L Iva all importazione non è la stessa imposta dell Iva interna di Sara Armella
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- Annalisa Giovannini
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1 L Iva all importazione non è la stessa imposta dell Iva interna di Sara Armella La sentenza n del della Corte di cassazione è parte di un gruppo di recenti sentenze 2, le prime a intervenire nella controversa materia degli accertamenti riguardanti l utilizzo dei depositi IVA, istituto oggetto di frequente utilizzo da parte degli importatori. Per comprendere la funzione dell istituto, occorre ricordare che le merci provenienti da Paesi extracomunitari sono soggette a un duplice regime tributario, rappresentato dall immissione in libera pratica e dall immissione in consumo. L immissione in libera pratica si realizza mediante l assolvimento delle procedure doganali e il pagamento dei dazi doganali: attraverso tali adempimenti, i prodotti esteri acquisiscono lo status di merce che può circolare liberamente all interno dell Unione europea. La seconda imposizione è rappresentata dalle misure di fiscalità interna, riscosse in dipendenza dell immissione in consumo della merce all interno del territorio nazionale (IVA, accise); soltanto con l assolvimento dell IVA, il bene estero, già immesso in libera pratica, può essere inserito nel circuito commerciale nazionale. Con l assolvimento dell IVA all atto dell importazione, con le stesse aliquote previste per le cessioni dei medesimi beni nel territorio dello Stato, viene garantita la neutralità dell onere fiscale sugli scambi rispetto alla provenienza dei beni da un territorio situato al di fuori della Comunità ovvero all interno dello Stato, in attuazione del principio di tassazione nel Paese di destinazione 3. Immissione in libera pratica e immissione al consumo rappresentano, pertanto, istituti diversi tra loro, che assolvono funzioni tra loro differenti. Con l assolvimento dei dazi doganali, la merce di provenienza extra-europea viene assimilata a quella prodotta all interno dell Unione europea, mentre con l assolvimento dell IVA tali prodotti ricevono la medesima imposizione sui consumi cui sono soggetti i prodotti realizzati nel territorio nazionale. Il deposito Iva e i suoi meccanismi È possibile che determinati prodotti rappresentino oggetto soltanto di immissione in libera pratica (assolvimento dei dazi doganali), ma non di importazione definitiva (assolvimento anche dell IVA). Ciò accade ogniqualvolta la merce sia introdotta nel territorio doganale attraverso uno Stato diverso da 1 Per il testo della sentenza cfr. pag Cass., 19 maggio 2010, nn e 12275; Id., 21 maggio 2010, nn e 12579, tutte in Banca Dati BIG, IPSOA. 3 F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, vol. II, Torino, V ed., pag. 232; A. Fantozzi, Il diritto tributario, Torino, III Ed., pag. 949.
2 2 quello in cui la si intende immettere al consumo. In tale ipotesi, i beni sono immessi in libera pratica in un Paese membro 4, per essere spediti in altro Paese comunitario e resteranno in sospensione dell IVA fino alla loro destinazione nell altro Stato membro. In questa ipotesi, le procedure doganali sono espletate solo una volta, ma con il vantaggio di non dovere anticipare finanziariamente il versamento dell IVA in Dogana al momento delle operazioni di sdoganamento. Il successivo inoltro a destino della merce, infatti, è assimilato a una cessione intracomunitaria, per cui l IVA verrà assolta nel Paese di immissione al consumo, mediante il meccanismo dell inversione contabile 5. L istituzione del deposito IVA recepisce i principi comunitari contenuti nell art. 16 della VI direttiva IVA 6, come modificata dalla direttiva 95/7/CE del 10 aprile 1995 ed è finalizzata a evitare che ai beni comunitari venga riservato un trattamento fiscale meno favorevole rispetto a quello previsto per i beni provenienti da Paesi terzi, giacché con l abbattimento delle barriere tra gli Stati membri era prevista soltanto per le merci extraeuropee la possibilità di essere immagazzinate nel territorio della Comunità, senza assolvere i dazi d importazione e le imposte nazionali, quali l IVA. Per ovviare a tale disparità di trattamento, è stata prevista l istituzione di depositi diversi da quelli doganali, detti depositi IVA, demandando agli Stati membri l individuazione delle norme attuative dell istituto: in attuazione di tale delega, l Italia ha introdotto preliminarmente il concetto di deposito non doganale con l art. 50 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e, successivamente, ha adottato la più dettagliata e specifica disciplina del deposito IVA, con l adozione dell art. 50-bis, introdotto dalla legge 18 febbraio 1997, n. 28. Il legislatore ha previsto 7 che l immissione in libera pratica di beni destinati a essere introdotti in deposito IVA rappresenta un importazione non soggetta a IVA, sulla base della dichiarazione dell importatore circa la destinazione del bene, comprovata anche dalla restituzione del documento doganale di importazione munito della attestazione, sottoscritta dal gestore del magazzino, di avvenuta presa in carico della merce nel registro del deposito 8. 4 Ai sensi dell art. 79 del Reg. (CEE) 2913/92 del 12 ottobre 1992, cd. Codice doganale comunitario. 5 E.P. Forte - F. Cerioni - T. Palacchino, Il diritto tributario comunitario, Milano, 2004, pag Art. 16 della direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977, trasfusa nell art. 155 della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre Per effetto della legge n. 28/1997, che ha modificato il testo dell art. 67 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, la destinazione della merce estera in un deposito IVA non è più considerata quale operazione in sospensione d imposta, bensì come operazione non soggetta a IVA. 8 G. Mandò e D. Mandò, Manuale dell imposta sul valore aggiunto, Milano, 2010, pag
3 3 È con la successiva estrazione dei beni dal deposito IVA che si realizza un operazione astrattamente soggetta all applicazione dell imposta, potendo configurarsi un operazione interna, intracomunitaria ovvero una cessione all esportazione. Nel caso di destinazione dei beni estratti dal deposito al mercato interno, il proprietario emette autofattura e annota la stessa sia nel registro IVA delle vendite che degli acquisti, neutralizzando di fatto l incidenza finanziaria dell IVA in sede di dichiarazione e liquidazione periodica 9. Il vantaggio dato dall utilizzo dei depositi IVA consiste, in particolare, nel differire l assolvimento dell imposta a un momento successivo rispetto alle normali operazioni d importazione e a non anticipare finanziariamente il pagamento dell imposta, che verrà adempiuta nel momento di estrazione dal deposito, attraverso autofatturazione, con immediata compensazione tra IVA a credito e IVA a debito. La sentenza della Corte di Cassazione Il caso esaminato dalla Corte di cassazione presenta elementi di peculiarità. Si tratta, infatti, di un deposito IVA che, in seguito a verifica dell Agenzia delle dogane, è risultato essere non sufficientemente capiente rispetto alla mole di merci ricavabile dalla documentazione presentata. Casi come quello esaminato dalla Suprema Corte sono definiti depositi virtuali, ossia luoghi presso i quali non è possibile effettuare l effettiva conservazione della merce, per insufficiente capacità di stivaggio del magazzino. Nel caso di specie, gestore del deposito e proprietaria dei beni 10 si erano difesi affermando che i prodotti erano stati frazionatamente introdotti nel deposito IVA, mentre secondo la tesi ricostruttiva della Dogana, invece, la merce era stata solo formalmente presa in carico; questo punto non ha rappresentato oggetto di riesame da parte della sentenza in commento, la quale ha ritenuto corretta la ricostruzione dei fatti di causa operata dalla Dogana e confermata dai giudici di merito. La Corte di cassazione, inoltre, ha escluso l applicabilità al caso concreto della norma di interpretazione autentica contenuta nella legge 27 gennaio 2009, n. 2 11, che all art. 16, comma 5-bis, riconosce il regime di esclusione IVA per le prestazioni di servizi relative a beni custoditi in un deposito IVA, anche se materialmente eseguite nei locali limitrofi al deposito autorizzato. Mediante tale norma, il legislatore ha inteso prevedere - come emerge dalla relazione di 9 Presupposto per il corretto funzionamento e applicazione di tale regime è che l importo dell IVA da assolvere al momento dell estrazione dal deposito sia assolutamente identico a quello che sarebbe stato versato in Dogana, qualora si fosse svolta un importazione definitiva (immissione in libera pratica e contestuale immissione in consumo). 10 Per effetto della solidarietà prevista dall art. 50-bis, comma 8, del D.L. n. 331/ Legge di conversione del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, cd. decreto anticrisi.
4 4 accompagnamento - che verifiche e controlli dei sigilli, della qualità e quantità delle merci, anche se compiute dal gestore del deposito nei locali limitrofi al magazzino, si considerano a tutti gli effetti quali introduzioni nel deposito IVA. Lo scopo della norma di interpretazione autentica è chiaramente quello di superare eccessive rigidità formalistiche riconoscendo, come già precedentemente chiarito anche dall Agenzia delle dogane 12, l applicazione del regime previsto per le merci destinate ai depositi IVA, anche per quei prodotti materialmente non inseriti nella struttura, ma oggetto di verifica, riscontro e presa in carico dal gestore del deposito negli spazi limitrofi, come nella prassi accade per ragioni logistiche e operative. Tale norma, richiamata dalla giurisprudenza di merito in sede di annullamento dei recuperi d imposta operati nei confronti dei depositi IVA 13, non è stata ritenuta applicabile al caso concreto, in quanto logicamente incompatibile con la ricostruzione dei fatti prospettata dalla contribuente, sia in sede di merito che di legittimità. Ritenuto inapplicabile, per le circostanze di fatto del caso concreto, l istituto del deposito IVA, l Autorità doganale ha contestato l omesso pagamento dell IVA all importazione in via solidale al gestore del deposito e al proprietario dei beni. La società accertata, a questo punto, chiede alla Corte di cassazione se il recupero dell IVA possa configurarsi come una doppia imposizione, dato che il tributo era già stato assolto all atto di estrazione dal deposito, attraverso il meccanismo del reverse charge. Infatti, non può considerarsi privo di effetti l aver emesso - proprio in relazione all immissione in consumo di quella merce di provenienza estera - autofattura e l aver provveduto alla sua iscrizione nel registro delle vendite: tale adempimento integra l assolvimento dell IVA, non potendo dunque ravvisarsi nessun salto d imposta o danno patrimoniale per lo Stato. E invero, lascia perplessi la finzione giuridica per cui la mancata introduzione fisica della merce a magazzino comporterebbe la cancellazione degli adempimenti connessi all utilizzo del 12 La stessa nota 2 agosto 1999, n. 2162/V/SD, citata dalla circolare 28 aprile 2006, n. 16/D (in Banca Dati BIG, IPSOA), riconosce che non è previsto da alcuna normativa che le merci debbano essere scaricate dai mezzi di trasporto e che anche una sosta minima del mezzo di trasporto presso gli spazi antistanti il deposito deve ritenersi comunque idonea all applicazione del regime del deposito IVA, posto che le aree adiacenti il magazzino costituiscono parte integrante del medesimo, essendo zone limitrofe e del tutto funzionali allo svolgimento dell attività ivi autorizzata. In questi termini si è espresso anche il Direttore dell Area centrale gestione tributi dell Agenzia delle dogane, al tavolo d incontro occorso il 25 luglio 2008, nel corso del quale è stata ribadita l irrilevanza dello scarico della merce nei depositi IVA e l estensione dell area del deposito agli spazi esterni al magazzino di pertinenza. 13 Ex pluribus, Comm. trib. prov. di La Spezia, 25 maggio 2009, n. 120; Comm. trib. prov. di Napoli, 30 giugno 2009, n. 394; Comm. trib. prov. di Torino, 5 gennaio 2010, n. 6.
5 5 deposito IVA e riporterebbe l orologio al momento dell importazione, perché nel frattempo è intervenuto un fatto significativo, ossia l assolvimento dell IVA mediante il reverse charge. Ritenuto inapplicabile, per le circostanze di fatto del caso concreto, l istituto del deposito IVA, l Autorità doganale ha contestato l omesso pagamento dell IVA all importazione in via solidale al gestore del deposito e al proprietario dei beni. La società accertata, a questo punto, chiede alla Corte di cassazione se il recupero dell IVA possa configurarsi come una doppia imposizione, dato che il tributo era già stato assolto all atto di estrazione dal deposito, attraverso il meccanismo del reverse charge. Infatti, non può considerarsi privo di effetti l aver emesso - proprio in relazione all immissione in consumo di quella merce di provenienza estera - autofattura e l aver provveduto alla sua iscrizione nel registro delle vendite: tale adempimento integra l assolvimento dell IVA, non potendo dunque ravvisarsi nessun salto d imposta o danno patrimoniale per lo Stato. E invero, lascia perplessi la finzione giuridica per cui la mancata introduzione fisica della merce a magazzino comporterebbe la cancellazione degli adempimenti connessi all utilizzo del deposito IVA e riporterebbe l orologio al momento dell importazione, perché nel frattempo è intervenuto un fatto significativo, ossia l assolvimento dell IVA mediante il reverse charge. Neutralità dell imposta Un aspetto sul quale la sentenza non si è soffermata è la violazione del principio di neutralità dell IVA 14, che viene a realizzarsi ogniqualvolta l imprenditore (e, nel caso di specie, anche il gestore del deposito) rimanga definitivamente inciso dal pagamento dell imposta, senza poter operare la rivalsa nei confronti di altri soggetti. La giurisprudenza comunitaria, in materia di recupero a posteriori dell IVA, ha chiaramente affermato che i provvedimenti che gli Stati membri possono adottare per assicurare l esatta riscossione dell imposta ed evitare frodi non possono essere utilizzati in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell imposta 15. Infatti, in caso di violazione non incidente sull assolvimento del tributo, lo Stato membro non può sanzionare il contribuente privandolo del diritto alla detrazione. Di tali principi ha fatto corretta applicazione una sentenza della Corte di cassazione, quasi coeva di quella in commento, precisando che qualora risulti che 14 Essenziale nella disciplina dell IVA comunitaria e nazionale è pertanto (come ribadito dal settimo considerando della direttiva 2006/112/CE) il rispetto del principio di neutralità fiscale, che esclude anche ogni genere di doppia imposizione. 15 Corte di giustizia CE, 21 marzo 2000, cause riunite C-110/98 e C-147/98, Gabalfrisa, in Banca Dati BIG, IPSOA; Corte di giustizia UE, 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax, in GT - Riv. giur. trib. n. 5/2006, pag. 377, con commento di A. Santi, e in Banca Dati BIG, IPSOA.
6 6 nel caso concreto sono stati adempiuti, sia pure in modo formalmente irregolare, gli obblighi sostanziali dell IVA, mediante registrazione della fattura relativa all acquisto dei beni, la contribuente non sarà tenuta a versare alcuna somma all Erario a titolo di imposta 16. Laddove si accerti un irregolarità, questa può rappresentare oggetto di sanzione, ma non di una ulteriore applicazione dell IVA, la quale produrrebbe un evidente effetto duplicativo sulla medesima operazione economica. Nello stesso senso si segnalano numerose pronunce di merito, che hanno escluso la legittimità degli avvisi di accertamento doganale emanati in relazione all omessa introduzione delle merci in un deposito IVA, in considerazione dell avvenuto assolvimento dell imposta mediante reverse charge 17. Iva interna e Iva all importazione non possono rappresentare due diversi tributi I principi richiamati non hanno trovato applicazione nella sentenza in commento, la quale ritiene corretto l accertamento dell IVA all importazione, in relazione a un presupposto impositivo già tassato mediante reverse charge, argomentando che non vi sarebbe duplicazione di imposta, non potendo l avvenuto assolvimento, mediante auto fatturazione, dell IVA interna, compensare il mancato pagamento dell IVA all importazione. A giustificazione di tale assunto, la pronuncia richiama la diversità del sistema di accertamento dei due tributi, affermando espressamente che IVA all importazione e IVA interna rappresenterebbero due distinti e autonomi tributi. Tale impostazione collide con la migliore dottrina in materia, la quale ha sottolineato come l IVA all importazione non rappresenti un tributo distinto e autonomo - si potrebbe dire ontologicamente diverso - dall IVA interna 18. Il sistema dell IVA relativo alle importazioni è per sua natura incardinato in quello generale dell IVA e non si tratta di un tributo a sé stante, pur essendo diverso il meccanismo di funzionamento ed essendo applicabili numerosi precetti previsti dal diritto doganale 19. La diversità nei meccanismi applicativi dell IVA all importazione, tuttavia, non può condurre all affermazione secondo cui IVA all importazione e IVA interna rappresenterebbero due distinti tributi. 16 Cass., 5 maggio 2010, n , in Banca Dati BIG, IPSOA. 17 Ex pluribus, Comm. trib. prov. di Torino n. 6 del 2010, cit; Comm. trib. prov. di La Spezia, 30 aprile 2009, n. 101; Comm. trib. prov. di Varese, 9 marzo 2009, n G. Gaffuri, Lezioni di diritto tributario, Padova, IV ed., pag A. Comelli, IVA comunitaria e IVA nazionale. Contributo alla teoria generale dell imposta sul valore aggiunto, Padova, 2000, pag. 779; G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, Padova, 2008, pag. 705.
7 7 Tale affermazione è chiaramente smentita dallo stesso legislatore, il quale - con norma rubricata applicazione dell imposta - stabilisce che l imposta relativa alle importazioni è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione. Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine 20. Si tratta, con evidenza, di una norma che circoscrive la specificità dell IVA all importazione ai soli meccanismi di accertamento e sanzionatori, senza suggerire la configurabilità di una diversa natura dell imposta dovuta all atto dell importazione. Che IVA interna e IVA all importazione siano proprio lo stesso tributo è confermato inoltre dal fatto che anche l IVA all importazione concorre alla liquidazione dell imposta, realizzandosi anche in relazione a essa il diritto alla detrazione, così come previsto per gli acquisti interni. L unicità dell IVA, sia essa dovuta sulle operazioni interne o all atto dell importazione, è del resto confermata anche dalla Corte di giustizia europea, che sin dalle prime pronunce ha osservato come l IVA sia parte integrante di un regime generale di tributi interni 21. Negli stessi termini si sono espresse molte pronunce della Corte di cassazione, la quale - ancora nel maggio scorso 22 - ha ribadito che l IVA all importazione costituisce un tributo interno che, secondo i principi del Trattato CE, è dovuto allo Stato al momento dell ingresso delle merci. La sentenza in commento, infine, contraddice un argomentato precedente della medesima Corte, relativo proprio all IVA all importazione, e in relazione a un caso concreto avente ad oggetto il superamento del plafond IVA. In tale precedente, la Corte di cassazione ha chiarito che, pur in presenza di una disposizione che attribuisce agli Uffici doganali la competenza per la riscossione dell IVA all importazione, una volta assolta la stessa imposta presso altro Ufficio competente per l IVA nazionale (nel caso di specie, l Ufficio IVA), la stessa non può essere nuovamente riscossa 23, in tal modo confermando l impostazione già accolta in dottrina e nella giurisprudenza comunitaria, secondo la quale IVA all importazione e IVA interna rappresentano due modalità applicative della medesima imposta. Ottobre Art. 70 del D.P.R. n. 633/ Corte di giustizia CE, 5 maggio 1982, Gaston Schul, causa 15/81, in Banca Dati BIG, IPSOA. 22 Sentenza in materia di contrabbando doganale realizzato mediante omesso pagamento dell IVA all importazione: Cass., Sez. III pen., 4 maggio 2010, n , in Banca Dati BIG, IPSOA. 23 Cass., 8 ottobre 2001, n , in Banca Dati BIG, IPSOA.
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