Ministero per i Beni e le Attività Culturali. amministrativa transnazionale nei casi di reati contro il patrimonio culturale.

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1 Numero 2/ Via del Collegio Romano, 27 Roma Ufficio Studi Il traffico illecito di beni culturali Organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nei giorni 16 e 17 dicembre 2009, nella ex chiesa di Santa Marta, si è tenuto un Seminario internazionale sul traffico illecito di beni culturali. L iniziativa, promossa nell ambito del periodo di Presidenza Italiana del G8, ha visto la partecipazione di esperti dei Paesi G8 e G5, di funzionari di agenzie governative e docenti universitari nonché dei rappresentanti di alcune Organizzazioni Internazionali che operano nel settore dei beni culturali. Il Seminario ha focalizzato l attenzione sui metodi sperimentati da ciascun Paese nella protezione del patrimonio culturale e nel contrasto al traffico illecito di beni culturali, e ha permesso un confronto e un approfondimento sulle attività più efficaci per combattere il fenomeno, considerate le principali fonti normative a livello internazionale (Convenzione Unesco del 1970, Direttiva dell Unione Europea 93/7/CEE, Convenzione UNIDROIT del 1995) Alla luce di tali esperienze, fondamentale è apparsa la collaborazione internazionale tra le amministrazioni preposte alla tutela del patrimonio, per rafforzare l azione congiunta delle forze dell ordine specializzate e incrementare l assistenza giudiziaria e amministrativa transnazionale nei casi di reati contro il patrimonio culturale. In questo numero II Seminario internazionale di Roma: resoconto dei lavori Ministero per i Beni e le Attività Culturali Jeannette Papadopoulos (Direzione Generale per le Antichità) Nei giorni 16 e 17 dicembre 2009, nella sala di Santa Marta in piazza del Collegio Romano, si è tenuto il Seminario internazionale sul traffico illecito di beni culturali, organizzato dal MiBAC nell ambito del periodo di Presidenza Italiana del G8 con l obiettivo di consentire una discussione tra esperti ed un approfondimento sulle problematiche connesse alle attività di contrasto al traffico illecito di beni culturali. Hanno aderito all invito esperti dai Paesi G8 e G5, dell Iraq e dell Egitto come da elenco, le più importanti Organizzazioni Internazionali che operano nel settore dei beni culturali ed autorevoli personalità italiane, da tempo impegnate nell attività di salvaguardia e recupero di beni rubati e illecitamente esportati. Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi, ha aperto i lavori con una relazione che ha inquadrato le tematiche principali dell incontro e la posizione italiana; considerazioni introduttive sono state rappresentate dalle (Continua a pagina 2) Prospettive di contrasto al traffico illecito di beni culturali Paolo Giorgio Ferri (Sostituto Procuratore della Repubblica) Va preliminarmente osservato come la divisione tra paesi per così dire importatori ed esportatori di beni culturali non soddisfi più alcuno, né sotto il profilo dei (Continua a pagina 5) La cooperazione internazionale nelle attività di polizia Giovanni Nistri (Comando Carabinieri - Tutela Patrimonio Culturale) In questa sede vorrei innanzitutto evidenziare l essenza transnazionale dei reati commessi nel settore dei beni culturali. Come è ben noto, tali reati si contraddistinguono per un elevata produtti(continua a pagina 7) Combating the Illicit Antiquities Trade: Progress and Problems Colin Renfrew (University of Cambridge) It was helpful, at the International Meeting on Illicit Traffic in Cultural Property organised by the Ministero per i Beni e le Attività Culturale, in Rome in (Continua a pagina 9) Ulteriori contributi sulla Newsletter on line (sito: Pubblicazione a cura dell'ufficio Studi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Direttore responsabile: Gianni Bonazzi

2 pagina 2 (Continua da pagina 1) Autorità presenti: il Consigliere del Presidente della Repubblica per la Conservazione del Patrimonio Artistico, prof. Louis Godart, la dott.ssa Susanna Cappitelli, per conto del Ministero per gli Affari Esteri, il Direttore Generale per le Antichità, Dott. Stefano De Caro, il Comandante del Comando CC TPC, Gen. Giovanni Nistri, il Consigliere del Ministro, Dott. Daniel Berger. Il seminario è stato articolato in tre sessioni (cfr. Agenda) presiedute rispettivamente dal prof. Tullio Scovazzi, Ordinario di Diritto Internazionale all Università di Milano Bicocca, dal Gen. Giovanni Nistri, Comandante del Comando CC TPC, dall Avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli, mentre le considerazioni conclusive sono state affidate al Dott. Paolo Giorgio Ferri, magistrato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Nella prima sessione, riguardante gli strumenti normativi nazionali ed internazionali, il moderatore, prof. Scovazzi, ha richiamato i principi di base ed in primo luogo la necessità di preservare il legame del bene culturale al luogo in cui esso è stato prodotto; si sono susseguite nel corso della mattinata e della prima parte del pomeriggio le relazione degli esperti di ciascun Paese, con riferimento all - assetto normativo e amministrativo riferibile all attività di tutela del patrimonio culturale e alle azioni poste in atto per controllare la circolazione e contrastare il traffico illecito. In molti casi è stata evidenziata la difficoltà nell affrontare il problema a causa delle scarse risorse economiche e umane e dell ampiezza delle competenze affidate, come nella relazione del dott. Barredo, rappresentante della Polizia Federale del Brasile. È stato sottolineato come la cooperazione instaurata con Interpol e la condivisione di esperienze con Paesi come l Italia risulta essere di grande aiuto per un migliore approccio alle problematiche e al fine di impostare una adeguata raccolta di informazioni che costituiscano un valido supporto all azione di controllo della circolazione di opere ed alla lotta al traffico clandestino. Il rappresentante della Repubblica Popolare della Cina, dott. Zhang, nel sottolineare la fruttuosa collaborazione in atto con l Italia e la cooperazione con il Comando CC TPC, ha evidenziato come le statistiche relative ai saccheggi di siti archeologici siano tuttora molto preoccupanti: ai problemi di controllo all interno dei confini nazionali, si è aggiunta negli ultimi anni l importazione, attraverso il mercato di Hong Kong, di beni culturali di altri Paesi, che richiede un ingente impegno nel controllo e nel contrasto di tale traffico illecito. Anche in Paesi come l Egitto, ha riferito il dott. Osman, nonostante una legislazione precoce ed un attenzione da sempre riservata al patrimonio culturale, le difficoltà incontrate nelle azioni di rivendica di opere illegalmente scavate ed esportate sono spesso insormontabili, non essendo possibile intervenire per bloccare le aste internazionali che mettono in vendita oggetti archeologici di provenienza egiziana. Il rappresentante della Germania, dott. Peters, ha evidenziato che, a seguito della recente ratifica della Convenzione UNESCO del 1970, si sta lavorando alla modifica delle normative comunitarie sul patrimonio culturale, anche se le norme relative ai beni culturali siano ancora poco sviluppate, se si considera l attenzione riservata alla legislazione sulle problematiche ambientali e in tema di rifiuti. L impegno in atto nel territorio dell India, testimoniato dal dott. Gehlot, è teso a rafforzare il controllo sugli scavi e sull esportazione, attraverso il coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, in un Paese molto esteso e ricco di testimonianze che ha sofferto gravemente in passato della dispersione del proprio patrimonio culturale. E stata rilevata l importanza di adottare misure preventive e la necessità di potenziare la collaborazione internazionale attraverso accordi bilaterali. Una drammatica testimonianza è stata resa dal prof. al-shukri sulla situazione in Iraq durante il conflitto bellico, ma anche ora e- stremamente difficile, a causa del clima di instabilità politica, con grave danno - oltre che per il patrimonio conservato nei musei - per i siti archeologici del territorio, difficili da preservare nonostante la collaborazione delle forze internazionali ed in particolare dell Italia e del Comando Carabinieri TPC. Il prof. Kono ha evidenziato come la legge di recepimento della Convenzione UNESCO 1970 emanata in Giappone nel 2002 limiti la sua applicazione alle sole opere rubate ed alle opere espressamente designate come patrimonio culturale prima della loro importazione nel Paese. Inoltre, la legge doganale non prevede confisca, né si è proceduto a ratificare la convenzione UNIDROIT. Il prof. Sanchez Cordero, esperto del Messico, ha evidenziato la difficoltà di gestire le azioni di tutela e di recupero del patrimonio culturale in ambito latino americano, a causa delle diversità tra i sistemi normativi dei vari Paesi, dell estensione delle civiltà antiche rappresentate, comuni a territori attualmente appartenenti a nazioni diverse, con le difficoltà che ne conseguono in caso di rivendicazione. Inoltre, ha sottolineato la necessità di tutelare l arte di epoca coloniale, tuttora priva di una effettiva normativa di salvaguardia, e stipulare accordi specifici, potenziando l adesione ai principi etici su cui sono fondate le Convenzioni UNESCO e UNIDROIT. L organizzazione in Russia, come illustrato dalla dott.ssa Ponomareva, si basa sulla normativa adottata nel 1993 conformemente ai principi internazionali che prevede attività di controllo all esportazione. Il settore più a rischio riguarda gli arredi liturgici, soprattutto le icone, la tipologia di beni culturali al momento più richiesta sul mercato dell arte, per le quali non sono mancati recenti casi di recu-

3 pagina 3 pero, grazie alla collaborazione di Paesi come gli USA, la Germania, l Italia. La dott.ssa Isaacs (Sud Africa) ha illustrato l organizzazione e il quadro normativo relativo alla tutela del patrimonio culturale, che prevede una lista di categorie protette per le quali è vietata l esportazione. Il prof. Renfrew (Regno Unito) ha sottolineato il grave danno perpetuato al patrimonio archeologico del traffico illecito dei beni culturali rilevando come, se le normative nazionali differiscono per quanto riguarda la protezione delle antichità, a volte le leggi di pochi Paesi agiscono a difesa anche delle antichità di altri Paesi. Ha ribadito l importanza che la Convenzione UNESCO sia ratificata da tutti gli Stati, proponendo che diventi una regola generale l obbligo a non acquistare opere che non siano note prima del 1970; ricordando che nel Regno Unito solo dal 2003 è reato commerciare materiali scavati illegalmente, mentre prima di tale data manca una qualsivoglia protezione legale per i beni culturali. Benché, grazie ai successi italiani, il mondo sia cambiato e gli stessi collezionisti non possano più donare con facilità ai musei le proprie collezioni per avere benefici fiscali, il lavoro da fare è ancora considerevole, a cominciare dal livello europeo. Il prof. Brodie (USA) nella sua relazione ha affrontato il delicato problema del comportamento degli studiosi, che non è mai neutrale, anzi in molti casi produce effetti determinanti per l aumento del valore di mercato e per la appetibilità di un acquisto da parte di musei o collezionisti, come talvolta avviene quando uno studioso si presta nella identificazione di un oggetto di provenienza clandestina o nella decifrazione di iscrizioni. La rappresentante della Francia ha riferito sull attività doganale, evidenziando le difficoltà derivate a livello europeo dalle discrepanze esistenti tra le legislazioni nazionali, soprattutto per quanto riguarda il concetto di patrimonio culturale sottoposto a tutela. E stata sottolineata la necessità di adozione da parte di tutti i Paesi di un documento doganale comune, auspicando che si possa pervenire al riconoscimento di un patrimonio comune europeo. A conclusione della prima sessione di lavori, è stato lasciato spazio alla presentazione da parte del prof. Manacorda della proposta della dott.ssa Livia Pomodoro, presidente dell ISPAC (emersa a conclusione della conferenza annuale tenutasi a Courmayeur nel dicembre 2008 e già prospettata ai due Ministri On. Bondi e On. Frattini) con l obiettivo di creare un Tavolo tecnico permanente sul fenomeno della criminalità organizzata nel settore dei beni artistici e culturali, per promuovere a livello internazionale la conoscenza e gli strumenti di prevenzione e di contrasto al crimine contro il patrimonio culturale. Appare infatti necessario monitorare il fenomeno, analizzare la legislazione in materia a livello nazionale ed internazionale e le relative procedure, e prevedere iniziative congiunte. L esperienza italiana ha mostrato quali risultati siano possibili se si opera attraverso un azione coordinata tra gli organismi deputati alle attività finalizzate alle restituzioni; il problema va quindi affrontato promuovendo opportune misure preventive e costruendo anche a livello internazionale un tavolo di concertazione. L ambito G8 potrebbe supportare concretamente una politica strategica in tal senso. La discussione che è seguita ha riguardato tra gli altri argomenti il termine cronologico di applicazione della Convenzione stessa: quanto si possa risalire nel tempo rispetto al 1970 nel rivendicare le opere sottratte illecitamente. Da parte italiana è stato ribadito che il 1970 è da considerarsi un termine dal punto di vista etico; esso non impedisce che si possano ottenere restituzioni di opere sottratte prima di tale data, come infatti è avvenuto. Nella seconda sessione, riguardante la cooperazione nelle attività di polizia e l assistenza giudiziaria e amministrativa, presieduta dal Gen. Nistri, è stato evidenziato come la collaborazione in tali settori acquisti un significato particolare in ragione dell essenza transnazionale dei reati contro il patrimonio culturale. Il recente incontro organizzato da UNODC a Vienna ha evidenziato la particolare produttività del settore a fronte degli scarsi rischi che si corrono nel traffico di beni culturali. Si è convenuto che uno dei più importanti strumenti nella lotta al traffico clandestino è costituito dalla Convenzione di Palermo del 2000, applicabile a reati transnazionali che siano commessi da gruppi strutturati e per i quali siano previste pene superiori ai 4 anni. Va ugualmente rilevato tuttavia che in alcuni Paesi non esistono strutture di polizia specifiche per i beni culturali, e che in tal caso l attività investigativa riguarda ambiti molto ampi e complessi come stupefacenti, terrorismo, riciclaggio, mentre l attività di un corpo di polizia specializzato può dare risultati di gran lunga superiori. Le relazioni che si sono susseguite hanno illustrato l attività dell INTERPOL (dott. Kind), l attività e l organizzazione del Comando CCTPC (Col. De Regibus), dell ICE (dott.ssa Forgetta) evidenziando gli importanti risultati ottenuti nel corso delle indagini effettuate in sinergia tra i diversi organismi. Infine, il Prof. Manacorda (CNPDS/ISPAC) ha affrontato la dimensione penalistica del problema, sottolineando l importanza di una gerarchia dei valori protetti, evidente nei casi di attacchi terroristici contro monumenti culturali verificatisi in passato anche in Italia. Soffermandosi brevemente sul mercato antiquario e sulla zona grigia tra lecito ed illecito, vista la necessità di tutelare il commercio legittimo, ha indicato come finalità il raggiungimento di un equilibrio, per evitare una penalizzazione a largo raggio. Gli strumenti internazionali contengono ognuno forme di cooperazione giudiziaria, a livello generale

4 pagina 4 (Convenzione UNESCO), in caso di conflitto armato (Convenzione dell Aja), per le condotte più gravi (Convenzione di Palermo). Occorrono pochi interventi mirati, tra cui una responsabilizzazione dei soggetti privati e un armonizzazione degli ordinamenti penali più efficace ed equilibrata. Nella terza sessione, incentrata sulle prospettive per la cooperazione transnazionale e sulle strategie globali, il coordinatore, avv. Fiorilli, nel richiamare l attività fondamentale svolta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, che ha tracciato una via italiana dell applicazione della Convenzione UNESCO, ha posto l accento sul significato del bene culturale come testimonianza di civiltà. Tale connotazione, valida anche nel caso in cui un bene sia di proprietà privata, determina la sussistenza di un interesse generale, da cui consegue la responsabilità degli Stati, con assunzione di obblighi specifici, primo tra tutti l attività di classificazione e catalogazione del proprio patrimonio culturale, la sensibilizzazione della collettività, la costruzione di un sistema di collaborazioni a livello internazionale. Come già da altri sottolineato, il principio di base su cui si fonda la Convenzione UNE- SCO è il rispetto del legame del bene con la comunità che lo ha prodotto: il significato e il valore di un opera si apprezzano totalmente se di essa sono salvaguardati il contesto di appartenenza e la provenienza, soprattutto nel caso di reperti archeologici. Con la sottoscrizione della Convenzione UNESCO, gli Stati hanno quindi assunto obblighi nei confronti del proprio patrimonio culturale: di classificazione e controllo, di sviluppo di adeguati strumenti giuridici, di educazione dei cittadini, oltre che obblighi di reciprocità con gli altri Stati. I rappresentanti delle Organizzazioni Internazionali che si sono susseguiti hanno ribadito, nei rispettivi interventi, tali principi, illustrando in quadro delle attività realizzate e formulando proposte per un rafforzamento della collaborazione internazionale. In particolare la dott.ssa Jaquinta, ha illustrato tra gli altri argomenti trattati l attività svolta dall ICCROM a favore del patrimonio culturale anche in situazioni di conflitto armato, quando il rischio di distruzioni o di dispersione di beni culturali è al suo massimo livello, segnalando l importanza della documentazione (registri d accesso, inventari) e la necessità che i musei si dotino di tali strumenti, primo passo per contrastare la dispersione delle proprie collezioni. La dott.ssa Donia, rappresentante dell IILA ha illustrato l impegno dell Istituto nel promuovere la cooperazione internazionale e nel favorire la presenza di esperti attraverso programmi di formazione e iniziative volte a fornire assistenza tecnica nei confronti dei paesi latino-americani. In tale contesto geografico, molti degli Stati stanno potenziando il quadro organizzativo e riformando il proprio ordinamento normativo, contestualmente alla ratifica delle convenzioni internazionali in tema di patrimonio culturale. La presenza e la collaborazione delle organizzazioni internazionali è pertanto molto importante nel processo di riforma e di adeguamento alle raccomandazioni dell UNESCO. Il Dott. Krause dell UNESCO-BRESCE ha evidenziato i tre campi principali di azione della organizzazione che rappresenta: prevenzione, restituzione e cooperazione, sottolineando come il cambiamento in atto abbia determinato una trasformazione delle politiche di acquisizione da parte dei musei; inoltre ha messo in risalto come una soluzione creativa, qual è stata la proposta di risolvere la dispute attraverso scambi di prestiti, abbia permesso risultati positivi. La recente ratifica della Convenzione del 1970 da parte di Stati come la Germania, l Olanda e l Etiopia è un segnale significativo verso una adozione sempre più universale dei principi sanciti dalla Convenzione UNESCO, accanto ai quali occorre promuove anche la ratifica della Convenzione UNIDROIT, per il suo carattere di strumento complementare applicabile al diritto privato. I corsi di formazione promossi a favore di funzionari dei Paesi dell Unione Africana, la possibilità di riscontri incrociati sui database e sulla documentazione a disposizione delle diverse organizzazioni, la partnership tra le diverse istituzioni sono tutti strumenti da promuovere, in conformità dei principi etici e di equità. La Dott.ssa Schneider dell UNIDROIT ha evidenziato come il traffico illecito tragga benefici dalle diversità normative e come nella Convenzione del 1970 non sia previsto un meccanismo di restituzione che è invece demandato alle norme di applicazione. In tale ottica, la Convenzione UNIDROIT ha sancito una evoluzione di mentalità rispetto al 1970, stabilendo chiaramente che, se un bene è rubato, deve essere restituito. L unico limite è il termine temporale. Inoltre, al concetto di buona fede è ora subentrato il principio delle due diligence, che deve essere provata. Tali cambiamenti sono particolarmente significativi in quanto tendono ad incoraggiare l adozione di misure preventive, come ad esempio indurre gli acquirenti a procedere, al momento dell acquisto, alle necessarie verifiche sulla provenienza e la legittimità delle opere. La dott.ssa Grassi dell UNODC ha evidenziato gli aspetti criminologici e l importanza della Convenzione di Palermo, relativa ai reati transnazionali che consente nuove forme di cooperazione e di richiesta di assistenza. Il dott. Caruso ha illustrato il ruolo sociale dell attività del WCO nella lotta alla contraffazione e alla pirateria e la funzione intergovernamentale dell Organizzazione nell ambito delle competenze doganali, attraverso l assistenza fornita e la messa in campo di stru-

5 pagina 5 menti di comunicazione e condivisione, quale ad esempio indicatori di rischio, raccomandazioni e best practices per il controllo ed il contrasto al traffico clandestino, promozione del modello di certificato di esportazione, fornitura di software, utilizzazione di un network anche per i beni culturali. In particolare, nel è stata prevista una operazione nel settore specifico dei beni culturali. Nel concludere la sessione, l avv. Fiorilli ha ribadito come sia atto di civiltà recuperare la propria memoria ed aiutare gli altri a recuperare la propria. Gli Stati devono adeguarsi ai principi etici sanciti dalla Convenzione UNE- SCO e collaborare in un ottica di reciprocità. Il Dott. Ferri, nell aprire la sessione destinata alla Discussione finale e osservazioni conclusive, ha ripercorso la formazione di un pool di magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, che nel ha iniziato ad occuparsi esclusivamente dei reati contro il patrimonio culturale, osservando come i fermenti attestati nelle due giornate del Seminario odierno sarebbero stati impensabili quindici anni fa. L assunzione di responsabilità e l affermazione di una nuova conoscenza sociale hanno finalmente determinato nuove norme di riferimento nella condotta di Musei ed individui. Attualmente si assiste all affermazione di un nuovo ordine pubblico internazionale e la prospettiva in atto si basa non solo sulle norme penali, ma sul cambiamento delle coscienze. A conclusione di entrambe le giornate in programma, sono state organizzate due visite speciali, la prima presso il Museo Nazionale Romano, sede di Palazzo Massimo, alla mostra Il segreto del marmo sul complesso di opere provenienti da una sepoltura di Ascoli Satriano appartenuta ad un personaggio di rilievo, la seconda presso Castel Sant Angelo, alla mostra Antologia di meraviglie relativa ad alcune delle opere recuperate dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. In tal modo è stato possibile apprezzare concretamente i risultati delle azioni di recupero, davanti ad opere straordinarie, quali i marmi dipinti di Ascoli Satriano ricordati in apertura del Seminario dal Direttore Generale Dott. De Caro per la eccezionale documentazione che essi rappresentano, tanto che uno di essi, il trapezophoros con i grifi, è stato (Continua da pagina 1) principi, né con riguardo alla concreta esperienza: i beni culturali vengono ad essere ritenuti un valore universale dell intera specie u- mana e la loro decontestualizzazione è danno per tutti e non solo per il paese che la sopporta. E d altra parte, in pratica, spesso e sovente, uno stesso ordinamento risulta essere paese d importazione di beni culturali altrui ed e- sportatore del proprio patrimonio. Occorre poi segnalare come la criminalità nel settore dei beni culturali, sovente transfrontaliera, sia estremamente agevolata dalle scelto come logo del seminario stesso. Tale complesso di opere ha inoltre dimostrato come anche in caso di recupero di opere messe in luce da scavi clandestini attente indagini ed uno studio puntuale permettano una ricostruzione almeno parziale del contesto originario depredato. Le tematiche affrontate nel corso del Seminario hanno evidenziato come tutte le categorie di beni culturali corrano il pericolo di essere oggetto di traffici illeciti, ma, fra queste, certamente un attenzione particolare va riservata al patrimonio archeologico, esposto ai rischi più alti. E stata sottolineata la necessità di rafforzare ed estendere le Convenzioni UNESCO ed UNIDROIT, attraverso la ratifica da parte di tutti i Paesi, l applicazione costante e anche la volontà di interpretarne lo spirito, oltre che la lettera, in senso etico. Infatti è stato osservato che le leggi, pur evidentemente necessarie, da sole non bastano a contrastare efficacemente il fenomeno criminale: occorre che siano affiancate da una presa di coscienza collettiva che si traduca in un ulteriore crescita della collaborazione tra gli Stati e da una condivisione dei valori etici da parte di tutti i soggetti, anche privati, operanti nel settore. Tutti i partecipanti hanno ribadito l interesse a proseguire sulla strada della condivisione delle problematiche, attraverso contatti permanenti e scambi di esperienze, di modelli di comportamento e di organizzazione, con riferimento ai Paesi, come l Italia, che in anni recenti hanno sviluppato attività e misure per contrastare il fenomeno. L attuale incontro, promosso nell ambito della presidenza italiana del G8, potrà costituire la base per una ulteriore futura collaborazione e per l avvio di iniziative specifiche presentate in tale sede, rafforzando le collaborazioni già in atto, promuovendo nuovi contatti al fine di affrontare in un quadro sinergico i problemi e individuare le possibili soluzioni, motivando le istituzioni ed i singoli che hanno partecipato in rappresentanza dei Paesi o a titolo di esperti indipendenti, anche con lo scopo di fare pressione sui rispettivi governi per richiedere un maggiore impegno sul problema. barriere doganali esistenti e dalle difficoltà che hanno i vari ordinamenti non solo ad emanare una uniforme legislazione, ma addirittura a coordinarsi tra di loro. Ed a questo proposito, lo strumento della rogatoria - attualmente il principale mezzo per richiedere investigazioni in territorio estero - va ritenuto sempre più inefficace e comunque insufficiente, nonostante i lodevoli correttivi previsti. A questa sintetica esposizione delle principali problematiche in materia, consegue una prima considerazione. Vale a dire, quanto me-

6 pagina 6 no a livello europeo, le strutture investigative, per avere una qualche possibilità di successo, per contenere la delinquenza di settore debbono: avere un grado assai elevato di mobilità; poter comunicare tra di loro in tempo reale; ed essere coordinate da organismi non solo consultivi ma soprattutto condivisi e costituiti su base internazionale. Solo questo potrà consentire di ridurre il flusso delle operazioni illecite e di raccogliere prove che siano utilizzabili in quei sistemi che dovranno procedere penalmente. Non è infatti più concepibile che le barriere doganali siano effettive solo per le agenzie investigative; mentre la delinquenza di settore è libera di muoversi in modo quasi indisturbato con operazioni che non conoscono limiti spaziali e che si concludono a livello internazionale in tempi prossimi allo zero (si pensi alle infinite possibilità offerte dal mercato telematico). Va anche sottolineato che l adeguatezza normativa di un ordinamento e la sua efficace risposta non giova completamente oramai né a tale sistema né agli ordinamenti che con lui condividono la medesima area culturale o semplicemente una tradizione di interscambio. Invero, la criminalità di settore non solo conosce tutti i momenti deboli e comunque che possono essere di vantaggio all illecito traffico; ma anche opera con un sistema di triangolazioni sfruttando come recapiti (in genere transitori) quegli ordinamenti più permeabili; per poi avviare i beni culturali anche verso quei Paesi ove la protezione è congrua ed effettiva. Senza poi considerare che l effettività di tutela di un determinato ordinamento finisce per danneggiare quei sistemi - i quali non sempre sono contermini - che non hanno una struttura adeguata di contrasto: è difficile infatti pensare che la delinquenza di settore intenda rinunciare agli alti profitti che consegue da questo illecito traffico, visto che le è sufficiente indirizzare la propria attenzione verso altre nazioni ricche di vestigia, ma per lo più impossibilitate a reagire per inesperienza o per insufficienza di risorse economiche. Va anche detto come ogni opportuna azione di contrasto a questo fenomeno criminale non possa mai essere ritenuta eccessiva, specie se si considerano i guadagni conseguiti e i danni causati. Basta, infatti, considerare il valore economico di molti beni culturali, sovente venduti sul mercato internazionale per svariati milioni di euro. Ma una considerazione è ancora più decisiva: su base statistica, per trovare uno solo di tali importanti oggetti, è necessario scavare almeno dieci o più siti archeologici, i quali, di conseguenza, vengono assieme ai singoli beni alterati, devastati, privati della loro originaria composizione e contesto e definitivamente perduti rispetto alla ricerca scientifica, con danno irreparabile alla cultura e alla storia, trattandosi di fonti di conoscenza non rinnovabili. Per un efficace recupero dei beni culturali e per un migliore contrasto alla criminalità di settore, occorre pure richiamare l attenzione su quella cooperazione per così dire preventiva tra gli ordinamenti maggiormente interessati ai fenomeni in esame, che ad oggi è raramente attuata e addirittura presa in nessuna considerazione (da affidare invece ad organismi di coordinamento internazionale). Gli esiti di tale cooperazione, al contrario, contribuirebbero a monitorare il mercato dei beni culturali in tutti quei Paesi (e sono molti, se non tutti) che hanno ratificato una o più delle Convenzioni in materia, le quali sempre, almeno implicitamente, richiedono un attività di vigilanza, obbligando comunque ad informare il Paese di origine di ogni offerta sospetta di suoi beni culturali. Tali spontanee informazioni renderebbero note, con opportuna tempestività, non solo le illecite transazioni che sono in corso, ma anche vere e proprie tendenze di mercato, nelle sue fonti di approvvigionamento. Sarebbe ovviamente consentita al Paese di origine una più efficace reazione. E non solo il traffico illecito verrebbe sin dal suo insorgere scoraggiato; ma pure la parte di mercato rispettosa delle regole riceverebbe beneficio, non essendo più esposta alla concorrenza di soggetti che invece devono esserne espulsi, senza poi dover temere azioni di rivendica, in tempi successivi e comunque costose. Se si avviasse tale cooperazione preventiva, inoltre, molte aree o situazioni che possono recare pregiudizio al patrimonio culturale verrebbero a trovare precisi limiti. Si intende far espresso riferimento ai porti franchi, alle case d asta e a tutti quei luoghi e persone che scientemente o meno contribuiscono a rendere più problematico un efficace contrasto, pur essendo sicuro riferimento di un traffico intenso di beni culturali. Al riguardo, si deve considerare che il Paese di importazione o di mercato di determinati beni culturali è chiamato, sulla base delle Convenzioni di settore ad onorare le leggi e sovente anche i provvedimenti del Paese di origine, attraverso un processo di adeguamento o meglio di assimilazione. E infatti indubbio che in materia si sia formato un preciso ordine pubblico internazionale, il quale risulta articolato e regolato alla stregua non solo di tutta la legislazione convenzionale e pattizia, ma anche e soprattutto dalle legislazioni nazionali che distribuiscono la proprietà e la circolazione dei beni culturali (e ciò in termini non giuridici può essere tradotto con l affermazione -oramai condivisa da quasi tutti- che un bene culturale portato fuori dal suo contesto riceve un danno non solo economico, ma soprattutto culturale). E questa constatazione pone l accento sugli in-put normativi e giurisprudenziali che sono destinati a variare specie con riferimento a concetti per così dire elastici. Occorre, invero, dare un contenuto a situazioni soggettive (ad esempio di buona e di mala fede, a loro volta immagini speculari del suddetto ordine internazionale) le quali sono legate per lo più a

7 pagina 7 (Continua da pagina 1) vità, a fronte di rischi che possono tutto sommato essere considerati marginali e come tali sono sentiti anche dai criminali che li commettono. Al riguardo, per introdurre la materia, che sarà più diffusamente ed approfonditamente trattata dai relatori che interverranno, riterrei utile effettuare una breve analisi assolutamente non esaustiva - non tanto delle diverse tipologie di reato tipiche del particolare settore (furto, scavo clandestino, falsificazione), quanto piuttosto dell aspetto transnazionale che tali condotte frequentemente assumono. I reati transnazionali sono contraddistinti da tre fondamentali caratteristiche: devono essere commessi da gruppi criminali strutturati. Non si deve necessariamente pensare però alla criminalità organizzata di tipo mafioso, quanto piuttosto ad articolati sodalizi, all interno dei quali ciascuna persona implicata nel traffico svolge un ruolo ben definito. Peraltro, proprio nella legge italiana di ratifica della Convenzione di Palermo del 2000, il c.d. gruppo organizzato viene individuato come tale senza che per esso sia espressamente prevista un organizzazione criminale di tipo tradizionale, comune o mafioso, così come prevista nell ordinamento nazionale; devono essere considerati dall ordinamento come reati gravi, ovvero fattispecie criminose per le quali la pena edittale prevista non sia inferiore a 4 anni. Al riguardo, va però subito precisato che la legislazione nazionale nel particolare settore dei beni culturali difficilmente prevede sanzioni che oltrepassino o anche solo eguaglino tale limite e quindi spesso si può procedere secondo le possibilità operative previste nel contrasto al crimine transnazionale solo quando si evidenzi, nei casi concreti, la possibilità di inquadrare la categoria dei reati sui beni culturali all interno di altre tipologie delittuose previste e punite dalla legge con pene superiori ai 4 anni; le attività criminose poste in essere devono svilupparsi in ambito internazionale, non tanto e non solo in relazione al bene culturale oggetto del traffico, quanto alle diverse attività illecite che il gruppo organizzato massime di esperienza e quindi all evolversi del comune sentire. Senza un oggettivo parametro ogni valutazione al riguardo diviene un arbitrio o comunque una dubbia operazione, con astrazione da dati concreti. E va ricordato che tali situazioni soggettive sono il più delle volte centrali rispetto alle concrete problematiche di rimpatrio di beni culturali. Riassumendo, possiamo segnalare come, sebbene con estrema difficoltà e talora in tempi assai lunghi, la percezione delle problematiche legate al traffico illecito di beni culturali sia mutata. Ed al riguardo, anche attraverso le misure anzi segnalate, deve essere ricercata la più amplia armonizzazione, iniziando con l assimilazione delle legislazione dei Paesi di origine; con un processo che potrà poi portare al finale risultato, vale a dire la creazione di una normativa internazionale uniforme. di persone compie: in questo senso, pertanto, per far riferimento alla normativa prevista per i reati transnazionali non risulta necessario che avvenga materialmente un illecito passaggio di frontiera di un bene culturale. Anche se la citata Convenzione di Palermo ha chiaramente delineato le caratteristiche del reato transnazionale, continua tuttavia a porsi il delicato problema dalla diversità di legislazione tra i singoli Stati. Poiché la cooperazione internazionale costituisce il tema principale di questa Sessione, occorre quindi evidenziare come tale problematica possa generare difficoltà non indifferenti. A mero titolo d esempio si può ricordare come mentre la normativa italiana consente di fornire al Servizio Interpol notizie concernenti gli intestatari di schede telefoniche, la normativa che regola i poteri di polizia di altri Stati non permette un analogo comportamento. Ciò si traduce molto spesso in un sensibile prolungamento dei tempi delle indagini ed in evidenti difficoltà nell ambito della cooperazione di polizia. Sempre per rimanere nell ambito degli e- sempi, vorrei citare il principio della doppia incriminazione, che può in alcuni casi generare delle difficoltà di non semplice soluzione, ancorché essa sia intesa in senso non esclusivamente formale ma sostanziale. Così, poiché non tutti gli Stati considerano come reato lo scavo clandestino di reperti archeologici, si rende conseguentemente necessario ricondurre tale condotta illecita ad altre fattispecie criminose (quali ad esempio il furto), che però presuppongono l indicazione di notizie precise circa la loro commissione, notizie queste che ben difficilmente possono essere indicate proprio per le peculiarità che contraddistinguono lo scavo clandestino. Il furto di un bene, infatti, implica generalmente che tale bene sia noto, mentre non sempre, nelle indagini avviate a seguito di uno scavo clandestino, vi è la conoscenza da parte della Polizia Giudiziaria del singolo bene archeologico da ricercare. Pertanto nel contesto di commissioni rogatorie internazionali, allorquando l Autorità Giudiziaria dello Stato richiesto risponde al magistrato rogante richiedendo notizie più precise circa l autore, il luogo e la data di commissione del reato, si manifestano sostanziali difficoltà per

8 pagina 8 una rapida ed efficace esecuzione delle commissioni rogatorie stesse. Per quanto attiene alla cooperazione amministrativa, poi, le maggiori problematiche sono causate dalla separatezza delle procedure. Infatti poiché la procedura amministrativa per la restituzione di un bene è sostanzialmente diversa da quella penale o civile, possono manifestarsi difficoltà (ad esempio, non sempre è possibile travasare in sede amministrativa notizie acquisite in sede investigativa) che incidono sulla speditezza dell iter e, più in generale, sull efficacia della cooperazione internazionale nel suo complesso. Vi sono poi altre problematiche che interessano le attività condotte dalle Forze di Polizia. Si pensi, ad esempio, con riferimento alla tecnologia di supporto alle investigazioni, al problema dell interconnessione delle Banche Dati. In quest ambito vorrei segnalare come il Segretariato Generale Interpol stia attualmente occupandosi, su mandato dell Unione Europea, di un progetto volto a verificare la possibilità di un interconnessione tra le Banche Dati di beni culturali da ricercare attualmente esistenti. E risultato che le principali difficoltà non siano tanto di carattere tecnico quanto di carattere concettuale, ovvero relative alle concezioni stesse poste alla base della struttura delle singole Banche Dati, ognuna delle quali è impostata su una propria filosofia che la può rendere difficilmente compatibile con le altre. Altre difficoltà sono poi emerse nei metodi e nelle procedure connesse all applicazione della tecnologia per il controllo dei siti telematici. In questa sede pare infatti opportuno fare un breve cenno alle applicazioni tecnologiche per il monitoraggio della rete internet e alle difficoltà riscontrate per la localizzazione dei siti web o dei provider d interesse specifico. In tal senso la mancanza di regole comuni per i siti on line, soprattutto per quelli specializzati che operano nel settore dei beni culturali, contribuisce ad accrescere le problematiche che si riscontrano in tale settore. A puro titolo di e- sempio, vorrei accennare a quanto potrebbe essere opportuno rendere obbligatorio per i siti specializzati nella vendita di beni culturali l utilizzo di appositi banner che, al momento della compravendita di un determinato bene, possano informare l utente circa i rischi che si corrono nella compravendita di beni d arte o archeologici e che, altresì, evidenzino i vincoli essenziali posti dalla legislazione vigente nel paese di provenienza dei beni stessi. Sempre in relazione alla tema delle vendite on line, un ulteriore problematica è rappresentata dagli accessi privilegiati per le Forze di Polizia. Molti siti specialistici, infatti, consentono l accesso esclusivamente a pagamento e non sempre le Agenzie di polizia possono disporre di capitoli di bilancio sui quali imputare tali spese. Gli accessi gratuiti, invece, consentirebbero agli investigatori sia di monitorare il mercato, sia, addirittura, in quegli Stati che permettono tale procedura e sempre se necessario, di operare all interno di questi mercati virtuali come utenti civetta. Per migliorare il controllo delle vendite on line, sarebbe dunque auspicabile che le Organizzazioni internazionali che operano nel settore riescano a predisporre accordi standardizzati validi per il maggior numero di Stati possibile, al fine di porre in essere procedure di collaborazione tra i singoli Paesi e i singoli siti. Un esempio in questo senso è dato dall accordo recentemente stipulato tra la Confederazione Elvetica ed un sito di aste on-line: tale accordo però risulta ovviamente valido solo in quella Nazione. Altre difficoltà riscontrate nella lotta al traffico dei beni culturali sono determinate dalle connessioni che emergono tra gli specifici reati attinenti alla particolare materia e altri reati, quali il riciclaggio, e quelli commessi in tema di traffico di stupefacenti e di terrorismo. Spesso infatti, dal punto di vista legislativo, i reparti specializzati che operano nel settore dei beni culturali non hanno tanto in Italia quanto all estero - le competenze normative o professionali tali da poter interagire in altri settori criminali, ove possono emergere connessioni con i reati in materia di beni culturali. E si pensi ancora alle problematiche che si manifestano in quei Paesi nei quali sono in atto conflitti armati o crisi violente. Tali situazioni richiedono una costante attività di monitoraggio delle aree considerate a rischio. Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale in questo settore è stato presente in Iraq, nell - ambito della cornice di sicurezza fornita dall operazione Antica Babilonia, ed ha conseguito ottimi risultati in quel particolare contesto. Purtroppo, però, non sempre in simili scenari vengono adottate le stesse misure e si riscontra la stessa sensibilità al problema. Altri fattori critici da menzionare sono rappresentati dalla carenza di strumenti operativi. In questo senso si può far riferimento ad alcune normative internazionali che prevedono efficaci forme di intervento operativo, utilizzabili però solo in materia doganale (ad esempio, l inseguimento e la sorveglianza transfrontaliera, le consegne controllate, etc.) e che difficilmente nelle singole legislazioni nazionali si possono applicare al settore dei beni culturali. Un ultimo elemento sul quale vorrei focalizzare l attenzione è quello della necessità, sempre più sentita nel mondo dei beni culturali, di accrescere nel pubblico la sensibilità per i temi della difesa e della salvaguardia del patrimonio culturale mondiale. In questo campo, però, la sensibilizzazione non dovrà essere rivolta e- sclusivamente alle scuole di ogni ordine e grado, ma anche e soprattutto ad altre categorie di utenti quali, ad esempio, quelle dei liberi professionisti. Dall analisi dei dati a disposizione del Comando TPC si è infatti avuto modo di riscontrare come circa l 80% delle persone che effettua compravendite di monete di natura archeologica attraverso internet - non sempre in buona fede - sia costituito non già da crimi-

9 pagina 9 nali abituali o professionali, ma da liberi professionisti, che nella loro maggioranza non possono certo essere considerati delinquenti nello specifico settore, ma che pure, con il loro comportamento, oltre che compiere comunque dei reati, inevitabilmente finiscono per alimentare il traffico illecito. Concludo questo mio intervento, e passo la parola ai colleghi relatori, sottolineando come appaia evidente che le problematiche oggetto di questo breve esame, che sono state rilevate (Continua da pagina 1) December 2009 to review together progress in combating the illicit traffic. There has been real international progress in recent years in which our Italian colleagues have taken an outstanding role. It has been a privilege, therefore, to review the position with an international group of officials and scholars, and to appreciate the successes of the Italian authorities in achieving the return to Italy of a major series of looted antiquities from museums in the United States. We hope that the process will continue, for instance with apparently looted antiquities currently under scrutiny in Britain and in Denmark. But the question arises: how can we ensure that these encouraging initiatives really do go on to have, as their successful conclusion, the reduction in the international traffic in looted antiquities? How can effective restitution end the looting? The remarkable and conspicuous success of the Italian authorities in effecting the return to Italy of major antiquities from a number of museums in the United States has rightly been widely acclaimed (Watson and Todeschini 2006, Isman 2009, Silver 2009). It is not only a formidable achievement in itself in terms of the antiquities recovered, but it should also have a deterrent effect against the continuing looting of archaeological sites. The concern, however, must be that the museums in question, and the world of collectors internationally, should themselves draw what seems the obvious ethical conclusion: that the ongoing looting of antiquities should cease and that they should therefore desist from purchasing antiquities without secure provenance. But can we be confident that this will be the outcome? In a recent article (Renfrew 2009) I argued that the Italian authorities would have done well to ensure that, as a part of the legal settlement, each museum in question should agree formally to observe the 1970 Rule. This rule states that, in acquiring an antiquity from a country overseas, the trustees of the museum will acquire only those objects which have documentation to show that they were exported from their country of origin before 1970 (or that they were legally in Italia, siano le medesime che possono riscontrarsi in altri Stati, a conferma di una sostanziale unitarietà delle problematiche di settore a livello internazionale, da cui deriva la necessità, da un lato, di incrementare a tutti i livelli l informazione dei singoli utenti circa i rischi che corrono nel momento in cui agiscono nello specifico settore senza gli adeguati strumenti conoscitivi, dall altro di avere per le Forze di Polizia un quadro unitario di riferimento e rafforzati strumenti di cooperazione. exported, with valid export licences from the country of origin, after that date). This formulation, when carefully applied, should prevent the acquisition of any antiquities illicitly excavated after the year The formulation should not, of course, be taken to encourage the acquisition of antiquities that were looted prior to that date, but it marks a useful and practical dividing line to prevent or discourage ongoing looting. It is not clear that the Italian authorities did in fact formally require a declaration of this kind from the museums in question. But it is the case that the Board of Trustees of the J. Paul Getty Trust on October 23 rd 2006 did adopt such an acquisition code and publish it. The Metropolitan Museum of Art, following the position of the Association of Art Museum Directors (of the USA) has taken steps in the same direction, but with much less clarity. I am not aware whether the Boston Museum of Fine Arts (one of the other principal delinquent museums) has done the same. Questions of ownership It is worth remembering that in many common law countries, such as Britain or the United States of America, the legal position is that in general antiquities belong to the owner of the land where they are found. There is no presumption that the state has a right over them. This position is significantly modified in the United Kingdom by the Treasure legislation, by which The Crown (i.e. the national government) has a right of preemption over discoveries antiquities made of precious metal, although with the obligation to offer recompense at market value to the finder or landowner when the discovery is reported to the proper authorities and the right of pre-emption is exercised. It is the case, perhaps surprisingly, that metal detecting is not illegal in the United Kingdom (except at specially designated protected sites, known as scheduled monuments ). The general procedure is for the metal detectorists to enter into a signed agreement with the landowner which will determine the proportion of the value of the finds discovered which should go to the landowner. The obligation for the museum to pay the landowner and/or finder the full market value when a find is

10 pagina 10 pre-empted by a national or local museum (under the Treasure Act ) offers a powerful incentive for finders to declare their finds, and most such discoveries are reported in this way. This general situation has had an influence, however, upon the attitude to claims made in the United Kingdom by other countries claiming the restitution of antiquities which in those countries would automatically be the property of the state. Until recently such claims were not easily accepted in Britain. Two recent court judgements, in the United States and in Britain, have however recently and significantly recognised the right of nations to claim illegally removed artefacts as national property and to achieve restitution. The first of these is the United States v. Schultz case, where on June 25 th 2003 the United States Court of Appeals for the Second Circuit in New York upheld the conviction of the dealer Frederick Schultz on the charge of conspiracy to receive stolen property. (Gerstenblith 2003; see Silver 2009, 211). The property in question was an ancient Egyptian stone head. The key point was the provision of the National Stolen Property Act which held that anything deemed stolen by a foreign country would also be considered stolen under U.S. law. For Egypt is one of the many nations which has legislation determining the buried antiquities are the property of the state. A comparable decision was made by the English Court of Appeal on 21 st December 2007 in the case of Islamic Republic of Iran v. Barakat Galleries Ltd. Here the court decided that Iran could indeed show it had good title under Iranian law to antiquities excavated in Iran, and could therefore seek to recover such antiquities. The judgement of the court explicitly recognised that Britain had ratified the 1970 UNESCO Convention against the illicit traffic in cultural property and was formulated with that as an underlying and relevant factor. The decision opens the way for Iran to recover the looted antiquities held by the Barakat Galleries which were subject to dispute. The ruling, like that in the Schultz case in the United State, has wide general applicability. It was against the background of the Schultz ruling that the Metropolitan Museum and the Getty Museum decided to return to Italy the antiquities which had been claimed. It is likely that without the Schultz ruling the position would have been much less satisfactory. The international dimension This, then, is the good news. The decision by the various American museums concerned to negotiate the return to Italy of the antiquities in question avoided for the museums what might have been embarrassing appearances in court. And it also avoided the necessary for the state of Italy of undertaking expensive legal action to recover them. It is to be hoped that wider implications of the ruling in Iran v. Barakat will similarly facilitate the recovery by Italy of looted antiquities allegedly held in Britain, for instance antiquities held by the Liquidators of the Estate of Robin Symes. Symes is the well-known London dealer, now declared bankrupt, who formerly had in his possession an extensive collection of antiquities, many of which are claimed by the Italian state on the grounds that they were allegedly looted from Italy. That claim will be a matter for the courts to rule upon, but the claim of Italy for ownership of antiquities found on Italian soil is greatly facilitated by the Iran v. Barakat ruling. Similar questions apparently hold for the Ny Carlsberg Glyptothek in Copenhagen: a seemingly discreditable position for an institution which holds the status of a national museum. But how far can such decisions in the United States or in Britain be made to apply on a truly international basis? At our meeting in Rome we heard from Professor Toshiyuke Kono of Kyushu University of what seems the very unsatisfactory position of Japanese law, which has a notably short time period in its statute of limitations. The situation of the Miho Museum came under scrutiny, with its extensive collections of unprovenanced antiquities, and its position does indeed seem scandalously anomalous. It is well known that the Miho Museum holds many object allegedly looted from Iran (Watson and Todeschini 2006, 295). It would be interesting to see what response Iran would encounter if it sought to claim these antiquities. The next stage, on an international level, must be to seek wider application of the principles which have so far operated mainly in the discussions between Italy and those American museums which have now indeed restituted material when this could be shown to have been looted after One would like to see museums in Japan, specifically the Miho Museum, undertaking the same process. Nor is Japan the only country which has recently developed an appetite for unprovenanced antiquities. In earlier days, of course, few museums were concerned about the ethics of acquisition (Brodie and Renfrew 2005), but today many are. The question remains, however, as to whether new and growing museums in countries recently become wealthy will take the same view. There is clearly a need for a truly international approach to these issues it is one which is only now beginning to emerge. The usefulness of the 1970 rule It is worth noting some of the convenient benefits of the 1970 Rule. It rule does have the merit of being workable, and it is now followed by such long-standing institutions as the British Museum and the Berlin Museums.

11 pagina 11 If it were universally followed the looting of archaeological sites would suffer a sharp decline. For, in theory at least, its application should make recently looted antiquities completely unsalable. Of course by definition it says nothing about such famous cases as the Parthenon marbles, removed by Lord Elgin more than a century earlier, or the Benin bronzes seized by Britain at the end of the nineteenth century, both understandably matters of concern for the countries of origin. But the issue of restitution is not at all the same as the need to put a stop the ongoing destruction of archaeological sites through looting. And the 1970 Rule has other merits. For instance under the law of several countries including England a so-called good faith buyer (i.e. one who acquires goods having confidence in the vendor and without having cause for suspicion that the goods have not been obtained legally) can acquire good title to the goods once they have been in his or her possession for a specific number of year, sometimes six years. That is the case even if the goods are later shown to be stolen or looted. It is implicit here that the good faith buyer has acted with due diligence that is to say has not had cause to doubt the credentials and honesty of the vendor or the propriety of the merchandise. When the 1970 Rule is applied, however, the due diligence required of the good faith buyer goes beyond the law and requires more than the absence of dubious circumstances. Following the Rule, the buyer actually has to see and scrutinise documentation that the antiquities in question had been unearthed before 1970 or see a very detailed account of their provenance following excavation if they were excavated after that date. This was a key issue in the recent controversial case of the 654 Aramaic incantation bowls lent to University College London by the well-known Norwegian collector Martin Schøyen for the purposes of study. When it was appreciated that these might be looted antiquities, perhaps originating in Iraq, UCL set up a Committee of Inquiry. The Inquiry concluded on the balance of probabilities that the bowls had indeed originated in Iraq and that they might be considered the rightful property of the state of Iraq. But the Committee had to recognise the possibility that Mr. Schøyen had been a good faith buyer (Freeman et al. 2006, 30) and that if he were he could therefore, following the law of limitations, have acquired good title to the bowls after a period of six years. Publication of the Report of the Committee of Inquiry was unfortunately prevented following legal action taken by Mr. Schøyen against UCL. The Report has however subsequently been made available on the internet, and the details are informative and illustrate the legal complexities that can arise. Of course one of the problems which can occur is the possibility of the provision of fake or false documentation pertaining to the provenance of the antiquities. In general, however, if the 1970 Rule is scrupulously followed it should have the effect of markedly diminishing the traffic in illicit antiquities. Similarly, it is clear that if the Ny Carlsberg Glyptothek in Copenhagen had followed the 1970 Rule, it is clear that it would not now be in dispute with the It lain authorities over apparently looted material of recent Italian origin in its collection. The griffins of Ascoli Satriano: a personal reaction At the Rome symposium, a very pleasurable personal experience was occasioned by the evening visit organised to the exhibition The Secret of Marble: the Painted Marbles of Ascoli Satriano at the Palazzo Massimo, which contains two important antiquities returned to Italy by the Getty Museum: the marble Griffins (marble table decoration) and the painted ceremonial basin ( podanipter : Bottini and Setari 2009, 44 cat.1 and 60 cat. 10). I had seen the extraordinary marble sculpture of the Griffins at Malibu, both at the Villa where they were originally exhibited by the J. Paul Getty Museum and then at the inaugural installation at the new Getty Museum in Los Angeles. Indeed so striking and unexpected was the impression then made on me that I was quite doubtful of their authenticity. That is one of the prices which one pays when antiquities are clandestinely removed from their context of discovery. And now, at the Palazzo Massimo I saw not only the Griffins and the remarkable painted marble basin but a whole assemblage of marble artefacts, including the painted calyx crater and the splendidly severe group of marble vessels (loutrophoros, epichysis, oinochoe) which apparently formed part of the original tomb group. A single decontextualised artwork now had an important series of accompanying pieces. These added greatly to the significance of the extraordinary Griffin piece. But in addition they themselves became of vastly greater importance. Initially, at the time of their seizure by the authorities, sometime after the episode of looting which led to the loss of the Griffins (whose existence at that time was not known to the local officials in Puglia), their significance had not been understood and even their date seemed uncertain: they were initially assumed to be of post-classical, perhaps Renaissance date and were put into storage by the finance police. Now this wonderful assemblage of objects had been re-constituted. As a result we see not just a single, perhaps rather anomalous art work, but a whole remarkable assemblage of objects: the partial reconstruction of one of the most remark-

12 pagina 12 able tomb groups recovered from Magna Graecia, safely assigned to the fourth century BC and to Ascoli Satriano. Moreover there is hope that more can be achieved in the near future. The precise location of the original tomb is not currently known: the looting is believed to have taken place between 1976 and 1978 (Bottini and Setari 2009, 22). But with further investigation in the area where the tomb is believed to have been located it may prove possible to locate the tomb and perhaps even to find associated fragments matching those in the Palazzo Massimo assemblage, thus allowing definitive identification. This in turn would enlarge the association to include any new associated materials. These might not be so spectacular, since the tombaroli will have taken the obviously saleable pieces, but they might include many significant artefacts and associated materials. So these important finds are in process of becoming recontextualised after the disastrous disjuncture of the looting episode. This brings into sharp focus the despicable role of the unfortunate Giacomo Medici, the illicit dealer and middleman, who was so vainglorious as later to be photographed alongside the Griffins in the Getty Museum (Watson and Todeschini 2006, pl.4, lower). In his archive, recovered in the notorious Geneva Freeport raid of 1995, is a photograph of the Griffins, before restoration following the looting episode of (Watson and Todeschini 2006, pl. 4, middle). It brings into focus also the foolish irresponsibility of those at the Getty who authorised this purchase of an evidently looted antiquity of major importance. And it emphasises again the great success of the Carabinieri Art Squad, of Prosecutor Ferri and of the other officials involved who succeeded in effecting the return of the Griffins to Italy. And here the great academic and cultural significance, I should like to emphasise, is not the act of restitution but the successful act of recontextualisation. The exhibit and the preceding scientific study, lucidly reported in I Marmi Dipinti di Ascoli Satriano (Bottini and Setari 2009) are a triumphant success. It will culminate soon in the permanent installation of the re-constituted tomb assemblage in the Civic Museum of Ascoli Satriano. Post-disjunctive forensic recontextualisation This triumphantly successful episode or recontextualisation carries wider implications. For it exemplifies a process of recovery which can be highly significant on occasions when looted antiquities are successfully returned to their area of origin. Each act of looting represents a disastrous disjuncture, a destructive episode in which the artefacts are illicitly and clandestinely removed from their original context of discovery, with its rich and informative associations. The information crucial to the effective archaeological interpretation of the excavated assemblage is lost in this process: a disaster for any attempt to increase our understanding of the human past. For the interpretive process can only work when the context of discovery can be carefully researched. There are occasions, however, when the looted antiquities can be subjected to forensic study (in both the legal and scientific senses) in such a way as to allow the partial reconstitution of that original context. This is well exemplified by the case of the Ascoli Satriano Griffins. This piece and the painted ceremonial basin reached the Getty from the same dealer (Medici). But it was the forensic work (in the historical and legal senses) which led to their reunion with the other marble pieces from their original find spot. And it was forensic work (in the scientific sense, namely the study of marble and of pigments n the painted decoration) which confirmed their original association and their association with the calyx crater and the other pieces which had remained in Puglia. It is perhaps worth recognising this process and of giving it a specific designation: DPFR or post-disjunctive forensic recontextualisation. This refers to the possibility, after a catastrophic episode of looting (the disjuncture ) to use investigative (forensic) techniques to bring about the restoration of aspect of the original context of discovery. In this way important information can be recovered, and the catastrophe of the looting at least partly mitigated. The same approach has been applied, although not yet with great success, to the Euphronios calyx crater returned from the Metropolitan Museum (Silver 2009). Recently attempts have been made to apply it to the Early Cycladic marble figures looted in the late 1950s from the site of Kavos on the Cycladic island of Keros (Sotirakopoulou 2005; Papamichelakis and Renfrew 2010), For there are many cases where at least partial forensic recontextualisation can be attempted after the disjuncture occasioned by looting. Conclusion If the striking advances recently achieved by the Italian authorities in combating the illicit traffic in looted antiquities are to be of wide general, indeed international value, a number of steps will be necessary. The first of these could be the formal and published acceptance of the 1970 Rule by museums and then by private collectors in all countries. The second should be the true internationalisation of such a position. That would include, for instance, the recognition by Japan of its obligations under the 1970 UNESCO Convention, and the equivalent recognition by the Trustees of the Miho Museum of their own responsibilities. I do not imply here that the Miho Museum is alone in flouting the con-

13 pagina 13 ventions of good conduct in this respect, but it is certainly prominent. And here it should be remembered that many museums, even private museums, have charitable status in relation to taxation. That status should be questioned by national authorities if the institution is seen to be flouting either international law or the widely shared ethical standards implied by the UNESCO Convention. Only then can progress be made. Our congratulations go out to our Italian colleagues for all that they have achieved. The triumphant re-contextualisation of the Ascoli Satriano tomb is a splendid example of what can be accomplished. The task now is to make the impact of their work effective on a t r u l y i n t e r n a t i o n a l s c a l e. References Bottini A. and Setari E. (eds.), 2009, I Marmi Dipinti di Ascoli Satriano, Roma, Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Brodie N. and Renfrew C., 2005, Looting and the world s archaeological heritage: the inadequate response, Annual Review of Archaeology 34, Freeman D.J., MacDonald S. and Renfrew C., 2006, An Inquiry into the provenance of 654 Aramaic incantation bowls delivered into Ufficio Studi Via del Collegio Romano, Roma Questa newsletter non rappresenta una testata giornalistica. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7 marzo Direttore responsabile: Gianni Bonazzi the possession of UCL by, or on the instruction of Mr. Martin Schøyen, London, University College London. [Unpublished report available on the website wikileaks.org under the reference Schøyen] Gerstenblith P., 2003, The McClain/Schultz doctrine: another step against the trade in stolen antiquities, Culture without Context 13, 5-8. Isman F., 2009, I Predatori dell Arte Perduta, Milano, Skira. Papamichelakis G. and Renfrew C., 2010, Hearsay about the Keros Hoard, American Journal of Archaeology 114, Renfrew C., 2009, Ethics in archaeological research: international responses to the illicit trade in antiquities, in D Agata A.L. and Alaura S. (eds.) Quale futura per l archeologia?, Roma, pp Silver V., 2009, The Lost Chalice, New York, William Morrow. Sotirakopoulou P., 2005, The Keros Hoard : Myth or Reality? Searching for the Lost Pieces of a Puzzle, Athens, N.P. Goulandris Foundation. Watson P. and Todeschini C., 2006, The Medici Conspiracy: the Illicit Journey of Looted Antiquities from Italy s Tomb Raiders to the World s Greatest Museums, New York, Public Affairs. A questo numero hanno collaborato: Coordinamento editoriale: Vitoantonio Bruno Elaborazione informatica e grafica: Silvana Carmen Di Marco, Stefania Properzi Articoli di: Jeannette Papadopoulos, Paolo Giorgio Ferri, Giovanni Nistri, Colin Renfrew

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