INDICE CAPITOLO 1 I NUMERI NATURALI

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2 INDICE CAPITOLO 1 I NUMERI NATURALI 1.1 Il sistema decimale 1 1. Numeri primi 1 Teorema della fattorizzazione unica Teorema di Euclide (i numeri primi sono infiniti) 1.3 Massimo comun divisore ed algoritmo euclideo 3 L unicità della fattorizzazione di un numero intero Equazioni diofantee 4 CAPITOLO LE STRUTTURE ALGEBRICHE.1 Strutture algebriche. Gruppi 7. Classi di resto 7 Le equazioni con le classi di resto 8.3 Il binomio di Newton e la divisibilità 9 Un criterio per la divisibilità 9 Il piccolo teorema di Fermat 10 Esercizi 10 Soluzioni 11 Approfondimento: la divisibilità per tre, e il numero minimo di pesate con la bilancia a bracci uguali 13 CAPITOLO 3 POLINOMI 3.1 Definizione. Addizione e moltiplicazione tra polinomi 14 Divisibilità tra polinomi 14 Riducibilità tra polinomi 14 Esercizi 15 Soluzioni Divisione con resto tra polinomi 16 Esercizi 17 Soluzioni Il teorema di Ruffini 18 Esercizi 18 Soluzioni 19 CAPITOLO 4 LE FUNZIONI 4.1 Definizione. Insieme di definizione e immagine 1 La funzione inversa 1 4. Alcuni esempi di funzioni reali di variabile reale 1 Le funzioni polinomiali di primo e secondo grado 1 La funzione valore assoluto 4.3 L operazione di composizione tra funzioni

3 4.4 Funzioni pari e dispari. Simmetrie La composizione con il valore assoluto di alcune funzioni Esercizi 5 CAPITOLO 5 LA RETTA NEL PIANO CARTESIANO 5.1 Vettori del piano cartesiano 8 Somma di vettori 8 L opposto di un vettore 8 Il prodotto tra numeri e vettori 9 Combinazioni lineari 9 Sistemi lineari 9 5. Il sistema delle coordinate nel piano. Distanza tra due punti L equazione della retta nel piano cartesiano 31 La distanza punto-retta 3 Un applicazione della distanza punto-retta: la bisettrice di un angolo 34 I vettori e le rette del piano Mutua posizione di due rette nel piano cartesiano 35 Rette parallele 35 Rette perpendicolari 35 Un applicazione della condizione di perpendicolarità: l asse di un segmento Fasci di rette Le simmetrie 37 Simmetrie rispetto agli assi coordinati 37 Simmetria rispetto ad un punto 37 Simmetria rispetto ad un asse parallelo all asse y 37 Simmetria rispetto ad un asse parallelo all asse x 38 Simmetria rispetto ad una retta passante per l origine 38 Problemi svolti 39 Esercizi 41 CAPITOLO 6 LA PARABOLA NEL PIANO CARTESIANO 6.1 Costruzione della parabola come luogo geometrico 4 6. L equazione della parabola con vertice nell origine 4 L equazione generale della parabola 43 Casi particolari Il problema della tangente alla parabola in un punto dato P( x 0 ;y 0 ) 45 Metodo algebrico 45 Metodo geometrico Alcune proprietà della parabola 49 Perpendicolarità delle tangenti a una parabola condotte da un punto sulla direttrice 49 Proprietà focali della parabola 50 Parabola come traiettoria di un proiettile La parabola come grafico delle funzioni polinomiali di secondo grado La parabola e le funzioni irrazionali Disequazioni irrazionali 55 Esercizi e problemi 55

4 Soluzioni 57 A-LEVEL MATHEMATICS 57 CAPITOLO 7 LA CIRCONFERENZA NEL PIANO CARTESIANO 7.1 L equazione della circonferenza come luogo geometrico L equazione della circonferenza passante per tre punti non allineati 58 La potenza di un punto rispetto ad una circonferenza Mutua posizione retta-circonferenza L equazione della circonferenza: alcune condizioni per la sua determinazione La tangente in un punto dato: formula di sdoppiamento La circonferenza e le disequazioni irrazionali La formula di Erone per il calcolo dell area di un triangolo 64 Esercizi 64 Soluzioni 66 A-LEVEL MATHEMATICS 66 CAPITOLO 8 L ELLISSE NEL PIANO CARTESIANO 8.1 Costruzione dell ellisse come luogo geometrico L equazione dell ellisse Le simmetrie dell ellisse L eccentricità dell ellisse Determinazione dell equazione dell ellisse: alcuni casi La tangente all ellisse in un punto: la formula di sdoppiamento 70 Esercizi svolti Come ottenere un ellisse a partire da una circonferenza L ellisse e le funzioni irrazionali Ellissi inscritte in un quadrato 73 Esercizi 75 Soluzioni 76 CAPITOLO 9 L IPERBOLE NEL PIANO CARTESIANO 9.1 Costruzione dell iperbole come luogo geometrico L equazione dell iperbole 78 La forma dell iperbole L iperbole come curva illimitata Il comportamento dell iperbole all infinito : asintoti L eccentricità dell iperbole Le rette tangenti all iperbole in un punto dato: formula di sdoppiamento 8 Problemi svolti L iperbole e le funzioni irrazionali L iperbole equilatera: l iperbole riferita agli asintoti La funzione omografica L iperbole nello studio dell ottica geometrica 89 Problema 89 Esercizi 91

5 Soluzioni Costruzione dell iperbole con riga e compasso 96 CAPITOLO 10 LA GONIOMETRIA 10.1 Seno e coseno di un angolo Il radiante: l unità di misura naturale dell angolo Angoli associati Proprietà fondamentali delle funzioni seno e coseno 99 Periodicità 99 Parità e disparità delle funzioni goniometriche. Simmetrie 100 Valore assoluto delle funzioni goniometriche Il lato del decagono regolare ed il seno di Equazioni e disequazioni goniometriche elementari 101 Metodo della circonferenza goniometrica 10 Esercizi 10 Metodo del grafico della funzione 103 Esercizi Le equazioni lineari La tangente dell angolo Trasformazioni del grafico di una funzione goniometrica 109 Dilatazione e contrazione 109 Traslazione Principali formule goniometriche Alcune applicazioni 11 Il problema della determinazione della gittata 11 Determinazione dell angolo formato da due rette 113 Le funzioni goniometriche lineari in seno e coseno Le coordinate polari 114 La parabola in coordinate polari 115 L ellisse in coordinate polari 115 L iperbole in coordinate polari Rappresentazione generale delle coniche in base all eccentricità (I) Un applicazione delle coordinate polari all astronomia Il periodo di particolari funzioni goniometriche Rotazioni 119 Rotazioni e simmetrie assiali Rappresentazione generale delle coniche (II) 11 Un metodo alternativo 14 Esercizi 15 CAPITOLO 11 LA STATISTICA 11.1 Origini storiche. Statistica descrittiva Il linguaggio della statistica Distribuzioni statistiche 13 Distribuzioni statistiche semplici 13 Divisione in classi di una variabile continua 133 Distribuzioni statistiche doppie. Tabelle a doppia entrata 134

6 11.4 Le medie 135 La media aritmetica 135 Proprietà della media aritmetica 136 La media geometrica Moda, mediana, percentili La variabilità: scarto quadratico medio 138 Requisiti formali di un indice di variabilità Disuguaglianza di Bienaymé-Cebicev Relazioni statistiche Il metodo dei minimi quadrati Covarianza 144 BIBLIOGRAFIA 147

7 ! 1! CAPITOLO 1 I NUMERI NATURALI 1.1 Il sistema decimale Originati dall esigenza di contare, i numeri naturali rappresentano un modello adeguato per la rappresentazione astratta di insiemi di oggetti, e possono essere rappresentati in molti modi, di cui quello largamente più diffuso è il sistema decimale posizionale, o in base dieci, rappresentato dalle cifre da 0 a 9. Questo significa che, ad esempio, il numero 731 è diverso dal 137, pur essendo costituiti dalle stesse cifre, perché 731= = , mentre 137 = = Osservando il modo con cui i due numeri sono stati rappresentati nel sistema decimale, è possibile dare una regola generale per la rappresentazione di qualsiasi numero intero: z = a n 10 n + a n 1 10 n a a 0, dove i coefficienti, ovvero i termini a i { 0,1,..., 9}, appartengono cioè all insieme delle cifre da 0 a 9. Notiamo che 731 : 10 = 73 e resto 1, 73 : 10 = 7 e resto 3, 7 : 10 = 0 e resto 7, e quindi, i coefficienti sono i resti delle successive divisioni del numero dato per 10. Questo spiega il senso della rappresentazione usuale di un numero naturale di n+1 cifre: z = a n a n 1...a 1 a 0. Come è facile intuire, è possibile rappresentare i numeri naturali in una base qualsiasi, una volta accettato che le cifre nella rappresentazione numerica sono i resti delle successive divisioni per la base. Per esempio, in base 3 si ha: 731 : 3 = 43 e resto, 43 : 3 = 81 e resto 0, 81 : 3 = 7 e resto 0, 7 : 3 = 9 e resto 0, 9 : 3 = 3 e resto 0, 3 : 3 = 1 e resto 0, 1 : 3 = 0 e resto 1. e quindi 731= = Per inciso, l ultima rappresentazione suggerisce anche come passare dalla base 3 alla base 10. Il vantaggio più grande apportato dalla notazione posizionale rispetto a quella additiva (tipo quello dei numeri romani, dove MCMXCVI = 1000 (M) (CM) + 90 (XC) + 5 (V) + 1 (I)), si riscontra nei calcoli con le operazioni aritmetiche fondamentali. Nel sistema posizionale le regole di calcolo possono essere raccolte nelle famose tavole, che una volta memorizzate, permettono di svolgere calcoli con relativa semplicità. 1. Numeri primi Tra i numeri naturali assumono una grande importanza i cosiddetti numeri primi, ovvero quei numeri maggiori di 1, che non ammettono divisori diversi da se stesso e da 1. I numeri che non sono primi si dicono composti. In generale, un numero a è multiplo di b se esiste un numero naturale c tale che a = bc : in questo caso si dice che b divide a e si indica b a. Dalla definizione di multiplo di un numero naturale seguono i seguenti fatti: - d a, d b d a + b, - d a d ac, c N,

8 !! - d a, a b, d b. Caratterizziamo ulteriormente i numeri primi attraverso alcuni importanti risultati. Teorema della fattorizzazione unica: ogni numero naturale maggiore di 1 si può esprimere in un solo modo come prodotto di potenze di numeri primi. Si tratta di un teorema fondamentale dell aritmetica, di cui dimostreremo tra breve soltanto l unicità. La ricerca dei numeri primi all interno dell insieme dei numeri naturali suscita da sempre un grande interesse. Esaminiamo un metodo molto antico, ideato dal grande scienziato Eratostene. Il metodo, denominato crivello di Eratostene, consente, fissato un numero naturale N, di determinare tutti i numeri primi non superiori a N. In che modo? Semplicemente cancellando i multipli dei numeri il cui quadrato non supera N. Vediamo come funziona con un semplice esempio: determiniamo i numeri primi minori di N = 36. Cancelliamo i multipli dei numeri da a 6 (in quanto il quadrato di 7 supera 40): Il metodo ideato da Eratostene si basa sul fatto che un numero composto minore o uguale a 36, è divisibile per un numero minore o uguale a 6. Dimostriamo questo fatto considerando il numero n = ab 36 : se quanto detto non fosse vero, risulterebbe a > 6 b > 6 e quindi n = ab > 36, in contraddizione con la scelta di n = ab 36. Adesso occupiamoci di stabilire quanti sono i numeri primi. La risposta a questa domanda fu data, sempre nell antichità, dal matematico Euclide, ed è contenuta nel teorema che porta il suo nome, di cui, oltre all enunciato, daremo anche una dimostrazione. Teorema (Euclide). I numeri primi sono infiniti. Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che l insieme dei numeri primi contenga un numero finito di elementi, e sia p il maggiore di questi (consideriamo nota la proprietà di ordinamento dell insieme dei numeri naturali). Moltiplichiamo tutti i numeri primi ed aggiungiamo al risultato 1. Il numero n = p +1 così ottenuto dovrebbe essere non primo, in quanto il più grande numero primo è p, e chiaramente n > p. Tuttavia, se osserviamo attentamente il numero n, notiamo che questo può essere scritto nella forma n = ( p)+1 / n, ma anche n = 3( 5... p)+1 3 / n, oppure, in generale se q è un qualsiasi numero primo minore o uguale a p, n = q( p)+1 q / n, dove il prodotto tra parentesi, ovviamente, non contiene il fattore q. Da questo segue che n non è divisibile per nessuno dei numeri primi dell insieme. Si presentano quindi due possibilità, che portano comunque ad una contraddizione: se n è primo, allora deve appartenere all insieme dei numeri primi, ma n > p in contraddizione con la massimalità di p; se n è non primo, allora deve scomporsi nel prodotto di primi, ma non essendo divisibile per nessuno dei numeri primi dell insieme, deve necessariamente esistere un numero primo più grande di tutti i numeri primi dell insieme, ancora in contraddizione con la massimalità di p. L insieme dei numeri primi non può quindi contenere un numero finito di elementi, come volevasi dimostrare. Il numero costruito nella dimostrazione suggerisce un metodo per costruire una successione di numeri primi. Purtroppo, ancora non sono state trovate formule per la generazione di numeri primi. Restano tuttora irrisolti due problemi sui numeri primi:

9 ! 3! - (congettura di Goldbach, 174): Ogni numero pari diverso da due può essere espresso come somma di due numeri primi, - esistono infinite coppie di numeri primi gemelli, ovvero della forma p, p Massimo comun divisore ed algoritmo euclideo Come noto, dati due numeri a, b 0 Z, l insieme dei numeri interi, si definisce massimo comun divisore il maggiore dei loro divisori comuni. Si considera nota la regola per il calcolo del MCD attraverso la scomposizione in fattori primi (giustificata, adesso, dal teorema della fattorizzazione unica): ad esempio, se a =18 = 3, b = 4 = 3 3, allora MCD(18, 4) = 3 = 6. Esiste un metodo antico per il calcolo del MCD: il cosiddetto algoritmo euclideo, basato su un procedimento iterativo. Supponiamo di voler determinare il MCD(4,15). 4 = 1 x = 1 x = 1 x = x Quando l ultimo resto è zero, il resto precedente è il MCD; nell esempio sopra, il MCD(4,15) è 3. In generale, il procedimento iterativo può essere schematizzato così: MCD(a, b) : a = q 1 b + r 1 b = q r 1 + r r 1 = q 3 r + r 3... r n 1 = q n+1 r n + 0 MCD(a, b) = r n, dal momento che r n = r n Dobbiamo giustificare l algoritmo euclideo. Dimostriamo le seguenti proprietà. Proprietà 1: se d a e d b, a = bq + r, allora d r. Dimostrazione. d a a : a = d a, d b b : b = d b. Di conseguenza r = a qb = d a" qd b " = d( a" q b ") d r. Proprietà : se d r e d b, a = bq + r, allora d a. Dimostrazione. d r r : r = d r, d b b : b = d b. Di conseguenza a = qb + r = qd b! + d r! = d(q b! + r!) d a. Di conseguenza, MCD(a, b) = MCD(b, r 1 ) e, in definitiva, MCD(b,r 1 ) = MCD(r 1,r ), fino a MCD(r n, 0) = r n. Quindi MCD(a, b) =... = MCD(r n, 0) = r n e l algoritmo euclideo è pienamente giustificato. Diretta conseguenza dell algoritmo euclideo è la seguente proprietà. Proprietà 3: se d = MCD(a, b), allora esistono due numeri interi k e l tali che d = ka + lb. La dimostrazione di questa proprietà poggia sul seguente procedimento. 4 = = = =15 1 (4 1 15) 9 = = [ 15 1 (4 1 15) ] 3 = k = l = 3 6 = 3+ 0

10 ! 4! Corollario della proprietà 3 è la Proprietà 4: se 1= MCD(a, b), allora esistono due numeri interi k e l tali che 1= ka + lb. Quest ultima proprietà è fondamentale per la dimostrazione del teorema della fattorizzazione unica. Per questo scopo dimostriamo il seguente fatto. Lemma: se p è primo e p ab, allora p a o p b. Dimostrazione. Facciamo vedere, per esempio, che se p non divide a, necessariamente deve dividere b. Infatti, se p / a MCD(a, p) =1 k,l Z tali che ka + lp =1, in virtù della proprietà 4. Moltiplicando per b l ultima espressione e ricordando che p ab ab = sp, otteniamo kab + lbp = b ksp + lbp = b (ks + lb)p = b p b, come volevasi dimostrare. Il lemma può essere generalizzato al prodotto di un numero qualsiasi di interi, e porta alla conclusione che se p divide tale prodotto, allora dovrà dividere almeno uno dei fattori. Esercizio. Dimostrare che se p abc, allora o p a, o p b, o p c. L unicità della fattorizzazione di un numero naturale A questo possiamo dimostrare l unicità della fattorizzazione di un numero naturale maggiore di 1. Dimostrazione (teorema della fattorizzazione unica). Per assurdo supponiamo che un numero naturale maggiore di uno possa essere fattorizzato in due modi diversi, cioè che esistano due diversi insiemi di numeri primi, ( p 1,..., p r ) e ( q 1,..., q s ), tali che N = p 1 p...p r = q 1 q...q s. Partiamo da p 1 : poiché divide N, e N = q 1 q...q s, per il lemma precedente esiste k 1,..., s tale che p 1 divide q k. Ma quest ultimo è primo, quindi necessariamente p 1 = q k. Togliamo questi due fattori dalla lista N = p 1 p...p r = q 1 q...q s, e ripetiamo il ragionamento per p, per p 3, fino all ultimo p r. In questo modo, avendoli eliminati dalla lista p 1 p...p r = q 1 q...q s, il membro di sinistra è uguale a uno. E ( ) primi, quindi quello di destra? Dovrà per forza essere anch esso uguale a uno, essendo q 1,..., q s maggiori di uno. Abbiamo quindi dimostrato che, a meno dell ordine, la scomposizione di un numero composto è unica. 1.4 Equazioni diofantee Vogliamo cercare le soluzioni intere delle equazioni algebriche, in una o più incognite, a coefficienti interi: le cosiddette equazioni diofantee. Consideriamo l equazione ax + by = c, e dimostriamo il seguente fatto. Proposizione. L equazione diofantea ax + by = c ammette soluzioni intere se e soltanto se MCD(a, b) c. Dimostrazione ( ). Sia d = MCD(a, b), allora d a e d b, di conseguenza a = a! d e b = b! d. Dunque se x := m e y := n sono soluzioni intere, allora a! dn + b! dn = c c d. ( ). Viceversa, se d c c = dq. Per la proprietà 3 k,l Z tali che ak + bl = d. Se moltiplichiamo per q ambo i membri dell ultima equazione otteniamo " x := kq (ak + bl)q = dq = c a(kq)+ b(lq) = c una coppia di soluzioni intere. y := lq Ad esempio, l equazione 3x + 6y = non ammette soluzioni intere perché MCD(3, 6) = 3 /. La proposizione appena vista permette di stabilire se un equazione diofantea ammette soluzioni intere, inoltre ci suggerisce un metodo per determinarle. Infatti, se x!, y! ( ) e ( x*, y *) rappresentano due coppie di soluzioni dell equazione ax + by = c, ( x x*, y 0 = y! y *) è soluzione della cosiddetta equazione omogenea allora la coppia x 0 =! ax + by = 0 (verificare!). Quindi, una soluzione dell equazione di partenza può essere sempre vista

11 ! 5! come la somma tra una soluzione particolare x*, y * ovvero tutte le coppie della forma x 0 = bn; y 0 = an ( ), e le soluzioni dell equazione omogenea, ( ), con n Z (verificare). Vediamo con un esempio come funziona il meccanismo. Problema. Si determinino le soluzioni intere dell equazione 17x 15y = 5. Soluzione. Innanzitutto si individuano le soluzioni dell equazione omogenea associata: 17x 15y = 0 x 0 =15n n Z e si osserva che MCD(17,15) =1 divide il termine noto, per cui & y 0 =17n esistono infinite soluzioni intere dell equazione diofantea; cerchiamo una soluzione particolare sfruttando la proprietà dell algoritmo euclideo, 17 = = =15 7 = ( ) =17( 7)+15(8) quindi, x = 7, y = 8 sono soluzioni dell equazione 17x 15y =1; di conseguenza una soluzione particolare dell equazione 17x 15y = 5 si otterrà moltiplicando per 5 le soluzioni trovate: " x! = 35 x = x! + x 0 " x = 35+15n. Le soluzioni, della forma, sono. & y! = 40 y = y! + y 0 y = n Se rappresentiamo su un diagramma cartesiano la retta di equazione ax + by = c, le soluzioni intere si troveranno nei punti a coordinate intere. Ad esempio, l equazione 3x 4y = (retta colorata in rosso) ammette soluzioni intere, mentre l equazione 4x + 6y = 3 (retta colorata in blu) no, come è possibile vedere anche dalla loro rappresentazione grafica: a differenza della seconda, la prima retta passa per punti a coordinate intere Per comprendere meglio l utilità delle equazioni diofantee, proviamo a risolvere il seguente: Problema. Un uovo deve cuocere in 9 minuti. Com è possibile misurare questo tempo con due clessidre da 5 e 7 minuti? Soluzione. Si capovolgono le clessidre contemporaneamente e, esaurita la clessidra da 5 minuti, mettiamo l uovo nell acqua. Esaurita anche la clessidra da 7 minuti, l uovo sta cuocendo da due minuti: capovolgiamo quest ultima e saranno trascorsi 9 minuti dall immissione dell uovo nell acqua.

12 ! 6! Le equazioni diofantee costituiscono un modello per risolvere problemi di questo tipo. Infatti, se interpretiamo le soluzioni intere come il numero dei capovolgimenti delle due clessidre, i coefficienti a, b come il tempo misurabile con le singole clessidre, ed il termine noto c come il tempo che vogliamo misurare, allora 9 = 5x + 7y è l equazione le cui soluzioni, se esistono, ci dicono come utilizzare le due clessidre per misurare il tempo di cottura. Vediamo come. Le soluzioni dell equazione omogenea sono x 0 = 7n, y 0 = 5n. Poiché MCD(5, 7) =1, l equazione 5x + 7y =1 ammette soluzioni intere, quindi una soluzione particolare si otterrà moltiplicando per 9 una soluzione dell equazione 5x + 7y =1. Determiniamo quest ultima: 7 = = +1 1= 5 = 5 (7 1 5) = x* = 3 9 = 7, y* = 9 = 18. Le soluzioni, che rappresentano quindi i tempi interi che si possono misurare con le clessidre da 5 e da 7 minuti, sono quindi x = 7n + 7, y = 5n 18. In particolare, per n = 4 otteniamo x = 1, y =. Come possiamo mettere in relazione questo risultato con la sequenza di capovolgimenti determinata all inizio? Come possiamo interpretare, ad esempio, la soluzione x = 6, y = 3? A questo punto ci chiediamo: è possibile misurare qualsiasi intervallo di tempo (in minuti interi) con due clessidre di diversa durata? No. Il metodo funziona soltanto se l intervallo di tempo divide il massimo comun divisore delle durate delle singole clessidre.

13 ! 7! CAPITOLO LE STRUTTURE ALGEBRICHE.1 Strutture algebriche. Gruppi Abbiamo visto che sull insieme dei numeri naturali si può fare molto più delle semplici operazioni aritmetiche. Introduciamo alcuni concetti fondamentali per uno studio più approfondito di un insieme numerico. Definiamo interna un operazione tra elementi di un insieme A, che si dice chiuso, se il risultato dell operazione è ancora un elemento dell insieme. La coppia costituita dall insieme A e dall operazione binaria interna *, che indichiamo con (A,*), si dice struttura algebrica. Vediamo qualche esempio. L insieme dei numeri naturali è chiuso rispetto all addizione, ma non lo è rispetto alla sottrazione. Più interessante è l insieme dei numeri interi Z, all interno del quale valgono le seguenti proprietà: 1. Se x, y Z x + y = z Z (chiusura);. Se x, y, z Z (x + y)+ z = x + (y + z) (associatività); 3. x Z si ha che x + 0 = 0 + x = x (elemento neutro 0); 4. x Z, x Z x + x = x + x = 0 (opposto di x). In generale, se un insieme A viene munito di un operazione binaria interna, rispetto alla quale valgono le proprietà 1-4 di cui sopra, l insieme si dice gruppo. I gruppi sono quindi delle particolari strutture algebriche. Esercizio. L insieme dei numeri naturali, escluso lo zero, munito dell operazione che associa ad ogni coppia di numeri naturali il loro massimo comun divisore, è un gruppo?. Classi di resto Consideriamo, all interno dell insieme dei numeri interi, la relazione che associa due numeri a, b se questi danno lo stesso resto nella divisione per uno stesso numero n. Una relazione di questo tipo si dice congruenza, ed i numeri a, b si dicono congrui modulo n. Con la notazione di Gauss si scrive: a bmod(n), che si legge a è congruo a b modulo n, se n (a b). La congruenza modulo n è una relazione di equivalenza sull insieme dei numeri interi. Verifichiamo le proprietà. 1. Proprietà riflessiva: n 0 = a a a amod(n) ;. Proprietà simmetrica: n (a b) n (a b) = (b a) b amod(n); 3. Proprietà transitiva: n (a b), n (b c) n (a b + b c) a cmod(n). Le relazioni di equivalenza operano una partizione nell insieme in cui sono definite, suddividendolo cioè in sottoinsiemi, detti classi di equivalenza, tali che: I. L unione di tutti i sottoinsiemi forma l insieme di partenza; II. L intersezione di due qualsiasi sottoinsiemi distinti è l insieme vuoto; III. Nessun sottoinsieme è vuoto. L insieme degli interi, con la relazione di congruenza, viene suddiviso in classi di equivalenza dette classi di resto. L insieme formato dalle classi di equivalenza è detto insieme quoziente. In particolare, si denota con Z n [ 0], [ 1],..., [ n 1] relazione di congruenza modulo n. Le classi di resto j gli interi che, nella divisione per n, danno come resto j. { } l insieme quoziente degli interi in base alla [ ], con j = 0,1,..., n 1 contengono ognuna

14 ! 8! Anche sull insieme Z n è possibile definire un operazione binaria interna, che lo rende una struttura algebrica. In particolare, la struttura algebrica Z n,+ osservando che x j 1. (chiusura): [ i] + [ j] =. (associatività): i [ ] x = kn + j, k Z. & [ i + j]; i + j n 1 ; [ i + j n]; i + j n '& ( ) è un gruppo. Verifichiamo gli assiomi 1-4, ([ ] + [ j] ) + [ k] = [ i] + ([ j] + [ k] ) ; [ ] Z n, [ i] = [ n i] [ i] + [ n i] = [ 0] ; [ ]. ( ) è tale che l operazione è commutativa: [ i] + [ j] = [ j] + [ i]. I gruppi che hanno 3. (opposto): i 4. (elemento neutro): è la classe di resto 0 Il gruppo Z n,+ questa proprietà si dicono abeliani. Il comportamento delle classi di resto rispetto all operazione di addizione può essere riassunto nelle cosiddette tavole di composizione. Vediamo come si costruiscono. Z 4,+ ( ) [ 0] [ 1] [ ] [ 3] [ 0] [ 0] [ 1] [ ] [ 3] [ 1] [ 1] [ ] [ 3] [ 0] [ ] [ ] [ 3] [ 0] [ 1] [ 3] [ 3] [ 0] [ 1] [ ] Una lettura attenta della tavola di composizione permette di ritrovare gli assiomi della struttura di gruppo (e, in particolare, verificare agevolmente l associatività). Consideriamo le seguenti proprietà aggiuntive della congruenza: se a a" mod(n) e b b" mod(n), allora 4. (a ± b) ( a " ± b ")mod(n); 5. ab a " b" mod(n). Esercizio. Porre a = a! + rn e b = b! + sn e verificare le proprietà 4 e 5 della congruenza. Le equazioni con le classi di resto Un interessante applicazione del metodo per la ricerca delle soluzioni intere di un equazione diofantea, è rappresentata dal procedimento per la risoluzione delle equazioni con le classi di resto, ovvero equazioni del tipo [ ax] = [ b]mod(n). Intanto, qual è il significato di questa scrittura? Dire ax [ ] = [ b] modulo n significa affermare che le due classi di resto coincidono, e se due numeri appartengono alla stessa classe di resto, allora sono congrui modulo n, quindi n divide la loro differenza: ax b = ny. Di conseguenza, risolvere l equazione [ ax] = [ b]mod(n) equivale a cercare le soluzioni intere in x (che ci interessa) ed in y (che ci interessa meno), dell equazione ax ny = b. Esempio. Risolvere l equazione [ 14x] = [ 1]mod(77). In base a quanto appena accennato cerchiamo le soluzioni intere dell equazione 14x 77y = 1. Possiamo dividere ambo i membri per 7, ottenendo l equazione equivalente x 11y = 3. Verificato che quest equazione ammette soluzioni intere, il metodo per la loro

15 ! 9! " x =11n 15 ricerca conduce alle soluzioni. A noi interessa x =11n 15. Ora, poiché y = n 3 15 =11+ 4, la soluzione può essere scritta in una forma più adeguata al contesto in cui è inserita, ovvero quello delle classi di resto: x =11n 4..3 Il binomio di Newton e la divisibilità Per binomio di Newton si intende un espressione del tipo (a + b) n. Lo sviluppo di questo binomio può essere associato al cosiddetto triangolo di Tartaglia, con il quale vengono rappresentati (a meno del segno) i coefficienti dello sviluppo: (x + y) = x + xy + y (x + y) 3 = x 3 + 3x y + 3xy + y (x + y) 4 = x 4 + 4x 3 y + 6x y + 4xy 3 + y 4... Osserviamo ad esempio l ultimo sviluppo: se portiamo il termine x 4 a sinistra otteniamo (x + y) 4 x 4 = 4x 3 y + 6x y + 4xy 3 + y 4 = y (4x 3 + 6x y + 4xy + y 3 ) := y m ;!da questo segue che y ( x + y) 4 x 4 e quindi, in generale, y (x + y) n x n. Esempio. Dimostrare che 5 n 1 è divisibile per 4. Poiché 5 = 4 +1, possiamo scrivere 5 n 1= (4 +1) n 1. Per quanto osservato in precedenza, 4 divide (4 +1) n 1 n, ovvero 5 n 1, come volevasi dimostrare. Oppure: poiché 5 [ 1]mod(4), per la proprietà aggiuntiva 5, tutte le potenze di 5 appartengono alla classe di resto 1 [ ] modulo 4, da cui segue che 4 divide 5 n 1. Un criterio per la divisibilità La proprietà 5 permette di determinare i resti delle divisioni delle successive potenze di 10 per un numero dato. Per esempio, poiché 10 1mod(11), allora 10 1 conseguenza, se z = a n a n 1...a 0 = n k=0 a k 10 k, la sua classe di resto modulo 11 è ( ) mod(11), e così via. Di " 11 n n n [ z] = a k 10 k ' = " a k 10 k & = [ a k ]" 10 k & k=0 & = a k( 1) k. Morale, un numero intero è divisibile per k=0 k=0 k=0 11 se la somma delle cifre a segno alterno è zero. Per esempio, z =11 z [ ] =1 +1= 0. Analogamente possiamo stabilire criteri di divisibilità per 3 o per 9. Infatti, 10 1mod(3), e pure 10 1mod(9). Questo significa che la verifica della divisibilità viene condotta sulla somma delle cifre: se questa è multipla di 3, o di 9, allora il numero è divisibile per 3 o per 9. Come ultimo caso, studiamo la divisibilità per 7. Risulta: 10 3mod(7) 10 mod(7) 10 3 ( 1)mod(7) 10 4 ( 3)mod(7) 10 5 ( )mod(7) mod(7) Esercizio. Determinare a quale numero compreso tra 0 e 6 è congruo modulo 7 il numero Esercizio. La struttura algebrica Z 4, { }, ( ) è un gruppo? E ( Z 5 0 )? Esercizio. Dimostrare che, se p è primo, ab 0mod(p) a 0mod(p) b 0mod(p).! ( ) p ab p a p b a 0mod(p) b 0mod(p) ;.

16 ! 10!! ( )a 0mod(p) b 0mod(p) ab = hp ab 0mod(p). Il piccolo teorema di Fermat Un importante criterio di divisibilità ci viene fornito dal seguente risultato. Teorema (Fermat). Se p è primo e p / a, allora a p 1 1mod(p). Dimostrazione. Costruiamo i seguenti multipli di a: m 1 =1 a, m = a,..., m p 1 = (p 1) a, e consideriamo m s m r = (s r)a. Poiché p / a e p è primo (quindi non divide s r, essendo s,r p 1), nessuna coppia m r, m s è congrua modulo p. Inoltre, nessun m i è congruo a zero modulo p (perché?). Di conseguenza, preso un numero m i, per il teorema della fattorizzazione unica, non essendo primo, deve essere divisibile per un certo intero compreso tra 1 e p 1 (estremi inclusi). Di conseguenza, i numeri m 1 =1 a, m = a,..., m p 1 = (p 1) a sono congrui ai numeri 1,,..., p 1, presi in un certo ordine. Ora, poiché m 1 m... m p 1 = (1... p 1)a p 1, risulta quindi (1... p 1)a p 1 (1... p 1)mod(p). Quindi p è un numero primo che divide il prodotto (1... p 1)(a p 1 1). Ne segue che p deve quindi dividere un fattore tra (1... p 1) e (a p 1 1) ; poiché non divide il prodotto (1... p 1), deve necessariamente dividere (a p 1 1) e quindi a p 1 1mod(p). Esercizi { } formato 1. Sia m N. Definiamo l insieme E m = n N 1 n < m, MCD(n, m) =1 dai numeri naturali minori di m primi con m. Dimostrare che l insieme * = n Z 1 {[ ] Z 1 n E m } è un gruppo rispetto all operazione di moltiplicazione tra classi di resto in Z 1.. Risolvere la seguente equazione: [ 18x] = [ 16]mod Si stabilisca se è divisibile per Si spieghi perché l insieme Z n munito dell operazione di moltiplicazione tra classi di resto, non può essere un gruppo se n è un numero naturale composto. Quale struttura algebrica origina? Cosa possiamo dire, in tal senso, di Z n 0 [ ]? { }, al variare di m N dà origine alla funzione nota come ϕ(m) di Eulero. Si dimostri che 5. Il numero di elementi dell insieme E m = n N 1 n < m, MCD(n, m) =1 dal Teorema di Eulero: se a < m e MCD(a, m) =1, allora a ϕ (m) 1mod m è possibile dedurre come corollario il celebre Teorema di Fermat: se a < p, p primo e MCD(a, p) =1, allora a p 1 1mod p. 6. Un numero è divisibile per tre se la somma delle cifre è un multiplo di tre. Giustificare quest affermazione. 7. (Problema 5 libro di testo). Un marziano, dopo aver visto scritta l equazione x 16x + 41= 0, invitato a scrivere la differenza delle radici, scrive 10. Sapendo che i numeri tra 0 e 6 coincidono con quelli in base 10, si dica quante dita ha il marziano. 8. Si attribuisca un significato alla frazione 1 4 mod(7). 9. Si attribuisca un significato alla frazione 1 4 mod(6). 10. Dimostrare che per ogni n > 0 il numero 5 n + 3 (n 1) +1 è divisibile per 8.

17 ! 11! 11. Dire a quale classe di resto modulo 5 appartiene il numero (Problema 34 libro di testo) E dato un cesto di uova; si sa che se si tolgono a due a due resta un uovo, se si tolgono a tre a tre ne restano due, mentre se si tolgono a quattro a quattro ne restano tre. Dire qual è il numero minimo di uova nel cesto. 13. Dimostrare che in Z p con p primo vale l uguaglianza x + y ( ) p = x p + y p. 14. (Problema 74 libro di testo). Due cercatori d oro hanno due grandi sacchi di pezzi d oro. Il primo ha solo pezzi da 15 grammi, il secondo solo pezzi da 1 grammi. Può il primo pagare al secondo un debito di 7 grammi d oro? Potrebbe il secondo pagare al primo un debito di 9 grammi d oro? Soluzioni 1. Dalla definizione risulta E 1 = { 1, 5, 7,11}. Se associamo agli elementi di E 1 le rispettive classi di resto in Z 1, otteniamo l insieme che, munito dell operazione di prodotto in Z n, vogliamo verificare essere un gruppo: Z * 1 = {[ 1], [ 5], [ 7], [ 11] }. Per questo scopo è sufficiente costruire la tavola della moltiplicazione: * Z Osserviamo che l insieme è chiuso rispetto all operazione di moltiplicazione, che questa è associativa, che esiste l elemento neutro ([ 1] ), e che ogni elemento è inverso di se stesso.. 40 ( 18x 16) 18x 16 = 40y 9x 0y = 8. Le soluzioni dell equazione omogenea sono! x 0 = 0n ", una soluzione particolare è data da y 0 = 9n & x = 0n + 7 = 0n Risulta MCD 3, 7 x! = 9 8 = 7 y! = 4 8 = 3 per cui ( ) =1, 7 è un numero primo, quindi si può applicare il teorema di Fermat: [ ]. Allora 3 6 1mod 7. Ora, 155 = & = & = 35 & = 5!3 " = [ 5 ] + [ ] = [ 0]. Il numero è quindi divisibile per Nell insieme Z n munito dell operazione di moltiplicazione tra classi di resto, ad esempio in Z 6 esiste un elemento, [ ], che non ha inverso rispetto alla suddetta operazione. Ciò è sufficiente per affermare che Z 6 è un monoide associativo, ma non un gruppo. In generale questo accade in Z n se n è composto e si considera la classe di resto di un divisore primo di n. Per quanto riguarda Z n 0 [ ], in base a quanto appena affermato possiamo concludere che non risulta chiuso rispetto alla moltiplicazione, quindi non è neppure una struttura algebrica.

18 ! 1! 5. La chiave per la soluzione del problema è rappresentata dal fatto che, se m è un numero primo p, allora tutti gli interi minori di p sono primi con p. Poiché tali interi sono, ovviamente, in numero di ϕ(p) = p 1, allora a ϕ (m) 1mod m è proprio la tesi del teorema. 6. Si osserva che 10 1mod3 [ 10] = [ 1] 10 n [ ] n = [ 1] n = [ 1], di conseguenza un & = 10 qualsiasi numero intero z = a n a n 1...a 0 = a n 10 n + a n 1 10 n a 0, è tale che [ z] = [ a n + a n a 0 ], come volevasi dimostrare. 7. Indicato con n il numero di dita del marziano (si suppone che abbia due mani, ognuna con lo stesso numero di dita), ragionando come faremmo in base dieci scriviamo: 16 =1 n n 0 ; 41= 4 n 1 +1 n 0 ; 10 =1 n + 0 n 0. In questo modo i coefficienti dell equazione di secondo grado sono a =1=1 n 0 ; b = 16 = (n + 6); c = 41= (4n +1), e la differenza delle radici, espressa dalla condizione x x 1 = Δ a 10 = n = (n + 6) 4(4n +1) n = Si tratta di trovare il reciproco di 4 modulo 7, ovvero la classe di resto che, moltiplicata per la classe di 4, dà come risultato la classe di 1: si tratta della classe di resto modulo : 1 4 mod(7) = [ ] 7. Infatti [ ] 7 4 [ ] 7 = 8 [ ] 7 = 1 [ ] Stavolta non è possibile attribuire un significato alla frazione. Infatti, se moltiplichiamo 4 per ognuno dei numeri da 1 a 5, non otteniamo mai un numero che, diviso per 6, dà come resto uno. 10. Dall osservazione delle successive potenze di 5 possiamo concludere che 5 n 5 [ ] 8 se n è [ ] 8 se n è pari. Ora, sempre per n pari, 3 (n 1) [ 3] 8 e per n dispari [ ] 8. Ricapitolando, 5 n + 3 (n 1) +1 [ 1] + [ 3] + [ 1] = [ 0] se n è pari, e [ ] + [ 1] + [ 1] = [ 0] se n è dispari. In ogni caso giungiamo al risultato dispari, oppure che 5 n 1 3 (n 1) 1 5 n + 3 (n 1) +1 5 cercato. 11. Osserviamo che le classi di resto a cui appartengono le potenze di che costituiscono i singoli addendi si ripetono con questa periodicità: 1 [ 1] [ ] 4 [ 4] 8 [ 3] 16 [ 1] 3 [ ] 64 [ 4] 18 [ 3]. La periodicità è giustificata dalle proprietà aggiuntive. Quindi la somma fino all addendo 19 avviene contando 1 [ ] + [ ] + [ 4] + [ 3] = [ ] = [ 10] = [ 0] esattamente 5 volte. La somma è quindi divisibile per 5, quindi appartiene alla classe di resto Il numero minimo di uova N appartiene alla classe di resto 1 modulo due, a quella modulo tre, e a quella 3 modulo quattro: N 1 [ ] N = m +1; N [ ] 3 N = 3n + ; N [ 3] 4 N = 4k + 3. I numeri di uova possibili si ottengono risolvendo le equazioni diofantee (a soluzioni intere!) che si m 3n =1 ottengono uguagliando le espressioni sopra:. Dalla prima m 4k = m k =1 equazione segue, ad esempio, m = 5 e n = 3. Sostituendo nella seconda equazione otteniamo k =. Per questi valori risulta N =11.

19 ! 13! 13. Per il teorema di Fermat risulta x p x mod(p) e y p ymod(p). Di conseguenza ( x p + y p ) (x + y)mod(p) e, poiché, sempre per il teorema di Fermat, ( x + y) p (x + y)mod(p), la tesi segue per la proprietà transitiva. 14. Nella transazione (con resto) indicati con x e con y il numero di pezzi rispettivamente da 15 e da 1 grammi, per rispondere alla domanda occorre risolvere l equazione diofantea 15x 1y = 7 5x 7y = 9. Le soluzioni sono x = 3 e y =. Nel secondo caso, poiché MCD(15, 1) = 3 non divide 9, l equazione risolvente 1y 15x = 9 non ha soluzioni intere; il pagamento non può quindi avvenire. Approfondimento: la divisibilità per tre, e il numero minimo di pesate con la bilancia a bracci uguali Vogliamo risolvere il seguente problema: qual è il numero minimo di masse campione necessario per misurare con una bilancia a bracci uguali una massa non superiore ai 1000g? Una risposta a questa domanda può essere data interpretando opportunamente i resti nella divisione per tre. Infatti, ogni numero nella divisione per tre può dare come resto 0, 1,. Ora, se osserviamo che 1= 3, possiamo suddividere tutti i numeri interi nelle cosiddette classi di resto [ 1], [ 0], [ 1], ed esprimere così ogni numero tra 1 e 1000 in base 3. Quindi, ogni valore numerico di massa è ottenibile combinando opportunamente masse campione da 3 n g, con 3 n 1000, ovvero n = 6, dal momento che 3 7 = 187 >1000. La nostra pesiera ideale è dunque costituita da masse campione di { 1,3, 9, 7,81, 43, 79}g. Qual è l idea che sta alla base del ragionamento? La risposta ci viene suggerita dalla bilancia stessa, in quanto una volta posta la massa da misurare su uno dei due bracci, per esempio quello di sinistra, possiamo raggiungere l equilibrio mettendo le masse campione sui due bracci. In questo modo -1 rappresenta le masse che vengono poste sul braccio dove si trova la massa da misurare, e 1 quelle che vengono poste sull altro braccio. Vediamo come funziona il tutto con un esempio. Se vogliamo misurare una massa da 378g dobbiamo procedere così: 43 < 378 < 79 e 378 > = 364 quindi metteremo la massa da 79g sull altro piatto: = 351. Il peso da 79g non possiamo più utilizzarlo. Si ha, anzi si deve necessariamente avere, 351< = 364, quindi =108, il peso da 43g viene messo sullo stesso piatto della massa da misurare. A questo punto 108 = : siamo stati fortunati, poniamo le masse da 81g e da 7g sullo stesso piatto della massa da misurare ed il gioco è fatto. Riassumendo: " 378 = = = = = , 81,7 79

20 ! 14! CAPITOLO 3 POLINOMI 3.1 Definizione. Addizione e moltiplicazione tra polinomi Si dicono polinomi in una variabile, espressioni del tipo P(x) = a 0 + a 1 x a n x n, dove i coefficienti appartengono ad un determinato insieme numerico. In genere ci occuperemo di polinomi a coefficienti interi, con qualche accenno ai casi in cui i coefficienti appartengono all insieme dei numeri reali, o all insieme quoziente Z n. Un polinomio è scritto nella forma canonica dopo che i monomi simili sono stati tutti sommati tra loro, e si definisce grado del polinomio quello maggiore dei monomi che lo costituiscono. Consideriamo identici due polinomi che hanno lo stesso grado, e gli stessi coefficienti corrispondenti. I polinomi possono essere sommati o moltiplicati tra loro. Riprendiamo la regola in base alla quale queste operazioni possono essere eseguite. Siano P(x) = a 0 + a 1 x a n x n e Q(x) = b 0 + b 1 x b m x m due polinomi con, ad esempio, n > m. Risulta: P(x)+Q(x) = a 0 + b 0 ( ) + (a 1 + b 1 )x (a m + b m )x m + a m+1 x m a n x n ; P(x) Q(x) = a n b m x n+m + (a n b m 1 + a n 1 b m )x n+m a 0 b 0. In queste ipotesi è chiaro il motivo per cui non viene assegnato il grado al polinomio nullo P(x) 0 : se, per assurdo, fosse d il grado del polinomio nullo, per la regola di moltiplicazione risulterebbe ad esempio 0 = 0 x d +1= d, e ciò non è possibile. E possibile osservare un interessante analogia tra l insieme dei polinomi a coefficienti interi, che denotiamo con Q x [ ], e quello dei numeri interi, dove per ogni elemento esiste l opposto rispetto all addizione, ma non il reciproco rispetto alla moltiplicazione. E quindi necessario approfondire la questione legata alla divisibilità tra polinomi. Divisibilità tra polinomi Definizione. Si dice che il polinomio A(x) è divisibile per il polinomio B(x) se esiste un polinomio Q(x), detto il quoziente, tale che A(x) = Q(x)B(x). Notiamo come questa definizione richiami quella analoga di divisibilità tra numeri interi. L analogia prosegue con la verifica delle seguenti proprietà: D(x) A(x), B(x) D(x) A(x)+ B(x) ( ) ; D(x) A(x) D(x) A(x)C(x) ; D(x) A(x) A(x) B(x) D(x) B(x). Questo esame comparato ci porta alla ricerca dell analogo per i polinomi dei numeri primi. Riducibilità tra polinomi Definizione. Un polinomio si dice riducibile se ammette divisori diversi dalle costanti non nulle e da se stesso; in caso contrario si dice irriducibile. I polinomi irriducibili costituiscono quindi l analogo dei numeri primi. E importante notare che la riducibilità di un polinomio è legata all insieme a cui appartengono i coefficienti. Ad esempio, il polinomio A(x) = x = (x )(x + ) è riducibile come polinomio a coefficienti reali, ma non lo è come polinomio a coefficienti interi. Analogamente, il polinomio A(x) = x +1 non è riducibile come polinomio a coefficienti reali. Infatti, per stabilire se, in generale, un polinomio di secondo grado è riducibile, occorre vedere se questo può essere scritto come prodotto di due polinomi di primo grado. Poniamo quindi x +1= (x + a)(x + b). Svolgendo il prodotto al membro di destra, ed uguagliando i coefficienti dei

21 ! 15! " polinomi ai due membri dell uguaglianza, otteniamo: x +1= x + (a + b)x + ab 1=1 0 = a + b 1= ab chiaramente impossibile. Quindi, il polinomio A(x) = x +1non è riducibile nell insieme dei reali. Esiste un insieme in cui, tuttavia, il polinomio A(x) = x +1 è riducibile: il quoziente Z. Infatti, il! a + b = 0! a =1 sistema " ha soluzioni " (vedi le tavole di composizione dell addizione e della ab =1 b =1 moltiplicazione in Z ). Strumenti molto utili per risolvere questioni legate alla riducibilità dei polinomi, sono rappresentati dai prodotti notevoli. Ne riportiamo alcuni, espressi in modo opportuno. ( a x b ) = ( ax b) ( ax + b), ( a 3 x 3 b 3 ) = ( ax b) ( a x + abx + b ), ( ax + b) n n! n = & a k x k b n k. k=0" k Esercizi 1. Scrivere il polinomio x 1 + x 6 +1 come prodotto di fattori (fattorizzare, cioè, il polinomio).. Dimostrare che in Z n vale l uguaglianza x ax + k = x (a n)x + n + k. 3. Si determinino a, e b in modo tale che i polinomi x 3 ax + bx +1 e x 3 + bx + (a 1)x +1siano identici. 4. Eseguire nell insieme dei polinomi Z 7 x cosa corrisponde questo prodotto in Z 5 [ x]? Ed in Z 3 [ x]?. ( ) x + 4 [ ] il prodotto x 5x +1 ( ) (3 x )(6 + x 3 ). A 5. Si trovi un insieme in cui il polinomio x + 9 è riducibile. 6. Dato il polinomio A(x) = ax + bx + c, determinare a, b, c affinché A(x +1) A(x) = x. Supponiamo inoltre che la variabile x possa assumere soltanto i valori naturali 1,, 3, Si dimostri che dalle differenze A(n +1) A(n) è possibile ottenere la formula della somma dei primi N numeri naturali. 7. Si sfruttino le considerazioni dell esercizio precedente per calcolare, a partire dal polinomio A(x) = ax 3 + bx + cx + d, la somma dei quadrati dei primi N numeri naturali. 8. Si dica per quale valore di h il polinomio x 3 4x + 4x + h è divisibile per x +1. ( ), x Si sviluppino i seguenti prodotti notevoli: a 3 + b 3 x 3 ( ) 7. Soluzioni 1. x 1 + x 6 +1= ( x 6 +1) x 6 = " ( x 6 +1) x 3 " ( x6 +1) + x 3 " a = a + n = (a n). Z n :. k = k + n " " a = b & 3. a =1. b = a 1 & b = 1 " x 5 x 3 + 5x + x (Z 7 ) 4. x 5 x 3 + 5x 19x 14 = x 5 x 3 + x +1 (Z 5 ). x 5 x 3 + x + x +1 (Z 3 ),

22 ! 16! 5.! " a + b = 0 ab = 9 in Z 10 risulta, ad esempio, " 1+ 9 = = 9 6. x = A(x +1) A(x) = a(x +1) + b(x +1)+ c ax bx c = ax + a + b. a =1 a + b = 0 & a =1 & b = 1 Dalla somma delle A(n +1) A(n) = n, otteniamo il valore della somma dei primi n numeri naturali: A(n +1) A(1) = (n +1) 7. x = A(x +1) A(x) = 3ax + 3a + b n +1 + c ( ) x + a + b + c n(n +1) c =. (n +1)3 (n +1) segue A(n +1) A(1) = + n d Posto x 3 4x + 4x + h = (x +1)(ax + bx + c) h = 9. ( ) = a + bx 9. a 3 + b 3 x 3 ( ), ( ) a abx + b x & 3a =1 a =1 3 3a + b = 0 b = 1 a + b + c = 0 c =1 6 ( x +1) 7 7! 7 = & x k 1 7 k =1+ 7x + 1x + 35x x 4 + 1x 5 + 7x 6 + x 7. " k k=0 n(n +1)(n +1) d =. 6. Da questo 3. Divisione con resto fra polinomi Vediamo se le operazioni che hanno permesso, nel caso della divisione tra numeri interi, di determinare quoziente e resto, si possono adattare all insieme dei polinomi. Ad esempio, abbiamo scritto 3 diviso 1 nella forma 3 = 1 +8, dove rappresentava il quoziente, e 8 il resto. Ora, quanto scritto può essere interpretato come il risultato di (quoziente) sottrazioni successive: 3 1 = = = = 1 +8 Proviamo ad applicare questo metodo al caso dei polinomi. Siano A(x) = 5x 4 3x + 4x e B(x) = 5x 1. Se dividiamo il monomio di grado massimo di A(x) per quello di B(x) otteniamo: 5x 4 5x = x e, quindi A(x) x B(x) = x + 4x := R 1 (x). Ripetiamo il procedimento dividendo stavolta il monomio di grado massimo del resto venutosi a formare al passaggio precedente, R 1 (x), " sempre per quello di B(x) : R 1 (x) 'B(x) := 4x 1 5& 5 := R (x). Il processo si arresta quando il grado del polinomio resto che si viene a formare è minore di quello del polinomio divisore B(x). Ricapitolando: A(x) x B(x) = x + 4x := R 1 (x) " R 1 (x) 'B(x) = 4x 1 5& 5 := R (x), deg R (x) " A(x) x 'B(x) = 4x 1 5& 5 [ ] < deg[ B(x) ]..

23 ! 17! Con questo procedimento sembra possibile determinare il resto senza effettuare la divisione che, tuttavia, poteva essere eseguita con il metodo usuale (che poggia su quanto appena visto): 5x 4 3x + 4x 5x 4 + x x 5x 1 + 4x. x 5 x 5 4x 1 5 := R(x) Questo metodo di divisione può essere generalizzato, ed enunciato formalmente come teorema. Teorema 1. Siano A(x) e B(x) due polinomi tali che deg A(x) [ ] = n deg[ B(x) ] = m. Allora è possibile sottrarre ad A(x) un multiplo di B(x), detto Q(x), in modo da ottenere un polinomio R(x) di grado inferiore a quello di A(x). Dimostrazione. Si tratta di compiere il procedimento visto sopra: A(x) a n b m x n m B(x) := R(x), e di iterarlo sostituendo ad ogni passo il dividendo con il resto che si viene così a formare, finché non si ottiene un resto di grado minore di quello del divisore. Esercizi 10. Determinare il resto, senza eseguire la divisione, tra i polinomi A(x) = 3x 3 + 5x x + e B(x) = x Determinare a, b in modo tale che il polinomio x 4 + ax 3 + x + 4x + b sia divisibile per x + x. Soluzioni 3x 3 x = 3x A(x) 3x B(x) = x x + := R 1 (x); x 10. Si ha x = x R 1(x) ( x)b(x) = x + := R (x);. x x =1 R (x) (1)B(x) = 0 A(x) = (3x x +1)(x + ) R(x) = Si determina il resto: R 3 (x) = (a +1)x + b R 3 (x) = 0 a = 1. & b = 0 A questo punto è possibile enunciare un risultato che ricorda molto uno analogo relativo alla divisione tra interi. Teorema. Siano A(x) e B(x) due polinomi tali che B(x) 0. Esiste un unica coppia di polinomi Q(x), R(x) tali che A(x) = B(x) Q(x)+ R(x), dove deg[ R(x) ] < deg[ B(x) ] deg[ B(x) ] = 0. Dimostrazione. L esistenza è una diretta applicazione del metodo visto nel teorema 1. Si dimostra quindi l unicità, supponendo per assurdo l esistenza di due coppie tali che

24 ! 18! A(x) = B(x) Q 1 (x)+ R 1 (x). Sottraendo membro a membro si ottiene l uguaglianza A(x) = B(x) Q (x)+ R (x) 0 = B(x) [ Q 1 (x) Q (x)] + [ R 1 (x) R (x)]. Se [ Q 1 (x) Q (x)]!fosse diverso da zero, sarebbe un polinomio di grado k, quindi B(x) [ Q 1 (x) Q (x)] avrebbe grado m + k. Ora, per ipotesi, [ R 1 (x) R (x)] ha grado minore di m, quindi il membro di destra dell uguaglianza 0 = B(x) [ Q 1 (x) Q (x)] + [ R 1 (x) R (x)] avrebbe grado m + k, e non potrebbe quindi essere uguale al polinomio nullo, membro di sinistra. Analogamente al caso dei numeri interi, il polinomio A(x) è divisibile per B(x) se e soltanto se il resto R(x) è uguale a zero. Sussiste al riguardo il seguente risultato. 3.3 Il teorema di Ruffini Teorema 3. (Ruffini) Il polinomio A(x) è divisibile per (x α) quando il resto R(x) è uguale a zero, quindi se e solo se A(α) = 0. In questo caso si dice che α è una radice del polinomio. Dimostrazione. ( ) A(x) è divisibile per (x α), allora A(x) = (x α)q(x) A(α) = (α α)q(α) = 0. ( ) Viceversa, posto A(x) = (x α)q(x) + R(x), segue che deg R(x) [ ] < deg[ x α] =1, quindi il resto è una costante, per cui A(x) = (x α)q(x)+ h. Si giunge alla tesi facendo vedere che questa costante è 0: per ipotesi A(α) = 0, allora 0 = A(α) = (α α)q(α)+ h h = 0. Tra le conseguenze del teorema di Ruffini consideriamo le seguenti. Proposizione 1. Un polinomio di terzo grado è riducibile se e solo se ammette una radice. Dimostrazione. ( ) Un polinomio di terzo grado riducibile può essere scritto nel prodotto di un polinomio di grado uno per un polinomio di grado due. La tesi segue dal fatto che un polinomio di grado uno ammette sempre una radice. ( ) Viceversa, se il polinomio A(x) ammette una radice α, può essere scritto nella forma A(x) = (x α)q(x), dove il quoziente è un polinomio di grado due. Proposizione. Se α è una radice di un polinomio a coefficienti interi, allora α divide il termine noto. Dimostrazione. P(x) = a 0 + a 1 x a n x n 0 = P(α) a 0 = α a 1 + a x a n x n 1 ( ) α a 0. Esercizi 1. Trovare tutte le radici, intere o razionali, del polinomio x 4 3x 3 x Tra i polinomi di secondo grado che divisi per (x 1),(x ) danno per resto 4, determinare quello che ha come radice α = E dato il polinomio P n (x) = x n +1 sull insieme degli interi. Per quali valori di n è riducibile? In tal caso, si dica quant è il valore dei coefficienti del polinomio di grado massimo che si viene a determinare nella divisione. 15. Dividere il polinomio x 16 1per x 1, e determinare i coefficienti del polinomio quoziente. 16. Si trovino le intersezioni tra la parabola di vertice V(, ) passante per l origine, e l iperbole xy = Per quali valori di k la parabola di equazione y = x x 1 interseca l iperbole xy = k in punti ad ascissa intera? 18. Sia P(x) un polinomio e Q(x) = P(x)+1. Dimostrare che P(x) n +Q(x) n 1 è divisibile per il prodotto P(x) Q(x). 19. Dimostrare che un polinomio è divisibile per (x 1) se la somma dei suoi coefficienti è zero.

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