Ordinali e cardinali Teoria assiomatica non formalizzata degli insiemi a cura di Franco Montagna

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1 Ordinali e cardinali Teoria assiomatica non formalizzata degli insiemi a cura di Franco Montagna

2 Avvertenza. Queste note costituiscono il contenuto di una breve lezione sugli insiemi e in particolare su ordinali e cardinali. Esse hanno lo scopo di riassumere in poco tempo quelle nozioni di teoria degli insiemi che sono indispensabili per un corso di Logica Matematica di primo livello, e sono rivolte a quegli studenti che, pur avendo un minimo di basi matematiche, non hanno mai seguito un corso di base di Teoria degli Insiemi. Non hanno quindi, ovviamente, la pretesa di sostituire un libro di testo, e meno che mai quella di sostituire uno studio approfondito dell argomento.

3 1 Assiomi della Teoria degli Insiemi ZF (Zermelo-Fränkel). Una presentazione informale. Il linguaggio della teoria degli insiemi di Zermelo-Fränkel (ZF) ha un solo simbolo non logico, il predicato binario (appartenenza). Gli elementi dell universo della teoria sono gli insiemi. In particolare, gli elementi di insiemi sono a loro volta insiemi. Tuttavia, spesso si fa riferimento a collezioni astratte, chiamate classi. Per ogni formula φ(x), prendiamo in considerazione la collezione (classe) di tutti gli insiemi x che soddisfano φ(x). Tale classe è denotata con {x : φ(x)}.

4 In certi casi, una classe può anche essere un insieme, ma non sempre lo è. Ad esempio, la classe di Russell R = {x : x / x} non è un insieme, altrimenti avremmo R R sse R / R, contraddizione. Un altro esempio di classe che non è un insieme è la classe di tutti gli insiemi, ossia la classe V = {x : x = x}. Gli assiomi di ZF sono: 1) Estensionalità: due insiemi con gli stessi elementi sono uguali. 2) Insieme vuoto: esiste un insieme che non ha elementi. N.B. Per l assioma 1) tale insieme è unico e si indica con. 3) Coppia non ordinata: dati due insiemi a e b esiste un insieme i cui elementi sono a e b. Per 1) tale insieme è unico e si indica con {a, b}.

5 Notazione: l insieme {{a, b}, {a}} viene detto coppia ordinata con primo elemento a e secondo elemento b e si denota con (a, b). Se a = b, tale coppia ordinata ha come unico elemento {a}, altrimenti i suoi elementi sono {a, b} e {a}. Uno dei due, cioè quello di due elementi, ci dice quali sono gli elementi della coppia, l altro, {a}, ci dice chi è il primo elemento. 4) Unione: dato un insieme a, esiste l unione dei suoi elementi, cioè l insieme (unico per l assioma 1)) i cui elementi sono tutti e soli gli elementi di qualche elemento di a. Tale insieme è denotato con a. In particolare: l unione nel senso usuale di due insiemi è data da a b = {a, b}.

6 N.B. I numeri naturali sono definiti induttivamente così: 0 = ; n + 1 = n {n}. Gli assiomi (1),...,(4) consentono di costruire ciascun numero naturale, ma non la loro totalità. Per questo serve il prossimo assioma. 5) Assioma dell infinito. Esiste almeno un insieme induttivo, ossia un insieme X tale che X e se x X, allora x {x} X. Dall assioma 5) segue che esiste un insieme che ha come elementi tutti i numeri naturali, ma a priori tale insieme potrebbe contenere altri elementi. L insieme ω dei numeri naturali è allora definito come il più piccolo insieme induttivo. Che il più piccolo insieme induttivo esista segue dal prossimo assioma 6).

7 6) Assioma di isolamento. Data una proprietà P (x) (espressa attraverso una formula al primo ordine) e dato un insieme z, esiste l insieme di tutti gli elementi x z che soddisfano P (x). Tale insieme si denota con {x z : P (x)}. L intersezione di una classe X, denotata con X, è la collezione di tutti gli insiemi che appartengono a tutti gli elementi di X. Se X =, X è la classe di tutti gli insiemi, e quindi è una classe propria. Altrimenti, l assioma di isolamento garantisce che X sia un insieme. Sia infatti z X, e sia P (x) la proprietà x appartiene a tutti gli elementi di X. Allora, X = {x z : P (x)}, e quindi X è un insieme per l assioma di isolamento. Le formule al primo ordine di ZF (in breve: formule) sono definite induttivamente così: (a) se x, y sono variabili, x y e x = y sono formule; (b) se φ e ψ sono formule, anche φ ψ, φ ψ, φ ψ, φ, xφ e xφ lo sono; (c) null altro è una formula.

8 In particolare, la classe di tutti gli insiemi induttivi è non vuota, e la sua intersezione è il più piccolo insieme induttivo, ossia l insieme ω dei numeri naturali. Gli assiomi finora elencati garantiscono l esistenza di insiemi infiniti, ma non l esistenza di insiemi infiniti non numerabili (cioè non biiettivi a ω). Tale esistenza è garantita dal prossimo assioma.

9 7) Assioma dell insieme potenza. Per ogni insieme X esiste l insieme P(X) i cui elementi sono tutti e soli i sottoinsiemi di X. Questo assioma consente di costruire P(ω), l insieme dei sottoinsiemi di ω, che, come vedremo, è un insieme non numerabile, ossia non biiettivo a ω. Osservazione. L assioma dell insieme potenza, insieme all assioma di isolamento, consente anche di costruire il prodotto cartesiano di due insiemi A e B, cioè l insieme A B = {(a, b) : a A, b B}. Infatti, A B = {x P(P(A B)) : a A b B(x = (a, b))}.

10 8) Assioma di rimpiazzamento. Darò una formulazione abbastanza informale di questo assioma. Supponiamo di avere una classe funzionale F, ossia una classe di coppie ordinate tale che per ogni insieme x esista al più un insieme y tale che (x, y) F. Indichiamo con Dom(F ) la classe degli x per cui esiste un y tale che (x, y) F e per x Dom(F ), indichiamo con F (x) l unico y tale che (x, y) F. Dato allora un insieme X, esiste l insieme {F (x) : x X Dom(F )}, cioè l immagine di X tramite F è un insieme. Una classe funzionale ha quindi tutte le caratteristiche di una funzione, salvo possibilmente quella di essere un insieme.

11 9) Assioma di fondazione: non esiste una sequenza x 0, x 1,..., x n,... con x 1 x 0, x 2 x 1,..., x n+1 x n,... L assioma garantisce che se parto da un insieme x 0, scelgo un suo elemento x 1, poi scelgo un elemento x 2 di x 1, etc..., prima o poi mi devo fermare perchè arrivo all insieme vuoto. 10) Assioma di Scelta: data una famiglia (insieme) X di insiemi non vuoti, esiste una funzione f definita su X tale che per ogni x X, f(x) x. Intuitivamente, tale funzione sceglie un elemento da ciascun insieme non vuoto x X. Una funzione da un insieme X a un insieme Y è un sottoinsieme F di X Y tale che per ogni x X esiste uno ed un solo y Y tale che (x, y) F.

12 Gli assiomi di ZF consentono di inquadrare tutte le teorie matematiche in un unica teoria generale. In questa ottica, ogni oggetto matematico (numero, struttura algebrica, ente geometrico, etc.) viene rappresentato da un insieme, che può essere costruito attraverso gli assiomi di ZF. Tuttavia, questa riduzione, pur essendo possibile in linea teorica, è decisamente scomoda, in quanto, data la povertà del linguaggio di ZF, le costruzioni degli oggetti matematici in ambito puramente insiemistico risultano estremamente lunghe e laboriose.

13 Buoni ordini e ordinali. Gli ordinali possono essere utilizzati in almeno due modi: (1) come insiemi che ci permettono di contare all infinito passando al limite: 0, 1, 2, 3,..., n,..., ω, ω + 1, ω + 2,..., ω + n,..., ω + ω,... etc. (2) Come insiemi che codificano i tipi di isomorfismo dei buoni ordini. Esaminiamo il secondo approccio più nei dettagli.

14 Definizione. Un buon ordine su un insieme X è un ordine totale su X tale che ogni sottoinsieme non vuoto di X abbia minimo rispetto a. Se è una relazione di buon ordine su X, la coppia ordinata (X, ) si dirà un insieme ben ordinato. Esempi: (a) Ogni ordine totale finito è un buon ordine. (b) I numeri naturali con l ordine usuale sono un insieme ben ordinato. (c) Se X e Y sono insieme disgiunti e X e Y sono buoni ordini su X e su Y rispettivamente, la relazione su X Y definita da: x y sse o x, y X e x X y, o x, y Y e x Y y o x X e y Y è un buon ordine.

15 (d) L ordine usuale sugli interi Z non è un buon ordine dato che Z non ha minimo. (e) Anche se [0, 1] ha minimo, l ordine usuale su [0, 1] non è un buon ordine, dato che (0, 1) è un suo sottoinsieme non vuoto privo di minimo. (f) L insieme delle stringhe finite (incluse prive di senso) dell alfabeto italiano con l ordine del dizionario non è un buon ordine. Infatti risulta b > ab > aab > aaab >..., e quindi il sottoinsieme {b, ab, aab, aaab,...} è privo di minimo.

16 Definizione. Dati due insiemi ben ordinati (X, X ) e (Y, Y ), un isomorfismo da (X, X ) a (Y, Y ) è una biiezione f da X a Y tale che per ogni x, x X si abbia x X x sse f(x) Y f(x ). Due insiemi bene ordinati (X, X ) e (Y, Y ) si dicono isomorfi se esiste un isomorfismo da (X, X ) a (Y, Y ). N.B. La relazione essere isomorfi è una relazione di equivalenza sulla classe di tutti gli insieme ben ordinati. Definizione. Un segmento iniziale di un insieme ben ordinato (X, X ) è un sottoinsieme Y di X tale che se y Y e z y, allora z Y. Un segmento iniziale Y X si dirà segmento iniziale proprio. Teorema 1 (di tricotomia). Dati due insiemi bene ordinati (X, X ) e (Y, Y ), si presenta una ed una sola delle seguenti possibilità:

17 (1) (X, X ) e (Y, Y ) sono isomorfi. (2) (X, X ) è isomorfo a un segmento iniziale proprio di (Y, Y ). (3) (Y, Y ) è isomorfo ad un segmento iniziale proprio di (X, X ). In tutti e tre i casi, l isomorfismo di cui si asserisce l esistenza è unico. Giustificazione intuitiva del teorema: Iniziamo a mandare il minimo di (X, X ) nel minimo di (Y, Y ). Passo induttivo: supponiamo di aver costruito un isomorfismo fra un segmento iniziale S di X ed un segmento iniziale T di Y.

18 Se S = X e T = Y, abbiamo un isomorfismo fra X e Y. Se S = X e T Y abbiamo un isomorfismo fra X ed un segmento iniziale proprio di Y. Se S X e T = Y, abbiamo un isomorfismo fra Y e un segmento iniziale proprio di X. Se nessuno dei tre casi si presenta, proseguiamo la costruzione mandando il minimo di X\S nel minimo di Y \T. Per una dimostrazione formale, non possiamo usare ancora le costruzioni induttive, perchè queste vengono di regola introdotte dopo la definizione di ordinale. Conviene allora considerare l insieme delle coppie (x, y) X Y per cui l insieme {x X : x < X x} è isomorfo all insieme {y Y : y < Y y} e dimostrare che tale insieme di coppie è una funzione con le proprietà richieste.

19 Vogliamo ora definire una classe On di insiemi tale che: (1) Ogni elemento di On sia ben ordinato dalla relazione = definita da x = y sse o x y o x = y. (2) Ogni insieme ben ordinato sia isomorfo ad uno ed un solo elemento di On (quest ultimo munito del buon ordine = ).

20 A titolo di esempio, consideriamo un insieme ben ordinato (X, ) con due soli elementi. Allora, ad esempio (2, = ) e ({1, 3}, = ) sono entrambi ben ordinati rispetto a = e sono entrambi isomorfi a (X, ), mentre noi vogliamo selezionare uno solo insieme con questa proprietà. Per isolare un solo insieme per ogni classe di isomorfismo di insiemi ben ordinati, richiediamo un altra proprietà, ossia la transitività. Definizione. Un insieme x si dice transitivo se per ogni y, z, se y z e z x, allora y x. (Equivalentemente: se per ogni insieme y, se y x, allora y x). Un ordinale è un insieme transitivo bene ordinato da =. La classe degli ordinali si indica con On. Per α, β On definiamo: α β sse α = β.

21 Esercizi. Dimostrare che: (1) Ogni elemento di un ordinale è un ordinale. (2) è un ordinale. (Si ha anche che è il minimo di On rispetto a ). (3) Se α è un ordinale, anche α + 1 = α {α} è un ordinale. (Si ha anche che α + 1 il piú piccolo ordinale > α). (4) Se X è un insieme di ordinali, X è un ordinale. (Si ha anche che X è l estremo superiore di X, ossia il minimo α tale che per ogni β X, β = α). (5) 2 è un ordinale, mentre {1, 3} non lo è.

22 Da (1) e (2) segue che ogni numero naturale n è un ordinale (per induzione), ed essendo ω = ω, anche ω è un ordinale. Proseguendo, abbiamo che ω + 1, ω + 2,..., etc. sono ordinali. Vedremo in seguito come generare ordinali molto più grandi. Un ordinale β della forma α + 1 con α ordinale si dice ordinale successore. Un ordinale che non è nè 0 nè un successore si chiama ordinale limite. Ad esempio, ω è un ordinale limite.

23 Enunciamo senza dimostrazione il seguente teorema. Teorema 2. La classe On è transitiva (cioè, α On e β α implica β On) e bene ordinata da =. Corollario. On non è un insieme. Dimostrazione. Se On fosse un insieme, On sarebbe un ordinale, essendo transitivo e ben ordinato da =. Ma allora, On On, e avremmo la catena infinita... On On On, contro l assioma di fondazione. Il prossimo teorema asserisce che gli ordinali soddisfano le proprietà che ci eravamo prefissati:

24 Teorema 3. Ogni insieme ben ordinato è isomorfo ad un (unico) ordinale. Idea della dimostrazione. Dato un insieme ben ordinato (X, ) e un ordinale α, per il teorema di tricotomia, si presenta una ed una sola delle tre possibilità: (1) (X, ) e (α, = ) sono isomorfi. (2) (X, ) è isomorfo ad un segmento iniziale proprio di (α, = ). (3) (α, = ) è isomorfo ad un segmento iniziale proprio di (X, ).

25 Nel primo caso, siamo a posto, e nel secondo pure, perchè un segmento iniziale di un ordinale è un ordinale. Basta quindi mostrare che è impossibile che per ogni ordinale α si verifichi il terzo caso. Per escludere questa possibilità, si fa vedere che se per ogni α si verificasse il terzo caso, si riuscirebbe a costruire un isomorfismo F da (On, = ) a un segmento iniziale di (X, ). Detta allora Y = F (On) l immagine di On in F, Y sarebbe un insieme per l assioma di isolamento, e anche On = F 1 (Y ) sarebbe un insieme per l assioma di rimpiazzamento, assurdo.

26 Esempi: (a) per ogni numero naturale n, l unico ordinale isomorfo ad un buon ordine con n elementi è n. (b) Se (X, ) è un insieme bene ordinato infinito tale che ogni suo segmento iniziale proprio sia finito, l unico ordinale ad esso isomorfo è ω. Induzione transfinita e recursione transfinita. Il principio di induzione dice che se P (x) è una proprietà che vale per x = 0 e che, se vale per un naturale n, vale per n + 1, allora P (x) vale per tutti i naturali. Possiamo estendere la proprietà agli ordinali?

27 Se ci limitiamo a sostituire la parola naturale con ordinale, la risposta è NO. Ad esempio, la proprietà di essere un numero naturale vale per 0 e se vale per un ordinale α vale anche per α + 1, ma non vale per tutti gli ordinali. Per estendere il principio agli ordinali, bisogna contemplare anche il caso degli ordinali limite.

28 Principio di Induzione transfinita. Sia P (x) una proprietà tale che: (1) P (0) vale. (2) Per ogni ordinale α, se vale P (α), allora vale anche P (α + 1). (3) Per ogni ordinale limite β, se per ogni γ < β vale P (γ), allora vale P (β). Allora, per ogni ordinale α vale P (α).

29 Il principio di induzione transfinita si puó anche enunciare in forma compatta: Sia P (x) una proprietà tale che: Per ogni ordinale α, se vale P (β) per ogni β < α, allora vale anche P (α). Allora, per ogni ordinale α vale P (α).

30 Un altro principio che si può estendere, con le dovute cautele, dai naturali agli ordinali, è il teorema di recursione transfinita. Il principio di recursione su ω, nella sua forma piú semplice in una sola variabile, dice che dato un insieme A, una funzione G da A ad A ed un elemento a 0 A esiste una ed una sola funzione F da ω ad A tal che: (1) F (0) = a 0. (2) Per ogni numero naturale n, è F (n + 1) = G(F (n)).

31 Se vogliamo estendere questo principio agli ordinali, dobbiamo affrontare due difficoltà: innanzitutto, dobbiamo prendere in considerazione una definizione induttiva che corrisponde agli ordinali limite. Inoltre, non possiamo aspettarci di ottenere una funzione definita sugli ordinali. Infatti, una funzione è un insieme, ed anche il suo dominio lo è, mentre gli ordinali sono una classe propria. Potremo dunque aspettarci di ottenere una classe funzionale, e non una funzione, definita su tutti gli ordinali. Ciò premesso, si ha:

32 Teorema 4 (di recursione transfinita). Siano G e H due classi funzionali totali, cioè due classi di coppie ordinate tali che per ogni insieme x esista uno ed un solo insieme y tale che (x, y) G ed uno ed un solo insieme z tale che (x, z) H. Al solito, denotiamo con G(x) (H(x) rispettivamente) l unico y tale che (x, y) G ((x, y) H rispettivamente). Sia poi a 0 un insieme arbitrario. Esiste allora una ed una sola classe funzionale F avente come dominio On tale che: (1) F (0) = a 0. (2) Per ogni ordinale α, sia F (α + 1) = G(F (α)). (3) Per ogni ordinale limite β, sia F (β) = H ({(γ, F (γ)) : γ < β}).

33 Esempi. La somma di due ordinali, pensata come funzione unaria in cui il primo addendo resta fisso, è definita per recursione da: α + 0 = α. α + (β + 1) = (α + β) + 1. Per γ ordinale limite, α + γ = sup {α + δ : δ < γ}. Qui, a 0 = α, G(x) = x {x} e H ({(δ, a δ ) : δ < γ}) = δ<γ a δ (il comportamento di H su insiemi che non sono del tipo {(δ, a δ ) : δ < γ} è irrilevante).

34 Il prodotto di ordinali è definito per recursione da: α 0 = 0 α (β + 1) = α β + α Per γ ordinale limite, α γ = sup {α δ : δ < γ}. Nota: la somma e il prodotto non sono operazioni commutative. Infatti 1 + ω = ω ω + 1, e 2 ω = ω ω 2.

35 L esponenziale di ordinali è definito per recursione tramite le leggi: α 0 = 1 α β+1 = α β α Per γ ordinale limite, α γ = sup { α δ : δ < γ }. Nota: si ha 2 ω = sup{2 n : n ω} = ω, e quindi sugli ordinali viene meno la legge 2 x > x. Avvertiamo che l esponenziale di ordinali è diverso dall esponenziale di cardinali. Pur non affrontando l argomento in queste note, facciamo presente che se 2 ω è pensato come esponenziale di cardinali, allora 2 ω > ω.

36 Il principio di recursione permette di definire ordinali abbastanza grandi, ed esempio: ω n = ω ω n volte. ω 2 = ω ω ω ω = sup {ω n : n ω} ε 0 = sup { ω, ω ω, ω ωω,..., etc. }. Vedremo però che tutti questi ordinali sono numerabili, mentre esistono anche ordinali non numerabili.

37 Anche il Teorema di recursione puó essere espresso in forma compatta come segue: Teorema di recursione, versione compatta. Sia G una classe funzionale totale. Esiste allora una ed una sola classe funzionale F avente come dominio gli ordinali tale che per ogni ordinale α sia F (α) = G{(β, F (β)) : β < α}.

38 Assioma di Scelta e suoi equivalenti. I seguenti principi sono equivalenti all Assioma di Scelta: (1) Principio di Zermelo: ogni insieme può essere bene ordinato. (2) Lemma di Zorn: Sia (P, ) un insieme parzialmente ordinato tale che ogni catena C (sottoinsieme di P totalmente ordinato) abbia un maggiorante (cioè esista m P tale che per ogni c C sia c m). Allora per ogni p P esiste un elemento massimale m p (cioè un m p per cui non esiste m > m). Il Teorema 4 e il Principio di Zermelo ci consentono di concludere che ogni insieme, essendo ben ordinabile, è biiettivo ad un ordinale. Questo fatto sarà molto utile nello studio dei numeri cardinali.

39 Per quanto riguarda il Lemma di Zorn, va innanzitutto notato che la proprietà che ogni catena abbia un maggiorante è necessaria: ad esempio, gli interi Z con l ordine usuale costituiscono un insieme parzialmente ordinato privo di elementi massimali. Ciò non contraddice il Lemma di Zorn, in quanto Z stesso è una catena priva di maggioranti. Il Lemma di Zorn viene usato molto spesso in algebra, ad esempio per dimostrare che ogni spazio vettoriale ha una base (una base è un insieme linearmente indipendente massimale). Esso è utile anche in Logica Matematica, in quanto garantisce che ogni teoria consistente sia estendibile ad una teoria consistente e completa.

40 Numeri cardinali. I numeri cardinali servono per confrontare le numerosità di due insiemi. Sembra naturale affermare che due insiemi X e Y per cui esiste una biiezione dall uno all altro siano equinumerosi, e che se esiste una funzione iniettiva da X a Y, allora la numerosità di Y sia maggiore o uguale a quella di X. Diamo allora le seguenti definizioni: Definizioni. Diciamo che l insieme X e l insieme Y hanno la stessa cardinalità, e scriviamo X = Y, se esiste una biiezione da X a Y. Diciamo che X ha cardinalità minore o uguale a Y, e scriviamo X Y, se esiste una funzione iniettiva da X a Y.

41 Nota: (1) La relazione avere la stessa cardinalità è un equivalenza, e la relazione avere cardinalità minore o uguale è un preordine (ossia è riflessiva e transitiva), come è facile dimostrare. In particolare, se esiste una biiezione da X a Y, esiste anche una biiezione da Y a X. (2) Se X e Y sono insiemi finiti, allora essi hanno la stessa cardinalità se e solo se hanno lo stesso numero di elementi, e X ha cardinalità minore o uguale a Y se e solo se il numero degli elementi di X è minore o uguale del numero di elementi di Y. (3) Pur essendo molto naturali, queste definizioni violano il principio secondo cui il tutto è maggiore della parte. Ossia, è possibile che un insieme (necessariamente infinito) ed un suo sottoinsieme proprio abbiano la stessa cardinalità.

42 Ad esempio, l insieme dei numeri naturali è biiettivo all insieme dei numeri pari, tramite la funzione f(x) = 2x, ma l insieme dei pari è un sottoinsieme proprio di ω. (4) Le notazioni X = Y e X Y suggeriscono che se X Y e Y X, allora X = Y. Questo fatto è vero, ma non è banale da dimostrare. Esso costituisce l enunciato del Teorema di Cantor-Schröder-Bernstein:

43 Teorema 5 (di Cantor-Schröder-Bernstein). Se esistono una funzione iniettiva da X a Y ed una funzione iniettiva da Y a X, allora esiste una biiezione da X a Y. Esercizio. Dimostrare (usando l Assioma di Scelta) che le seguenti affermazioni sono equivalenti: (1) Esiste una funzione suriettiva da X a Y (2) Esiste una funzione iniettiva da Y a X.

44 Avevamo accennato prima al fatto che l assioma dell insieme potenza garantisce l esistenza di insiemi non numerabili. E giunto il momento di vedere perchè. Teorema 6 (di Cantor). vale a dire: Per ogni insieme X, è X < P(X), (a) Esiste una funzione iniettiva da X a P(X). (b) Non esiste alcuna biiezione da X a P(X), anzi non esiste alcuna funzione suriettiva da X a P(X).

45 Dimostrazione. (a) La funzione x {x} è iniettiva da X a P(X). (b) Dimostriamo che per ogni funzione f da X a P(X), esiste un elemento di P(X) che non è nell immagine di X in f. Sia infatti X f = {x X : x / f(x)}. Per ogni x X si ha che x X f sse x / f(x), e quindi X f f(x). Ne segue che X f non è nell immagine di f, e f non è suriettiva. La dimostrazione utilizza essenzialmente la stessa idea utilizzata nella dimostrazione che la classe R = {x : x / x} non è un insieme. Tale metodo dimostrativo, detto metodo diagonale di Cantor, fu utilizzato per la prima volta da Cantor per dimostrare la non numerabilità dell insieme dei numeri reali.

46 Nota. (1) Dal Teorema di Cantor e dal Teorema di Cantor- Schröder-Bernstein deduciamo che non esiste alcuna funzione iniettiva da P(X) a X (se esistesse, avremmo una biiezione da X a P(X), contro il Teorema di Cantor). (2) Prendendo X = ω abbiamo che P(ω) ha cardinalità strettamente maggiore di ω, e quindi è un insieme infinito ma non numerabile. L Assioma di Scelta ci garantisce che il preordine sulle cardinalità X Y è lineare, ossia, o X Y o Y X. Infatti, per il Principio di Zermelo, ogni insieme è bene ordinabile e quindi è biiettivo ad un ordinale. Esistono allora due ordinali α e β tali che X = α e Y = β.

47 Ma l ordine sugli ordinali è totale, per cui o α β (e allora X Y ) o β α (e allora Y X ). Il nostro obiettivo é ora quello di associare ad ogni insieme X un altro insieme Card(X), detto cardinale di X, in modo che X = Y sse Card(X) = Card(Y ). Un altro risultato desiderabile è quello di avere un ordine sui cardinali tale che per ogni coppia X, Y di insiemi sia X Y sse Card(X) Card(Y ).

48 La prima idea è quella di pensare al cardinale di un insieme X come alla classe di equivalenza di X rispetto alla relazione avere la stessa cardinalità. In questo modo però i cardinali sarebbero classi proprie e non necessariamente insiemi. Ancora peggio, la totalità dei cardinali sarebbe una collezione di classi, e quindi una classe al secondo ordine. Per evitare queste spiacevoli conseguenze, si può cercare di scegliere, per ogni classe di equivalenza, un particolare rappresentante canonico.

49 Ancora una volta, l Assioma di Scelta ci viene in aiuto. Per il Principio di Zermelo, ogni insieme X è biiettivo ad un ordinale. Di regola, tale ordinale non è unico. Tuttavia, la classe degli ordinali biiettivi a X ha minimo. Tale minimo prende allora il nome di cardinale di X, e viene denotato con Card(X). Definizione. Chiamiamo cardinale di X, denotato con Card(X), il più piccolo ordinale biiettivo a X. Chiamiamo cardinale un ordinale che non è biiettivo ad alcun ordinale minore di lui. La classe dei cardinali, munita dell ordine indotto da quello sugli ordinali, verrà indicata con Card. Si ha subito:

50 Proposizione 1. Le seguenti sono equivalenti: (1) α è un cardinale. (2) Esiste un insieme X tale che α = Card(X). (3) α = Card(α). Proposizione 2. (1) X = Y sse Card(X) = Card(Y ). (2) X Y sse Card(X) Card(Y ).

51 Esempi. (a) Ogni ordinale finito è un cardinale. (b) ω è un cardinale. (c) ω + 1, ω + ω e ω 2 non sono cardinali. Infatti, sia ω + 1, sia ω + ω che ω 2 sono biiettivi a ω. Si può dimostrare che anche ω ω e ε 0 sono ordinali numerabili, e quindi non sono cardinali. (d) Esistono cardinali infiniti non numerabili, ad esempio, per il Teorema di Cantor, Card(P(ω)). Un altro esempio di cardinale non numerabile, che non richiede l Assioma di Scelta, è l insieme di tutti gli ordinali numerabili. (e) Per ogni cardinale α, ne esiste uno più grande, ad esempio Card(P(α)).

52 Si ha poi: Teorema 7. L unione di un insieme di cardinali è un cardinale. Dimostrazione. Sia α = X, ove X è un insieme di cardinali. Ogni cardinale è un ordinale, e quindi X è un insieme di ordinali. Pertanto, per quanto visto in precedenza X è un ordinale, e resta da dimostrare che non è biiettivo ad un ordinale minore. Ora, l ordine fra gli ordinali è = e quindi β < α = X sse β X sse esiste γ X tale che β γ. Ma se γ X, γ è un cardinale, e quindi β < γ X.

53 Gli aleph. Definiamo per recursione: ℵ 0 = ω; ℵ α+1 = min {γ : γ Card e ℵ α < γ} (un γ Card tale che ℵ α < γ esiste, ad esempio Card(P(ℵ α ))). Per γ ordinale limite, ℵ γ = δ<γ ℵ δ (si noti che per il Teorema 7, ℵ γ è un cardinale). Si ha allora che ogni ℵ γ è un cardinale infinito e che per ogni cardinale infinito α esiste un ordinale γ tale che α = ℵ γ. Sia infatti per assurdo δ il minimo cardinale che non è un aleph. Allora, ogni cardinale minore di δ è un aleph. Sia γ = {α : ℵ α < δ}. Allora, δ = α<γ ℵ α = ℵ γ, assurdo.

54 Ipotesi generalizzata del Continuo. Per il Teorema di Cantor, Card(P(ℵ α )) > ℵ α, per cui Card(P(ℵ α )) ℵ α+1. Si pone allora il seguente problema: vale l uguaglianza? Ossia, vale l identità Card(P(ℵ α )) = ℵ α+1? Sorprendentemente, questa ipotesi, detta ipotesi generalizzata del continuo, non è nè dimostrabile nè refutabile. Vale a dire, non porta a contraddizioni (assumendo ZF consistente) assumere che per ogni ordinale α sia Card(P(ℵ α )) = ℵ α+1, ma non porta neppure a contraddizioni l assumere che già per α = 0, l uguaglianza fallisca, cioè che sia Card(P(ℵ 0 )) > ℵ 1. Si può dimostrare che Card(P(ℵ 0 )) è il cardinale dell insieme dei numeri reali. Quindi, l enunciato Card(P(ℵ 0 )) = ℵ 1 (noto come Ipotesi del Continuo di Cantor ) è equivalente al fatto che ogni sottoinsieme infinito dei numeri reali è o numerabile o biiettivo ai reali stessi.

55 Aritmetica cardinale. Definizione. Siano α, β cardinali. La somma, α + β, di α e β, è il cardinale dell unione disgiunta di α e β, ossia di (α {0}) (β {1}). Il prodotto, α β, di α e β, è il cardinale del prodotto cartesiano α β. Nel caso di cardinali finiti, la somma e il prodotto coincidono con la somma e il prodotto usuali di numeri naturali.

56 Esercizio. Dimostrare che se α, β sono cardinali 2, allora α + β α β. (Consiglio: l asserto si dimostra per induzione su β se α, β sono finiti. Supponiamo allora che uno fra α e β, ad esempio α, sia infinito. Poniamo, per ogni γ α e per ogni δ β, f(γ, 0) = (γ + 1, 1) e f(δ, 1) = (0, δ). Si vede subito che f è iniettiva da (α {0}) (β {1}) a α β). Mentre le proprietà della somma e del prodotto di cardinali finiti sono molto difficili da studiare (basti pensare che la teoria di ω con somma e prodotto è indecidibile), la somma e il prodotto di cardinali infiniti sono abbastanza semplici. Si ha infatti:

57 Teorema 8. Siano α, β cardinali di cui almeno uno è infinito. Allora, α + β = max {α, β}. Se in aggiunta sono entrambi > 0, allora α β = α + β = max {α, β} (mentre ovviamente se uno dei due è zero, il prodotto è zero). Cenno alla dimostrazione. L asserto è facile se uno fra α e β vale 1. Supponiamo allora che siano entrambi 2. Allora, posto max {α, β} = γ, si ha γ α + β α β γ 2. Se dimostriamo che γ 2 = γ ne seguirà l asserto. L idea della dimostrazione è quella di procedere per induzione su γ, trovando un buon ordine su γ γ in modo che (γ γ, ) sia isomorfo a (γ, = ). Avremo allora che tale isomorfismo sarà anche una biiezione da γ γ a γ.

58 L ordine cercato è il seguente: siano δ, σ, ρ, τ < γ; definiamo: (δ, σ) (ρ, τ) sse: - o max {δ, σ} < max {ρ, τ}; - o max {δ, σ} = max {ρ, τ} e δ < ρ; - o infine max {δ, σ} = max {ρ, τ}, δ = ρ e σ τ.

59 E facile vedere che, posto λ = max {δ, σ} + 1 l insieme dei predecessori di (δ, σ) è contenuto nel prodotto cartesiano λ λ. Se γ = ω, allora Card(λ 2 ) è finito e quindi < γ. Altrimenti, ed essendo la cardinalità di λ minore di quella di γ, per ipotesi induttiva tale insieme ha cardinalità Card(λ) 2 = Card(λ) < γ. Quindi il buon ordine ha la proprietà che ogni segmento iniziale proprio ha cardinalità < γ, e quindi si può immergere in γ. Pertanto, γ 2 γ. La disuguaglianza opposta è ovvia.

60 Vogliamo ora dimostrare che per ogni cardinale α infinito, l insieme delle sequenze finite di elementi di A ha cardinalità α. Da questo seguirà in particolare che l insieme delle formule di un linguaggio di cardinalità (infinita) α ha cardinalità α. Lemma 1. Sia β un cardinale, sia (A γ : γ β) una famiglia di insiemi. Sia, per ogni γ β, α γ la cardinalità di A γ, e sia α = sup {α γ : γ β}. Allora, Card ( ) γ β A γ α β.

61 Dimostrazione. Per ogni γ β, è Card(A γ ) α, per cui esiste una funzione iniettiva da A γ a α. Ne scelgo una per ogni γ (con l Assioma di Scelta) e la denoto con f γ. Definisco allora, per ogni x γ β A γ, f(x) = (f γ (x), γ), ove γ è il minimo ordinale tale che x A γ. Nota che f(x) α β. E presto visto che f è una funzione iniettiva da γ β A γ a α β.

62 Infatti, se x 1 x 2, indicato, per i = 1, 2 con γ i il minimo γ tale che x i A γi, si possono presentare due casi: -o γ 1 γ 2, e allora f(x 1 ) = (f γ1 (x 1 ), γ 1 ) (f γ2 (x 2 ), γ 2 ) = f(x 2 ), essendo diverse le seconde componenti; -oppure γ 1 = γ 2, e allora, per l iniettività di f γ1 = f γ2, f γ1 (x 1 ) f γ2 (x 2 ) e ancora una volta (f γ1 (x 1 ), γ 1 ) (f γ2 (x 2 ), γ 2 ).

63 Teorema 9. Sia A un insieme di cardinalità α infinita. Allora, l insieme delle sequenze finite di elementi di A ha cardinalità α. Dimostrazione. L insieme di cui si parla è n ω A n ove A n = A... A n volte. Per induzione su n, si vede che, per n > 0, Card(A n ) = Card(A) = α. La cosa è ovvia per n = 1. Supponiamo che valga per n, e dimostriamo che vale per n + 1. Allora, A n+1 = A n A, e quindi Card(A n+1 ) = Card(A n ) Card(A) = α α = α. Quindi sup {Card(A n ) : n ω} = α, e per il Lemma 1 si ottiene Card ( n ω A n ) = max {α, ω} = α. Poichè siamo interessati solo alle cardinalità, le parentesi in A n = A... A sono irrilevanti.

64 Corollario. L insieme delle formule di un linguaggio di cardinalità infinita α ha cardinalità α. L insieme dei termini di tale linguaggio ha cardinalità α. Dimostrazione. Le formule sono sequenze finite di simboli del linguaggio, e quindi la cardinalità dell insieme delle formule non supera la cardinalità dell insieme delle stringhe finite di simboli del linguaggio, ossia α. La dimostrazione per i termini è simile. Infine, la cardinalità delle formule è almeno α perchè avendo il linguaggio cardinalità α, esso contiene o α variabili, o α costanti o α simboli funzionali o infine α simboli di predicato, e in tutti i casi si possono ottenere almeno α formule (la cosa non è più vera per i termini se vi sono α simboli di predicato ma i simboli di funzione, i simboli di costante e le variabili sono meno di α).

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