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1 responsabilità aquiliana danno non patrimoniale parametri di liquidazione danno catastrofale diritto alla vita risarcimento TIPOLOGIA: CASI AREA DI INTERESSE: RESPONSABILITÀ CIVILE E ASSICURAZIONI ARGOMENTO: DANNO NON PATRIMONIALE DATA: 18/04/2012 AUTORE: FILIPPINI ALBERTO INFORMAZIONI DOCUMENTO NUMERO PAGINE: 8 NUMERO FORMULE: 1 COPYRIGHT: GIUFFRE' EDITORE SPA ELENCO FORMULE: - COMPARSA DI RISPOSTA CASO Il giovane Sempronio transita a piedi lungo il marciapiede che costeggia la strada Alfa del Comune Beta e, dovendo recarsi in un negozio posto sul marciapiede opposto, decide di attraversare sulle strisce pedonali dopo essersi accertato dell'avvenuto arresto delle autovetture.tizio, che percorre con la propria vettura proprio quel tratto di strada, non curante del rallentamento delle auto di fronte a lui, causa l'attraversamento del pedone Sempronio, in preda alla fretta, le sorpassa con una manovra repentina, travolgendo in questo modo il giovane.i passanti, nonché gli stessi automobilisti che avevano arrestato la loro marcia per consentire un momento prima a Sempronio di attraversare la strada, accorrono subito intorno al ragazzo disteso a terra e privo di sensi.sul luogo del sinistro convergono immediatamente i servizi di pronto intervento che trasportano Sempronio nell'ospedale più vicino.il giovane, entrato in stato di coma sin dal momento del sinistro, decede a distanza di sei ore dall'impatto con l'autovettura di Tizio a causa delle gravissime lesioni riportate.mevio e Caia, genitori dell'ormai defunto Sempronio, notificano a mezzo del loro legale un atto di citazione a Tizio e alla di lui Compagnia di Assicurazione Gamma, chiedendo che il Tribunale di Beta, accertata e dichiarata la responsabilità dello stesso per quanto occorso al loro figlio, lo condanni al risarcimento dei danni subiti.precisamente, Mevio e Caia pretendono di essere risarciti iure hereditatis per il danno biologico e morale subito dal figlio, sia per la sofferenza fisica e psichica patita, che per la lesione al diritto alla vita; nonché iure proprio per la lesione della possibilità di godere del rapporto parentale con il loro figlio defunto.gli attori rimettono al giudice la valutazione del danno da determinarsi in via equitativa.tizio, appena ricevuto l'atto di citazione suddetto, si rivolge al proprio legale, al fine di comprendere se Mevio e Caia abbiano diritto ad essere risarciti tanto iure hereditatis, quanto iure proprio e, se sì, in che termini e, quindi, quale azione debba essere esercitata per esporre le proprie difese. STRATEGIA Al fine di poter rispondere al quesito posto dal cliente Tizio, il legale dovrà necessariamente procedere attraverso: 2012 Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 1 di 8

2 - L'inquadramento giuridico della fattispecie. - L'analisi delle pronunce giurisprudenziali circa la portata del danno non patrimoniale. - L'individuazione di pronunce giurisprudenziali in ordine al danno catastrofale. - La soluzione del caso concreto. - L'azione da esercitare per difendere le ragioni di Tizio. Al fine di verificare se gli eredi di Sempronio siano legittimati o meno ad ottenere il risarcimento del danno nei termini da loro richiesti, occorre, previamente, inquadrare da un punto di vista giuridico la fattispecie in esame, analizzando, in particolare, le norme che disciplinano la responsabilità aquiliana. A tal proposito, secondo quanto stabilito dall'art c.c., qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Come emerge dal dettato normativo, l'obbligazione risarcitoria trova la sua fonte nel fatto illecito commesso dolosamente o colposamente da un determinato soggetto e dal quale sia derivato un danno ad un terzo. Ne deriva che, ai fini della configurabilità di tale ipotesi generale di responsabilità extracontrattuale, sia onere del danneggiato dimostrare la sussistenza di tutti i presupposti, come individuati dalla suindicata norma, e, pertanto: la commissione di un fatto da parte di un terzo, l'elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo all'autore dell'illecito, la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta ed il pregiudizio subito, il danno concretamente patito e l'ingiustizia dello stesso. Occorre, quindi, esaminare distintamente i singoli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità aquiliana, considerando, in primo luogo, il fatto illecito, inteso quale qualsiasi comportamento tanto commissivo, quanto omissivo del danneggiante. In questo secondo caso, rileva, peraltro, non già qualunque omissione che sia determinante nel non impedire l'evento dannoso, bensì solo quella condotta che risulti posta in essere in violazione di un obbligo giuridico di intervenire imposto dall'ordinamento. In ogni caso, come già sottolineato, non è sufficiente che un fatto sia commesso, qualora non sia riconducibile al dolo o, quanto meno, alla colpa del danneggiante. La vittima dell'illecito deve, quindi, dimostrare anche la sussistenza dell'elemento psicologico in capo all'autore del danno al momento della commissione del fatto ingiusto, la cui nozione si ricava da quella penalistica di cui all'art. 43 c.p. Precisamente, per dolo si intende l'intenzionalità della condotta nella consapevolezza che la stessa possa determinare l'evento dannoso; per colpa si intende, invece, il difetto di prudenza, perizia e diligenza richieste, ovvero l'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Altro presupposto imprescindibile per l'affermazione della responsabilità extracontrattuale è il nesso di causalità tra il fatto e l'evento lesivo, posto il richiamo che l'art c.c. fa all'art c.c. Il danno deve essere, quindi, la conseguenza immediata e diretta del fatto illecito commesso. Secondo la teoria condizionalistica, per verificare la sussistenza in concreto del nesso di causalità, sarà necessario indagare se l'evento dannoso si sarebbe verificato ugualmente in assenza di una determinata condotta. Ne consegue che, qualora si verifichi un fatto eccezionale e imprevedibile, tale da essere da solo idoneo a produrre l'evento dannoso, il collegamento eziologico tra la condotta ed il danno viene meno. In questi casi si parla di caso fortuito, ovvero dell'elemento che, se provato dal danneggiante, lo esime dalla responsabilità di cui si tratta. Non da ultimo, occorre che la vittima dell'illecito dimostri la sussistenza del danno subito, inteso sia quale presupposto, che quale contenuto della tutela risarcitoria posta dalla norma che si sta esaminando. In particolare, non è sufficiente che sia leso un mero interesse giuridico, ma è necessario che in concreto si sia verificato un danno contra ius, ovvero non giustificato da alcuna scriminante. Quanto al contenuto della tutela risarcitoria, il danno si distingue in due differenti tipologie: il danno patrimoniale, per tale 2012 Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 2 di 8

3 intendendosi quello che si concretizza nella lesione di interessi economici del danneggiato e suscettibile, quindi, di valutazione monetaria; il danno non patrimoniale, per tale intendendosi quello che si concretizza nella lesione di interessi della persona non connotati da rilevanza economica. Ebbene, il danno non patrimoniale è stato oggetto negli ultimi anni di una profonda evoluzione giurisprudenziale a causa dei suoi confini piuttosto labili. L'esigenza di tutelare i molteplici aspetti della personalità dell'uomo ha determinato l'estensione esponenziale della portata e dell'ambito di applicazione di tale voce di danno, sino alla nascita di figure autonome quali: il danno morale, inteso come turbamento dello stato d'animo della vittima, il danno biologico, inteso quale menomazione dell'integrità psico-fisica ed il danno esistenziale, inteso come cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa. Sono, quindi, subito emersi i pericoli sottesi alla tendenza di proteggere qualsiasi interesse della persona, anche quelli non meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento, ovvero apprestare il rimedio risarcitorio ad una molteplicità di situazioni assolutamente bagatellari. Il proliferare delle lesioni concretamente risarcibili e l'indeterminatezza dei confini del danno non patrimoniale hanno indotto necessariamente la giurisprudenza di legittimità a fare chiarezza sul punto. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile nel 2008 pongono, quindi, un punto fermo in ordine ai limiti della risarcibilità del danno non patrimoniale, ritenendo inammissibile la creazione di autonome categorie di danno che dessero luogo a duplicazioni risarcitorie. Precisamente, il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge', e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art c.c.: (a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; (b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni); (c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante' dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n ). Tale interpretazione giurisprudenziale ha determinato certamente un'evoluzione nel modus operandi degli operatori del diritto in quanto non è più ammissibile la duplicazione del risarcimento, definendo con nomi diversi il medesimo pregiudizio. In particolare, il danno esistenziale, non costituendo più una categoria autonoma di pregiudizio, ma rientrando nel generale danno non patrimoniale, non potrà più essere liquidato separatamente, solo in quanto diversamente denominato. In ossequio alla richiamata decisione delle Sezioni Unite, le recentissime pronunce della giurisprudenza di legittimità si orientano nel senso di fissare dei parametri di liquidazione del danno non patrimoniale sempre più certi e definiti. In particolare, attualmente, si ritiene che i valori di riferimento elaborati per la liquidazione del danno alla persona adottati dal Tribunale di Milano debbano ritenersi equi, ovvero in grado di garantire la parità di trattamento. Pertanto, qualora la fattispecie concreta non presenti circostanze che richiedano la relativa variazione in aumento o in diminuzione, tale quindi da attuare una personalizzazione, le tabelle elaborate nel 2009 dal Tribunale di Milano costituiscono valido e necessario criterio di riferimento ai fini della liquidazione equitativa del danno exart c.c. (Cass. civ., Sez. III, 7 giugno 2011 n ). Con riferimento alla vicenda di cui si tratta, è necessario affrontare la questione relativa al così detto danno catastrofale o tanatologico, consistente nella sofferenza patita dalla vittima, che sia rimasta lucida durante l'agonia, in consapevole attesa della fine, nel caso in cui la morte segua le lesioni dopo breve tempo. Tale ipotesi di danno non patrimoniale è riconducibile alla figura del danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, tale, quindi, da ricomprendere la sofferenza di massima intensità che precede la morte della vittima. Proprio per il limitato intervallo temporale che separa le lesioni dalla morte della vittima, il danno si arresta alla sola sofferenza psico-fisica senza, però, diventare patologia e, per questo, danno biologico Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 3 di 8

4 La giurisprudenza di legittimità è unanime, infatti, nel ritenere che in questo caso si possa parlare esclusivamente di danno morale (per tutte Cass. civ., Sez. III, 12 febbraio 2010 n. 3357). La sofferenza patita dalla vittima, sebbene in un breve lasso temporale, può, tuttavia, trovare apprezzamento ai fini della risarcibilità del danno catastrofale, solo qualora la stessa abbia potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni. In caso contrario, quando abbia versato in uno stato di incoscienza, ovvero di coma, nella fase che precede il decesso, il diritto al risarcimento non sarà entrato nel patrimonio della vittima al momento della morte, tale da poter essere trasmesso per successione agli eredi (Cass. civ., 28 novembre 2008 n ). Non è suscettibile, quindi, di essere risarcita a favore degli eredi del defunto la lesione alla qualità della vita subita dalla vittima. Infatti in tema di lesione del diritto alla vita, considerato che il risarcimento costituisce solo una forma di tutela conseguente alla lesione di un diritto (o di una posizione giuridica soggettiva qualificata, pur se non assurgente al rango di diritto soggettivo), consistente nel diritto di credito, diverso dal diritto inciso, ad essere tenuto per quanto è possibile indenne dalle conseguenze negative che dalla lesione del diritto derivano, mediante il ripristino del bene perduto, la riparazione, la eliminazione della perdita o la consolazione - soddisfazione - compensazione se la riparazione non sia possibile, non solo non è giuridicamente concepibile che sia acquisito dal soggetto che muore, e che così si estingue, un diritto che deriva dal fatto stesso della sua morte (chi non è più non può acquistare un diritto che gli deriverebbe dal non essere più), ma è logicamente inconfigurabile la stessa funzione del risarcimento che, in campo civile, non è nel nostro ordinamento sanzionatoria (funzione garantita invece dal diritto penale), ma riparatoria o consolatoria. Pertanto, esclusa ovviamente la funzione riparatoria in caso di morte, neppure la tutela con funzione consolatoria può, per la forza delle cose, essere attuata a favore del defunto (Cass. civ., Sez. III, 24 marzo 2011 n. 6754). Se da un lato è, quindi, inconcepibile che possano essere risarciti iure hereditatis i congiunti della vittima per un danno morale che non risulta essere entrato nel patrimonio del de cuius, posto che non può avere quest'ultimo acquistato un diritto derivante dal fatto stesso della morte, per contro, va, invece, riconosciuto agli eredi la legittimità ad agire iure proprio per la perdita del rapporto parentale. Del resto, in ossequio alla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione alla quale si è fatto riferimento in precedenza, la perdita del rapporto parentale costituisce una lesione di un diritto riconosciuto dalla Costituzione, ovvero l'interesse all'intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost. Una volta chiariti gli aspetti principali della responsabilità per fatto illecito di cui all'art c.c., nonché la portata del danno non patrimoniale e, precisamente, di quello catastrofale, si può certamente rispondere al quesito posto dal cliente Tizio. Non vi sono dubbi sul fatto che Tizio abbia con la propria condotta posto in essere un fatto illecito suscettibile, prima facie, di far nascere in capo allo stesso l'obbligo di risarcire il danno agli eredi di Sempronio. Sussiste, infatti, anche l'elemento psicologico, se non del dolo, quantomeno della colpa dell'automobilista, il quale con negligenza ed imprudenza, ma soprattutto in violazione delle regole contenute nel codice della strada, ha superato le vetture ferme davanti a lui con una manovra vietata e fatale per Sempronio. Il nesso di causalità tra la morte del giovane e la condotta antigiuridica di Tizio può, pertanto, dirsi sussistente, con l'applicazione della classica teoria condizionalistica. Nessun elemento esterno, eccezionale ed imprevedibile, nonché il comportamento della vittima o di terzi, si è, infatti, frapposto all'azione di Tizio e il decesso di Sempronio. In realtà, da un'analisi più approfondita della vicenda de qua, alla luce anche della più recente giurisprudenza di legittimità, emerge chiaramente che Sempronio non abbia subito né un danno biologico, né un danno morale. Infatti, il breve lasso di tempo tra il sinistro ed il decesso (sei ore) potrebbe avere al più una sua rilevanza ai soli fini del risarcimento del danno catastrofale-morale, considerando che la sofferenza patita non può essere degenerata in patologia e, quindi, in danno biologico. Tuttavia all'evento lesivo conseguiva immediatamente lo stato di coma della vittima, che, quindi, non era in alcun modo rimasta lucida nella fase che precedeva il suo decesso. Proprio tale incoscienza esclude, pertanto, alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali, che il danno morale subito da Tizio ed il conseguente diritto al risarcimento siano entrati nel suo patrimonio e che possano essere, quindi, trasmessi agli eredi Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 4 di 8

5 Del resto, la perdita del bene giuridico della vita attiene intrinsecamente al suo titolare, con la conseguente impossibilità che il diritto al risarcimento della stesso operi quando la persona abbia cessato di vivere. Se da un lato si esclude, per i motivi esposti, che Caia e Mevio siano, quindi, legittimati a chiedere il risarcimento tanto del danno biologico, quanto del danno tanatologico iure herditatis, non ci sarebbero, invece, ostacoli nel riconoscere il loro diritto ad essere risarciti iure proprio per la perdita del rapporto parentale con il figlio. Ai fini della liquidazione di tale ultima voce di danno, posto che gli attori si sono rimessi alla valutazione secondo equità del giudice adito, si rammenta che, a meno che non ci siano delle condizioni tali da rendere necessaria la così detta personalizzazione, dovranno essere seguiti i parametri individuati dal Tribunale di Milano. Da un punto di vista processuale, con la notifica dell'atto di citazione a Tizio ed alla Compagnia Assicuratrice Gamma, Mevio e Caia hanno instaurato davanti al Tribunale di Beta un procedimento ordinario di cognizione. Ai sensi dell'art. 166 c.p.c., Tizio deve costituirsi a mezzo del proprio legale almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, depositando in cancelleria il proprio fascicolo, contenente la comparsa di costituzione e risposta con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione. A tal proposito, si riporta la formula della comparsa di costituzione e risposta di cui all'art. 167 c.p.c. FORMULA formula n. 1: COMPARSA DI RISPOSTA TRIBUNALE ORDINARIO DI BETA Comparsa di costituzione e risposta Tizio, nato a... il..., residente in... nella via... numero..., codice fiscale..., ai fini del presente procedimento elettivamente domiciliato in... nella via... numero..., presso lo studio dell'avvocato..., codice fiscale..., p.e.c...., fax..., che lo rappresenta e difende in forza di procura rilasciata in calce al presente atto Mevio e Caia, rappresentati e difesi dall'avvocato... contro convenuto e nei confronti della Compagnia Assicuratrice Gamma, in persona del legale rappresentante pro tempore..., con sede in..., Via... n.... attori convenuta Premesso che Mevio e Caia, con atto di citazione ritualmente notificato in data..., hanno convenuto in giudizio Tizio e la Compagnia Assicuratrice Gamma, in persona del legale rappresentante pro tempore..., al fine di ottenere iure hereditatis e iure proprio il risarcimento di tutti i danni subiti. A sostegno della domanda, gli attori assumevano che, in data..., Tizio percorreva con la propria vettura il tratto di strada che il loro figlio stava attraversando a piedi e, non curante del rallentamento delle auto di fronte a lui, causa l'attraversamento di Sempronio, in preda alla fretta, le sorpassava con una manovra repentina, travolgendo in questo modo il giovane. I passanti, nonché gli stessi automobilisti che avevano arrestato la loro marcia per consentire un momento prima a Sempronio di attraversare la strada, accorrevano subito intorno al ragazzo disteso a terra e privo di sensi. Sul luogo del sinistro convergevano immediatamente i servizi di pronto intervento che trasportavano Sempronio nell'ospedale più vicino. Il giovane, entrato in stato di coma sin dal momento del sinistro, decedeva a distanza di sei ore dall'impatto con l'autovettura di Tizio 2012 Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 5 di 8

6 a causa delle gravissime lesioni riportate. Mevio e Caia, genitori dell'ormai defunto Sempronio, chiedono, quindi, che il Tribunale di Beta, accertata e dichiarata la responsabilità di Tizio per quanto occorso al loro figlio, lo condanni al risarcimento dei danni subiti. Precisamente, Mevio e Caia pretendono di essere risarciti iure hereditatis per il danno biologico e morale subito dal figlio, sia per la sofferenza fisica e psichica patita, che per la lesione al diritto alla vita; nonché iure proprio per la lesione della possibilità di godere del rapporto parentale con il loro figlio defunto. Gli attori rimettono al giudice la valutazione del danno da determinarsi in via equitativa. Con il presente atto, a mezzo del sottoscritto avvocato, si costituisce in giudizio Tizio per contestare integralmente le avverse domande e deduzioni, in quanto infondate in fatto ed in diritto, per i seguenti Motivi La vicenda de qua, come ricostruita nei fatti dagli attori, corrisponde al vero. Tuttavia, non sussistono le ragioni giuridiche perché Tizio debba risarcire a Mevio e Caia i danni patiti dal figlio Sempronio. Non vi sono dubbi sul fatto che Tizio abbia con la propria condotta posto in essere un fatto illecito suscettibile, prima facie, di far nascere in capo allo stesso l'obbligo di risarcire il danno agli eredi di Sempronio. Del resto, all'epoca dei fatti di cui è causa, l'odierno convenuto superava negligentemente le vetture ferme davanti a lui, con una manovra vietata e fatale per Sempronio. Peraltro, da un'analisi più approfondita della vicenda, emerge chiaramente che Sempronio non abbia subito né un danno biologico, né un danno morale. Infatti, il breve lasso di tempo tra il sinistro ed il decesso (sei ore) potrebbe avere avuto, al più, una sua rilevanza ai soli fini del risarcimento del danno catastrofale-morale, considerando che la sofferenza patita non può essere degenerata in patologia e, quindi, in danno biologico. La giurisprudenza di legittimità è unanime, infatti, nel ritenere che, in casi come quello di cui si tratta, si possa parlare esclusivamente di danno morale (per tutte Cass. civ., Sez. III, 12 febbraio 2010 n. 3357). Inoltre, all'evento lesivo conseguiva immediatamente lo stato di coma della vittima, che, quindi, non era in alcun modo rimasta lucida nella fase che precedeva il suo decesso. Proprio tale stato di incoscienza esclude, quindi, che il danno morale subito da Tizio ed il conseguente diritto al risarcimento siano entrati nel suo patrimonio e che possano essere, di conseguenza, trasmessi agli eredi (Cass. civ., 28 novembre 2008 n ). Del resto, la perdita del bene giuridico della vita attiene intrinsecamente al suo titolare, con la conseguente impossibilità che il diritto al risarcimento della stesso operi quando la persona abbia cessato di vivere. A sostegno di tutto quanto esposto, si richiama una recente pronuncia della Suprema Corte: in tema di lesione del diritto alla vita, considerato che il risarcimento costituisce solo una forma di tutela conseguente alla lesione di un diritto (o di una posizione giuridica soggettiva qualificata, pur se non assurgente al rango di diritto soggettivo), consistente nel diritto di credito, diverso dal diritto inciso, ad essere tenuto per quanto è possibile indenne dalle conseguenze negative che dalla lesione del diritto derivano, mediante il ripristino del bene perduto, la riparazione, la eliminazione della perdita o la consolazione - soddisfazione - compensazione se la riparazione non sia possibile, non solo non è giuridicamente concepibile che sia acquisito dal soggetto che muore, e che così si estingue, un diritto che deriva dal fatto stesso della sua morte (chi non è più non può acquistare un diritto che gli deriverebbe dal non essere più), ma è logicamente inconfigurabile la stessa funzione del risarcimento che, in campo civile, non è nel nostro ordinamento sanzionatoria (funzione garantita invece dal diritto penale), ma riparatoria o consolatoria. Pertanto, esclusa ovviamente la funzione riparatoria in caso di morte, neppure la tutela con funzione consolatoria può, per la forza delle cose, essere attuata a favore del defunto (Cass. civ., Sez. III, 24 marzo 2011 n. 6754). Ne deriva, quindi, che i genitori di Sempronio non siano legittimati ad ottenere neanche il risarcimento del danno morale, in quanto non patito dal loro figlio. In via subordinata, al più, dovrà essere accordato esclusivamente il risarcimento iure proprio per il danno da perdita del rapporto parentale subito dagli attori, la cui prova dovrà, in ogni caso essere fornita da Mevio e Caia Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 6 di 8

7 Ciò premesso, la parte convenuta, rappresentata e difesa come sopra, formula le seguenti Voglia l'illustrissimo Tribunale adito, conclusioni - in via principale, rigettare le domande formulate dagli attori perché infondate in fatto ed in diritto per i motivi di cui alla narrativa. - in via subordinata, al più, accordare esclusivamente il risarcimento iure proprio per il danno da perdita del rapporto parentale subito dagli attori. Con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio. Si dichiara che il valore della presente controversia è indeterminabile. Si producono, inoltre, i seguenti documenti: 1)atto di citazione notificato in data...; 2) atto di informativa ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28; 3) relazione del medico legale. Luogo e data Firma avvocato Procura speciale. Il sottoscritto Tizio, nato a... il..., residente a... nella via... numero..., codice fiscale..., informato ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli articoli 17 e 20 del medesimo decreto come da atto allegato, delega a redigere e sottoscrivere il presente atto e a rappresentarlo e difenderlo nel presente giudizio, in ogni suo grado e fase anche di appello, esecuzione e opposizione all'esecuzione -, l'avvocato... nel cui studio sito in... nella via... elegge domicilio. Si conferiscono al suddetto avvocato i più ampi poteri di legge, compreso quello di transigere, conciliare, rinunciare agli atti e accettare rinunce, farsi sostituire, chiamare in causa terzi, chiedere sequestri, riassumere giudizi, incassare somme e quietanze. Si autorizza il medesimo al trattamento dei propri dati personali conformemente alle norme del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e limitatamente alle finalità connesse all'esecuzione del presente mandato. Firma Tizio È firma autentica Firma avvocato LINK UTILI ART C.C. ART. 43 C.P. ART C.C. ART C.C. ART C.C. CASS. CIV., SEZ. UN., 11 NOVEMBRE 2008 N ART C.C. CASS. CIV., SEZ. III, 7 GIUGNO 2011 N CASS. CIV., SEZ. III, 12 FEBBRAIO 2010 N CASS. CIV., 28 NOVEMBRE 2008 N Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 7 di 8

8 CASS. CIV., SEZ. III, 24 MARZO 2011 N COST. ART. 166 C.P.C. ART. 167 C.P.C. D.LGS. 4 MARZO 2010 N. 28 ARTICOLO 4, COMMA 3, DEL D.LGS. 4 MARZO 2010 N. 28 D.LGS. 30 GIUGNO 2003, N Copia concessa in uso a: nome.utente@dominio.it Pagina 8 di 8

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