IL PENSIERO POLITICO DEL RISORGIMENTO

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1 IL RISORGIMENTO PROF. VINCENZO BARRA

2 Indice 1 IL TERMINE IL PENSIERO POLITICO DEL RISORGIMENTO IL PENSIERO DI MAZZINI IL LIBERALISMO MODERATO I DEMOCRATICI L UNITÀ D ITALIA LA GUERRA DI CRIMEA E IL CONGRESSO DI PARIGI IL CONSOLIDAMENTO DEL REGIME LIBERALE IN PIEMONTE LA II GUERRA D INDIPENDENZA E I PLEBISCITI DEL LA SPEDIZIONE DEI MILLE E LA RIPRESA DELL INIZIATIVA DEMOCRATICA BIBLIOGRAFIA di 16

3 1 Il termine A partire dagli anni Trenta dell Ottocento il termine «Risorgimento» entrò a far parte del lessico e della terminologia sia politica che della letteratura, ad indicare l aspirazione alla resurrezione sia politica che spirituale della nazione italiana, oppressa e divisa. Il termine, che aveva inizialmente solo un significato religioso, assunse un nuovo valore preminentemente politico e culturale. Non si trattava di far nascere, quindi, l Italia, ma di farla risorgere, cioè tornare a quella condizione di dignità che aveva avuto nel passato e nella sua storia. Il Dizionario di Tommaseo e Bellini (1872) definiva il Risorgimento come «risorgimento della nazione a vita civile migliore» 1. Ma ciò che intendiamo in senso storico e più largo con il termine Risorgimento, però, è l insieme di quei processi politici, militari, culturali e sociali da cui scaturirono l indipendenza e l unità della nazione italiana. 1 N. TOMMASEO, B. BELLINI, Dizionario della lingua italiana, 1872, pag di 16

4 2 Il pensiero politico del Risorgimento Dopo i moti del 1831 il movimento politico italiano si raggruppò in tre correnti principali, oltre quella reazionaria e conservatrice, che agì solo come forza passiva e di resistenza: la corrente mazziniana; quella moderata, poi neoguelfa; e quella democratica e federalista Il pensiero di Mazzini Nato a Genova nel 1805, Giuseppe Mazzini si affiliò alla Carboneria appena laureato in giurisprudenza. Arrestato e poi liberato, preferì scegliere l esilio prima a Lione poi a Marsiglia. In seguito a ciò, maturò un processo critico che lo portò a mettere in discussione la stessa carboneria ed il suo carattere aristocratico e individualista, mentre acquistavano sempre più peso nel suo pensiero il popolo e la nazione, che considerava i veri protagonisti della storia. I punti deboli della Carboneria erano dunque, per Mazzini, la mancanza di unità nei programmi, il carattere circoscritto ed elitario e l eccessiva fiducia nei sovrani, sia italiani che stranieri. Egli elaborò dunque un nuovo metodo, riassunto nel binomio pensiero e azione, cioè da un lato la necessità di attenersi ad alti principi ideali, dall altro la necessità di diffondere tali principi tra il popolo tramite l educazione e le azioni insurrezionali che fossero da esempio e stimolo, anche se dovevano essere, per il momento, degli insuccessi politici. Il suo programma era riassunto nella formula che voleva l Italia «una, indipendente, libera e repubblicana». Ciò voleva dire dunque il rifiuto di ogni federalismo e della monarchia. Per raggiungere gli scopi che si proponeva, Mazzini fondò una società, la Giovine Italia, che, a differenza delle sette segrete, operava con quella segretezza strettamente necessaria per sfuggire alle persecuzioni. Al contempo svolgeva un ampia azione propagandistica ed educatrice e cercava di suscitare continui tentativi di rivolta per preparare le masse alla rivoluzione nazionale, tutti falliti, già tra il 1832 e il 1834 a Genova e in Savoia. Diventato certo che l emancipazione italiana era destinata a portare la libertà a tutta l Europa, e a farne un insieme di popoli liberi, indipendenti ma associati tra loro, fondò nel 1834 la Giovine Europa. Negli anni in cui Mazzini trovò rifugio a Londra, dal 1837, si accentuò l aspetto religioso e missionario del suo pensiero, cha andò assumendo sempre di più il carattere di una vera e propria 4 di 16

5 fede religiosa che voleva trasformare l umanità grazie all educazione del popolo. Il centro di questa religiosità era proprio l idea di popolo e di nazione, così che la libertà dei popoli non era tanto un diritto quanto invece un dovere morale. Proprio per questo motivo l ordine morale del mondo si sarebbe realizzato indipendentemente dai risultati del momento. Ogni popolo aveva dunque per Mazzini, una sua propria missione da svolgere per il bene di tutta l umanità. Come il popolo inglese aveva la missione di diffondere la civiltà tramite l espansione coloniale e le industrie; la Russia, invece, era destinata all incivilimento dell Asia; come il destino della Germania era quello di avere il primato del pensiero e quello della Francia invece dell azione, la missione del popolo italiano era quello di diffondere in Europa l idea di nazione in questa concezione quasi mistica e intransigente. Grazie all influenza del pensiero mazziniano l idea di nazione italiana si arricchì di nuovi significati popolari e democratici e la predicazione mazziniana attrasse molti giovani, così che verso il 1840 ci fu la ripresa dell attività con una serie di moti popolari e contadini in Abruzzo, Calabria e Sicilia orientale. Nel 1844 i fratelli Bandiera, giovani ufficiali della marina asburgica, sbarcarono sulle coste della Calabria con l intento di promuovere una rivolta. Ma facilmente sconfitti, vennero catturati e giustiziati. Anche il successivo moto nelle Romagne del 1845 fallì, segnando la crisi del mazzinianesimo, mentre assumevano maggior peso i programmi più concreti dei liberali moderati, che intendevano seguire la via delle riforme e non quella della rivoluzione. Eppure si può ben dire che alla fine, sia pure in forme imprevedute, fu l idea mazziniana dell unità italiana ad affermarsi, contro lo scetticismo ovunque diffusi a questo riguardo; e fu chiaro che, senza la trentennale agitazione mazziniana, un tale successo o non sarebbe stato possibile o avrebbe assunto caratteri diversi da quelli che l Italia unita finì con l avere dal punto di vista nazionale e dal punto di vista liberal-democratico Il liberalismo moderato La corrente liberale si collegava al razionalismo e al riformismo settecenteschi, ma non aveva alcuna affinità con le esperienze giacobine e napoleoniche. Tra la rivoluzione e la reazione 2 G. GALASSO, Storia d Europa. Età moderna, Vol.2, Laterza, Bari 1996, pag di 16

6 essi preferivano una via intermedia, più realistica e concreta, che puntava alle riforme. Vi era, anzi, una profonda avversione sia per i sistemi assolutistici che il timore per le rivoluzioni che, a partire da quella francese e passando per l Impero di Napoleone, erano considerati degli episodi che avevano perturbato dall esterno e in modo artificioso il naturale processo di sviluppo delle riforme italiane del Settecento. Dal punto di vista politico, il riformismo liberale ebbe sfumature e tendenze molto diverse tra di loro, che ebbero di massima, aspirazioni più unioniste che unitarie, cioè miravano più ad una federazione di Stati che all unificazione in un'unica entità statale. Anche l idea repubblicana era considerata una astrazione e l aspirazione ad una rivoluzione popolare era ritenuta un illusione, finché il popolo non fosse stato gradualmente educato. Molto più utile era, in quest ottica, coltivare con cura la diplomazia internazionale a favore della causa italiana. A questa corrente moderata, cui appartennero tra gli altri Cesare Balbo ( ), Massimo D Azeglio ( ) e Giacomo Durando ( ) sembrava chiaro che il movimento nazionale italiano doveva operare una graduale trasformazione di comune accordo con i sovrani italiani, per costituire una federazione di Stati. La loro moderazione e il senso pratico, difatti, li portava a ritenere una unificazione in un unico Stato, una pretesa tanto assurda quanto irrealizzabile. I grossi problemi con cui il progetto dei moderati doveva scontrarsi erano l esistenza dello Stato della Chiesa e del potere temporale dei papi, e la presenza austriaca nel Lombardo-Veneto. Una proposta di soluzione venne dall abate piemontese Vincenzo Gioberti ( ) con lo scritto del 1843 intitolato Del primato morale e civile degli italiani, che si può considerare il manifesto del movimento d opinione che prese il nome di neoguelfismo. In esso si sosteneva la tesi che la grandezza dell Italia era strettamente connessa alla grandezza del papato, e il risorgimento dell Italia ci sarebbe stato nella misura in cui si fosse rafforzata la potestà papale e non contrastata o distrutta. Il papa, infatti, era visto da Gioberti come il vero e unico garante possibile dell indipendenza nazionale, che si sarebbe attuata attraverso una federazione di Stati italiani proprio dal pontefice presieduta come autorità morale suprema, e fondata sulla forza militare del Piemonte Sabaudo. Il neoguelfismo ebbe molta popolarità perché non prevedeva rivoluzioni di sorta e si accordava col sentimento cattolico, pur sempre prevalente nella borghesia italiana. Il neoguelfismo, perciò, esercitò una funzione storica superiore alla efficacia pratica della sua dottrina, che non si realizzò, perché ebbe il merito di accostare i cattolici alla causa nazionale. 6 di 16

7 L anno successivo, nel 1844, Cesare Balbo pubblicò Le speranze d Italia in cui ci si poneva il problema dell Austria, che Gioberti aveva ignorato. La questione si sarebbe potuta risolvere con la diplomazia, cioè compensando l Austria della perdita del Lombardo-Veneto con l espansione dell Impero austriaco nei Balcani. L elezione di Pio IX nel 1846, fu interpretata come una vittoria della corrente moderata all interno del collegio cardinalizio. I suoi primi atti da papa, in un atmosfera alimentata dagli scritti di Gioberti e dalle speranze del neoguelfismo, crearono attesa ed entusiasmo nei suoi confronti. Difatti la concessione di una amnistia per i reati politici, la convocazione di una Consulta di Stato formata dai rappresentanti delle province, e la creazione della Guardia civica fece sembrare che si stessero per concretizzare le speranze del neoguelfismo. L Austria, preoccupata che gli stati italiani potessero fare fronte comune intorno alla figura di Pio IX, occuparono la città pontificia di Ferrara nel La situazione politica si infiammò e sembrò imminente un moto nazionale contro l Austria. In questa atmosfera i sovrani italiani si sentirono costretti a concedere delle riforme: in Toscana fu concessa la libertà di stampa e creata la Consulta di stato; in Piemonte Carlo Alberto alleggerì la censura sulla stampa e rese elettivi i consigli comunali e provinciali. Carlo Alberto, Leopoldo II di Toscana e Pio IX firmarono anche un preliminare che avrebbe dovuto preludere alla tanta auspicata unione doganale. Del tutto estraneo alla progettata lega doganale e a questo fermento riformatore rimase il Regno delle due Sicilie, cosa che gli attirò le critiche e le antipatie dell opinione pubblica sia nazionale che internazionale I democratici Una decisa opposizione al neoguelfismo e al moderatismo venne dal liberalismo democratico lombardo e soprattutto da Carlo Cattaneo ( ), che si poneva un obiettivo molto diverso da quello dei moderati piemontesi: cioè un federalismo repubblicano sul modello della Svizzera e degli Stati Uniti, per proiettarsi verso l Europa e vagheggiare una confederazione di Stati europei, gli Stati Uniti d Europa. Il federalismo di Cattaneo quindi era molto diverso da quello dei moderati, perché non presupponeva la conservazione dei regimi monarchici dei diversi Stati italiani. Ma Cattaneo si opponeva anche alla repubblica così come immaginata da Mazzini, cioè unitaria e che non conservasse le peculiarità storiche delle diverse regioni d Italia, mettendo seriamente a rischio le autonomie locali e le tradizioni di autogoverno. 7 di 16

8 Altro esponente del federalismo democratico fu Giuseppe Ferrari ( ), che si schierò, a differenza di Cattaneo, su posizioni socialiste e fu tra i primi a collegare la questione nazionale a quella sociale. Anche il movimento presocialistico di Carlo Pisacane univa il problema della libertà con la questione sociale facendo della libertà politica e della rivoluzione sociale la premessa necessaria al risorgimento nazionale, e sostenendo, in polemica con i moderati, che il popolo non sarà libero quando sarà educato, ma sarà educato quando sarà libero L ITALIA DAL 1830 AL Repressione dei moti carbonari nell Italia centrale Mazzini fonda la Giovine Italia 1833 I moti mazziniani in Piemonte vengono repressi 1834 Mazzini fonda la Giovine Europa 1843 Vincenzo Gioberti pubblica Il primato morale e civile degli Italiani 1844 Cesare Balbo pubblica Le speranze d Italia 1846 Pio IX diventa papa 8 di 16

9 3 L unità d Italia 3.1. La guerra di Crimea e il Congresso di Parigi La Francia di Napoleone III riprese a condurre una politica estera da grande potenza. L occasione per modificare a suo vantaggio gli equilibri internazionali gli viene data dalla questione d Oriente. Infatti, lo zar Nicola I aveva occupato i territori della Moldavia e Valacchia facenti parte dell Impero ottomano ma abitati da cristiani ortodossi. Napoleone III aspirando ad allargare l influenza francese nel Medio Oriente dichiarò guerra alla Russia nel L Austria proclamò la neutralità, mentre il Piemonte, il cui governo era presieduto da Cavour, accettò la proposta di Napoleone III di partecipare al conflitto che si era spostato nella penisola di Crimea insieme all Inghilterra. Al congresso di pace di Parigi del 1856 parteciparono tutte le potenze. All Impero turco fu garantita l integrità territoriale, alla Russia, che aveva perso la guerra, fu vietato di tenere una flotta nel mar Nero. A quel congresso partecipò anche Cavour tra i vincitori, dando una dimensione internazionale al problema italiano Il consolidamento del regime liberale in Piemonte In Piemonte era stato mantenuto in vigore lo Statuto albertino del 1848, mentre negli altri stati italiani la repressione e l accentramento ad opera dei sovrani assoluti aveva allontanato dalle monarchie le classi dirigenti. Il regime parlamentare sabaudo era, secondo lo Statuto, un sistema costituzionale puro, in cui, cioè, il governo e i ministri erano nominati dal re e rispondevano a lui e non avevano bisogno della fiducia del parlamento. Il re conservava la piena titolarità del potere esecutivo e in politica estera e sulle forze armate. Vittorio Emanuele II non esitò ad usare questi poteri e intervenire nella politica del governo, soprattutto quando il parlamento non volle ratificare la pace con l Austria nel Egli quindi, sciolse la Camera e si appellò al Paese col Proclama di Moncalieri del 20 novembre 1849, in cui faceva intendere che avrebbe ritirato lo Statuto se il nuovo parlamento non avesse avuto una maggioranza moderata. Il Piemonte perseguì un programma liberale e riformista di rinnovamento, e adottò una legislazione contro i privilegi ecclesiastici: infatti con le leggi Siccardi del 1850 veniva abolito il diritto di asilo, i tribunali ecclesiastici separati da 9 di 16

10 quelli dello stato e limitavano i possedimenti della Chiesa. Esse, in un certo modo, diedero inizio al grande conflitto tra la Chiesa Cattolica e il nascente Stato liberale italiano. Insieme a quelli ecclesiastici, nel 1851, vennero aboliti anche i privilegi nobiliari quali i fidecommessi e maggiorascati. Insieme alle riforme vennero fatti grossi investimenti statali per la modernizzazione del paese: la costruzione delle ferrovie, delle navi, la modernizzazione dell esercito dando il via all industrializzazione e andando verso il liberoscambismo. Nel 1852 Cavour, già ministro dell agricoltura e delle finanze, grazie a un accordo tra il centrodestra, di cui era il capo, e il centro-sinistra, di cui era espressione Rattazzi (detto connubio ) divenne capo del governo. Fu proprio grazie al crearsi di questa nuova maggioranza che nacque un vero e proprio sistema parlamentare di monarchia costituzionale, perché per la prima volta il governo era espressione proprio della maggioranza dei deputati nella camera e non più solo della volontà regia. Inchinandosi al «connubio», accettando Cavour come primo ministro, ammettendo che non si potesse governare senza la fiducia della camera elettiva [ ], la monarchia in fondo aveva accolto il principio della monarchia parlamentare. 3 Questo accordo tra centro-destra e centro-sinistra aveva il senso di escludere dai giochi del potere sia i conservatori e reazionari di destra che i democratici di sinistra. Le energie patriottiche si amalgamarono e confluirono nell unico programma simboleggiato dal motto monarchia e unità da cui rimanevano esclusi l estrema destra, clericali anti-costituzionali e reazionari e l estrema sinistra di democratici repubblicani e anti-clericali. Dopo il biennio , il mazzinianesimo divenne più sensibile al problema sociale, tanto che una parte del movimento si spostò verso posizioni socialisteggianti. La figura più rilevante di questo gruppo fu Carlo Pisacane ( ) che, nel tentativo di sollevare le masse contadine contro l assolutismo, organizzò una spedizione a Sapri, annientata dai borbonici e finendo massacrato proprio da quei contadini che voleva riscattare, nel Pisacane fu in un certo senso l unico [ ] che nel problema italiano ha sentito che cosa si dovesse risolvere prima di tutto: immettere la grande massa assente degli italiani nel circolo della vita italiana, rompere il tradizionale divorzio fra popolo e società, fare della nazione la risultante dello sforzo popolare e l espressione dello spirito popolare. Quale il suo scopo? Operare un rinnovamento dal basso, dal 3 G. MARANINI, Storia del potere in Italia , cit., pag di 16

11 profondo, mediante quelle forze spontanee, che, una volta organizzate in libere associazioni e federate fra loro, avrebbero dovuto costituire l intelaiatura della nuova comunità nazionale. 4 La morte tragica di Pisacane affrettò la conversione di molti mazziniani e democratici alla soluzione monarchica e costituzionale del problema nazionale. Essi fondarono la Società nazionale italiana, nel 1857, presieduta da Pallavicino e con la vicepresidenza di Garibaldi. Il motto della Società fu «Italia e Vittorio Emanuele» La II guerra d indipendenza e i plebisciti del 1860 Nel gennaio del 1858 Felice Orsini, un esule mazziniano, cercò di uccidere Napoleone III, il quale fu indotto da questo episodio a cercare di risolvere il problema italiano. Nel convegno di Plombières del luglio 1858 tra Napoleone e Cavour fu stipulato un trattato segreto tra la Francia e il Piemonte. In esso si stabiliva che la Francia sarebbe intervenuta in favore del Piemonte qualora fosse stato aggredito dall Austria. Si prevedeva, inoltre, una sistemazione dell Italia secondo le idee federaliste neo-guelfe, con una divisione in tre regni: uno del nord sotto i Savoia, comprendente anche Lombardia, Veneto ed Emilia; uno del centro da assegnare a un principe francese; e uno del sud che coincideva col Regno delle Due Sicilie, ma, con un monarca di una dinastia diversa che sostituisse i Borbone. Roma e il Lazio sarebbero rimasti sotto il dominio del papa che, inoltre, avrebbe presieduto la confederazione di questi stati italiani. In cambio dell aiuto militare francese il Piemonte avrebbe ceduto a Napoleone III la Savoia e Nizza. Da quel momento il Piemonte tenne un atteggiamento provocatorio nei confronti dell Austria finché l Austria presentò un ultimatum al Regno di Sardegna chiedendone il disarmo, che non venne effettuato. Venne quindi dichiarata la guerra da parte dell Austria il 26 aprile 1859, dando inizio alla II guerra di indipendenza. A Magenta gli austriaci vennero sbaragliati e Vittorio Emanuele II e Napoleone III entrarono trionfalmente a Milano l 8 giugno. L imperatore Francesco Giuseppe si pose allora a capo dell esercito, ordinando una controffensiva ma il 24 giugno 1859 a San Martino e Solferino, presso Mantova, gli austriaci vennero di nuovo sconfitti in una battaglia cruenta e sanguinosa per entrambi gli schieramenti. Intanto scoppiarono insurrezioni violente nei ducati di Modena, Parma e Piacenza 4 G. SPADOLINI, Gli uomini che fecero l Italia, Longanesi 1993, pag di 16

12 e nel Granducato di Toscana. Le Marche cercarono anch esse di insorgere ma la ribellione venne repressa dall esercito pontificio. Napoleone II a quel punto, intimorito dalla prospettiva che gli Stati insorti si unissero al Piemonte e si creasse uno Stato italiano unitario forte ai confini della Francia, propose un armistizio all Austria, che l accettò. L Armistizio di Villafranca, dell 11 luglio 1859, stabiliva la cessione della Lombardia, tranne Mantova e Peschiera, a Napoleone III, il quale l avrebbe poi ceduta a Vittorio Emanuele II; il ritorno dei sovrani italiani, spodestati dalle insurrezioni, nel centro Italia e la rinuncia da parte di Napoleone III, che si era ritirato dalla guerra senza rispettare gli accordi di Plombières, ad annettere Nizza e Savoia. Cavour, messo davanti al fatto compiuto, si dimise per poi tornare al governo e avviare nuove trattative con la Francia, in seguito alle quali Napoleone III riconobbe le annessioni, ormai avvenute, della Toscana e dell Emilia-Romagna, sancite dai plebisciti del marzo 1860, e come contropartita ebbe l annessione, sempre in seguito a plebisciti, di Nizza e Savoia (aprile 1860) La spedizione dei Mille e la ripresa dell iniziativa democratica La conclusione della guerra aveva dato molti motivi di malcontento a democratici, mazziniani, seguaci di Cattaneo e anche di Garibaldi, a cominciare dalla rapidità delle annessioni e dal modo in cui erano stati preparati i plebisciti, senza un serio dibattito sui caratteri istituzionali del nuovo Stato, che si stava configurato come un semplice ampliamento del Piemonte, le cui leggi furono subito estese alle altre regioni. Nacque, perciò, all inizio del 1860 il cosiddetto Partito d Azione, che aveva lo scopo di opporsi alla azione troppo diplomatica di Cavour attraverso la ripresa dell iniziativa insurrezionale per la liberazione del Veneto e del Regno delle Due Sicilie. Il capo militare del Partito d Azione era un personaggio di spicco e di prestigio come Garibaldi. Si iniziò dunque a progettare una spedizione militare in Sicilia, fortemente osteggiata dalla prudenza di Cavour ma appoggiata invece apertamente dal re, ed anche Mazzini aderì al progetto. Garibaldi riuscì a riunire circa un migliaio di giovani volontari nei pressi di Genova e ad impossessarsi, con un finto colpo di mano, di due piroscafi, il Lombardo e il Piemonte. La notte tra il 5 e il 6 maggio 1860 i Mille partirono da Quarto alla volta della Sicilia. Sbarcati a Marsala l 11 maggio, in poco più di un mese con le vittorie di Calatafimi, Palermo e Milazzo, Garibaldi liberò la Sicilia e ne assunse la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II. Quando nell agosto i Mille passarono lo stretto di Messina, le sorti del Regno di Napoli erano segnate e l esercito e 12 di 16

13 l apparato statale del regno borbonico si dissolsero, così che Garibaldi poté entrare a Napoli tra le ovazioni della popolazione nei primi di settembre L ultima resistenza borbonica fu spezzata nella battaglia del Volturno il 2 ottobre. Francesco II, si ritirò nel forte di Gaeta, che però cadde il 13 febbraio Nel frattempo le truppe regolari del Piemonte liberarono Marche ed Umbria, subito annesse con plebisciti. In effetti, si dimostrò fondata la convinzione di Mazzini che il crollo dell Austria in Lombardia avrebbe messo in crisi tutti i governi assoluti. Separatisi dalle classi dirigenti, di cui mortificavano l aspirazione a partecipare alla vita dello Stato mediante istituzioni parlamentari, essi dopo il 48 avevano perduto il consenso, e si reggevano solo sulla forza militare degli Asburgo. 5 Tra Cavour e Garibaldi, però, il dissidio si fece sempre più aperto, anche perché quest ultimo era intenzionato a proseguire fino a Roma per abbattere il potere temporale ed annettere al nuovo Stato anche il Lazio. Ma in tutta fretta Cavour ottenne di convocare i plebisciti in Sicilia e nel continente i quali, il 21 e 22 ottobre decretarono l annessione al Piemonte. Il ricongiungimento fra l esercito dei Mille e quello regolare avvenne a Teano il 26 ottobre 1860, quando Garibaldi salutò Vittorio Emanuele II come re d Italia e gli consegnò il Regno delle Due Sicilie senza chiedere compensi né contropartite. L incontro di Teano fu la vittoria politica della linea cavouriana e la sconfitta di quella democratica garibaldina, che del resto non aveva mai realmente costituito un alternativa vera alle strategie di Cavour. La configurazione dell Italia come Stato monarchico-unitario decisa nell ottobre 1860 era il logico sbocco delle scelte coraggiose di Casa Savoia. Il ruolo assunto dal Piemonte nel movimento nazionale a partire dal congresso di Parigi aveva mutato i termini della lotta politica nella penisola. La fedeltà allo Statuto aveva mostrato la possibilità di conciliare l ordine con la libertà; poi il fallimento dei moti rivoluzionari e l interessamento delle grandi potenze alla questione italiana aveva indirizzato le speranze ad un azione diplomatico-militare contro l Austria che solo uno Stato «regolare» poteva condurre. Di qui il rapido crescere nella penisola di un movimento filo-sabaudo, alimentato dal mito del «re galantuomo»; un mito diffuso dalla pubblicistica moderata, che mise in ombra le velleità di politica personale di Vittorio Emanuele, le sue simpatie per la destra conservatrice, la sua opposizione alle riforme ecclesiastiche, soprattutto la sua avversione per Cavour, pienamente ricambiata dal ministro. 6 5 A. SCIROCCO, L Italia del Risorgimento, Il Mulino, Bologna 1990, pag A. SCIROCCO, L Italia del Risorgimento, cit., p di 16

14 Proprio perché diventato il simbolo della libertà e dell unità d Italia, Vittorio Emanuele nel , in quell autentica rivoluzione che sconvolse il secolare assetto territoriale della penisola, rappresentò la garanzia dell ordine di fronte alla diplomazia europea e di fronte alle classi dirigenti degli Stati che scomparivano. 7 Il 18 febbraio 1861 si riunì a Torino il primo Parlamento nazionale, che il 17 marzo proclamò la nascita del regno d Italia. A poco più di dieci anni dal fallimento del 1848, si compì l impensabile, cioè un unificazione rapidissima e attraverso modelli imprevisti. Infatti, insieme alla conquista regia concorse l iniziativa popolare, per cui la componente moderata e dinastica coesistette nel nuovo Stato da subito con quella democratica. Ma la direzione del nuovo Stato fu da subito assunta dai moderati per la sconfitta ideologica dei democratici: La soluzione «sabauda» fu, quindi, favorita dalla scansione dei tempi in cui si realizzò l unità. Quando l epica impresa dei Mille meravigliò il mondo, i democratici erano già stati sconfitti sul terreno ideologico (Garibaldi aveva come motto «Italia e Vittorio Emanuele») e sul terreno politico (l iniziativa popolare nell Italia centrale aveva vinto perché l Austria era stata bloccata dalla Francia alleata del Piemonte). Mazzini era stato il profeta dell unità nazionale e con infaticabile predicazione ne aveva tenuto vivo l ideale; ma i moderati avevano avuto un progetto politico in grado di sfruttare gli spazi di manovra permessi dagli avvenimenti internazionali ed il regno sabaudo in quanto «Stato» ne aveva reso possibile la realizzazione. Per queste ragioni l Italia unita ebbe direzione moderata. 8 Con la proclamazione del Regno d Italia si chiuse un età storica e se ne aprì un altra, non meno ricca di lotte politiche e di vicende. 7 Ivi. 8 Ivi, pag di 16

15 CRONOLOGIA DAL 1849 AL Proclama di Moncalieri 1850 Leggi Siccardi in Piemonte 1851 Colpo di Stato di Luigi Napoleone in Francia 1852 In Francia è proclamato il II Impero Cavour diventa primo ministro grazie al connubio con Rattazzi 1853 La Russia attacca l Impero Ottomano 1854 Guerra di Crimea 1856 Congresso di Parigi 1857 Spedizione di Sapri di Pisacane Fondazione della Società nazionale italiana 15 di 16

16 Bibliografia A.M. BANTI, La nazione del Risorgimento, Torino 2000 A.M. BANTI, A. CHIAVISTELLI, L. MANNORI, M. MERIGGI, Atlante culturale del Risorgimento, Bari 2011 B. CROCE, Storia d Europa nel secolo decimonono, Milano 2007 J.A. DAVIS, Società e imprenditori nel Regno borbonico, Roma-Bari 1979 E. FRANCIA, La rivoluzione del Risorgimento, Bologna 2012 G. GALASSO, Storia d Europa. Età moderna, vol. 2, Roma-Bari 1996 G. PÉCOUT, Il lungo Risorgimento. La nascita dell Italia contemporanea ( ), Milano 1999 R. ROMANELLI, Ottocento. Lezioni di storia contemporanea, Il Mulino, Bologna 2011 R. ROMEO, Dal Piemonte sabaudo all Italia liberale, Roma-Bari 1974 R. ROMEO, Risorgimento e capitalismo, Roma-Bari 2008 G. RUMI, Gioberti, Bologna 1999 L. RYALL,. Storia e interpretazioni, Roma 2007 L. SALVATORELLI, Pensiero e azione del Risorgimento, Torino 1843 A. SCIROCCO, l Italia del Risorgimento, Bologna 1990 G. SPADOLINI, Gli uomini che fecero l Italia, Milano 1993?? 16 di 16

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