SCREENING NEONATALE O G G I

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1 SCREENING NEONATALE O G G I

2 2 Screening neonatale oggi

3 SOMMARIO Sommario SCREENING E SOCIETÀ...6 Che cos è lo screening neonatale...6 Quali sono i motivi per l avvio di un programma di screening neonatale?...6 Gli inizi dello screening neonatale...7 LO SCREENING IN PRATICA...9 Raccolta dei campioni di macchie di sangue essiccato...9 Tempi del prelievo del campione e necessità di ripetizione del test...10 DIFETTI DELL'OSSIDAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI (FAO) Deficit primitivo di carnitina (CUD)...11 Deficit di L-3-idrossiacil-CoA deidrogenasi a catena lunga (LCHAD)...13 Deficit di acil-coa deidrogenasi a catena media (MCAD)...15 Deficit di proteina trifunzionale mitocondriale (TFP)...18 Deficit di acil-coa deidrogenasi a catena molto lunga (VLCAD)...20 ALTERAZIONI DEGLI ACIDI ORGANICI...22 Aciduria 3-idrossi-3-metilglutarica (HMG)...22 Acidemia glutarica tipo I (GA I)...23 Acidemia isovalerica (IVA)...25 Deficit di 3-metil-crotonil-CoA carbossilasi (3 MCC)...27 Acidemie metilmaloniche (MUT)...29 Deficit di β-chetotiolasi (BKT)...31 Acidemia propionica (PA)...33 Deficit multiplo di carbossilasi (MCD)...35 ALTERAZIONI DEGLI AMINOACIDI...37 Aciduria argininosuccinica/citrullinemia...37 Omocistinuria (HCY)...39 Malattia delle urine a sciroppo d acero (MSUD)...41 Fenilchetonuria (PKU)...43 Tirosinemia tipo I (TYR I)...45 Screening neonatale oggi 3

4 ALTRE ALTERAZIONI...48 Deficit di biotinidasi...48 Fibrosi cistica (CF)...49 Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD)...51 Iperplasia surrenale congenita (CAH)...53 Ipotiroidismo congenito (CH)...55 Cellule falciformi e altre emoglobinopatie...57 Galattosemia...59 Immunodeficienza combinata grave (SCID)...61 TECNOLOGIE...63 Immunodosaggio...64 Fluorimetria a tempo-risolto...66 Dosaggio enzimatico...67 Spettrometria di massa tandem (MS/MS)...69 Isoelettrofocalizzazione...70 PCR end-point basata su TR-FRET...71 RIFERIMENTI UTILI...73 Organizzazioni che forniscono informazioni sullo screening...73 Abbreviazioni...77 BIBLIOGRAFIA...79 Bibliografia generale sullo screening neonatale e la sua storia...79 Acidemia glutarica tipo I...79 Acidemia isovalerica...80 Acidemia propionica...80 Acidemie metilmaloniche...80 Aciduria argininosuccinica/citrullinemia...81 Cellule falciformi e altre emoglobinopatie...81 Deficit di acil-coa deidrogenasi a catena media...82 Deficit di acil-coa deidrogenasi a catena molto lunga Screening neonatale oggi

5 Deficit di β-chetotiolasi...83 Deficit di biotinidasi...83 Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi...83 Deficit di L-3-idrossiacil-CoA deidrogenasi a catena lunga...84 Deficit di 3-metil-crotonil-CoA carbossilasi...84 Deficit di proteina trifunzionale...85 Deficit multiplo di carbossilasi...85 Deficit primitivo di carnitina...86 Fenilchetonuria...86 Fibrosi cistica...86 Galattosemia idrossi-3-metilglutaril aciduria...87 Immunodeficienza combinata grave...87 Iperplasia surrenale congenita...88 Ipotiroidismo congenito...89 Malattia delle urine a sciroppo d acero...89 Omocistinuria...89 Tirosinemia tipo I...90 Screening neonatale oggi 5

6 SCREENING E SOCIETÀ Che cos è lo screening neonatale Lo screening neonatale è una forma di assistenza sanitaria preventiva che ha lo scopo di esaminare i bambini nei loro primi giorni di vita, per scoprire la presenza di patologie i cui sintomi principali potrebbero non essere evidenti. Affinché uno screening possa funzionare in modo ottimale, sono necessarie anali si semplici e affidabili. Inoltre, deve esistere un trattamento che si riveli efficace in caso di individuazione precoce di una patologia. Le malattie per cui si effettuano screening sono diverse; possono essere di natura genetica, endocrina, metabolica o ematologica. Ciò che tutte queste malattie hanno in comune è che, in assenza di un trattamento tempestivo, causeranno danni gravi al bambino. A differenza dei processi sanitari basati sul trattamento, lo screening neonatale si basa sulla popolazione. Ciò significa che le analisi non vengono effettuate solo sui bambini malati, ma a tutti i bambini, compresa la vasta maggioranza che apparirà del tutto sana. Un analisi di screening ha lo scopo di capire se un bambino sia più a rischio di un altro di essere affetto da un alterazione. Non fornisce l informazione certa che un bambino abbia un alterazione. Qualora un analisi di screening mostri un risultato anomalo, è necessario eseguire analisi diagnostiche per confermare la presenza di una malattia. È importante riconoscere che il processo di screening neonatale comporta molto più che una semplice analisi di screening. L istituzione di un programma richiede che siano posti in essere sistemi per la raccolta efficiente dei campioni da tutti i neonati, per redigere i risultati e per l eventuale richiamo di un bambino per le analisi diagnostiche. Inoltre, ed è l aspetto più importante, è necessario attivare un sistema che assicuri che i bambini con alterazioni confermate ricevano il trattamento tempestivo di cui necessitano. Quali sono i motivi per l avvio di un programma di screening neonatale? Secondo quanto dichiara Harry Hannon, medico e già direttore della sezione per lo screening neonatale di CDC (Centers for Disease Control and Prevention, centri per il controllo e la prevenzione delle malattie), lo screening neonatale 6 Screening neonatale oggi

7 è essenziale per assicurare che non vi siano sofferenze non necessarie a carico dei genitori e dei neonati, e per prevenire quanti più esiti avversi delle alterazioni sia possibile e offrire (al bambino affetto) una vita quanto più possibile simile a quella normale che ci si aspetterebbe in assenza di malattia. Benché la riduzione della sofferenza si un obiettivo naturale per tutti i professionisti del settore sanitario, l investimento nelle cure preventive assicura vantaggi significativi se si confronta il costo complessivo di un programma screening a quello del caso in cui sia necessario fornire cure e sostegno per tutta la vita a persone con malattie che avrebbero potuto essere trattate con efficacia se fossero state identificate con sufficiente anticipo. Figura 1. Nel materiale impiegato per descrivere i vantaggi dello screening neonatale, lo UP-NIH (University of the Philippines-National Institutes of Health) in associazione con Philhealth (Philippine Health Insurance Corporation) ha presentato i casi di due bambini entrambi positivi per ipotiroidismo congenito. La bambina di 7 anni a sinistra nell immagine è stata curata con successo dopo lo screening neonatale con cui si è individuata la malattia. Il ragazzo di 14 non è stato sottoposto a screening, è la mancanza di un trattamento tempestivo ha provocato un ritardo nello sviluppo. Gli inizi dello screening neonatale La storia dello screening neonatale cominciò all inizio del ventesimo secolo, quando Sir Archibald Garrod, medico britannico pioniere della genetica medica, utilizzò il termine inborn error of metabolism (errore congenito del metabolismo) per il titolo della sua Croonian Lecture del 1908 tenuta al Royal College of Physicians di Londra. I quattro errori congeniti considerati da Garrod furono albinismo, alcaptonuria, pentosuria e cistinuria. Lavorando solo dopo pochi anni dopo la riscoperta del lavoro di Mendel, Garrod stabilì che un problema in una specifica via biochimica era connesso alla mutazione di un gene. Un vero impulso verso lo screening neonatale ebbe inizio con il lavoro del medico Robert Guthrie e, in particolare, il suo lavoro con i bambini affetti da fenilchetonuria (PKU). In seguito alla nascita nella sua famiglia di un bambino con una malattia dello sviluppo (benché non si trattasse di PKU), cominciò a interessarsi di questi soggetti, specialmente del potenziale insito in una tempestiva identificazione di PKU. Si scoprì che i bambini in cui si identificava la malattia Screening neonatale oggi 7

8 potevano essere trattati con una dieta a basso contenuto di fenilalanina e che, grazie alla scoperta e al trattamento tempestivi, i neonati godevano di uno sviluppo cognitivo normale, rispetto agli infanti non trattati che sviluppavano grave ritardo mentale. Guthrie era un ricercatore nell ambito delle patologie tumorali e conosceva bene lo sviluppo dei test di inibizione batterica (BIA). In questo test, si utilizzano un ceppo batterico e un mezzo di crescita in modo tale che la crescita batterica non possa avere luogo se non si aggiunge una terza sostanza, quella del test. Quando si aggiungono campioni non noti al mezzo di crescita e al ceppo batterico, la successiva crescita batterica è proporzionale alla quantità di sostanza nei campioni non noti. Nel 1962, Guthrie mise a punto un test di inibizione batterica che ha rappre sentato il primo, sensibile e poco costoso test di screening per PKU. Il test è noto come test di Guthrie. Quando Guthrie introdusse anche un sistema per la raccolta e il trasporto dei campioni di sangue su carta da filtro, divenne possibile lo screening genetico su vasta scala, economicamente conveniente. In seguito all implementazione da parte dello stato del Massachussets, a metà degli anni Sessanta, del primo programma di screening neonatale universale, inizialmente per l identificazione di una sola alterazione, l iperfenilalaninemia (HPA), altri stati presto seguirono l iniziativa. Questa patologia rappresenta tuttora la maggior parte dei programmi di screening a livello globale. Poco dopo l introduzione del test di Guthrie, furono sviluppati test batterici anche per consentire lo screening di altre malattie, come la malattia delle urine a sciroppo d acero (MSUD) e l omocistinuria. L introduzione della tecnologia radioimmunologica negli anni Settanta ha consentito lo sviluppo di un test adeguatamente poco costoso e semplice per la tiroxina (T4). Livelli bassi di questo ormone sono associati all ipotiroidismo congenito (CH), che ha un incidenza più elevata rispetto a PKU. Un altra importante patologia per la quale fu implementato lo screening è la galattosemia. Nel corso del decennio successivo, i test radioimmunologici o immunoradiometrici (o le controparti non radioattive di queste due tecniche) sono stati introdotti per sostanze quali l ormone di stimolazione della tiroide (TSH, con un ulteriore attrezzatura per lo screening di CH), il 17-OH-progesterone (17-OHP, per lo screening dell iperplasia congenita), e la tripsina immunoreattiva (IRT, per l individuazione precoce della fibrosi cistica). 8 Screening neonatale oggi

9 LO SCREENING IN PRATICA Raccolta dei campioni di macchie di sangue essiccato Si può affermare che il processo per lo screening neonatale abbia inizio con la raccolta dei campioni di sangue, che avviene tipicamente fra il secondo e il quinto giorno di vita (dove il giorno della nascita è numerato come 0). L uso delle macchie di sangue essiccato nello screening neonatale è il metodo generalmente preferito, poiché è facile ottenere i campioni e occorre solo una piccola quantità di sangue. A seconda dei tempi e di altri fattori locali, la raccolta dei campioni può avvenire presso il luogo del parto, presso una clinica postnatale o a domicilio. Il sangue verrà prelevato di solito da un ostetrica o da un infermiera e sarà compilata una scheda per il campione, con tutte le informazioni necessarie in accompagnamento al campione stesso. Il sangue viene prelevato dal tallone del bambino, che va delicatamente riscaldato. L area in cui eseguire la puntura, all interno della zona ombreggiata nell illustrazione, va pulita con una soluzione adeguata, ad esempio una soluzione alcolica al 70%, quindi si attende che la soluzione si asciughi all aria. Si utilizza poi una lancetta sterile per la puntura, a una profondità non superiore a 2 mm. La prima goccia di sangue che si forma può essere pulita con una garza sterile asciutta. Non si deve stringere il piede. Figura 2. Prelievo di sangue da un lato del fondo del tallone del bambino. Si deve attendere che si formi una goccia di sangue sufficientemente grande da riempire il cerchio stampato sulla carta per la raccolta; il sangue va poi applicato Screening neonatale oggi 9

10 solo sul lato posteriore della carta. Il sangue deve riempire completamente il cerchio e saturare lo spessore della carta. Va applicata una sola goccia di sangue su ogni cerchio, e ogni cerchio deve essere riempito. La ferita può essere successivamente trattata secondo la pratica locale, e si deve lasciare asciugare all aria la carta a temperatura ambiente (15 22 C). Durante l asciugatura, le carte non vanno impilate. I campioni asciutti vanno inviati direttamente al laboratorio per la misurazione. Tempi del prelievo del campione e necessità di ripetizione del test Benché vi siano ovvi vantaggi di ordine pratico nella possibilità di effettuare lo screening primario mentre il bambino si trova ancora nel reparto maternità dell ospedale, in molti casi la raccolta dei campioni può ragionevolmente avvenire dopo i 5 giorni suggeriti in precedenza. Tuttavia, è importante ricordare che, per molte delle alterazioni descritte, per i bambini trovati positivi si deve iniziare il trattamento almeno entro poche settimane dalla nascita. Poiché la ripetizione del test si rende necessaria per tutti i bambini inizialmente risultati positivi allo screening, è importante esercitare un controllo rigoroso sui tempi dello screening primario. Per questo motivo, alcuni marker tradizionalmente utilizzati per i dosaggi dopo 5 giorni sono recentemente stati oggetto di attenzione. Ad esempio, il dosaggio della tirosina, un marker per la tirosinemia di tipo I, nel momento in cui un bambino si trova nel reparto di maternità dell ospedale può condurre a un risultato erroneo dello screening. Un marker preferibile per la tirosinemia di tipo I può essere il succinilacetone, che è chiaramente individuabile molto prima, dopo la nascita. Per i bambini nati prematuramente può essere necessaria una ripetizione dell analisi per CH al momento equivalente a 36 settimane di gestazione. La ripetizione dei test per molte alterazioni può anche rendersi necessaria nei bambini che hanno ricevuto una trasfusione di sangue poco dopo la nascita. I bambini positivi allo screening vengono indirizzati a un team specialistico direttamente dal laboratorio; i medici locali vengono informati. Questi passaggi hanno lo scopo di assicurare l inizio tempestivo del trattamento per la patologia in questione. 10 Screening neonatale oggi

11 DIFETTI DELL'OSSIDAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI (FAO) Deficit primitivo di carnitina (CUD) Cenni Il deficit primitivo di carnitina (CUD) è una condizione che impedisce all organismo di utilizzare i grassi per la produzione di energia, in particolare nei periodi di assenza di alimentazione (digiuno). La carnitina, una sostanza naturale acquisita prevalentemente mediante l alimentazione, è utilizzata dalle cellule per elaborare i grassi e produrre energia. Nei soggetti con CUD, le proteine note come trasportatori della carnitina non funzionano correttamente. Queste proteine normalmente trasportano la carnitina nelle cellule e impediscono nell organismo la perdita di carnitina nelle urine. Si stima che CUD colpisca meno di 1 soggetto per nati vivi. Tuttavia, si è rilevato che in Giappone tale patologia ha un tasso di incidenza di 1: nati vivi. Aspetti clinici Tipicamente, i sintomi iniziali della patologia compaiono durante l infanzia o la prima infanzia e includono spesso alterazioni del tessuto cerebrale (encefalopatia) che causano anomalie funzionali; un ingrossamento del cuore con disturbi del flusso sanguigno (cardiomiopatia); confusione; vomito; debolezza muscolare; basso livello di zuccheri nel sangue (ipoglicemia). Esiste anche il rischio di complicanze gravi, come arresto cardiaco, problemi al fegato, coma, morte improvvisa inaspettata. Patologie gravi dovuta a CUD possono essere scatenate da periodi di digiuno o da malattie come infezioni virali, soprattutto in presenza di una riduzione dell alimentazione. Questa condizione viene talvolta confusa con la sindrome di Reye, una grave patologia che si sviluppa nei bambini nel momento in cui stanno apparentemente guarendo da infezioni virali come la varicella o l influenza. Esami diagnostici Lo screening neonatale mediante spettrometria di massa tandem su macchie di sangue essiccato identifica livelli bassi di carnitina libera (C0). Anche il valore di (C0+C2+C3+C16+C18:1+C18)/Cit si ritiene sia un rapporto indicativo. L analisi della carnitina nel plasma e nell urina rivelerà un calo dei livelli di carnitina (C0) libera e totale nel plasma e l eccesso di escrezione urinaria Screening neonatale oggi 11

12 di carnitina. Si deve controllare anche la madre del neonato, perché in seguito ai risultati, mediante screening, di anomalie a carico dei neonati sono stati identificati molti casi di CUD a carico delle madri. La diagnosi viene effettuata mediante l analisi dei trasportatori e sequenziamento del gene OCTN2. Trattamento Il trattamento dei pazienti con CUD mediante integrazione per via orale con L-carnitina porta a un lento aumento dei livelli plasmatici di carnitina. Se i livelli del bambino riflettono un deficit primario materno di carnitina, l aumento dei livelli plasmatici è rapido; questo dovrebbe indicare una diagnosi di deficit primario materno di carnitina. I pazienti con CUD devono anche evitare il digiuno e, talvolta, oltre alla somministrazione di L-carnitina si applica una dieta con basso contenuto di grassi ed elevato contenuto di carboidrati. Sono state definite le linee guida per la gestione del deficit di carnitina e di altri disturbi mitocondriali degli acidi grassi. Poiché la diagnosi e la terapia per CUD sono complesse, è consigliabile che il pediatra gestisca il paziente in stretta collaborazione con uno specialista delle malattie metaboliche pediatriche. È opportuno che i genitori portino sempre con sé una lettera con le linee guida del trattamento preparata dal medico che ha in cura il paziente. Ereditarietà Questa patologia segue un pattern ereditario autosomico recessivo. Nel caso di patologie recessive, i pazienti affetti devono avere due copie del gene patologico (o della mutazione) per mostrare i sintomi della malattia. I soggetti con una sola copia del gene patologico (detti portatori) solitamente non mostrano segni o sintomi della condizione, ma possono trasmettere il gene patologico ai figli. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene patologico di uno specifico disturbo, vi è il 25% di probabilità per ogni gravidanza che i figli siano affetti da tale disturbo. 12 Screening neonatale oggi

13 Deficit di L-3-idrossiacil-CoA deidrogenasi a catena lunga (LCHAD) Cenni Il deficit di L-3-idrossiacil-CoA deidrogenasi a catena lunga (LCHAD) è un disturbo a carico della β-ossidazione mitocondriale degli acidi grassi. LCHAD è uno dei due enzimi che intervengono nella terza reazione (su quattro) della β-ossidazione degli acidi grassi; l altro enzima è SCHAD (idrossiacil-coa deidrogenasi a catena corta), che agisce su substrati a catena più corta. L attività di LCHAD avviene a livello della proteina trifunzionale mitocondriale, che agisce nella catalisi di 3 reazioni sequenziali della β-ossidazione. Il deficit di LCHAD avviene come difetto isolato (qui descritto) oppure in associazione con il deficit degli altri 2 enzimi nel deficit della proteina trifunzionale mitocondriale. Il deficit di LCHAD compromette l ossidazione degli acidi grassi a catena lunga (16 atomi di carbonio e più), di origine alimentare o endogena. Si stima che l incidenza del deficit di LCHAD sia di almeno 1 caso per nati vivi. Aspetti clinici Il deficit di LCHAD può presentarsi clinicamente dal primo giorno di vita ai 3 anni di età. Sono stati descritti due scenari clinici. Un gruppo di pazienti con deficit di LCHAD presenta sintomi di cardiomiopatia, con esito potenzialmente fatale. Sono stati descritti diversi problemi cardiaci, fra cui cardiomegalia, ipertrofia ventricolare sinistra e ridotta capacità contrattile. L insorgenza può essere di natura acuta o cronica. Un secondo gruppo di pazienti presenta, generalmente dopo il digiuno, ipoglicemia non chetotica, vomito, ipotonia, epatomegalia. Può verificarsi rabdomiolisi. Entrambe le presentazioni sono altamente variabili, con caratteristiche che possono sovrapporsi. I sintomi possono avere inizio con una patologia apparentemente innocua (un raffreddore o un otite media), che causa un digiuno prolungato. Spesso i sintomi precedono la comparsa dell ipoglicemia. L ipoglicemia è causata dall incapacità di soddisfare le esigenze gluconeogeniche durante il digiuno, nonostante l attivazione di una via alternativa per la produzione di substrato: la proteolisi. L esame fisico del bambini con patologia acuta può rivelare epatomegalia da lieve a moderata e debolezza muscolare. Mediante l esame di laboratorio del sangue è possibile riscontrare ipoglicemia, valori elevati di CK e anomali di transaminasi. Caso unico fra i pazienti con disturbi dell ossidazione degli acidi grassi, i soggetti LCHAD possono sviluppare nel corso del tempo neuropatia periferica sensomotoria e retinopatia pigmentosa. All autopsia si rileva steatosi epatica e ciò spesso porta a un errata diagnosi di sindrome di Reye o di sindrome di morte improvvisa del neonato (SIDS). Screening neonatale oggi 13

14 Nelle donne con feto affetto da deficit di LCHAD è stata descritta una complicanza della gravidanza, la sindrome HELLP (emolisi, valori elevati degli enzimi del fegato, valori bassi delle piastrine). Esami diagnostici Lo screening neonatale mediante spettrometria di massa tandem di una macchia di sangue essiccato identifica livelli elevati di diverse acilcarnitine a catena lunga (C16-OH, C16:1-OH, C18-OH, C18:1-OH e C16-OH/C16 si ritiene sia un rapporto indicativo). Test biochimici su sangue e urina per carnitina, acilcarnitine, acilglicine e acidi organici hanno valore diagnostico per questo disturbo. Con l analisi degli acidi organici nell urina generalmente si rileva la presenza di acidi dicarbossilici e idrossidicarbossilici, ma questa condizione può essere normale quando la patologia non è in fase acuta. L analisi dell attività di LCHAD nei fibroblasti può consentire di rivelare i soggetti affetti rispetto ai portatori eterozigoti e alle linee normali di fibroblasti. L attività di LCHAD andrebbe valutata dopo la precipitazione degli anticorpi a seguito dell attività di SCHAD, per via della sovrapposizione nel riconoscimento dei substrati. I pazienti LCHAD hanno comunemente una mutazione (1528G>C) a livello di una subunità della proteina trifunzionale mitocondriale. L individuazione delle mutazioni del DNA nei soggetti affetti consente di confermare i risultati dei test biochimici e di rilevare con precisione i portatori asintomatici fra gli altri membri della famiglia. La diagnosi prenatale è possibile mediante lo studio degli enzimi da coltura degli amniociti o mediante lo studio in vitro della via di β-ossidazione. È anche possibile utilizzare l analisi del DNA per la diagnosi prenatale dei feti affetti nelle gravidanze a rischio, in cui entrambi i genitori sono portatori di una mutazione nota. Trattamento Per la gestione medica di LCHAD è fondamentale evitare il digiuno, soprattutto durante i periodi di elevato stress metabolico, come nel corso di malattie. Il digiuno notturno non dovrebbe protrarsi oltre le dodici ore e i bambini devono essere alimentati in tarda serata per ridurre tale periodo. L aggiunta di amido di mais alimentare crudo mescolato a liquidi da assumere al momento di andare a letto, in alcuni casi ha portato nei bambini a una diminuzione della frequenza dell ipoglicemia mattutina. Si dovrà evitare un regime alimentare ricco di grassi naturali. L integrazione con trigliceridi a catena media supera il blocco metabolico e fornisce calorie sicure. Non sono stati rilevati benefici mediante 14 Screening neonatale oggi

15 integrazione orale con L-carnitina per quanto concerne l eliminazione o il miglioramento dei sintomi clinici. Durante i periodi di malattia va incoraggiata un elevata assunzione di carboidrati, con l avvio di integrazione endovenosa di glucosio nel caso in cui il bambino non riesca a contenere i liquidi o non sia in grado di nutrirsi adeguatamente per via orale. Per i soggetti con deficit di LCHAD, è imperativo che il paziente letargico riceva destrosio per via parenterale per evitare l ipoglicemia durante la valutazione. Poiché la diagnosi e la terapia per il deficit di LCHAD sono complesse, è consigliabile che il pediatra gestisca il paziente in stretta collaborazione con uno specialista delle malattie metaboliche pediatriche. È opportuno che i genitori portino sempre con sé una lettera con le linee guida del trattamento preparata dal medico che ha in cura il paziente. Ereditarietà Questa patologia segue un pattern ereditario autosomico recessivo. Nel caso di patologie recessive, i pazienti affetti devono avere due copie del gene patologico (o della mutazione) per mostrare i sintomi della malattia. I soggetti con una sola copia del gene patologico (detti portatori) solitamente non mostrano segni o sintomi della condizione, ma possono trasmettere il gene patologico ai figli. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene patologico di uno specifico disturbo, vi è il 25% di probabilità per ogni gravidanza che i figli siano affetti da tale disturbo. Deficit di acil-coa deidrogenasi a catena media (MCAD) Cenni Il deficit di acil-coa deidrogenasi a catena media (MCAD) è un alterazione della β-ossidazione degli acidi grassi che si verifica almeno in 1 caso per nati vivi. Il deficit enzimatico è a livello di acil-coa deidrogenasi a catena media, una delle quattro acil-coa deidrogenasi mitocondriali coinvolte nel processo iniziale di deidrogenasi nella β-ossidazione degli acidi grassi. Il deficit di MCAD compromette la capacità di ossidazione degli acidi grassi a catena media (6 12 atomi di carbonio) di origine alimentare o endogena. Screening neonatale oggi 15

16 Aspetti clinici Il deficit di MCAD solitamente di presenta fra il secondo mese e il secondo anno di vita, benché sia stata rilevata la sua comparsa anche a partire dal secondo giorno di vita e fino all età adulta. La presentazione clinica spesso è scatenata da patologie apparentemente innocue come un otite media o una sindrome virale. L evento scatenante è solitamente un digiuno prolungato, che aumenta la lipolisi e la necessità di ossidazione degli acidi grassi. I sintomi comprendono vomito, letargia, apnea, coma, arresto cardiopolmonare o morte improvvisa inspiegabile. I sintomi iniziali spesso precedono la comparsa di ipoglicemia profonda, e sono probabilmente correlati a livelli elevati di acidi grassi liberi. L ipoglicemia è causata dall incapacità di soddisfare le esigenze gluconeogeniche durante il digiuno, nonostante l attivazione di una via alternativa per la produzione di substrato (catabolismo proteico). L esame fisico del bambino con patologia acuta è importante per rivelare epatomegalia da lieve a moderata, inoltre in alcuni pazienti si può riscontrare un evidente debolezza muscolare. In assenza di indicazioni precedenti di malattia metabolica, il 20 25% di pazienti colpiti da questa patologia muore a causa del primo episodio o della prima malattia. All autopsia si rileva edema cerebrale e steatosi a carico di fegato, cuore e reni, e ciò spesso porta a un errata diagnosi di sindrome di Reye o di sindrome di morte improvvisa del neonato (SIDS). Questo disturbo causa circa l 1% dei decessi SIDS. Esami diagnostici Lo screening neonatale mediante spettrometria di massa tandem su macchie di sangue essiccato prelevato dal tallone identifica livelli elevati di acilcarnitina C8 (ottanoil-), solitamente accompagnati dagli esteri della carnitina C10 (decanoil-), C6 (esanoil-) e C10:1 (decenoil-). Si è rilevato che anche i rapporti C8/C2 e C8/C10 sono indicativi. Nel caso di patologia sintomatica, le analisi del sangue di laboratorio possono rilevare ipoglicemia, acidosi metabolica, acidosi lattica media, iperammoniemia, BUN elevato e livelli elevati di acido urico. Solitamente sono alte anche le transaminasi sieriche. L urina spesso mostra livelli impropriamente bassi di chetoni o la loro assenza, a causa della compromissione dell ossidazione degli acidi grassi. Nei pazienti non trattati si riscontrano tipicamente livelli bassi di carnitina in siero e urine. Test biochimici su sangue e urina per carnitina, acilcarnitine, acilglicine e acidi organici hanno valore diagnostico per questo disturbo. Si nota aciduria dicarbossilica, caratterizzata da elevazioni di suberilglicina ed esasnoilglicina. Nei fibroblasti, l attività dell acetil-coa deidrogenasi a catena media è gravemente deficitaria nei soggetti affetti, mentre i portatori eterozigoti della patologia solitamente hanno livelli 16 Screening neonatale oggi

17 medi di attività, ma per il resto risultano immuni, sia per l aspetto clinico sia per quello metabolico. L individuazione delle mutazioni del gene MCAD sul cromosoma 1 nei soggetti affetti conferma i risultati biochimici e identifica con precisione i portatori asintomatici fra gli altri membri della famiglia. La comune mutazione 985A>G è responsabile di circa l 85% dei casi. È possibile effettuare l analisi sul DNA del tessuto post-mortem nel caso in cui non siano disponibili campioni di plasma e urine. La diagnosi prenatale è possibile mediante lo studio degli enzimi da coltura degli amniociti. Per la diagnosi nei feti affetti nelle gravidanze a rischio può inoltre essere utile l analisi del DNA degli amniociti o dei villi corionici. Trattamento La necessità di evitare il digiuno è fondamentale nella gestione medica di MCAD; soprattutto durante i periodi di elevato stress metabolico, come in caso di malattia. Il digiuno durante la notte va gestito con alimentazione notturna o in tarda serata, ove appropriato. L aggiunta di amido di mais alimentare mescolato a liquidi da assumere al momento di andare a letto, in alcuni pazienti ha portato a una diminuzione della frequenza dell ipoglicemia mattutina. Durante i periodi di malattia va incoraggiata un elevata assunzione di carboidrati, con l avvio di integrazione endovenosa di glucosio nel caso in cui il bambino non riesca a contenere i liquidi o non sia in grado di nutrirsi adeguatamente per via orale. L efficacia preventiva di una dieta a basso contenuto di grassi non è chiara, ma si deve evitare un eccesso di acidi grassi a catena lunga e media. L integrazione per via orale con L-carnitina è stata associata a una riduzione della frequenza e della gravità degli episodi. La continua necessità di integrazione con carnitina nel periodo post-puberale è incerta e non è stata adeguatamente studiata. Poiché la diagnosi e la terapia per il deficit di MCAD sono complesse, è consigliabile che il pediatra gestisca il paziente in stretta collaborazione con uno specialista delle malattie metaboliche pediatriche. È opportuno che i genitori portino sempre con sé una lettera con le linee guida del trattamento preparata dal medico che ha in cura il paziente. Ereditarietà Questa patologia segue molto spesso un pattern ereditario autosomico recessivo. Nel caso di patologie recessive, i pazienti affetti devono avere due copie del gene patologico (o della mutazione) per mostrare i sintomi della malattia. I soggetti con una sola copia del gene patologico (detti portatori) solitamente Screening neonatale oggi 17

18 non mostrano segni o sintomi della condizione, ma possono trasmettere il gene patologico ai figli. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene patologico di uno specifico disturbo, vi è il 25% di probabilità per ogni gravidanza che i figli siano affetti da tale disturbo. Deficit di proteina trifunzionale mitocondriale (TFP) Cenni Il deficit di proteina trifunzionale mitocondriale (TFP) è un alterazione della β-ossidazione mitocondriale degli acidi grassi. Sul complesso dell enzima TFP situato nella membrana mitocondriale interna sono situate tre attività enzimatiche che operano in modo sequenziale nell ossidazione degli acidi grassi. Si tratta degli enzimi a catena lunga enoil-coa idratasi e idrossiacil-coa deidrogenasi (LCHAD) e di β-chetoacil-coa tiolasi. Il complesso TFP consiste di due diverse subunità proteiche (α e β) codificate da due geni nucleari. Il complesso TFP è specifico per gli acidi grassi con lunghezza pari o superiore a 10 atomi di carbonio. Si stima che TFP colpisca meno di 1 soggetto per nati vivi. Aspetti clinici Nei pazienti colpiti da deficit di TFP sono state riferite diverse presentazioni cliniche. La presentazione comune compare nell infanzia e segue un periodo di digiuno associato a una malattia non grave. Il paziente sviluppa ipoglicemia, ipotonia e acidemia lattica. All esame fisico spesso si rilevano areflessia e cardiomiopatia e può verificarsi morte improvvisa. I pazienti possono avere livelli elevati di CK e anche rabdomiolisi e in qualche caso si è riscontrata iperammoniemia. Sono stati misurati bassi livelli di carnitina nel siero e nei muscoli. La biopsia ha evidenziato steatosi epatica. Molti di questi pazienti muoiono a causa di ipotonia grave con difficoltà respiratoria. Esami diagnostici Lo screening neonatale mediante spettrometria di massa tandem su macchie di sangue essiccato individua elevazione di diverse acilcarnitine a catena lunga e idrossiacil-carnitine (ad es., C16-OH, C16:1-OH, C18-OH, C18:1-OH e C16-OH/C16 si ritiene sia un rapporto indicativo). Tali risultanze sono caratteristiche ma non definitive del deficit di TFP, poiché il deficit di LCHAD isolato mostra esiti simili. L analisi quantitativa degli acidi organici nelle urine non è generalmente utile, perché l elevazione degli acidi dicarbossilici da C6 a C14 e 3-idrossidicarbossilico può anche non essere presente. Il profilo di acilcarnitina 18 Screening neonatale oggi

19 ematica può dimostrare elevazione delle suddette acilcarnitine mediante analisi di macchie di sangue essiccato. L analisi conclusiva viene effettuata mediante test enzimatico diretto su leucociti o fibroblasti, o mediante l analisi di colture di fibroblasti per l attività TFP con substrato di acidi grassi marcati. Il deficit di TFP può essere causato da mutazioni nelle subunità alfa o beta dei geni per il TFP. Non è stata riferita alcuna mutazione comune nel deficit di TFP, tuttavia la diagnosi prenatale è teoricamente possibile qualora siano note entrambe le mutazioni. Trattamento La terapia di sostegno per il paziente acuto comprende il trattamento di ipoglicemia, acidosi lattica e iperammoniemia per via endovenosa con liquidi contenenti glucosio e bicarbonato. Si deve considerare la somministrazione di L-carnitina. È importante evitare il digiuno per prevenire episodi sintomatici. Poiché la diagnosi e la terapia per il deficit di TFP sono complesse, è consigliabile che il pediatra gestisca il paziente in stretta collaborazione con uno specialista delle malattie metaboliche pediatriche. È opportuno che i genitori portino sempre con sé una lettera con le linee guida del trattamento preparata dal medico che ha in cura il paziente. Ereditarietà Questa patologia segue molto spesso un pattern ereditario autosomico recessivo. Nel caso di patologie recessive, i pazienti affetti devono avere due copie del gene patologico (o della mutazione) per mostrare i sintomi della malattia. I soggetti con una sola copia del gene patologico (detti portatori) solitamente non mostrano segni o sintomi della condizione, ma possono trasmettere il gene patologico ai figli. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene patologico di uno specifico disturbo, vi è il 25% di probabilità per ogni gravidanza che i figli siano affetti da tale disturbo. Screening neonatale oggi 19

20 Deficit di acil-coa deidrogenasi a catena molto lunga (VLCAD) Cenni Il deficit di acil-coa deidrogenasi a catena molto lunga (VLCAD) è un alterazione della β-ossidazione degli acidi grassi. Tale deficit enzimatico riguarda una delle quattro acil-coa deidrogenasi mitocondriali che svolgono il passaggio iniziale di deidrogenazione nella β-ossidazione degli acidi grassi. Il deficit di VLCAD compromette l ossidazione degli acidi grassi a catena lunga (16 atomi di carbonio e più). L accumulo dei prodotti intermedi di acidi grassi a catena lunga e acil-coa produce effetti tossici sul normale funzionamento del metabolismo. Il gene si trova sul cromosoma 17 e codifica una proteina che agisce a livello della membrana mitocondriale interna. Si stima che VLCAD colpisca almeno 1 soggetto per nati vivi. Aspetti clinici Sono state riferite due presentazioni generali relative al deficit di VLCAD, benché entrambe possano variare notevolmente. I neonati possono presentare sintomi gravi di sepsi simili a sindrome di Reye, spesso fatale. Il paziente può risultare ipoglicemico a digiuno e presentare acidosi metabolica, livelli elevati di enzimi epatici con epatomegalia (causata da steatosi), colestasi, cardiomiopatia ipertrofica, proteinuria ed ematuria. Una seconda presentazione compare successivamente e mostra letargia e coma a digiuno. Questi pazienti soffrono di ipoglicemia ipochetotica, epatomegalia, infezioni ricorrenti e affaticamento frequente con conseguenti dolori muscolari. Alcuni pazienti presentano rabdomiolisi causata dall esercizio. Esami diagnostici Lo screening neonatale mediante spettrometria di massa tandem rileva livelli aumentati di acilcarnitine C14:1, C14:2 e C14, a indicare un caso probabile di deficit di VLCAD (in questo senso si ritiene che sia indicativo anche il rapporto C14:1/C16). I test clinici possono rilevare ipoglicemia con elevazione di lattato, piruvato, ammonio e CK. Spesso si riscontrano livelli elevati di acidi dicarbossilici, saturi e insaturi, mediante lo studio degli acidi organici mentre il paziente è malato. Si possono anche utilizzare test enzimatici eseguiti su coltura di fibroblasti per individuare in modo indiretto l attività VLCAD mediante test marcato per la β-ossidazione. 20 Screening neonatale oggi

21 Trattamento I pazienti con deficit di VLCAD sono trattati con integrazione di carnitina ed evitando rigorosamente il digiuno. Il mantenimento dell omeostasi del glucosio viene ottenuto con alimentazione frequente, limitando l assunzione di grassi e aumentando quella di carboidrati, utilizzando un integrazione mediante olio con trigliceridi a catena media (MCT) e possibilmente amido di mais qualora sia necessario per prevenire l ipoglicemia. Il work-up di un paziente con sospetto deficit di VLCAD deve escludere deficit di MCAD (acil-coa deidrogenasi a catena media) o aciduria glutarica tipo II (GA-II), perché l integrazione con olio MCT è controindicata per tali patologie. Nei soggetti con VLCAD, è imperativo che il paziente letargico riceva glucosio per via parenterale per evitare l ipo glicemia. Poiché la diagnosi e la terapia per il deficit di VLCAD sono complesse, è consigliabile che il pediatra gestisca il paziente in stretta collaborazione con uno specialista delle malattie metaboliche pediatriche. È opportuno che i genitori portino sempre con sé una lettera con le linee guida del trattamento preparata dal medico che ha in cura il paziente. Ereditarietà Questa patologia segue molto spesso un pattern ereditario autosomico recessivo. Nel caso di patologie recessive, i pazienti affetti devono avere due copie del gene patologico (o della mutazione) per mostrare i sintomi della malattia. I soggetti con una sola copia del gene patologico (detti portatori) solitamente non mostrano segni o sintomi della condizione, ma possono trasmettere il gene patologico ai figli. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene patologico di uno specifico disturbo, vi è il 25% di probabilità per ogni gravidanza che i figli siano affetti da tale disturbo. Screening neonatale oggi 21

22 ALTERAZIONI DEGLI ACIDI ORGANICI Aciduria 3-idrossi-3-metilglutarica (HMG) Cenni La 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA (HMG-CoA) liasi svolge una duplice funzione per il metabolismo della leucina e per la regolazione della produzione dei corpi chetonici. Si trova prevalentemente nei mitocondri ma è presente anche nei perossisomi. Nell ultima fase del metabolismo della leucina, scinde 3-idrossi- 3-metilglutaril-CoA producendo acetil-coa e aceto acetato, uno dei corpi chetonici. L aciduria 3-idrossi-3-metilglutarica (HMG) è stata descritta per la prima volta nel 1971 e da allora sono stati diagnosticati più di 60 pazienti. Si stima che HGM colpisca meno di 1 soggetto per nati vivi. Aspetti clinici HMG compare tipicamente entro la prima settimana di vita, benché in alcuni pazienti sia stata rilevata la sua comparsa più tardi, entro il secondo anno di età. La comparsa dei sintomi è causata da digiuno, infezione, carico proteico da alimentazione o semplicemente dallo stress della nascita. I sintomi procedono da vomito, letargia, tachipnea e disidratazione al coma, talvolta con esito fatale. All esame fisico si riscontrano epatomegalia e anomalie neurologiche. Le analisi di laboratorio rilevano ipoglicemia non chetotica, acidosi metabolica, iperammoniemia e livelli elevati di transaminasi epatiche. Si riscontra presenza anomala di acidi organici e una quantità elevata di acilcarnitine plasmatiche. Esami diagnostici Lo screening neonatale per HMG può essere effettuato mediante spettrometria di massa tandem su macchie di sangue essiccato. La presenza di livelli elevati di acilcarnitina dicarbossilica a sei atomi di carbonio (C6-DC) e di idrossiacilcarnitina C5 (C5-OH) suggerisce l alterazione metabolica. Si ritiene inoltre indicativo per HGM il rapporto C5-OH/C8. La diagnosi richiede l esecuzione di ulteriori analisi. L analisi degli acidi organici urinari di un paziente con HMG rivelerà elevazione degli acidi 3-idrossi-3-metilglutarico, 3-metilglutaconico e 3-idrossi-isovalerico. La diagnosi va confermata mediante la misurazione dell attività dell enzima HMG-CoA liasi in fibroblasti o leucociti. La diagnosi prenatale è possibile mediante il dosaggio dell acido 3-idrossi-3-metilglutarico nel liquido amniotico e l analisi dell attività dell enzima HMG-CoA liasi in colture di amniociti e villi corionici. In diversi pazienti sono state identificate 22 Screening neonatale oggi

23 mutazioni del gene HMG-CoA liasi sul cromosoma 1 e la diagnosi prenatale può essere eseguita mediante analisi del DNA. Trattamento I sintomi acuti del deficit di HGM-CoA liasi vanno trattati con glucosio per via endovenosa, bicarbonato per l acidosi metabolica e limitazione proteica (leucina). Nel corso di un episodio acuto, i pazienti possono necessitare di ventilazione assistita. Per il trattamento a lungo termine, i pazienti affetti devono evitare il digiuno e devono ridurre l apporto proteico. Poiché la diagnosi e la terapia per il deficit di HMG-CoA liasi sono complesse, è consigliabile che il pediatra gestisca il paziente in stretta collaborazione con uno specialista delle malattie metaboliche pediatriche. È opportuno che i genitori portino sempre con sé una lettera con le linee guida del trattamento preparata dal medico che ha in cura il paziente. Ereditarietà Questa patologia segue molto spesso un pattern ereditario autosomico recessivo. Nel caso di patologie recessive, i pazienti affetti devono avere due copie del gene patologico (o della mutazione) per mostrare i sintomi della malattia. I soggetti con una sola copia del gene patologico (detti portatori) solitamente non mostrano segni o sintomi della condizione, ma possono trasmettere il gene patologico ai figli. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene patologico di uno specifico disturbo, vi è il 25% di probabilità per ogni gravidanza che i figli siano affetti da tale disturbo. Acidemia glutarica tipo I (GA I) Cenni L acidemia glutarica tipo I (GA I) è stata descritta per la prima volta nel La patologia è provocata da un deficit genetico dell enzima glutaril-coa deidrogenasi (GCD), che causa l accumulo di acido glutarico nei tessuti e la sua escrezione nelle urine dei pazienti affetti. GCD è coinvolto nel catabolismo degli aminoacidi lisina, idrossilisina e triptofano. La letteratura medica ha riportato oltre 200 casi di GA I. GA I è una delle acidemie organiche più comuni e ha un incidenza stimata di 1 caso per nati vivi. Per via dell iniziale lentezza nel progresso dei sintomi clinici, GA I spesso viene diagnosticata solo alla prima crisi metabolica acuta. Screening neonatale oggi 23

24 Aspetti clinici I neonati con GA I possono apparire normali alla nascita o presentare macrocefalia. Nel corso del primo anno di vita lo sviluppo è solitamente normale, ma in seguito il bambino viene colpito da crisi da encefalopatia acuta scatenata da altre malattie. I sintomi sono caratterizzati da acidosi metabolica, distonia, atetosi e convulsioni. Il paziente spesso è colpito da distonia permanente e perdita a lungo termine delle funzioni motorie. Il recupero neurologico è raro e incompleto. In alternativa, il neonato affetto può conseguire con ritardo le capacità motorie iniziali e apparire irritabile, nervoso, ipotonico e presentare una compromissione nei movimenti volontari. Ciò può evolversi come un disturbo neurologico graduale senza colpire le capacità mentali. Entrambe le presentazioni contemplano la distruzione di caudato e putamen, con conseguenti disturbi motori tipici di GA I. I pazienti affetti presentano un rischio molto alto di problemi neurologici prima del quinto anno di età. Esami diagnostici Lo screening neonatale mediante spettrometria di massa tandem su macchie di sangue essiccato prelevato dal tallone individua i pazienti con GA I mediante la presenza di acido glutarico con legame covalente con la carnitina (acilcarnitina dicarbossilica, C5-DC). Si ritengono inoltre indicativi per GA I i rapporti C5DC/C5-OH, C5D/C8 e C5DC/C16. Ciò consente di giungere a diagnosi precoci e di avviare prima il trattamento dei pazienti presintomatici. Nei pazienti con patologia acuta, l analisi degli acidi organici consente di riscontrare quantità elevate di acido glutarico nel sangue e nelle urine. L analisi delle urine per individuare anomalie nei livelli di acidi organici in un paziente sospetto può rilevare la presenza di acido glutarico, acido 3-idrossi-glutarico (patognomico per GA I) ed eventualmente acido glutaconico. Questi acidi organici possono tuttavia non essere presenti nei pazienti che non sono in fase acuta, e in tal caso sono preferibili l analisi dell acilcarnitina o il dosaggio enzimatico. L attività dell enzima GCD può essere analizzata in colture di fibroblasti, colture di amniociti e nei villi corionici (direttamente o mediante coltura). La diagnosi prenatale è stata anche conseguita mediante l individuazione di livelli elevati di acido glutarico nel liquido amniotico. L analisi della mutazione del DNA per la diagnosi prenatale richiede la conoscenza della mutazione (o delle mutazioni) nei genitori prima dell esecuzione del test. In fase di diagnosi, i livelli di carnitina libera spesso sono bassi mentre quelli della carnitina acilata sono alti. Gli aminoacidi plasmatici solitamente sono nella norma e non sono utili ai fini diagnostici. 24 Screening neonatale oggi

25 Si è scoperto che le mutazioni genetiche che causano GA I sono molte e diverse. Non si è riscontrata alcuna correlazione fra mutazione del DNA e gravità clinica dell alterazione per uno specifico paziente. Trattamento Il trattamento precoce e aggressivo prima della comparsa dei sintomi può prevenire lo sviluppo di danno neurologico. Alla comparsa di qualsiasi patologia o scompenso metabolico, si consiglia un trattamento sollecito e vigoroso con liquidi per via endovenosa, compresi glucosio e carnitina, con somministrazione monitorata di insulina. Le limitazioni proteiche, ad esempio di lisina e triptofano, non hanno portato a vantaggi clinici evidenti. Poiché la diagnosi e la terapia per GA I sono complesse, è consigliabile che il pediatra gestisca il paziente in stretta collaborazione con uno specialista delle malattie metaboliche pediatriche. È opportuno che i genitori viaggino portando con sé una lettera con le linee guida del trattamento preparata dal medico che ha in cura il paziente. Ereditarietà Questa patologia segue molto spesso un pattern ereditario autosomico recessivo. Nel caso di patologie recessive, i pazienti affetti devono avere due copie del gene patologico (o della mutazione) per mostrare i sintomi della malattia. I soggetti con una sola copia del gene patologico (detti portatori) solitamente non mostrano segni o sintomi della condizione, ma possono trasmettere il gene patologico ai figli. Quando entrambi i genitori sono portatori del gene patologico di uno specifico disturbo, vi è il 25% di probabilità per ogni gravidanza che i figli siano affetti da tale disturbo. Acidemia isovalerica (IVA) Cenni L acidemia isovalerica è causata da un alterazione nel metabolismo dell aminoacido leucina. Il primo caso di paziente con acidemia isovalerica è stato descritto nel 1966 e, alcuni anni dopo, è stato individuato il deficit dell attività di isovaleril CoA deidrogenasi. L isovaleril-coa deidrogenasi opera nella matrice mito condriale interna. Il gene si trova sul cromosoma 15. Si stima che IVA colpisca meno di 1 soggetto per nati vivi. Screening neonatale oggi 25

26 Aspetti clinici Il deficit di isovaleril-coa deidrogenasi ha due presentazioni generali. La prima ha luogo entro i primi giorni o le prime settimane di vita sotto forma di una malattia acuta, molto intensa, con vomito e chetoacidosi che conduce a letargia, coma e morte in più del 50% dei pazienti. Altri risultati di laboratorio includono livelli variabili di iperammoniemia, ipocalcemia, neutropenia, trombocitopenia e pancitopenia. La seconda presentazione avviene più tardi, nel corso del primo anno di vita o in seguito. Questi pazienti sviluppano patologie croniche, intermittenti, causate da infezioni o da un elevato apporto proteico. Le analisi di laboratorio sono analoghe a quelle descritte in precedenza, ma non sempre così gravi. Entrambi i gruppi sono suscettibili di infezione. Solitamente il paziente presenta un caratteristico odore di piede sudato durante una malattia, a causa dell accumulo di acido isovalerico volatile. Esami diagnostici Lo screening neonatale per IVA può essere effettuato mediante spettrometria di massa tandem su macchie di sangue essiccato prelevato dal tallone. La presenza di livelli elevati di acilcarnitina C5 può indicare un deficit di isovaleril-coa deidrogenasi o un deficit di 2-metilbutiril-CoA deidrogenasi. Per differenziare le due patologie sono necessarie ulteriori analisi. Si è rilevato che anche i rapporti C5/C0, C5/C2 e C5/C3 sono indicativi. L analisi degli acidi organici urinari di un paziente con IVA rivelerà elevazione di isovaleril-glicina e, in misura minore, dell acido 3-idrossi-isovalerico. L isovalerato odoroso è presente nei campioni di urina solo durante la fase acuta della patologia, quando i suoi livelli sono significativi. Per via della sua volatilità (che è causa dell odore), viene perso sia prima sia durante la preparazione del campione per il dosaggio degli acidi organici urinari. Per contro, nelle urine dei pazienti con deficit di 2-metilbutiril- CoA deidrogenasi sono presenti 2-metilbutirato e 2-metilbutirilglicina. La diagnosi prenatale è possibile mediante il dosaggio dell isovaleril-glicina nel liquido amniotico e l analisi dell attività dell enzima isovaleril-coa deidrogenasi in colture di villi corionici e amniociti. L attività può anche essere analizzata in fibroblasti e leucociti. Trattamento Il trattamento dei pazienti con acidemia isovalerica include la riduzione dell apporto proteico, in particolare dell aminoacido ramificato leucina. Nel corso di un episodio acuto, è necessario il ricorso aggressivo a glucosio ed elettroliti. L integrazione con glicina si è rivelata utile perché questo aminoacido è coniugato con l isovalerato, dando origine all isovaleril-glicina, meno dannosa. Analogamente, il trattamento con carnitina è efficace. In alcuni 26 Screening neonatale oggi

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