APPROCCIO RADIALE PER PROCEDURE CORONARICHE INVASIVE: UN ANALISI A TUTTO CAMPO DI VANTAGGI E LIMITI

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1 APPROCCIO RADIALE PER PROCEDURE CORONARICHE INVASIVE: UN ANALISI A TUTTO CAMPO DI VANTAGGI E LIMITI Giovanni Amoroso, Mascia Sarti, Anna Sonia Petronio Sezione Interna di Cardiologia Invasiva - Dipartimento Cardiotoracico - Università di Pisa Premessa Gli interventi di rivascolarizzazione coronarica percutanea vengono tradizionalmente effettuati utilizzando l arteria femorale come via di accesso arterioso. Le complicanze vascolari a livello del sito di puntura (emorragie, ematomi superficiali o retroperitoneali, pseudoaneurismi, fistole arterovenose) si manifestano con un incidenza non trascurabile che, in condizioni normali, si aggira tra il 3 ed il 5%. Tali complicanze spesso richiedono emotrasfusione o riparazione chirurgica e pertanto contribuiscono in maniera significativa alla morbidità del paziente, al prolungamento dell ospedalizzazione ed all aumento dei costi legati alle procedure di cardiologia interventistica. Le complicanze sono considerevolmente più frequenti qualora venga utilizzata una terapia anticoagulante, antipiastrinica o trombolitica aggressiva, tipicamente in caso di sindromi coronariche acute e/o in pazienti per altro motivo scoagulati (p. es. portatori di protesi valvolari cardiache), in pazienti obesi, anziani, più spesso di sesso femminile (1). La miniaturizzazione dei dispositivi di rivascolarizzazione (cateteri guida, palloncini ecc.), nonché l utilizzo di devices emostatici specifici, ha ridotto l incidenza di complicanze vascolari in sede di accesso femorale (2). Tuttavia l utilizzo dell arteria radiale come via di accesso rappresenta forse il modo più semplice e fisiologico per ridurre le complicanze vascolari. Applicato per la prima volta da Campeau nel 1989 per procedure diagnostiche (3), e successivamente da Kiemeneij per procedure di rivascolarizzazione percutanea (4), l approccio radiale sta sempre più affermandosi nel campo della cardiologia interventistica. Nel 2001 in Francia, dove esiste una solida tradizione di approccio radiale, il 28% delle procedure interventistiche (più di una ogni quattro) è stato eseguito con tale approccio (5). In Italia non esistono ancora statistiche accurate che quantifichino la sua effettiva penetrazione nella pratica clinica. Il crescente interesse riguardo all approccio radiale in Italia come all estero è comunque testimoniato dalle sempre più frequenti pubblicazioni scientifiche su questo argomento. Oltre alla riduzione delle complicanze vascolari, argomento di più specifico interesse medico-scentifico, giocano a vantaggio dell approccio radiale una precoce mobilizzazione del paziente ed un accorciamento dei tempi di ricovero, una riduzione dei carichi di lavoro del personale infermieristico, un aumentato comfort ed una maggiore compliance da parte del paziente. Scopo di questa breve rassegna è di presentare vantaggi e limiti dell approccio radiale per l esecuzione di procedure coronariche invasive (diagnostiche ed interventistiche). La speranza è quella di togliere all approccio radiale quell aura di mero esercizio stilistico da parte di operatori in vena di virtuosismi, e di renderlo bensì appetibile, oltre che agli Operatori, anche al Personale Medico di Reparto, al Personale infermieristico tutto, ed ai Manager delle strutture Ospedaliere. Vantaggi e limiti per l operatore medico Paragonata alla tecnica con approccio femorale, la tecnica con approccio radiale presenta le seguenti principali difficoltà: incannulamento di un arteria di piccolo calibro; frequenti alterazioni anatomiche del decorso (tortuosità o varianti anatomiche dell arteria radiale o del tronco brachiocefalico) (Fig. 1); 5

2 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA N una naturale propensità allo spasmo dell asse arterioso brachioradiale; maggiore complessità tecnica nella cateterizzazione selettiva degli ostii coronarici. Come risultato, la tecnica con approccio radiale necessita di una curva di apprendimento più lunga: nei primi 50 casi di ogni operatore la possibilità di insuccesso può raggiungere il 10%, attestandosi intorno al 3-4% nei successivi 500 casi. Dopo 1000 casi eseguiti la possibilità di insuccesso decresce fino a meno dell 1% (6). Una volta acquisite le necessarie competenze, quindi, l approccio radiale garantisce risultati del tutto sovrapponibili alla tecnica con approccio femorale. Kiemeneij et al. hanno confrontato, in uno studio randomizzato (ACCESS), i risultati ottenuti in caso di approccio radiale, brachiale e femorale (7). Tale studio ha evidenziato che, a parità di risultato procedurale immediato (circa 91% nei tre gruppi), la percentuale di complicanze, in sede di accesso vascolare, è significativamente più bassa nel caso di procedura eseguita per via transradiale (0%), rispetto alla via transfemorale (2%) o brachiale (2,3%). Mann et al., in un altro studio randomizzato, hanno sostanzialmente confermato tali dati (0% vs 4%, rispettivamente in caso di approccio radiale o femorale) (8) (Tab. I). Grazie al miglioramento dei materiali a disposizione Figura 1. Varianti anatomiche di origine dell arteria radiale. 1) Arteria radiale che origina indipendentemente dall arteria ascellare. 2) Arteria radiale che origina dall arteria ascellare ma con un contributo anche dall arteria brachiale. 3) Una piccola arteria (remnant) che origina dall arteria ascellare e si continua nell arteria radiale, la cui principale origine è tuttavia dall arteria brachiale. 4) Arteria radiale che origina normalmente dall arteria brachiale. (cateteri guida dedicati, stent di calibro ridotto), l approccio radiale può essere attualmente utilizzato, non solo in pazienti stabili e lesioni semplici da trattare, ma anche in pazienti con angina instabile e infarto miocardico acuto, patologia coronarica multivasale, lesioni coronariche complesse tipo B2/C (Fig. 2). Più studi hanno prospettato la possibilità di eseguire procedure urgenti mediante approccio radiale (9-12). Recente- TABELLA I Complicanze e giorni di ricovero negli studi che hanno confrontato l approccio radiale all approccio femorale Autore Anno Patol. Procedura Complicanze Ricovero (gg) R F R F Ziakas (9) 2003 IMA PCI 0% 1,5% 4,5 5 (1%) (12%) Saito (10) 2003 IMA PCI 0% 2,6% - - Valsecchi (11) 2003 IMA PCI 0% 1,2% 5,9 6,4 Louvard (12) 2002 IMA PCI 0% 7% (2%)* - - Louvard (13) 2001 CAD Coro 0% 2,8% - - Morice (14) 2000 CAD PCI 0% 0,5%* 4,9 5 Choussat (15) 2000 CAD PCI# 0% 7,4% - - Mann (8) 1996 SCA Stent 0% 4% 3 4,5 Kiemeneij (7) 1997 CAD PCI 0% 2% 1,8 1,8 ematomi; #con ReoPro; *con Perclose; IMA: infarto miocardico acuto; SCA: sindrome coronarica acuta; CAD: patologia coronarica non altrimenti specificata; PCI: intervento percutaneo non altrimenti specificato. 6

3 APPROCCIO RADIALE PER PROCEDURE CORONARICHE INVASIVE... A B C Figura 2. Caso clinico. G.S. anni 65, sesso femminile. Infarto miocardico acuto a sede inferiore. Approccio radiale destro. Catetere guida: Radial 6F, lume interno 0,070 (Boston Scientific, Maple Grove MN). Coronaria destra occlusa al terzo distale (*). Si noti l origine anomala della coronaria sinistra dall ostio coronarico destro (A). Angioplastica con palloncino (Maverick2 3.5/25, Boston Scientific) in seguito a posizionamento di filoguida (*) (Balance Middleweight, Boston Scientific) sia nella discendente posteriore, sia nella coronaria destra distale (B). Risultato finale (C). mente anche Valsecchi et al. (11) hanno valutato la sicurezza, la fattibilità e l efficacia dell angioplastica coronarica primaria per via radiale in pazienti con infarto miocardico acuto. Il tempo di incannulamento ed il tempo totale della procedura sono risultati non aumentare significativamente; la percentuale di successo della procedura è risultata elevatissima (96,9% vs 95%, rispettivamente in caso di approccio radiale e femorale). Da notare che, in caso di accesso radiale, non si sono verificate complicanze vascolari, mentre si sono presentate in una piccola ma significativa percentuale di pazienti (1,2%) in caso di approccio femorale. In effetti, allo scopo di ridurre drasticamente le complicanze emorragiche, proprio nei pazienti con sindrome coronarica acuta/infarto miocardico acuto, l approccio radiale può trovare la sua indicazione ideale, vista la pletora di farmaci antipiastrinici e/o trombolitici somministrati secondo le moderne linee-guida in tale gruppo di pazienti. Si tenga conto che in pazienti sottoposti a trattamento con inibitori piastrinici delle GP IIb/IIIa l incidenza di complicanze vascolari in sede femorale si aggira intorno al 7% (15). Lotan et al. (16) hanno per primi dimostrato un elevato successo angiografico (97%) anche in corso di angioplastica percutanea per via radiale su lesioni complesse (tipo B2/C AHA/ACC). In una nostra casistica in corso di pubblicazione (17), una strategia sistematica di stenting diretto mediante approccio radiale si è dimostrata fattibile, sicura ed efficace anche in pazienti non selezionati. Nonostante una incidenza di lesioni tipo B2/C AHA/ACC del 53% e di casi urgenti (sindrome coronarica acuta/infarto miocardico acuto) del 39%, la nostra percentuale di successo procedurale è stata del 100%, e solo nel 4% di casi si è dovuto ricorrere a cross-over verso accesso femorale. In nessun paziente si sono verificate complicanze importanti in sede di accesso vascolare, a fronte di un uso piuttosto liberale di inibitori piastrinici delle GP IIb/IIIa (28%). L approccio radiale è di particolare appeal nel caso di procedure interventistiche ad hoc (eseguite in immediata successione alla coronarografia), eseguite nel 92% della popolazione da noi pubblicata. L approccio radiale non pregiudica infine l utilizzo di devices particolari (sistemi di protezione distale, IVUS) o l esecuzione di particolari strategie di rivascolarizzazione (kissing-balloon, fili guida multipli), dal momento che la gran parte dei materiali da interventistica sono attualmente 6F-compatibili (18). Ogni paziente con una buona pulsatilità arteriosa radiale ed un adeguato flusso collaterale dall arteria ulnare attraverso l arco palmare è dunque potenzialmente un buon candidato per l approccio radiale. Controindicazioni assolute risultano tuttora: l assenza di polso arterioso radiale; la presenza di shunt artero-venoso per dialisi. La dimostrazione di un test di Allen ischemico, come spia di un inadeguato flusso collaterale ulnare è da molti considerata una controindicazione assoluta. A nostro 7

4 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA N avviso, e in accordo con altri Autori (19), pur in presenza di un test di Allen apparentemente ischemico, la procedura può essere comunque eseguita in relativa sicurezza, qualora non esistano altre possibilità di accesso arterioso. Infatti: test di Allen inizialmente ischemici possono normalizzarsi tardivamente; l ultrasonografia doppler ha dimostrato la presenza di flusso nell arteria ulnare anche in pazienti in cui esso non era evidente al test di Allen; l evenienza di occlusione radiale è estremamente rara (<1%), in particolare con l utilizzo di cateteri di ridotto calibro (4 o 5F), e dà quasi sempre modo ad un circolo collaterale di svilupparsi progressivamente, pertanto non ha conseguenze cliniche (20). Per i motivi appena riportati non riteniamo infine da considerarsi una controindicazione l eventuale necessità di utilizzare l arteria radiale sia come condotto arterioso per graft coronarici, sia come via di accesso per una ulteriore procedura percutanea. In effetti è stato dimostrato da Wakeyama et al. (21) che, nonostante un certo grado di ispessimento dell intima dell arteria radiale, se non interviene trombosi, dopo circa tre settimane dal cateterismo l arteria radiale può essere usata in assoluta sicurezza come graft arterioso. Per quanto riguarda invece il suo utilizzo ripetuto e ravvicinato come via di accesso per cateterismo esistono evidenze che la ripetizione del cateterismo per via radiale è assolutamente fattibile (22) (Tab. II). Controindicazioni relative o, piuttosto casi in cui il successo della procedura è limitato, soprattutto per operatori con minore esperienza, rimangono: un arteria radiale molto piccola alla palpazione, particolarmente in donne anziane di costituzione minuta, con un polso piccolo; una patologia conosciuta delle arterie prossimali (ectasia della radice aortica, patologia dell arteria succlavia ecc.); necessità di cateteri guida 8Fr o più grandi; cateterismo dell arteria mammaria controlaterale, dell arteria gastroepiploica o renale. Vantaggi e limiti per il Personale Infermieristico (di Sala e di Reparto) La scelta dell approccio arterioso per procedure coronariche invasive (diagnostiche od interventistiche) si riper- cuote sul flusso ed i carichi di lavoro di tutto il personale implicato. In Sala di Emodinamica il carico di lavoro del personale non medico è determinato dal numero e dalla complessità delle prestazioni richieste. Inoltre il tempo necessario ed il numero di unità richieste per l adeguata esecuzione di ogni procedura ha un impatto non indifferente sul carico di lavoro. Dati presentati recentemente dal personale del Toronto General Hospital (23) suggeriscono che l adozione dell approccio radiale può portare in fase iniziale ad un aumento del carico di lavoro infermieristico. Ciò sarebbe legato alla necessità dell apprendimento di una nuova metodica, alla gestione di protocolli di lavoro differenti per pazienti eseguiti con approccio radiale e femorale, alla possibilità di insuccesso di approccio radiale e quindi alla necessità di gestire (e scannulare) più approcci arteriosi nello stesso paziente. Dalla nostra personale esperienza (24) è emerso che una strategia di approccio radiale, qualora venga eseguito sistematicamente, riduce significativamente (circa del 44%) il carico di lavoro del personale infermieristico di Sala. Tale effetto positivo sembra dovuto soprattutto ad una significativa riduzione dei tempi immediatamente postprocedurali (scannulamento, rimozione del paziente dalla Sala, avviamento al Reparto o all Ospedale di provenienza), nonché del numero di unità coinvolte nell espletamento di tali operazioni (in genere una sola in caso di approccio radiale). Ciò a fronte di una sostanzia- TABELLA II Complicanze rare o aneddotiche in seguito ad approccio radiale Ematoma al sito di puntura Ematoma dell avambraccio (da perforazione di branca secondaria) Fistola arterovenosa Pseudoaneurisma Causalgia (da trauma del nervo durante puntura arteriosa) Spasmo refrattario durante e dopo la procedura (doloroso) Eversione dell arteria radiale durante scannulamento Ischemia dell arto (da occlusione radiale senza collaterali) Emorragia tardiva Sindrome compartimentale (ematoma con compressione nervosa) Infezione 8

5 APPROCCIO RADIALE PER PROCEDURE CORONARICHE INVASIVE... le eguaglianza dei tempi di procedura (39 vs 36 minuti, rispettivamente per approccio femorale o radiale), e nonostante una necessità non trascurabile (19%) di cross-over verso approccio femorale. Il carico di lavoro del personale infermieristico in Sala non è risultato nella nostra esperienza significativamente influenzato dal grado di urgenza o dalla complessità della procedura stessa. Per quanto riguarda il carico di lavoro infermieristico in Reparto di Degenza, esso risulta significativamente ridotto (circa del 40%) in caso di approccio radiale. A tal fine giocano soprattutto: una maggiore indipendenza del paziente nell espletamento delle funzioni personali (alimentazione, igiene), una minor incidenza di complicanze vascolari, e quindi una minore necessità di assistenza infermieristica ed una minore permanenza in ospedale, la possibilità di gestire pazienti anche sottoposti ad angioplastiche complesse in un regime ospedaliero a più bassa necessità di cure infermieristiche (Corsia vs UTIC). I maggiori vantaggi in termini di riduzione del carico di lavoro in Reparto di Degenza si sono ottenuti nei pazienti sottoposti ad angioplastiche urgenti e nel carico di lavoro Alberghiero (Fig. 3). Min x UI % { -50% { Assist. Assist. Albergh. Albergh. femorale radiale femorale radiale Figura 3. Carico di lavoro infermieristico in Reparto di Degenza. Confronto tra approccio radiale e femorale. In grigio chiaro è rappresentato il carico di lavoro infermieristico assistenziale (medicazioni, prelievi, monitoraggio parametri), in blu il carico di lavoro alberghiero (vitto, igiene, altro). Sia il carico di lavoro assistenziale, sia il carico di lavoro alberghiero risultano significativamente ridotti in caso di approccio radiale. Vantaggi e limiti per il Manager Ospedaliero L abolizione delle complicanze vascolari, e quindi di successivi trattamenti economicamente costosi (emotrasfusione, chirurgia vascolare), la riduzione del carico di lavoro infermieristico, la riduzione dei tempi di degenza, o addirittura l esecuzione delle procedure in regime ambulatoriale, sono tutti vantaggi che preludono ad un ritorno economico nel caso di adozione di una strategia sistematica di approccio radiale. E stato universalmente riscontrato che i pazienti trattati per via radiale tendono generalmente a rimanere ricoverati meno a lungo. In uno studio di Galli et al. (25) il tempo di ricovero variava da 1,9 a 2,9 giorni in caso di approccio radiale rispetto a femorale, con un guadagno netto nel primo caso di ,00 Euro ogni 100 pazienti trattati. In uno studio di Cooper et al. (26), la riduzione del tempo di ricovero da 10,4 a 3,6 ore induceva una riduzione dei costi ospedalieri totali da 2299 a 2010 USD. Kiemeneij et al. (27) hanno infine dimostrato la fattibilità e la sicurezza nell esecuzione di procedure di stenting coronarico per via radiale in regime ambulatoriale (ammissione/procedura/dimissione nel corso della stessa giornata), cosa che offre potenzialità di risparmio legate ai minori costi effettivi (circa 218 USD per singolo paziente in uno studio di Lee et al. (28) ), ma anche ad una strutturazione più leggera dei Reparti dotati di Emodinamica (meno posti/letto di degenza, più posti/letto in day hospital). Attualmente esiste un consenso generale a sottoporre sempre più spesso, e sempre più precocemente, i pazienti coronaropatici a metodiche invasive diagnostiche e terapeutiche (29). Tuttavia, per questo motivo, le spese prodotte dai Reparti di Cardiologia dotati di Emodinamica sono drasticamente aumentate: circa la metà dell intero bilancio della Regione Toscana nell anno 2002 per la spesa sanitaria è stato ad esempio assorbito dalla branca Cardiologia/Cardiochirurgia (Dati confidenziali). A ben vedere, una strategia come l approccio radiale, che permette di trattare più pazienti (risparmio di tempo), a costi più ridotti (risparmio di risorse economiche), da parte di un numero contenuto di operatori medici e non (risparmio di risorse umane), in Centri ad Alto volume (minore influenza della learning curve), appare una delle poche strade percorribili, per rendere nella pratica fattibile quello che sulla carta le nostre linee-guida suggeriscono. Non bisogna, infine, sottovalutare il fatto che una procedura eseguita per via radiale provoca un minore im- 9

6 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA N patto psicologico sul paziente, con vantaggi gestionaliorganizzativi che trascendono di gran lunga la sola soddisfazione del paziente. Lo studio precedentemente citato di Cooper et al. (26) ha dimostrato che sia nelle prime 24 ore, sia nella settimana a seguire tutti gli indici di qualità di vita (dolore fisico, limitazioni nei movimenti e nelle attività quotidiane) favorivano una procedura eseguita con approccio radiale rispetto a quello femorale. Per il paziente, oltre ad un effettivo maggior confort (allettamento non richiesto, indipendenza nell espletamento delle funzioni fisiologiche, minor incidenza di complicanze, minore soggiorno in ospedale), anche fattori più strettamente emotivi (esecuzione della procedura da una parte anatomica meno intima, minore sensazione di dipendenza e quindi di malattia) entrano in gioco. In uno scenario moderno, in cui la scelta del paziente sul come, dove e se fruire di un trattamento medico-chirurgico, assume sempre più importanza, riteniamo che l approccio per via radiale risulti più accattivante dell approccio femorale. Al di là di un mero discorso concorrenziale, riteniamo che l approccio radiale possa garantire in definitiva una maggior propensione del paziente ad eseguire la procedura coronarica (diagnostica od interventistica) consigliata dal proprio medico di fiducia, ma ad eseguirla preferenzialmente presso quelle Strutture che siano in grado di praticarla con tale approccio. Conclusioni Sempre più evidenze dimostrano che i vantaggi legati all esecuzione di procedure coronariche invasive con approccio radiale ne superano i limiti. Tali vantaggi non sono limitati alla sola sfera medica (riduzione delle complicanze), ma si estendono anche ai campi della gestione del personale (riduzione del carico di lavoro) e delle risorse economiche (diminuzione delle spese per singola procedura, incremento delle procedure totali). In aggiunta, l accesso radiale apre prospettive nuove, non altrimenti percorribili mediante l accesso femorale (esecuzione di procedure ambulatoriali), e permette di raggiungere tanti pazienti, per vari motivi (clinici e/o emotivi) precedentemente non trattati. A nostro avviso, l approccio radiale non deve essere considerato una semplice alternativa all approccio femorale (nel qual caso gran parte dei suoi vantaggi non risulterebbero evidenti), bensì un innovazione da introdurre definitivamente nella pratica quotidiana della cardiologia invasiva. 10

7 APPROCCIO RADIALE PER PROCEDURE CORONARICHE INVASIVE... Bibliografia 1. Waksman R, King SB, Douglas JS, et al. Predictors of groin complications after balloon and new-device coronary intervention. Am J Cardiol 1995;26: Mann T, Cowper PA, Peterson ED, et al. Transradial coronary stenting: comparison with femoral access closed with an arterial suture device. Catheter Cardiovasc Interv 2000;49: Campeau L. Percutaneous radial artery approach for coronary angiography. Cathet Cardiovasc Diagn 1989;16: Kiemeneij F, Laarman GJ, de Melker E. Transradial artery coronary angioplasty. Am Heart J 1995;129: Lefevre T, Louvard Y. Description and management of difficult anatomy encountered during transradial intervention. In: Hamon M, Mc Fadden E, Eds. Transradial approach for cardiovascular interventions. ESM Editions Carpiquet France, Louvard Y, Pezzano M, Sheers L, et al. Coronary angiography by a radial approach: feasibility and learning curve. One operator s experience. 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