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1 Isolanova La città di Isolanova ha mantenuto il suo antico nome di quando era un piccolo villaggio di pescatori su un isola chiusa fra due braccia del Po. Si presume che i primi abitanti si fossero rifugiati in questo sito paludoso e malsano per sfuggire ai barbari dopo la caduta dell impero romano. All inizio del XII secolo, durante una disastrosa alluvione, il fiume cambiò corso trovandosi improvvisamente circa sei chilometri a nord del paese che da allora smise di essere un isola. Fu alcuni decenni più tardi, dopo che gli abitanti ebbero prosciugato il vecchio letto del fiume ancora impaludato per renderlo fertile e adatto all agricoltura, che il piccolo centro conobbe un veloce sviluppo economico ingrandendosi a tal punto che i reggenti di allora, i conti Ubaldini, fecero costruire la prima cinta di mura. Cento anni più tardi, gli Ubaldini si legarono alla famiglia degli Ardenti, potenti signori veneti, attraverso il matrimonio di un loro figlio con una figlia degli Ardenti. Quest unione si dimostrò presto un grave errore politico. A Giovanni degli Ardenti, che aveva già da tempo gettato un occhio cupido sulla città di Isolanova, le tensioni politiche che si erano manifestate in seguito alla morte improvvisa della figlia, avvenuta in circostanze misteriose, gli vennero ben a proposito. Egli diede ordine alle sue truppe di invadere la contea che in breve tempo conquistò e annesse al suo territorio. Una delle prime misure che prese, fu di triplicare l area della città facendo costruire una nuova cinta di mura. Inoltre, dopo aver fatto abbattere parecchie vecchie case di fronte alla cattedrale, fece erigere un grande e maestoso palazzo, che divenne la sua nuova sede. La nostra storia inizia il primo aprile del 1302 quando arrivò a Isolanova una delegazione con una missione invero molto delicata. Era composta da tre anziani signori: il vescovo di Arcania e due dignitari di corte con un seguito di circa trenta persone. Avevano il compito di sondare la possibilità di un matrimonio fra Matilda, la figlia del conte Granleoni di Arcania e Antonello, il figlio del duca Nicolò II degli Ardenti. Dopo averli accolti con lo sfarzo dovuto alla loro posizione, il duca li accompagnò nella sua stanza privata per discutere con loro l urgente problema che stava all ordine del giorno. Le città di Arcania e di Isolanova si trovavano da almeno trent anni in un continuo stato di tensione. Sui loro territori di frontiera avvenivano spesso scaramucce che non erano ancora degenerate in una guerra aperta solo perché nessuna delle due città era abbastanza forte da sopraffare l altra. Arrivati a una situazione di stallo, il duca Nicolò II e il conte Astolfo I stipularono un trattato di pace, soprattutto in vista di un grave pericolo comune che incombeva dall esterno: truppe francesi avevano infatti invaso una parte dell Italia settentrionale e, alleati con alcune signorie lombarde, minacciavano di conquistare le due città. Si trattava quindi di un alleanza dettata dalla pura necessità, che avrebbe dovuto essere sigillata dal matrimonio fra Antonello e Matilda. Il problema maggiore era ora Antonello, il figlio diciottenne del duca degli Ardenti. Inizialmente suo padre gli aveva previsto la carriera ecclesiastica: voleva che diventasse cardinale. Per questo l aveva messo in un convento 1

2 affinché ottenesse l istruzione adatta allo scopo. Così, all età di sei anni Antonello era entrato in un monastero domenicano per imparare e approfondire le materie necessarie per una buona formazione religiosa. A diciotto anni era già sulla buona strada verso la carriera impostagli dal padre. Ma, grande fu la sua sorpresa, quando questi gli ordinò improvvisamente di lasciare il monastero per rientrare a vivere nel palazzo. Non era affatto infelice presso i domenicani. Durante tutti quegli anni, si era talmente adattato alla vita austera del convento, che non riusciva ad immaginarsene un altra fuori da quelle mura. Fu soltanto quando rientrò nel palazzo che venne a sapere dal padre il motivo di questa sua improvvisa decisione. Ne fu molto turbato. Non è che le donne non l interessassero, al contrario. Malgrado avesse la carriera ecclesiastica davanti a sé, non faceva che sognare di loro. In quei lunghi anni trascorsi in convento si era creato nella sua fantasia un mondo tutto suo pieno di fanciulle celestiali che non si contraddiceva affatto con i suoi voti di castità, dato che considerava la donna come un essere al di fuori della realtà, qualcosa come un angelo e non un essere da desiderare fisicamente. Le donne reali, quelle che vedeva quelle rare volte che si trovava fuori dal convento, non l interessavano affatto. Se si sentiva attratto da una bella ragazza, già cercava di cacciarne l immagine dalla mente, considerandola solo uno strumento del demonio tentatore. In fin dei conti, dovendo diventare cardinale, prendeva sul serio il suo ruolo. E ora, dopo tutti quegli anni chiuso nelle mura di un convento, doveva, per ordine del padre, ribaltare la sua vita sposando una donna che non aveva mai visto e della quale sapeva solamente che aveva una decina di anni più di lui. Fra il duca e i suoi ospiti si parlò e si discusse a lungo anche su un tema particolarmente delicato: il conte Astolfo voleva una garanzia sulla capacità procreatrice del ragazzo. Su questo infatti aveva i suoi dubbi, considerando che gli anni passati nel monastero, isolato da ogni tentazione carnale e dedito solamente allo studio e alla preghiera, potevano aver influito sulla sua virilità. I dignitari della delegazione dissero al duca che erano venuti anche in veste di testimoni, avendo ricevuto dal loro signore l incarico di constatare di persona se il ragazzo fosse in grado di compiere il suo dovere matrimoniale. Il duca, che praticamente non conosceva il figlio, aveva lui stesso alcuni dubbi a proposito, e non oppose resistenza alla richiesta della delegazione. Prima ebbe, però, un colloquio a quattrocchi col figlio per spiegargli la situazione. Quando Antonello azzardò una debole obiezione dicendo che era destinato alla vita ecclesiastica e che quindi non poteva sposarsi, suo padre gli tolse subito la parola dicendogli di dimenticare il titolo di cardinale, tanto più che lui, il duca, aveva avuto ultimamente gravi contrarietà con il papa che, per conseguenza, non gli avrebbe mai concesso la porpora cardinalizia. Antonello accettò, sebbene a malincuore, il suo destino. Conoscendo il padre, non aveva altra scelta che ubbidirgli senza discussioni. Il duca gli mostrò pure un piccolo ritratto di Matilda che gli ospiti gli avevano portato. Un ritratto che non diceva gran che. Si vedeva il volto di una donna che il pittore aveva di molto ringiovanito, tanto da sembrare quello di una quindicenne. Inoltre era mal dipinto, poiché rappresentava 2

3 un viso senza particolari caratteristiche che poteva essere di chiunque. Ritiratosi nella sua stanza, Antonello rifletté a lungo su quello che gli stava succedendo. E più ci rifletteva, più veniva preso dallo sgomento per dover sposare così all improvviso una donna sconosciuta, soltanto per ubbidire alla volontà del padre. A che gli erano serviti allora tutti quegli anni passati in monastero? Avrebbe voluto tanto confidarsi con qualcuno, ma non c era nessuno nel palazzo con cui parlarne, tanto meno sua madre che, completamente succube del marito, ne accettava sempre la volontà come se fosse quella di Dio. Rimase tutta la sera rinchiuso nella sua stanza rifiutando di presentarsi a cena. Per ore pregò Dio che gli desse la forza di superare quella prova, indicandogli la via da proseguire. Quel suo modo di fare non piacque affatto al duca che, temendo problemi, lo fece venire a sé il giorno dopo per ricordargli in maniera perentoria quale era il suo dovere. Il duca non amava per niente suo figlio. Lui era l uomo d azione, ammiratore della forza e della fierezza e non accettava l evidente debolezza di carattere di Antonello. Provava per lui una specie di repulsione. Non riusciva a capire, perché, sebbene il ragazzo fosse fisicamente dotato, non mostrasse un minimo di interesse alle arti cavalleresche. Qualche volta, quando Antonello si trovava in vacanza dal convento, lo portava con sé a caccia. Sebbene questi fosse un ottimo tiratore di arco, forse uno dei più abili che conosceva, non voleva uccidere animali. Preferiva centrare bersagli attaccati ad alberi. Quel sentimentalismo lo rendeva furioso. A volte dubitava addirittura che fosse suo figlio. Finché Antonello se ne stava rinchiuso in convento e si dedicava allo studio e all arte, suo padre non aveva problemi con lui, lo ignorava semplicemente. Adesso però si trattava di risolvere importanti ragioni di stato ed era sicuro che usando la sua autorità di duca e di padre, avrebbe ottenuto da lui tutto quello che voleva. Il suo successore ideale, avrebbe potuto essere stato il primogenito Stefano: ragazzo forte, vigoroso, fiero e indomito. Purtroppo aveva dovuto farlo decapitare cinque mesi prima perché aveva tramato contro di lui per prendergli il potere. Aveva sì ancora un altro figlio, ma aveva solo dieci anni, perciò per il momento doveva riporre tutte le sue speranze in Antonello, colui che considerava, appunto, un idealista inetto. Ma l antipatia era reciproca. Antonello provava per il padre solo timore e disgusto. Conosceva la sua crudeltà, e sapeva che non aveva fatto uccidere soltanto Stefano, ma anche molte altre persone che l avevano ostacolato nelle sue ambizioni di potere, che era in grado di mantenere solo con la violenza e i soprusi. E adesso che doveva ancora una volta, piegarsi alla sua volontà, sperava solo, che la donna che gli veniva imposta come sposa, fosse per lo meno di suo gradimento, sia fisicamente che come carattere. Alla fine di quel colloquio, il padre l informò che in serata si sarebbe dovuto preparare per una dimostrazione della sua virilità. Antonello non aveva idea di cosa intendesse dire, pensava che si trattasse di una speciale visita dal medico di corte. Ma fu molto sorpreso quando, dopo cena, venne condotto nella sala da bagno dove due giovani ancelle lo spogliarono per immergerlo in una tinozza piena di acqua calda. Dopo essere stato lavato, asciugato e profumato, fu condotto nella sua camera da letto. Nella semioscurità vide tre anziani signori seduti accanto al letto. Riconobbe subito il vescovo e i due dignitari della delegazione che aveva 3

4 conosciuto durante la giornata. Con il vescovo aveva avuto durante la cena un interessante colloquio in latino sui pensieri filosofici di S. Agostino. Antonello l aveva trovato simpatico e affabile, ma in quel momento si domandava che ci stesse a fare nella sua stanza da letto insieme ai suoi compagni. Erano forse loro che dovevano visitarlo per constatarne la virilità? Ciò incominciava a metterlo non poco in imbarazzo, una sensazione che crebbe assai, quando si accorse che nel letto c era qualcuno che si rivelò essere una giovane ragazza di cui vedeva solo la parte superiore del viso, essendosi quella tirata su il lenzuolo fino al naso. Il vescovo che aveva notato lo stato di disagio del giovane, gli disse. «Non devi temere figliolo». «Ma... ma che sta succedendo, che vuol dire ciò?» balbettò Antonello. «Niente, non si tratta che di un esercizio preparatorio per il tuo matrimonio. Noi non abbiamo che da testimoniare ciò di cui non dubitiamo affatto, e cioè che tu sei in grado di svolgere il grande compito che Dio ti ha affidato, che è quello di sposare Matilda Granleoni e donarle almeno un figlio maschio, e la fanciulla che si trova nel letto sarà a tua disposizione affinché tu possa compiere il tuo dovere di uomo virile». Antonello volse lo sguardo verso la ragazza che lo fissava intensamente con i suoi occhi scuri. Un groviglio di pensieri turbinava in quel momento nella sua testa. Ma non era questo un incitamento al peccato? - si domandava -. Sapeva benissimo, che anche se gli era chiaro che non avrebbe più seguito la via ecclesiastica, un rapporto sessuale prima del matrimonio era un peccato mortale. In fin dei conti conosceva molto bene il sesto e il nono comandamento. E adesso, addirittura un rappresentante della chiesa, gli imponeva di infrangere le leggi di Dio. Il vescovo, immaginando i suoi pensieri, gli disse: «Non devi pensare che così facendo tu commetta un peccato. Dio sa quali sono le necessità umane e nella sua grande misericordia è sempre pronto a fare eccezioni alle sue regole, quando ne va di mezzo il bene e la felicità dei suoi figli. Ad ogni modo, qualora tu abbia dubbi in proposito, sappi che io, come vescovo, sono sempre pronto a darti l assoluzione. E adesso, compi il tuo dovere. Non avere paura di noi. Fa come se non ci fossimo». Ancor prima che Antonello potesse esternare i suoi dubbi, una delle ancelle incominciò a spogliarlo della sua veste, mentre l altra tolse il lenzuolo che copriva la ragazza. Dopo che le ancelle ebbero lasciata la stanza, il vescovo, con un cenno della mano, invitò il ragazzo a stendersi sopra di lei. Nel vedere per la prima volta in vita sua il corpo ignudo di una fanciulla, Antonello dimenticò tutto quello che aveva imparato sulle pene infernali destinate ai peccatori di lussuria, e, nonostante fosse vergine, capì subito come funzionasse l amplesso per cui trovò naturale stendersi su di lei per eseguire ciò che tutti si aspettavano da lui. In quel momento il suo cervello aveva smesso di pensare. Si era svuotato di ogni obiezioni morale. Il suo corpo e il suo spirito erano solo in balia della voluttà. A causa della sua grande eccitazione, l atto non durò a lungo, ma fu sufficiente per soddisfare, in tutti i sensi, sia lui che la delegazione di Arcania. Adesso i tre messeri sapendo ora che cosa riferire al loro signore, lasciarono la stanza da letto, mentre Antonello, ancora completamente intontito da quella straordinaria esperienza, si era staccato dalla ragazza girandosi sul dorso e rimanendo così disteso sul letto a occhi chiusi. Ma 4

5 improvvisamente sentì sua madre dire sottovoce: «Su dai, vattene!» Si voltò verso di lei sorpreso che, oltre ai tre vecchi, ci fossero anche altri spettatori nella stanza. Capì comunque che sua madre non aveva parlato con lui ma con la ragazza, la quale si alzò immediatamente e, coperta da una vestaglia, sparì nella penombra. Ad Antonello dispiacque nel vederla andar via così. Avrebbe voluto intrattenersi un po con lei, almeno domandarle il nome. L unica cosa che aveva percepito di lei, era, che aveva un bel viso, capelli biondi e un bel corpo e che profumava delicatamente. «Ma chi è quella ragazza?» domandò alla madre. «Nessuno!» «Come nessuno?» «Ma non ti preoccupare, quando ti dico nessuno, è nessuno. È solo una sguattera!» «Una sguattera?» disse Antonello pensoso. Dunque la sua prima donna non era che una sguattera. Ma ancor prima che potesse dire qualcosa, sua madre si sedette sul letto e gli prese dolcemente una mano. Antonello si meravigliò di quel gesto insolito, poiché essa non mostrava mai tenerezze nei suoi confronti. Anche quando era bambino, lei, forse influenzata dal marito, ostentava sempre freddezza e distacco. E adesso, improvvisamente, quel atto di tenerezza materna. Voleva forse con questo premiarlo per la sua prestazione sessuale? Adesso cominciava anche a vergognarsi. Lui, che era stato sempre molto pudico e che mai aveva mostrato le sue nudità ad altre persone, aveva dovuto mettersi in mostra come un fenomeno da fiera davanti a degli spettatori, perciò trovava le tenerezze della madre assolutamente fuori posto. Sapeva che facevano parte del piano del padre per fargli sposare una donna sconosciuta. «Sono sicura che il duca sarà orgoglioso di te», disse lei quasi leggendo i suoi pensieri. «Certo, come è orgoglioso dei suoi cavalli alla monta equina!» rispose Antonello ritirando la mano. «Adesso sei ingiusto nei suoi confronti. Sai benissimo che vuole solo il tuo bene. Non fa che pensare al tuo destino. Dovresti essergli riconoscente se ti dà la possibilità di sposare Matilda Granleoni. La si dice una ragazza bellissima e di grande nobiltà, che tu nemmeno ti meriti. E questa piccola prova a cui sei stato sottoposto questa sera, era assolutamente necessaria, altrimenti suo padre ti avrebbe rifiutato. Inoltre, non credo che sia stato per te una gran pena fare l amore con quella ragazza». «Con quella sguattera vuoi dire? La mia prima donna me l ero immaginata ben diversa». «Tu sei sempre l eterno scontento. Per te non si può fare mai nulla di giusto!» disse la madre alzando la voce irritata. Ad Antonello era chiaro che non aveva alcun senso discutere con lei, dato che stava sempre dalla parte del padre, e tanto meno, quando alzava la voce: sapeva che subito dopo sarebbe diventava isterica. Infatti, quando la pregò di lasciarlo solo, lei incominciò a strillare chiamandolo incosciente e indegno di essere suo figlio. Antonello si sentì infine sollevato quando lei finalmente uscì, sbattendo la porta. Rimase disteso sul letto a riflettere sugli avvenimenti degli ultimi giorni. Era stato strappato dal suo piccolo mondo, che era il monastero, per 5

6 essere obbligato a sposare una donna che, a detta del padre, della madre e di tanti altri, era di una rara bellezza, oltre che a essere dotata di nobilissimi sentimenti. Se fosse stato veramente così, non avrebbe avuto forse nulla da ridire, ma per sposarla doveva dare improvvisamente l addio a una carriera ecclesiastica che, ironicamente, gli era stata imposta dal padre. Inoltre, quella sera aveva avuto la sua prima esperienza sessuale, anche se solo con una sguattera. E quello era ciò che più l assillava: l aver dovuto buttare a mare i principi religiosi a cui si era attenuto in quegli anni passati in convento. Trovava quasi sacrilego quello che il vescovo gli aveva detto per incitarlo all immoralità. Non aveva mai sentito o letto che Dio permettesse agli uomini eccezioni alle sue leggi. Per un attimo ebbe persino il sospetto che quell uomo non fosse nemmeno vescovo, ma che facesse parte di una messa in scena ordinata da suo padre. Ma poi, pensando alla discussione in latino che aveva avuto con lui a pranzo, rigettò l idea. Un falso vescovo non avrebbe potuto esprimersi in maniera così erudita sulla filosofia di S. Agostino o di Platone. Comunque, sapeva quali pene l aspettavano all inferno se fosse morto dopo un peccato di lussuria. E adesso, persino un vescovo lo incitata all immoralità. L ultimo pensiero prima di addormentarsi fu che avrebbe dovuto confessarsi il più presto possibile. Il giorno dopo rivide sua eminenza, che non gli accennò all evento della sera precedente. Gli pose invece parecchie domande concernenti la vita nel monastero, gli studi che faceva, ecc. Il vescovo era molto soddisfatto di Antonello che era esattamente come gliel avevano descritto: un bel ragazzo, alto più della media, fisico vigoroso, sessualmente potente, molto intelligente, molto istruito ed estremamente ingenuo, ergo: il marito ideale per Matilda. Quindi considerava il suo viaggio a Isolanova un pieno successo. Al conte Astolfo non aveva da riferire che fatti positivi. Le trattative per il matrimonio furono lunghe e difficili. Il duca Nicolò II era molto esigente. Il conte Astolfo dovette infine accettare quasi tutte le sue condizioni, sebbene molto irritato per tanta sfacciataggine. Per lui non si trattava solo di ottenere la pace con il suo vecchio nemico, così pure un alleanza per combattere futuri nemici, ma anche di dare la figlia in sposa a una delle più nobili famiglie italiane. Perciò s impegnò a darle una dote di centomila ducati, e in aggiunta una serie di vantaggi per la signoria di Isolanova, compresa la cessione di una parte di quei territori di confine che si erano contestati così accanitamente nei decenni precedenti. Dimenticate erano ora le battaglie di frontiera, dimenticato era anche l episodio particolarmente crudele di qualche anno prima, quando i soldati del duca avevano assediato la rocca di Santo Stefano obbligandola ad arrendersi. In seguito i difensori furono lasciati liberi, ma solo dopo che venne loro tagliato il naso a cavati gli occhi. Un anno più tardi la rocca cadde di nuovo nelle mani dei Granleoni, che si vendicarono facendo decapitare tutti i difensori. Con la nuova intesa, questa rocca fu ceduta definitivamente al duca Nicolò II. Il primo maggio del 1302 fu firmato il contratto di matrimonio nel palazzo dell Orso, un palazzo-delizia appartenente agli Ardenti, che si trovava ad alcune miglia da Isolanova. In quel giorno venne stabilita anche la data del matrimonio: il 20 giugno. Il giorno della partenza da Arcania, il conte assegnò a Mattilda una scorta di duecento persone fra cui soldati a cavallo, servi, giullari e così pure una 6

7 trentina di ancelle private per la figlia. Un trentina di muli trasportarono la dote della sposa. Alcuni giorni più tardi la comitiva, accompagnata da una delegazione del duca, raggiunse Isolanova. Era il 30 maggio 1302, un pomeriggio caldo e assolato. Tutta la città era addobbata a festa. Il duca che non aveva badato a spese per celebrare l avvenimento, accolse la sposa e il suo seguito con gli onori dovuti, alla porta sud chiamata Porta di S. Marco. Matilda scese dalla sontuosa carrozza per andare incontro al duca e alla duchessa. Antonello si teneva un po in disparte. Oramai si era del tutto rassegnato al compito che il padre gli aveva imposto, sperando solo che la sposa, malgrado l età, fosse veramente così bella, intelligente e sensibile come si diceva. Quando la vide, la scambiò per una cortigiana. Davanti a lui si trovava infatti una dama vestita sì con estrema eleganza e sontuosità, senza però nessuna traccia della bellezza e della grazia tanto decantate. Continuò a cercare la futura moglie scrutando fra le belle damigelle del seguito, pensando o sperando che fosse una di loro. Ma rimase sbigottito per non dire esterrefatto, allorché gliela presentarono. Matilda era in verità colei che aveva supposto all inizio ma che sperava non fosse. Era tutt altro che una bellezza. Sembrava inoltre molto più vecchia dei suoi ventisette anni. Malgrado l abbigliamento elegante, non c era in lei nulla di piacevole: aveva il volto scialbo e inespressivo, labbra sottili, occhi acquosi, guance infossate, faccia larga e quasi piatta, naso piccolo e sottile. Antonello fece per il momento buon viso a cattiva sorte. Era troppo ben educato per dimostrare apertamente il suo disappunto, ma internamente era in subbuglio. Com era possibile che suo padre gli proponesse come moglie proprio una donna così sgraziata? E pensare che gliel aveva descritta nel migliore dei modi. Guardandosi attorno, Antonello notò fra gli astanti, sguardi di meraviglia e di commiserazione. Certamente molti del suo seguito che, come lui si aspettavano per lo meno una donna d aspetto gradevole, erano assai sorpresi nel vederla in realtà. Antonello volse lo sguardo verso la madre e vide che pure a lei si era gelato il sorriso in volto. Suo padre invece, si prodigava mostrando un esagerata galanteria nei confronti della futura nuora. Ciò non gli impedì, in un momento in cui si credeva inosservato, di sibilare sottovoce a suo figlio di non fare quella faccia da morto e di mostrare più entusiasmo. Antonello fece del suo meglio. Parlando con Matilda per i convenevoli d occasione, abbozzò persino un sorriso. Sentiva però che la delusione era reciproca. Pure lei gli aveva mostrato con sorrisi finti e gesti di simpatia forzati il suo disappunto. Più tardi, di ritorno al palazzo, Antonello ebbe una forte controversia col padre. Si era ritirato nella sua stanza per riflettere sulla nuova sgradevole situazione, quando il duca apparve all improvviso. «Come ti permetti di mostrarti così scontroso di fronte alla tua futura sposa. Credi che lei e sua madre non l abbiano capito?» gli disse molto adirato. Antonello sino a quel momento non si era mai azzardato a contraddire il padre, lo temeva troppo. Sapeva benissimo che renderselo nemico poteva costargli caro. Questa volta però, dato che si trattava del suo futuro, osò un obiezione: «Tu e tutti gli altri me l avevate descritta come una donna di grande bellezza, invece credo che sia raro vedere una donna tanto brutta. Come 7

8 puoi pretendere da me che passi il resto della mia vita con una donna simile?» Il duca fu meravigliato dalla reazione del figlio. Non lo credeva capace di contraddirlo. «Senti Antonello», gli disse con tono seccato, «mi annoia sentire le tue obiezioni. Tu sai benissimo che è tuo dovere sposare quella donna. Adesso non voglio enumerarti i motivi vitali per la nostra città e per il nostro casato che mi hanno spinto ad arrangiare questo matrimonio. Ammetto che Matilda non è molto bella. Ebbene? Come se la bellezza fosse tutto nella vita. Lei ha di certo altre qualità: la si dice dolce e amorevole». «Questo è ancora da vedersi. Sinora non mi ha mostrato nulla di ciò. Se è tanto dolce e amorevole come avrebbe dovuto essere bella, allora non avrò molto da stare allegro». Il duca, che non aveva nessuna intenzione di discutere la questione, gli sibilò con ira soppressa e scandendo le parole: «Senti, tu quella donna te la sposi, che ti piaccia o no. Ci mancherebbe altro che proprio uno come te mandi a monte i miei piani. E adesso basta con i piagnistei». E così dicendo, si girò e abbandonò la stanza. Antonello rimase amareggiato e mortificato. Che intendeva dire suo padre con uno come te? Che cos era per lui? solo un oggetto nelle sue mani che poteva spostare come gli pareva? Un pezzo degli scacchi forse? Un sordo rancore incominciava a nascere in lui. Sapeva che per ora non poteva opporsi al padre, però, qualcosa gli diceva che doveva un po alla volta prepararsi a una lunga contesa con lui. Adesso, a diciotto anni, si riteneva troppo giovane e inesperto per farsi valere, ma sapeva che, messo alle strette, sarebbe stato anche lui in grado di reagire. Ora, purtroppo, non vedeva altra possibilità che obbedirgli e sposare quella donna, sebbene il solo pensiero di fare l amore con lei lo mettesse già in uno stato di panico. Sua madre non gli fu per nulla d aiuto, ma lui non si attendeva altro. Gli disse comunque che anche lei si era meravigliata di quanto Matilda fosse diversa dalle descrizioni del duca ( non osava dire la parola brutta) e che aveva una certa comprensione per la sua riluttanza a sposarla, ma gli consigliò vivamente di accettare la sua sorte per il bene della famiglia. Antonello, dopo lunghe riflessioni, fece infine capire ai genitori che era pronto a compiere il sacrificio. Questo atto di sottomissione ammansì il padre che poté ora dedicarsi con grande impegno ed energia ai preparativi delle nozze. Tutta la città di Isolanova fu in quei giorni in grande agitazione. Dappertutto si vedevano pittori e decoratori intenti ad adornare la città con addobbi, festoni e ghirlande. Gli edifici principali erano decorati con gli stemmi delle due città rappresentanti: un leone rampante per Arcania e un orso per Isolanova. A corte tutti sembravano euforici, all infuori di Antonello che passava le giornate prima delle nozze quasi sempre rinchiuso nella sua stanza leggendo, scrivendo, suonando il liuto e cercando di non pensare al suo immediato futuro. I genitori, che lo sapevano strambo e tendenzialmente misantropo, lo lasciavano fare. Verso sera Antonello si guardava dalla finestra i giocolieri e i giullari di Arcania, che si esibivano nel cortile del palazzo tra i lazzi indecenti degli spettatori. Matilda non la vide più fino al giorno delle nozze, così volevano 8

9 i loro genitori. La promessa sposa con il suo seguito abitava in un ala del palazzo opposta alle stanze di Antonello. Per lui andava benissimo così: di tempo per vederla ne avrebbe avuto fin troppo dopo il matrimonio. Nel frattempo tutti e due dovevano esercitarsi per le cerimonie con dei sostituti. Tutto doveva essere perfetto per il grande giorno. Antonello dovette inoltre prendere lezioni di danza. In convento non gli era, ovviamente, mai stata insegnata. Doveva essere in grado di partecipare ai grandi balli che avrebbero fatto seguito alle nozze. Ma il suo entusiasmo per il ballo era minimo. Odiava trovarsi fra la folla. Si sentiva timido e sperduto, tanto più ora che supponeva di essere oggetto della commiserazione generale. Ma neanche Matilda era entusiasta di dover sposare Antonello che aveva trovato antipatico già dal primo incontro. Non sapeva proprio che fare di un ragazzo così giovane, timido e maldestro e che il giorno in cui si erano visti la prima volta, aveva sempre evitato di guardarla in viso mostrando in maniera goffa il deleterio effetto degli anni trascorsi in convento. Tuttavia, conoscendo i diversi tentativi dei suoi genitori per maritarla, si era rassegnata a prenderlo in sposo. I pretendenti che i genitori le avevano proposto nel passato, quando la vedevano per la prima volta, cercavano ogni scusa per non sposarla. Adesso sapeva che l ingenuo e docile Antonello (così le era stato descritto), non si sarebbe mai opposto al matrimonio ed era abbastanza realista da considerare che un marito così era meglio di niente. Avrebbe almeno avuto la soddisfazione di modellarlo a suo piacere. Nicolò II era molto odiato dai suoi sudditi, sia per la sua crudeltà che per la sua esosità. Essi sapevano che avrebbe aumentato di nuovo le tasse per pagare i fasti dello sposalizio. Espressione di quest odio erano, tra l altro, composizioni beffarde di autori anonimi sull aspetto della sposa e l ingenuità dello sposo che circolavano già per la città, sia tra i nobili che tra il popolo. Il duca, in passato lui stesso vittima di simili epigrammi, soleva vendicarsi facendo torturare a morte il presunto autore ogni qualvolta le sue spie l avevano individuato. Questa volta, però, voleva attendere per la vendetta la fine delle cerimonie, ma non poteva impedire che il popolaccio cantasse ormai a squarciagola per le strade di Isolanova i versi odiosi. Pessimi auspici per l unione tra Matilda e Antonello. Il 20 giugno 1302 furono celebrate le nozze. Rappresentanti delle più nobili famiglie delle corti del Nord Italia erano presenti, nonché alti prelati da Roma. Inutile dire che Antonello quel giorno avrebbe desiderato essere altrove. Lo rivoltava recitare la parte del protagonista in una commedia che considerava assurda. Soltanto l idea di dover essere al centro di migliaia di sguardi lo metteva in uno stato di angoscia. Aveva tuttavia promesso ai genitori di fare del suo meglio perché tutto andasse a buon porto. Si era esercitato con molta diligenza, aveva imparato a memoria tutto ciò che aveva a che fare con la cerimonia. Da che aveva mostrato tutta la sua buona volontà, non aveva avuto altri problemi con il padre, che era troppo impegnato ad impressionare i suoi ospiti con la magnificenza della sua corte per interessarsi di lui. Quando si svegliò quella mattina, Antonello sentì una forte nostalgia per il convento. Avrebbe voluto passeggiare di nuovo sotto il portico nel silenzio e nella tranquillità claustrale, inebriato dall intenso profumo dei fiori del 9

10 giardino, meditando sulle cose che più amava: la letteratura, la musica, la filosofia e parlare mentalmente con la sua adorata: la fanciulla angelica che aveva creato nella sua mente e a cui aveva dato il nome di Clara. Finché viveva in convento non tralasciava mai ogni sera, prima di addormentarsi, di volgere un ultimo pensiero a quella chimerica amica, rivolgendole dolci parole e recitando le poesie d amore che aveva composto per lei durante il giorno. Ma Antonello non ebbe tempo per continuare le sue fantasticherie, poiché un ancella bussò alla sua porta per dirgli che il bagno era pronto. Da quel momento tutto si svolse come se fosse fosse un altra persona. Gli pareva di osservare se stesso mentre veniva lavato, vestito nei suoi abiti di velluto e di seta scuri con ornamenti in oro e in argento, e accompagnato dalla famiglia e dai cortigiani, procedere verso la cattedrale dove incontrava la sposa con i suoi genitori e il seguito di dignitari. La cerimonia, celebrata dal vescovo di Isolanova, durò alcune ore. Antonello ne seguì le varie fasi con la mente completamente vuota di pensieri. Ogni tanto volgeva uno sguardo furtivo verso Matilda che pareva oggi avere persino un aspetto di principessa. Le sue ancelle avevano fatto miracoli nel imbellettarla a dovere. Era ornata con gioielli talmente preziosi che, insieme al suo vestito, furono per molto tempo l argomento principale delle dame presenti. Durante lo scambio degli anelli i due si volsero persino un sorriso che pareva genuino. Sapevano di essere osservati in tutti i loro movimenti e sapevano inoltre quali erano le aspettative dei loro genitori e delle corti. Non potevano permettersi di deludere nessuno. Dopo la cerimonia salirono su una carrozza aperta e insieme all enorme corteo di parenti e ospiti che li seguivano su carrozze e cavalli bardati a festa, sfilarono per le vie principali della città fra due ali di popolo. Per la plebe questa fu un occasione unica per vedere il duca, la sua famiglia e tutto il resto della nobiltà sfoggiare gli abbigliamenti più sfarzosi, e anche per verificare se la sposa fosse veramente così brutta come si diceva. La loro curiosità era tale che dimenticavano per un giorno l odio per il loro signore. Dopo la sfilata, gli invitati si recarono nella grande sala del banchetto per il pranzo nuziale che si protrasse per ore. Dopo ogni portata ci furono concerti di musica e di canto alternati dalle burla dei giullari e dagli spettacoli dei giocolieri nonché da discorsi inneggianti agli sposi e ai loro casati. Un poeta ebbe l ardire di decantare le virtù della sposa evitando per fortuna di accennarne la bellezza. Aiutato dal vino, Antonello divenne loquace. Considerando che avrebbe dovuto passare una gran parte della sua vita con Matilda, pensò che sarebbe stato opportuno cercare un approccio con lei. Iniziò con le prime cose banali che gli passarono per la mente: la cerimonia della mattina, i diversi ospiti, i giullari, i giocolieri. Ma all improvviso il suo sorriso forzato gli si ghiacciò in volto: aveva già notato in precedenza il modo strano di Matilda di parlare senza quasi muovere le labbra, ora capì il perché: aveva, infatti, tutti i denti cariati. Mio Dio - pensò Antonello - ci mancava pure questo! Come avrebbe potuto mai baciare una bocca simile? Quando Matilda notò il suo disappunto, s incollerì senza peraltro mostrarglielo. Era consapevole dei suoi difetti fisici, ma pretendeva che Antonello, dal momento l aveva sposata, l accettasse così com era. Acconsentì infine di parlare con lui sempre tenendo una certa distanza. Lo guardava un po` dall alto in basso e leggermente di sbieco 10

11 come si fa con persone che si considerano inferiori. Ora che si era accorta che la sua cattiva dentatura era stata notata da Antonello, non ebbe più ritegno a mostrarla. Espresse il suo parere sulla cerimonia, criticandola in quasi ogni punto. Così pure criticò le persone presenti, incominciando dal vescovo per continuare con le dame di corte, parlando di come erano malvestite, quali orribili capigliature avevano, delle scarpe fuori moda, dei gioielli che non erano che imitazioni, ecc. Parlava come una cascata, senza né punti e né virgole. Antonello non osava interromperla, sebbene trovasse estremamente uggiose tutte quelle chiacchiere. Non riusciva ad immaginarsi come avrebbe potuto parlare con quella donna di poesia, di musica, e tanto meno dedicarle sonetti. Anche in questo punto si sentiva ingannato dal padre che gliela aveva descritta dotta e interessata a temi spirituali. Insomma, quella sua sposa pareva possedere tutto quel che non sopportava in una donna. La speranza di trovare in lei qualcosa che li accomunasse sembrava affievolirsi sempre di più. Per fortuna la madre di Matilda, che sedeva accanto a lei, s intromise nella discussione criticando a sua volta tutto e tutti. Antonello vagò allora con lo sguardo nella grande sala per osservare annoiato gli ospiti intenti a gozzovigliare, quando notò una giovane ancella intenta a porgere nuove portate ai convitati. Rimase incantato dalla sua bellezza. Aveva forse tredici o quattordici anni, era bionda con occhi blu scuri, carnagione chiarissima con labbra rosse e piene. Si muoveva tra un invitato e l altro con grande disinvoltura ed aveva per tutti un sorriso gentile. A guardarla, gli sembrava di trovarsi davanti alla Clara dei suoi sogni. Per una ragazza del genere avrebbe scritto non ogni giorno ma ogni ora una poesia d amore. Infine, quando lei gli passò accanto, lo fissò con tanta intensità da metterlo quasi in imbarazzo. Antonello rispose con un sorriso e quando lei si allontanò la seguì a lungo con lo sguardo. Aveva l impressione d averla già vista altrove. Quegli occhi, quello sguardo, non gli erano nuovi. Attese che ritornasse per domandarglielo. Arrivò poco più tardi per versargli del vino nel calice. Notando che Matilda era ancora intenta ad intrattenersi con la madre, ne approfittò per rivolgerle la parola. «Scusami» le mormorò a bassa voce, «ma non ci conosciamo noialtri?» «Certo» rispose la ragazza con uno strano sorriso, «vi siete già dimenticato?» «Non so... ci siamo già visti? Dove?» Lei gli si avvicinò e gli sussurrò in un orecchio: «Abbiamo fatto l amore insieme». Sbalordito Antonello la fissò in volto. «Ma... allora eri tu quella sera! Scusami sai ma... ma la stanza era molto scura. Non potevo riconoscerti.» balbettò sottovoce. Si guardarono alcuni istanti negli occhi, poi, lei, vedendo che Mattilda si era già accorta del loro colloquio, sparì non dopo avergli bisbigliato: «Mi chiamo Isabella». Quando Antonello si volse verso Matilda, incontrò una sua orribile occhiataccia. «Che voleva quella sguattera?» gli domandò «Niente, m ha domandato se volevo ancora dell acqua». Matilda sembrò contenta della risposta poiché riprese a parlare con la madre. Ma lui era ora in uno stato di subbuglio. Non aveva di certo dimenticato il momento di estasi con quella ragazza. Aveva sì cercato, con 11

12 tutta la forza della volontà e della fede, di dimenticarla poiché, quei brevi attimi di passione l avevano completamente sconvolto. Era convinto, malgrado il vescovo di Arcania gli avesse detto il contrario, d aver commesso un grave peccato mortale. L aveva confessato due giorni dopo al suo confessore, ma questo non gli bastava. I voti di castità perenne che aveva fatto al cospetto di Dio e della santa Vergine erano stati annullati quella sera. Era sicuro che il demonio stesse facendo un gran lavoro malefico per tormentare la sua anima. E ora quella ragazza, che sino allora non era stata per lui che un apparizione, non solo diabolica, ma persino irreale, come se l avesse solo sognata, gli si era presenta davanti alla luce del giorno. Isabella si chiamava. In effetti un nome molto adatto a lei. Isabella! Isabellissima! Ma perché non era lei la sua sposa invece di quella tediosissima e sgraziatissima Matilda? A vederla così in carne ed ossa, non aveva nulla di diabolico. Appariva come una graziosa fanciulla dallo sguardo semplice e dal sorriso dolce. Non riusciva ad immaginare come lei potesse essere uno strumento del demonio per dannarlo. Sebbene i suoi superiori in convento l avessero sempre messo in guardia di fronte all aspetto esteriore della donna, avvertendo che, più è bella, più è grande la probabilità che sia una creatura di satana. Seguendo questa logica, Matilda avrebbe dovuto essere una santa. Si voltò verso di lei, che stava di nuovo discutendo con la madre su una cugina che aveva scoperto che il marito l aveva tradita con una cortigiana. «Se fossi in lei,» diceva Matilda, «a quella donna farei tagliare il naso e cavare gli occhi». La crudeltà verso i nemici doveva essere una vecchia tradizione presso le due nobili famiglie - pensò Antonello - e rabbrividì pensando che Matilda poteva veramente essere in grado di far eseguire un tale supplizio a possibili rivali. Mio Dio, e con questa donna doveva fare l amore quella sera! Per consolarsi cercò di nuovo Isabella con lo sguardo, ma questa era scomparsa senza farsi più vedere quella sera. Intanto gli era sorto un altro sgradevole problema. Essendo la giornata molto calda e i cibi molto piccanti, aveva bevuto il vino bianco fresco dalla cantina che gli veniva sempre aggiunto nel calice, come se fosse una limonata rinfrescante. Non essendo abituato all alcol, quando si alzò per andare un attimo al gabinetto, si accorse di avere problemi di equilibrio. Si sentiva malissimo. Ritornò al suo posto con un pallore estremo in viso, senza che nessuno se ne fosse accorto. Poco dopo incominciarono le danze. Gli ospiti si portarono tutti nella sala degli scacchi, così chiamata perché le pareti erano affrescate con i simboli di quel gioco. Antonello si mise in posizione per incominciare il ballo con Matilda, ma non appena furono intonate le prime note di musica, dovette scappare di gran corsa verso il cortile del palazzo per vomitare. Gli ospiti rimasero tutti allibiti, compresa Mattilda che non finiva mai di domandarsi che razza di uomo si era sposata. Alcuni sollevarono il dubbio che ci fosse di mezzo un avvelenamento. Il duca fece subito venire il dottore di corte per escludere tale possibilità. Un avvelenamento al suo banchetto sarebbe stata una catastrofe per la sua reputazione. Ma il dottore lo rassicurò dicendo che il ragazzo aveva semplicemente mangiato e bevuto troppo. Ciò fece infuriare il duca. Come poteva quell insensato di suo figlio lasciarsi andare così? Aveva deciso di rovinargli i festeggiamenti? Gli fece 12

13 duri rimproveri che lui non poteva prendere in considerazione essendo tutto intento a vomitare. Il dottore disse che bisognava lasciarlo stare in pace e che si sarebbe calmato da solo. Dopo questo avvenimento increscioso, il duca si scusò presso i suoi ospiti ordinando all orchestra di iniziare a suonare di nuovo, e aprì lui stesso le danze dando il braccio alla sposa. Antonello dopo un oretta si sentiva già meglio, però si vergognava per l accaduto. Pensava a quel che poteva immaginare suo padre, sua madre, la sua famiglia e soprattutto sua moglie. Quando ritornò nella sala degli scacchi, fu accolto con un cortese applauso. Incominciò di nuovo la danza con Matilda ma non ballò a lungo. Si sentiva debole, depresso e, soprattutto, sentiva avvicinarsi con orrore quel che avrebbe dovuto essere il momento culminante della giornata: il suo primo incontro sessuale con Matilda. Capitolo secondo Antonello aveva più l impressione di recarsi al patibolo che a letto per la prima notte di nozze. Si sentiva tuttora male, provava crampi allo stomaco e non solo a causa del troppo vino: il dover fare l amore con quella donna gli procurava un ancor più grande senso di disgusto. L unica sua esperienza sessuale era stata con Isabella: un atto impetuoso e fugace. Con quella estranea che l avevano obbligato a sposare, non sapeva che cosa fare. Pensava di chiudere semplicemente gli occhi e immaginarsi cose piacevoli. In fin dei conti si trattava solo di una questione di pochi minuti. Con Isabella era andato tutto così in fretta e con Matilda non avrebbe dovuto essere diverso. Entrato nella stanza matrimoniale Antonello, dopo essersi denudato, salì sul letto dove Matilda già l attendeva impazientemente. La testa ancora gli girava e sentiva di nuovo lo stimolo del vomito. E quella donna, così oscenamente aperta con il suo enorme vello irsuto sul basso ventre, gli dava l impressione di un ragno che attendeva una mosca per divorarla. Voleva portare quella sgradevole incombenza dietro di sé il più presto possibile. Sennonché, la sua inesperienza nel campo sessuale gli aveva serbato una brutta sorpresa. Non sapeva che l amore fisico non è solo un atto meccanico ma che è necessario pure uno stimolo senza del quale nulla funziona. E in quel momento, di stimolo non c era in lui nessuna traccia. Quando se ne accorse, rimase molto mortificato. Non sapeva che gli stesse succedendo. Infine Matilda, non nuova ad esperienze sessuali, cercò di risolvere il problema a suo modo. Dapprima lo manipolò con gentili massaggi, ma poi, quando le sue premure non fruttarono a nulla, perse la pazienza. Che avesse sposato un giovane impacciato e maldestro le era ormai chiaro, ma era pur sempre un bel ragazzo e l idea di dover fare l amore con lui l aveva già alquanto eccitata. E adesso però, nel momento della più grande aspettativa, vedeva il suo giovane sposo fallire miseramente. Non avendo nessuna intenzione di passare la notte di nozze insoddisfatta, cercò di usare modi più bruschi massaggiando il membro del ragazzo in maniera più violenta. Ma ciò ebbe solamente l effetto contrario. 13

14 E non fu per nulla di aiuto ad Antonello quando lei incominciò a imprecare chiamandolo inetto e codardo. I testimoni, che questa volta attendevano fuori dalla stanza origliando, ascoltavano allibiti senza dir nulla. Avevano capito che c era qualcosa che non andava e che Antonello non riusciva a compiere il suo dovere matrimoniale. Non potevano immaginarsi che un giovanotto dall aspetto così aitante fosse sessualmente incapace. In fin dei conti, con la sguattera tutto era andato per il meglio. Se Antonello non funzionava, il matrimonio non sarebbe stato valido e tutti gli sforzi fatti dalle due signorie per sigillare con le nozze la nuova intesa, sarebbero risultati completamente inutili. Già pensavano alle conseguenze politiche non appena l impotenza di Antonello sarebbe trapelata. Ma il ragazzo aveva in quel momento ben altre preoccupazioni. Non solo si trovava in uno stato di totale confusione, ma combatteva di nuovo contro l impulso del vomito. Cosa che presto fece innaffiando così sia il letto che Matilda, la quale andò su tutte le furie lanciandogli ingiurie degne di una donna di strada. Ad Antonello non rimase che andarsene. Si vestì in fretta e si dileguò senza dir nulla agli attoniti testimoni della sua vergogna. Arrivato nella sua camera, si gettò sul letto avvilito e deluso per lo sconforto. Mai in vita sua aveva subito una così grande onta. Si domandava come mai negli ultimi tempi il destino stesse infierendo così spietatamente contro di lui. La sua vita, sino a poco prima così calma e serena, era piombata nel caos più completo. Era talmente scoraggiato che non aveva nemmeno la forza e la volontà di volgere una preghiera a Dio, come faceva di solito quando si trovava in difficoltà. Passò la notte in una febbrile dormiveglia. La mattina dopo si sentiva spossato, sia fisicamente che mentalmente. Aveva un forte mal di testa e l idea di dover rivedere Matilda o altre persone gli procurava un senso di orrore e di nausea. Rimase a letto a lungo, finché il padre non si presentò all improvviso nella sua stanza. «Ma che ti salta in mente?» gli domandò questi senza preamboli, «mi vuoi rovinare? Non ti rendi conto del disastro che mi puoi causare con la tua mancanza di cooperazione?» «Non si tratta mancanza di cooperazione da parte mia,» cercò di spiegare Antonello balbettando, «ieri mi sentivo malissimo, e come potevo in quella condizione fare l amore con una donna?» «Senti, finora questo rimane fra di noi. Ho dato l ordine a Matilda e ai testimoni di non dire niente a nessuno. Però fra due giorni ripeterai la prova. E non pensare di fallire anche questa volta, poiché non puoi immaginarti quali possano essere le conseguenze per te.» Il duca, paonazzo in viso per l ira, dopo aver fatto cadere un orribile bestemmia alla maniera di un volgare popolano, aggiunse in modo sarcastico: «E io che pensavo di avere un figlio, invece ho solo un eunuco!» E con un altra bestemmia uscì sbattendo la porta violentemente. Antonello rimase a letto tutto il giorno. La sua frustrazione era tale da non volere né mangiare e né vedere nessuno. Rimuginò per tutto il tempo quello che gli era successo il giorno prima. Più ci pensava, più aumentava la sua depressione, soprattutto perché non riusciva a vedere alcuna soluzione a quel orribile dilemma. Era ora sicuro che l impotenza non fosse dovuta al suo stato fisico. Sentiva che, anche in perfetta salute, non 14

15 avrebbe mai potuto fare l amore con quella donna. Nel mentre i suoi genitori e quelli di Matilda si erano riuniti per discutere la nuova situazione. Il parere delle due donne era che non bisognava forzare le cose. Tutto quel vomitare che aveva fatto il povero ragazzo non era di certo un incentivo all amore. È stato un errore pretendere da lui che passasse in quelle condizioni la prima notte di nozze. Fra due giorni si sentirà meglio e di certo tutto andrà bene,- così dicevano -. Anche i due uomini sembravano rassicurati, sebbene sapessero di trovarsi in una situazione molto pericolosa: ancora un insuccesso e sarebbe stata la tragedia. Nel tardo pomeriggio Antonello si alzò. Si sentiva meglio, ma solo fisicamente. Andò alla finestra che dava sulla piazza della cattedrale. Da che viveva di nuovo nel palazzo, amava a volte osservare il viavai della gente. Si distraeva guardando le persone intente alle loro occupazioni o semplicemente passeggiare sulla piazza, ma questa volta si scoperse a invidiare ciascuno di loro. Li considerava tutti più felici di lui, compresa la vecchia mendicante che stava sempre seduta davanti alla porta della cattedrale. La città era ancora addobbata a festa per il suo matrimonio, il che non fece che aumentare la sua amarezza. Sconfortato, voleva stendersi di nuovo sul letto, quando notò, a cavalcioni su uno dei due grandi grifoni di marmo rosso davanti alla cattedrale, una ragazza che gli pareva di conoscere. Poteva essere Isabella, ma, essendo lei troppo lontana, non ne era sicuro. La osservò a lungo curioso di vedere quel che faceva. Sembrava stesse attendendo qualcuno che sarebbe dovuto venire dalle parti della piazza del mercato, poiché volgeva sempre la testa in quella direzione. Poco più tardi due giovanotti si fermarono per parlare e scherzare con lei. Quando questi se ne andarono si fermò una giovane signora con due bambini. Pure lei si mise a chiacchierare con la ragazza, mentre i bambini si erano uniti ad altri che stavano schiamazzavano sul sagrato della cattedrale. Infine, anche la signora se ne andò con i suoi pargoli. La ragazza attese ancora un po poi, forse pensando che la persona che attendava non sarebbe più venuta, scese dal grifone e, con grande sorpresa di Antonello, si avviò verso il palazzo per fermarsi proprio sotto la sua finestra. Ora non aveva più dubbi, era veramente lei, Isabella, che gli mostrava un gran sorriso salutandolo con la mano. Antonello, si ritirò per un attimo dalla finestra. Si sentiva imbarazzato: aveva paura che lei potesse capire il suo problema, ma poi si riaffacciò per rispondere al suo saluto pure con un cenno della mano. Dopodiché Isabella si girò per andarsene. Fatti un centinaio di passi si voltò di nuovo agitando ancora una volta la mano, per poi sparire dietro l angolo di una via. Il ragazzo rimase a lungo alla finestra fissando il punto dove la ragazza era scomparsa, nella speranza di vederla ricomparire. Quel sorriso, quel piccolo gesto di saluto l avevano del tutto sconcertato. Il suo cuore era gonfio di tristezza. Gli pareva che il destino stesse beffandosi di lui mostrandogli come avrebbe potuto essere la sua vita. Aveva comunque deciso di non pensare a lei. Che gli avrebbe servito sognare di quella fanciulla, quando sapeva che gli era irraggiungibile? Mentre si trovava in quello stato d animo la madre bussò alla porta. Voleva sapere come stava. La fece entrare. «Mi sento meglio» rispose. Poi, dopo una pausa continuò con un sospiro: «però solo fisicamente.» 15

16 «Ho sentito del guaio di ieri sera» disse lei in tono conciliante, «non devi preoccuparti. A qualunque uomo nelle tue condizioni sarebbe successa la stessa cosa. Domani sera di certo tutto andrà come si deve, vedrai!» «Domani vorrei andare prima al convento» disse Antonello, poi prevenendo la domanda della madre, aggiunse: «non per restarci, naturalmente! Vorrei solo parlare con il padre spirituale. In questi giorni mi sono successe troppe cose di cui ho bisogno di una spiegazione.» «Bene ragazzo mio. Non credo che tuo padre sia contrario a questo. Ti trovi attualmente in un momento cruciale della vita. Spero che il tuo confessore possa darti i giusti suggerimenti.» Poi gli consigliò di scendere a cena, anche se non aveva fame, la sua presenza era necessaria. Antonello seguì la madre nella sala da pranzo dove si trovavano ancora molti ospiti che smisero di parlare non appena lui entrò. Sentiva con grande disagio i loro sguardi fissi su di lui. «Come vi sentite oggi messere?» gli domandò sua suocera. «Molto meglio, grazie!» rispose Antonello abbozzando un sorriso. Questo fu il segnale ai commensali per riprendere i loro chiacchierio. Matilda aveva avuto in mattinata un colloquio con i genitori, i quali l avevano pregata di essere più gentile con il ragazzo che, a quanto pareva, era molto, anzi troppo sensibile. Un po di diplomazia l avrebbe aiutato a risolvere il suo problema. Lei doveva agire in maniera da accattivarsi, se non la sua simpatia, almeno la sua fiducia. Antonello si accorse del cambiamento di Matilda. Non lo guardava più dall alto al basso. Capì però che questo suo modo di fare non era genuino: i suoi sorrisi, malgrado gli evidenti sforzi, riuscivano sempre come smorfie. Ma stette al gioco, o almeno ci provò, perché sapeva oramai di essere in una situazione senza via d uscita. Comunque, se la gentilezza, vera o finta, di Matilda riusciva ad allentare le sue tensioni, tanto meglio. Cercò di mostrarsi disinvolto, con qualche successo. S intrattenne con la moglie, la suocera e le altre persone, come se nulla fosse stato. Dopo la cena ci fu il ballo. Anche lui vi prese parte, danzando quasi esclusivamente con Matilda la quale stentava a sopportare la sua goffaggine come danzatore. Antonello avrebbe voluto ballare anche con altre donne o semplicemente smetterla e andarsene in camera sua, ma sapeva quel che tutti si attendevano da lui. Sentiva soprattutto lo sguardo di suo padre che non lo abbandonava un istante. Non aveva per nulla dimenticato le sue minacce. Per fortuna gli fu permesso di passare ancora una notte solo nella sua camera. Il giorno dopo, nel pomeriggio, andò, come si era ripromesso, al convento dei domenicani per parlare col padre spirituale. Il convento si trovava quasi a ridosso delle mura di cinta della città vicino alla Porta San Matteo. Fra Raimondo, così era il nome del padre, accolse Antonello con grande affabilità. Fu felice di rivederlo e gli domandò se era contento del suo matrimonio, in convento tutti ne parlavano. Antonello si azzardò a spiegargli come stavano veramente le cose e in quale dilemma si trovasse. Ma neanche il sant uomo, che era solo esperto di questioni dello spirito, aveva una soluzione per lui. L unica cosa che aveva potuto consigliargli era di avere fiducia in Dio che l avrebbe aiutato. Antonello non ne era molto convinto. La sua fiducia in Dio era molto grande ma non gli serviva a 16

17 nulla di fronte alla bruttezza di Matilda. Comunque, quel colloquio con Fra Raimondo gli fece bene. L avergli raccontato le sue ansie, l aveva rafforzato moralmente. Quando uscì dal convento decise di fare una galoppata fuori città. Cavalcare era sempre stata la sua grande passione fin da bambino. Durante i soggiorni fuori dal convento, usciva spesso a cavallo da solo, col fratello maggiore o con altri. Oggi però, la voglia di lanciarsi al galoppo era anche voglia di scrollarsi di dosso le sue angosce. Cavalcò per un oretta nella campagna oltre la mura per poi rientrare in città passando di nuovo attraverso la porta San Matteo. Salutò i soldati di guardia e si avviò, sempre galoppando, verso il centro. Ma fatto un centinaio di metri rallentò. Davanti a lui camminava una ragazza in cui riconobbe subito Isabella. Tutto eccitato la sorpassò per poi girare il cavallo e piazzarsi dinanzi a lei. Isabella non pareva per niente sorpresa di vederlo. Rispose al suo saluto con un gran sorriso. «È strano vedersi due volte in due giorni» disse Antonello, «abiti da queste parti?» «No, sto ritornando dal lavoro» rispose la ragazza accarezzando la testa del cavallo, «faccio la fantesca in quel palazzo là in fondo» continuò indicando un grande edificio semi nascosto fra gli alberi. «E non lavori più per noi?» «No, ero stata assunta solo per il vostro matrimonio.» «E anche per fare l amore con me?» Isabella si mise a ridere. Poi, invece di rispondere, gli disse: «Vorrei parlare con voi di una cosa assai importante. Ma forse sarebbe meglio andare via dalla strada. Non credo sia vantaggioso per voi esser visto due giorni dopo il vostro matrimonio parlare con una popolana.» Nel mentre gli indicò una casa diroccata che s intravedeva a un centinaio di passi dalla strada. La città di Isolanova, ingrandendosi un secolo prima, aveva lasciato molto spazio vuoto nella zona nord, dove, a parte qualche palazzo circondato da parco, c erano soltanto campi coltivati alternati a terreni coperti da fitta vegetazione. Inoltre erano rimasti alcuni ruderi di case contadine abbandonate e in preda alla sterpaglia. Antonello scese da cavallo e si fece condurre da Isabella lungo uno stretto sentiero costeggiato da rovi di more. Arrivati alla casa indicata, entrarono in quel che era rimasto di un cortile e si sedettero su una panchina in muratura. Antonello provava ora una strana sensazione nel trovarsi con quella ragazza a lui pressoché sconosciuta, che lo frastornava con la sua bellezza e il suo fascino, in un luogo selvaggio e romantico, pieno di profumi di fiori e di erbe selvatiche. «Qualche anno fa venivo a volte qui con amici per giocare. È un luogo molto strano, non trovate?» domandò Isabella. «Beata te che hai avuto luoghi così belli per distrarti» disse Antonello sospirando, «ma... non volevi dirmi qualcosa...?» La ragazza lo guardò a lungo in viso. Per la prima volta Antonello si accorse che aveva lo strabismo di Venere, in verità appena percettibile, ma che dava al suo sguardo un particolare fascino. «Siete felice?» gli domandò infine. «Perché vuoi saperlo?» rispose Antonello meravigliato. Nessuno in vita sua gli aveva mai posto quella domanda. 17

18 «Non credo che siate felice di aver sposato quella donna.» «Ma che cosa te lo fa pensare?» disse lui irritato da quella osservazione così confidenziale. «Non lo so, ma lo suppongo. Immagino che voi pensiate che una ragazza di basso ceto come me non abbia il diritto di porvi tali domande. Vedete... ieri, quando vi ho visto alla finestra del vostro palazzo, così triste e malinconico, mi sembravate un povero uccellino in gabbia. Scusatemi se ve lo dico, ma mi facevate veramente compassione. Non potete negare di essere infelice. In città non si parla d altro. E inoltre... quando io e voi abbiamo fatto all amore, tutto è andato bene. Ma da quel che si dice, avete gravi problemi con la vostra sposa. Non è così?» Antonello rimase sbigottito nel sentire questo. Non doveva rimanere tutto segreto? E chi è che l aveva raccontato in giro? Arrossì completamente confuso. «Forse è il destino che non vuole che il vostro matrimonio venga consumato» continuò Isabella imperterrita. Antonello taceva ancora. Gli era estremamente sgradevole parlare con una sconosciuta dei suoi problemi più intimi. «Penso che se non riuscirete a risolvere il vostro problema, sarà per voi una tragedia. D altronde esisterebbe una possibilità di sottrarvi alla vostra sorte.» riprese la ragazza. «Non so proprio perché tu mi dica queste cose. Ma... che intendi dire: sottrarmi alla mia sorte?» «Il vostro palazzo è grande, ma il mondo lo è molto di più. L alternativa al vivere in quell orrore è andarsene via, rompere ogni legame con la famiglia». «Ma stai vaneggiando?» l interruppe Antonello, «Che cosa ti fa pensare che debba rompere i miei legami familiari per andare in giro per il mondo? È una cosa completamente assurda quella che stai dicendo». «Ebbene, considerate un momento la vostra situazione: se vi dovesse succedere di nuovo di mancare al vostro dovere matrimoniale, quali sarebbero le conseguenze? Il matrimonio verrebbe dichiarato nullo, per cui l alleanza tra Isolanova e Arcania andrebbe in fumo. L inimicizia tra le due signorie riprenderebbe allora ancor più forte che mai e vostro padre non ve lo perdonerebbe per nulla e, soprattutto, non vi perdonerebbe tutto il denaro speso inutilmente per il vostro bel matrimonio. Quindi, conoscendo la sua implacabilità, è facile immaginarsi quale possa essere la conseguenza per voi. In poche parole: dovrete temere per la vostra vita». Antonello era sempre più meravigliato dell idea chiara che si era fatta quella ragazzina della sua situazione. D altronde non voleva farsi dettare da una plebea come doveva organizzare la sua vita, e sentiva il desiderio di dimostrare nei suoi confronti una certa superiorità onde farle capire quale era il suo posto al mondo. Perciò le disse, cercando di racimolare tutta la sua sicurezza: «Non capisco assolutamente come tu possa arrivare a certe conclusioni. Non sai nulla di me e tanto meno delle faccende di corte, e quello che mi proponi è assolutamente fuori discussione. Inoltre mi domando per quale motivo tu debba immischiarti in faccende che non ti riguardano». Ma già nello stesso momento in cui pronunciava queste parole, si pentiva d averle dette. Isabella gli piaceva troppo per essere duro con lei, ma 18

19 ormai era fatto, si aspettava che lei, offesa, si girasse sui talloni e scomparisse, invece lei lo guardò a lungo con un benevolo sorriso sulle labbra e infine disse: «Avete un piccolo bruco sulla vostra spalla.» e così dicendo glielo tolse con cautela per porlo su una foglia. «Ecco, adesso va meglio, stava già per salirvi sul collo» riprese scoppiando in una piccola risata, «domani sarò qui alla stessa ora. Se cambiate idea, sapete dove trovarmi». Antonello rimase ancora una volta meravigliato di lei. Rispondeva con gentilezza alla sua arroganza. Inoltre, quel gesto fanciullesco di togliergli il bruco dalla spalla con l aggiunta della risatina, l aveva del tutto smontato. «Non credo che verrò» le disse, questa volta con voce esitante, «sono sicuro che stassera tutto andrà per il meglio.» «Lo spero per voi, comunque io vi attenderò lo stesso.» «Ma... supponendo che tu abbia ragione, come puoi immaginarti, che io scappi via da casa? E dove dovrei andare?» «Qualunque posto al mondo è migliore di uno dove non si è sicuri della propria vita. Non avete nessuna persona di fiducia che possa aiutarvi?» «No» rispose Antonello pensoso, «non credo.» «Non fa niente. Ci sono io. Potrei venire io con voi». «Cosa? Tu? Ma sei pazza! Una ragazzina!» esclamò Antonello. «Non sono più una ragazzina. Ho già quattordici anni, e al contrario di voi, conosco la vita. Io non ho mai vissuto in un palazzo con tanto di servi. Voi conoscete certamente bene il latino ma non sapete come ci si arrangia a vivere in un mondo ostile. Io, questo, lo sto facendo già da quattordici anni.» «Forse hai ragione» disse Antonello, a cui la conversazione incominciava a diventare spinosa, «ma tanto non arriverò mai a questo. Non posso che ripeterti quello che ti ho già detto: tutto finirà bene e non avrò bisogno di fuggire.» Così dicendo si alzò per andarsene. «Anch io non posso che ripetere che domani sarò qui ad aspettarvi. Che voi veniate o no.» disse Isabella alzandosi pure lei. Poi, per accomiatarsi, si avvicinò talmente a lui da toccargli quasi il volto con il suo. Questa vicinanza improvvisa fece sorgere nel ragazzo quell eccitazione che gli era mancata con Matilda. Sentiva un forte desiderio di abbracciarla, ma si trattenne. «Vi auguro che tutto vada bene per voi.» disse Isabella con un dolce sguardo tanto da metterlo in uno stato di ancor più grande turbamento. Antonello decise d andarsene subito per evitare di soccombere al suo fascino. Dopo un frettoloso saluto la lasciò. Al ritorno era ancora tutto intontito da quell incontro. La ragazza assomigliava si a Clara, la fanciulla angelica dei suoi sogni, ma solo esteriormente. In realtà era tutta il contrario. Era forse il diavolo tentatore contro cui i suoi educatori l avevano sempre messo in guardia? Se la donna è tentatrice, quali erano allora le intenzioni di Isabella nei suoi confronti? Era evidente che essa voleva qualcosa da lui. Desiderava forse diventare la sua concubina? Per una ragazza del popolo questa era di certo una meta che valeva la pena essere perseguita. Quegli incontri fortuiti gli parevano coincidenze alquanto strane. Lei era sempre là dove lui non se l aspettava. Non che gli dispiacesse incontrarla, al contrario, ma 19

20 aveva paura che un rapporto troppo stretto con lei non facesse che complicare la sua già precaria situazione. Quando Antonello rientrò al palazzo si rinchiuse subito nella sua stanza per meditare. Doveva creare un po d ordine nella totale confusione in cui si trovava il suo spirito. L idea di dover scappare non gli era mai venuta, neppure dopo le minacce del padre. E quella fanciulla cercava ora di mettergliela in testa, ma lui nemmeno ci pensava di fuggire! Era inoltre sicuro che non sarebbe stato necessario. Era fiducioso in sé stesso perché si sentiva fisicamente bene. Quella sera avrebbe provato a Matilda e ai suoi genitori che era un vero uomo e in città nessuno avrebbe avuto modo di schernirlo. Già, le dicerie in città! Quelle erano un altra cosa che lo opprimeva. Lui, così timido e riservato, essendo i suoi problemi diventati oggetto di pubblico dileggio, si sentiva ora messo alla gogna di fronte al popolaccio. Passò alcune ore nella cappella del palazzo pregando con grande devozione. Si affidò a Dio e alla Santa vergine implorando da loro l aiuto necessario per risolvere un problema che, di per sé era banale, ma, se non risolto, avrebbe potuto causare una vera tragedia. Quale responsabilità pesava ora sulle sue spalle! Da quella ridicola azione con la moglie dipendeva il bene di due popoli. Veramente grottesco! Inoltre quella sera stava assurdamente pregando Dio per ottenere il contrario di ciò che di solito desiderava da lui, cioè: la cupidigia sessuale al posto della castità. L eccitazione provata solo stando di fronte ad Isabella, gli pareva comunque già una garanzia di successo. Se avesse avuto problemi con Matilda avrebbe chiuso gli occhi per pensare a quella fanciulla immaginando di far l amore con lei, sebbene che questo fosse già una forma d adulterio, un tradimento alla legittima sposa proprio durante la prima intimità con lei. Insomma, si sentiva combattuto da molti sentimenti contrastanti. L unica cosa che sperava in quel momento era che, in una maniera o nell altra, tutto finisse al più presto. A cena notò come Matilda cercava di nuovo, con troppa evidenza, di essere gentile con lui. Questo lo disturbava assai, perché sapeva della sua mancanza di sincerità. Sorrideva con la bocca ma il suo sguardo nascondeva stizza e disprezzo. Quando più tardi si recò nella camera degli sposi, trovò tutto come due giorni prima. Con l unica differenza che dietro la porta era presente anche sua madre, il che lo rese ancora più nervoso. Questa cercava di tranquillizzarlo mormorandogli parole d incoraggiamento. Antonello ne aveva veramente bisogno, ma non certo dalla madre. Quando entrò nella camera si trovò di nuovo dinanzi a Matilda nuda e venne preso dal panico. Ancora di nuovo non riusciva a sopportare l idea di dover fare l amore con una donna che lo ripugnava. Dal momento in cui si distese su di lei incominciò a pensare intensamente ad Isabella. Per un attimo sembrava che tutto funzionasse, poi, quando Matilda l attirò a sé per abbracciarlo, sentì il fetore dei suoi denti guasti. In quel momento gli scomparve anche l ultima traccia di velleità erotica. Non l aiutarono nemmeno i pensieri più lascivi riguardanti Isabella. Come se non bastasse, la sua gamba destra prese improvvisamente un forte crampo. Il dolore era tale che dovette staccarsi da Matilda per poi rivoltarsi sul dorso e attendere con il volto contratto dall atroce pena che il crampo scomparisse. Per Matilda fu il colmo. Tutto a un tratto scomparve dal suo viso la gentilezza forzata. Si 20

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