maggio pag.2 pag.6 pag.10 pag.16 pag.34
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- Ottaviana Festa
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2 Birra pag.2 un mondo di gusti, colori, gradazioni Bruscàndoli Piselli di Lumignano L olfatto Sono nate le Lady Chef! pag.6 pag.10 pag.16 pag.34 Sommario maggio 2007 Birra: un mondo di gusti, colori, gradazioni 2 Monsieur Baladin 4 Bruscàndoli: a noi piace chiamarli così 6 Forst, la foresta della birra 8 100% Svizzero 9 Piselli di Lumignano: le prime delizie dei Dogi 10 Bevi Breganze: Azienda Bastia Saccardo 12 Ingredienti... Il quinto elemento 13 Mondo vino: Vespaiolo Savardo 14 L opinione di Terenzio Panozzo 15 L olfatto... solo una questione di naso? 16 Comunità Montana 18 Spugnole: Tesori di primavera 20 Che sagra, se c è la Bondola! 22 La strada del formaggio: inserto Una chance per i giovani cuochi 27 Arte in tavola. Frittelle con erba maresina (o con zucca) 28 I caffè hawaiani 30 ABConsiderazioni: La mamma e la cucina 32 Sono nate le Lady Chef! 34 Detti e ridetti 35 Non di sola birra... in viaggio verso Pedavena 36 I Ristoratori della Valle del Chiampo 38 Andar per olio Lo sai che Il Cocktail del mese 41 Non comprerò più prodotti Pirelli 42 Dalla libreria 43 Annunci 44 Appuntamenti del mese 45 A tavola con le stelle 46 La rubrica del Ristor-Attore 48 Da una idea di Roberto Gasparin: Il mensile di Vicenza n 10 Maggio Ai soli fini fiscali 0,10 a copia Abbonamento singolo Italia 12,00 Editore: Paolo Gasparin Redazione amministrazione pubblicità: Pierregi di Paolo Gasparin Via Veneto 2b Schio (vi) tel.e fax info@gustolocale.it Direttore responsabile: Paolo Terragin paolo@gustolocale.it Reg. Tribunale di Vicenza: n 1130 del 24/03/06 Spedizione: Poste Italiane s.p.a. spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (Convertito in legge 27/02/2004 n 46) art.1, com.1, Dr VI Stampa: Industrie Grafiche Vicentine Srl Bolzano Vic. (VI) Contributo grafico: Studioimmagine srl - Thiene (VI) Luca Dal Maso Alessia Manni Consuelo Capellari Michele Zanetello Ermanno Fabris Giampiero Pozza Hanno collaborato: Roberto Gasparin Paolo Gasparin Alfredo Pelle Edy Bieker Giuliano Francesconi Piergiorgio Casara Cristina Borin Amedeo Sandri Paolo Terragin Terenzio Panozzo Emilio Nizzero Michele Bertuzzo Filippo Ferreri Michele Cisco Vanessa Lovato Sarina Vaccarella Paolo Ellero Mario Plazio Mauro Pasquali Andrea Testolin Gianni Tisato Romolo Cacciatori Tutte le immagini, articoli, contenuti di questo giornale sono ad uso esclusivo di Pierregi di Paolo Gasparin - Schio (Vi). Eventuali utilizzi impropri senza previa autorizzazione scritta da parte nostra saranno perseguiti a norma di legge. Le Collaborazioni in testi o foto sono gratuite. L editore garantisce la massima riservatezza dei dati e la possibilità di richiedere gratuitamente la retifica o cancellazione scrivendo a: Pierregi - Via Veneto 2b Schio (Vi).
3 Birra un mondo di gusti, colori, gradazioni Quante volte vi è capitato di entrare in un locale in compagnia d amici e sentir chiedere, semplicemente una chiara, una rossa, una scura o più semplicemente una piccola o una media? È l universo delle birre, variegato e ricco: c è un mare di differenze nel mondo della birra che non riguarda solo il colore ma anche la provenienza, il sapore, il grado alcolico, la fermentazione, i lieviti e gli aromi. Perché la differenza fra le varie birre è più grande di quella che noi stessi conosciamo: alcune sono più dissetanti, altre più energetiche, alcune si accompagnano bene con i cibi, altre sono da sorseggiare lentamente. Mi verrebbe da dire, mutuando il termine dal vino, da meditazione. La birra accompagna l uomo da sempre. Impossibile risalire a quando la birra è nata, ma si hanno testimonianze nella storia della preparazione di una bevanda derivata dalla fermentazione di cereali circa 4000 anni or sono, in quella fertile fascia di terra fra il Tigri e l Eufrate, già da parte dei Sumeri. Un bassorilievo sumero riporta la fabbricazione della birra. 2
4 Successivamente, in Mesopotamia, già si producevano oltre 20 birre con grano, orzo, ed altre da misture di cereali. Ma furono gli Egiziani che affinarono il gusto migliorandone la tecnica. Per quanto riguarda i Romani è da dire che, sebbene vi avessero dato il nome (birra deriva dal latino bibere, cioè bere, così come la parola spagnola cerveza deriva da Ceres, la dea greca dell agricoltura) non ne erano granché amanti. I Romani preferivano il vino e consideravano la birra una bevanda ignobile. Tacito la chiamava barbaro vino d orzo. Continuò, tuttavia, ad essere prodotta nei territori dell Impero dove risultava difficile coltivare la vite. In Germania si è trovata un anfora per birra datata 800 anni prima di Cristo. In Italia il primo monastero che produsse birra fu quello fondato da San Colombano nel Piacentino, attorno al 700. Stranamente, fino a Medioevo la produzione di birra era lavoro da donne (ma anche le donne babilonesi che producevano birra erano sacerdotesse del tempio), poi lentamente questa prerogativa svanì, man mano che la birra iniziò ad essere prodotta nei monasteri. Ma aveva dei detrattori molto importanti: Cecco Angiolieri, il poeta che scrisse S io fossi foco parlava della birra come di una fracida bevagna. E se è vero che la birra veniva spesso considerata più salutare dell acqua, un tempo spesso contaminata, è anche vero che aggiungevano alla birra una mistura d erbe (chiamata Grut) che, a volte, risultava velenosa. Tutto cambiò con l uso del luppolo: la birra assunse un aspetto ed un gusto simile al nostro. E così nel 1516 Guglielmo IV duca di Bavaria promulgò una Legge sulla purezza della Birra. Poco alla volta la birra dilagò in tutta Europa e divenne bevanda diffusissima quando, nel XIX secolo, con l avvento della macchina a vapore e le successive invenzioni del motore elettrico e del frigorifero si poté approntare il metodo della bassa fermentazione. Fu in questo periodo che Pilsen, città della Repubblica Ceca assunse il primato della produzione della birra. Poche materie servono per fare la birra: acqua, cereali (solitamente orzo e poi mais e frumento), il luppolo che dà il gusto amaro, ed i lieviti. Vi sono numerosissime tipologie di birra, dalle Lager, nome generico che identifica le birre più comuni in ogni paese, alle Munchener, di Monaco a bassa gradazione, dalle birre d Abbazia, ad alta fermentazione ed a gradazione alcolica elevata (sui nove gradi) alle raffinatissime trappiste che sono solo sei al mondo e prodotte in Belgio. Poi ci sono le Ale britanniche, di color scuro rame che prendono il nome dall amaro del luppolo, alle stout irlandesi. Ed a tante birre servono tanti bicchieri, dal balloon al boccale, dal calice a chiudere alla pinta, dallo stivale al Weizenbecker da mezzo litro. Esiste una vera arte, nella spillatura, di produrre la schiuma che ha la funzione specifica di mantenere la temperatura della birra e di preservarne fragranza ed aroma. In questo sono maestri sia i tedeschi che i belgi. Utilizzata in cucina per la capacità di effettuare abbinamenti gastronomici importanti come il pollo alla birra è naturale compagna della pizza! Il consumo di birra sta crescendo da noi: siamo attorno ai 30 litri pro capite/anno, ben lontani 65 litri degli spagnoli e dal traguardo raggiunto dai belgi, con oltre 120 litri a testa! Pensate come cambiano le idee. Nel 700 il Redi scriveva: Chi la squallida cervogia/alle labbra sue congiunge/presto muore, o raro giunge/ all età vecchia e barbogia. Non è molto tempo che Renzo Arbore faceva pubblicità alla birra e concludeva Chi beve birra campa cent anni! Forse non ha ragione nessuno dei due, cosa ne dite? Alfredo Pelle 3
5 MONSIEUR BALADIN OVVERO IL FAUTORE DEL RINASCIMENTO BIRRAIO IN ITALIA Nove domande a Teo Musso, eclettico patron della Casa Baladin. Profeta della Birra artigianale Teo Musso e le sue creature Teo Musso, 42 anni, è piemontese, anzi langarolo, di Piozzo. Una vita spesa fra la realizzazione dei propri sogni e il continuare a sognare. Vulcanico fondatore del progetto Le Baladin ma non solo. Interessi musicali altrettanto forti quanto quelli per la birra. Promotore di una associazione culturale che organizza spettacoli musicali in tutta Italia. Creatore di un progetto per l'utilizzo della musicoterapia per due comunità di disabili. E ancora arte, pubblicazioni, accoglienza che vuol dire Casa Baladin ma non solo. Abbinamento cibo-birra. Insomma un personaggio eclettico, vulcanico e sempre un passo avanti rispetto a dove te lo aspetti. Riesco a cogliere Teo in uno dei rari momenti di relax fra un appuntamento e l'altro, fra un sogno e l'altro... Teo, come nasce il progetto Le Baladin? Baladin nasce nel 1986 con l'idea di portare le mie passioni (ospitalità, musica e birra) a disposizione di un pubblico più vasto rispetto ai tanti amici che frequentavano casa mia. Inizialmente ho pensato ad un posto dove fosse possibile bere buona birra, ascoltare buona musica e, soprattutto, stare bene. Sono arrivato ad avere una carta delle birre con oltre 200 etichette da tutto il mondo. Importavo occasionalmente man mano che scoprivo birre che mi piacevano, soprattutto da Belgio e Francia. La svolta arriva però solo nel 1990, giusto? Sì, nel 1990 incontro a Strasburgo, dove nel frattempo avevo aperto un locale, un francese esperto di birre artigianali e sono stato folgorato: fu come passare dall'ascolto della musica a suonare uno strumento. Iniziai a collaborare con alcuni piccoli birrifici in Belgio, soprattutto con quello di Jean Louis Dits che aveva una Brasserie vicino Mons. Ho avuto la fortuna di incontrare tanti piccoli produttori che mi hanno aperto le porte dei loro birrifici e dei loro segreti: cosa non facile, soprattutto per uno straniero... Finalmente nel 1995 parte l impianto. Nel 1995 ho cominciato a produrre birra artigianale per il mio locale di Piozzo e subito mi sono scontrato con la difficoltà di far accettare questa produzione agli avventori. In Italia, ma non solo, il gusto era tarato sulla birra industriale, pastorizzata e perciò piatta dal punto di vista sia olfattivo che gustativo. Nel 1996 mi sono detto: perché non provare produrre delle birre in bottiglia che potessero avere sulla tavola dei ristoratori la stessa dignità di un vino? Ecco quindi nascere la SUPER BALADIN, una birra ambrata con una forte aromaticità che ho immaginato in abbinamento ai formaggi. Così arriviamo al 1998, e poi? Subito dopo, in concomitanza con la nascita di mio figlio, comincio a imbottigliare la ISAAC, una birra bianca, speziata, che ho pensato per abbinare al pesce. Infine, a Natale, nasce la NOEL, una birra bruna dedicata al cioccolato. Nel 1999 è partita la produzione di WAYAN, una birra elegante e pungente, con profumi di fiori, alternati con fruttati tostati e pepati, e di NORA, che ho definito birra egizia, dallo spirito intrigante, con una speziatura balsamica, orientale. Nel 2001, dopo l'apparizione sul mercato di ELIXIR, una birra demi-sec, il mio sogno poteva definirsi completato. Ma, nel frattempo, non avevi smesso di sognare... No, sicuramente, e da quella che io chiamo una mia sega mentale è nata XYAUYÙ, che prende lo spunto dalla mia passione per i vini ossidati. Volevo aprire una nuova frontiera nel campo della birra e la produco in quantità talmente limitata, circa bottiglie all'anno divise in tre partite, che preferisco offrirla agli amici che venderla. Però i tuoi sogni non ti portavano solo verso la birra? Infatti ad un certo punto mi sono chiesto: perché in Italia non si beve del sidro? E la risposta che mi sono dato è stata: perché in Italia non si fa del sidro buono! Ecco che in me è scattato un altro sogno: produrre del sidro 4
6 buono! Ho cercato delle mele che non fossero coltivate, per evitare la sgradevolezza olfattiva dei residui dei trattamenti chimici e ho trovato due varietà di mele selvatiche in Savoia. Ho aggiunto una renetta della Val d'aosta per donare al mio sidro una componente acida e aromatica importante e credo di aver ottenuto quel sidro buono che mancava in Italia. Come vedi il futuro della birra artigianale in Italia? Siamo passati da una situazione iniziale, dieci o quindici anni fa, in cui la birra artigianale non riusciva a imporsi per la differenza di gusto rispetto a quella industriale, alla situazione diametralmente opposta. Oggi la birra artigianale sta vivendo un grande boom. Così come una volta il bevitore era impaurito dalla novità, oggi se fai una birra artigianale in bottiglia, trovi almeno dieci distributori che la vogliono, perché il mercato tira. Oggi il consumatore vuole la birra artigianale perché, per definizione, è buona. Questo può portare ad un rischio di saturazione e di nausea del consumatore. Senza dimenticare che non tutte le birre artigianali sono all'altezza della loro fama. Sei tipi di birra in bottiglie, altre birre speciali, quelle in fusto per la spina: non sono un po' troppe per un piccolo birrificio come il tuo? La grande industria non ha convenienza economica nel differenziare l'offerta, mentre io posso produrre anche partite di poche migliaia di bottiglie. Oggi produco circa 800 ettolitri di birra alla spina che vendo nel mio locale e in altre birrerie amiche e circa bottiglie all'anno, tutte da 0,75 litri: in totale meno di ettolitri di birra. Quanto ne produce una media industria in un giorno! Quali sogni Teo Musso oggi il bicchiere TeKu realizzato da Teo e Kuaska è il bicchiere ufficiale per la degustazione delle birre artiginali sta facendo? I miei sogni, alcuni quasi realizzati, sono come al solito molti. Sto completando la Casa Baladin, un locale dove il connubio musica, cibo e birra dovrebbe trovare la massima sintesi. Un locale dove l'ospite possa seguire un percorso di appagamento di tutti i sensi. Contemporaneamente sta proseguendo il progetto birra Baladin e acqua Lurisia, nato da una mia curiosità su fino a che punto l'acqua potesse incidere sulla qualità delle mie birre. Oggi produco due birre con acqua Lurisia, una a sei gradi ed una a dieci gradi, ma soprattutto la produzione prende spunto dal lungo lavoro svolto sui ceppi di lievito, in particolare modo quelli derivanti dalla produzione di whisky. Sto sperimentando la produzione di una Super Baladin con acqua Lurisia, utilizzando lieviti selezionati provenienti da vino e malto ottenuto da grano saraceno prodotto nel monregalese. Infine il progetto che più mi sta a cuore: riuscire a controllare tutta la filiera produttiva della mia birra: dalla coltivazione dell'orzo fino all'imbottigliamento. Ho stretto un accordo con dei contadini delle Langhe e già quest'anno sono stati seminati dodici ettari di orzo che mi consentiranno di coprire tutta la mia produzione di birra. Il passo successivo sarà rendermi autonomo dal punto di vista della preparazione di malto d'orzo. E il sogno continua. Mauro Pasquali Cottura Freddo Lavaggio Pizzeria Preparazione Aspirazione Bar Lavanderia Accessori
7 Bruscàndoli: a noi piace chiamarli così Il luppolo, ingrediente fondamentale della birra, cresce spontaneamente nei nostri boschi. I suoi germogli, deliziosi nel risotto, ottimi in insalata, sono meglio conosciuti come bruscàndoli Insieme al pissacan, il bruscàndolo è l erba primaverile più conosciuta e raccolta. I bruscàndoli altro non sono che i germogli primaverili del luppolo (nome scientifico: Humulus lupulus), che cresce spontaneo nei luoghi incolti e nei boschi in posizioni soleggiate, sia in pianura che in collina. Il nome popolare deriva proprio dal fatto che si tratta di un germoglio di una pianta cespitosa e rampicante (in dialetto brusco), che con il suo fusto sottile per reggersi si avvolge a sostegni occasionali, quali alberi e siepi. Son lontani i tempi in cui con l arrivo dei primi tepori le nostre nonne li raccoglievano per ravvivare ed arricchire le tavole dopo i rigidi inverni, realizzando deliziose minestre e risotti, ma ora sono sempre più apprezzati anche in città. I bruscàndoli sono ottimi anche in insalata: lessati e poi conditi con olio, aceto, pepe e sale si dice che abbiano anche effetti curativi come depurativo del sangue e calmante delle infiammazioni. 6
8 Il luppolo Il luppolo è universalmente noto per i suoi amari fiori femminili, fini e profumati, adottati come amaricante e conservante nella fabbricazione della birra. La necessità di conservare la birra per lunghi periodi indusse i birrai dell epoca a cercare un prodotto che, aggiunto al mosto in ebollizione, permettesse una maggiore conservazione. Fu dal IX secolo che acquistò popolarità sostituendosi ad altre erbe amare come la myrica, l'alloro e il rosmarino, donando alla birra un aroma particolare e il tipico amaro, più o meno accentuato, a seconda della varietà impiegata e della quantità aggiunta. Verso il XV secolo si vietò definitivamente nella fabbricazione della birra l'uso di qualsiasi altro ingrediente che non fossero i cereali, il luppolo e l'acqua, consuetudine rimasta fino ai giorni nostri. A conferire alla birra il caratteristico gusto amaro è la luppolina, sostanza contenuta nel luppolo e composta da alfa-acidi (umuloni) e beta-acidi (lupuloni). I primi sono presenti in concentrazione circa dieci volte superiore ai secondi e sono quindi i maggiori responsabili del potere amaricante dell erba. A COSA SERVE IL LUPPOLO NELLA BIRRA? Dà un sapore amaro inconfondibile Genera un profumo ricco, particolare ed unico Le sue resine aiutano la coagulazione delle proteine indesiderate Gli olii e resine agiscono da battericidi Stabilizza le caratteristiche della birra Aiuta la riproduzione delle cellule del lievito Effetti speciali Può stupire apprendere che il luppolo appartenga alla stessa famiglia della Cannabis: in effetti questa pianta è conosciuta sin dai tempi più remoti per i suoi effetti soporiferi e calmanti. I lavoratori delle vecchie fabbriche di birra, trattando il luppolo, dopo lungo tempo accusavano sonnolenza e dovevano interrompere il lavoro periodicamente per evitare di cadere addormentati. Paolo Terragin
9 Forst, la foresta della birra In Alto Adige è una vera istituzione Da 150 anni produce birra in perfettamente armonia con l'ambiente circostante Percorrendo la stupenda conca meranese, lungo la strada che porta verso la Val Venosta, si incontra un complesso di costruzioni armoniose e decorate con gusto. Se, incuriositi, si chiede il nome di questo villaggio, la risposta è la Forst. Non fabbrica di Birra quindi, e neanche birreria, ma semplicemente Forst, perché il nome Forst è legato indissolubilmente a questa terra, simbolo della tradizione e amore della natura, ma anche di lavoro volto a mantenere sempre altissima la qualità dei suoi prodotti. Le prime notizie certe sulla birra in Alto Adige risalgono a più di mille anni fa, fra il 985 e il 993. Già allora la birra che qui veniva prodotta, oltre che in casa per un consumo domestico, anche nelle osterie e nelle stazioni di posta e di ristoro, si era conquistata una certa popolarità, grazie alla sua bontà e genuinità, e ha continuato a essere prodotta in tale maniera sino al 1800, secolo della rivoluzione industriale e dell affermazione della piccola impresa. Ed è proprio nel 1857 che due imprenditori meranesi fondarono una nuova fabbrica di birra, la Forst appunto. La scelta sul luogo cadde su Forst (Foresta in italiano) località che offriva e offre ancora attualmente un acqua superlativa e la possibilità di immagazzinare ghiaccio naturale durante l inverno, che sarebbe poi servito a raffreddare in estate le cantine. Nel 1863, con il passaggio della proprietà a Josef Fuchs, iniziò quella dinastia che continua ancora oggi, con la sua quarta generazione, ad offrire un'ottima birra. La Forst che, oltre a essere una fabbrica, è anche un punto di ritrovo per poter gustare questa grande birra nelle ampie sale del suo ristorante, è un azienda di grande importanza per il mercato nazionale con i suoi ca hl di fabbricazione annua, prodotti con i piú moderni impianti che la tecnica possa offrire. Comunque, dalla carrozza a cavalli di un tempo alla tecnologia all avanguardia attuale, c è sempre stato un denominatore comune nella storia della Forst e di casa Fuchs, ovverosia qualità e rispetto della natura, perché la birra è natura. Potete gustare tutta la genuinità della Forst alla Bier Stube Treff di Vicenza. 8
10 100% SVIZZERO Cailler è il più antico marchio elvetico di cioccolato. Commercializzato senza interruzioni dal 1825 Il cioccolato svizzero nasce di fatto nel 1819 quando François-Luis Cailler, dopo quattro anni di apprendistato da Caffarel a Torino, apre una fabbrica di cioccolato a Vevey. Sempre alla Cailler, nella figura del genero Daniel Peter, si attribuisce il lancio nel mercato nel 1875 del cioccolato al latte: dopo molteplici esperimenti effettuati in collaborazione con l amico chimico Henry Nestlé (inventore del latte in polvere) trovò il giusto equilibrio per la produzione del cioccolato al latte. Negli anni successivi perfezionò ancora la produzione sostituendo il latte in polvere con il latte condensato attraverso un procedimento unico, ottenendo un cioccolato raffinato e cremoso. Ma la famiglia Cailler riuscì a stupire nuovamente nel 1923 quando inventò il cioccolato morbido e cremoso a cui venne attribuito il nome Frigor: un cioccolato al latte ripieno di crema di mandorle e nocciole, emblema a livello internazionale della cultura svizzera del cioccolato ancora oggi prodotto secondo la ricetta originale. Il segreto del buon cioccolato Il segreto del cioccolato Cailler è nella scelta accurata degli ingredienti e un attenta selezione dei migliori cru di fave provenienti da regioni tropicali, i semi di cacao sono poi associati con dosaggi complessi che consentono di realizzare le ricette originali del marchio. La fase più importante e più delicata che determina il gusto finale del cacao è la torrefazione, che avviene singolarmente per tipologia di seme, immediatamente successivo il procedimento di concaggio, dove la pasta viene lavorata a C per alcuni giorni. In questa fase tutte le componenti di base vengono mescolate perfettamente, l eventuale umidità residua e gli acidi volatili evaporano, donando al cioccolato omogeneità e consistenza setosa, quasi vellutata. L ulteriore fase è il temperaggio, che consente una cristallizzazione fine e regolare del burro di cacao che, amalgamandosi perfettamente agli altri ingredienti, regala al cioccolato un aspetto straordinariamente brillante. Al termine del percorso il cioccolato è pronto per il modellaggio e qui Cailler dimostra d esser maestra, ricreando in ogni tavoletta un opera d arte. Il cioccolato mitico, un eredità, ricordi di gioventù, un piacere, un desiderio, una squisitezza, un lusso. (Jean Nouvel) Poter ammirare la pregiata lavorazione è possibile, visitate lo stabilimento Cailler, a Broc in Svizzera, da Aprile a Ottobre. Per ulteriori informazioni Un dolce Vicentino Di fronte al fascino esercitato da tanta bontà e cura dei particolari non è rimasto immune Massimo Vicentini, titolare della storica azienda vicentina fondata dal nonno Luigi Vicentini nel 1920, che produceva caramelle e torroni di alta qualità. Oggi la nuova Vicentini è lanciata nel panorama nazionale con la distribuzione per l Italia di prestigiosi marchi tra i quali spicca il cioccolato Cailler. 9
11 PISELLI DI LUMIGNANO le prime delizie dei Dogi Territorio e clima garantiscono un prodotto unico. Una primizia riservata ai Dogi di Venezia per la festa di San Marco Lungo la Riviera Berica, a pochi chilometri da Vicenza, sorge Lumignano, un paesino ai piedi dei Colli Berici. Qui si trova uno dei paesaggi più sorprendenti della pianura veneta: un bosco collinare, fitto, verde e rigoglioso sovrastato da pareti verticali, resti di un antichissima barriera corallina, che rendono questo luogo incantevole una delle più apprezzate palestre di roccia d'italia. Lumignano, frazione di Longare, lega la propria fama fin dall'antichità alla coltivazione del pisello, introdotta dai frati Benedettini attorno all'anno Mille, quando diedero inizio alla bonifica della bassa pianura vicentina. Fu proprio ai piedi delle rupi che imbiancano il versante orientale dei Colli Berici che, grazie alla composizione del suolo, al clima favorevole e alla buona esposizione solare questo legume venuto dal Medio Oriente trovò il suo habitat ideale. Fino a qualche decennio fa, gran parte delle famiglie aveva il proprio pezzetto di terra sulle colline, dal quale si cercava di ricavare il necessario per vivere. Per i lumignanesi i piselli erano spesso l unica risorsa economica. Le primizie rappresentavano un autentica ricchezza, perché il prezzo era molto più elevato e la produzione talmente ricca che esisteva un vero e proprio mercato. Coltivazione remunerativa ma faticosissima, poiché per sfruttare le esposizioni migliori si coltivava in piccoli orti ricavati sui terreni più scoscesi, costruendo delle banchéte, terrazzamenti fatti con muretti a secco, portando tutto a spalle. Qui, l'esposizione al sole e il riverbero delle rocce permetteva una produzione insolitamente precoce, primizia tra le primizie. Un prodotto di ineguagliabile delicatezza che in epoca veneziana i Dogi richiedevano per celebrare la festa di San Marco il 25 aprile. Un prodotto che sublimava il palato con il più caratteristico dei piatti primaverili, più una minestra che un risotto, semiliquido e ricco di piselli come vuole il detto: ogni riso un biso. Tradizionalmente la semina avviene alla fine di novembre, l appuntamento canonico è a Santa Caterina, il giorno
12 Poi una primavera fresca e piovosa è la condizione ideale per avere un buon raccolto e piselli più dolci e gustosi. L apice della coltura tradizionale è giunto nella prima metà del Novecento, per poi infrangersi contro il cambiamento epocale che, negli anni del boom economico, ha sottratto tante braccia all'agricoltura. Oggi sono rimasti in pochi a seguire la classica coltivazione sulle banchéte, e la produzione è di 50/100 quintali l anno, rendendo questo dolce pisello quanto mai un prodotto di nicchia. Speriamo di non arrivare mai a dire C erano una volta i piselli Sazianti e ipocalorici Fra i legumi, i piselli freschi sono i più facilmente tollerati: ricchi d acqua, hanno poche calorie (circa 75 per 100 g), sono straordinariamente ricchi di vitamine (A, B2 e C) e di minerali (calcio, potassio, ferro, fosforo). Nonostante l alto contenuto di zuccheri faccia sospettare il contrario, i piselli tengono a bada il tasso glicemico del sangue: tutto merito delle fibre, che aiutano a ridurre il colesterolo, svolgendo un azione benefica sull intestino e sull apparato cardiovascolare. Alle radici della genetica Fu selezionando vari incroci di piante di pisello (Pisum sativum) dalle caratteristiche molto differenti e facilmente osservabili (semi gialli o verdi, lisci o grinzosi), che l'abate boemo Gregor Mendel ( ) arrivò a enunciare le sue famose leggi dell'ereditarietà, per le quali è considerato il padre della genetica moderna. La manifestazione Dal 12 al 13 e dal 18 al 21 maggio si svolgerà la rinomata Sagra dei bisi de Lumignan. Un'occasione per trovarsi in piazza e gustare piatti a base di bisi e prodotti del territorio, allietati da serate musicali e numerosi spettacoli. Paolo Gasparin
13 Azienda Bastia Saccardo La Bastia è una piccola collina che quasi all improvviso si erge a rompere il piatto profilo del borgo di Montecchio Precalcino. Proprio là dove non te l aspetti il paesaggio muta. Salendo la vista è rapita da splendidi cascinali, dagli ordinati muretti, dalle viti che avvolgono il colle, e dalla cui sommità si gode di un paesaggio davvero sorprendente per vastità. Sorprendenti sono anche i vini di Mario Saccardo, che con grande naturalezza e cordialità accoglie chi si reca in cantina a degustare i suoi vini. Che la zona fosse reputata per la coltivazione della vite, lo si deduce da antichi documenti, che attestano come già nel 1400 il sito fosse tenuto in alta considerazione dalla chiesa nei suoi inventari. Nei primi dell 800 poi, lo studioso Pedrazza scrive La vite in tutto il circondario si raccomanda agli alberi a riserva di pochi campi in Montecchio alla così detta bastia, dove trovansi viti abbondanti e di ottimo gusto, coltivate a vignale. Mario Saccardo ha saputo dare concretezza alla sua grande passione per il vino acquistando questa tenuta nel 1971, e cominciando a fare il vignaiolo sul serio a partire dal Gli ettari coltivati sono appena 3, e da cui si ricavano circa bottiglie all anno. Tutti i vini dell azienda si caratterizzano per un tratto comune. Sono eleganti e pacati, non cercano mai di aggredire con sensazioni forti. Dietro questa apparente patina di semplicità però, rivelano un profilo che un po alla volta diventa più complesso. Escono dopo qualche minuto, chiedono un minimo di attenzione e tempo in più. La pazienza sarà allora premiata, ed usciranno profumi che spaziano dal vegetale al minerale, che ritroviamo al palato come sensazione Mario Saccardo e Baio Maria Luigia finale di sapidità. Tra i bianchi ci ha impressionato l ottimo Vespaiolo 06, mentre il rosato sfugge alla banalità tanto ricorrente nei prodotti di questo tipo. L ottimo marzemino associa il tipico fruttato del vitigno a note più minerali e affumicate, mentre il Torcolato è splendidamente bilanciato. Il Vino Breganze Cabernet Sauvignon Bastia 04 Il colore è rubino. Al naso si presenta dapprima chiuso e si concede lentamente. Alle spezie e alla vaniglia che restano discretamente in sottofondo, si aggiungono poi aromi di ciliegia, di cuoio, di liquirizia e poi di minerale. Al palato le sensazioni di morbidezza si coniugano alla trama setosa dei tannini per nulla aggressivi, mentre il finale è molto lungo e succoso. L abbinamento è con arrosti non troppo salsati per non andare a contrastare la trama elegante del vino. Mario Plazio L Azienda di Montecchio Precalcino 12
14 Ristorante Le Anfore Via Stazione, Marano Vicentino (VI) tel Chiuso la domenica e lunedì mezzogiorno Il quinto elemento Acqua, aria, terra e fuoco sono i quattro elementi che compongono il nostro Pianeta e rendono possibile la vita. Andrea Testolin del Ristorante le Anfore ne esplora le reciproche relazioni, molteplici quanto mutevoli. Il mondo della cucina contemporanea, governato dall'intuizione, e quello della scienza gastronomica, governato dalla razionalità, si incontrano dando vita a piatti ricchi di stimoli sensoriali ed emozionali. Il linguaggio artistico, con quello della scienza e dell interazione, creano esperimenti interattivi di gran suggestione, che avvolgono e coinvolgono il commensale in una proposta emozionale e conoscitiva che esprime come gli elementi confluiscano e si fondano di continuo l uno nell altro. Il tutto si congiunge con il quinto elemento: l'etere come dimensione che sfugge alle teorie classiche della scienza in cucina, più volte evocato nella ricerca scientifica per dare un significato a quei fenomeni considerati inspiegabili. Il quinto elemento racchiude in sé tutta l energia, l espressione e la vitalità dell essere, creando il messaggio con cui Andrea firma indelebilmente ogni sua proposta. Semplicità estrema nelle composizioni, negli ingredienti e nelle cotture, ma anche una meticolosa scelta delle materie prime, bandendo dalla cucina grassi superflui e condimenti artefatti, per raggiungere l armonia dei quattro elementi più uno. La conformazione della proposta è data dall insieme dei messaggi che arrivano nella ricerca sensoriale elemento per elemento: colori, suoni, profumi e sapori, ricreano luce, calore, energia e sensazioni vitali; ricerca e creatività a misura d uomo. L interno del locale. Sul muro l ombra della mano di Andrea Testolin Ogni segno, ogni gesto, ogni ingrediente crea a tutto tondo il quinto elemento Ravioli di Gambero e Granchio su Verdurine crude di stagione Preparate una sfoglia sottile per ravioli, realizzata con 400gr di farina di semola rimacinata e 200gr d acqua. Formate i ravioli con una farcitura preparata con granchio e gambero bolliti e puliti, finemente tritati. Cuocere i ravioli in abbondante acqua salata. Componete il piatto con punte d asparago bianco di Bassano tagliate sottili, spinaci crudi in foglia, puntarelle romane o cicoria. Disponete le verdurine sul fondo del piatto, adagiate i ravioli e condite con sale e olio extra vergine d oliva. Andrea Testolin 13
15 Vespaiolo Savardo con il Baccalà Due Spade All Antica Trattoria Due Spade di Sandrigo, autentico tempio del Baccalà alla Vicentina, il Vespaiolo della Cantina B.Bartolomeo è il vino bianco preferito. Mondo VINO 14 Lo Chef Giovanni Pozzan Giovanni Pozzan, sguardo fiero e grembiule da cucina in vita, accoglie gli avventori sull uscio con un energica stretta di mano. Più del 90% dei miei clienti proviene da fuori provincia spiega vengono cui appositamente per il bacalà alla vicentina. La sua ricetta si rifà a quella anticamente in uso tra i frati Cappuccini: niente cipolla e acciuga - svela - solo stoccafisso, sale, pepe, cannella, un po di prezzemolo, latte, olio. E lasciar pipare con calma. Oltre al tradizionale polenta e baccalà, Giovanni prepara risotto al baccalà, bigoli al baccalà, addirittura il semifreddo a base di baccalà. Fondamentale è la qualità della materia prima. Per questo Giovanni va ogni anno nell isola di Røst, in Norvegia, a trovare i pescatori delle migliori varietà di merluzzo. Esco a pescare insieme a loro dice con un sorriso ormai siamo diventati grandi amici e il mio è l unico ristorante al mondo a poter acquistare direttamente dai pescatori. La legge norvegese impone infatti di passare attraverso gli intermediari, mai io ho avuto una dispensa firmata dal ministro della pesca in persona. MATRIMONIO PERFETTO La scelta del vino da abbinare al baccalà viene spontanea: La gente viene da me prosegue Giovanni Pozzan per assaporare i gusti del territorio e si orienta naturalmente verso il Vespaiolo. È un meraviglioso vino autoctono ed è quello che, a mio parere, meglio di ogni altro si sposa al baccalà e a tutti i piatti che lo contengono. Tra le etichette proposte alle Due Spade, il best seller è il Vespaiolo superiore doc Savardo della Cantina Beato Bartolomeo da Breganze. È il vino bianco che mi sento sempre di consigliare ai miei clienti spiega un prodotto di ottima qualità, che dimostra l eccellente lavoro fatto negli ultimi anni dalla Cantina di Breganze e che, oltre tutto, posso proporre in lista ad un prezzo vantaggioso. Bigoli al baccalà e asparagi di Bassano Ingredienti per 4 persone: 500 gr. di bigoli 300 gr di Baccalà alla vicentina 200 gr. di asparagi bianchi di Bassano 2 chiodi di garofano Piatto facilissimo da preparare. Tagliate gli asparagi a rondelle dello spessore di un centimetro, fatele cuocere in pochissima acqua con due chiodi di garofano per una decina di minuti. Aggiustate con sale e pepe e versatele in un ampia padella dove avrete nel frattempo scaldato il baccalà preparato almeno un paio di giorni prima. Spadellate i bigoli e il piatto è pronto. Il Vespaiolo selezione Savardo, proveniente dal cuore della Doc di Breganze, riflette pienamente il carattere di questo straordinario vitigno e del suo territorio. Ad un spiccata acidità accompagna un ottima mineralità, dovuta alle caratteristiche del terreno, e un piacevole corpo, dato dall affinamento per un mese sulle proprie fecce fini in vasche d acciaio con continui battonage. Il colore è giallo paglierino con riflessi verdognoli. Ha profumi spiccatamente floreali che ricordano i fiori bianchi, da cui emergono sentori di frutta esotica e piacevoli note di agrumi. È fresco, giustamente astringente, ma equilibrato, di buon corpo e sapidità. L abbinamento con tutti i piatti a base di baccalà alla vicentina è eccellente: la sua struttura si accompagna al gusto deciso del pesce, mentre l acidità deterge dalla grassezza del condimento a base di olio.
16 L ' opinione di Terenzio Panozzo CARO NON SEMPRE VUOL DIRE BUONO Nel corso degli ultimi vent anni stiamo assistendo ad un curioso fenomeno nel mondo del vino. Prima si beveva di più, ma con poca cognizione di causa. Ora si assiste ad una tendenza contraria, infatti coloro che capiscono di vino sono molti di più, ma è calato vertiginosamente il consumo. Siamo infatti intorno ai 40/45 litri di vino pro capite annuo, del quale circa il 65% orientato sul vino di qualità. Quindi se ne parla tanto e non sempre a proposito. Indubbiamente vi sono numerosi stimoli: riviste, guide più o meno autorevoli, televisione, corsi ufficiali. Legato però, a mio parere, a questa grande messe di importanti e valide informazioni c è il rischio di una specie di eno-fondamentalismo e divisione fra buoni e cattivi, laddove i buoni sono i grandi e affermati produttori, con prezzi da capogiro, oppure piccole aziende, consigliate o scoperte e gelosamente custodite o rivelate solo ad una stretta cerchia di amici. Per contro i cattivi sono spesso le aziende di grandi dimensioni o peggio ancora le cantine sociali, a volte viste solo come produttrici di vino da tanica e poco inclini alla qualità. Nulla di più errato. Nel variegato mondo produttivo non c è spazio per il pressappochismo qualitativo. In tutte le aziende, piccole o grandi, storiche o nuove, c è, per evidenti motivi di mercato, una continua ricerca, con selezioni e conseguenti vinificazioni di uve particolarmente curate nel vigneto, utilizzo tecnologico in cantina, che danno prodotti di alta qualità. Ai cugini trentini, che hanno aperto per primi la via con linee produttive differenziate per qualità e prezzo, noi vicentini contrapponiamo altrettante realtà, piccole e grandi, che nulla hanno da invidiare, comprese le cantine sociali, a situazioni già consolidate. Sono realtà da scoprire e visitare senza prevenzioni e con disponibilità mista a curiosità, da parte di questa schiera di nuovi esperti. Piacevoli sorprese saranno riservate sopratutto a chi considera la bottiglia non solo come status symbol, ma come un piacere frequente e quindi necessariamente legato anche ad un corretto rapporto qualità/prezzo. In questo si identifica la vera importanza della crescita culturale che, per fortuna, va sempre più diffondendosi fra i vecchi e i nuovi esperti di vino. Salute.
17 L OLFATTO solo una questione di naso? In viaggio nel mondo del gusto attraverso i sensi Prima tappa: i profumi Tra tutti gli organi di senso l olfatto, che risiede nella parte più antica del nostro cervello, è il più inesplorato. L olfatto ed il gusto costituiscono i cosiddetti sensi chimici, ma a differenza di quest ultimo l olfatto resta per molti versi ancora misterioso e poco studiato. La sua importanza ci riporta indietro nel tempo, quando l olfatto non era proprio considerato in senso positivo. L ambiguità dell olfatto, soprattutto in occidente, era legato ad una materialità del corpo che era per lo più a persone di malaffare o dai bassi costumi, mentre le persone rispettabili dovevano dedicarsi piuttosto alla salvezza dell anima coltivando studi e ed esercizi di più alto profilo come la musica e la matematica. Da quei tempi, e per fortuna, molta strada si è fatta nella rivalutazione dei sensi e dell olfatto in particolare. Oggi, proprio nell ambito dell enogastronomia e dei piaceri legati al cibo, l olfatto assieme al gusto si pone ai vertici quale strumento per riconoscere la qualità, la sanità e la non pericolosità di quasi tutte le sostanze che noi ingeriamo. In verità il mondo scientifico è ancora lontano dall aver sviluppato una metodicità riconosciuta e l interesse per l apparato olfattivo è ancora dominio di poche centinaia di ricercatori. 16
18 Quali sono le potenzialità ed i limiti dell olfatto? Se da una parte la ricerca di misuratori dell olfatto di tipo meccanico (i cosiddetti olfattometri) presentano numerosi limiti e lacune, dall altra una definizione dei valori dell olfatto resta difficoltosa perché tra un individuo ed un altro vi sono grandi differenze sia nella sensibilità olfattiva che nella valutazione degli odori. Queste differenze possono dipendere da svariate cause: malattie, anomalie congenite e l età di chi annusa sono le principali, assieme ad una valutazione di tipo culturale che, proprio per il mondo della gastronomia e del vino, fa emergere non poche perplessità su alcune metodologie spacciate per scientifiche o assolute. Ovviamente la media delle percezioni è per tutti noi un dato di fatto, soprattutto se consideriamo appunto una fascia di persone legate ad un area geografica e ad una cultura. Ma agli estremi di questa immaginaria percezione comune vi sono, molto più reali di quanto si possa immaginare, due estremi degni di essere considerati. Prima e più importante è la cosiddetta anosmia totale o parziale cioè l impossibilità di percepire in tutto od in parte gli odori, al contrario della iperosmia che si può tradurre come un ipersensibilità agli stimoli olfattivi. Se poi consideriamo che all interno di una stessa persona si riscontrano differenti e sensibili soglie di percezione, a seconda dell ora o della situazione, capiamo bene come la cosiddetta analisi organolettica sia molto variabile proprio per la parte legata all olfatto. Tutti noi siamo legati a specifici ricordi anche grazie all odore che ce li fanno rivivere, ma la capacità di percepire al meglio un odore non può prescindere dall analisi di alcuni altri fattori. Da recenti studi si è potuto stabilire con precisione che la percezione massima di uno stimolo olfattivo la si raggiunge tra i trenta ed i quarant anni. Nell infanzia, complice la mancanza di cultura olfattiva e di alti fattori istintuali la soglia di percezione risulta ancora bassa. Invece, man mano che dall età adulta si va verso la vecchiaia si assiste inevitabilmente ad un decadimento delle percezioni degli odori, una sorta di appiattimento o restringimento. Anche se non sono ancora chiare la cause di tale perdita non è difficile riconoscere che esse siano conseguenti ad un generale decadimento che la vecchiaia comporta. Tra tutti i possibili fattori si citino soltanto i normali disturbi della cavità nasale, il disseccamento parziale della mucosa olfattiva oltre ad una vera e propria riduzione della produzione di cellule sensoriali e dell organo dell olfatto nel suo insieme. Le donne hanno più naso La capacità olfattiva della donna è su tutti i fronti superiore a quella maschile. Alle donne sono sufficienti valori di soglia molto più bassi per percepire un odore e il panorama totale delle sensazioni olfattive è molto più vasto. Il naso femminile presenta una maggior sensibilità agli odori del corpo e quindi maggiore risultano le sue prestazioni anche nell identificazione di un odore. Infine, un ultima considerazione: il fattore culturale nella valutazione e nel riconoscimento di un profumo, anzi, di un odore, riveste un importanza ed un fascino enormi. Spesso, assistiamo colleghi ed amici dibattere sulla qualità e sul valore di un determinato profumo legato ad un vino, ad un olio o ad un formaggio. Ovvio che possiamo pur dire che un grande vino rosso d annata sprigioni sentori di sottobosco bagnato e di cuoio fradicio ma se mai ci siamo ritrovati in un bosco durante una pioggia, magari con un vecchio sacco da montagna di cuoio sulle spalle, potremo soltanto credervi sulla fiducia! Paolo Ellero
19 L ultimo caseificio, un patrimonio da salvare La Valleogra, da sempre riconosciuta per l arte norcina, non è da meno nell arte casearia Il Presidente Egidio Cavion L ultimo baluardo a rischio d estinzione è il Caseificio Sociale Centro di Torrebelvicino, presente nel territorio da oltre un secolo. Una piccolissima realtà ancora oggi punto di riferimento dei pochi allevatori rimasti nei comuni di Valli del Pasubio e Torrebelvicino. Per il suo personale ogni giorno la sveglia suona presto per garantire il ritiro del latte nelle dodici stalle associate. Conferiscono solo latte prodotto nella Valleogra: sano, genuino, fornito da mucche non stressate, che producono non più di 35 quintali all anno contro una produzione media di 85 per bovino. Sotto l abile ed attenta manualità del casaro Fausto Trentin, il latte viene termizzato in parte a 65 e mescolato in ugual misura a latte fresco di mungitura, creando la base per produrre il Torriago: un formaggio tradizionale artigianale, nella versione Pressato, allevo fresco/mezzano o stravecchio, con fino tre anni di stagionatura. Ma la manualità del casaro non si ferma qui... Oggi il caseificio si sta affermando per le microproduzioni di qualità, come caciotte e forme di piccola pezzatura, anche a crosta lavata, plasmate, stagionate ed affinate secondo le esigenze del cliente. Una realtà artigianale che si differenzia qualificandosi per l unicità della produzione, mantenendo inalterata la genuinità. Lo spaccio adiacente al caseificio oltre a proporre i propri formaggi, si sta specializzando sempre più nei prodotti tipici, con particolare riguardo ai prodotti biologici, proponendo i migliori salumi, ortaggi, frutti, cereali, miele, composte, e altri prodotti della Valleogra. Gratificando così i sapienti gourmet che ricercano un prodotto semplice che rispecchi la genuinità del territorio. Un futuro incerto Stiamo facendo grandi sforzi per sopravvivere confessa Egidio Cavion, Presidente del Caseificio, mettendo in evidenza come per un caseificio così piccolo non sia sufficiente il lavoro quotidiano dei soci e dei collaboratori. Per noi produrre un prodotto così speciale è possibile fintanto che vi saranno allevatori disposti a dedicare la loro vita all allevamento di qualità, e l unico modo per dare continuità ai pochi rimasti è riconoscere la giusta remunerazione. Questo è amore per la propria terra Con una produzione limitata e artigianale, e dei costi d esercizio sempre più elevati prosegue Cavion per noi è una sfida persa far quadrare i conti. Il caseificio e gli allevatori hanno assoluto bisogno del sostegno delle istituzioni, non per il mero interesse di pochi, ma per proteggere e salvaguardare il territorio e le tradizioni, tutelando e rilanciando una cultura che non deve morire. Colgo questa opportunità per ringraziare la Comunità Montana Leogra-Timonchio e i Comuni di Torrebelvicino e Valli del Pasubio per quanto hanno fatto e continueranno a fare per salvaguardare lo storico Caseificio. Un impegno di tutti conservare il passato per un futuro migliore. Roberto Gasparin Il casaro Fausto Trentin Lo spaccio 18
20 Una Scelta di Vita Azienda Agricola Le Terre Bianche Nel 2000, quando Maurizio Dall Alba e Patrizia Dal Zotto acquistarono le prime 6 caprette mai avrebbero pensato di percorrere tanta strada in così poco tempo. Oggi le Terre Bianche sono un affermato punto di riferimento nella produzione di formaggi caprini, e le loro 60 caprette camosciate alpine, forti e robuste, producono giornalmente 180 litri di latte al giorno. Viene trasformato tutto a crudo in fresche Ricotte, Caciotte e Caolino (un formaggio tipico, disponibile anche aromatizzato alle erbe di stagione), oltre a interessanti caprini stagionati, come il Paneto e le Formagelle. Alla produzione dei formaggi è stato affiancato l allevamento dei capretti, che per merito dell alimentazione con latte naturale presentano carni fini e squisite, dal sapore unico di rara bontà. Tanti sacrifici e amore per gli animali Sacrificio e amore: è lo spirito con cui Maurizio accompagna ogni giorno le sue caprette al pascolo: loro sono strumenti indispensabili per ripulire e valorizzare il territorio, amati e rispettati. Il rapporto con il territorio, la cura della genuinità, la scelta dei foraggi in loco, l amore in stalla e in laboratorio. Le lavorazioni a crudo, la formazione e i continui aggiornamenti, con la semplicità della loro vita: sono tutti ingredienti a salvaguardia di un prodotto tanto semplice quanto buono e sano. Questo è il segreto della bontà dei formaggi che Patrizia produce ogni giorno. Nelle loro giornate non ci sono ferie o riposi, ogni giorno il tempo segna i bisogni dell allevamento da prima dell alba a dopo tramonto. Ogni giorno le loro amate caprette hanno bisogno di loro, e il tempo non si può fermare. A volte succede che si chiedano se vale la pena una scelta così difficile ed impegnativa. La risposta la trovano nelle loro caprette, ognuna con il proprio nome, che portano nelle mammelle l amore, gratificandoli tanto quanto solo un figlio sa fare. Questo viscerale rapporto con la natura è la loro scelta di vita. Una realtà come questa richiede tanti sacrifici, e lavorando in montagna è tutto più difficile, dalla fienagione ai trasporti, dalla pulizia al mantenimento della stalla. Chiedersi perché una coppia così giovane abbia fatto questa scelta è d obbligo, ma la risposta si trova nei loro sguardi: hanno Le Terre Bianche, il profumo della natura, l aria frizzante del mattino, il sorriso di ogni alba, il sole temperato della collina e la fatica ad ogni sera. Il sentirsi appagati del lavoro di ogni giorno e del sudore quotidiano di certo non gratifica la tasca, ma nessuna moneta può ripagare la gioia del loro cuore. Per questo quando si gusta un loro formaggio non bisogna dimenticare i tanti sacrifici per ottenere questa bontà. Pochi hanno il coraggio di questi ragazzi e non si pensi che tutto sia scontato, il filo che sostiene queste belle iniziative è sottile, ed è dovere di tutti noi evitare che si spezzi. Roberto Gasparin La capretta Ginger Patrizia in Piazza del Bao Maurizio Dall Alba e la piccola Sconci 19
21 Spugnole Tesori di primavera Giunge Primavera! I ghiacci sono sciolti, i fiori son già molti, gli alberi tornano folti. Tutti gli uccelli con gioiosi trilli di maggio son segno! (anonimo) Anticamente si credeva che i funghi fossero escrescenze del suolo, perché si vedevano spuntare dal nulla e dopo qualche giorno si afflosciavano per scomparire nel nulla. Per millenni sono stati considerati frutti di magia, da venerare come divinità benefiche oppure da temere come causa di allucinazioni e morte, a seconda delle circostanze. Nell antica Grecia, come in Cina, i funghi erano considerati simbolo di vita, magico e divino, legato all'immortalità. Per i Maya e gli Aztechi invece i funghi, per le loro proprietà allucinogene erano carne divina. Nella Roma antica il fungo, sebbene apprezzatissimo per le qualità culinarie, diventò simbolo di morte. Infatti, il termine fungus significherebbe portatore di morte. 20
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