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1 Introduzione La Ricerca Operativa è la disciplina che studia l utilizzo del metodo scientifico nei processi decisionali. Caratteristiche tipiche dell approccio del ricercatore operativo sono l analisi e la modellizzazione di sistemi complessi allo scopo di prevederne l evoluzione e di individuare le scelte che li facciano evolvere verso gli obiettivi desiderati. La natura della disciplina è intrisicamente interdisciplinare e dunque si interfaccia con la matematica, l informatica, l economia e l ingegneria dei sistemi. Gli strumenti adoperati sono, principalmente, modelli matematici, statistici e simulativi attraverso tecniche analitiche e numeriche. Storicamente, la ricerca operativa nasce nel corso della seconda guerra mondiale negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Ingegneri e matematici iniziarono ad applicare criteri scientifici per la risoluzione di problemi militari. La richiesta era determinare le tattiche più idonee per il posizionamento dei radar e la collocazione delle mine marine per ostacolare l avanzata delle navi nemiche. Una volta terminata la guerra ci si rese conto che gli stessi metodi e criteri potevano essere applicati nei settori civili e industriali. Nelle industrie, oggi, non è più ammesso l uso non oculato delle risorse così com era tollerato in passato; oggi è categorico ottimizzare i servizi minimizzando i costi. Qui la Ricerca Operativa gioca un ruolo di primaria importanza perchè è in grado di impostare a priori quei modelli che valutano gli effetti strategici ed economici delle scelte successive. Scopo del presente lavoro è dare un contributo alla conoscenza dell utilizzo di modelli di ottimizzazione per le decisioni di pianificazione manufatturiera. La pianificazione della produzione consiste nell utilizzo delle risorse di produzione per soddisfare la domanda dei clienti ad un costo ragionevole per il numero di settimane di programmazione delle consegne che si vuol gestire. In particolare si farà riferimento a problemi di pianificazione delle risorse di produzione in cui bisogna determinare le quantità ottime da produrre e i periodi in cui effettuare la produzione dei diversi prodotti in modo da minimizzare il costo totale del piano di produzione con vincoli sulle disponibilità delle risorse. Questo tipo di problemi sono indicati dalla letteratura aziendale come problemi di Lot-Sizing. Il lavoro è strutturato nel modo seguente: nel primo capitolo vengono introdotti i concetti basilari per la pianificazione e schedulazione 1

2 della produzione in modo da segnare il confine entro il quale si intende sviluppare il discorso; si definiscono i problemi di Production Planning e Production Scheduling e si analizzano i sistemi di pianificazione e controllo della produzione. Nel secondo capitolo viene presentata la classificazione dei problemi di Production Scheduling per mezzo di tre parametri: α relativo alla configurazione dei macchinari nel ciclo di produzione; β caratterizzante i lavori e le risorse disponibili; γ concernente i criteri di ottimalità per la risoluzione dei problemi. Una volta che si sono acquisiti i concetti iniziali propri dell organizzazione produttiva, nel Capitolo 3 si forniscono i modelli per applicazioni concrete di pianificazione e schedulazione della produzione. Nel quarto capitolo si definiscono formalmente i parametri fondamentali del problema della gestione delle scorte di magazzino e vengono poi analizzati alcuni modelli matematici di tale problema nel caso continuo. Nel quinto capitolo viene definito il problema del Lot-Sizing: inizialmente si considera una prima versione elementare per un singolo oggetto, poi si sviluppa il problema generalizzandolo al caso di produzione di più oggetti (modello multi-item) in due differenti scenari: single-stage e multi-stage. 2

3 Notazione Per facilitare la lettura del testo, chiariamo alcune notazioni frequentemente usate. - Tutti i vettori sono vettori colonna; un generico vettore n dimensionale x è una n upla di componenti x i. x 1. x n - Lo spazio dei vettori n dimensionali sarà denotato con R n. - Dato un vettore x R n,conx T denotiamo il corrispondente vettore trasposto. n - Dati due vettori y, x R n, con y T x = y j x j indichiamo il prodotto scalare tra i due. - Con e =(1, 1,...,1) T specifichiamoilvettorelecuicomponentisonotutte uguali ad 1 di dimensione appropriata. - Dato p R n, p indica, salvo diversa specificazione, la norma-2 o Euclidea di tale vettore, cioè (p T p) (1/2). - Le lettere latine maiuscole vengono adottate per indicare matrici; una generica matrice A R m n,è data da: a a 1n A = a m1... a mn dove a ij rappresenta la componente nella riga i e nella colonna j della matrice A. Inoltre con A.j R m denotiamo l insieme delle sue colonne e con A i. R n denotiamo l insieme delle sue righe. - Data una matrice A R m n,cona T indichiamo la sua trasposta definita come: a a m1 A T = a 1n... a mn j=1 3

4 - Data una matrice A R n n invertibile con A 1 indichiamo la sua inversa definita come: b b 1n A 1 = b n1... b nn dove b ij = A ji deta e A ji è il complemento algebrico di a ji definito come il prodotto di ( 1) i+j perilminorediordinen 1diA che si ottiene sopprimendo la riga j esima e la colonna i esima. - Con il simbolo I indichiamo la matrice identità di dimensione appropriata. - Data una funzione f : R n R, il subdifferenziale di f sarà indicato con f. Altre notazioni presenti nel testo saranno spiegate al momento opportuno. 4

5 Capitolo 1 Struttura di un impresa: Principi e Concetti 1.1 Introduzione Molto si scrive e si è scritto in tema di organizzazione aziendale e secondo angolazioni diverse, ma il principio di base è che l impresa deve funzionare secondo rigorosi criteri di razionalità economica [1]: ridurre i costi e aumentare la produzione. La massima efficienza tecnica è lo strumento per realizzare la massima efficienza economica, implicita nel concetto di profitto che è il fine riconosciuto, socialmente e culturalmente, dell impresa. Lo scopo primario delle organizzazioni aziendali è quindi l ottenimento di specifici obiettivi produttivi attraverso l uso efficiente di risorse. Essendo le risorse limitate, l organizzazione non può approfittare di tutte le opportunità che teoricamente le si presentano. Se si dedicano risorse ad un certo scopo, l ottenimento di altri scopi diventa impossibile o limitato. Questo è il motivo per cui sono state introdotte novità sistematiche nello studio delle organizzazioni, quali un metodo di analisi e progettazione della realtà organizzativa articolato su fasi successive: una di queste fasi è rappresentata dalla definizione di meccanismi che servono al sistema stesso per regolarsi, attraverso un confronto continuo tra gli scopi predefiniti e i risultati delle attività e delle operazioni. Il principale meccanismo di regolazione èilsistema di pianificazione e controllo della produzione. Le attività di pianificazione e controllo consistono nel prendere decisioni che di volta in volta riguardano quali obiettivi raggiungere e il relativo livello di efficienza richiesto. Da qui deriva che non vi può essere attività di controllo, intesa come guida, senza una precedente attività di pianificazione e senza la possibilità di interventi correttivi sulle operazioni che presuppongono note relazioni di causalità tra azione e risultato; solo così sono possibili valutazioni di efficacia (cioè se gli obiettivi sono stati raggiunti) e di efficienza (cioè seun risultato è stato ottenuto al minimo costo, o se con date risorse è stato ottenuto il massimo risultato possibile). 5

6 Un sistema di pianificazione è rappresentato da un complesso di strumenti e procedure che forniscono alla direzione aziendale un aiuto nel prendere decisioni e migliorare e controllare decisioni giù prese. Pianificazione e controllo sono, concettualmente, attività differenti: con il termine pianificare si intende l attività del prendere decisioni su cosa fare; il termine controllare significa verificare cosa si è fatto; talora peròè molto difficile distinguere le due attività con precisione. Definiamo quindi l attività di pianificazione della produzione [10] come il processo di decisione sugli obiettivi della compagnia, sulle risorse da usare per il loro raggiungimento e sulle politiche che debbono informare sull acquisizione, l uso e l assegnazione di tali risorse. Gli obiettivi rappresentano ciò che l organizzazione vuole fare in termini di mercati da servire, domande da soddisfare, ricerca e sviluppo di nuove gamme di prodotti, tecnologie e struttura organizzativa. Questo sistema di pianificazione strategica è indicato a livello internazionale come Production Planning e consiste nell attuare decisioni strategiche che hanno effetti di lungo termine riguardanti cosa produrre, quanto produrre e quando produrre. L orizzonte temporale per tali attività di pianificazione della produzione varia a secondadeltipodiimpresamaingeneralevada1a5anni. Ilpassaggio da strategie generali che hanno un vasto campo di azione a operazioni decisionali che agiscono a livello locale è molto difficile e strutturato. É questa la fase di programmazione della produzione a breve termine; è un attività di programmazione più immediata e dettagliata rispetto al Production Planning e fa parte della progettazione tattica a breve scadenza dei processi industriali. L attenzione è focalizzata su come il prodotto viene realizzato. Questo tipo di pianificazione è generalmente definito Production Scheduling. É l attività che rende esecutive le decisioni prese nella fase di Production Planning, assegnando compiti e risorse disponibili alle varie divisioni della compagnia. É una programmazione che opera su dati e quantità effettive nell ultima fase della pianificazione della produzione. Il suo orizzonte temporale è breve: si tratta di giorni o settimane, al più un mese. Infine, definiamo l attività di controllo della produzione quel meccanismo operativo collegato con l amministrazione corrente dell impresa e che assicura che i compiti specifici, già predeterminati e assegnati siano portati a termine in modo efficace ed efficiente, massimizzando la produzione e minimizzando i costi. L intera situazione delle attività di pianificazione e controllo della produzione finora descritta può essere sintetizzata nel seguente schema [10]: Pianificazione Strategica Pianificazione Tattica (Production Planning) (Production Scheduling) Controllo della Produzione Figura 1.1: Attività di pianificazione 6

7 Oggetto di questo capitolo è l analisi dei sistemi di pianificazione e controllo della produzione e dei rapporti che intercorrono fra la struttura organizzativa e l ambiente esterno all impresa. Con l obiettivo di fornire degli strumenti operativi per l analisi organizzativa di una compagnia, riporteremo una sintesi degli apporti più significativi che sono stati formulati nella letteratura aziendale sul tema dell organizzazione della produzione. Inizialmente vengono descritti i concetti che stanno alla base delle attività produttive, quali aggiungere valore al prodotto per migliorarne le prestazioni, descrivere un ciclo di produzione per regolare il flusso dei materiali, individuare la macchina bottleneck per evitare di rallentare il ritmo di produzione e infine definire la distinta base per conoscere i materiali e i processi lavorativi necessari per elaborare il prodotto finito. Poi vengono analizzati in modo dettagliato dei sistemi di pianificazione e controllo della produzione; primo fra tutti l MPS, e a seguire l MRP, l OPT e il JIT. Sono processi decisionali indispensabili per una corretta previsione e ottima schedulazione della produzione. Infine vengono trattati ulteriori aspetti dell organizzazione aziendale, quali il controllo e la manutenzione dei macchinari, la fornitura di materie prime e la distribuzione dei prodotti finiti. 1.2 Valore aggiunto Si consideri il semplice e schematico modello input/output presentato in Figura 1.2 [1] che descrive sinteticamente e in modo elementare l intera attività di un impresa. PROCESSO DI TRASFORMAZIONE: Sistemi: Input: risorse operativo; logistico; decisionale; informativo. Output: prodotti finiti Figura 1.2: Modello input/output di un impresa Le risorse sono rappresentate da materiali, manodopera, energie e capitale; i prodotti finiti possono essere beni o servizi. 7

8 Le materie prime, la manodopera, le energie e il capitale investito sono input da cui per mezzo di numerosi e sofisticati processi di trasformazione che possono essere di tipo manuale ovvero operativo oppure di tipo teorico ovvero logistico, decisionale e informativo si ottengono i prodotti finiti. É un meccanismo complesso e ben organizzato che esegue un processo di conversione dei materiali da grezzi a finiti. Il concetto fondamentale che sta alla base di ogni organizzazione aziendale è la competitività sul mercato [7]; la concorrenza fra le varie industrie determina il successo o il fallimento delle stesse. Una volta entrati nel mercato industriale bisogna tener conto: 1. del potere contrattuale dei clienti (che influenza il prezzo del prodotto finito); 2. del potere contrattuale dei fornitori (che influenza il prezzo delle materie prime); 3. della minaccia di nuove aziende (che possono concorrere con nuove tecnologie); 4. della minaccia di prodotti e servizi sostitutivi. Durante il processo di elaborazione di un prodotto è quindi necessario aggiungergli sempre più valore in tutti i vari livelli di produzione. Le attività che aggiungono valore ( value chain ) vengono classificate in primarie (cioè quelle che aggiungono parti fisiche al prodotto) e secondarie (ovvero quelle che sviluppano nuove tecnologie per migliorare la produzione). Il value chain non èuninsieme di attività indipendenti l una dall altra; anzi ognuna di esse influenza l efficienza e il costo delle altre. Una volta stabilito che il successo, nella concorrenza di mercato, significa soddisfacimento delle richieste del cliente, si deve primeggiare nell aggiungere valore al prodotto o al servizio. Che cos è che soddisfa il cliente? Non solo la quantità di prodotto richiesto ma soprattutto la qualità e l affidabilità. Qualità intesa come l insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto, o di un servizio, che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare le esigenze, espresse o implicite, del cliente; affidabilità intesa come mantenimento della qualità nel tempo. In conclusione aggiungere valore al prodotto in modo efficiente è essenziale per essere competitivi sul mercato. Per raggiungere tale obiettivo bisogna assicurarsi un flusso coordinato di materiali, dal loro acquisto, attraverso la loro produzione fino alla consegna al cliente. Un tale flusso regolare riduce il livello di magazzino (che è una forma di perdita di guadagno) e la perdita delle vendite dovuta alle consegne in ritardo. In altre parole, si deve tentare di ridurre al minimo le attività che non aggiungono valore al prodotto; quindi tenere sottocontrollo tali operazioni improduttive a tutti i livelli organizzativi è molto importante e sicuramente migliora la performance del sistema produttivo. Tale funzione è svolta dal sistema informativo Total Quality Control (abbreviato con TQC )ototal Quality Management (TQM ): è uno 8

9 strumento che controlla sia la qualità del prodotto sia la qualità della lavorazione del prodotto attraverso l intera organizzazione. Con il controllo del prodotto, al cliente viene garantito che quel pezzo è di qualità; con il controllo del processo, al cliente viene garantita non solo la qualità del pezzo, ma viene garantito che l intero processo produttivo opera sotto i dettami della qualità. Passando dalla qualità di prodotto a quella di processo, si fornisce al cliente una garanzia più globale sulla propria capacità produttiva. Ogni impresa ha i suoi clienti che ricevono prodotti di valore ; ogni persona della scala gerarchica, dal manager all operaio, ha il proprio diretto cliente interno che deve essere doverosamente soddisfatto; ovviamente questo non è possibile se vengono continuamente commessi degli errori. Allora per essere efficenti nel controllo dell improduttività si fa uso del TQC visto che la qualità e l affidabilità di un prodotto sono direttamente connesse al valore del prodotto stesso. 1.3 Ciclo di Produzione Come si è già detto, l attività fondamentale di un impresa consiste nella conversione di un bene in un altro durante la quale si aggiunge valore. Graficamente si ha la seguente situazione: Input Processi di Trasformazione Magazzino Output Figura 1.3: Ciclo di Produzione. Ovviamente quanto descritto può essere un ciclo di produzione che si trova all interno di un ciclo più grande; per esempio l input può essere un semilavorato proveniente da un ciclo di produzione precedente e l output può essere un prodotto che necessita di una ulteriore elaborazione. Uno dei principi fondamentali in un organizzazione aziendale è minimizzare il livello di magazzino e massimizzare il ritmo del flusso dei materiali, il tutto per evitare l accumularsi dei semilavorati alle varie stazioni di lavoro in una catena di produzione [10]. Sebbene avere un alto livello di magazzino non sia vantaggioso, esso ha comunque dei ruoli importanti: agisce come deposito tra la fornitura di materiali e la domanda di mercato, può essere la leva di scatto per la lavorazione di un particolare prodotto di cui il magazzino sia carente. 9

10 Bisogna però tener conto del fatto che la presenza di un alto livello di magazzino può diventare molto costosa. Se le domande di alcuni prodotti non sono regolari ma tendono a fluttuare in un tempo limitato allora èpiù conveniente produrre in quantità superiore alla richiesta così che gli stessi macchinari possano essere sfruttati per elaborare altri prodotti. Un corretto dimensionamento del magazzino permette da un lato alla produzione di procedere indipendentemente dalle fluttuazioni della domanda e dall altra alla domanda di essere istantaneamente soddisfatta, indipendentemente dalle irregolarità della produzione. Una seconda caratteristica del ruolo di cuscinetto del magazzino è legata al fatto che la velocità di produzione è spesso più alta rispetto al numero di richieste di mercato. Sotto l ipotesi di una domanda di mercato costante e tempo di rifornimento dei materiali nullo, il grafico del livello di magazzino in funzione del tempo èungrafico a sega: dopo che è stato eseguito un ciclo di produzione, il livello di magazzino è massimo, poi, man mano che viene soddisfatta la domanda di mercato, il livello scende fin quando non arriva a zero, punto in cui ricomincia la produzione di una nuova partita di oggetti. Mentre il livello di magazzino scende, si determina una quantità definita quota di riordino che indica il livello raggiunto il quale si lancia un nuovo ordine di produzione. 1.4 Fenomeno Bottleneck ( Collo di bottiglia per la produzione ) Si immagini di avere un flusso di produzione come nella Figura 1.4 con una catena di produzione formata da quattro macchine ognuna con una propria capacità di produzione. M1: 10/h M2: 10/h M3: 5/h M4: 10/h Figura 1.4: Capacità di produzione in un processo lavorativo. Le macchine M1, M2 em4 riescono a produrre 10 pezzi in un ora, eccetto la macchina 3 che è in grado di produrne 5. Questo significa che se la linea di produzione sta lavorando per produrre il massimo output, allora le macchine successive alla M3 stanno lavorando solo per metà della loro capacità rallentando così il ritmo di produzione. La macchina M3 èdefinitabottleneck. Definizione Viene indicata con macchina Bottleneck quella macchina che ha la più bassa capacità o velocità di elaborazione. 10

11 La possibilità che si verifichi l effetto bottleneck dipende soprattutto dal caricamento dell intera linea di produzione cioè dipende dal totale output richiesto. Ritornando all esempio della Figura 1.4, se l output richiesto era di 4 pezzi all ora l effetto bottleneck non si sarebbe verificato; quindi la macchina M 3 è soltanto una potenziale macchina bottleneck. I macchinari non bottleneck possono essere divisi in Pre-bottleneck (ovvero le macchine che precedono quella bottleneck) e in Post-bottleneck. La conoscenza delle macchine bottleneck è importante nel contesto del ciclo di produzione perchèinquestomodoè possibile minimizzare il tempo di non produttività del piano di produzione e massimizzare la performance. 1.5 Distinta Base In un impresa multi-prodotto, le informazioni essenziali per la realizzazione del prodotto finito sono racchiuse nella distinta base del prodotto stesso. Definizione [12] Una Distinta Base è l elenco dei materiali, dei componenti e dei processi lavorativi necessari per la produzione di un determinato prodotto finito. La struttura di una generica distinta base è quella mostrata nella Figura 1.5. Prodotti Finiti Semilavorati Materie Prime Figura 1.5: Distinta Base. Al livello 0 troviamo i prodotti finiti, ai vari livelli intermedi si trovano le singole parti componenti l oggetto da produrre. Al livello più alto si trovano le materie prime. Si può osservare che la distinta base ha una classica forma piramidale. Le topologie delle distinte basi di una compagnia assumono tre forme diverse simili alle lettere V, A, T [7]. 11

12 Pianta di tipo V: è caratterizzata da una quantità molto ristretta di materie prime che possono essere trasformate in numerosi prodotti finiti per mezzo di un numero crescente di operazioni di lavorazione. (Figura 1.6) Pianta di tipo A: in questo caso un numero relativamente piccolo di prodotti finiti sono ottenuti a partire da una grande quantità di componenti e materie prime.(figura 1.7) Pianta di tipo T: è caratterizzata da un grande numero di prodotti finiti a partire da un piccolo numero di materie prime che possono essere assemblate insieme in molte combinazioni diverse.(figura 1.8) Prodotti Finiti Materie Prime Figura 1.6: Pianta V. Prodotti Finiti Materie Prime Figura 1.7: Pianta A. 1.6 Sistemi di Pianificazione e Controllo della Produzione La coordinazione del flusso di materiali attraverso l intera organizzazione aziendale richiede un adeguata pianificazione a tutti i livelli di produzione per soddisfare completamente la domanda di mercato e un adeguato e dettagliato controllo sulle 12

13 Prodotti Finiti Materie Prime Figura 1.8: Pianta T. quantità e sulla distribuzione dei prodotti finiti [5]. Come si è già detto in precedenza, la pianificazione della produzione riguarda le decisioni da prendere circa il tipo di prodotto da produrre, quanto produrne e in quale periodo per soddisfare le richieste di mercato. Lo schema di un sistema di pianificazione gerarchica per una tipica industria manifatturiera è quello mostrato nella Figura 1.9. Pianificazione a lungo termine (1-10 anni) Pianificazione Strategica (1-5 anni) Pianificazione Tattica (giorni, settimane, 1 mese) Figura 1.9: Tipi di Pianificazione. L orizzonte temporale è determinato dal tempo complessivo richiesto per implementare i tipi di decisioni che devono essere prese ad ogni livello di pianificazione. Definizione Il lead-time per i materiali acquistati è il tempo che intercorre dal momento in cui viene emesso l ordine di acquisto al momento in cui si riceve il materiale in azienda. Per gli articoli prodotti internamente alla compagnia il lead-time è il tempo che passa dal momento in cui si emette l ordine di produzione o assemblaggio al momento in cui il prodotto è pronto e fisicamente disponibile in magazzino. Per l importanza che essi hanno, è necessario studiare in dettaglio i sistemi di pianificazione della produzione cui si è accennato nella Sezione 1.1. Il primo ad 13

14 essere preso in considerazione è il sistema MPS: è un rendiconto di che cosa una compagnia intende produrre come output espresso in termini di articoli che si trovano ad un certo livello della distinta base dei materiali. Tale schedulazione deve poi essere traslata in un piano di azione dettagliato, preciso e ben definito. Per raggiungere un così arduo obiettivo esistono sistemi alternativi che verranno distintamente spiegati nelle successive sezioni: 1. Material Requirements Planning (MRP). 2. Optimized Production Technology (OPT). 3. Just In Time (JIT) Master Production Schedule (MPS) Un sistema di pianificazione strategica comunemente usato nelle grandi aziende èilmaster Production Schedule (MPS) [7], che è una previsione su quanti prodotti finiti debbono essere elaborati in ogni periodo di produzione. L MPS è responsabile della guida dell intero sistema produttivo dell azienda, gestendo come la domanda di mercato per un singolo oggetto finito sarà soddisfatta dalla produzione e controllando tutti i vincoli sulla capacità di produzione dei macchinari. Il Master Production Schedule, sebbene basato soltanto sulla previsione di produzione, generalmente rappresenta un forte impegno nel produrre uno specifico numero di oggetti appartenenti ad una specifica categoria in ogni periodo di pianificazione. La schedulazione prevista potrà essere modificata solo dal controllore della produzione. Grazie alle attività dell MPS, una compagnia riesce a definire la necessità di materie prime con molto anticipo sui tempi di inizio della produzione. Ma per quale orizzonte temporale deve essere sviluppato il Master Production Schedule? La risposta si trova nell analisi della distinta base del prodotto ed è legata al lead-time cumulativo più lungo associato a tutti i semilavorati e ai prodotti finiti. Si osservi la struttura di una distinta base di un generico prodotto (Figura 1.10). Combinando insieme per mezzo di processi lavorativi tre tipi di materie prime, si producono dei semilavorati che concorrono alla formazione del prodotto finale. I numeri presenti nello schema indicano il lead-time espresso in settimane, associato ad ogni componente, ovvero il numero di settimane entro il quale i vari oggetti, ad ogni livello della distinta base, sono finiti e pronti per essere utilizzati. Nel caso in esame il lead-time cumulativo è di 10 settimane (5+4+1). In pratica però l MPS si estende su un orizzonte temporale che è più lungo del lead-time cumulativo per rendere possibile anche l acquisto di materiali e per anticipare i problemi che potrebbero rallentare il ritmo della produzione (per esempio la rottura di un macchinario). La difficoltà di una accurata previsione a lungo termine per singoli oggetti finiti, accompagnata dal fatto che il minimo orizzonte temporale di 14

15 settimane 5 Figura 1.10: Lead-Time cumulativo. pianificazione è determinato dal più lungo lead-time cumulativo, implica un forte impegno di riduzione del lead-time. In generale un lead-time più breve ridurrà la lunghezza del periodo su cui la schedulazione dovrà essere sviluppata, il che significa previsioni molto più accurate. Molti sistemi di pianificazione e controllo della produzione, compreso il Master Production Schedule usano la distinta base dei prodotti finiti come supporto per pianificare le quantità e la distribuzione ai vari settori dei materiali che sono richiesti per la fabbricazione di un prodotto. Questo perchè un sistema di pianificazione della produzione non si sviluppa solo per i prodotti finiti da immettere nel mercato, ma è associato a tutti i semilavorati di tutti i livelli di una generica distinta base. La pianificazione diventa veramente difficile quando sono molto numerosi i componenti che concorrono alla produzione di un articolo. Nella realtà industriale esistono diversi Master Production Schedule a seconda delle diverse categorie industriali: 1. in una make-to-stock company (in cui i prodotti sono elaborati in base ad una domanda prevista invece che seguire gli ordini dei clienti) caratterizzata da una pianta di tipo A, l MPS è sviluppato solamente in termini di prodotto finito che viene poi spedito al cliente, come mostra la Figura L orizzonte temporale dell MPS è determinato dal tipico lead-time cumulativo associato al prodotto finale e calcolato a partire dall emanazione dell ordine di fornitura delle materie prime fino al trasporto finale del 15

16 prodotto; MPS Figura 1.11: MPSperunapiantaditipoA. 2. in una assemble-to-order company (in cui i prodotti finiti sono assemblati grazie a varie combinazioni di modelli base di partenza che sono elaborati in un breve lead-time) caratterizzata da una pianta di tipo T, ci potrebbero essere due tipi di MPS (vedi Figura 1.12). Una schedulazione a lungo termine detta MPS1 è sviluppata in termini di semilavorati che dovranno poi essere rielaborati per formare il prodotto finito e che quindi si trovano ad un livello più alto nella struttura della distinta base dei materiali. Un altra schedulazione, a breve termine, chiamata MPS2 è elaborata per l assemblaggio di tali semilavorati in prodotti finiti. É importante notare che l MPS2 si basa sugli ordini sicuri emanati dal cliente, mentre l MPS1 è sviluppato sulla base di una previsione del numero di parti componenti il prodotto finito; MPS2 MPS1 Figura 1.12: MPSperunapiantaditipoT. 3. in una make-to-order company (in cui le attenzioni della compagnia sono normalmente focalizzate su un particolare processo di lavorazione invece che su un particolare tipo di prodotto) caratterizzata da una pianta di tipo 16

17 V, si potrebbero di nuovo avere due tipi di MPS: una schedulazione a lungo termine definita MPS1 sviluppata in termini di materie prime che potrebbero costituire il pricipale input di quel processo su cui la compagnia pone particolare attenzione, e una schedulazione a breve termine detta MPS2 basata solamente sui sicuri e ben definiti ordini dei clienti e su un orizzonte temporale dettato dal lead-time. (vedi Figura 1.13) MPS2 MPS1 Figura 1.13: MPSperunapiantaditipoV Material Requirements Planning (MRP) Uno dei metodi che è comunemente usato per traslare il Master Production Schedule in dettagliate e precise richieste e disponibilità di materiali è il Material Requirements Planning, comunemente chiamato MRP nel mondo della produzione [7]. Esso è rappresentato da un complesso di strumenti e procedure che forniscono alla direzione aziendale una stima esatta della quantità dell intera produzione e degli ordini d acquisto dei materiali necessari per attuare il Master Production Schedule. L idea che è alla base del sistema MRP è quella di iniziare la sua attività partendo dai risultati ottenuti dall MPS sviluppato in termini di prodotti finiti e di calcolare, utilizzando la distinta base e le informazioni circa lo stato del magazzino, le richieste accurate di materiali e risorse necessari per la fabbricazione di tutti i singoli componenti del prodotto finito. Affinchè il sistema informativo MRP abbia successo, è necessario che i dati sulle giacenze di magazzino siano ben accurati, che la distinta base sia correttamente strutturata e che il piano principale di produzione sia affidabile. L insieme di tutte queste attività è conosciuto come MRP explosion (vedi Figura 1.14). I fondamentali input per poter attuare il sistema MRP sono dati dai risultati ottenuti dell attuazione dell MPS, da una precisa conoscenza del livello di magazzino e del lead-time associato alle materie prime ed infine dalle informazioni relative alla distinta base dei materiali. Tutti i rifornimenti a partire dalle materie prime, sono calcolati sulla base di ordini certi e di domande certe del prodotto finito. Componenti basilari di un sistema MRP sono quindi: 17

18 MPS Distinta Base MRP explosion Stato del magazzino Lead-Time associato alle Materie Prime Figura 1.14: Processo di MRP explosion. 1. un Master Production Schedule che è un preventivo di quali prodotti finiti verranno elaborati, in quale quantità e in quale periodo dell intero orizzonte temporale; 2. la distinta base dei materiali che, per ogni prodotto finito, dichiara ogni singolo componente richiesto per la produzione e il lead-time necessario per la fornitura del materiale nel caso in cui il magazzino ne sia carente; 3. un insieme di dati di magazzino che informa circa il livello delle giacenze ovvero indica la quantità corrente di materiale presente nel deposito; 4. le informazioni che, per ogni articolo presente nella distinta base, indicano la successione di operazioni richieste per la sua produzione e in quali centri di lavoro queste debbono essere eseguite. La logica di base del sistema MRP [5] è la combinazione dell MPS con i dati della distinta base e di magazzino per elaborare le richieste nette dei singoli oggetti necessari per assemblare i prodotti finiti così come dettato dall MPS. Il Material Requirements Planning si sviluppa lungo tutti i vari livelli della distinta base dei materiali per essere sicuri che le corrette quantità di tutti gli oggetti, ad ogni livello, siano elaborate in modo consistente ed efficiente; quindi l MRP fa sua la filosofia del Level-by-Level Processing, ovvero le richieste nette e gli ordini pianificati rilasciati nell arco dell intero orizzonte temporale, ad ogni livello, devono essere ben calcolati e controllati prima di passare al livello successivo. Nota dolente di questo sistema informativo è posta in due assunzioni di fondo molto restrittive: 18

19 1. il lead-time viene sempre considerato fisso e costante per ogni prodotto; 2. la capacità di produzione dei macchinari viene assunta infinita. Nell MRP si ha una definizione diversa di lead-time rispetto a quella data precedentemente cioè nel lead-time viene compreso anche il tempo di attesa del prodotto prima dell elaborazione in una stazione di lavoro. Graficamente il leadtime è così composto (vedi Figura 1.15): Set-up-Time Queue-Time Move-Time Process-Time Move-Time Figura 1.15: Rappresentazione del Lead-Time nel Sistema MRP. dove: Queue-Time è il tempo di acquisizione di un prodotto nell impresa; Move-Time è il tempo dovuto al movimento del prodotto per raggiungere la stazione di lavoro; Set-up-Time è il tempo di attrezzaggio dei macchinari prima di raggiungere il regolare ritmo di lavorazione; Process-Time è il tempo di lavorazione del prodotto. Lo scopo di estendere il lead-time ad un orizzonte più ampio del tempo fisico di produzione dell oggetto permettendo così ai suoi componenti di aspettare in fila è quello di raggiungere più ammissibilità nel caricamento dei centri di lavoro. La fila dei lavori ad una stazione lavorativa tende a formarsi se gli arrivi sono distribuiti irregolarmente nel tempo; se essi fossero regolari, non si formerebbe mai fila. La lunghezza di tale fila di lavori che attendono di essere eseguiti viene chiamata Backlog e misura l irregolarità degli arrivi dei singoli lavori. Per ciò che riguarda la capacità infinita di produzione, questo è un forte limite del sistema MRP, ma permette di caricare ogni centro lavorativo con i lavori generati dal Master Production Schedule senza riguardo ai reali limiti della stazione di lavoro. 19

20 Con il passare degli anni i ricercatori e gli studiosi dell organizzazione della produzione aziendale hanno posto maggiormente attenzione sull aggiornamento delle precedenze fra i vari articoli e lavori piuttosto che sulla sequenza e stima quantitativa dei prodotti da elaborare. Nella pratica aziendale, quindi l originario sistema MRP si è espanso dalla pianificazione delle richieste di materiali fino ad includere il calcolo di tutte le attività di pianificazione dell organizzazione manifatturiera, comprese la previsione di domanda e lo sviluppo del Master Production Schedule. A questo nuovo tipo di Material Requirements Planning è stata data la sigla di MRP2 per distinguerlo da quello originale. In generale quindi il sistema MRP2 enfatizza la distribuzione temporale degli ordini piuttosto che la loro distribuzione spaziale Optimized Production Technology (OPT) Il sistema di pianificazione della produzione Optimized Production Technology (OPT) permette di superare le limitazioni poste dall MRP circa il lead-time fisso e la capacità di produzione infinita. L OPT si basa sul principio che èsempre possibile individuare una macchina bottleneck in un ciclo di produzione. L idea basilare è che la priorità dovrebbe essere data alla pianificazione e schedulazione del flusso di lavoro per le macchine bottleneck piuttosto che per quelle non bottleneck. Nella formulazione originale dell OPT e come si è già specificato nella Sezione 1.4, è definita bottleneck ogni macchina la cui capacità produttiva è minore o uguale alla domanda di mercato richiesta e non bottleneck ogni macchina la cui capacità di produzione è più grande della domanda. Per esempio, si supponga di avere una domanda di prodotto pari a 60 unità elaborate in un ora di tempo e che la catena di lavorazione sia quella rappresentata in Figura 1.16 con quattro macchine ognuna con una propria capacità di produzione: M1 elabora 80 pezzi in un ora, M2 ne lavora 50, M3 è capace di eseguire 70 articoli in un ora e infine M4 ne elabora 40. M1: 80/h M2: 50/h M3: 70/h M4: 40/h Figura 1.16: Capacità di produzione in un processo lavorativo. Secondo la definizione data precedentemente, le macchine M2 e M4 sono bottleneck.malamacchinam2nonè determinante sul processo di lavorazione perchè èlam4adesserepiù severa ovveroè la M4 a regolare il ritmo della lavorazione dei prodotti e a controllare il flusso dei materiali. Questo ha portato all introduzione della nozione di Capacity Constraints Resource che in definitiva ha sostituito la nozione di macchina bottleneck. 20

21 Definizione É definita Capacity Constraints Resource ogni macchina che è in grado di guidare il flusso corrente di prodotti attraverso la catena di produzione e deviarli dal flusso pianificato. L OPT richiede descrizioni dettagliate di ogni centro lavorativo della produzione per poter così sfruttare la sua massima capacità, intendendo con centro lavorativo il sistema lavoratore-macchina. Come l MRP, anche il sistema OPT basa la sua attività di pianificazione su risultati ottenuti in termini di Master Production Schedule, ma al contrario dell MRP, il sistema OPT non fa nessuna assunzione sul lead-time. L obiettivo principale dell Optimized Production Technology è massimizzare la performance globale della catena di lavorazione traendo massimo profitto da tutta la potenziale capacità produttiva di ogni centro lavorativo della catena di produzione Just In Time (JIT) Un terzo sistema di implementazione del Master Production Schedule è il così detto Just In Time, abbreviato con JIT i cui obiettivi sono quelli di massimizzare la velocità del flusso dei materiali lungo la pianta di produzione (minimizzando così il livello di magazzino) imponendo ai materiali il vincolo di arrivare ad ogni centro lavorativo appena in tempo per essere elaborati ed essere così in grado di muoversi alla successiva stazione di lavoro. Nella realtà aziendale è quasi impossibile applicare il meccanismo suggerito dal JIT che presuppone magazzini vuoti e tempo di attesa alla lavorazione nullo. Nelle aziende che producono sempre lo stesso prodotto, su un unica linea di produzione, l applicazione del JIT è relativamente semplice e include la sistematica eliminazione di ogni tipo di irregolarità (per esempio il rallentamento del ritmo di lavorazione). In genere, laddove si elaborano una grande quantità e varietà di prodotti relativamente sofisticati per mezzo di un flusso di materiali molto complesso si è ben lontani dal poter applicare in pieno il sistema JIT. In caso di flusso di materiale molto intricato è possibile riorganizzare la distinta base di produzione basandosi sul concetto di Group Technology [7] che cerca di raggruppare prodotti, componenti e lavori simili in modo da semplificare la linea di produzione. Si introduce quindi la nozione di famiglia di prodotti [5] come aggregato di articoli con caratteristiche produttive comuni. In questo modo è possibile allargare l area aziendale di applicabilità del sistema Just In Time. 1.7 Fasi della Pianificazione della Produzione La gestione ottimale delle risorse, in modo tale che gli obiettivi generali dell azienda possano essere realizzati nel modo più efficiente possibile, richiede, ad 21

22 ogni livello di pianificazione, delle buone decisioni, dove con il termine buone si intende massimizzazione del livello di servizio e minimizzazione del tempo di risposta alla domanda di mercato, ovvero le decisioni devono essere efficaci, tempestive e dinamiche. Gli obiettivi dei problemi decisionali sono : 1. garantire l evasione degli ordini di produzione nei tempi richiesti (ovvero rispettare le date di consegna); 2. garantire un efficiente utilizzo di personale e macchine, eliminando sovraccarichi di produzione e sottoutilizzazioni di risorse; 3. minimizzare i costi di lavorazione definendo quantitativi ottimali da elaborare; 4. mantenere a livello ottimale le scorte di magazzino; 5. ridurre le spese di amministrazione della produzione. Il problema di pianificazione della produzione può essere schematizzato mediante una procedura di pianificazione gerarchica (Figura 1.9) in cui vengono risolti un insieme di problemi decisionali, in modo sequenziale. Le fasi principali della pianificazione della produzione [4] sono indicate nella Figura

23 Previsioni Ordini clienti MPS Distinta base Scorte di magazzino MRP Lead-time Cicli di produzione Lot-Sizing Relazioni di priorità Tempi di lavorazione Production Scheduling OPT JIT Figura 1.17: Fasi della Pianificazione della Produzione. 23

24 L MPS fornisce il fabbisogno lordo di materiale necessario per ogni prodotto finito cioè un elenco che definisce quanti pezzi si prevede di avere pronti per la consegna tenendo conto degli ordini dei clienti. I risultati ottenuti dall MPS, insieme alle informazioni relative alla distinta base, alle disponibilità di magazzino e al lead-time delle materie prime sono l input del sistema MRP; inizia così l attività detta MRP explosion (Figura 1.14). L output principale del Material Requirement Planning è costituito dagli ordini pianificati cioè l elenco delle quantità degli ordini di produzione di ogni prodotto, per ogni periodo. A questo punto bisogna stabilire quando produrre e quanto produrre, tenendo conto degli ordini pianificati e minimizzando il costo totale del piano di produzione. Questo problema del dimensionamento ottimo dei lotti di produzione, definito problema del Lot-Sizing, verrà studiato in modo più approfondito nel Capitolo 5; è un problema estremamente complesso che richiede la conoscenza del ciclo di produzione per poter effettuare la sua formulazione matematica. L output principale del Lot- Sizing è il piano globale di produzione, cioè viene stabilita la quantità ottima da produrre per ogni prodotto e per ogni periodo. Bisogna poi stabilire il carico di ogni centro di lavoro, cioè si effettua lo scheduling di dettaglio su breve periodo: si precisa esattamente su quale macchina e quando verranno effettuate le operazioni previste dal ciclo di produzione. Nella fase di Production Scheduling si vogliono determinare le sequenze delle operazioni e specificare i tempi di inizio e fine di ciascuna operazione del ciclo, tenendo conto dei tempi di lavorazione e delle relazioni di priorità dei lavori. Per poter raggiungere tali obiettivi è possibile applicare l OPT o il JIT, ovvero quei sistemi che regolano il flusso dei materiali durante il ciclo di produzione. La gestione integrata delle varie fasi del processo di pianificazione della produzione appena descritta costituisce il filo conduttore del presente lavoro. Nei vari capitoli verranno studiati aspetti metodologici e modellistici dei vari sottoproblemi. 1.8 Controllo e manutenzione dei macchinari Un ulteriore aspetto di cui tener conto nell organizzazione aziendale è quello del controllo e manutenzione dei macchinari dovuto all utilizzo di un sempre più alto grado di tecnologia industriale. Nel corso degli ultimi anni si è assistito ad un veloce ed incontrollato sviluppo tecnologico nel campo dei procedimenti e attrezzature industriali. L utilizzo di macchinari sempre più complessi e sofisticati ha reso essenziale l introduzione in azienda delle attività di manutenzione e controllo dei macchinari stessi, attività che debbono quindi essere gestite, pianificate e controllate. In generale i costi necessari per la riparazione di una macchina, la cui rottura non era stata prevista, non sono molto alti, ma tale guasto sicuramente rallenterà il ritmo di produzione causando, così, una perdita di guadagno. La manutenzione e il controllo dei macchinari [7] sono sempre stati considerati 24

25 necessari ma non sono mai stati visti come una importante funzione della catena di produzione o dell organizzazione aziendale. Con l aumentare della concorrenza sul mercato di numerose compagnie e della complessità dei macchinari, la funzione di manutenzione è divenuta vitale per il guadagno e la sopravvivenza di un azienda. 1.9 Fornitura delle materie prime e distribuzione dei prodotti finiti Finora si è parlato dell organizzazione interna di un azienda; importanti, però, sono anche i suoi rapporti con il mondo esterno, cioè l acquisto delle materie prime e la vendita dei prodotti finiti. Lo scopo della funzione d acquisto in una compagnia è quello di fornire prodotti e servizi che sono essenziali nei processi lavorativi ma che nella maggior parte dei casi non sono disponibili all interno della compagnia stessa [7]. L idea di base è che si deve stabilire un rapporto di fiducia tra compratore e fornitore in modo che quest ultimo non sia visto come un avversario ma bensì come un indispensabile alleato. Una volta trovato un appropriato fornitore e stabilito con lui un certo rapporto d affari, è necessario considerare il modo con cui verranno emanati gli ordini d acquisto. É una considerazione molto importante perchè ci potrebbero essere degli errori nel cammino tra la decisione di effettuare un ordine e l ordine che effettivamente arriva al fornitore. Presa la decisione di cosa ordinare, bisogna sempre e comunque assicurarsi della qualità dell acquisto fatto, in quanto molto spesso l insoddisfazione del cliente che compra il prodotto finito può dipendere dalla cattiva qualità delle materie prime. Per ciò che riguarda la direzione della distribuzione fisica del prodotto finito [5], è definita come il flusso dei prodotti dal ciclo di produzione al consumatore. Essa descrive l ampia gamma di attività necessarie per l efficiente movimento dei materiali, componenti e articoli finiti dal produttore al consumatore. Gli elementi chiave di un sistema di distribuzione fisica sono il trasporto, il controllo del magazzino, la manipolazione dei materiali e il processo di ordinazione. Tale definizione è stata poi rivista includendo anche il movimento di materie prime e dei vari componenti dalla fornitura alla macchina. Per quanto riguarda i costi della distribuzione totale, una larga parte è dovuta ai costi di trasporto; bisogna tener presente che una efficiente amministrazione della funzione di trasporto può portare grande guadagno sia in termini di costo sia in termini di miglioramento del profitto. Come scegliere la principale e più conveniente via di trasporto dipende dal tipo di prodotto da trasportare, dalla distanza fisica tra produttore e cliente e dai costi di trasporto da sostenere. 25

26 Capitolo 2 Classificazione dei Problemi di Production Scheduling 2.1 Notazioni La grande varietà di problemi di Production Scheduling esistenti nella realtà pratica ha indotto molti ricercatori ad introdurre una notazione sistematica come base per uno schema di classificazione dei problemi. La notazione convenzionalmente adottata introduce tre parametri: α β γ che hanno il seguente significato: α descrive la configurazione della linea di lavorazione relativa alle macchine; β caratterizza i lavori e le risorse disponibili; γ denota i criteri di ottimalità per la risoluzione dei problemi [11]. Si supponga di avere m macchine M i per i =1,...,m che devono eseguire n lavori J j per j =1,...,n; per ogni lavoro J j sono noti i seguenti parametri: - m j := numero di operazioni necessarie per eseguire il lavoro J j ; - r j := tempo in cui il lavoro J j è disponibile per la lavorazione (definito Release Date); - f j := funzione dei costi, reale e non decrescente che misura il costo f j (t) a cui si va incontro se il lavoro J j è completato al tempo t; - w j := peso che può essere usato nelle definizione di f j ; - d j := tempo massimo entro cui completare il lavoro J j. In genere, tutti i parametri sono interi. Cerchiamo ora di spiegare in modo semplice e dettagliato l importanza dei tre campi α β γ sopra menzionati. 26

27 2.2 α: Condizioni sui macchinari α := α 1,α 2 : il campo α può assumere i valori di α 1,α 2 che hanno il seguente significato. 1. α 1 { Ø,P,Q,R,O,F,J } Se α 1 { Ø,P,Q,R } la situazione è la seguente: ogni lavoro J j consiste di una singola operazione di manipolazione e può essere eseguito da una qualunque macchina M i ; il tempo di elaborazione di J j su M i è indicato con p ij. I quattro possibili valori che può assumere α 1 hanno il seguente significato: - α 1 = Ø si ha a disposizione una singola macchina, quindi p 1j = p j per j =1,...,n; - α 1 = P le macchine sono in parallelo e tutte uguali: per cui p ij = p i M i per i =1,...,m; - α 1 = Q le macchine sono in parallelo ed uniformi: ovvero p ij = p i per s i una data velocità di lavorazione s i della macchina M i per i =1,...,m; α 1 = R le macchine sono in parallelo e non correlate: p ij = p i con s ij s ij velocità di elaborazione del lavoro J j sulla macchina M i. Consideriamo ora gli altri casi: Se α 1 = O allora il problema è di tipo Open-Shop nel senso che ogni lavoro J j per j =1,...,n consiste di un insieme di operazioni {O 1j,...,O mj j}, ognuna delle quali deve essere eseguita sulla macchina M i durante il tempo p ij. L ordine con cui vengono eseguite le operazioni non ha nessuna importanza. Se α 1 { F, J } allora si impone un ordine sull insieme di operazioni corrispondente ad ogni lavoro: se α 1 = F il problema èditipoflow-shop: ogni lavoro J j per j = 1,...,nè composto da una catena di operazioni {O 1j,...,O mj j} ognuna delle quali è realizzata sulla macchina M i per i =1,...,mnel tempo p ij cioè l ordine con cui devono essere eseguite le operazioni èidentico per ogni lavoro. se α 1 = J si ha un problema di tipo Job-Shop: ogni lavoro J j per j =1,...,n consiste di un insieme di operazioni {O 1j,...,O mj j}; O ij deve essere eseguita su una data macchina µ ij durante il tempo p ij con µ ij µ i+1j per i =1,...,m j 1. Questo èilcasoincuiè possibile avere un differente ordine tra i vari lavori. 27

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