroneamente, questo nome viene affiancato a quello di Whittaker, Kotelnikov e Shannon, ma in verità il contributo di Nyquist è rel- 52

54 Figura 2.1: Claude Elwood Shannon ( ) ativo al minimo ordine di campionamento stabilito da questo teorema (cfr. [17, 18]). Risulta ormai assodato che il teorema del campionamento è stato introdotto nella letteratura ingegneristica da Shannon, il cui lavoro (cfr. [20]) fu teoricamente scritto nel 1940, ma fu pubblicato dopo la seconda guerra mondiale nel 1949, anche se incominciò a circolare negli Stati Uniti nel Succesivamente, nel 1950 nei paesi dell ovest si apprese la notizia, arrivata dalla Russia, che Kotelnikov aveva già pubblicato il Teorema del Campionamento nel 1933 (cfr. [16]). Altri contributi furono dati da Someya, Ogura, Weston, mentre contributi provenienti da ingegneri furono quelli di Bennet,Gabor e Raabe. Indipendentemente da tutti i vari contributi, sembra che gli unici ad avere realizzato l importanza dei loro risultati in connessione con il Teorema del Campionamento siano stati Kotelnikov e Shannon. In ogni caso, vista l impossibilità di elencare tutti gli scienziati che hanno contribuito, direttamente o no, a questo importante risultato, rimandiamo il lettore ai lavori di rassegna di Jerri ([15]), Butzer ([3]), Butzer-Nessel ([5], Butzer-Stens ([6]), Higgins ([12, 13]) e Stens ([22]). 53

55 2.2 Teorema del Campionamento Gli studi sulla teoria dell interpolazione portarono, come detto precedentemente, Whittaker, Kotel nikov e Shannon a formulare il celebre teorema del campionamento (WKS-Sampling Theorem). Denoteremo con C(R) la classe delle funzioni f : R R continue, con L 2 (R) la classe delle funzioni integrabili quadraticamente, cioè per cui risulta finito l integrale R f(x) 2 dx e con l 2 l insieme delle successioni (a k ) k Z per le quali la serie a k 2 risulta k Z convergente. Il teorema del campionamento afferma che, assegnata una funzione f L 2 (R) C(R), avente il supporto della trasformata di Fourier ˆf contenuto in un intervallo [ πw, πw ] per W > 0, (il che equivale a dire che la f è a banda limitata nell intervallo [ πw, πw ] per W > 0), è possibile ricostruire ( k ) su tutto l asse reale f dalla successione f dei suoi valori campionati, W tramite la seguente serie interpolante (cardinale): f(t) = + k= ( k ) f sinc[π(w t k)], t R. (2.1) W Tale interpolazione tiene conto del comportamento della funzione f solamente nei suoi valori campionati f, calcolati nei nodi per k Z, ( k ) k W W uniformemente spaziati sull intero asse reale (sampling regolare o uniforme). ( k ) L interpolazione è libera, nel senso che la successione f, appartenente W ad l 2, può essere un arbitraria successione {c k } k Z l 2. L assunzione che f sia a banda limitata assicura che f L 1 (R) e quindi sussiste la formula di inversione f(t) = 1 2π + f(λ)e iλt dλ = 1 2π +λ0 λ 0 f(λ)e iλt dλ, per ogni t R, dove supp f(λ) = [ λ 0, +λ 0 ]. Per dare una prova diretta del teorema del campionamento, è conveniente assumere che f L 1 (R). Sussiste quindi la seguente formulazione: 54

56 Teorema Sia f L 1 (R) a banda limitata, cioè ˆf(λ) = 0, λ > λ 0. Supponiamo che ˆf(λ) sia sviluppabile in serie di Fourier nell intervallo [ λ 0, λ 0 ] prolungando a tutto R la ˆf(λ) con periodicità 2λ 0. Sia T = π/λ 0. Per ogni t R risulta f(t) = n= f(nt ) sin(λ 0t nπ). λ 0 t nπ Dimostrazione. Scrivendo la serie di Fourier della f in forma complessa risulta: dove f(λ) = + n= A n e inπλ/λ 0, A n = 1 λ0 inπλ/λ f(λ)e 0 dλ, n Z. 2λ 0 λ 0 Sostituendo nella formula di inversione, otteniamo [ 1 λ0 + ] f(t) = A n e inπλ/λ 0 e iλt dλ 2π = = 1 2π 1 2π = λ 0 2 π λ 0 + n= + n= + n= n= A n λ0 λ 0 e i(λ 0t+nπ)λ/λ 0 dλ A n [ e i(λ 0 t+nπ)λ/λ 0 i(λ 0 t + nπ)1/λ 0 sin(λ 0 t + nπ) A n. λ 0 t + nπ Sempre dalla formula di inversione ponendo t = nt, n Z, si ha: ] λ0 λ 0 f n = f(nt ) = 1 2π λ0 λ 0 fe inλt dλ, mentre scrivendo i coefficienti di Fourier di f cambiando n in n si ottiene A n = 1 λ0 inπλ/λ fe 0 dλ. 2λ 0 λ 0 55

57 Scegliendo allora T = π/λ 0 si ha f n = Sostituendo nella serie otteniamo quindi 2 π λ 0A n. f(t) = n= f n sin(λ 0 t + nπ) λ 0 t + nπ = n= sin(λ 0 t nπ) f n, λ 0 t nπ cioè l asserto. Ponendo qui sinc(x) = { sin x x, x 0 1, x = 0 la formula espressa dal teorema di campionamento si scrive f(t) = n= f n sinc(λ 0 t nπ). Questa formula fornisce una rappresentazione di f(t) del tipo f(t) = n= f n ϕ n (t), dove f n = f(nt ) sono i valori campionati ugualmente spaziati sull asse reale e le funzioni ϕ n non dipendono da f. Si osservi che la scelta del valore di T è fondamentale perchè in tal caso è possibile ricostruire completamente f(t) a partire dai valori f n. Se invece T < π/λ 0 parte dell informazione disponibile è ridondante (oversampling), mentre se T > π/λ 0 le informazioni date sono insufficienti e si perviene ad un segnale diverso da f(t), cioè ad una distorsione del segnale stesso, come verrà sipegato più in dettaglio in seguito. Qui di seguito viene mostrata una ricostruzione di un segnale attraverso l algoritmo del campionamento, utilizzando MAPLE. 56

58 Figura 2.2: Grafico della funzione sinc(t) 57

59 Figura 2.3: Ricostruzione del segnale 58

60 2.3 Conseguenze e Applicazioni Kotel nikov pose la sua attenzione sul significato del teorema nell ambito della teoria delle comunicazioni. Infatti, considerando che nel linguaggio della teoria dei segnali, una funzione f appartenente ad L 2 (R) può essere rivista come un segnale ad energia finita e sapendo che il supporto della trasformata di Fourier denota lo spettro di f, il WKS-Sampling Theorem (formula (2.1)) può essere formulato nel linguaggio della teoria delle comunicazioni (trasmissione dell informazione) nella seguente maniera (cfr. [2]): Sia f un segnale ad energia finita su R, avente il supporto dello spettro contenuto in [ πw, πw ], il che significa che il segnale non può contenere frequenze più alte di W/2 cicli per secondo (Hertz). Inoltre supponiamo che il segnale abbia un certo canale di comunicazione. Per ricostruire il segnale all uscita del canale di comunicazione, è sufficiente trasmettere lungo questo ( k ) k canale solamente i valori f del segnale calcolati sui nodi W W. Quindi, più in dettaglio, nella formula (2.1) del teorema sampling, cioè: f(t) = + k= ( k ) f sinc[π(w t k)] t R, W t = 1 W denota l intervallo temporale tra i campioni, πw 2π = W 2 denota l ampiezza di banda di f, che è misurata in cicli per unità di tempo (Hertz) e R = 1 denota l ordine di campionamento (sampling rate), misurato in t campioni per unità di tempo. H. Nyquist mise in rilievo il significato dell intervallo (numero) 1 W nella telegrafia e Shannon lo chiamò intervallo di Nyquist corrispondente alla frequenza di banda [ πw, πw ]. L ordine di campionamento R, legato all intervallo di Nyquist, rappresenta un minimo teorico per la ricostruzione del segnale. Per essere più precisi, il teorema sampling costituisce un algoritmo che permette di rispondere alle due seguenti domande: 1. Quanti campioni sono necessar per assicurare che l informazione contenuta nel segnale venga preservata, durante il processo di ricostruzione? 59

61 Se il segnale contiene componenti di alte frequenze, è necessario campionarlo almeno due volte la massima frequenza del segnale per evitare perdite di informazione, cioè f s 2f H, dove f s è la frequenza sampling, f H è la più alta frequenza del segnale e f s = 2f H è la frequenza (ordine) di Nyquist. Campionare ad un ordine più alto di 2f H significa utilizzare una successione più fine di valori campione, e questo è il caso del cosiddetto sovracampionamento (oversampling). Nella pratica il sovracampionamento deve essere effettuato molto spesso, poichè un fattore correttivo deve essere introdotto per compensare il fatto che il campionamento e l interpolazione non possono coincidere con i corrispondenti valori teorici; questo è il caso del cosiddetto round-off error o errore di quantizzazione. Inoltre un altro errore temporale si presenta quando i campioni k non possono essere presi esattamente agli istanti temporali W ; questo errore è chiamato time-jitter error. Un esempio concreto di sovracampionamento è rappresentato dal un lettore di compact disk. Infatti considerando che la più alta frequenza udibile è approssimativamente intorno a cicli al secondo (Hertz), a seconda dell ascoltatore, in base alla teoria precedente un segnale audio deve essere campionato almeno volte al secondo per far sì che il segnale venga ricostruito completamente. L ordine di campionamento in un normale lettore di compact disk è di campioni al secondo. Un altro esempio è fornito da un telefono a trasmissione digitale della voce. Il segnale vocale per la telefonia è limitato a frequenze minori di 4.000Hz. In base a quanto prima detto, avremmo bisogno di campioni al secondo per ricostruire senza distorzioni il segnale vocale di 4.000Hz. Generalmente un campione si esprime con un byte. Un byte sono otto bits di dati binari, e quindi si hanno 64Kbps nel circuito. Altre volte capita di non avere a disposizione un numero ragionevole di valori campione per ricostruire il segnale completamente. Questo avviene quando non conosciamo il segnale originale, nel qual caso avremmo a disposizione quanti valori campione vogliamo (basta appunto campionarli), ma dobbiamo invece ricostruirlo dalle informazioni che abbiamo a disposizione del segnale (cioè dai suoi valori campione). In questo caso, cioè quando il numero di informazioni (valori campione) è scarso, la distanza tra i nodi è più grande dell intervallo di Nyquist ed abbiamo il cosiddetto sottocampionamento (undersampling). In questo 60

62 caso si presenta il fenomeno di aliasing e sostanzialmente ciò che succede è che le replicanti spettrali si sovrappongono. Oltre a questo, il teorema del campionamento permette anche di rispondere alla seguente domanda: 2. Dato un segnale, campionato ad un certo fissato ordine di campionamento, quali frequenze non devono essere contenute nel segnale al fine di preservare l informazione? Questa è la situazione (disuguaglianza) inversa rispetto a quella presentata nella prima domanda. La risposta è che un segnale campionato ad un fissato ordine di campionamento non può contenere componenti a frequenze superiori alla metà dell ordine di campionamento, cioè : f H fs, dove f 2 H è la frequenza più alta contenuta nel segnale e f s è la frequenza sampling. In altre parole, la più alta frequenza che può essere accuratamente rappresentata è la metà della frequenza sampling. Quindi il teorema sampling fornisce un limite superiore per la più alta frequenza f H. Spieghiamolo con un esempio: supponiamo di utilizzare un CD-rom con un fissato ordine di campionamento di 44.1KHz. Nyquist afferma che la più alta frequenza che può essere riprodotta da questo campionamento è di 22.05KHz. Infatti le frequenze superiori a 22.05KHz producono aliasing. Per evitare questo, può essere utilizzato un filtro passa basso per bloccare le frequenze superiori a 22.05KHz. È importante notare che l aliasing può essere prodotto sia da segnali campionati non correttamente (con un numero di campioni non sufficiente) che da frequenze troppo alte del segnale aventi un fissato ordine di campionamento. Per una più completa trattazione del sottocampionamento e del fenomeno di aliasing con applicazioni alle immagini, si veda il Capitolo 3. È inoltre importante osservare che il teorema del campionamento, oltre alle evidenti applicazioni nella teoria dell informazione e della comunicazione, come messo sopra in evidenza, presenta diverse e significative applicazioni nel campo della medicina, attraverso la ricostruzione di immagini. Per fare questo è necessario lavorare in un contesto multidimensionale e questo è ciò che verrà fatto nel capitolo successivo. 61

63 Capitolo 3 Ricostruzione di Immagini 3.1 Nozioni base delle immagini digitali In questo capitolo tratteremo la ricostruzione pratica di segnali attraverso la ricostruzione di immagini, tramite il campionamento. Come si vedrà più avanti, porremo la nostra attenzione anche su immagini biomediche, perchè le tecniche e i metodi utilizzati per creare immagini del corpo umano per scopi clinici sono basati su algoritmi di campionamento. Esamineremo l effetto del sottocampionamento in immagini reali e capiremo così l importanza del teorema del campionamento nella elaborazione di immagini. Al fine di mostrare questi risultati pratici, è necessario dare qualche nozione basilare sulle immagini. Inizieremo con la seguente definizione. Definizione Un immagine è una rappresentazione grafica di valori numerici. In dettaglio un immagine è una funzione bi-dimensionale f(x, y), dove le variabili (spaziali) x e y sono valori reali che definiscono la posizione dei punti nell immagine e f(x, y) è in genere un valore reale che definisce l intensità dell immagine nel punto (x, y). Inoltre una immagine a scala di grigi è rappresentata da una funzione scalare bi-dimensionale, mentre una immagine a colori è rappresentata da una funzione vettoriale bi-dimensionale: F (x, y) = [f 1 (x, y), f 2 (x, y), f 3 (x, y)] dove ogni componente è chiamato canale. Considerando che le scene sono immagini dinamiche, queste sono rappresentate da funzioni tri-dimensionali 62

64 in quanto è necessario aggiungere il tempo come terza variabile. Così le scene a toni di grigio sono rappresentate da funzioni scalari tri-dimensionali f(x, y, t), mentre le scene a colori da funzioni vettoriali tri-dimensionali: F (x, y, t) = [f 1 (x, y, t), f 2 (x, y, t), f 3 (x, y, t)]. Tutte le tipologie di immagini analogiche consistono in un infinito numero di valori disposti in maniera irregolare (non uniforme) e sono rappresentate da funzioni continue. Il calcolatore lavora invece solo con segnali discreti e quindi con immagini discrete e necessita di successioni di valori campione aventi precisione finita, che costituiscono appunto le immagini digitali. Al fine di risolvere il problema della discretizzazione, diamo una prima definizione delle immagini digitali che verrà successivamente completata dopo la descrizione del processo di quantizzazione. Ricordando la definizione di immagine analogica, una immagine digitale è la rappresentazione di una immagine bi-dimensionale come un insieme di valori finiti disposti su tutto lo spazio immagine. Discretizzare un immagine, significa passare da una immagine analogica ad una digitale. Questo processo implica due distinti momenti: campionamento (sampling) e quantizzazione (quantization). Il campionamento costituisce la discretizzazione del dominio dell immmagine. Ad esempio, per un immagine tri-dimensionale f(x, y, t), è necessario un campionamento spaziale ed uno temporale, cioè tutte le variabili indipendenti devono essere discretizzate. Per fare questo è necessario fissare un ordine di campionamento (sampling rate) per ogni variabile, cioè fissare la distanza tra due campioni consecutivi in ogni variabile. Dal teorema del campionamento di Shannon e dalla teoria di Nyquist, è possibile definire in maniera appropriata x, y, t come gli intervalli fissati tra i campioni. Consideriamo la funzione campionante s c (x, y, t); questa prende i campioni dal segnale continuo con un comportamento pulsante ed è definita come segue: M N T s c (x, y, t) = δ(x j x, y k y, t h t), J=1 k=1 h=1 dove δ è la delta di Dirac. Lo scopo della funzione s c (x, y, t) è di prelevare i valori campione dal segnale continuo di partenza e pertanto ha un caratteristico andamento pulsante. 63

65 Il segnale campionato diventa: f c (x, y, t) = f(x, y, t)s c (x, y, t) M N T = f(x, y, t) δ(x j x, y k y, t h t) J=1 k=1 h=1 dove f(x, y, t) è l immagine analogica. (3.1) Osservazioni 1. Assumendo s c (x, y, t) come una funzione periodica di periodo costante, il campionamento prima descritto è uniforme (regolare). 2. Il teorema sampling è fondamentale per fornire i giusti intervalli di campionamento in (3.1). Infatti, se solo uno di questi è troppo alto, che è come dire che l ordine di campionamento è troppo basso, allora la (3.1) produce aliasing. A questo proposito faremo uno studio attento del teorema del campionamento per immagini e del fenomeno di aliasing, dopo la definizione di una immagine digitale. 3. I valori campionati (sampled values) ottenuti da ogni variabile, sono rappresentati con una matrice tri-dimensionale, avente dimensione M N T. Naturalmente per avere una completa discretizzazione dell immagine, non è sufficiente solo operare una discretizzazione nel dominio, ma bisogna farla anche nell insieme immagine (insieme dei valori). Questo è il secondo step nel campionamento di una immagine, chiamato quantizzazione. La quantizzazione consente di avere valori immagine discreti che corrispondono ai valori 64

66 discreti delle variabili spaziali e temporali. Per le immagini in toni di grigio si parla di grey level quantization, mentre per le immagini a colori si parla di color depth, in riferimento al numero di bit utilizzati per ciascun canale di colore (8, 16, 24, 32 bit). Così, tramite il campionamento e la quantizzazione è ora possibile definire una immagine digitale come segue: Definizione Una immagine digitale è una rappresentazione di matrici di elementi immagine, detti anche pixel (pixel= picture elements). Il pixel costituisce la componente elementare della matrice, dove gli indici di riga e colonna indicano i valori delle due variabili spaziali, cioè la posizione di un punto nell immagine. Inoltre ogni elemento della matrice contiene i valori che rappresentano l intensità dei corrispondenti punti nell immagine, anche detta luminanza. Poichè il pixel è la componente elementare dell immagine, si può concludere che i suoi valori definiscono una certa intensità che dipende dal tipo di immagine. Mentre immagini in bianco e nero sono immagini binarie (zero per il nero e uno per il bianco), una immagine a scala di grigi è una matrice dove le intensità variano all interno di un certo range di valori che definisce la scala dei livelli di grigio. Una immagine a colori è invece una immagine dove ogni pixel è specificato da tre componenti: una per il rosso, una per il blu ed una per il verde. Nella Sezione introdurremo gli spazi di colore. 3.2 Teorema del Campionamento per Immagini Come già anticipato all inizio di questa sezione, siamo interessati nello studiare l importanza del teorema del campionamento nella ricostruzione di immagini digitali e quindi daremo una formulazione del Teorema del campionamento nel caso bi-dimensionale delle immagini. A questo fine, consideriamo di nuovo la (3.1) dove f(x, y) è una immagine continua (analogica). Come già osservato, in un perfetto sistema campionante, i valori spaziali dell immagine continua dovrebbero essere ottenuti moltiplicando l immagine con una funzione spaziale campionante: s c (x, y) = + + J= k= 65 δ(x j x, y k y)

67 composta da un vettore infinito di funzioni delta di Dirac disposte in una griglia di intervalli spaziali ( x, y). In questa maniera l immagine campionata è rappresentata da: f c (x, y) = f(x, y)s c (x, y) = f(x, y) + + J= k= δ(x j x, y k y). È possibile provare una relazione tra lo spettro dell immagine campionata ˆf c e lo spettro del segnale continuo ˆf. In base a questa considerazione è importante assumere che lo spettro del segnale continuo sia a banda limitata, cioè ˆf(ω x, ω y ) = 0, per ω x > ω x e ω y > ω y, dove ω x e ω y definiscono la banda rettangolare dell immagine. Così lo spettro dell immagine campionata consiste nello spettro dell immagine continua infinitamente ( ripetuta nel piano delle frequenze, in una griglia di risoluzione 2π x, 2π ) ( 2π, dove y x, 2π ) = (ω xc, ω yc ) sono le frequenze sampling. y È bene osservare che se x e y sono troppo grandi rispetto ai limiti della frequenza spaziale di ˆf(ω x, ω y ), allora i singoli spettri si sovrapporranno (aliasing). Se non c è sovrapposizione di spettri, allora un immagine continua può essere ottenuta dai campioni di f c (x, y) attraverso una interpolazione spaziale lineare ed un filtraggio lineare spaziale dell immagine campionata che elimina (filtra) tutte le frequenze indesiderate. Queste sono le due situazioni che ci siamo posti nel Capitolo 2. In particolare analizzeremo la prima situazione e cioè quella di formulare il teorema del campionamento bi-dimensionale. La condizione che garantisce che gli spettri non si sovrappongano, per una immagine a banda limitata, è ottenuta se il periodo di campionamento è scelto in maniera tale che le frequenze dell immagine appartengano ad una regione rettangolare definita dalla metà dell ordine di campionamento (frequenza sampling). Quindi la frequenza sampling (ordine di campionamento) è almeno uguale a due volte la massima frequenza di f, cioè ω xc 2ω x e ω yc 2ω y o equivalentemente 1 x 2ω 1 x e y 2ω y. (3.2) Questo significa che il periodo di campionamento deve essere uguale o più piccolo della metà del periodo del più fine dettaglio dell immagine. Questa 66

68 condizione di campionamento è equivalente a quella uni-dimensionale che richiede che un segnale che evolve nel tempo deve essere campionato ad un ordine che sia almeno il doppio della più alta componente di frequenza. Se nella (3.2) vale l uguaglianza, allora si dice che l immagine è campionata alla sua frequenza di Nyquist; se x e y sono più piccoli del richiesto citerio di Nyquist, l immagine risulta sovracampionata. Nel caso contrario, l immagine risulta sottocampionata. Con le nozioni appena introdotte, è possibile formulare il seguente teorema del campionamento per immagini. Teorema Sia f(x, y) una immagine a banda limitata e ad energia finita, soddisfacente quindi la condizione ˆf(ω x, ω y ) = 0, per ω x > ω x e ω y > ω y ; se f è uniformemente campionata in una griglia rettangolare con intervalli spaziali x, y, allora la f può essere ricostruita dai suoi valori campione f(j x, k y) a condizione che l ordine di campionamento sia più grande dell ordine di Nyquist, cioè ω xc 2ω x ω yc 2ω y. Inoltre, l immagine ricostruita è data dalla seguente formula di interpolazione: f(x, y) = + + j= k= ( sin(xωxc j)π f(j x, k y) (xω xc j)π 3.3 Fenomeno di aliasing )( sin(yωyc k)π ). (yω yc k)π Risulta quindi evidente che per ottenere la ricostruzione di una immagine, è necessario limitare in banda l immagine che deve essere campionata, campionando spazialmente l immagine all ordine di campionamento di Nyquist o più grande e interpolando appropriatamente i valori immagine. Se c è sovrapposizione di spettri, risultante dal sottocampionamento, vuol dire che componenti spettrali spurie sono state introdotte nel processo di ricostruzione. L effetto che si ottiene è chiamato aliasing. L effetto aliasing nelle immagini è mostrato nelle Figure 3.1 e 3.2. L aliasing deriva dal sottocampionamento e causa perdita di risoluzione dell immagine campionata. Infatti la risoluzione dell immagine, che verrà esaminata in dettaglio in seguito, dipende dal campionamento, e precisamente dal numero dei campioni per unità di area (immagine). Così l aliasing, che significa campionare con pochi campioni, produce il tipico effetto scacchiera (Figura 3.2). 67

69 Figura 3.1: Immagine originale e immagine con aliasing. Figura 3.2: Immagine originale e immagine con effetto scacchiera (sottocampionata) 68

70 Aliasing è la presenza di componenti spettrali (frequenze) indesiderate nella ricostruzione dell immagine, componenti che non erano presenti quando l immagine originale era stata campionata. In aggiunta, alcune delle frequenze presenti nell immmagine originale possono essere perse nell immagine ricostruita. Quando viene considerato un fissato campionamento, a volte le frequenze più alte di un immagine sono semplicemente rumore o non contengono informazioni significative. Per prevenire aliasing di queste componenti, è possibile filtrarle via (eliminarle) prima di campionare il segnale. Eliminare certe frequenze e lasciare passare le basse frequenze, è una operazione nota come il filtraggio passa-basso. Ogni attenuazione relativa a questo processo di filtraggio rappresenta una perdita di risoluzione dell immagine campionata. Come risultato è evidente che da un lato c è una perdita della risoluzione dell immagine campionata ma dall altro c è una attenuazione dell aliasing error. Per i lettori interessati ai concetti esposti in questa sezione, cfr. [18, 7, 14, 19, 11, 8, 9]. 3.4 Risoluzione La risoluzione è un indice del grado di qualità dell immagine: più precisamente essa misura il grado di oggetti distinguibili all interno dell immagine. Esistono i seguenti tipi di risoluzione: 1. Risoluzione spaziale: essa indica la densità dei campioni, ovvero è data dal numero di campioni per unità di area. Spesso è espressa come numero di pixel nell unità di lunghezza e viene misurata in pixel per pollice (ppi). Un immagine ad alta risoluzione contiene più pixel, che di conseguenza sono più piccoli, rispetto ad una immagine delle stesse dimensioni con una risoluzione inferiore. Ad esempio un immagine di un centimetro per un centimetro con una risoluzione di 72 ppi contiene complessivamente 5184 pixel (72 pixel in larghezza per 72 pixel in lunghezza). La stessa immagine di 1 centimetro quadrato a 300 ppi conterrebbe pixel. Un immagine ad alta risoluzione è in grado di riprodurre un maggior numero di dettagli, quindi particolari e transizioni di colori più dettagliati. D altra parte, una risoluzione elevata comporta un aumento considerevole della dimensione (quantità di dati) dell immagine. 2. Risoluzione spettrale: indica la banda passante del sensore. 69

71 3. Risoluzione radiometrica: indica il numero di livelli di quantizzazione. 4. Risoluzione temporale: indica la frequenza di acquisizione dei frames di un immagine in movimento. Vediamo ora con un esempio quali sono gli effetti della diminuzione di risoluzione. L immagine originale da cui partiremo è la foto di Lenna: si tratta di un immagine universalmente utilizzata per testare algoritmi di analisi, elaborazione e ricostruzione delle immagini, grazie alle sue ottime caratteristiche spettrali e di colori. Alteriamo ora i vari tipi di risoluzione: l immagine presenterà di volta in volta un diverso tipo di distorsione. 1. Risoluzione spaziale: Con una diminuzione della risoluzione spaziale si ottiene il tipico effetto quadrettato, detto anche a scacchiera, dovuto all aliasing, a causa della mancanza di campioni. Nell esempio seguente la risoluzione spaziale è stata diminuita di un quarto: 70

72 2. Risoluzione spettrale: Diminuiamo ora la banda passante del sensore di acquisizione dell immagine; ciò che si ottiene è un immagine più sfocata, in quanto i dettagli ad alta frequenza spaziale vanno persi: 3. Risoluzione radiometrica: Diminuendo la profondità di colore, si distinguono in maniera più marcata i passaggi da un colore ad un altro; essi risultano pertanto sempre più accentuati e meno graduali, fino a produrre dei falsi contorni: 71

73 3.4.1 Immagini in bianco e nero e immagini a colori Un immagine in bianco e nero (b/w) è caratterizzata da una rappresentazione binaria, ovvero la funzione che la rappresenta in ogni punto (x, y) può assumere solo due valori: 0 e 1. In genere, ad 1 si associa il bianco, mentre a 0 il nero. Per rappresentare un immagine a colori è necessario invece ricorrere ad una funzione vettoriale, come già anticipato. Un colore infatti può essere sempre decomposto come somma dei tre colori fondamentali (rosso, verde, blu), ciascuno preso con un opportuna intensità. Un immagine a colori può essere quindi rappresentata da una funzione f : R 2 R 3 del tipo f(x, y) = [R(x, y), G(x, y), B(x, y)]. Questo tipo di rappresentazione viene detta RGB (Red,Green, Blue). 72

74 Lo spazio RGB dunque non è altro che uno spazio cartesiano, con tre assi ortogonali. Il colore di ciascun pixel viene rappresentato da un vettore tridimensionale [R(x, y), G(x, y), B(x, y)] nello spazio RGB; ogni componente indica la quantità di rosso, verde e blu, rispettivamente, necessari ad ottenere quel particolare colore. In base alla RGB, un immagine a colori viene rappresentata da una terna di matrici, ognuna delle quali contiene i valori relativi ad un canale di colore. Osserviamo che ogni canale, preso a sè, non è altro che un immagine a toni di grigio. Oltre alla RGB esistono anche altri tipi di rappresentazioni, le quali tuttavia possono essere in genere derivate da essa. Una di queste è la cosiddetta rappresentazione HSV. A differenza dello spazio RGB, lo spazio HSV ha un sistema di coordinate cilindrico e il modello HSV è definito come un cono all interno del cilindro, ovvero con due assi ortogonali e la terza dimensione rappresentata da un angolo di rotazione intorno ad uno dei due assi. L altezza del cono rappresenta la luminosità (Value), ovvero la brillantezza del colore, con valori da 0, che rappresenta il nero, a 1, che rappresenta il bianco. La saturazione (Saturation), indice dell intensità e della purezza del colore, va da 0 (sull asse del cono) a 1 (sulla 73

75 superficie del cono). Infine la terza coordinata, quella polare, rappresenta la tonalità di colore (Hue) e viene misurata da un angolo intorno all asse verticale, con il rosso a 0 gradi, il verde a 120 e il blu a 240. Figura 3.3: Spazio HSV 3.5 Immagini a toni di grigio Come abbiamo già visto nella Sezione 3.1, un immagine a toni di grigio può essere rappresentata tramite una matrice le cui entrate sono numeri interi, cioè i valori che la funzione f assume in ogni punto (x, y). In questo caso il processo di digitalizzazione richiede una scelta ben precisa sulla dimensione dell immagine e sul numero dei livelli di grigio. In genere, si assume per convenzione che i livelli di grigio siano discreti ed egualmente spaziati in un intervallo ben definito di valori, che normalmente è tra 0 e 255: esistono allora un massimo di 256 livelli di grigio. La funzione f(x, y) può essere rappresentata come una superficie nello spazio, facendo corrispondere ad ogni valore di f un valore sull asse z. 74

76 3.5.1 Elaborazione delle immagini L elaborazione delle immagini è una disciplina che prevede l utilizzo di algoritmi per modificare un immagine digitale. Tali algoritmi operano sui pixel che compongono l immagine e, applicando trasformazioni numeriche, restituiscono un immagine modificata. Le tecniche di elaborazione delle immagini hanno vari scopi, fra cui: 1. il miglioramento della qualità dell immagine (image enhancement); 2. il ripristino della qualità dell immagine (image restoration); 3. l estrazione di informazioni sul contenuto dell immagine (image analysis). L image analysis, in particolare, è una parte fondamentale della computer vision e precede l image recognition. Essa può richiedere elaborazioni differenti a seconda del tipo di informazione che si vuole estrarre. Esistono diversi tipi di elaborazione: tra queste, le elaborazioni nel dominio spaziale, nel dominio delle frequenze, con riduzione dei dati tra ingresso e uscita (compressione), etc. Un elaborazione nel dominio spaziale, ad esempio, può essere espressa come g(x, y) = T (f(x, y)), dove f è l immagine di ingresso, g quella di uscita e T un operatore su f, definito in un intorno di (x, y) (vedi anche la Sezione 1.7.7). La natura dell intorno preso in esame definisce il tipo di elaborazione: si possono distinguere, in particolare, le elaborazioni puntuali, locali e globali. Le elaborazioni puntuali hanno la caratteristica di trasformare il valore di un pixel sulla base del valore del pixel stesso, mentre quelle locali lavorano 75

77 sulla base dei valori assunti dai pixel in un intorno di quello preso in esame. Le elaborazioni globali, infine, trasformano il valore di un pixel sulla base dei valori assunti da tutti i pixel che compongono l immagine. Un elaborazione puntuale si dice omogenea se il risultato dipende solo dal valore del pixel a cui è applicata: tali elaborazioni sono anche dette manipolazioni della scala dei grigi. Se invece il risultato dell elaborazione dipende anche dalla posizione del pixel nell immagine, si parla allora di elaborazioni puntuali non omogenee. Un elaborazione puntuale omogenea può essere rappresentata da una trasformazione dei livelli di grigio della forma s = T (r) dove r è il livello di grigio dell immagine di ingresso, mentre s rappresenta il livello di grigio dell immagine in uscita dall elaborazione. In base al tipo di funzione T si ottiene ovviamente un tipo diverso di trasformazione: a gradino (threshold), a rampa, lineare a tratti, etc. A titolo di esempio, consideriamo una funzione T a gradino, ottenendo così una elaborazione threshold (soglia). Tale elaborazione produce ad esempio come immagine di uscita un immagine binaria: infatti, essa fa sì che i valori dei pixel che non superano la soglia fissata venga portato a 0, mentre i valori dei pixel che superano la soglia sia posto pari a 1. Questa elaborazione è un tipico esempio di binarizzazione. Si può ottenere una binarizzazione anche scegliendo una qualsiasi altra funzione di discriminazione: nell esempio di sopra la soglia è costante in tutta l immagine, ma si possono ottenere anche elaborazioni più complesse. 76

78 Le elaborazioni puntuali, in generale, non sono invertibili, e comportano pertanto una perdita di informazione. Un esempio di elaborazione puntuale invertibile è invece l inversione della scala dei grigi o negazione (in senso fotografico) dell immagine, data dalla funzione T (r) = 255 r Modelli delle immagini In base al tipo di elaborazione che si vuole effettuare, può essere conveniente adottare diversi modelli per le immagini: in particolare, si può assumere un modello deterministico o un modello probabilistico. Il modello probabilistico, a sua volta, lo si può assumere per quanto riguarda i pixel, prevedendo cioè che il valore dei pixel sia visto come una variabile aleatoria, oppure sull immagine, riguardando cioè l immagine stessa come un processo stocastico. Modello probabilistico per i pixel. Istogramma dei toni di grigio Nel modello probabilistico per i pixel, i valori assunti nei vari pixel (N M) di un immagine vengono considerati come i valori assunti da una variabile aleatoria in una successione di N M esperimenti. In base a questa modellizzazione è dunque possibile analizzare ed elaborare l immagine utilizzando gli strumenti del calcolo delle probabilità e del calcolo stocastico. Un esempio di questo processo è l equalizzazione dell istogramma. 77

79 L istogramma dei toni di grigio di un immagine, detto anche brevemente istogramma, si ottiene contando, per ogni valore del codominio dell immagine, che è lo spazio di tutti i valori che possono essere assunti dai pixel, il numero di volte che tale valore compare nell immagine. Il grafico che si ricava è un istogramma, ovvero un grafico a barre dove l asse delle ascisse è suddiviso in tanti punti quanti sono i possibili toni di grigio dell immagine. Ad esempio, se consideriamo un immagine a 256 toni di grigio, l asse orizzontale verrà suddiviso in 256 parti, in quanto il codominio dell immagine sarà formato da tutti i numeri interi da 0 a 255. In termini probabilistici, l istogramma rappresenta la distribuzione di probabilità della variabile aleatoria r che indica il valore di grigio di un pixel. Osserviamo che, in base alla definizione di distribuzione, l istogramma andrebbe normalizzato rispetto al numero di pixel dell immagine, in modo da assumere valori tra 0 e 1. Se i possibili toni di grigio sono r k, con k = 0,..., 255, allora l altezza della barra in r k è pari alla frequenza relativa di r k, ovvero p(r k ) = n k n, dove n k è il numero di pixel in cui viene assunto il tono di grigio r k, mentre n è il numero totale dei pixel dell immagine. Figura 3.4: Immagine originale e relativo istogramma L istogramma fornisce una raffigurazione sintetica del contenuto cromatico o di luminosità dell immagine, per cui l andamento dell istogramma fornisce una descrizione della qualità dell immagine. Ad esempio, se l immagine 78

80 è troppo scura, la distribuzione è fortemente concentrata su toni bassi di grigio; al contrario, un immagine troppo chiara presenterà un istogramma principalmente concentrato sui toni chiari di grigio. Ancora, se un immagine presenta un contrasto molto elevato significa che il rapporto tra il valore massimo di grigio ed il valore minimo è piuttosto alto, pertanto la distribuzione sarà concentrata su valori vicini a 0 e vicini a

81 Trasformazioni dell istogramma Negli esempi visti, le caratteristiche della distribuzione dei toni di grigio nell immagine non sono ottimali: è consigliabile in questi casi applicare all istogramma opportune trasformazioni, le quali sono in genere basate su dei sistemi stocastici. Una di queste trasformazioni viene detta equalizzazione dell istogramma ed ha lo scopo di uniformare l istogramma dell immagine lungo tutto il suo dominio. Con l equalizzazione, si ottiene un nuovo istogramma in cui il numero di pixel per ogni tono di grigio è il più possibile costante. Il risultato di questa operazione, in genere, è una attenuazione del contrasto dell immagine. Un altro intervento sull istogramma è lo shift dell istogramma. Ques- 80

82 ta operazione consiste nel traslare i valori dell istogramma, con l effetto di scurire o schiarire un immagine. Supponiamo ora di avere un immagine il cui istogramma presenta dei picchi piuttosto ravvicinati, ovvero i toni di grigio si concentrano su livelli molto vicini, provocando un immagine piuttosto uniforme. Volendo migliorare l immagine si potrebbe pensare di sfruttare l intero intervallo dei possibili valori. Si puo in questo caso ricorrere ad uno stretching dell istogramma: tale operazione consiste in uno stiramento dell istogramma, in modo da distanziarne i picchi. Il risultato di questa operazione e in genere un aumento di contrasto. 81

83 3.5.3 Il rumore Per rumore si intende l insieme dei segnali indesiderati che si sovrappongono al segnale utile oggetto di studio, ad esempio un immagine, causandone una degenerazione. Si possono avere diverse forme di degrado tra cui, ad esempio: 1. il rumore di quantizzazione; 2. il rumore introdotto da condizioni esterne; 3. il rumore introdotto dal sensore; 4. il rumore introdotto dai dispositivi di amplificazione/condizionamento del segnale. Il rumore puo essere distinto in base alle sue cause: in particolare si distingue tra rumore indipendente dal segnale e dipendente dal segnale. In quest ultimo caso la relazione tra il segnale corrotto, cioe affetto da rumore, e quello originale e nonlineare. Se il rumore e indipendente dal segnale, cosa che avviene nella maggior parte dei casi, la funzione che descrive il segnale (corrotto) diventa f (x, y) = g(x, y) + v(x, y), dove g(x, y) e il segnale in oggetto e v(x, y) rappresenta il rumore, in questo caso additivo. Se invece l intensita del rumore dipende dal segnale e se esso e molto piu grande del segnale, allora si ha f (x, y) = g(x, y) + v(x, y)g(x, y) = g(x, y)(1 + v(x, y)) g(x, y)v(x, y); 82

84 in questo caso il rumore è moltiplicativo. Essendo di natura intrinsecamente stocastica, il rumore viene in genere analizzato usando la teoria dei processi stocastici e viene caratterizzato in base alla sua distribuzione ed alla sua distribuzione spettrale. La distribuzione del rumore descrive la probabilità che il rumore assuma certi valori di intensità. La distribuzione spettrale del rumore, invece, ha a che fare con l energia ad esso associata, al variare della frequenza. Per poter caratterizzare e studiare il rumore in un immagine si fanno in genere delle ipotesi semplificative, in modo che il rumore abbia una qualche distribuzione di probabilità: si costruisce in questo modo un modello del rumore. Una modellizzazione tipica prevede che lo spettro abbia distribuzione uniforme (rumore bianco) e che il rumore abbia distribuzione gaussiana, cioè (r µ) 2 p(r) = 1 σ 2π e 2σ 2, dove µ è il valor medio e σ la deviazione standard. Nel caso in cui il rumore abbia distribuzione spaziale uniforme nell immagine si parla di rumore salt and pepper (sale e pepe) e si tratta di un rumore di tipo impulsivo. Il rumore salt and pepper agisce corrompendo in maniera casuale i pixel dell immagine, portandone il valore a 0 (valore minimo) oppure a 255 (valore massimo). Ovviamente questo tipo di rumore, pur essendo additivo, non è lineare Filtri Il rumore può essere corretto applicando opportune trasformazioni ai pixel dell immagine, ovvero applicando dei filtri. Per ogni tipo di rumore esiste un tipo di filtraggio differente, che risulterà il più adatto ad attenuare o eliminare quel particolare rumore. In genere, la scelta del filtro dipende dalla linearità o meno della relazione fra l immagine corrotta e quella originale. Inoltre, è possibile combinare più filtri, in modo da avere effetti più complessi. I filtri maggiormente utilizzati per la rimozione del rumore sono i cosiddetti filtri di smoothing, i quali eliminano picchi e increspature (passa-basso). Il tipo più semplice di filtro di smoothing è il filtro medio, il quale agisce 83

85 sostituendo il valore di ogni prefissato pixel con il valor medio dei pixel contenuti in un suo intorno di dimensioni fissate. Un altro filtro di smoothing è il filtro gaussiano. Il filtro gaussiano agisce sostituendo al valore del pixel la media pesata dei valori dei pixel in un suo intorno. I pesi sono distribuiti secondo una funzione gaussiana e più la curva gaussiana risulta ampia, maggiore sarà l effetto di smoothing del filtro. Il filtro medio e quello gaussiano sono filtri lineari, e pertanto non sono efficaci su rumori non lineari. Ad esempio, il rumore impulsivo non può essere corretto con i filtri appena visti: esso può essere trattato invece efficacemente con il filtro mediano, il quale è non lineare. Il filtro mediano agisce sostituendo al valore di ogni prefissato pixel la mediana dei valori dei pixel nell intorno fissato. Ricordiamo che, per trovare la mediana, dopo aver ordinato i valori dei pixel dell intorno, si sceglie il valore centrale della lista ordinata. Come si può vedere nell esempio seguente, il filtro mediano risulta particolarmente adatto a correggere il rumore salt and pepper, a differenza del filtro medio, che non risulta invece particolarmente efficace. Figura 3.5: Immagine originale, immagine corrotta da rumore salt and pepper e immagine filtrata con filtro medio 84

86 Figura 3.6: Immagine originale, immagine corrotta da rumore salt and pepper e immagine filtrata con filtro mediano Il filtro medio è invece molto utilizzato ad esempio per correggere il rumore gaussiano. Figura 3.7: Immagine originale, immagine corrotta da rumore gaussiano e immagine filtrata con filtro medio Naturalmente esistono moltissimi altri tipi di filtro: quelli visti sono esempi di filtri di miglioramento dell immagine, ma ve ne sono altri che creano degli effetti artistici, oppure che evidenziano alcune caratteristiche dell immagine. Ad esempio, consideriamo un filtro che agisce applicando all immagine 85

87 una maschera del tipo : tale filtro, detto di sharpening, ha l effetto di evidenziare soltanto i bordi dell immagine. Figura 3.8: Immagine originale e immagine filtrata con filtro di sharpening Osserviamo infine che, per avere una valutazione numerica dell entità del rumore associato ad una data immagine si può ricorrere al cosiddetto rapporto segnale-rumore (Signal Noise Ratio - SNR), definito come f 2 (x, y) SNR = (x,y) v 2 (x, y), (x,y) dove f(x, y) è l intensità del pixel (x, y) dell immagine (già corrotta dal rumore), v(x, y) è il rumore e le sommatorie sono al variare di tutti i pixel (x, y) dell immagine. 3.6 Compressione di immagini e video La creazione di un immagine digitale con i metodi che abbiamo visto (campionamento, quantizzazione) comporta la generazione di una enorme quantità 86

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