Educare Mc 5, salvata". 29 E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal MALE.

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1 1 Educare Mc 5, [ ] molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 25 Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutto ciò che aveva senza alcun vantaggio, anzi piuttosto arrivando a peggiorare, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro TOCCÒ il suo mantello. 28 Diceva infatti: "Se riuscirò anche solo a TOCCARE le sue vesti, sarò salvata". 29 E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal MALE. 30 E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi ha TOCCATO le mie vesti?". 31 I suoi discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha TOCCATO?"". 32 Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Ed egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va in pace e sii guarita dal tuo male". Introduzione La parola chiave che ci guiderà questa mattina nella lettura della Scrittura è educare, una parola che funzionerà come la domanda che rivolgeremo al brano appena letto del Vangelo di Marco. La prima questione riguarda la conformità tra la domanda e il testo: perché leggere proprio questo testo per comprendere cosa significa educare? Il brano letto ci offre almeno due percorsi educativi che si incrociano: nel primo Gesù educa la folla e i discepoli, mostrando loro uno stile di relazione; nel secondo, Gesù educa la donna protagonista del racconto, conducendola fuori (ex-duco) dal suo isolamento, verso una piena consapevolezza di sé e della sua storia, verso la possibilità di vivere nella comunione, verso l assunzione della responsabilità di un gesto che compie di nascosto. Direi che il filo rosso che lega queste esperienze educative è quello della relazione: Gesù educa i suoi e la donna alla relazione con l altro, con il diverso, passando dalla consapevolezza di sé e dell altro da sé. Entriamo dentro questi percorsi per cogliere qualche sfumatura.

2 2 Il coinvolgimento dell educatore: uno stile di educazione Il v. 24b introduce il lettore nella scena seguente, costituendo quasi un ponte tra la richiesta di Giairo, il capo della sinagoga, e il brano della donna emorroissa. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno : la precisazione non è banale. Si possono fare due osservazioni. a) Gesù sceglie liberamente di farsi stringere e dunque toccare dalla folla. Che non si tratti di una casualità ma piuttosto di una libera scelta è messo in evidenza dal confronto tra l inizio del brano in 5,21 e altre scene simili nel vangelo di Marco. Passato Gesù all altra riva una gran folla si radunò attorno a lui che se ne stava sulla spiaggia del mare (5,21). In almeno altri due casi (3,9; 4,1) Marco ci presenta una scena analoga: Gesù stretto dalla folla lungo la riva del lago; in ambedue i casi egli chiede una barca per non essere schiacciato dalla folla. Nel nostro testo, invece, egli sceglie di rimanere in mezzo alla folla. b) L atteggiamento di Gesù, il suo lasciarsi toccare dalla folla evidenzia un atteggiamento insolito nei confronti delle norme di purità che regolavano le relazioni in Israele. Nella società israelitica del tempo l idea di purità aveva un ruolo portante, una purità che determinava il mantenimento di una ben precisa distanza da persone o cose (ricordiamo ad es. la distanza che il sacerdote e il levita pongono tra loro stessi e il samaritano ferito sulla strada di Gerico cf. Lc 10,31-32; o la distanza che il fariseo pone tra sé e il pubblicano nella preghiera al tempio in Lc 18,11-12; ricordiamo in particolare le parole che Simone il fariseo: se costui fosse un profeta saprebbe che specie di donna è colei che lo tocca Lc 7,39). Il comportamento di Gesù, la sua scelta libera e consapevole ha il potere di cancellare le distanze imposte dalle norme di purità ed egli si espone, in qualche modo si consegna alla folla che lo stringe (altrove si dice che i malati lo pregavano di potergli toccare il lembo del mantello per es. Mt 14,36; Mc 6,56). c) Il dato risulta ancora più scabroso se andiamo a cercare chi è questa folla. A partire da un confronto con 2,15 e 3,32 alcuni commentatori 1 sottolineano come questa folla corrisponde ai molti esattori e miscredenti che in 2,15 stanno seduti a tavola con Gesù: si tratta di seguaci che non sono inclusi tra i discepoli, cioè tra quelli che provengono dal giudaismo. Se l osservazione è fondata di fatto Gesù si lascia stringere da una folla esclusa dall istituzione giudaica, relegata ai margini della vita sociale e religiosa, ma che tuttavia ha capito qualcosa di questo Gesù e lo segue. Infine: non è banale la scelta di farsi stringere ; il tatto, più degli altri sensi, ti coinvolge, mettendoti in discussione, implicando una reciprocità nella relazione. Posso 1 Cf. J. MATEOS F. CAMACHO, Il Vangelo di Marco. Analisi linguistica e commento esegetico. Volume 1,

3 3 vedere, senza essere visto, così come ascoltare, ma non posso toccare senza essere a mia volta toccato, senza consegnare qualcosa di me nella relazione con l altro. Allora: il contesto in cui si colloca la relazione educativa è quello di una consegna. Non è possibile né pensabile educare alla relazione se non ci si coinvolge nella relazione; l educazione passa attraverso un coinvolgimento che autoespone l educatore, un coinvolgimento attraverso il quale egli si colloca in una situazione di confronto esistenziale rispetto all altro soggetto. Colui che educa non può che essere coinvolto nell avventura educativa, giocandosi fino in fondo nel rapporto con l altro 2. La scelta di Gesù di lasciarsi stringere e toccare dalla folla risulta essere un passo decisivo in questa direzione. Una donna ai margini Il testo prosegue con la presentazione della protagonista: una donna che aveva perdite di sangue da dodici anni (v. 25). Per comprendere la condizione della donna e il suo posto nella società è illuminante uno sguardo alla legge di Israele, così come espressa in Lc 15,19-24: v. 19 chiunque la toccherà sarà immondo [ ] ; v. 20 qualunque giaciglio su cui si sdraia [ ] qualunque luogo su cui si siede sarà immondo ; v. 21 chiunque toccherà il suo giaciglio sarà immondo ; v. 22: chiunque toccherà qualunque cosa su cui si è seduta [ ] sarà immondo ; v. 23 chi tocca un oggetto che si trova sul letto della donna, sarà immondo ; vv : si chiarisce che l impurità con tutte le specificazioni suddette, riguardanti oggetti e suppellettili, durerà per tutto il tempo del flusso del sangue. La donna era dunque esposta all emarginazione e all isolamento più totale, un dramma che la esponeva all impossibilità del contatto, all impossibilità di toccare cose o persone. Non solo la donna era condannata all emarginazione dal punto di vista sociale, costretta forzatamente a rinunciare a qualunque relazione umana; infatti la marginalizzazione di questa donna ha pesanti risvolti religiosi: di fatto l impurità impediva l accesso a Dio; di conseguenza essa impediva l integrazione della donna nel popolo eletto, nella sua struttura cultuale e comunitaria. In una parola, la donna era esclusa persino dalla salvezza 3. La donna aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutto ciò che aveva senza alcun vantaggio, anzi arrivando piuttosto a peggiorare (v. 26). La particolarità e l insistenza con cui l evangelista descrive i tentativi di terapia inutili e dolorosi provati da questa donna, evidenzia il suo desiderio di guarire, il suo desiderio di relazione che, purtroppo, non ha mai trovato esito. L accumulo delle precisazioni del v. 26 mettono davanti al lettore accanto alla grandezza e all intensità del desiderio, la 2 Cf. U. SARTORIO, «Questione educativa. Gli snodi», Consacrazione e Servizio 2/2011, Cf. J. MATEOS F. CAMACHO, Il Vangelo di Marco. Analisi linguistica e commento esegetico. Volume 1, 461.

4 4 profonda delusione di questa donna, lo stato di fallimento irrimediabile, una condizione nella quale non si ha più niente, neanche per vivere ( spendendo tutto ciò che aveva ). La donna è ben consapevole che avrebbe trasmesso l impurità a chiunque ella avesse toccato. Per questo la donna è furtiva nel suo avvicinarsi a Gesù: l anonimato della folla le consente di nascondere se stessa e la sua impurità. Così ella si fa scudo proprio di questa gente: venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello (v. 27). Ma allo stesso tempo, ella trova il coraggio di avvicinarsi e toccare il maestro perché Gesù stesso per primo ha messo in atto un diverso stile di relazione, eliminando barriere e convenzioni (cf. avendo sentito parlare di Gesù ). Anche lei può toccare un maestro che si lascia toccare, può raggiungere la salvezza che appare ora davvero a portata di mano. Accanto a un maestro che si lascia coinvolgere e stringere dalla folla, il testo ci mostra un altra forza educativa, l altra istanza che spinge la donna a uscire fuori dall isolamento verso la relazione: è il suo desiderio, il suo anelito di relazione. Ciò che Gesù ha fatto è creare le condizioni per l uscita dall isolamento di questa donna. Educare dunque come creare le condizioni perché il desiderio dell altro, un desiderio di vita, di comunione e relazione, possa trovare espressione, possa trovare spazio e possibilità di compimento. Riflessione Le nostre resistenze al coinvolgimento nella relazione educativa: quando ci sono norme o consuetudini che impongono distanze cosa significa per me oggi lasciarmi stringere da una folla? Quale è lo stile nelle mie relazioni educative? Nel confronto con l altro quanto mi metto in gioco? L emarginazione sociale e religiosa della donna: quali volti concreti scorgo dietro lo sguardo di lei? In ascolto del desiderio di relazione di chi è ai margini, dal punto di vista sociale, ma anche religioso Educare come creare condizioni favorevoli ambienti e circostanze che possano favorire l uscita dell altro da sé e dalla sua solitudine Un percorso verso la consapevolezza L effetto del contatto furtivo con le vesti di Gesù è immediato: subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male (v. 29). La storia potrebbe finire qui, e forse la donna avrebbe desiderato questo. Ma non è ciò che accade: questa volta è Gesù a prendere l iniziativa e a stanare la donna in mezzo alla folla facendola uscire allo scoperto, educando lei ad una più profonda consapevolezza di sé, e i discepoli ad una diversa lettura della realtà. Vediamo come Gesù mette in atto questo percorso di educazione. Subito Gesù essendosi reso conto : che tradotto più fedelmente sarebbe: avendo riconosciuto. Si tratta infatti di un verbo che più volte nel vangelo indica

5 5 un operazione di riconoscimento (Mt 7,16.20 dai loro frutti li riconoscerete ; 14,35 gli abitanti del luogo, riconosciutolo ; 17,12 Elia non l hanno riconosciuto ; Mc 6,54 lo riconobbero), un riconoscimento che passa da un esperienza e porta ad una decisione pratica conseguente (ad es. in Paolo riconoscimento della volontà di Dio e azione successiva). Si tratta evidentemente di un verbo che implica un discernimento. Ecco il discernimento: saper riconoscere in ciò che appare casuale (e volutamente casuale!) la particolarità e unicità di un incontro, la particolarità e unicità di una richiesta implicita, non espressa a parole, ma espressa furtivamente da un gesto. Il gesto della donna conteneva una richiesta precisa di aiuto, di comunicazione, di contatto, e Gesù sa riconoscere questa richiesta. Il discernimento è ciò che in questo caso riesce a giungere laddove l orecchio non poteva giungere (la richiesta della donna era silenziosa) e dove l occhio non poteva posarsi (Gesù era girato nella direzione opposta). E Gesù si gira, cambia prospettiva: si voltò alla folla e disse: - Chi ha toccato le mie vesti? (v. 30). Gesù pone una domanda che è un invito alla libertà della donna, un invito affinché essa si assuma la responsabilità del suo gesto, un invito affinché essa passi da una guarigione rubata di soppiatto, ad un tu a tu responsabile e libero. Gesù non punta il dito su di lei, ma chiede, domanda, attendendo che la libertà di lei faccia un passo. Educare perché l altro possa assumersi la responsabilità di questo desiderio e non semplicemente rubare di nascosto.. La reazione dei discepoli è immediata: Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: - Chi mi ha toccato? (v. 31). Innanzi tutto i discepoli non lasciano alcuno spazio per la possibile risposta della donna: la loro reazione banalizza, per così dire, la domanda di Gesù. Si tratta di una domanda priva di significato, date le circostanze, visto che tutti si stanno stringendo intorno al maestro. Ancora: nella risposta dei discepoli scompare il vestito : se Gesù chiede Chi ha toccato le mie vesti?, i discepoli semplicemente dicono: chi mi ha toccato?. Forse non è banale: la percezione della realtà da parte dei discepoli è diversa, più approssimativa. Nella loro risposta immediata, che coglie un aspetto vero, ma non unico della realtà, non c è spazio per il timido e nascosto tentativo della donna che sfida le regole di purità e le consuetudini. E Gesù, dal canto suo, non risponde, ma semplicemente: guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo (v. 32). Dopo aver riconosciuto che è successo qualcosa, dopo aver posto una domanda, adesso osserva (cf. guardava per vedere), cerca con lo sguardo. Questo sguardo che cerca è assieme alla domanda ciò che educa la donna, spingendola a uscire fuori dall anonimato. Non è uno sguardo qualunque: egli guardava per vedere colei. Il Chi delle precedenti domande, assume dei contorni, diventa un lei.

6 6 Non solo: se il vedere la folla (Ble,peij) per i discepoli era l ostacolo che rendeva insensata la domanda di Gesù (Tu vedi la folla ), al contrario Gesù insiste con lo sguardo (perieble,peto), uno sguardo che però non è superficiale, ma va in cerca di qualcuno. Attraverso questo sguardo Gesù non solo fa uscire la donna dal suo anonimato, ma educa anche i discepoli ad una diversa percezione della realtà: c è sempre un volto da cercare nella folla, un volto non anonimo, il volto di un interlocutore che ha chiesto con i suoi gesti, magari nascosti, timidi e furtivi di essere preso in considerazione, di essere cercato. Attraverso questo sguardo che cerca si apre la via per il tu a tu della relazione educativa. Proviamo a riassumere i passi di questo percorso educativo Riflessione Il discernimento: per educare è necessario leggere la realtà; uno stesso evento può essere letto in un modo, talvolta corretto ma superficiale, o in un altro per educare entra in gioco il discernimento, che legge in qualcosa che pare casuale un occasione di crescita, di educazione I gesti timidi e silenziosi di chi chiede attenzione, quei gesti che rischiano di sembrare ovvi (Tutti ti toccano) riuscire a percepire la persona Una domanda e un invito: per far crescere, per educare all assunzione della responsabilità dei propri gesti, della propria storia pretese o domande? Lo sguardo che osserva: Il volto da cercare nella folla: a volte preferiamo l anonimato la relazione educativa chiede un tu a tu Osservare per educare: lo sguardo che cerca Come osservo la realtà che mi circonda? Lo sguardo è ostacolo o via per educare alla relazione? Una storia che educa E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità (v. 33). La donna sceglie di raccontare la sua storia, sceglie di mettersi in gioco: la relazione educativa non può prescindere dalla libertà dell altro. Educare significa creare le condizioni perché la libertà dell altro possa trovare spazio di attuazione, con un processo che passa attraverso la consapevolezza. Secondo Lv 15,28-30 era il sacerdote che doveva attestare la fine dell impurità della donna affetta da flusso di sangue, reinserendola così a pieno diritto nella società. Qui, invece, sono le stesse parole della donna, è la verbalizzazione della verità di sé, il racconto della sua storia e della sua ferita che consente alla donna di essere

7 7 definitivamente liberata (infatti Gesù non la manderà dal sacerdote, come accade ad es. per i lebbrosi in Lc 17,14) e di giungere al compimento. La donna è condotta alla consapevolezza di sé, è condotta a ripercorrere la storia non più nel suo isolamento, ma dopo essere entrata in relazione, dopo aver toccato il maestro. Ed ecco che questa storia di impossibilità di relazione, è trasformata dalla parola di Gesù: figlia. È un nome che indica una relazione, e ancora di più un appartenenza reciproca, una somiglianza, quasi a dire: tu non sei più sola, appartieni a qualcuno. La donna è figlia e in questo suo essere figlia trova il suo compimento: va in pace. La radice ebraica che sta dietro shalom, pace, significa anche essere intero, essere compiuto ; il dono della pace è il dono del compimento, il dono di senso e di significato. La donna adesso è guarita dal suo male. Educare, dunque, non semplicemente donando ciò che l altro si aspetta o chiede; si tratta piuttosto di condurre l altro verso la consapevolezza di sé, facendolo uscire dall isolamento, conducendolo a raccontare la propria storia e così insieme a rileggerla perché da una storia di isolamento e emarginazione, possa diventare una storia di vita e salvezza. Ti ha salvata : siamo di fronte al compimento del desiderio della donna, che si attua non solo in una guarigione, ma in un più di vita, di consapevolezza, nella responsabilità assunta dalla persona e nel suo coinvolgimento attivo e consapevole nell opera di salvezza: nell esperienza della salvezza che da questo incontro educante scaturisce. Conclusione Educare (ben diverso dal travaso di nozioni): una relazione reciproca, in nessun caso una relazione a senso unico. Una relazione che fa crescere, che conduce verso l assunzione di una responsabilità; una relazione che si sostanzia di attenzione per i piccoli particolari della realtà, per i gesti anonimi e timidi di chi cerca di uscire da un isolamento, per rischiare di tornarci subito dopo. Educare come cercare il volto dell altro in mezzo alla folla, non lasciandoci scoraggiare da chi dice che è inutile o banale. Educare per aprire alla speranza, per aprire possibilità di futuro laddove sembra impossibile. Così ricordava don Lorenzo Milani, parlando del maestro, figura simbolo di educatore: (egli) deve essere per quanto può profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso (cf. L obbedienza non è più una virtù, 21).

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