Comunicato stampa Informazioni tecniche Colophon Testi istituzionali Saggio dal catalogo: Pier Giovanni Guzzo Le luci di Ercolano

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1 indice Comunicato stampa Informazioni tecniche Colophon Testi istituzionali Saggio dal catalogo: Pier Giovanni Guzzo Le luci di Ercolano Elenco delle opere in mostra Scheda catalogo torna all indice

2 comunicato stampa Ercolano Tre secoli di scoperte Napoli, Museo Archeologico Nazionale 16 ottobre aprile 2009 Dal prossimo 16 ottobre il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ospita per la prima volta una grande mostra dedicata alle straordinarie opere (scultore, affreschi, iscrizioni) che in quasi tre secoli di scoperte sono state restituite da quel miracolo archeologico che è l antica Ercolano. Se Ercolano, insieme a Pompei e alle ville di Oplontis, è stata dichiarata dall Unesco nel 1997 Patrimonio dell Umanità è perché con i suoi stupefacenti resti offre una testimonianza della vita e della società romana con tanta abbondanza di particolari e con l immediatezza della conservazione da potersi ritenere unica al mondo. Le altissime temperature sviluppate dall eruzione del Vesuvio hanno infatti determinato a Ercolano un fenomeno di conservazione assolutamente originale e in larga misura privo di confronti anche nella stessa Pompei, al di là degli affreschi e delle sculture. Ercolano ha restituito le testimonianze più ricche e complete del mondo antico, riferite anche ad aspetti e temi della vita quotidiana e della società romana (religione, ambito domestico, abbigliamento, arredi): materiali organici, carbonizzati, di ogni genere, quali tessuti, papiri, legni, commestibili, tavolette cerate, tutte preziosissime fonti di informazione per quegli aspetti minori e quotidiani della civiltà romana. La terribile eruzione del 79 d.c., che in una notte cancellò uomini e cose, ha fatto sì che a noi giungesse una città intera, ancora pullulante di vita, sia pure nelle forme proprie impresse da una catastrofe appena compiuta: tetti scoperchiati, muri abbattuti, porte scardinate, statue travolte, suppellettile disseminata ovunque, tutto però in larga misura recuperabile o ricomponibile e, quel che più conta, fresco e vivido come mai accade negli scavi condotti in altre zone archeologiche del mondo, ove il tempo ha avuto modo di sgretolare gradualmente le strutture e le opere originarie, o in altri casi di trasformarle, di inglobarle, spesso di distruggerle completamente. Per tutto quello che invece è venuto alla luce a Ercolano, da un punto di vista conservativo, il tempo non è trascorso dalla notte del 79 fino al momento della scoperta. In questa mostra sono per la prima volta materialmente ricongiunte e presentate al pubblico quasi tutte le opere della grande statuaria restituite dalla città, che appartengono a stagioni diverse della storia degli scavi e che ne hanno determinato il diverso destino quanto a luogo di conservazione e quindi anche di potenziale fruizione. torna all indice La plurisecolare storia degli scavi di Ercolano, iniziata per caso nei primi anni del 1700, visse infatti una prima stagione per impulso del re Carlo di Borbone che nel 1738 diede ufficialmente inizio alle esplorazioni per cunicoli sotterranei. Le opere di particolare pregio venivano trasportate nell Herculanense Museum, ricavato nell ala del Palazzo Caramanico della Reggia di Portici che frattanto

3 Carlo di Borbone aveva fatto costruire, affinché visitatori di rango e studiosi, previo permesso regio, potessero ammirarli. Alla stagione delle esplorazioni borboniche, appartengono principalmente il Teatro, la Villa dei Papiri, la Basilica Noniana e l Augusteum (cd. Basilica), gli imponenti cicli scultorei dei quali, trasferiti nel 1822 dall Herculanense Museum al Palazzo degli Studi a Napoli, che sarebbe diventato il Real Museo Borbonico e quindi, con l Unità d Italia, il Museo Archeologico Nazionale di proprietà dello Stato, vengono ora per la prima volta con questa mostra riuniti e presentati al pubblico in tutta la loro magnificenza. Artefice della grandiosa e sistematica operazione di scavo a cielo aperto e di contestuale restauro è stato invece Amedeo Maiuri, che fra il 1927 e il 1958, ha messo in luce la massima parte dell attuale parco archeologico. Nello scavo dell antica Ercolano Amedeo Maiuri concretizzò la sua idea di offrire ai visitatori un suggestivo esempio di città-museo e per far ciò allestì un piccolo Antiquarium nella Casa del Bel Cortile e ricollocò molti oggetti in sito, anche a prezzo di qualche tradimento rispetto ai reali contesti di rinvenimento. Tutte le opere provenienti da questi scavi sono rimaste convenientemente a Ercolano, insieme a quelle scaturite dagli scavi eseguiti negli ultimi venti anni, fra cui la statua loricata di Nono Balbo, gli splendidi rilievi arcaistici, la Peplophoros e l Amazzone dall area della Villa dei Papiri. Queste sculture saranno tutte in mostra e verranno poi esposte nell Antiquarium di sito, la cui apertura al pubblico è prevista per la fine del 2009, offrendo un utile e non comune complemento alla visita. In occasione della mostra, l atrio monumentale del Museo ritorna al suo antico decoro, rivivendo come spazio espositivo. Il percorso della mostra, che comprende oltre 150 opere, è articolato in sezioni opportunamente definite da uno scenografico gioco di luci, che simboleggia la distanza tra la vita immortale degli dei e la caducità della vita umana. L esposizione ha infatti inizio con la viva luce, che illumina le figure di dei, eroi e delle dinastie imperiali, così come ci appaiono nelle sculture di Ercolano (in particolare quelle provenienti dall Augusteum), come non è certo frequente trovare con tanta abbondanza e varietà in altri contesti archeologici. Prosegue con una luce in graduale attenuazione nelle successive sezioni, dedicate rispettivamente alle illustri famiglie ercolanesi che con atti di munificenza privata contribuirono al rinnovamento edilizio della città nella prima metà del I secolo d.c. (Marco Nonio Balbo e la sua famiglia, Lucio Mammio Massimo) e alle numerose sculture della Villa dei Papiri, che hanno fatto di questa villa un caso eccezionale nel panorama dell archeologia italiana, osservatorio privilegiato per la comprensione del ruolo svolto dalla cultura greca presso le classi dominanti della tarda repubblica romana. torna all indice Una luce più soffusa si diffonde sui ritratti della gente comune, significativamente accostati alle liste dei cittadini incise su marmo (cd. Albi degli Augustali), mentre le tenebre avvolgono gli scheletri dei fuggiaschi, una delle più straordinarie scoperte archeologiche degli ultimi decenni. Uomini, donne e bambini avevano cercato rifugio sull antica spiaggia e negli ambienti voltati prospicienti il mare quando con improvvisa, immediata brutalità, il

4 primo surge si abbatté su di essi, catturando per sempre, come in una macabra istantanea, il loro ultimo istante di vita. Anche nell archeologia della morte Ercolano ha rivelato la sua eccezionalità, offrendo allo studio di antropologi, vulcanologi e archeologi un campione di popolazione ben diverso e ben più ricco e promettente di quello che di norma proviene dalle necropoli. L ultima sezione, dedicata ai tessuti da Ercolano, prende spunto da un recente ritrovamento effettuato dalla Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei. Nell ambito dello scavo della Villa dei Papiri e dell Insula Occidentalis, e precisamente sulla terrazza del porticato adiacente al grande complesso termale dotato di piscina calida, è stata rinvenuta, nel luglio 2007, una massa informe di materiale organico, nei pressi di una borsa di cuoio, di legni carbonizzati pertinenti ad imbarcazioni e di una rete con pesi di piombo. Il microscavo certosino della massa informe ha consentito di recuperare un esteso frammento di tessuto, forse canapa, che nel suo aspetto consolidato verrà presentato per la prima volta al pubblico. Per l occasione si esporrà anche una ridotta, ma significativa, selezione di tessuti provenienti da Ercolano e da Pompei, che fanno parte di una raccolta del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, rimasta ad oggi sconosciuta al grande pubblico: la più grande collezione del mondo romano, costituita da 180 reperti tessili. Accanto a sacchi, sacchetti e piccoli borsellini, sono conservati pezzi in tela di cui sembra lecita l attribuzione ad indumenti personali, quali tuniche e mantelli. L esposizione di reperti tessili sarà integrata da un repertorio iconografico costituito da sculture e affreschi vesuviani, che consentiranno di inquadrare meglio i tessuti nel loro originario contesto d uso: l abbigliamento. torna all indice

5 informazioni tecniche Sotto l Alto Patronato del Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano Titolo Ercolano. Tre secoli di scoperte Sede Museo Archeologico Nazionale di Napoli Periodo 16 ottobre aprile 2009 Enti promotori Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Campania, Assessorato al Turismo e ai Beni Culturali Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei Comitato promotore Sandro Bondi, Ministro per i Beni e le Attività Culturali Antonio Bassolino, Presidente della Regione Campania Claudio Velardi, Assessore al Turismo e ai Beni Culturali della Regione Campania Pietro Giovanni Guzzo, Soprintendente per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei Curatori della mostra Pietro Giovanni Guzzo, Maria Paola Guidobaldi, Maria Rosaria Borriello Organizzazione e comunicazione Electa Allestimento Studio Associato Annunziata & Terzi Progetto grafico Tassinari/Vetta Catalogo Electa Orari Dalle 9 alle Chiuso martedì Tariffe 10 euro intero - 6,75 euro ridotto la mostra è inserita nel circuito Campania Artecard Prenotazione obbligatoria per gruppi, scuole e visite didattiche tel Sito internet Ufficio Stampa Electa Enrica Steffenini tel elestamp@mondadori.it Carolina Perreca tel comunicazione.napoli.electa@mondadori.it Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei Francesca De Lucia e Raffaella Levèque tel , delev@iol.it torna all indice

6 colophon Ercolano Tre secoli di scoperte 16 ottobre aprile 2009 torna all indice enti promotori Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Campania, Assessorato al Turismo e ai Beni Culturali Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei la mostra è stata promossa da comitato promotore Sandro Bondi Ministro per i Beni e le Attività Culturali Antonio Bassolino Presidente della Regione Campania Claudio Velardi Assessore al Turismo e ai Beni Culturali della Regione Campania Pietro Giovanni Guzzo Soprintendente per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei curatori della mostra Mariarosaria Borriello Maria Paola Guidobaldi Pietro Giovanni Guzzo comitato tecnico per gli spazi di mostra Mariarosaria Borriello Vega Ingravallo Maddalena Marselli ufficio stampa della Soprintendenza Francesca De Lucia Raffaella Leveque opere in mostra Napoli, Museo Archeologico Nazionale Ercolano, deposito archeologico Pompei, deposito archeologico schede di Mariarosaria Borriello (MB) Giuseppe Camodeca (GC) Antonella Coralini (AC) Maria Paola Guidobaldi (MPG) Marisa Mastroroberto (MM) Valeria Moesch () Valeria Sampaolo (VS) Grete Stefani (GS) le schede contrassegnate con * sono di elaborazione redazionale per i saggi sulla Villa dei Papiri, e per le relative schede, le abbreviazioni bibliografiche sono riportate al fondo del volume fotografie Luigi Spina foto nn. 27 e 28: archivio fotografico della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei;

7 foto n. 56: Luciano Pedicini, Archivio dell Arte, Napoli luci in allestimento sponsor tecnico organizzazione e comunicazione trasporti Arteria, Roma responsabile sede di Napoli Carlotta Branzanti assicurazioni sponsor tecnico coordinamento mostre Tiziana Rocco segreteria organizzativa Roberto Cassetta Maria Francesca Buonomo Annalisa Virgili ufficio stampa Enrica Steffenini Gabriella Gatto Carolina Perreca catalogo coordinamento Silvia Cassani con Gianni Manna progetto grafico e copertina Tassinari/Vetta impaginazione Tassinari/Vetta con Anna Dalla Via Francesco Nicoletti restauri Giovanni Morigi & Figlio snc, Bologna L Officina, Consorzio Restauro e Conservazione Opere d Arte, Roma Laboratori di restauro della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei: Napoli ed Ercolano si ringraziano lo staff tecnico e i consegnatari della Direzione del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dell'ufficio Scavi di Ercolano, di Boscoreale e di Pompei progetto di allestimento e coordinamento generale Studio Associato Annunziata e Terzi Adriana Annunziata e Corrado Terzi con la collaborazione di Marco Zanzarella progetto della grafica in mostra e della comunicazione Tassinari/Vetta realizzazione dell allestimento Tagi 2000 srl torna all indice

8 testi istituzionali Seguo con molta attenzione le mostre che, nei nostri musei, ci chiamano ad ammirare capolavori artistici della nostra storia passata, della nostra memoria, della nostra cultura. Le considero, infatti, elementi importanti di collegamento tra il lavoro di conoscenza e di tutela che svolgono gli specialisti delle soprintendenze e quello di valorizzazione e di fruizione nei confronti del grande pubblico dei visitatori. Sono questi ultimi i beneficiari finali, ma prioritari, dell estesa attività di tutela del patrimonio culturale italiano, alla quale il Ministero per i Beni e le Attività Culturali sovrintende. Questa mostra su Ercolano. Tre secoli di scoperte si giova di una sperimentata collaborazione tra la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei e la Regione Campania: un intesa segnata non solo da mostre che hanno riscontrato un ampio successo sia a Napoli sia in importanti musei esteri, ma anche da un ampio programma di ricerca, studio, restauro e valorizzazione a vantaggio delle numerose aree archeologiche e monumentali, oltre che dei musei, nell intera Regione. Ercolano rappresenta il luogo magico dell inizio dell archeologia moderna: è da lì che provengono quelle antichità che hanno influenzato il gusto e l attenzione verso l antico, una sensibilità ancora oggi molto viva. Cade, quindi, appropriata questa rivisitazione che unisce ritrovamenti ormai secolari con altri recentissimi. A dimostrazione della tenacia e della costanza dell azione di conservazione svolta dalla soprintendenza. Un opera preziosa cui, da pochi anni, si è unita l attiva presenza del Packard Humanities Institute, grazie al quale procede alacremente la conservazione della città antica di Ercolano. Siamo in presenza di un concreto esempio di virtuoso rapporto tra pubblico e privato, ancora più significativo in quanto di respiro internazionale. Tutto questo dimostra la valenza mondiale del patrimonio culturale italiano. Sta a noi non deludere chi crede in noi e ama il nostro Paese. Auguro a questa iniziativa, dai molteplici significati, un ampio successo che si riverberi a vantaggio della gloriosa istituzione che la ospita, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, erede del più antico Real Museo di Portici, prima sede di conservazione degli splendidi reperti ercolanesi e che presto sarà oggetto di un importante rinnovamento. Sandro Bondi Ministro per i Beni e le Attività Culturali torna all indice

9 Questa mostra è innanzitutto una grande occasione per ricostruire le straordinarie scoperte che, ininterrottamente, da tre secoli Ercolano restituisce al mondo intero. Per la prima volta vengono presentate le grandi opere scultoree rinvenute ad Ercolano, che continua ad offrire le testimonianze più ricche e complete del mondo antico. È importante sottolineare come, in occasione della mostra, l atrio monumentale del Museo Archeologico Nazionale ritorni a vivere come grande spazio espositivo. Un grande evento dunque, che è anche la prima iniziativa pubblica della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, recentemente istituita per riunire una secolare esperienza di tutela e di conoscenza. Non poteva esservi battesimo migliore. Con questa consapevolezza abbiamo intensamente collaborato con la Soprintendenza per realizzare al meglio questo mostra. Credo che uno dei pregi maggiori di Ercolano. Tre secoli di scoperte sia quello di coniugare la dimensione immaginifica ed evocativa, affidata ad uno scenografico gioco di luci, con quella prettamente scientifica e culturale. Il modo giusto per rinnovare lo straordinario paradosso di Ercolano: una immane tragedia che ha però consegnato alla storia un tesoro irripetibile, un bene culturale che appartiene all umanità intera. Con questa iniziativa facciamo un ulteriore passo in avanti nella valorizzazione del patrimonio archeologico e monumentale della nostra terra e che si inserisce nel ricco calendario di iniziative della Campania. Questa importante mostra sta dentro un percorso molto intenso di risanamento e recupero degli scavi di Ercolano che abbiamo condotto negli ultimi anni. Grazie all impegno della Soprintendenza, sono state migliorate in maniera evidente le condizioni degli scavi. È stato condotto un proficuo lavoro che ha avuto, nel grande successo di critica e di pubblico cui è andata incontro Ercolano di notte una significativa consacrazione. Recentemente abbiamo inaugurato il Mav, Museo Archeologico Virtuale di Ercolano, uno straordinario concentrato di tecnologie, una delle strutture più avanzate in Europa, il primo museo virtuale archeologico in Italia. Su questa grande infrastruttura civile e culturale abbiamo investito sei milioni di euro dei nostri fondi europei. Iniziative importanti, dimostrazione di un intenso lavoro volto a fare dello straordinario patrimonio storico, artistico, archeologico la prima e più importante risorsa produttiva, culturale e civile della nostra regione. Con questo impegno, con spirito di apertura e piena collaborazione vogliamo andare avanti. Antonio Bassolino Presidente della Regione Campania torna all indice

10 Ercolano. Tre secoli di scoperte è stata resa possibile da un significativo finanziamento da parte della Regione Campania: così proseguendo una ormai lunga e consolidata collaborazione svolta a vantaggio di una ragionata valorizzazione delle cultura archeologica. Questa mostra è, anche, la prima iniziativa pubblica della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei: da pochi mesi istituita riunendo, in fine, una più che secolare esperienza di tutela, di conoscenza, di studio, di servizio al pubblico. E pare emblematico che questa iniziativa presenti opere d arte antica rinvenute ad Ercolano, lì dove iniziò sul principio del XVIII secolo il percorso dell archeologia moderna. Opere conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed altre di più recente, e recentissimo, ritrovamento, disposte secondo la gerarchia ideale del mondo romano antico, sono qui raccolte ed offerte al pubblico a simboleggiare che una così lunga tradizione di stretta connessione tra scavo ed il suo museo non può essere interrotta da contingenti occasioni. I funzionari archeologi impegnati sul terreno e nel Museo sono stati gli artefici principali di questa iniziativa: va a loro, come a tutti quelli nei ruoli della Soprintendenza e in quelli delle imprese e delle società di servizio, che su numerosi versanti necessari al compimento dell operazione sono stati impegnati, il mio ringraziamento e, mi auguro, quello dei visitatori. L avvenuta istituzione della Soprintendenza, novella erede di una lunga e gloriosa storia, ingenera entusiasmo ed ottimismo: ma questi positivi sentimenti sono, e saranno si teme, messi a prova dalle difficoltà che si elevano contro la continuità dell esercizio di tutela, di valorizzazione, di fruizione svolta nel quadro del metodo scientifico che abbiamo ricevuto dai nostri maggiori e che adattiamo, infaticabilmente, alle sempre rinnovate esigenze espresse dalla società contemporanea. Ci si augura che la soddisfazione che proveranno i visitatori li renda sempre più attenti alle vicende della tutela in Italia del patrimonio culturale, e in specie delle nostre antichità, così che cresca la sensibilità pubblica nei confronti di un argomento basilare nel costituire parte della cultura diffusa, della nostra economia produttiva e della nostra storia nel quadro europeo. Pietro Giovanni Guzzo Soprintendente per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei torna all indice

11 saggio dal catalogo Le luci di Ercolano Pier Giovanni Guzzo torna all indice All inizio fu un pozzo: e poi un secondo. Dal buio della ricopertura vulcanica e dall oscurità dei secoli dimenticati iniziarono a dar luce su quell antica tragedia splendide opere antiche. Alle quali si unì, in quei fervidi decenni a cavallo della metà del XVIII secolo, una nutrita schiera di altre ammirate sculture, in bronzo e in marmo; di iscrizioni, di affreschi e mosaici multicolori; di decorazioni architettoniche. E, non ultimi, di papiri iscritti che permisero di intendere con maggior chiarezza antichi scrittori, illuminandone il pensiero che così fino a noi si tramanda, vergato su quelle ricurve membrane. Ercolano, l antica città che si voleva fosse stata fondata da Ercole nel suo ritorno dalla lontana Iberia, lentamente si riconquistò una posizione privilegiata nella conoscenza e nella coscienza dell Europa colta, sviluppandosi nel buio dei cunicoli cavati dai forzati, quasi fosse una gigantesca crisalide. Le lampade ad olio e le fumose torce riuscivano solo a far intravedere, a viaggiatori ed antiquari gelosamente selezionati, quanto si veniva discoprendo: ma per lasciarlo sepolto. Anche al Re viene riservato un trattamento del tutto simile: la tela di Louis Nicolas Lemasle ci rappresenta la visita di Gioacchino Murat, accompagnato dai suoi figli, quasi abbacinati dalle torce o, forse invece, dalla magnificenza del teatro sepolto. Quel teatro sul quale si esercitarono Berardo Galiani e Giovanni Gioacchino Winckelmann: quasi anch essi volessero illuminarlo, strapparlo alle tenebre in maniera più perfetta di quanto avessero finallora fatto le zappe degli scavatori. Seppur così, al chiarore baluginante che alleviava l oscurità sotterranea, Ercolano e i suoi modi artistici eruppero alla luce che i lumi di quel secolo, ormai declinante, si illudevano di aver diffuso a riscatto dell ignoranza precedente. Solamente i vertici di quelle società riuscirono ad approfittare di quelle elaborazioni filosofiche e culturali: così come furono esse sole ad adottare abbigliamenti, arredi, decorazioni ispirate alle scoperte ercolanesi. La luce, sì, si diffondeva: ma rimaneva confinata in ben ristretti ambiti: le espressioni più spinte dei quali furono ben presto spazzate via dalla Rivoluzione. Anche se, quasi in automatico, esse furono rimpiazzate da nuovi privilegiati, non sempre da individui diversi. Più di due secoli dopo la sua prima scoperta, la luce iniziò a dar volume e sostanza alla città finallora oscura. Come da subito per Pompei, ma anziché sul declivio di un colle all interno di un cupo abisso, quasi ipostasi rovesciata del dominante Vesuvio, la trama delle vie e l articolazione degli edifici gioiscono ora del sole, dell aria, del lume di tanti occhi ammirati liberi di, finalmente, rivederla. Il volgere della luce solare, tra l alba e il tramonto, così come quello alterno della luna, hanno ridato la sua originale completezza ai resti che la furia del vulcano ha risparmiato. Con la luce, e seguendone il ciclo, il vento, il canto degli uccelli, il fiorire delle piante rendono viva, quasi, la morta città: se non vi mancassero il fervere dei suoi antichi abitanti, l intreccio delle loro parlate, il brusio dei rumori che l attività quotidiana produce, permettendo l individuazione dei mestieri. Il calpestio dei visitatori odierni, i loro esotici linguaggi aumentano il distacco tra quanto vediamo accadere per

12 quelle vie da quello che vi accadeva due millenni prima. Se le condizioni dell intorno cospirano ad indulgere nell illusione, le orecchie e l occhio, non l immaginazione, ce ne fanno astenere. Al contrario di Pompei, Ercolano si è nascosta per secoli, oscura e misteriosa, prima di ritornare alla luce dopo la sua prima scoperta. Destino, il suo, che rimanda a quello di Stabiae: anch essa riportata alla luce dallo stesso Karl Weber, ma subito riseppellita e, quasi, dimenticata nella oscurità secolare. A quell oscurità fa tuttavia da contrasto il ruolo antesignano, rispetto a Pompei, che Ercolano ha da subito ricoperto nell istituzione del Real Museo di Portici e nell intitolatura della munifica serie delle Antichità esposte : così come nella qualifica dell Accademia. La luce della conoscenza archeologica (antiquaria) vesuviana si oggettivizza come ercolanese: anche se il suo raggio è più ampio di quanto indichi l aggettivo. Il contrasto risalta per noi, non certo a quel provvido re e ai suoi ministri. Ma non possiamo non notarlo, e rifletterci su. Tanto più nell oggi, nel quale viviamo, e nel quale operiamo per rendere Ercolano antica sempre meglio conosciuta, attrezzata, resa sicura dal continuo corrompere che il tempo porta alle sue antiche e fragili strutture superstiti. Oggi l area archeologica è più ariosa: e sempre più lo sarà con l ampliarsi del lavoro che svolgiamo insieme alla città, erede di quella antica e del suo nome, in costante e preziosa sintonia. La luce ritrova la completezza delle antiche case: e sempre più ne troverà, con il proseguirsi industrioso del programma di conservazione che realizziamo progressivamente grazie al generoso e disinteressato apporto del Packard Humanities Institute ed al supporto operativo della British School at Rome. Il chiarore della conoscenza si diffonde negli angoli ancora bui, apportando novità e conferme che rafforzano il passo dei ricercatori. Così che seguendo, un po a forza, la necessità oggi imperante di accendere un riflettore temporaneo che, di certo, aiuta a rendere più vividi alcuni particolari, ma che talvolta abbaglia e, comunque, ci lascerà poi al buio una volta necessariamente spento, proponiamo questa mostra, nella quale si intrecciano il passato e il recente della storia della conoscenza di Ercolano. La continuità interna alla proposta è costituita dalla rappresentazione della figura umana: che fosse intesa a raffigurare divinità, personaggi pubblici, oppure individui privati. Sono gli occhi, la loro talvolta indimenticabile notazione come quella che segna i giovani corpi intenti alla lotta (oppure alla corsa), che raccordano fra loro quei corpi maschili e femminili, ammantati o discinti, in posa eroica oppure abituale. Attraverso gli occhi ritorna l eterno ruolo della luce: che ha permesso agli scultori di plasmare, nel bronzo, o scolpire, nel marmo, questi insigni esemplari di possanza, di venerazione, di asserzione del potere posseduto, di raffinatezza; e a noi di ancora ammirarli, distinguendoli nella congerie che il trascorrere del tempo ha risparmiato dall intera produzione artistica e decorativa del passato. Ma le sculture costituiscono rappresentazioni, secondo il codice figurativo di quell epoca, di una realtà che cerchiamo di rendere sempre più chiara alla nostra brama di conoscenza. Non sono esse gli uomini e le donne reali, coloro che vissero ad Ercolano, che ne abitarono le case e ne frequentarono le vie, i templi, gli edifici pubblici, le terme. Come in numerosi altri casi, la catastrofe eruttiva, non gli artisti o i decoratori, ce ne conserva quanto è sufficiente per renderceli se non integri (e come sarebbe potuto accadere?), almeno sufficientemente conservati così da conoscerli. Nella tremenda tomba infuocata costituita dai fornici lungo la spiaggia, delle centinaia di Ercolanesi, donne e

13 bambini, giovani e anziani, che vi avevano invano cercato rifugio e protezione, rimangono le membra contorte, le bocche spalancate, l ultimo gesto disperato. Dei loro occhi, abbacinati prima e poi bruciati dal furore del vulcano, rimangono le vuote occhiaie, pozzi di una disperazione senza riscatto. Noi, finora più fortunati, fissandole siamo tratti ad immaginare, rabbrividendo, quella fatale gran luce che li ha sprofondati in un buio senza ritorno. A differenza delle idealizzazioni addossate alle figure di divinità e di imperatori, quegli individui comuni, simili a noi stessi, sono rimasti nella morte tali quali a come hanno vissuto. La loro oscurità in vita è stata lambita dalla luce che loro stessi hanno attribuito a dèi e dominatori, per ragioni sovrastrutturali. Ora che tutto il mondo antico, nella sua intera gerarchia di valori, è divenuto solo memoria storica, e solo per coloro dei contemporanei che la vogliono coltivare, le luci e le oscurità che allora vigevano possono essere rivisitate: intese, anche, ma altrettanto interpretate. Della mancanza, reale, di monumenti eretti agli individui che componevano un popolo anonimo, fatto anche da schiavi e da stranieri, privi dei diritti del cittadino, i ritrovamenti di Ercolano colmano, nel loro specifico, la lacuna documentaria. Sono, è vero, monumenti non voluti, creati da un fenomeno naturale, non da intento sia pure semplice ed elementare come vediamo, ad esempio, in alcuni miseri corredi deposti in semplicissime sepolture. Ma questa evidenza, archeologica in sé, assume l intensità del significato originario di monumento : che è ciò che ammonisce, ciò che serve da ammonimento. Non solo sulla precarietà dell uomo: quanto, nel nostro campo disciplinare di storici dell Antichità, di come siamo ignoranti del reale spessore della vita antica, nonostante l incessante lavorio degli studiosi che ci hanno preceduto e le innumerevoli scoperte effettuate. La luce che si irradia dall oscuro di questa sepoltura comune, non voluta, anzi allora evitata, possiamo immaginare, fino al momento fatale, dovrà essere utilizzata per aggiungere un significativo tassello di conoscenza al lacunoso mosaico che tentiamo di ricostruire. Di questo alternarsi di luci e di ombre, anche le vicende, recenti e meno, della villa dei Papiri sono esempio. Tratta, da pochi anni, alla luce del sole, sia pure in maniera esigua rispetto alla sua originaria magnificenza, rimane ancora oscuro il ruolo che essa può svolgere nel complesso quadro della Ercolano contemporanea, ivi compresa l area archeologica che contiene a sua volta una parte minoritaria dell antica città. Gli studi compiuti ne hanno esaltato le potenzialità come elemento ordinatore di un generale riassetto dell urbanistica contemporanea e delle architetture civili superstiti dal XVIII e dal XIX secolo che articolano e caratterizzano la città di oggi. Ma tali potenzialità, per trasformarsi in atto, necessitano di volontà politiche che non sono della nostra istituzione. La quale, potrà, invece, utilmente proseguire nell azione, già significativamente avanzata, di investigare quanto già scavato, per chiarire quanto già solamente intravisto, quasi in un baluginare di alba, che, seguendo la natura, dovrebbe volgersi alla piena luce meridiana. La mancanza di una programmazione posta a monte della colossale opera di sterro compiuta alla fine del secolo scorso ha costretto ad elaborarne una propria in corso d opera: quasi che la luce necessaria a procedere sia stata accesa dopo un tratto di percorso compiuto al buio, o almeno in precarie condizioni di visibilità utili solo a mettere un piede dopo l altro. Ma la rilevanza, non solo storica ed archeologica, dell impresa non si sostanzia solamente di se stessa, se desideriamo che gli sprazzi di luce che riusciamo a far sprizzare dal nostro specialistico agire riverbino anche in funzione sociale sulla città con-

14 temporanea: ha necessità di quelle volontà politiche cui sopra si accennava. In attesa che queste si manifestino, e svelino di essere di segno positivo oppure negativo, continuiamo a lavorare nel nostro campo, con la luce che riusciamo a procurarci, augurandoci che la nostra attuale flebile candela non sia spenta da straordinari, e non programmati, soffi di vento. Di queste riflessioni è, anche, intessuta la mostra: intesa per illustrare ad un pubblico non specialista i modi della rappresentazione della figura umana, così come ce li documentano i ritrovamenti provenienti dall antica Ercolano, ponendoli a confronto con la effettiva realtà dei corpi anonimi di ercolanesi antichi. È la luce che scandisce il percorso, con l alternarsi della sua gradazione, all interno della maestosa architettura del Museo Archeologico: originaria sede dell Università di Napoli, quindi centro dell irradiarsi della luce che fornisce l apprendimento a coloro che ne vogliano approfittare. Fonti, quindi, diverse fra loro si intrecciano in questa occasione: rivolta anche a tracciare un sentiero luminoso per coloro che desiderano riflettere, per coloro che vogliono riempirsi gli occhi di forme perfette, per coloro che desiderano vedere per la prima volta, o rivedere, statue decantate. Gli specialisti, ci auguriamo, troveranno ordinato alimento per avanzare nei propri studi; dei risultati conseguiti da questi ci siamo a nostra volta alimentati. Vorremmo aver proposto un gioco di specchi nel quale la luce non produca illusorie sensazioni ma aiuti a percorrere un percorso sicuro, fonte di emozioni e, al contempo, razionale e fruttuoso per uno sviluppo delle coscienze. torna all indice

15 Elenco delle opere in mostra torna all indice 1 Rilievio arcaistico: Mercurio Marmo bianco Ercolano, Area Sacra Suburbana Ercolano, Deposito archeologico lungh. cm 48; h cm 92; sp. cm 5 Rilievo ricomposto da tre pezzi e mancante dell angolo superiore; retro sbozzato a scalpello; scheggiature diffuse sulla superficie. Il dio Mercurio, avvolto dalla clamide, è rappresentato di profilo mentre incede verso sinistra. Il capo è ornato da un cercine che trattiene un ampio boccolo sulla nuca, mentre il resto della capigliatura si dispone con una spessa frangia di boccoli sulla fronte e con due lunghe trecce spiraliformi ricadenti dietro l orecchio; la lunga barba appuntita è resa con lievi fiammelle ondulate. Il braccio destro, piegato in avanti nella stessa identica posizione riscontrabile nel rilievo di Minerva (cat. 2), regge il caduceo, tenuto con eleganza fra il pollice e l indice; ai piedi le alette caratteristiche di questa divinità. Un iconografia analoga del dio è attestata ad esempio in un rilievo votivo in marmo proveniente dalla Maison du Lac di Delo (seconda metà del II secolo a.c.), di cui si conoscono repliche provenienti da Roma, più o meno fedeli nella resa dei particolari (G. Siebert, voce Hermes, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zürich-München 1990, vol. V,1-2, pp : nn ), e nel Puteale Albani, ove il dio guida un corteo composto da Minerva, Apollo e Diana. È probabile che questo e gli altri tre rilievi raffiguranti Minerva, Nettuno e Vulcano (cat. 2-4), tutte divinità collegate in qualche modo alle attività produttive e mercantili, siano riferibili alla prima fase monumentale dell Area Sacra Suburbana, riconducibile all età augustea. La loro posizione originaria nell ambito di questa area dominata dai due templi dedicati a Venere non è certa; sicuramente da respingere è però l idea che fossero collocati sul podio posto in fondo alla cella del Tempio B, ove sono stati erroneamente posti i loro calchi con conseguente interpretazione dell edificio di culto come Tempio dei Quattro Dèi. Il Tempio B è infatti dedicato senza ombra di dubbio a Venere, come attesta l iscrizione rinvenuta in frammenti sull antica spiaggia insieme ai rilievi e agli elementi architettonici del pronao dell edificio di culto (cfr. in questo catalogo il contributo sull Area Sacra Suburbana). MPG 2 Rilievio arcaistico: Minerva Marmo bianco Ercolano, Area Sacra Suburbana Ercolano, Deposito archeologico lungh. cm 50,4; h cm 91; sp. cm 5 Rilievo ricomposto da tre pezzi e mancante dell angolo superiore destro; retro sbozzato a scalpello; scheggiature diffuse sulla superficie. La dea Minerva, di profilo e incedente verso sinistra, è ritratta secondo l iconografia arcaizzante della dea che porta l elmo, che ricorre anche ad esempio nel Puteale Albani. La capigliatura è costituita da lunghe ciocche ondulate composte in trecce spiraliformi ricadenti dietro l orecchio. Indossa un chitone pieghettato e reca l egida sul petto. Con il braccio destro piegato in avanti regge la lancia infissa con la punta a terra; il braccio sinistro, lievemente flesso verso il basso, sorregge l elmo crestato con tracce di colore rosso minio sul casco. MPG 3 Rilievio arcaistico: Nettuno Marmo bianco Ercolano, Area Sacra Suburbana Ercolano, Deposito archeologico lungh. cm 50,5; h cm 65; sp. cm 6 Rilievo ricomposto da alcuni frammenti e mancante della parte inferiore; retro sbozzato a scalpello. Il dio Nettuno, con il viso incorniciato da una lunga barba appuntita, avvolto in un leggero mantello che copre anche il braccio sinistro appoggiato sul fianco, incede verso sinistra; il braccio destro, piegato in avanti, si appoggia al tridente. Il trattamento della capigliatura è analogo a quello del dio Mercurio (cat. 1), con

16 un cercine che trattiene un ampio boccolo sulla nuca e il resto articolato in una spessa frangia sulla fronte e due lunghe trecce spiraliformi ricadenti dietro l orecchio. È stato osservato come questa iconografia del dio trovi generici confronti in una base di candelabro di provenienza campana e ora a Copenhagen, datata in età augustea, e nel Puteale Albani dei Musei Capitolini. MPG 4 Rilievio arcaistico: Vulcano Marmo bianco Ercolano, Area Sacra Suburbana Ercolano, Deposito archeologico lungh. cm 51; h cm 92,5; sp. cm 10 Rilievo ricomposto da alcuni frammenti e lacunoso nella frattura all altezza del braccio; retro sbozzato a scalpello; leggere scheggiature sulla superficie. Il dio Vulcano, con lunga barba appuntita, incede verso destra. Il capo è ornato da un cercine che trattiene la capigliatura composta in un unico ampio boccolo sulla nuca. Il corpo è avvolto in un leggero mantello che gli lascia scoperto il braccio destro; con ambedue le mani sorregge un ascia bipenne. Nel Puteale Albani dei Musei Capitolini il dio compare in analoga posa ma con il corpo nudo. MPG 5 Erma di Apollo Marmo bianco Ercolano, Terme Suburbane, fontana dell atrio Ercolano, Deposito archeologico lungh. cm 28; largh. cm 27; h cm 45 Erma del dio Apollo mancante di alcune foglie della corona, di parte del mento e della fronte. Una parte della calotta cranica è lavorata separatamente; presenta un foro circolare di cm 2,2 di diametro su ciascun lato e tracce degli attacchi delle appendici laterali dell erma. La testa, lievemente ruotata verso sinistra e appena reclinata, è cinta da una corona di foglie di alloro; il volto, dall ovale pieno, presenta grandi occhi incorniciati da palpebre pesanti; la capigliatura, che conserva tracce di colore rossobruno, appare scriminata sulla fronte e si articola sui lati della testa in fitte ciocche ondulate raccolte dietro la nuca e ricadenti sul petto con due lunghi boccoli serpeggianti su ciascun lato del collo. Questa copia romana del I secolo d.c. deriva probabilmente da un originale greco di età tardoclassica. MPG 6 Statua di peplophoros (Demetra) Marmo bianco Ercolano, rinvenuta il 21 aprile 1997 all esterno dell angolo ovest della struttura monumentale che si ergeva sulla terrazza ubicata a sudovest della Villa dei Papiri Ercolano, Deposito archeologico h. cm 188; h. della testa cm 34 La statua, ricomposta da numerosi frammenti, rappresenta una figura femminile stante vestita di un peplo senza maniche, allacciato sulle spalle e stretto in vita da una cintura, con kolpos particolarmente voluminoso sul lato sinistro e lungo apoptygma che scende fino quasi alle ginocchia; la figura si appoggia con il braccio sinistro a un pilastrino a sezione quadrangolare; attorno all avambraccio è avvolto l himation, raccolto al di sopra del pilastrino; il volto presenta tratti ampi e distesi, la capigliatura si articola in sottili ciocche ad andamento serpeggiante che si dipartono dalla scriminatura centrale, per poi raccogliersi dietro la nuca in un sakkos; la statua conserva diverse tracce dell originaria policromia. La scultura in antico doveva essere installata sul basamento ubicato presso l angolo occidentale dell edificio individuato a sud-ovest della Villa dei Papiri a una quota molto più bassa rispetto a quella del piano nobile e il cui collegamento con la villa non è certo. Se la testa della statua è facilmente riconoscibile come replica del tipo dell Hera Borghese, creazione datata tra il e il a.c., il corpo riprende invece il modello della celebre Demetra di Eleusi, opera degli anni a.c., generalmente ricondotta alla

17 tradizione dello stile di Agorakritos. Allo stesso arco cronologico rimanda l elemento dell appoggio sul lato sinistro, che richiama il tipo della cd. angelehnte Athena. Nell iconografia della scultura, identificabile con una divinità, verosimilmente Demetra, sono dunque presenti elementi tratti da diversi modelli, tutti attribuibili all ultimo trentennio del V sec. a.c. Questa constatazione, in considerazione anche della mancanza di altre repliche note del tipo, sembrerebbe dunque suggerire che la statua in esame vada interpretata come creazione romana di un artista eclettico che ha contaminato tipi iconografici diversi. Le caratteristiche stilistiche ed esecutive suggeriscono una datazione della statua in età augustea. 7 Testa femminile (Amazzone) Marmo bianco Ercolano, rinvenuta il 28 aprile 1997 all esterno del lato occidentale della struttura monumentale che si ergeva sulla terrazza ubicata a sudovest della Villa dei Papiri. Ercolano, Deposito archeologico h cm 34 Testa di giovane donna, leggermente ruotata e inclinata verso destra; i capelli, scriminati sulla fronte, si articolano sui lati in ciocche ondulate, raccolte dietro la nuca in uno chignon; sulla superficie marmorea si conservano tracce dell originaria policromia. La testa, inserita in antico in un corpo non recuperato nel corso degli scavi, era pertinente a una statua installata sul basamento ubicato presso l angolo meridionale dell edificio. Il tipo cui è riconducibile la scultura, di cui sono note altre due repliche, una delle quali proveniente dalla Basilica Noniana di Ercolano (cat. 8), riprende nella struttura del volto e nella disposizione dei capelli sulla fronte e sui lati lo schema delle teste di Amazzone del tipo Sosikles, mentre lo chignon dietro la nuca deriva dalle Amazzoni del tipo Sciarra. Il tipo in questione, nel quale i diversi modelli non appaiono meccanicamente giustapposti, ma fusi ed equilibrati a creare un immagine formalmente coerente, può essere interpretato come creazione autonoma della seconda metà del I sec. a.c., verosimilmente elaborata proprio nell ambito della bottega che ha prodotto i due esemplari ercolanesi. Le caratteristiche stilistiche ed esecutive suggeriscono una datazione della testa in età augustea. 8 Testa femminile (Amazzone) Marmo bianco che sfuma nel giallo chiarissimo, a grana fine, con venature micacee (pentelico) Ercolano, Basilica Noniana (VII, 16); rinvenuta il 23 Gennaio 2006 durante i lavori eseguiti dall Herculaneum Conservation Project Ercolano, Deposito archeologico h max. cm 38 Testa di giovane donna, di dimensioni maggiori del vero, leggermente ruotata verso destra e appena reclinata; i capelli, scriminati sulla fronte, si articolano sui lati della testa in ciocche ondulate, raccolte dietro la nuca in uno chignon; la testa era lavorata a parte e poi inserita in un corpo che non è stato rinvenuto; sulla superficie marmorea si conservano resti eccezionali dell originaria policromia. Il lato sinistro si presenta complessivamente in uno stato di conservazione migliore rispetto a quello destro; una fenditura del marmo ha determinato il distacco del naso, della bocca e del mento; fenditure interessano anche la fronte, la guancia destra e la parte superiore destra del collo; l occhio, il sopracciglio destro e alcune ciocche di capelli sul lato destro della testa sono scheggiati; manca l estremità inferiore del collo con lo sterno. La scultura è replica dello stesso tipo statuario da cui deriva la testa rinvenuta presso la struttura monumentale che si ergeva sulla terrazza a sud-ovest della Villa dei Papiri (cat. 7). Il modello delle due copie ercolanesi, che contamina elementi tratti dalle Amazzoni del tipo

18 Sosikles e del tipo Sciarra, può essere letto come libera creazione del I secolo a.c. Alcune peculiarità iconografiche ed esecutive risultano anomale rispetto alle immagini amazzoniche note, per cui allo stato attuale delle conoscenze e in mancanza di nuove evidenze non è possibile stabilire con certezza se questo tipo statuario fosse stato concepito per rappresentare un Amazzone. L analisi formale della testa della Basilica suggerisce, analogamente all esemplare della Villa dei Papiri, un inquadramento in età augustea, datazione che risulta coerente con il contesto di rinvenimento della scultura. 9 Gruppo di Bacco con la pantera con agemina in oro, argento, rame Ercolano, Bottega del plumbarius (VI,12) Ercolano, Deposito archeologico h cm 68; diam. base cm 6; h base cm 6 Gruppo di Bacco con la pantera ricomposto da tre pezzi (la statuetta, la base circolare e modanata, la pantera). Il dio è raffigurato nudo, stante, con la gamba sinistra lievemente flessa in avanti e con il piede poggiato su una pantera distesa a terra e rivolta verso di lui. Il peso del corpo è scaricato sulla gamba destra tesa; la mano sinistra reggeva un attributo mancante, forse un kantharos o il rhytòn, mentre il braccio destro, sollevato a squadra lateralmente al corpo, sorreggeva certamente il tirso. Sulla spalla sinistra è appoggiata un ampia pelle di pantera, ricadente con pieghe e svolazzi fino all altezza della coscia; i piedi calzano eleganti sandali con legacci. La testa è cinta da una coroncina di foglie di edera e bacche; la capigliatura, scriminata sulla fronte, si articola in ciocche fiammeggianti raccolte sulla nuca e ricadenti sulle spalle con due lunghi boccoli; il volto è ovale, il naso diritto e unito alle arcate sopracciliari, la bocca piccola e carnosa, il mento ben delineato. Se piuttosto infelice appare la resa della figura per quanto riguarda le proporzioni fra le varie parti del corpo, di grande effetto cromatico e decorativo appare invece l ampio uso dell agemina realizzata in rame per labbra e capezzoli, in argento per gli occhi, i sandali e le bacche infine in rame, argento e oro per la maculatura della pelle ferina poggiante sulla spalla del dio e di quella della pantera ai suoi piedi. Copia di un bronzo di età tardoellenistica, realizzata nel I secolo d.c., forse in ambiente campano. MPG 10 Testa di Dioniso Marmo greco Ercolano h cm 31; largh. cm 25,5; prof. cm 28 La bella testa barbata, verosimilmente pertinente a un erma, è connotata come dionisiaca dalla corona di rosette che cinge la capigliatura e che termina con due larghe bende dietro le orecchie. Il volto, incorniciato dalla fluente barba a ciocche ondulate, ha tratti regolari, con la bocca appena dischiusa e i grandi occhi dallo sguardo sereno sotto l ampia arcata sopracciliare. La capigliatura, con scriminatura centrale, si articola in lunghe ciocche appena ondulate aderenti al cranio, raccolte a rotolo sulla nuca, e terminanti sulla fronte in corti riccioli corposi, che determinano un netto contrasto di ombra-luce con la superficie levigata delle guance. L opera, che pure deriva ancora dal tipo dell Hermes Propylaios creato nella seconda metà del V secolo a.c. dallo scultore Alkamenes, mostra il carattere eclettico della scultura degli inizi della prima età imperiale, in cui i tratti arcaizzanti dell originale sono stemperati nel trattamento più naturalistico delle superfici del volto e della barba. * 11 Erma di Afrodite Marmo greco Ercolano h cm 47; largh. cm 23; prof. cm 21,5 La testa, antica, è inserita su un erma restaurata in epoca moderna. Il volto ovale

19 riprende i tratti dell originale dell Afrodite seduta (Furtwängler) attribuito a Fidia, ricordata da Plinio, esposta nella Porticus di Ottavia (Plinio, Storia Naturale, XXXVI, 4,15). La parte posteriore del capo, attualmente lacunosa, che presenta un taglio netto del marmo, era stata completata dal restauro settecentesco con una corona turrita (asportata nel secolo scorso), che per lungo tempo aveva indotto erroneamente a riconoscervi la personificazione di una città, o la dea Cibele. La complessa acconciatura, spartita al centro e disposta in due bande, fortemente ondulate, al sommo del capo, è trattenuta da una larga benda che, incrociandosi più volte, forma nella parte posteriore una sorta di sakkos, che trattiene la massa dei capelli raccolti a crocchia, mentre lascia sfuggire sulle tempie una corposa massa di ricci che si dispongono fin davanti alle orecchie, e una piccola ciocca al centro della fronte; due lunghe ciocche ondulate, annodate sulla nuca, ricadono lungo il collo e sulle spalle. 12 Erma di Atena Marmo greco Ercolano h cm 51; largh. cm 30; prof. cm 20 La testa della divinità è caratterizzata da tratti giovanili, con il capo coperto dall elmo corinzio, che lascia vedere parte della capigliatura a ciocche ondulate, che incornicia il volto. La lieve torsione del collo, che determina la posizione della testa con lo sguardo rivolto verso l alto, ha fatto ritenere quest opera copia, di modesta qualità, di una celebre statua attribuita a Timotheos, scultore della prima metà del IV secolo a.c., nella quale Atena era rappresentata nell atto di volgere lo sguardo verso il padre Zeus (Schlörb). * Due erme femminili (Arianna) Marmo greco Ercolano h cm 167; pilastrino: cm 19 x 21,7 Le due erme, che differiscono solo per minimi particolari, rappresentano un volto femminile dai tratti regolari, dall ovale pieno, spesse labbra serrate e occhi piccoli con gli angoli lievemente rivolti in giù, con la palpebra superiore alquanto pesante, sotto un ampia arcata sopracciliare. Con la superficie levigata del volto contrasta la gran massa della capigliatura, spartita al centro e disposta in corpose ciocche molto ondulate e nettamente individuate, che incorniciano il volto coprendo le orecchie, da cui si dipartono due coppie di lunghi boccoli, terminanti a ricciolo, che ricadono rigidi e simmetrici fin sul petto. Sul retro di ciascun pilastrino sono incise tre lettere dell alfabeto greco in caratteri capitali, disposte in successione verticale: BAG sulla prima, GAB sull altra. Le due erme, che costituivano elemento di arredo in pendant, rientrano nella produzione di officine neoattiche, attive tra il I secolo a.c. e i primi decenni del secolo successivo, come attesta anche il ductus delle lettere, forse segni numerali o sigla dell officina che le ha prodotte. Il modello cui si ispirano è da ricercarsi evidentemente nella scultura greca dell ultimo terzo del V secolo a.c.; il contrasto tra la forte resa plastica della capigliatura e le superfici levigate del volto sembrano potersi riferire, in particolare, all opera di Agorakritos. * 15 Tondo con Achille che interroga l Oracolo Marmo Ercolano, Cardo III settentrionale, probabilmente dalla Basilica Noniana (VII,16) Ercolano, Deposito archeologico h cm 65; lungh. cm 70; sp. cm 7 Rilievo marmoreo ricomposto da quattro frammenti, mancante dell angolo superiore sinistro; retro sbozzato a scalpello; profonde scheggiature in più punti della cornice del tondo; perduta la

20 maggior parte della testa della figura maschile; tracce di due grappe in basso e di una centrale sulla sommità. La scena rappresentata nel rilievo è identica a quella di sinistra del Rilievo di Telefo, originariamente inserito a mo di quadro nella parete di una stanza dell ala meridionale della Casa del Rilievo di Telefo e che conserva l intera sequenza dell episodio omerico raffigurato. In questo tondo è rappresentato soltanto il momento della consultazione dell Oracolo, dal quale Achille apprenderà la necessità di guarire Telefo con la ruggine della sua lancia che lo aveva in precedenza ferito, onde poter garantire il felice arrivo dei Greci a Troia; il momento della guarigione è solo nell altro rilievo. È stato ipotizzato che sia la Casa del Rilievo di Telefo, sia la Basilica Noniana appartenessero a M. Nonio Balbo, patrono della città e artefice, a proprie spese, di importanti opere pubbliche in età augustea. Gli insistenti richiami al discendentedi Eracle, fondatore mitico di Ercolano, potrebbero in tal caso rivelare la volontà di Nonio Balbo di proporsi come l erede dell eroe e come il rifondatore della città. MPG 16 Ercole e l Idra Pittura su marmo Ercolano, Casa del Rilievo di Telefo, zona del peristilio (Insula Orientalis I, 2) h cm 12; largh. cm 14 Eracle, nudo e barbato, con la leonté ricadente dal braccio sinistro, brandendo la clava si slancia verso l Idra (qui nella formula del serpente avvolto attorno all albero, con le teste fra i rami). Lo schema iconografico, alternativo a quello più diffuso, modellato sul prototipo lisippeo del gruppo di Alizia, è affine a quello del serpente Ladone sull albero delle Esperidi: di genere arcaizzante, appare ispirato a un modello del VI secolo a.c. Età neroniana. AC 17 Giocatrici di astragali Pittura su marmo Ercolano, Casa di Nettuno e Anfitrite h cm 49; largh. cm 42 Il nome convenzionale attribuito al quadretto le giocatrici di astragalideriva dalla scena che si svolge in primo piano, in cui due fanciulle inginocchiate, identificate dalle iscrizioni poste in alto sui due lati, come aglaih e ileaira, sono intente a lanciare in aria gli astragali (ossicini dell articolazione della zampa degli ovini) raccogliendoli sul dorso della mano. Alle spalle delle fanciulle, ancora ignare del destino che le sovrasta, si svolge la scena di cui sono protagoniste le tre figure femminili, anch esse individuate dai nomi iscritti: Latona (letw), Niobe (niobh), madre delle due fanciulle che giocano agli astragali, e Febe (foibh). Si tratta di un momento dell episodio mitico, secondo il quale Latona, offesa da Niobe che si era vantata di essere più prolifica di lei, si vendicherà, uccidendone i sette figli maschi e le sette femmine per mano di Apollo e Artemide, suoi figli. La scena, che prelude alla tragedia che si consumerà di lì a poco, mostra Febe che, nel tentativo di evitare il peggio, spinge Niobe, con le braccia tese, verso Latona che, tuttavia, rifiuta il gesto di supplica rimanendo irremovibile, con le braccia serrate che trattengono il manto. In alto a sinistra l iscrizione su tre righe alecandros aqhnaios egrafen indica il nome dell autore, l ateniese Alexandros, probabilmente un artigiano neoattico che si è ispirato a un originale greco. Coerenti con questa attribuzione appaiono le iscrizioni con i nomi dei personaggi rappresentati, indizio di voluto arcaismo frequente nella produzione neoattica dei primi decenni del I secolo d.c. I quadretti (16 e 17) rappresentano due dei nove pregevoli esemplari di pittura su marmo, provenienti da Pompei ed Ercolano, conservati nella collezione delle pitture del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In origine, le rappresentazioni dovevano essere animate da una delicata ma vivace policromia, come

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