1 C. Giust. 7 settembre 2006, C-53/04, in MGL, 2006, 11, p. 829 ss. e in ADL,

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1 Sanzioni per il contratto a termine nel lavoro pubblico e Corte di Giustizia Europea (Nota a alla sentenza del Tribunale di Genova del , Dott. Basilico, Salvatore v. Ente Ospedaliero Galliera) Sommario: 1. Il d.lgs. 368/2001 e il pubblico impiego. 2. L apparato sanzionatorio del settore privato. 3. L art. 36, co. 2, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 al vaglio della Corte di Giustizia 4. L applicazione del risarcimento per equivalente nel pubblico impiego. 1. Il d.lgs.368/2001 e il pubblico impiego La sentenza annotata presenta un particolare interesse per essere una delle prime che recepisce i contenuti della pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 7 settembre 2006 intervenuta sul problema della diversa disciplina nel nostro ordinamento tra settore pubblico e privato in tema di sanzioni per l illegittimo ricorso alla fattispecie del contratto di lavoro a tempo determinato 1. La decisione del Tribunale di Genova si sofferma, inoltre, su altri aspetti della disciplina del lavoro a termine particolarmente dibattuti, quali l applicabilità del d. lgs. 368/2001 al pubblico impiego e l operatività nel settore privato della sanzione della conversione del rapporto da tempo determinato a indeterminato nell ipotesi di illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro. Nel soffermarsi in via preliminare sul problema dell applicabilità del d.lgs. 368/2001 al pubblico impiego, appare interessante notare come il Tribunale di Genova abbia optato per la soluzione positiva, aderendo alle argomentazioni delle pronunce della Corte di Giustizia del 4 luglio e di quella già citata del 7 settembre Secondo i Giudici comunitari, la direttiva 99/70/CE e l accordo quadro che l hanno generata si applicano ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e altri enti del settore pubblico 3. Infatti, le disposizioni di questi due atti non contengono alcuna indicazione dalla quale possa dedursi che il loro campo di 1 C. Giust. 7 settembre 2006, C-53/04, in MGL, 2006, 11, p. 829 ss. e in ADL, 2006, 6, p ss., con nota di MISCIONE A., Il contratto a termine davanti alla Corte di Giustizia: la legittimità comunitaria del d. lgs. 368 del 2001, p ss. 2 C. Giust. 4 luglio 2006, C-212/04, in MGL, 2006, 10, p. 736 ss., con nota di FRANZA, Lavoro a termine: è ormai completa l interpretazione della direttiva, p. 752 ss. 3 C. Giust., C-212/04, punto 54; C. Giust., C-53/04, punto 39. 1

2 applicazione si limiterebbe ai contratti a tempo determinato conclusi dai lavoratori con i datori di lavoro del solo settore privato 4. Ne consegue, secondo la sentenza del Tribunale di Genova, che il d.lgs. 368/2001, in quanto emanato in attuazione dei suddetti atti comunitari, disciplina, in assenza di una previsione di senso contrario, anche il rapporto di lavoro a tempo determinato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Alla medesima conclusione si può addivenire anche attraverso l applicazione dell art. 36, co. 1, del d.lgs. 165/2001, ai sensi del quale i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, ( ) in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, dall art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, ( ), nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina. L ultima puntualizzazione determina, infatti, la coincidenza della disciplina sostanziale del lavoro a tempo determinato per pubblico e privato, essendo espressamente previsto che la normativa di riferimento del settore pubblico è quella di natura privatistica e le sue successive modifiche e integrazioni, quale è per l appunto il d.lgs. 368/ Parte della dottrina ha ritenuto che l art. 36 del d.lgs. 165/2001 sarebbe stato abrogato proprio dal d.lgs. 368/2001, rientrando tra quelle norme incompatibili con la nuova disciplina, la cui vigenza non è espressamente richiamata e per le quali l art. 11, co. 1, prevede il meccanismo della abrogazione implicita 6. Tale meccanismo abrogativo riguarda, tuttavia, la sola disciplina a carattere generale del contratto di lavoro a tempo determinato e non l art. 36 del d.lgs. 165/2001, che, nel prevedere regole per le forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e nell essere inserito in un corpo normativo volto a regolare anche con autonome caratteristiche il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ha un evidente carattere di specialità. 4 C. Giust., C-212/04, punto 55; C. Giust., C-53/04, punto MISCIONE A., op. cit., p ss.; SOTTILE, Il contratto di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego, in questa rivista, 2006, 3, p. 653 ss. 6 In tal senso, MARESCA, Art. 11, in SANTORO PASSARELLI G., Commentario al d.lgs. n. 368/2001, in NLCC, 2002, 1, p. 117 ss., secondo il quale, visto l intento del legislatore di produrre un effetto abrogativo ad ampio raggio, perchè una norma non venga abrogata, non è sufficiente che essa sia speciale, ma occorre che venga richiamata espressamente dalla nuova disposizione. 2

3 In base al noto principio lex posterior generalis non derogat priori specialis si può, dunque, escludere che l art. 36 del d.lgs. 165/2001 sia stato abrogato dal d.lgs. 368/ La coincidenza della disciplina sostanziale del rapporto di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico e privato è stata da ultimo messa in crisi dalla l. 9 marzo 2006 n. 80, che ha modificato l art. 36 del d.lgs. 165/2001, introducendo il comma 1 bis. Tale norma dispone che le amministrazioni possono attivare i contratti di cui al comma 1 (n.d.r.: le forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale e cioè il contratto a tempo determinato, di formazione e lavoro e di fornitura di lavoro temporaneo, ora di somministrazione) solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi. In base alle previsioni ora riportate, le pubbliche amministrazioni possono assumere con contratto di lavoro a tempo determinato non a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostituivo, come avviene nel settore privato, ma solo per esigenze temporanee ed eccezionali, previa verifica della possibilità di utilizzare forme di mobilità interne temporanee, nonché dell opportunità di sottoscrivere dei contratti di somministrazione a tempo determinato, ovvero di esternalizzare e appaltare i relativi servizi 8. Della disciplina privatistica continuano ad essere applicabili al pubblico impiego le sole disposizioni del d.lgs. 368/2001 in tema di compiti della contrattazione collettiva, di proroga del contratto e di assunzioni a termine successive. Si tratta, tuttavia, di aspetti marginali, in quanto il ruolo della contrattazione collettiva nella disciplina dell istituto è stato ridotto dal d.lgs. 368/2001, riguardando non più la fase regolatoria, ma 7 DE ANGELIS, Il contratto a termine nelle pubbliche amministrazioni: aspetti peculiari, in D&L, 2002, 1, p. 45; MEZZACAPO, Profili problematici della flessibilità nel lavoro pubblico: il contratto a tempo determinato, in LPA, 3-4, 2003, p. 517; SANTORO PASSARELLI G., Diritto dei lavori, Giappichelli, 2004, p. 247; Trib. Roma 3 febbraio 2004 n. 4188, in ADL, 2005, 3, p. 905 ss., con nota di PRETEROTI, Il contratto a termine nel lavoro pubblico: in particolare il regime sanzionatorio, p. 853 ss. 8 Per approfondimenti v.: MAINARDI, Piccolo requiem per la flessibilità del lavoro nelle pubbliche amministrazioni. A proposito della l. 9 marzo 2006, n. 80, in LPA, 2006, 1, p. 12 ss.; SOTTILE, op. cit., p. 645 ss. 3

4 esclusivamente quella di controllo delle quote di accesso 9, mentre le norme in materia di proroga e di assunzioni successive non trovano applicazione al pubblico impiego nel loro fondamentale aspetto sanzionatorio. Ne consegue che la disciplina del contratto a tempo determinato è allo stato attuale sostanzialmente contenuta nell art. 36 del d.lgs. 165/2001, con l eccezione di alcuni aspetti di minore importanza regolati dal d.lgs. 368/ L apparato sanzionatorio del settore privato Dopo avere affrontato la tematica relativa all applicabilità del d.lgs. 368/2001 al pubblico impiego, la sentenza del Tribunale di Genova si sofferma sulla dibattuta questione dell operatività del meccanismo della conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato nell ipotesi di ingiustificata apposizione del termine al contratto di lavoro del settore privato SARACINI, Contratti collettivi e lavori flessibili, in SANTUCCI, ZOPPOLI L., Contratto collettivo e disciplina dei rapporti di lavoro, Giappichelli, 2004, p Contra PASSALACQUA, Il ruolo della contrattazione collettiva nella regolamentazione del lavoro a termine, in PERONE, Il contratto di lavoro a tempo determinato nel D.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, Giappichelli, 2002, p. 127 ss. Si colloca in una posizione intermedia tra le opposte correnti dottrinali, SPAGNUOLO VIGORITA, Il d.lgs. n. 368/2001 e l evoluzione della contrattazione collettiva nell ordinamento italiano (datt.), in Incontro di Studio, Flessibilità dei rapporti di lavoro, contrattazione collettiva e contratto a termine, Roma 25 gennaio 2006, p Per un panorama sullo stato attuale del dibattito dottrinario sul tema, v. VALLEBONA, Colloqui Giuridici sul Lavoro, La giustificazione del lavoro a termine Conseguenze della nullità del termine ingiustificato, fasc. di MGL, 2006, 11, p. 44 ss., con contributi di ANGIELLO, CESTER, DONDI-GRAGNOLI, FIORILLO-PESSI, LAMBERTUCCI, LIEBMAN-DEL CONTE, MAGRINI, MARAZZA, MARESCA-CIUCCIOVINO, MENGHINI, PAPALEONI, PERONE, PERSIANI, PISANI, POZZAGLIA, PROIA, SANTORO PASSARELLI G., TIMELLINI; TIRABOSCHI, TREMOLADA, VALLEBONA. Per un esame della posizione della giurisprudenza, per lo più orientata al riconoscimento dell operatività del meccanismo della conversione del rapporto nell ipotesi di nullità dell apposizione del termine per carenza di giustificazione v.: Trib. Monza 18 gennaio 2005 e Trib. Milano 10 novembre 2004, in RCDL, 2005, p. 252; Trib. Firenze 30 dicembre 2004, in RCDL, 2005, p. 422; Trib. Milano 14 ottobre 2004, in RCDL, 2004, p. 904; App. Milano 9 dicembre 2003, in RCDL, 2004, p. 78; Trib. Firenze 3 febbraio 2004, in Guida al Lavoro, 2004, 28, p. 27; Trib. Bologna, 2 dicembre 2004, in ADL, 2005, 2, p. 655 ss.; Trib. Pavia, 12 aprile 2005, in ADL, 2006, 1, p. 260 ss.; Trib. Milano 4 maggio 2004 e Trib. Firenze 23 aprile 2004, in RIDL, 2005, 2, p. 194 ss.; NANNIPIERI, La riforma del contratto a termine: una prima analisi giurisprudenziale, in RIDL, 2006, 3, p. 327 ss. 4

5 Questione che si è posta in ragione della mancata previsione di una espressa sanzione da parte del d.lgs. 368/2001 che, invece, la contempla esplicitamente per l ipotesi di mancata specificazione delle ragioni dell apposizione del termine 11, di assunzioni a termine successive illegittime e di prosecuzione ultra tempus del contratto 12 - e della scomparsa della presunzione di indeterminatezza del rapporto di lavoro prima presente nella l. 18 aprile 1962 n Parte della dottrina ha fatto derivare dalla scomparsa di tale presunzione la conseguenza che, nel caso di insussistenza delle ragioni legittimanti l apposizione del termine, dovrebbero applicarsi, ove il datore di lavoro riuscisse a fornire la prova dell essenzialità del termine ai fini della conclusione del contratto, gli articoli 1419, comma 1, cod. civ. e 2126 cod. civ. in tema di clausole e contratti di lavoro nulli, con l unico effetto dell intangibilità degli effetti medio tempore prodotti, e non l art. 1419, comma 2, cod. civ., che prevede la sostituzione automatica delle clausole nulle con le norme imperative e, dunque, la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato 13. La tesi non pare, tuttavia, potere essere accolta. In primo luogo, perché, ai fini dell applicazione dell art. 1419, comma 1, cod. civ., sarebbe necessario provare che anche il lavoratore (oltre al datore) non avrebbe stipulato il contratto senza l apposizione del termine; onere probatorio che autorevole dottrina ha definito improponibile 14. In secondo luogo, perché, se si dovesse applicare il comma 1 dell art cod. civ., e non il comma 2, la violazione dell art. 1 del d.lgs. 368/2001 produrrebbe il perverso effetto di favorire il soggetto autore della trasgressione, il datore di lavoro, e di colpire il soggetto tutelato della norma e vittima del comportamento fraudolento, il prestatore di lavoro 15. Soluzione quest ultima in contrasto con la pronuncia della Corte Costituzionale, che, in tema di nullità della clausole di distribuzione dell orario di lavoro nel rapporto di lavoro part time, ha escluso 11 D.lgs. 368/2001, art. 1, co D.lgs. 368/2001, art. 5, commi 2, 3 e BIANCHI D URSO, VIDIRI, Il nuovo contratto a termine nella stagione della flessibilità, in MGL, 2002, 3, p. 123 ss.; SPADAFORA, Gli effetti dell accertamento in sede giudiziale della mancanza delle ragioni legittimanti l apposizione del termine ai sensi dell art. 1, D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, in PERONE, op. cit., p. 82; VALLEBONA, La nuova disciplina del lavoro a termine, in DL, 2002, 1, p. 5; VALLEBONA, PISANI, Il nuovo lavoro a termine, Cedam, 2001, p MONTUSCHI, Il contratto a termine e la liberalizzazione negata, in DRI, 2006, 1, p HERNANDEZ, Cause giustificatrici del contratto a termine ed eventuale nullità del contratto in assenza delle medesime, in DL, 1, 2002, p

6 l applicabilità del comma 1 dell art cod. civ. rispetto al contratto di lavoro, allorquando la nullità della clausola derivi dalla contrarietà di essa a norme imperative poste a tutela del lavoratore. Ciò, in ragione del fatto che, se la norma imperativa è posta a protezione di uno dei contraenti, nella presunzione che il testo contrattuale gli sia imposto dall altro contraente, la nullità integrale del contratto nuocerebbe, anziché giovare, al contraente che il legislatore intende proteggere 16. Né, d altronde, si può negare il carattere imperativo della previsione dell art. 1 del d.lgs. 368/2001. Tale norma impone, infatti, al datore di lavoro l obbligo di assumere con contratto a tempo indeterminato, ad eccezione delle ipotesi in cui ricorrono delle specifiche ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che legittimano l apposizione del termine al rapporto di lavoro. Ne consegue che, anche con il d.lgs. 368/2001, la forma comune dei rapporti di lavoro continua ad essere quella a tempo indeterminato, cui si può derogare solo in presenza delle ragioni indicate dall art. 1; in loro assenza, il datore di lavoro è obbligato a ricorrere al contratto a indeterminato 17. In ragione del carattere imperativo della previsione dell art. 1 del d.lgs 368/2001, si ritiene che, nel caso di insussistenza delle ragioni giustificanti l apposizione del termine, debba trovare applicazione il meccanismo sostitutivo previsto dall art. 1419, comma 2, cod. civ., con la conseguente conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato 18. Anche la sentenza annotata ritiene applicabile al settore privato tale meccanismo sanzionatorio, utilizzando l ulteriore e condivisibile argomentazione secondo cui, se la conversione è espressamente prevista per l ipotesi della mancata indicazione della ragione dell apposizione del termine 19, nonché nei casi di protrazione ultra 16 C. Cost. 11 maggio 1992 n. 210, in FI, 1992, 2, c. 3232, con nota di ALAIMO, La nullità della clausola sulla distribuzione dell orario nel part time: la Corte Costituzionale volta pagina?. 17 Cass. 21 maggio 2002 n. 7468, in RGLPS, 2003, 1, p. 48 ss. 18 DE ANGELIS, Il nuovo contratto a termine: considerazioni sul regime sanzionatorio, in FI, 2002, 5, p. 36 ss.; MONTUSCHI, op. cit., p. 120; PERA, Contratto a termine e licenziamento ingiustificato, in RIDL, 2002, 1, p. 17; SANTORO PASSARELLI G., Note preliminari sulla nuova disciplina del contratto a tempo determinato, in ADL, 2002, 1, p. 182; SPEZIALE, La riforma del contratto a tempo determinato, in DRI, 2003, 2, p. 244 ss.; TIRABOSCHI, La recente evoluzione della disciplina in materia di lavoro a termine: osservazioni sul caso italiano in una prospettiva europea e comparata, in BIAGI, Il nuovo lavoro a termine, Giuffrè, 2002, p D.lgs. 368/2001, art. 1, comma 2. 6

7 tempus del contratto a termine, legittimamente stipulato o prorogato, con superamento di un certo numero di giorni o riassunzione ravvicinata 20, sarebbe irragionevole ritenere che il difetto originario della condizione legittimante il termine non sia assoggettato alla stessa sanzione. In caso contrario, si arriverebbe, infatti, al paradosso che sarebbe più favorevole per il datore di lavoro la stipula di un contratto a tempo determinato senza la sussistenza delle ragioni che lo legittimano, piuttosto che la stipula di un contratto a tempo determinato in presenza di causali che lo rendono legittimo, ma che non sono state specificate. 3. L art. 36, co. 2, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 al vaglio della Corte di Giustizia Per quanto riguarda il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l art. 36, co. 2, del d.lgs. 165/2001 esclude che la violazione di disposizioni imperative riguardanti l assunzione o l impiego di lavoratori possa comportare la costituzione di rapporti a tempo indeterminato, fermo restando il diritto del lavoratore al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro resa in violazione di disposizioni imperative. Relativamente ai contratti di lavoro a termine, non trova, dunque, applicazione il meccanismo sanzionatorio della conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato previsto dagli artt. 1 e 5 del d.lgs. 368/2001, né il comma 2 dell art cod. civ. in tema di nullità parziale del contratto, operante, nel settore privato, nell ipotesi di carenza della ragione giustificatrice dell apposizione del termine. Il diverso apparato sanzionatorio, che ha la sua ratio nell evitare alle pubbliche amministrazioni conseguenze pesanti per effetto di irregolarità derivanti da eventuali favoritismi, disguidi ed errori tecnici 21, ma che ha da sempre suscitato forti perplessità 22, ha ricevuto il suggello di legittimità della Corte Costituzionale con la sentenza n. 89 del 27 marzo La Corte ha ritenuto che la differenza di trattamento tra settore pubblico e privato in tema di sanzioni per l illegittimo ricorso alla fattispecie del contratto di lavoro a tempo determinato trovi la propria 20 D.lgs. 368/2001, art. 5, commi 1, 2, 3 e DE MARGHERITI, Il lavoro a termine nel pubblico impiego, in QDLRI, 2000, 23, p ROCCELLA, I rapporti di lavoro atipici in Italia dall accordo tripartito del 23 luglio 1993 alla legge 196/1997, in RGL, 1998, 1, p

8 giustificazione nel fondamentale principio dell accesso al pubblico impiego mediante concorso, principio assente nel settore privato 23. Se da un punto di vista dell ordinamento interno la questione della diversa disciplina tra settore pubblico e privato ha raggiunto una soluzione definitiva, nuovi elementi di discussione sono sorti per effetto della direttiva comunitaria 99/70/CE e del conseguente d.lgs. 368/2001. La clausola 5 della disciplina comunitaria impone, infatti, agli Stati membri l adozione di norme idonee a prevenire gli abusi derivanti dall utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato senza alcuna distinzione tra settore pubblico e privato. Sulla base di tale clausola, il medesimo Giudice del Tribunale di Genova autore delle decisione annotata, nel doversi pronunciare a proposito di alcune controversie aventi ad oggetto dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati da un Ente Ospedaliero in violazione delle disposizioni del d.lgs. 368/2001, ha richiesto in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea di valutare se sia conforme alla disciplina comunitaria la previsione dell art. 36, co. 2, del d.lgs. 165/2001, che esclude nel solo settore pubblico la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione delle norme sulla successione di contratti a termine 24. La Corte di Giustizia - come già avvenuto in un procedimento di poco precedente a quello azionato dal Tribunale di Genova ed avente ad oggetto la questione della mancata applicazione nell ordinamento greco del meccanismo della conversione del rapporto da tempo determinato a indeterminato nel pubblico impiego 25 - è partita anche per l esame dell ordinamento italiano dal principio secondo cui l accordo quadro trasposto nella direttiva 99/70/CE non prevede 23 C. Cost. 27 marzo 2003 n. 89, in D&L, 2003, 2, con nota di CIVITELLI, Contratti a termine illegittimi nella P.A.: non è incostituzionale l assenza di sanzioni, p. 273 ss. Per un commento critico v.: CHIECO, I contratti flessibili della P.A. e l inapplicabilità della sanzione ordinaria della conversione: note critiche a margine della sentenza n. 89/2003 della Corte Costituzionale, in LPA, 3 4, 2003, p. 489 ss.; SANTUCCI, Sulla disparità di trattamento tra dipendente pubblico e privato con riguardo alla disciplina del contratto a termine, in questa rivista, 2003, 1, p. 217 ss. 24 Trib. Genova, ord. 21 gennaio 2004, in LP, 2004, 2, p. 338 ss., cui è seguita un ulteriore ordinanza di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Genova del 15 marzo 2004, avente ad oggetto la medesima questione, e poi decisa con la sentenza C. Giust. 7 settembre 2006, C-180/04, che rimanda esplicitamente alla pronuncia C. Giust., C-53/ C. Giust., C-212/04. Per approfondimenti sul ruolo della Corte di Giustizia nell interpretazione della direttiva 99/70/CE v. SCIARRA, Il lavoro a tempo determinato nella giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Un tassello nella modernizzazione del diritto del lavoro, in WP C.S.D.L.E. Massimo D Antona, 2007, n

9 l obbligo della trasformazione del rapporto da tempo determinato a indeterminato laddove siano stati riscontrati abusi 26, imponendo esclusivamente agli stati membri l adozione di strumenti idonei a prevenire in modo efficace l utilizzo fraudolento di contratti di lavoro a tempo determinato successivi 27. La Corte di Giustizia ha, poi, evidenziato come spetti alla discrezionalità delle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte a siffatti abusi, misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione della direttiva comunitaria. Le modalità di attuazione di siffatte norme non devono essere, tuttavia, meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l esercizio dei diritti conferiti dall ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) 28. Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela per i lavoratori pubblici e privati al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario 29. Sulla base di tali considerazioni, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato che la disciplina italiana in tema di contratto di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego sembra prima facie essere in linea con l ordinamento comunitario. Il d. lgs. 368/2001 prevede per settore pubblico e privato norme imperative relative alla durata ed al rinnovo dei contratti a tempo determinato e l art. 36, co. 2, del d.lgs. 165/2001 contempla per il settore pubblico un meccanismo di carattere risarcitorio, alternativo alla conversione, astrattamente idoneo ad evitare e sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato 30. Si tratta, tuttavia, di una valutazione che la stessa Corte definisce astratta, spettando al solo giudice nazionale verificare se il meccanismo risarcitorio previsto dall art. 36, co. 2, d.lgs. 165/2001 sia effettivamente idoneo a prevenire e sanzionare l utilizzo abusivo da parte della Pubblica Amministrazione di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato C. Giust., C-212/04, punto 91; C. Giust., C-53/04, punto C. Giust., C-212/04, punto 92; C. Giust., C-53/04, punto C. Giust., C-212/04, punto 95; C. Giust., C-53/04, punto C. Giust., C-53/04, punto In tal senso, Trib. Roma 3 febbraio 2004, n. 4188, in ADL, 2005, 3, p. 905 ss. 31 C. Giust., C-53/04, punto 56. 9

10 4. L applicazione del risarcimento per equivalente nel pubblico impiego Il Tribunale di Genova, nella decisione annotata, ha affrontato proprio la questione dell effettività del nostro sistema di tutele in tema di contratti a tempo determinato del pubblico impiego. Ha dovuto, infatti, pronunciarsi in merito ad una serie di contratti a termine stipulati da un Ente Ospedaliero pubblico in violazione degli artt. 1, 4 e 5 del d.lgs. 368/2001. La sentenza, tuttavia, più che interrogarsi, come richiesto dalla Corte di Giustizia, sulle conseguenze concrete derivanti dall applicazione dell art. 36, co. 2, del d.lgs. 165/2001, ha, al contrario, individuato un meccanismo risarcitorio di per sé in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi comunitari. In altre parole, ha tralasciato il giudizio di accertamento sul tipo di tutela offerto dall art. 36, co. 2, del d.lgs. 165/2001 e sulla sua idoneità a prevenire e sanzionare l utilizzo di una successione fraudolenta di contratti a tempo determinato, interpretando direttamente il diritto interno in senso conforme alla direttiva 99/70/CE e alle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di Giustizia del 7 settembre In questa ottica, la decisione è partita dall assunto secondo cui, nell ipotesi di una illegittima successione di contratti a tempo determinato, il pregiudizio arrecato al lavoratore corrisponde alla perdita del posto di lavoro e di uno stabile trattamento retributivo assicurato dal rapporto d impiego alle dipendenze di un ente pubblico. Non essendo possibile applicare nell area del pubblico impiego il meccanismo della conversione del rapporto previsto dagli artt. 1 e 5 del d.lgs. 368/2001, il giudicante ha rinvenuto nei commi quarto e quinto dell art. 18 della l. 300/1970 gli strumenti risarcitori per equivalente più appropriati al fine di compensare il pregiudizio subito dal lavoratore, in quanto unici istituti attraverso i quali il legislatore ha monetizzato il valore del posto di lavoro assistito dalla stabilità reale, quale è quello alle dipendenze della pubblica amministrazione. Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale di Genova ha riconosciuto alla lavoratrice estromessa dal posto di lavoro dopo una serie di ripetute assunzioni a termine illegittime un risarcimento del danno pari a cinque mensilità di retribuzione, quale è l indennità minima contemplata dal comma 4 dell art. 18 della l. 300/1970 in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, oltre alle quindici mensilità di retribuzione previste dal comma 5 quale indennità sostitutiva del diritto alla reintegra nel posto di lavoro. Le conclusioni a cui è giunto il Tribunale di Genova sono particolarmente interessanti, per costituire, a quel che consta, la 10

11 prima condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno in favore di un lavoratore assunto con una successione di contratti a termine illegittimi. Ed è immaginabile che altre sentenze di merito proseguiranno sulla strada aperta da tale pronuncia. La sentenza della Corte di Giustizia del 7 settembre 2006 non lascia vie di scampo alla pubblica amministrazione laddove ricorre indebitamente a più assunzioni a termine illegittime. Anche nel settore pubblico, come nel privato, debbono, infatti, esistere meccanismi in grado di prevenire e del caso sanzionare l utilizzo fraudolento di contratti di lavoro a tempo determinato successivi 32. La sentenza del Tribunale di Genova, per quanto innovativa, presenta, tuttavia, alcune criticità dal punto di vista argomentativo e delle conclusioni a cui è giunta. Per quanto riguarda il primo aspetto, la decisione ha trascurato proprio quell art. 36, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001, che, nel prevedere il diritto del lavoratore al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro resa in violazione di disposizioni imperative 33, è stato al centro dell attenzione della Corte di Giustizia al fine della valutazione di conformità del nostro ordinamento alla disciplina comunitaria. In particolare, dalla motivazione della decisione non si evince se l applicazione dell art. 18, commi 4 e 5, della l. 300/1970 al dipendente pubblico assunto con una serie di contratti a termine illegittimi derivi da un interpretazione dell art. 36, co. 2, del d.lgs. 165/2001 in senso conforme alla normativa comunitaria o se, al contrario, si fondi su altri presupposti. Sembrerebbe, tuttavia, che il mancato richiamo dell art. 36 sia stato una mera dimenticanza. L argomentazione della sentenza presuppone, infatti, quel diritto del lavoratore al risarcimento del danno che l art. 36 contempla per l appunto per l ipotesi di illegittimo ricorso alla fattispecie del contratto di lavoro a tempo determinato 34. Per quanto riguarda le conclusioni del Tribunale di Genova circa la quantificazione del risarcimento del danno spettante al dipendente pubblico assunto con una successione illegittima di contratti a termine nella misura complessiva di venti mensilità di retribuzione, le questioni che si pongono sono essenzialmente due: la prima, se questa sanzione abbia una portata effettivamente dissuasiva rispetto all indebito ricorso da parte della pubblica amministrazione alla fattispecie del contratto di lavoro a termine; la seconda, se si tratti di 32 C. Giust., C-212/04, punto 92; C. Giust., C-53/04, punto Per le possibili interpretazioni di tale norma v. Sottile, op. cit., p. 658 ss. 34 C. Giust., C-212/04, punto

12 una sanzione equivalente rispetto a quella operante nel settore privato. Si ricorda, infatti, come la Corte di Giustizia abbia affermato che spetta alla discrezionalità delle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte agli abusi derivanti dall utilizzo fraudolento di contratti di lavoro a tempo determinato successivi 35, misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione della direttiva comunitaria. Le modalità di attuazione di siffatte norme non devono essere, tuttavia, meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l esercizio dei diritti conferiti dall ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) 36. Mentre alla prima domanda è impossibile in questa sede dare una risposta compiuta, alla seconda si può facilmente rispondere in senso negativo. Se il lavoratore del settore privato illegittimamente assunto con contratti a tempo determinato ha diritto alla conversione del rapporto di lavoro, oltre alla corresponsione delle retribuzioni medio tempore maturate, è evidente come il dipendente pubblico, con il riconoscimento del solo diritto al risarcimento del danno nella misura complessiva di venti mensilità di retribuzione, goda di una tutela inferiore rispetto al primo. Una soluzione ipotizzabile al fine di eliminare tale disparità di trattamento - non in linea con le indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia europea - potrebbe essere quella di riconoscere al dipendente pubblico assunto con una serie di contratti a termine illegittimi il diritto ad ottenere le retribuzioni non percepite dalla data di scadenza dell ultimo contratto a termine sino a quella di una nuova assunzione, come avviene, ad esempio, nel settore privato nell ipotesi di licenziamento dichiarato illegittimo, a cui non segua per volontà datoriale l effettiva reintegra nel posto di lavoro. Ciò ferma restando l applicazione dell art cod. civ., che esclude la risarcibilità del danno che il lavoratore ha concorso a provocare, non attivandosi, ad esempio, per reperire altra occupazione. Tale soluzione, per quanto potenzialmente in linea con gli obiettivi comunitari, presenta, tuttavia, alcune criticità: in primo luogo, perché potrebbe incentivare il dipendente pubblico estromesso dal posto di lavoro alla ricerca fittizia di una nuova occupazione, stante il mantenimento della retribuzione percepita in costanza di rapporto di 35 C. Giust., C-212/04, punto 92; C. Giust., C-53/04, punto C. Giust., C-212/04, punto 95; C. Giust., C-53/04, punto

13 lavoro con la pubblica amministrazione; in secondo luogo, perché si tratterebbe di un risarcimento assimilabile con il trascorrere del tempo ad una rendita vitalizia. Tutto ciò senza, poi, contare l enorme impatto della soluzione sui costi della finanza pubblica. La domanda che si pone è allora quella di verificare se possa essere effettivamente rinvenuta nel nostro ordinamento una forma di tutela risarcitoria equivalente per i dipendenti pubblici e privati assunti con una serie illegittima di contratti a termine, posto che nei confronti dei primi non opera il meccanismo della conversione del rapporto da tempo determinato a indeterminato. La riposta è allo stato negativa, a meno che non si vogliano adottare delle soluzioni, come quella sopra ipotizzata, dalle conseguenze estreme e potenzialmente paradossali, ma che appaiono le uniche in linea con le previsioni della direttiva 99/70/CE. In ragione di siffatta situazione, si ritiene opportuna una riforma dell art. 36 del d.lgs. 165/2001, che individui un meccanismo risarcitorio ad hoc per il dipendente pubblico assunto con una serie di contratti a termine illegittimi ovvero, in alternativa, estenda anche al pubblico impiego l operatività della sanzione della conversione del rapporto. O, infatti, si adeguano le disposizioni interne in tema di prevenzione degli abusi derivanti dall utilizzo fraudolento dello strumento del contratto a tempo determinato nel pubblico impiego, o le possibilità di una condanna dello Stato italiano per non corretta applicazione della direttiva 99/70/CE sono alte. Le soluzioni prospettate dovrebbero, poi, riguardare anche l ipotesi di un singola assunzione a termine illegittima, pur se questa fattispecie esula dal campo di applicazione della direttiva 99/70/CE 37 e quindi dai principi enunciati dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 7 settembre Non vi è, infatti, ragione per non riconoscere la medesima tutela a chi, ad esempio, è stato assunto con un contratto di lavoro a tempo determinato illegittimo di durata quinquennale e chi è stato impiegato con due contratti a termine successivi illegittimi della durata complessiva di sei mesi. Giuseppe Sottile 37 C. Giust. 22 novembre 2005, C-144/04, in RIDL, 2006, 2, con nota di BONARDI, Le clausole di non regresso e il divieto di discriminazione per motivi di età secondo la Corte di Giustizia, p. 266 ss. e in MGL, 2006, 4, con nota di FRANZA, La disciplina europea del lavoro a termine interpretata dal giudice comunitario, p. 230 ss. 13

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