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1 Da vedere.viste le mostre in Italia HENRI MATISSE Vettor Pisani A TRIMESTRALE D ARTE 17 gennaio febbraio marzo duemilaquattordici RT A ntis info distribuzione gratuita Speciale Regioni EMILIA ROMAGNA Profili Sergio Ceccotti Foto di Gruppo A proposito di NARCISO ARTE Cinema La grande bellezza Racconti... La Valle dell Apocalisse In copertina CARLA ACCARDI

2 Abundancia acrylic on linen cm 122x99 FULGEN SABATIER contact - phone: italy:

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4 ATRIMESTRALE D ARTE 17 gennaio febbraio marzo duemilaquattordici Artantis.info Trimestrale d arte info@artantis.info Direttore responsabile Beniamino Daniele Direttore artistico Vincenzo Silvano vincenzo@artantis.info RT A Ufficio stampa Grazia Nuzzi, Francesca Silvano, Luigia Silvano Hanno collaborato a questo numero Ignazio Apolloni, Carmen De Stasio, Giorgio Di Genova, Aldo Gerbino, Massimiliano Alberico Grasso, Araxi Ipekjian, Pasquale Lettieri, Monica Pellegrini, Federica Pera, Anna Sorrentino,Vincenzo Silvano, Maria Rosaria Vado Progetti promozionali per gli artisti Arpinè Sevagian Progetto grafico e impaginazione Napoli artantis@zeroottounografica.it Editore Artantis.Associazione Culturale, Napoli - info@artantis.it Stampa Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli S.p.a, Napoli ntis info distribuzione gratuita EDITORIALE In vista del mese di marzo e della primavera, era nei nostri intenti dedicare la copertina del numero in preparazione ad una grande artista italiana; Carla Accardi era naturalmente tra le favorite ma mai avremmo pensato che questo omaggio potesse coincidere con la sua scomparsa. L intensa attività della pittrice, di cui già c eravamo recentemente occupati in occasione della sua mostra presso la Fondazione Puglisi Cosentino di Catania, non faceva certo presagire alla sua dolorosa dipartita che, certo, lascia un grande vuoto nel mondo artistico. Viene a mancare non solo una grande artista, ma una donna tenace e coraggiosa, che ha cambiato il corso dell arte non solo nazionale. Artantis.info, offre il suo spazio al ricordo e alla riflessione su quanto ci ha lasciato. Così come offre il suo spazio a diversi redazionali su eventi ed artisti, alcuni nel pieno della loro fama, altri in attesa di un giusto riconoscimento. In particolare, questo numero, si segnala per il corposo redazionale sul gruppo Narciso che, come scrive giustamente Giorgio Di Genova, ha caratterizzato un significativo versante della produzione italiana degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Non manca l ampio spazio dedicato ai numerosi artisti soci di Artantis: in particolare si segnala un interessante speciale sugli artisti dell Emilia Romagna, anche in virtù del fatto che la rivista verrà presentata in anteprima a Vernice Art Fair, a Forlì, dove numerosi lettori ci attendono, come ogni anno. La rivista sarà nuovamente protagonista, in aprile, a Carrara, in occasione di Giorni d Arte. Buona lettura dallo staff di Artantis.info! Artantis.Associazione Culturale Vincenzo Silvano La collaborazione ad Artantis.info è da considerasi del tutto gratuita e non retribuita. In nessun caso si garantiscono la restituzione dei materiali giunti in redazione. Gli scritti pubblicati impegnano solo la responsabilità dell autore. Senza preventiva autorizzazione è vietata ogni riproduzione integrale e parziale di testi ed immagini. Anno 4, Numero 17. Registrazione: Tribunale di Napoli, n. 48 del Artantis.Associazione Culturale, Napoli In copertina Carla Accardi Virgole, 1981 sicofoil su legno dipinto, sette elementi, cm 35x35 ciascuno courtesy Ezio Pagano Museum-Osservatorio per l Arte Contemporanea in Sicilia, Bagheria

5 Mostre a cura di AgendArte Studio.it 4 In copertina Carla Accardi di Pasquale Lettieri 7 Matisse Figura, linea, colore di Massimiliano Alberico Grasso 8 Dicotomia cosmica Rosario Genovese di Federica Pera 10 Eroica / Antieroica Vettor Pisani di Pasquale Lettieri 11 SOMMARIO Foto di gruppo A proposito di Narciso Arte di Giorgio Di Genova Le Metamorfosi e il simbolo animale di Maria Rosaria Vado Di Ceccotti della fissità di Aldo Gerbino Racconti... La Valle dell Apocalisse di Ignazio Apolloni Cinema La grande bellezza di Anna Sorrentino Vernice Art Fair La grande manifestazione per gli artisti a cura della Redazione Artantis.info.Gallery 27/48 Artisti in Vetrina Speciale Emilia Romagna Artisti Italiani Contemporanei Espressioni Proposte a cura di Araxi Ipekjian Artisti Contemporanei Artisti e Tecniche Artist from the Wold a cura della Redazione Primo Piano Maurizia D Ippolito di Paolo Tricase 23 5

6 a cura di AgendArte Studio.it MOSTRE AOSTA Universo Depero MAR-Museo Archeologico Regionale fino all 11 maggio 2014 CATANZARO Agostino Bonalumu MARCA-Museo delle Arti Catanzaro Fino al 31 maggio 2014 Agostino Bonalumi FIRENZE Il cappello fra arte e stravaganza Palazzo Pitti Fino al 18 maggio 2014 MILANO Piero Manzoni Palazzo Reale Fino al 2 giugno 2014 L Informale in Italia A Modena in mostra le opere su carta di Monica Pellegrini Decise linee che si mescolano al colore e al gesto dell incisione.questo è l Informale, una maniera di dipingere del tutto priva di vincoli tecnici o espressivi. La prima cosa che colpisce l osservatore è il disegno impulsivo degli autori, alcuni legati più alla macchia, altri più al segno, ma tutti accomunati da una grandissima libertà compositiva dove lo spazio delle opere, in particolare quelle di Lucio Fontana risulta ambiguo e indeciso. Sino al 13 aprile, alla Galleria Civica di Modena, una mostra di disegno su gli artisti informali italiani: tra questi vi troviamo Afro, Fontana, Burri e Vedova. In uno scritto del 1954 quest ultimo evidenziava la poetica caratterizzante della loro arte ossia che tutto deve essere messo in discussione, dall utilizzo del segno alla libera possibilità di creare una opera in cui il soggetto viene occultato dalla piena espressione del gesto. All interno della mostra, una sala è dedicata alle opere di Fontana, in particolare ai suoi Concetti spaziali realizzati anche mediante la tecnica dell incisione e diversi disegni eseguiti in sette periodi diversi e un altra ad Alberto Burri, autore di moltissime sperimentazioni materiche. L Informale, nato negli anni 50 come reazione alla sfiducia della ragione, ha messo in discussione il concetto del fare arte portando gli artisti alla sperimentazione dei materiali e il segno, senza un apparente significato, diventa protagonista dei loro lavori su carta. L Informale, movimento artistico nato come conseguenza del rifiuto dei concetti tradizionali della pittura affonda le sue radici nel surrealismo (come ricerca dell inconscio), al dadaismo (come rifiuto della cultura) e all espressionismo, da cui deriva il nome di espressionismo astratto attribuitogli allora. La loro poetica essendo la diretta conseguenza del rifiuto della forma e dei classici concetti della pittura, è incentrata sulla coordinazione spaziale dei segni che rimandano a una ricerca sull esistenzialismo e l arte diventa un atto di dipingere fine a sé stesso concentrandosi tutto su quel gesto. 6 Piero Manzoni MODENA L informale in Italia. Opere su carta Galleria Civica Fino al 13 aprile 2014 VENEZIA Léger. La visione della città Museo Correr Fino al 2 giugno 2014 Alberto Burri

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8 ROCCOGENOVESE moduli e miti a cura di Marco Meneguzzo Agrigento FABBRICHE CHIARAMONTANE 28 marzo - 11 maggio FABBRICHE CHIARAMONTANE PIAZZA S. FRANCESCO, 1 AGRIGENTO - TEL MARTEDI - DOMENICA / / LUNEDI CHIUSO - INGRESSO GRATUITO

9 CARLA ACCARDI Trapani, 9 ottobre Roma, 23 febbraio 2014 di Pasquale Lettieri IN COPERTINA dall alto Carla Accardi nel proprio studio Concentrico blu, 1960 caseina su tela, cm 176x203 Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York E morta a Roma, all età di 89 anni, Carla Accardi, artista italiana che con la sua pittura ha contribuito all affermazione dell avanguardia in Italia. L interesse per me era la trasparenza, infatti si vedeva il telaio. Volevo rendere trasparente quello che era intorno a noi. Il credo di Carla Accardi: trovare la trasparenza, in tutto. Uscire anche dalla gabbia della pittura, pur di lasciar galleggiare la libertà del pensiero e dei suoi meccanismi analitici annodati. Anche politicamente, persino con il Partito-Moloch, preoccupandosi poco delle rampogne di Trombadori e le scomuniche di Togliatti-Roderigo de Castro. Che faceva pure il critico d arte zdanoviano, e tuonava contro l astrattismo borghese. No, non eravamo preoccupati delle scomuniche, condannati perché il popolo non poteva seguire il linguaggio elitario delle avanguardie astratte. Eravamo arrabbiati, proprio come gli Irascibili americani, che facevano scuola, Rotkho, Franz Kline e il Pollock da lei molto amato. Arrabbiati. Perché volevamo rinnovare, volevamo fare una cosa. Fare. E fare il sogno di una cosa, in senso pasolininano: la rivoluzione, ma sotto una bandiera impregnata di pittura. L Astrattismo (mondiale) come stella cometa: Klee con Fontana, Mondrian con Magnelli, sirena parigina. Epigoni, forse, ma reattivi, indomiti, inconciliati. Noi pensavamo che non si può avere un arte che ha come contenuto sempre l uomo, la figura dell uomo. L arte può essere e deve essere come la musica. Come per Matisse, su tutti. Con i suoi racemi bicolori, i suoi arabeschi che annullano gli sfondi cancellando le figure, la geometria del cuore. Lei lo sapeva, ma non voleva troppo ammetterlo: non tollerava padri. Volitiva, vitale, simpatica. L incontro decisivo è con l altro siciliano, che è scappato dall isola contemporaneamente a lei, il geniale ed influente Antonio Sanfilippo, che presto diventerà suo marito (ma tenuto alle redini). E di cui certo lei non può, posteriormente, negare l influsso -sia pur sottolineandolo, sempre, come pianeta parallelo. Avevamo stesse idee ma con caratteri diversi. Avevamo anche due studi diversi. Come studente era più avanti di tutti noi, ognuno aveva il suo modo di pensare e di lavorare. Certo che ci può esser stata della competizione, ma ognuno ha seguito la sua strada, che a un certo punto sì è completamente separata. Diverso il modo di lavorare, le amicizie, i galleristi. Con Sanfilippo, Turcato, Ugo Attardi (che tralignerà di nuovo verso il figurativo) Dorazio, Perilli e Consagra, fondano insieme Forma 1 che è la risposta astrattogeometrico e soprattutto segnica all engangement comunista di Guttuso. Lei soprattutto, penelope riottosa, cerca di evadere dalle forme chiuse della pittura, convinta che: Non si può stabilire alcuna ricetta per fare un quadro. Legata al coraggio spaziale di Fontana e Burri, rovescia la tela, mostrando il telaio ed infrange la sicurezza della cornice. Crea delle tende trasparenti e degli ombrelli, che influenzano l Arte Povera di Merz e di Gilardi. In fondo è rimasta la ragazza ribelle d una storico scatto di Mulas, distesa a terra come un odalisca di Matisse, con un chiassoso abito stampato e qualcosa d antonioniano addosso, in una posa molto silvanamangano. Accasciata sulla stuoia dello studio-salotto, mentre rannuvola a terra la sua jamensiana cifra nel tappeto. Questi grandi quadri li facevo per terra, come tutti i miei quadri, sì, erano lunghi da fare, ripetitivi, come delle stoffe, come fare un tappeto. Questo è quanto mi ha detto in un mattino di ottobre del 2005, con particolare pazienza e attenzione. Ma è proprio quella riottosa pazienza sovversiva, che ha riempito la sua vita di segni e di gesti indecifrabili. Ma disperatamente, golosamente comunicativi. 9

10 VISITA GUIDATA MATISSE la figura, la forza della linea, l emozione del colore L alchimista del colore e la rivoluzione della figurazione moderna Ad accogliere il visitatore è il magnetico Autoritratto del 1900 (Parigi, Centre Pompidou) assieme a giovanili e potenti prove di studio sul modello. La gioiosa vitalità della stagione fauve viene poi rievocata da un dipinto raggiante di colori puri, quale il Ritratto di André Derain (1905, Londra, Tate), e dalle creazioni nate sotto la suggestione della pittura di Cézanne e della scultura africana, come il fondamentale bronzo Nudo disteso (1907, Centre Pompidou) e la tela Nudo in piedi (1907, Tate), entrambi sorprendenti per la scansione delle forme e il potenziale espressivo. La mostra mette quindi il visitatore di fronte a tre pietre miliari del 1909: il bronzo La serpentina, la tela Nudo con sciardi Massimiliano Alberico Grasso Una stagione ricca e fiorente quella italiana del Come la primavera ormai alle porte, che timidamente si affaccia con le sue temperature miti dopo un lungo torpore invernale, preludio di un estate prossima, così l arte, in questo periodo, in punta di piedi, lentamente si appresta a riempire le sale dei meravigliosi palazzi, musei, istituzioni, locati su tutto il territorio nazionale. Non a caso Palazzo dei Diamanti, affascinante sede storica ferrarese, ospita fino al 15 giugno 2014 una delle più intriganti mostre visitabili al momento. Una retrospettiva, Matisse, La Figura. La forza della linea, l emozione del colore, unica e generosa, incentrata sul tema della figura e sulla sua rappresentazione in pittura. Una piacevole parentesi organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara e curata da Isabelle Monod-Fontaine, già vicedirettrice del Centre Pompidou e tra i massimi esperti dell arte di Matisse. Il genio di Matisse ha cambiato il corso dell arte del Novecento, imprimendo la sua visione nuova ad ogni genere artistico. È questo il tema attorno a cui si sviluppa l esposizione che Palazzo dei Diamanti dedica ad un gigante della storia dell arte moderna, evocando il suo percorso creativo e, al tempo stesso, mettendo in luce le strette relazioni tra la sua produzione pittorica, scultorea e disegnativa. Con questa rassegna, l Organizzazione propone un ritratto a tuttotondo e non scontato del maestro francese, che mette in risalto le sue doti di alchimista del colore, ma anche il suo grande talento grafico e scultoreo. Un centinaio di opere provenienti da musei e collezioni private di ogni parte del mondo, racconta l avventura attraverso la quale Matisse, al pari di Picasso, si è ispirato al più classico dei temi, quello della figura, e ne ha sovvertito la rappresentazione tradizionale. Odalisca con i pantaloni grigi, olio su tela, cm 54x65 Parigi, Musée de l Orangerie, Collection Jean Walter et Paul Guillaume Succession H. Matisse, by SIAE 2013 Quel che più mi interessa non è né la natura morta, né il paesaggio, ma la figura. La figura mi permette ben più degli altri temi di esprimere il sentimento, diciamo religioso, che ho della vita Henri Matisse, 1908 Natura morta con donna addormentata o Donna addormentata con tavolo violetto, 1940 olio su tela, cm 82,5x100,7 Washington, National Gallery of Art, Collection of Mr. and Mrs. Paul Mellon Succession H. Matisse, by SIAE

11 Jazz, 1947 cm 42,5x32,5, 152 pagine Tériade Editeur, Parigi Riproduzione a stampino delle gouaches découpées: Edmond Vairel Copertina e pagine manoscritte: Fratelli Draeger Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale Succession H. Matisse, by SIAE 2013 pa bianca, provenienti dallo Statens Museum for Kunst di Copenaghen, e la Bagnante del Museum of Modern Art di New York, opere che testimoniano uno dei più alti raggiungimenti matissiani, nell arabesco dei corpi capace di interpretare le contrastanti aspirazioni all espressività e all armonia. A nutrire l immaginario dell artista è soprattutto la presenza di una modella nel suo atelier, l emozione che essa risveglia in lui e il piacere stesso di ritrarla. Negli anni della prima guerra mondiale, la figura femminile è al centro di un lavoro quasi ossessivo con cui Matisse cerca di metterne a nudo l essenza, come dimostrano le effigi di Laurette con il loro fascino misterioso (ad esempio Le due sorelle, 1917, Denver Art Museum, e Nudo seduto di schiena, 1917, Philadelphia Museum of Art). Una svolta radicale è segnata dalle opere del dopoguerra che riflettono l incantesimo della Costa Azzurra e la riscoperta di Ingres e Renoir (Ragazze in giardino, 1919, La Chaux-de-Fonds, Musée des Beaux-Arts). Matisse si lascia ora sedurre dai riflessi di luce sulla figura della modella e sugli arredi esotici di cui la circonda, come mostrano due opere straordinarie quali il bronzo Grande nudo seduto ( , Philadelphia Museum of Art), in cui la maestosa figura dispiega le sue forme nello spazio, o l Odalisca con i pantaloni grigi ( , Parigi, Musée de l Orangerie), in cui appare immersa in un sontuoso mosaico di motivi decorativi. All inizio degli anni venti risale anche uno spettacolare costume che testimonia la collaborazione di Matisse con Stravinsky e la compagnia dei Balletti Russi. La monumentale Ninfa nella foresta ( /43, Nizza, Musée Matisse), un capolavoro come Natura morta con donna addormentata (1940, Washington, National Gallery of Art) e magnifici disegni (Nudo disteso, 1938, The Museum of Modern Art; Giovane donna seduta con abito a rete, 1939, Riehen- Basilea, Fondation Beyeler) incarnano il nuovo cambiamento di rotta seguito al prestigioso incarico decorativo per la Barnes Foundation negli Stati Uniti e alle illustrazioni delle poesie di Mallarmé. La musa del pittore viene qui evocata in uno spazio intriso di luce dove il suo corpo, la vegetazione e gli oggetti, compongono un fregio lirico ed essenziale. A chiudere la mostra sono le testimonianze della stupefacente vitalità e dell inesauribile forza d immaginazione dell anziano maestro: gli interni d atelier pulsanti di toni vivi (Giovane donna in bianco, sfondo rosso, 1946, Lione, Musée des Beaux-Arts; Interno blu con due ragazze, 1947, University of Iowa Museum of Art) o ancora opere rivoluzionarie come il celebre Libro Jazz (1947, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale) e la serie degli Acrobati (1952, Centre Pompidou). Queste creazioni incarnano l essenza dell arte di Matisse, capace con pochi segni di toccare le corde più profonde dell animo e di infondere un senso di perfetta armonia, esercitando una straordinaria influenza sugli artisti del suo tempo e delle generazioni a venire. fino al 15 giugno 2014 Palazzo dei Diamanti FERRARA 11

12 DA VEDERE Dicotomia cosmica RosarioGenovese di Federica Pera L arte di Rosario Genovese idolatra la duplicità: quella dei soggetti, binati e speculari sin dai tempi in cui vie catanesi rimirano se stesse componendo unica simmetrici; della tecnica, che stabilisce sinergie tra la componente manuale delle immagini in acrilico e quella più meccanica nelle corrispettive stampe fotografiche; infine della poetica, che instaura dialoghi tra arte e scienza, tra decorativismo e rigore geometrico, tra l astrofisica e la poiesis artistica. Lo studio astronomico e la passione per i corpi eterei generano opere dalle forme cosmogoniche, che in epoche antiche e pagane rivelano l armonia dell uomo con le leggi dell universo; in quelle forme astrali riconosciamo i motivi ornamentali più disparati: visioni al microscopio di ingorghi di protoctisti, mappe di placche tettoniche, organismi eucarioti diploidi allo stato embrionale, ideogrammi primordiali da grotte di Lascaux, animali araldici (Albireo A+B), semihomines, striature e grovigli di boccioli da Art Nouveau, mascheroni grotteschi come i cagnoli dell architettura barocca in Sicilia e figure incorporee talora timidamente profilate, altre volte annidate e accatastate come anime in un oltretomba ipogeo da Grecia antica o come misteriose creature fluttuanti in fondali marini (Sheliak Beta Lyre A+B). Come nella miniatura medievale de Il mappamondo di Enrico di Magonza sono annullate le profondità spaziali e la descrittività dei luoghi, evocati e concentrati su un unica, piatta e totalizzante superficie, e come in altri mappamondi medievali possono comparire esseri fantastici o mostruosi; si tratta di rappresentazioni extratemporali e animistiche del mondo, mappe-strumenti di meditazione trasognata, pitture di superficie che attuano moti interiori, visionari e irrazionali come quelli che galleggiano nell immaginario mironiano, qui carichi di pulsioni mitologiche e culturali associate liberamente, quasi con automatismo. Ogni corpo celeste si affolla di decorazioni minuziose che rivelano un horror vacui che dispensa frammenti di visioni personali e immaginifiche nutrite da racconti, leggende e allegorie, come indica l aggettivo possessivo mio accostato ai titoli di molte opere. E così che allora nel calderone alchemico di Genovese il dualismo arte-scienza diviene triplice se non quadruplice, perché ribollono in esso mito e letteratura. La passione per gli astri in Genovese è ubertosa di energia e anima un parto artistico gemellare, quello delle stelle binarie a contatto, tangenti alla periferia in virtù del Lobo di Roche. L artista dà volto e identità alla pura luce mediante un processo creativo manuale, che genera un corpo dal colore rigorosamente monocromo, mentre l opera adiacente riproduce la luce medesima attraverso una stampa fotografica su tela, necessaria per una riproduzione esatta. Così le stelle si fanno duplici come i dittici che le ospitano e come le fasi del giorno e i generi umani. Sono diverse per la materia utilizzata e il colore, ma accomunate dal lavoro coordinato e simultaneo del genitore che interviene manualmente anche sulla foto stampata fungendo come corpo calloso in congiunzione tra due emisferi cerebrali similari: la da sinistra Installazione virtuale dell opera La croce del Sud, 2012 Installazione virtuale dell opera Il triangolo di primavera, 2013 simulazione di Saverio Genovese Ae Aquarii A + B, 2014 Tecnica: A - supporto ligneo, acrilico e matita su tela; B - supporto ligneo, acrilico e matita su stampa diretta inkjet UV su tela cm 170x85 crescita dei due gemelli è così concomitante. Lo spostamento dell atto creativo da un supporto all altro è anche un viaggio temporale, in cui il presente è di volta in volta l opera su cui si sta operando e il passato quella su cui si è già operato. Passato e presente si fanno dimensioni fluide e indistinguibili. Le stelle sono accompagnate anche da componimenti poetici, doppi per ogni opera: uno la precede, l altro si lega al suo svolgimento. Infine l artista raggruppa le stelle in costellazioni-installazioni: Il triangolo di primavera e La croce del sud. Sia che si tratti di opere più grafiche o più volumetriche, esse corrono lontano da noi, verso un altrove trascorso, forse mai esistito e in gran parte letterario, ove tutto è possibile. Dettano domande che non possono nascere dalla ricerca di un significato, quanto dalla consapevolezza che esso non va cercato e che si debba semmai cercare di avvertire un centesimo della scossa che l artista vuole trasmettere. Per questo le opere di Genovese rifuggono dalla contemporaneità (anche per l utilizzo di materiali ritenuti disusati nel pensiero comune) ma al contempo la richiamano: sono i portavoce di quell arte contemporanea che si disancora dal riconoscibile per divenire apparente nonsense, oggetto di molteplici interpretazioni e meta di inesplicabili quanto fascinosi viaggi interiori. Le opere di Rosario Genovese saranno esposte presso il museo-galleria permanente d arte moderna La Vite di Mauro Lombardo, a Catania, dal 28 marzo al 13 aprile 2014, in occasione della mostra personale Alpha/Beta.Corrispondenze, a cura di Giuseppe Frazzetto. fino al 13 aprile 2014 Museo Galleria La Vite CATANIA 12

13 vettor PISANI EROICA/ANTIEROICA di Pasquale Lettieri DA VEDERE Elevazione della Vergine, Courtesy Elisabetta Catalano Photo Elisabetta Catalano A due anni dalla scomparsa di Vettor Pisani, figura intensa e assolutamente unica del panorama artistico italiano, il Madre di Napoli ospita una grande mostra in suo onore: Eroica / Antieroica è la prima e più completa retrospettiva, per ampiezza e completezza, mai dedicata all artista. Colta, eclettica, complessa, stratificata, visionaria, originale ed inquieta, la ricerca di Vettor Pisani sfugge agli incasellamenti, ai cliché e alle tendenze più facilmente identificabili, per puntare a un estetica combinatoria assolutamente plurale. Si è suicidato il 22 agosto 2011, come un escluso, come un emarginato, soffocandosi con le stringhe delle scarpe, inscenando tragicamente una morte povera, abissale nel copione della malattia che modifica molecolarmente le visioni della vita e rende il futuro, pauroso, nero, scrivendo la parola fine, per la propria coscienza dilatata del mondo, da lui condiviso, sempre, con Mimma, poesia in forma di donna, di compagna della propria vita: un suo doppio fatto di suggestioni, di parole, di spinte ad andare oltre e cercare altro, per un insaziabile destino, più che voglia, ad indagare, a scandagliare fra le pieghe del linguaggio nelle ammaccature del dolore. Ed è proprio questo che lo ha portato a raggiungere la propria frontiera e non lasciarla mai, inseguendola come una inarrestabile linea d ombra che si sposta, si sposta, come attratta da una cognizione astratta, ermetica, assurda, ma dotata di un magnetismo fascinoso, fino alla fine. Perché Vettor Pisani è stato un giocoliere, un funambolico, che ha nella sua sanguignità psicologica, la molla dei dionisiaci, di quelli che hanno una valenza di trasgressione inscritta nel proprio codice genetico, che gli ha visto attraversare i decenni, senza invecchiare mai, senza subire le ingiurie del tempo, fatte di rughe e di capelli bianchi, con un aspetto da lottatore sempre in forma. Ho in mente un mare di disegni, un monte di opere, un fiume di pensieri, che affollano la mia mente, mentre lo vedo appeso ad una cordicella, come un sacrificale oggetto impossibile sogno e mi rendo conto che il suo genio è, in grandissima parte, da scoprire, coperto dalle sue tante opere, senza limiti di ispirazione e di commissione ed ogni pretesto, suo o di altri, era buono per mettersi al lavoro, per fare, col nulla, mettersi in discussione, cambiare passo, con materiali poveri, per confermare la sua ideologia anarcoide, con quelli ricchi, per interpretare la sua napolitanità insulare, la sua barocchità interiore. A pensarci bene, in tutta la sua opera c è la prefigurazione della propria tragedia personale, con le redini del destino, tenute sempre in mano, per evitare che, il caso o la necessità, prendessero il sopravvento e dissipassero di colpo le opere di una vita e fra queste, in posizione assolutamente non secondaria, la propria esistenza fisica e mentale, accumulata in una stratificazione di opere irriverenti e devote alla propria religione personale, alla propria monacazione, nel suo monologo interiore e nel suo incessante dialogare con Mimma. Uno che si divide in due e poi anche in tanti, se volete, ma con la tensione a recuperare se stesso, il fanciullo del primo tempo ischitano, rimasto sempre presente, a volte scugnizzo circolante, a volte filosofo alla finestra, con i propri idoli, sbilanciati dai venti e dalle bonacce, quelli che fanno il punto di vista, la singolarità che nessuno può cambiare. Un rammarico rimane, quello di averlo lasciato troppo solo e non avere compreso, appieno, la ricchezza che circolava tra di noi e questo deve spingere tutti a saltare le commemorazioni, le retoriche, entrando subito in argomento, scrivendo la sua storia, come ha pensato Andrea Viliani al Madre, facendo il percorso dei suoi percorsi, dando alle sue opere quel rilievo che meritano e che fino a questo momento (è inutile negarlo) non hanno avuto, affatto. Barca dei sogni, 2001 Courtesy Galleria Umberto Di Marino, Napoli Collezione Ovidio Jacorossi, Roma fino al 24 marzo 2014 Museo MADRE. Fondazione Donnaregina NAPOLI 13

14 FOTO DI GRUPPO a proposito di NARCISO ARTE di Giorgio Di Genova Da sinistra: Rogolino, T. Brancato, Patella, Giorgio Di Genova, Biagi, Floriani, Genovese, N. Brancato; in basso al centro: Cossyro. Istituto Italo-Latino Americano, Roma, 29 gennaio L arte sta tornando al Narciso originario, cioè alle sue stesse origini, che, appunto, come attesta il mito di Narciso, sono il rispecchiamento del sé nell altro da sé. L opera d arte, infatti, è sempre uno stagno di Narciso, in cui l io dell artista si rispecchia e riscopre la centralità esistenziale del proprio essere: Sua Maestà l io nell autorispecchiamento artistico, che non va inteso come esclusivamente visivo, bensì sostanzialmente psicologico, manifesta e realizza appieno il segreto profondo dell esistenza, cioè l identità tra io e mondo. Per ogni uomo l io è il mondo, il suo unico, vero e possibile mondo cosicché la propria immagine (e non soltanto psicologica, come stanno a testimoniare gli innumerevoli autoritratti che popolano la storia dell arte) è il centro del mondo, e antropologicamente umbilicus dell umanità. Così scrivevo nell incipit del mio testo per la mostra Narcissus, inauguratasi a Roma il 29 gennaio 1982 nelle sale dell Istituto Italo-Latino Americano di Roma. Dopo aver indicato gli altri investimenti sostitutivi del Narciso primario, da cui è determinato il Narciso secondario, proprio all arte di tanti e tanti secoli, e tuttora ancora in atto, precisavo che ormai si andava facendo emergente un ritorno al Narciso originario, un ritorno che senza dubbio rimarrà la caratteristica connotativa dell arte di questo ultimo scorcio di secolo. Quindi in questo saggio, utile a spianare la comprensione delle opere del gruppo di artisti che avevo raccolto in prima istanza, e cioè Giuseppe Biagi, che uscì presto, i gemelli Antonio e Tano Brancato (vero e proprio Narciso biologico), Michele Valenza (in arte Cossyro), Sergio Floriano, Luca Patella Giuseppe Rogolino, prima di analizzare la loro produzione, esplicitavo - senza trascurare i precedenti narcisiani di Michelangelo Pistoletto, Giulio Paolini e Carlo Alfano - i diversi aspetti della poetica a cui mi rifacevo, insistendo su taluni, utili per il proseguimento futuro dell indagine. E alcuni aspetti retrospettivamente tornano utili, per cui li ripropongo estrapolandoli dal contesto. La metafora dello specchio diviene un altro da sé, in cui viene concentrata l immaginazione dell io che, nel riflettere il sé/es nell altro Luca Maria Patella Scrittura enantiodromica, 1982 incisione su cristallo e specchio diametro cm 98,5 Sergio Floriani Columna Exagona, 1985 tecnica mista cm 228x228x189 Rosario Genovese N 19, 1983 acrilico e matita su tela (A) - stampa fotografica su tela (B), dittico, cm 60x120

15 Michele Cossyro Lo stagno di Narciso, olio su tela e specchio, istallazione Giuseppe Rigolino Miraggio, 1982 base in argilla di San Sepolcro e lati inclinati in cristallo Palladium, cm 40x40x40 da sé, vi si riflette, facendo contemporaneamente riflettere l altro da sé in se stesso. L eau froide (Mallarmé) dello specchio diviene specchio dello specchio, oggettivamente il Narciso di Narciso, topos canonico di riflessi(one), circolarità assoluta della creatività, attuata attraverso la visualità visualizzata col farla ruotare intorno al proprio asse, al proprio centro, senza spostamenti verso il fuori o con l introiezione di esso. L opera, in quanto particolare, un particolare della totalità dell io, si fa momento parvente dell autosimbolismo puro, spodestando il tutto, di cui prende il posto, senza tuttavia mai poterlo sostituire. Allora da replica del sé nell altro da sé si fa semplicemente replica, obbligata perciò a sottostare alla legge, propria dell inconscio, della coazione a ripetere, che sovente s identifica nella coazione a ripetersi, perché, come insegna il mito, a Narciso è interdetto il possesso del proprio simulacro ed ogni tentativo di abbracciarsi è destinato al fallimento.infine: Vedere è un transfert, amare è un transfert. L arte stessa è un transfert del pensare, vedere e amare il proprio io. Non esistono rapporti, non è possibile alcuna comunicazione al di fuori del transfert. Il fuori è una serie di situazioni transferali del dentro. La vera dialettica dell esistere poggia su fondamenta transferali ( ) Volendo parafrasare, in piena libertà, un altro concetto, questa volta di Lacan, rintracciabile nel famoso Seminario su La lettera rubata, ogni opera narcisiana è una verità che abita la finzione e allo stesso tempo una funzione che prende il posto della verità, in quanto l io diviene significante, visibilmente significante solo nel suo doppio, che è immagine dell immagine che l io ha di sé: infatti, sempre e comunque on voit son Ange, jamais l Ange d un altre (Rimbaud) ( ) Ma l estroversione è soltanto apparente, una sorta di gioco a rimpiattino del Narciso che va a nascondersi (mimetizzarsi) nel Narciso di un altro, per ribadire che in definitiva la contemplazione narcisiana nel suo aspetto più profondo supera l identificazione dell io nell altro da sé e mira ad un traguardo che va ben oltre all identikit dell io, ossia quello dell identità come essenza ontologicamente autonoma, per cui lo specchio, più che il topos dell autoriconoscimento, è virtualmente esso stesso un identità. Nelle successive sortite espositive (Mestre, Bari, Basilea, 1982; Bagheria, Como, Erice, Borgomanero, Anagni, 1983; Macerata, Fabriano, 1984) aggiunsi altri artisti: nel 1982 Rosario Genovese, nel 1983 Franco Giuli, nel 1984 Antonella Cappuccio, Fernando Rea ed alcuni ospiti, quali William Xerra, Giuseppe Di Napoli, Shu Takahashi e Luciano Ventrone. Degli artisti che avevano esposto all Istituto Italo-Latino Americano lo specchio era usato da Patella, il quale spesso scriveva direttamente su esso e con esso otteneva la doublure ribaltata dell immagine, ma anche di scritte (Ut ima ames/ma ami tu?, ), da Nino Brancato, il quale lo utilizzava per rispecchiare, come in una stagno, i suoi disegni elaboratissimi e fortemente allegorici (La fionda si fa motivo d arpa se l incanto precede lo stupore specchio permanente del due che ritorna ad essere uno-d-io, 1981), da Floriani, il quale, dopo i rispecchiamenti dei leucofili dittici con vedute della serie Lago d Orta del 1981, ha cominciato ad inserire specchi in Iside e Speculum II (1983), per moltiplicarli circolarmente (Colonna esagona/colorare in circolo (verde, giallo, arancio, ), da Cossyro, che tuttavia nell installazione Lo stagno di Narciso ( ) ne frantumò uno circolare, ponendolo sul pavimento, per ottenere il rispecchiamento dell ovate tela che sulla parte si frantumava in basso, a simbolizzare gli abbracci di Narciso nell acqua, frantumazione che poi si trasferì nelle installazioni con gocce e divenne iterativa nella serie delle opere a organetto. Rogolino utilizzava, invece, i cristalli trasparenti per ottenere rispecchiamenti (L occhio dello specchio dell anima), anche mescolati a giochi di riflessi di trasparenze (Museo d arte occidentale di Tokyo 1958 resti), ambedue opere del 1984, in cui invertiva il rapporto cristallo-terracotta: nella prima l oblò del riflettente cristallo 15

16 Franco Giuli Senza titolo, 1983 acrilico su juta e collage, cm 60x80 Fernando Rea Rebis in rebus, 1983 tecnica mista Gaetano Brancato Bosco sacro, 1979 gesso, cm 48x59 era al centro della circolare terracotta, nella seconda la terracotta era all interno della piramide di cristallo, come poi in Miraggio. E se Xerra inseriva uno specchio su una lapide cimiteriale al posto della foto del defunto, in modo che il fruitore in esso si riflettesse, Di Napoli utilizzava specchi spezzati per costruire le sue opere, tipo Autoritratto di Narciso (1982) e Autoritratto (1983). La doublure senza specchio era praticata da Cossyro, Floriani Rogolino, Patella, il quale la ottenne in vasi con profili umani, ed inoltre da Tano Brancato, che nel bassorilievo in gesso Bosco sacro (1979) duplicò le sue scene relative al fanciullo divino e al cavallo solare. Dal suo canto Genovese, sulla base di scatti fotografici, utilizzava la doublure di angoli urbani della sua Catania, ovviamente con eniantomorfismi d immagine e di scritte delle targhe stradali, in dittici visivi, nei quali inizialmente accorpava positivo e negativo, creando un ribaltamento di senso, in seguito slittato sul piano della differenziazione dell esecuzione pittorica. Alla stessa soluzione era giunto nei suoi dittici oggettuali anche Fernando Rea, allorché aveva affidato alla sola pittura il suo iconismo simbolico incentrato sul Rebis (= res bis, cosa 2 volte) di alcuni archetipi (il Cane, l Albero, il Cavallo, la Casa), e dico oggettuali, in quanto egli in schiacciati bassorilievi contrapponeva, anche cromaticamente, la stessa immagine enantiomorfica, p.es. il Cane (Rebus in rebis, Corps bleu, corps jaune). Né l uno né l altro giungevano alla commistione dell eniantomorfosi delle immagini, come invece faceva nelle sue rivisitazione delle opere di museo Antonella Cappuccio, ottenendo effetti di deformazione mostruosa, ma davvero inaspettati, quanto suggestivi, il cui apice fu il trittico La bella giardiniera (1984), ispirato da Raffaello. Ben diversa era la deformazione che Luciano Ventrone otteneva nel ciclo di quella sorta di autoritratti, in cui su lampadine tenute da una sua mano si riflettevano, opportunamente curvate, tele di Caravaggio (Caravagg-io n. 1, 1980; Caravagg-io n. 2, 1982; Caravagg-io n. 3, ), opere in cui va individuato il seme delle sue successive anamorfosi. Giuli e Takahashi indagavano doppi enantomorfici nell ambito dell astrazione geometrica. Se il giapponese optava per un assoluto minimalismo nelle sue doublures di superfici monocrome, Giuli era molto più vario nelle sue policrome declinazioni costruttiviste dell esprit de géométrie, giocate su schisi di morfologie specularmente contrapposte e realizzate sia pittoricamente che collagisticamente, talora su formato romboidale. La Narciso arte è stato un significativo versante della produzione italiana degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. E per tale motivo, nel 1984, Antonio Brancato La fionda si fa motivo d arpa se l incanto precede lo stupore. Specchio permanente del due che ritorna ad essere uno D-io, 1981 disegno a matita su carta, installazione, misure variabili Antonella Cappuccio La bella giardiniera, 1984 olio su tavola, cm 70x140 quando ero commissario al Padiglione Italiano della XLI Biennale, la proposi attraverso opere di Cossyro, Floriani e Rogolino. Ma purtroppo, come riferisco estesamente nel II tomo di Generazione anni Quaranta (pp ), Calvesi, che giunse a titolare la sua sezione Arte allo specchio, fece sì che i tre fossero esclusi. Anche da Aperto 84. Tuttora alcuni dei protagonisti qui considerati hanno continuato a seguire sentieri narcisiani, seppur con modalità differenti (p.es., Cappuccio, dipingendo su superfici specchianti, e Genovese, duplicando i suoi tondi ispirati a stelle). Da qualche tempo ho maturato l idea che sarebbe importante documentare, anche a risarcimento dell esclusione dalla XLI Biennale, tale filone. E pertanto ho progettato la mostra La Narciso arte trent anni dopo, in cui metterei a confronto opere degli anni Ottanta con opere degli anni

17 Le Metamorfosi e il simbolo animale di Maria Rosaria Vado DA VEDERE Danilo Bucchi Vettor Pisani Yo Akao Franco Menolascina Giovedì 13 marzo 2014 alle 18,30 inaugura la mostra Le metamorfosi e il simbolo animale a cura di Graziano Menolascina presso Spazio Nea. Nel centro storico di Napoli, quattordici Star del panorama artistico internazionale. Due poli, una continua danza tra progresso e regressione; è qui che si colloca il paesaggio delle metamorfosi umane, osservate e sperimentate dagli artisti in mostra con varie tecniche e linguaggi, dalla pittura alla fotografia, dalla scultura al video sino all installazione. In Andrea Fogli, tramite un simbolismo evocativo, mondo naturale e psichico, sacro e profano, si fondono nella composizione di paesaggi lirici. Stessa tensione nei lavori fotografici di Matteo Basilè, incentrati sui temi della diversità di genere, del travestitismo, della dialettica corporeità-potere. Mentre l indagine su corpo e anima emerge dalle sculture di Isabella Nurigiani, uomini manichino abitanti di una terra perduta. In sintonia con le leggi primigenie della natura la ricerca di Yo Akao impiega materiali prevalentemente atossici ed eco-compatibili, secondo un progetto di salvaguardia della natura dalla contaminazione umana. Archetipo e mitologia sono il ponte che Vettor Pisani getta tra mondo arcaico e il nonsense delle avanguardie storiche. La dialettica tra origine e trasformazione è centrale in Matthew Barney che, attraverso l illusione ottica dello strumento filmico, arriva al mistero della creazione, o a una spiritualità incarnata nelle cellule stesse. Opere da cui emerge una condizione post-umana in cui l uomo, tanto naturale quanto elettronico, appare lanciato nel superamento dei propri limiti fisici. Sullo stesso sentiero Robert Gligorov, partendo dal corpo e dalle sue metamorfosi reali e futuribili, estende la riflessione all identità: il suo uomo-asino che mangia le rose - novello Lucio - e vomita nuovi fiori, si libera a livello viscerale dalla contaminazione del mondo in un rito catartico di rinascita. L eterno fluttuare tra dubbio filosofico e certezze momentanee è affrontato per mezzo dell autoritratto e dello sdoppiamento d identità da Urs Lüthi. Travestimento e perdita di identità anche in Yasumasa Morimura, impegnato a recuperare le origini e le tradizioni del popolo giapponese soffocato dall occidentalizzazione. L omologazione degli individui è il mostro contro cui combatte il realismo cinico di Yue Minjun, le cui maschere ridenti moltiplicate all infinito inquietano proprio per l assenza di consapevolezza. Esseri deformati emergono dalle tele di Danilo Bucchi, volti abnormi su corpi esilissimi, a evidenziare l attenzione per l indagine psicologica di individui partecipi di un umanità impazzita. Immerso in una quotidianità tragica e alienante è anche l uomo di Franco Menolascina che tenta di ristabilire una comunicabilità ormai interrotta. Un confronto tra dimensione interiore ed esteriore caratterizza la poetica di Felice Levini, in un dialogo libero ma serrato tra forme, contenuto e materia. Nell opera di Jan Van Oost l arte è l unico gancio tra l uomo e il suo essere umano grazie alla capacità che essa ha di operare un taglio nella contemporaneità globalizzata lasciando intravedere la dimensione naturale dell individuo e la sua capacità emozionale rispetto alla vita. Quattordici artisti raccontano le metamorfosi dell uomo umano, a rischio di estinzione - se non ci fosse l arte a tenerne vivo il senso sacro dell origine. fino al 15 aprile 2014 NEA Artgallery NAPOLI 17

18 PROFILI Di Ceccotti della fissità di Aldo Gerbino Il pulsare sonoro del tempo sembra con pienezza condividere lo stesso tessuto biologico di Sergio Ceccotti: che è tessuto creativo, fantasia e concretezza di luogo. E il luogo in questo pregevole artista si trasforma nella pedana del suo consistere con la stoffa perenne dell universo. E se tale universo è la città, esso si condensa di colpo nel chiuso di una stanza d albergo o nella casa in cui abitano suoni e frange oscillanti della memoria; oppure se tale universo si camuffa nell ineluttabile tinnire delle navi in corsa verso l abisso o in quello degli aerei mentre feriscono il cielo, allora lo si può accogliere ovunque: dal perimetro di un museo alla costruzione di opere inesistenti, le quali nel loro fluttuante consistere hanno catturato parte della vita per poi, da essa, trasformarsi verso una rinnovata e immaginifica fissità. Musei immaginari, come il Musée imaginaire VIII del 1992 visitato in tutta la sua pienezza da Ceccotti e oggi compreso nella Quadreria Mediterranea dell Università degli Studi di Palermo (Complesso monumentale dello Steri di Chiaramonte, sede del Rettorato). Eppure Sergio, dai suoi umori hopperiani appena toccati dalle ampiezze surreali d un Delvaux o di un Demuth fino a comprendere i non temuti marchi delle sorelle Giussani, distilla con cura i suoi camminamenti, mirando, deciso, al bersaglio previsto, già prefigurato nei suoi sogni alimentatori e insistendo in quella apparente fissità che è, invece, attesa del lancio, tremore dello scatto, limen di accesso alla spirale del personale racconto nel quale egli, trascinando noi tutti, vi scorge i tanti volti del mondo. Sergio, per chi lo incrocia nella penombra d una camera o nel livore diffuso da una luce stradale, o nel fulgido pulviscolo di autunnali marine, tra sollecitanti vassoi colmi di dolci o coppe luminescenti di gelati, sembra essersi auto-dipinto nel perentorio quadro del giorno, nella scena dei luoghi prescelti, sospintosi alla conquista dell orizzonte, permeato da un vento sibillino: così trascina altrove lo sguardo, il fuoco stesso delle sue edificazioni creative, delle sue pause solenni poste tra scarne, misurate parole. Gotico romano VI, 2008 olio su tela, cm 50x35 18

19 Piccola malinconia italiana, 2006 olio su tela, cm 50x35 a sinistra Lumières d une chambre d hôtel, 2007 olio su tela, cm 35x50 L azione creativa, interpretativa, votata alla misura del tempo, a quelle sollecitazioni plasmate nel modello intimo delle cose e in ogni possibile oggetto capace di attraversare la percezione della nostra quotidianità, traccia un percorso invisibile inserito nell anima soltanto in apparenza dormiente, e incidendo a pieno la materia intellettuale di Sergio Ceccotti, quel suo modello profondamente impresso nella catena degli avvenimenti esistenziali. Perché, certo, v è un succedersi armonico di scatti, di fuorvianti immobilità lunari, di avvolgenti dimore, d incise alternanze espresse nel bianco delle pagine visive, di memorie tramate da fuochi simbolici e scardinanti le quali, proprio nella disciolta anacronia, quietamente si distendono in onirici vassoi alle prese con una realtà perennemente tesa alla tenebrale, larvale, dissipazione della materia. Una materia resa concretamente e ponderalmente palpabile da Sergio, disposta all evanescenza, alla ironia e all assunzione di uno spleen pervadente come accade in Lumières d une chambre d hôtel (2007). Ecco che allora spazi aperti, interni, si mostrano impressi in fogli confezionati per piccole malinconie italiane, lungo pervadenti vapori parigini appena sublimati in solitarie voci affiorate dalla Senna, dalle sponde del Tevere, o dalle onde tirreniche in movimento, quindi nel transito e nell approdo. Dunque: nella partenza, nel naufragio. Piccola composizione notturna, 2007 olio su tela, cm 50x35 Sergio Ceccotti vive ed opera tra Roma e Parigi 19

20 RACCONTI... LA VALLE DELL APOCALISSE di Ignazio Apolloni Se il mondo è un sistema di segni, come da qualche tempo a questa parte si va sempre più sostenendo, non pare dubbio che Nicolò D Alessandro ne faccia parte. Cosa diversa darebbe se il mondo fosse tutt altra cosa perché fuori dal segno grafico egli non vede altro. È attraverso la scansione del gesto, la scalfittura del bianco operata con l inchiostro di china, l evocazione di immagini dal profondo cui dare vita, che egli si esprime. Abita nelle profondità marine del pensiero o dell amnios indifferentemente, e da lì affiorano le figure che danno corpo e forma ai suoi incubi. Cosa faccia di un uomo un artista non è domanda cui sia stata data definitivamente una risposta. Per la verità non si sa neanche esattamente cosa faccia, di un uomo, un uomo fuori della sua dimensione carnale. È piuttosto ai valori che egli esprime, alla scala dei valori che egli ha espresso attraverso il suo poiein che dovrebbe darsi preminenza. Se un operazione del genere sull essere (e non sull avere o l apparire) si compie si scoprirà come il mondo sia più ricco di quanto non si pensi. E come la popolazione degna di far parte di una specifica categoria di intellettuali o artisti sia più numerosa. Nicolò D Alessandro ha la fortuna di operare su un campo praticato da pochi. Ha per maestri i fiamminghi e per allievi nessuno che si sappia. Difficile infatti seguirlo quando attinge dagli inferi mostri; molto meno quando accarezza delicatamente il volto di una donna cui voglia dare sembianze di angelo. In quest ultima frequentazione ha potenti e poderosi rivali, in Italia ed all estero contemporaneamente; nella ricerca fantasmatica e ossessiva di mostruosità invece non lo segue nessuno. Con Bruegel, Dürer o Cranak il medioevo ha esaurito il suo sforzo creativo. Epigoni di quei grandi si sono avuti persino in Sicilia (si pensi alla villa Palagonia di Bagheria). Con il razionalismo francese e il positivismo inglese la Storia ha voltato l ultima pagina di quello spaventoso periodo. È iniziata l era dell ottimismo, della costruzione sistematica di un futuro più duraturo, di un gigantismo retorico e un uso sfrenato dei mass media. Più nessun posto dunque per i cani della coscienza, per i guardiani del bene da porre a difesa delle porte del paradiso per impedirne l ingresso alle forze del male? Difficile dirlo, ancora più difficile sperare se solo si pensi alla catastrofe che ha colpito l intera umanità durante l ultimo conflitto mondiale. L ecatombe dei valori che si è realizzata tra il bombardamento aereo di Guernica e l edificazione mostruosa di un monumento alla morte (il cui simbolo è tuttora espresso efficacemente dal portone, dalle torrette e dai binari che conducevano all inferno di Auschwitz) è ancora lì a ricordarci che all artista è dato solo di rappresentare. Altrove risiedono le forze capaci di sconfiggere nuove e ulteriori tentazioni di quel genere. Cosa può fare però l artista perché chi guardi abiuri, si carichi di senso morale, uccida dentro di sé il demone della distruzione e prorompa in un impeto di giocosità e fervore operativo? Nient altro se non ciò che ha fatto Nicolò D Alessandro con il disegnare in ottanta metri una ipotetica Valle dell Apocalisse. Tra vulcani che vomitano fiele; frotte di questuanti e beceri; animali antropomorfizzati a dire di come l uomo talvolta non si sia ancora evoluto, in quel disegno c è un via vai di tensioni etiche ed esistenziali di molte generazioni aduse a stigmatizzare il male. Io non so se egli abbia letto L Opera al nero di Marguerite Yourcenar. Tutto però mi induce a pensarlo, e soprattutto ciò mi dice il suo racconto dall omonimo titolo La valle dell Apocalisse da cui sembra abbia tratto lo spunto per l esplosione di tristezza, rabbia e rancore che è dato cogliere nell opera grafica. Ma non solo di questo è impregnato il disegno perché è dato rilevare qua e là un ironia da capestro (quando mette il capestro a personaggi illustri del nostro tempo da sbeffeggiare, da irridere) o un ironia da metempsicosi (quando immagina una forma di redenzione attraverso un semplice travestimento dei sullodati personaggi). Con la precisione dei tratti o la vaghezza dell accenno all uno o all altro di uomini che pretendono di avere fatto la Storia, il Nicolò ne delinea sufficientemente la piccineria. Ben altri furono i Grandi: dell Arte, della Poesia, della Letteratura. In politica, dopo Alessandro il macedone o Federico II forse ci sarà posto soltanto per Napoleone Bonaparte. Conosco questo perennemente giovane artista da almeno venticinque anni. Ammirato di lui e delle cose che andava creando l ho sentito spesso popolare i miei sogni. Non so se fosse sempre lui a tracciare le linee tortuose del mio pensiero ma sono certo che ogni volta mi sia apparso alla mente un suo disegno era come se dietro ci fosse un grande Disegno. Quel suo procedere per velocissime e nervose abrasioni della carta (con l inevitabile graffio che vi lasciava la punta del pennino intinto nella china) acceleravano a tal punto i miei battiti cardiaci da farmi entrare 20

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